mercoledì 19 luglio 2023

25° CONVEGNO DI UFOLOGIA CITTA' DI POMEZIA che organizzo domenica prossima 23 luglio 2023 al SIMON HOTEL

Per chi non andrà in vacanza a fine luglio vi aspetta il 25° CONVEGNO DI UFOLOGIA CITTA' DI POMEZIA il 23 luglio 2023 al SIMON HOTEL per una full immersion scientifica con i relatori aderenti al CSUW Centro Studi Ufology World (www.centrostudiufologyworld.com) nelle tecnologiche e confortevoli Sale Congressi per una giornata di pieno Relax dalle 10 alle 19,

Potete trovare l'attesissimo Programma con gli attesi titoli delle conferenze di ogni Relatore nel sito ufficiale dell'evento www.convegnoufologiapomezia.com

Inoltre le ampie sale confortevoli e tecnologiche sono dotate di ogni confort compresa ovviamente l'aria condizionata. Durante la pausa pranzo di un ora (13 -14)  potrete assaggiare il must gastronomico del convegno e sarà offerta dalla partneship della Lux-Co Edizioni con Oxiana assaggi della loro esclusiva Birra artigiale.

Trovate tutte le info sul sito dell'evento



domenica 16 luglio 2023

Quel che bisogna conoscere dell’Occultismo - Nei suoi rapporti con la Filosofia, la Scienza e le Arti

“Quel che bisogna conoscere dell’Occultismo - Nei suoi rapporti con la Filosofia, la Scienza e le Arti”, un testo dimenticato dell’autore francese Gabriel Trarieux

“Che cos’è l’occultismo?”, è la domanda posta nella Prefazione di “Quel che bisogna conoscere dell’Occultismo - Nei suoi rapporti con la Filosofia, la Scienza e le Arti”, un testo dimenticato dell’autore francese Gabriel Trarieux (Bordeaux 1870 - Parigi 1940), che lo scrisse nei primi anni Trenta del Novecento.

Scoperto da Paolo Izzo e, dallo stesso, tradotto per la pubblicazione nella collana I Polifemi di Stamperia del Valentino (200 pagine, 23 euro), rivede oggi la luce in edizione italiana.

“Il lettore disinformato”, continua Trarieux “intende, con ciò, o spiritismo (che è esattamente l’opposto) o prestidigitazione, o un divertente enigma, o l’incomprensibile accozzaglia di autori pretenziosi e oscuri. Ci sono perle in questo guazzabuglio, c’è verità eterna...”.

Se il termine non fosse stato ripreso da una speciale scuola iniziatica, sotto il nome di Teosofia, “direi volentieri che l’Occultismo è essenzialmente la Sapienza divina, la conoscenza del Divino nel Mondo, e nell’Uomo, che ne è l’epitome”. Questo è l’oggetto delle Religioni, ma anche quello delle Filosofie, “sia che neghino il Divino sia che lo affermino”. Religioni, filosofie, occultismo hanno lo stesso oggetto, ma il loro postulato non è lo stesso e i loro metodi sono molto diversi.

I rapporti dell’Occultismo con Filosofia, Scienza e Arte vengono in questo testo analizzati sotto la luce degli sconvolgimenti scientifici - come ad esempio la teoria della Relatività, da Lorentz a Einstein - che avevano in quel principio di secolo sconvolto parametri e prospettive rispetto alle pur immense conquiste ottocentesche, soprattutto nel campo della meccanica industriale.  

Questo è lo spunto per paventare, da parte di Trarieux, la comparsa di fantasmi sotto le terrificanti vesti del transumanesimo e del postumanesimo, con tutte le sue tragiche prospettive per l’umanità, almeno per come oggi la intendiamo. Ed è proprio la chiave di lettura di questo volumetto, al di là di riferimenti culturali inequivocabilmente transalpini, che a molti di noi, non specialisti di arte e letteratura francesi, diranno inevitabilmente poco. Ma anche un simile approccio potrebbe essere un’opportunità per ampliare ulteriormente i nostri orizzonti.

 

La casa editrice

Editore dal 2002, Paolo Izzo, alter-ego della Stamperia del Valentino, gestisce con estremo rigore le scelte editoriali della sua “creatura”. Il risultato è un catalogo di alto profilo sia nell’ambito della cultura napoletana, che in quello della produzione di stampo umanistico, esoterico e storico.

La Stamperia del Valentino vuole riportare all’attenzione del pubblico la Napoli colta, folkloristica e letteraria. A tal proposito seleziona opere rivolte al curioso colto come allo studioso, con un occhio all’originalità e completezza dei temi proposti.

 

Titolo: Quel che bisogna conoscere dell’Occultismo
Sottotitolo: Nei suoi rapporti con la Filosofia, la Scienza e le Arti
Autore: Gabriel Trarieux
Collana: I Polifemi
Prezzo: € 23,00
Pagine: 200
ISBN: 979-12-80721-43-3
Disponibilità: Aprile 2023


La Collana

Il ciclope Polifemo - che sembra risiedesse nella napoletana isoletta di Nisida - dovette il suo nome alla propensione al “molto parlare”. Un chiacchierone, dunque, stando all’etimo greco polì-femì. Questa collana mutua dal mitico personaggio omerico l’interpretazione più nobile di quel nome, intendendo proporre libri piccoli (nei costi e nel formato) ma che “hanno molto da dire” e che quindi vale la pena di “ascoltare”.

 

Consulta il catalogo della casa editrice: www.stamperiadelvalentino.it

mercoledì 5 luglio 2023

DONNELLY: UTOPIA AL POTERE NELL’AMERICA RURALE DI FINE OTTOCENTO, CON UN PIZZICO DI SHAKESPEARE

tratto da: https://www.cacciatoredilibri.com/donnelly-utopia-al-potere-nellamerica-rurale-di-fine-ottocento-con-un-pizzico-di-shakespeare/

di Simone Berni

Finalmente fa capolino in italiano un romanzo di Ignatius Donnelly… ma è già raro


Il sogno di un politico

Immagine tratta da Wikipedia: 
https://it.wikipedia.org/wiki/
Ignatius_Donnelly#/media/File:
Ignatius-Donnelly.jpg
È davvero curioso come alcuni autori, magari popolarissimi nei loro paesi, dove il loro nome ha un valore editoriale che si mantiene negli anni, a volte ben oltre la loro morte, siano viceversa del tutto ignorati all’estero, talvolta poco conosciuti anche dagli addetti ai lavori.

Ce n’è uno in particolare la cui conoscenza diventa basilare per chi si occupa di Atlantide e di civiltà scomparse, perché a detta di molti è a tutt’oggi uno degli autori più importanti e rivoluzionari nell’ambito di questa materia dopo Platone.

Ebbene, di questo autore americano, si trovano pochissime tracce fuori dagli Stati Uniti. Sto riferendomi ad Ignatius Donnelly. Per molti dizionari biografici Ignatius Donnelly è poco più che qualche breve riferimento. Nato a Philadelphia nel 1831, di origine irlandese. Nel 1857 si trasferì in Minnesota assieme al suo socio John Nininger, dove i due cominciarono il progetto di una città-ideale, Nininger City, nella contea di Dakota. La città avrebbe dovuto situarsi lungo il fiume Mississippi, circa diciassette miglia a sud di Saint Paul, ma la realizzazione non ebbe pieno successo.

Nininger City, comunque, rimase la sua dimora per tutta la vita. Donnelly fu vice governatore del Minnesota dal 1859 al 1863. Morì a Minneapolis il primo di gennaio del 1901. È sepolto nel cimitero Calvary di Saint Paul.

Ma se è già difficile trovare ormai citato il suo nome nei libri odierni su Atlantide, direi che è quasi impossibile reperire notizie circa la sua attività di romanziere.


Un romanziere sui generis

Donnelly ha infatti scritto sul finire dell’800 tre utopian novels, cioè tre romanzi di utopia. Essi sono Caesar’s Column (1890), Doctor Huguet (1891) e The Golden Bottle (1892). Gli ultimi due non sono affatto facili da trovare e le quotazioni sono sostenute.

Il carattere spiccatamente americano di questi scritti e il loro chiaro intento politico, li rende un materiale cristallizzato nell’epoca che li ha partoriti e per questo motivo essi hanno subito un crescente isolamento fino all’oblio vero e proprio, perpetuato nella stessa America. Queste storie, che pure hanno conosciuto grande popolarità ai tempi della loro uscita, soprattutto Caesar’s Column (“La colonna di Cesare”), oggi appaiono misconosciute, forse addirittura incomprensibili nelle sfumature politiche e sociologiche, almeno per chi non conosca nel dettaglio la storia del Minnesota e degli stati del nord-ovest della confederazione ai tempi del loro autore.


Ma ecco che la coltre di silenzio si rompe…

Nel giugno del 2019 finalmente arriva in lingua italiana il primo romanzo d’utopia di Ignatius Donnelly, Caesar’s Column, che l’editore elemento115 traduce in Un Racconto del XX secolo: la Colonna di Cesare (giugno 2019), di Ignatius Donnelly, traduzione di Vanni De Simone. Il libro si sta però facendo raro, molti portali (IBS, Amazon) ne sono già sprovvisti a pochi mesi dall’uscita, almeno in forma cartacea, che è quella che a noi cacciatori di libri preme. Mi rendo conto però che l’interesse per l’autore e il tema trattato siano veramente elementi di nicchia. Un plauso al coraggioso editore che ci ha comunque creduto e che lo ha proposto alle nostre latitudini.

Chi scrive trova questi romanzi entusiasmanti, pieni di ingenua e focosa passione, meravigliosamente fuori dal nostro tempo e senza ombra di dubbio da riscoprire, ma la mia ha tutte le caratteristiche riconosciute della classica “voce nel deserto”. Nessun editore in Italia li ha mai presi sul serio prima di Vanni De Simone di elemento115. Sono sempre stati considerati un fenomeno “tipicamente americano”, e come tale improponibile al di là dell’Atlantico. Punto e basta.

Mi sono spesso domandato, fin dal 2005, quando ne ho parlato per la prima volta in A caccia di libri proibiti, se sarebbe stato possibile tradurli, riproporli in una forma moderna, ma allo stesso tempo mantenere rigorosamente intatta la loro natura. Ero quasi arrivato alla conclusione che la cosa non era fattibile. Ma alla fine qualcuno ha raccolto la sfida. E può ancora vincerla.


La bottiglia dell’oro

The Golden Bottle (“La bottiglia dell’oro”), il romanzo che tra questi prediligo, è come un mosaico nel pavimento di una cattedrale. Il suo posto è quello e non può essere rimosso, perché altrove sarebbe senza senso, perderebbe il suo significato originale. Diciamo che, in caso di traduzione in italiano, il libro sarebbe davvero un prodotto per “pochi intimi”, accessibile solo previo e adeguato indottrinamento.

In America il romanzo The Golden Bottle fu pubblicato da D. D. Merrill Company di New York & Saint Paul nel 1892. Il libro è in formato sedicesimo, con una copertina rigida in tela verde scuro, fregi e titoli in oro al piatto anteriore e al dorso. Romanzo di utopia che si presenta con una chiara connotazione politica in favore del Popular Party.

Prima di quest’opera Donnelly aveva già alle spalle libri famosi come Atlantis: The Antediluvian World, Ragnarok: The Age of Fire & Gravel e The Great Cryptogram, ma con The Golden Bottle si avvale di tutta la sua esperienza e produce un piccolo capolavoro d’evasione.

Certo, è innegabile che il romanzo sia anche un pezzo di campagna elettorale rivolto agli interessi degli agricoltori dell’ovest ma il libro è comunque un’utopia letteraria di fine congettura, e per questo degno di un particolare interesse.

Donnelly pubblicò The Golden Bottle, dice lui stesso:

“(…) con l’intenzione di spiegare e difendere, sotto forma di storia, alcuni ideali del Popular Party (…) Ho la speranza che l’interesse per questo libro non si spenga fino a che i propositi in esso narrati non giungano a compimento.”

La storia è abbastanza semplice e allo stesso tempo di grande presa per il pubblico. Si narrano delle avventure del ragazzo Ephraim Benezet del Kansas, figlio di contadini, al quale un misterioso vecchio materializzatosi nel mezzo della notte, consegna una bottiglia miracolosa con un liquido capace di trasformare i metalli vili in oro. Discutendo sull’impatto politico e sociale di questo potere – il potere di creare nuovo denaro a piacimento (per decreto, nella realtà) – Donnelly descrisse le condizioni alle quali si erano ridotti gli agricoltori dell’ovest, vessati dalle tasse e oppressi dalla dilagante corruzione del sistema bancario, che gli precludeva la possibilità di estinguere i loro debiti.

Sviluppando questo background, Donnelly enfatizzò molte delle paure dell’America rurale di fine ottocento. Focalizzò le sue attenzioni soprattutto sul fenomeno dell’esodo delle famiglie di agricoltori verso le grandi città e sulle degradanti condizioni di lavoro nelle fabbriche. Donnelly denunciò anche la disonestà di una parte preponderante dell’editoria, soprattutto la diffusione di giornali e quotidiani di parte, a esclusiva difesa degli interessi dei grandi gruppi industriali.

Benezet si risveglia al mattino con davanti a sé due realtà conflittuali. Da una parte la situazione della sua famiglia, oppressa da mutui inestinguibili con le banche, e della sua dolce fiamma Sophie, anch’essa finita in rovina e costretta a emigrare coi suoi genitori. Dall’altra, la bottiglia dell’oro, appoggiata ai piedi del letto. Benezet, avendo il potere di creare denaro, riesce pian piano a migliorare la sua situazione, quella della sua famiglia, degli amici, fino a capovolgere completamente le sorti per tutti gli agricoltori sia dello stato che dell’intera confederazione.


L’americano eroe del mondo intero

Divenuto ricco e famoso, vinte le tentazioni del denaro, riuscirà a farsi eleggere presidente degli Stati Uniti. Compirà molte importanti riforme, come la concessione del voto alle donne, la nazionalizzazione delle ferrovie, l’eliminazione dei ghetti cittadini. Da non dimenticare, infatti, quanto egli vedesse di buon occhio i deboli, gli oppressi e tutte le minoranze, i nativi americani, gli afro-americani (come si dice oggi) e gli ebrei.

Nella parte finale del libro Donnelly si occupa dei rapporti dell’America con il resto del mondo. Fa approdare Benezet in Europa, con la ferma intenzione di estendere le dottrine della rivoluzione del 1776 a tutte le nazioni. Sebbene Benezet precipiti in un’Europa dilaniata dalla guerra, ben presto si fa garante della pace, esortando le masse ad opporsi ai governi totalitari e liberando tutta l’Europa occidentale dalle dittature. Tra le altre cose, incoraggerà gli ebrei a stabilire uno stato in Palestina.

Per garantire la pace sia sul vecchio che sul nuovo mondo costituirà un’organizzazione apposita, che egli chiamerà The Universal Republic. La sede di questa organizzazione mondiale sarà nelle Azzorre, cioè sulla “punta di Atlantide”, come aveva affermato dieci anni prima nella sua famosa opera Atlantis: The Antediluvian World (“Atlantide: il mondo prima del diluvio”) (New York, Harper & Brothers, 1882).

La capitale scelta da Benezet è situata nell’isola di Saint Michael, che verrà appositamente acquistata “dal piccolo regno del Portogallo”.

Il libro si chiude con il giovane protagonista che si risveglia dal suo sogno. Riprecipita al cospetto della cruda realtà, e si trova costretto a fare i bagagli e abbandonare la sua fattoria, oppresso dalla situazione economica. Dovrà così cominciare a lavorare per il mondo di ideali e d’utopia che ha appena sognato. Senza la bottiglia dell’oro, però.


I primi libri di Donnelly ad arrivare in Europa

Tra le utopistiche visioni di Donnelly quella che colpisce di più è l’aver concepito l’ONU con oltre mezzo secolo d’anticipo, dimostrando come a livello inconscio già a quei tempi si avvertisse la necessità di un organismo sovra-nazionale teso a vigilare le sorti del mondo.

The Golden Bottle – dice Donnelly – fu scritto di fretta, per la maggior parte sulle mie ginocchia durante i frequenti spostamenti in treno a causa della campagna di governatore del Minnesota”. E nelle stanze di albergo che lo ospitavano di volta in volta”.

The Golden Bottle uscì sia in versione hard cover, cioè con copertina rigida, che in paper cover (paperback), vale a dire con copertina morbida, e non fu ristampato. Si annovera una ristampa anastatica del 1968 a cura di Johnson di Londra. Fatti salvi i moderni servizi di stampa on demand, credo non ne esista una vera ri-edizione, dopo quella del 1892. Evidentemente il libro fu visto solo come un’opera propagandistica, non ebbe un riscontro favorevole nelle vendite e finì presto dimenticato.

Nel secondo dopoguerra è stato valorizzato solo a livello universitario. In Canada, Stati Uniti ed Australia ci sono infatti vari studiosi e ricercatori che hanno trattato le opere di Ignatius Donnelly, suddividendo la sua produzione in tre filoni principali: Atlantide, Bacone e Utopia.

Interessante un’edizione coeva in lingua svedese, di cui non sospettavo neppure l’esistenza. Il libro in questione è Den Gyldene Flaskan (Stockholm, Looström & Komp:s, 1893). Il formato del volume è simile a quello dell’edizione americana, il colore predominante della copertina è anche in questo caso il verde scuro. È la precisa traduzione dell’originale, a cura di Victor Pfeiff.

Il libro uscì probabilmente sulla scia del successo di Caesar’s Column, che in Svezia ebbe tre edizioni nello spazio di un anno, curiosamente con tre titoli differenti: Caesars Kolonn (1891); Varldens Undergang (1891); Civilisationens Undergang (1892).


Utopie o plagi letterari?

C’è un solo libro edito in Italia dedicato alla vita e all’opera di Ignatius Donnelly. Parlo di Sweet Home Minnesota. La carriera politica di Ignatius Donnelly (Genova, COEDIT, 2004) di Pierangelo Castagneto, un esperto di storia degli Stati Uniti e delle relazioni euroatlantiche. Il libro è uno studio completo ed esaustivo, che traccia un quadro soddisfacente del panorama politico dell’America rurale di fine Ottocento.

L’autore cita in continuazione anche i romanzi di Donnelly, in quanto spesso lui fa dire ai suoi personaggi (come nel caso di Edmund Boisgilbert, Gabriel Weltstein o Ephraim Benezet) le cose che pensa come politico e che vuole diffondere tra la gente. Una notazione assai interessante di Castagneto riguarda le analogie tra The Golden Bottle di Ignatius Donnelly e Il Mago di Oz di Frank Baum, se si adotta una lettura populista.

La cosa è assolutamente plausibile, se si pensa che il secondo romanzo ha seguito il primo di soli otto anni. Nel libro di Donnelly c’è Ephraim Benezet, nel libro di Baum c’è Dorothy, entrambi figli di agricoltori del Kansas, che subiscono un avvenimento soprannaturale.

Ephraim si ritrova in possesso di una bottiglia miracolosa che tramuta tutto in oro e Dorothy va a finire in un mondo popolato da strane creature. I due personaggi hanno una escalation di esperienze fantastiche e meravigliose che porteranno il protagonista maschile a essere eletto presidente degli Stati Uniti e quello femminile ad accedere alla Città degli Smeraldi dove vive il Mago di Oz.


Il primo a portare Donnelly in Italia

L’interessante editore Mondo Ignoto di Roma ha fatto uscire – primo in assoluto in Italia a portare Donnelly – il volume Platone, l’Atlantide e il Diluvio, che è la traduzione di Atlantis – The Antediluvian World del 1882, a firma di Ignatius Donnelly. Un raggio di luce nelle tenebre.

Grandiosa la versione di Luigi Cozzi. Solo chi ha letto l’opera originale in inglese può veramente rendersi conto della difficoltà dell’impresa. Come si suol dire, “meglio tardi che mai”. La prima edizione reca scritto ottobre 2005 ma i volumi hanno cominciato a circolare già a maggio dello stesso anno.


Lo “scambio di personalità” in Doctor Huguet

Anche Doctor Huguet (Chicago, F. J. Schulte & Co., 1891) apparso l’anno prima di The Golden Bottle, è un romanzo utopistico dalle interessanti implicazioni.

Lo scambio di personalità fra due protagonisti (in genere tipi opposti) come espediente narrativo diverrà un classico, e sarà ripreso più volte nel secolo successivo sia in letteratura che nel cinema.

La critica fu assai sfavorevole e anche se nel 1899 Donnelly si vanterà di essere arrivato alla quinta edizione, alcuni suoi biografi sono dell’idea che il numero debba essere stato più basso. È certo però che le edizioni furono almeno tre.

Donnelly usa la formula dello pseudonimo, Edmund Boisgilbert, lo stesso di Caesar’s Column, ma sia nella copertina che nel frontespizio appare il suo nome per esteso, così che non ci possano essere dubbi sull’identità dell’autore. Pierangelo Castagneto nota la somiglianza di questo pseudonimo al nome dello studioso di economia francese Pierre Le Pesant de Boisguilbert (1646-1714), precursore dei fisiocrati.

Dei tre romanzi utopistici di Donnelly, solo Caesar’s Column ebbe un certo successo editoriale, con 60.000 copie vendute solamente nell’anno di uscita, il 1890, e traduzioni in vari paesi.

Donnelly lo scrisse in meno di cinque mesi e lo sottopose subito ad Harper & Brothers di New York, con il quale aveva già pubblicato Atlantis, ma questi lo rifiutò. Così come lo rifiutarono, uno dopo l’altro, Scribner’s, Houghton Mifflin, Appleton e A.C. McClurg, che anzi lo videro come un incitamento alla rivoluzione.

Donnelly però conobbe un nuovo editore, appena trasferitosi a Chicago, Francis J. Schulte, che invece si dimostrò entusiasta del lavoro, ne comprese la portata e lo fece uscire nell’aprile del 1890, suggerendo comunque di usare uno pseudonimo, che poi fu Edmund Boisgilbert. Le duemila copie della prima tiratura si esaurirono in un lampo e fu subito ristampato. In autunno il libro fece la sua uscita anche in Europa, per conto di Sampson Low, Marston & Co. di Londra.


Shakespeare non ha scritto i suoi sonetti

Della passione di Ignatius Donnelly per Bacone (e dell’antipatia per Shakespeare) non si può davvero tacere. Il faticoso frutto dei suoi tentativi lo possiamo leggere in due degli otto libri scritti in vita dal politico del Minnesota, dove egli cerca di dimostrare che i celebri sonetti di Shakespeare sarebbero in realtà da attribuire a Bacone.

Si tratta di The Great Cryptogram (“Il grande criptogramma”) (Chicago, R. S. Peale & Co., 1888) e di The Cipher in the Plays, and on the Tombstone (“Il codice nelle commedie e sulla lapide”) (Minneapolis, The Verulam Publishing Co., 1899).

In estrema sintesi, Donnelly sostiene che i sonetti normalmente attribuiti a Shakespeare sarebbero stati scritti in cifra, quindi con l’uso di un codice matematico, e che lui avrebbe decrittato a forza di tentativi.

Sostiene, per esempio, che si possono ottenere risultati molto interessanti adoperando chiavi quali “Francis”, “William”, “Shake” e “Speare”.

Dal dicembre del 1883, infatti, si era andata spargendo la voce che un politico e scrittore del Minnesota, Donnelly appunto, aveva scoperto un codice matematico che permetteva di portare alla luce significati nascosti nelle opere di Shakespeare. A seguito di questo affermazioni Donnelly balzò momentaneamente all’attenzione dei media del tempo. Fu oggetto di molte indagini da parte degli inviati del Washington Post, del Telegraph, dello Strand Journal e del New York Sunday World, ma la sua posizione fu più che altro criticata e l’argomento sminuito e trattato come un fatto di costume e di curiosità letteraria.

Il suo lavoro principale sul tema, The Great Cryptogram, incontrò una fiera opposizione, soprattutto in Inghilterra, cosa del resto facilmente pronosticabile. L’opera in questione è monumentale, con quasi mille pagine, e non è facile oramai rinvenirne copie in perfetto stato, dato che molte di esse tendono a sfasciarsi o a presentare tracce d’uso sempre più marcate. All’interno appare anche una bella tavola fuori testo a colori con un esempio delle elucubrazioni di Donnelly.

Materiale senz’altro interessante per uno psichiatra, direbbe qualcuno. Difatti, venire a capo dei ragionamenti di Donnelly è veramente impresa ardua e non ritengo che siano in gran numero quegli studiosi – anche restringendo il campo ai suoi connazionali – con le idee chiare circa il metodo escogitato dall’estroverso scrittore americano.

C’è un raro opuscolo, Did Bacon Write Shakespeare? A Reply to Ignatius Donnelly (“Fu Bacone a scrivere Shakespeare? Risposta a Ignatius Donnelly”) (London, Simpkin, Marshall, & Co., 1888) di Charles C. Cattell, diffuso lo stesso anno del Grande Crittogramma e al quale replica polemicamente. È un libricino in formato sedicesimo di appena 32 pagine e fu posto in vendita per sei pence dell’epoca.


L’ultimo atto di un’ossessione

“Nel marzo del 1899 – scrive Martin Ridge nel suo ottimo Ignatius Donnelly. Portrait of a Politician (“Donnelly: ritratto di un politico”) (Chicago, The Chicago University Press, 1962) – Donnelly decise di pubblicare privatamente l’ultimo atto della controversia Bacone-Shakespeare, The Cipher in the Plays, and On the Tombstone”.

Aveva provato a cercare un editore, trovandosi però di fronte una ferma opposizione. Le sue nuove argomentazioni, ultima quella che Francis Bacone fosse non solo l’autore dei sonetti di Shakespeare ma

anche delle opere attribuite a Marlowe e Cervantes, aveva francamente superato la soglia di sopportazione del pubblico e nessun editore ne voleva sapere.

Forse Donnelly, giunto al punto che gli editori neanche lo ricevevano, avrebbe finito con il seppellire il suo libro, nonostante ci avesse lavorato per otto anni, se non fosse che ormai ne aveva praticamente reso pubblico il contenuto parlandone ripetutamente a dibattiti e conferenze ed era moralmente obbligato a farlo uscire.

Quest’opera fu assai contrastata, tra l’altro fu l’ultimo suo sforzo; ha una rarissima sopraccoperta muta dell’epoca. In effetti le prime sopraccoperte erano proprio così, senza dati editoriali; nascevano unicamente, come suggerisce il nome stesso (dust jacket o dust wrapper), per preservare i libri dalla polvere.

A quest’ultimo libro avrebbe dovuto farne seguito un altro, nelle intenzioni, dal titolo di Ben Jonson’s Cipher ma Waldorf Astor, che già si era dovuto accollare le spese di stampa e diffusione del The Cipher, come Verulam Publishing, rifiutò alla fine il nuovo incarico e il libro non vide mai la luce.

Donnelly dopo pochi mesi morì e non risulta che il suo lavoro sia mai stato continuato da altri. Tutte le sue carte giacciono ancora in qualche anonimo scatolone, aspettando chi le faccia rivivere.

E se qualcuno ci avesse già pensato? Una scrittrice come Virginia M. Fellows porta avanti la mania di Donnelly per i codici, e con il suo The Shakespeare Code (“Il codice di Shakespeare”) (Snow Mountain Press, 2006) ha creato qualche anno fa un caso controverso.


Rarità assolute e inavvicinabili

Alcuni libri di Ignatius Donnelly sono estremamente rari e praticamente sconosciuti alle maggiori bibliografie. È il caso di The sonnets of Shakespeare: an essay (“I sonetti di Shakespeare: un saggio”) (Saint Paul, Geo. W. Moore, 1859). Pare che prima di questo lavoro il politico del Minnesota, padre di Atlantide, avesse dato alle stampe solamente una poesia e un paio di opuscoli di propaganda politica, usciti poco dopo il 1850. Tutto materiale o introvabile o iper-valutato dai librai. Provate a chiedere alla Rulon-Miller Books, una libreria di Saint Paul, Minnesota.

La stessa libreria detiene gli altrettanto rari Contested election case of Ignatius Donnelly versus William D. Washburn (Saint Paul, West Publishing, 1879) e Report of the Pine Land Investigating Committee to the Governor of Minnesota (Saint Paul, Pioneer Press Co., 1895).

Sempre su Donnelly vorrei aggiungere che il misterioso libro The Last War (“L’ultima guerra”), nominalmente attribuito a Samuel W. Odell (Chicago, Charles H. Kerr, 1898), potrebbe in realtà essere opera del politico del Minnesota (ma non ci sono prove e prendetela solo a livello speculativo). Ne ho trovato riferimento in un fantomatico ritaglio di giornale di inizio novecento (testata non rintracciabile) che era contenuto in veste di segnalibro in una edizione di Atlantis di Donnelly.

Nel ritaglio, un lettore, tale M. P. Smith, scrive alla rubrica Answers by the Editor e chiede al direttore del giornale notizie di questo libro e del suo autore. Il direttore risponde dicendo che l’opera “fu pubblicata alcuni anni fa ma che al momento è fuori catalogo”.

Il libro di Odell si è dimostrato a lungo impossibile da rintracciare. Si sapeva solo che era un romanzo d’utopia con il seguente sottotitolo: The triumph of the English tongue. A story of the twenty-sixth century, compiled from the official notes of Newman, reporter to the President of the United States (“Il successo della lingua inglese. Una storia del XXVI secolo, trascritta dalle note ufficiali di Newman, corrispondente del presidente degli Stati Uniti”).



 


domenica 18 giugno 2023

LA SCIENZA SPIEGATA DALLA SUA STORIA

tratto da "L'Opinione" del  27 gennaio 2023

di Gustavo Micheletti


La rivoluzione dimenticata di Lucio Russo fu pubblicata per la prima volta nel 1996. L’ultima edizione, la dodicesima, è del 2021. Da allora, il quadro delle conoscenze sul pensiero scientifico ellenistico, che costituisce l’argomento principale del saggio, è notevolmente cambiato. La nuova edizione del libro di Russo, tenendo conto di queste nuove acquisizioni e di alcuni nuovi lavori specialistici, costituisce una revisione di cui alcune congetture dell’autore che si sono poi trasformate in tesi ampiamente documentate.

L’utilità del termine “scienza” consiste per Russo nel consentire di distinguere la stessa conoscenza scientifica da altri tipi di conoscenza. Ma quali sono le caratteristiche essenziali della conoscenza scientifica? Intanto, le sue affermazioni “non riguardano oggetti concreti, ma enti teorici specifici. Alcuni esempi di enti teorici sono gli angoli e i segmenti della geometria o la temperatura e l’entropia della termodinamica”.

In secondo luogo, “una teoria scientifica ha una struttura rigorosamente deduttiva; è costituita cioè da pochi enunciati fondamentali (detti assiomi, postulati o principi) sui propri enti caratteristici e da tutte le affermazioni che si possono considerare come loro conseguenze”.

In terzo luogo, “le applicazioni al mondo reale sono basate su regole di corrispondenza tra gli enti della teoria e gli oggetti concreti. Le regole di corrispondenza, a differenza delle affermazioni interne alla teoria, non hanno alcuna garanzia assoluta. Il metodo fondamentale per controllare la validità delle regole di corrispondenza, cioè l’applicabilità della teoria, è il metodo sperimentale”.

Russo considera quindi “scientifica” ogni teoria con le tre caratteristiche appena enumerate, definendo invece “scienza esatta” l’insieme delle teorie scientifiche, le quali, pur essendo nate per descrivere e spiegare fenomeni naturali, sono divenute col tempo anche modelli di settori di attività tecnologica.

Proprio il legame tra scienza e tecnologia costituisce un tema centrale del libro di Russo, che si occupa prevalentemente di scienza ellenistica, facendo solo qualche riferimento ai suoi precedenti nel periodo classico. Una tesi molto “forte” - tra le molte che vi si possono reperire e senz’altro meritevole di una discussione più ampia di quella che è consentita da una recensione - è che Aristotele “non può usare né il metodo dimostrativo né l’esperimento, giacché non ha, né vuole costruire, una teoria scientifica. Le forze, i tempi e le lunghezze di cui parla non sono infatti enti interni a una teoria, ma sono concepiti come oggetti concreti, dai quali è possibile comprendere le necessarie relazioni reciproche attraverso la speculazione filosofica”. Questo confronto tra il pensiero filosofico dell’età classica, e di Aristotele in particolare, con la scienza ellenistica e con quella moderna non costituisce comunque uno dei temi che il libro di Russo si prefigge di affrontare in modo circostanziato.

Uno dei pregiudizi storici che vengono affrontati è costituito dall’idea secondo cui nella matematica greca non si usava il concetto d’infinito. Morris Kline sostiene per esempio che “nella scienza greca il concetto di infinità è poco capito e apertamente evitato”. Ma Russo ricorda che il termine “infinito” non è comunque una novità introdotta dai matematici moderni”, non essendo che la traduzione del termine greco apeiron, già fondamentale nel pensiero di Anassimandro. Anche la teoria eliocentrica, poi affermatasi in età moderna con Copernico e Galileo, fu anticipata da Aristarco di Samo, che fu secondo Johan Dreyer “l’ultimo dei grandi filosofi o astronomi del mondo greco a proporsi seriamente di indagare il vero sistema fisico del mondo”.

Il rapporto col tempo, l’importanza di poterlo misurare con precisione, che tanto rilievo ebbe nello sviluppo della scienza moderna, costituisce un altro contributo importante che l’età ellenistica fornì ai successivi sviluppi della scienza e la tecnica. Per esempio, “i primi veri orologi sorgono ad Alessandra nella prima metà del III secolo a. C., grazie a Ctesibio, che trasformò l’antica clessidra in un vero strumento di misura” e “diversi scienziati progettarono orologi ad acqua. Un modello particolarmente interessante attribuito ad Archimede è descritto in un lavoro anonimo conservato in arabo”.

In campo militare le invenzioni non furono meno rilevanti: Plutarco racconta che Archimede “iniziò il tiro come le sue macchine, scagliando sulle forze terrestri ogni specie di dardi e di macigni […]. Alcune delle navi vennero agganciate con artigli di ferro e mediante un contrappeso sollevate e quindi fatte colare a picco […]. Spesso si vedeva lo spettacolo pauroso di una nave sollevata in aria, fatta oscillare finché tutto l’equipaggio fosse stato scagliato via e scaraventata poi vuota contro le fortificazioni, o fatta ricadere in mare in seguito allo scancio degli artigli”. Ma in età ellenistica s’inventò anche la catapulta a torsione, un’arma da getto basata appunto sull’elasticità della torsione.

Notevoli furono anche le scoperte nell’ambito dell’arte della navigazione. L’incapacità di navigare in mare aperto, attribuita da Eratostene ai Greci più antichi, che si sarebbero così limitati a costeggiare, pare essere contraddetta dall’esistenza di viaggi oceanici. Eudosso di Cizico, per esempio, “aveva navigato più volte tra Egitto e India, seguendo una rotta diretta dal golfo di Aden, e il greco di Marsiglia Pitea, alla fine del IV secolo a. C., aveva compiuto la famosa esplorazione dell’Atlantico del Nord, descrivendo poi le sue scoperte nel libro Sull’oceano”.

Anche la medicina sviluppò in età ellenistica i suoi rapporti con la scienza esatta e grazie alla scuola fondata da Erofilo fece un salto di qualità che preludeva alla medicina moderna. Erofilo pare infatti abbia ammesso “una capacità motoria nei nervi, arterie e muscoli, e ritenne che il polmone avesse una tendenza a dilatarsi e contrarsi, aspirando così lo pneuma. Le descrizioni degli apparati circolatorio e respiratorio appaiono quindi connesse ai contemporanei progressi della nuova scienza pneumatica, un termine che “deriva da pneuma e che ebbe in greco un’estensione semantica molto vasta”, i cui significati iniziali erano quelli di aria, soffio, alito, respiro, spirito.

“Nel linguaggio della scuola stoica – scrive Russo – per pneuma s’intende un mezzo continuo che assicura gli scambi tra le varie parti degli organismi e dell’universo”. Erone, all’inizio della sua Pneumatica, afferma che lo pneuma non è altro che aria in moto, e spiega che “la distribuzione naturale di particelle e vuoto nell’aria può essere alterata in ambedue i sensi con l’applicazione di forze esterne, nonostante l’aria si opponga a tali deformazioni con una reazione elastica”.

Ma il libro di Russo è davvero una miniera d’informazioni sorprendenti per i non addetti ai lavori e di spiegazioni chiare ed esaurienti, di cui sarebbe davvero impossibile tracciare qui anche solo un breve sommario. Basti dire che esso si spinge a trattare anche temi che solitamente non rientrano in trattati di storia della scienza, come ad esempio la teoria dei sogni, soffermandosi per alcune pagine sul libro di Artemidoro di Daldi Dell’interpretazione dei sogni, della seconda metà del II d.C. In quest’opera Artemidoro suddivide i sogni in “contemplatici” e “allegorici”, tra i quali annovera quelli “cosmici”, che secondo Cesare Musatti “si presentano abbastanza spesso anche nella odierna pratica analitica”. Se i “sogni contemplativi” hanno qualche riscontro con ciò che Freud definiva “resti diurni”, i “sogni allegorici” sono quelli in cui le cose vengono rappresentate con altre immagini: “quegli che ama una donna, non vedrà la donna amata, ma un cavallo, o specchio, o nave, o il mare, o altra cosa che donna significa”. Si tratta proprio di ciò che s’intende per simbolismo onirico, che sta a fondamento dalla teoria freudiana.

Non è assolutamente trascurabile inoltre quanto l’autore sostiene nei capitoli conclusivi del suo saggio, là dove nota che dalla diffusione in via approssimativa di teorie connesse alle geometrie non euclidee e alla meccanica quantistica e nell’assenza di rapporti riconosciuti tra la matematica e il mondo concreto si è sviluppata una crisi dei fondamenti che sta avendo conseguenze negative sulla didattica delle scienze. Oggi, come in epoca imperiale, “i concetti teorici, avulsi dalle teorie in cui hanno il proprio significato e considerati oggetti reali la cui esistenza appare solo all’iniziato, vengono usati per stupire e divertire”. Il pubblico viene così assuefatto dai media “a una complessa e misteriosa mitologia, con orbitali che si ibridano tra loro, sfuggenti quark, voraci e inquietanti buchi neri e un Big Bang creatore”. In questo modo si finisce secondo Russo col trasmettere un’idea del metodo scientifico che accetta passivamente le contraddizioni e rinuncia a cercare di fornire spiegazioni razionali della realtà. I propugnatori di questo nuovo irrazionalismo “ostentano particolare disprezzo verso teorie quali la logica classica e la geometria euclidea”, che hanno nella loro struttura razionale quanto viene da tale irrazionalismo individuato come nemico cruciale. Quest’atteggiamento è sempre più diffuso anche tra gli scienziati, tanto che se un tempo “gli scrittori di fantascienza s’ispiravano ai risultati scientifici, oggi lo stesso canale è attivo in senso inverso: molte idee nate nella fantascienza, dal teletrasporto al viaggio nel tempo, sono diventati tema di articoli scientifici, che a loro volta generano libri e film ‘divulgativi’ che hanno sostituito, nel favore del pubblico, la fantascienza classica”.

Oggi – spiega ancora Russo - “la diffusa ignoranza della storia del pensiero e il mito di un progresso continuo consentono di presentare come superiori in quanto nuovi gli argomenti contro il vecchio razionalismo. In realtà non si tratta di argomenti recenti, ma, in buona sostanza, della riproduzione delle stesse polemiche antirazionaliste che avevano accompagnato la fine della scienza antica. Le versioni divulgate al grande pubblico della meccanica quantistica si sono sempre basate sulla scelta di accettare una descrizione contraddittoria della realtà”.

Gli utilizzi commerciali di una cultura scientifica così distorta, insieme ai danni provocati dal ricorso a criteri di valutazione automatica delle pubblicazioni che possano fare punteggio in un curriculum accademico, così come il rapido diffondersi di mode effimere e l’imporsi di un relativismo che tende ad associarsi in modo spesso superficiale e pretestuoso alla teoria della relatività di Einstein stanno contrassegnando il degrado del ruolo sociale della scienza, e ciò nonostante gli efficaci strumenti che la tecnologia informatica sta mettendo a disposizione per una corretta divulgazione. In un simile scenario, sarebbe forse il caso di ricondurre il metodo scientifico nel contesto culturale che lo ha generato, così da rendere tutti consapevoli, anche chi si approccia per la prima volta a problemi complessi, che i concetti che sono emersi e si sono poi imposti per la loro soluzione non sono spuntati miracolosamente da soli in qualche manuale scolastico assertivo e astorico, ma hanno avuto una lunga e faticosa genesi in diversi contesti culturali, scientifici e filosofici.


martedì 6 giugno 2023

Conferenza Stampa di presentazione del libro UFO A ROMA

Domenica 25 giugno 2023 al Simon Hotel di Pomezia ore 16 si terrà la conferenza stampa di presentazione del libro UFO A ROMA della dott.essa Francesca Bittarello che è anche editrice con la sua casa editrice LUX-CO EDIZIONI.

Il libro vede la PREMESSA del Gen. Domenico Rossi Già Sottosegretario di Stato alla Difesa.

Qui è possibile consultare biografia sintetica dell'autrice:

https://www.luxcoedizioni.com/bittarello.htm



ABSTRACT UFO A ROMA: Questo libro - primo di 2 volumi - è una prova documentale degli avvistamenti di UFO Unidentified Flying Object avvenuti in Roma e provincia in un cinquantennio a partire dal dopoguerra. Ogni caso di avvistamento di UFO è stato selezionato e analizzato dall’autrice con estrema perizia e competenza e indiscussa equità scientifica tanto è che in alcuni avvistamenti il ragionamento logico dell’analisi del caso, basato sia su criteri scientifici che empirici, porta spesso a definire l’avvistamento “Identificato”. Il fenomeno UFO è sempre più in evoluzione e negli ultimi 2 anni ha avuto una svolta epocale con il Disclosure avvenuto in America che ha portato a coniare una nuova terminologia UAP Unidentified Arial Phenomena che potrebbe definire e rappresentare al meglio gli UFO in virtù anche dell’evoluzione tecnologica “umana” e che rappresenta l’apice di una piramide che va con estrema competenza e rigore scientifico sviscerata, analizzata e studiata nella sua intima definizione e l’autrice in questo ne è maestra. La premessa del Gen. Domenico Rossi già SSS alla Difesa fa di questo libro già un fiore all’occhiello dei libri sul fenomeno UFO. Postfazione di Stefano Innocenti.

lunedì 29 maggio 2023

L’albero sacro delle fate

 Di Nicoletta Camilla Travaglini


Si narra in una leggenda che, Giovanna D’Arco, durante un temporale, si fosse rifugiata sotto un enorme albero, dove, avrebbe incontrato le Norne o Parche che le avrebbero mostrato il proprio destino. Le voci che essa sentiva, secondo quanto si narra in questo racconto tradizionale fossero, in realtà, i suggerimenti di queste divinità che vivevano sotto l’albero cosmico o Yggdrasil. Secondo Antony S. Mercatante esso è: 

“Yggdrasil, il cavallo del terribile, oppure, il destriero  di Odino, nella mitologia nordica, il grande albero di frassino cosmico, conosciuto anche come l’albero del mondo. L’Edda di Snorri lo descrive come << il più grande e il migliore degli alberi. Suoi rami, estesi su tutto il mondo, s’innalzano oltre il cielo. Ha tre radici molto grandi. Una si estende fino agli Asi …, un’altra fino ai Giganti del Ghiaccio dove prima c’era Ginnugagap (l’abisso primordiale), la terza poggia su Niflheimr (la terra delle brume fredde e oscure), e sotto la sua radice, costantemente rosicchiata da Nidhogg( il drago), c’è Hvergelmir.>> In cima all’ Yggdrasill c’è un’aquila appollaiata. In mezzo agli occhi dell’uccello c’è un falco, Verdurfolnir. Uno scoiattolo chiamato Ratatosk corre su e giù per l’ Yggdrasill, cercando di far litigare l’aquila e Nidhogg. Quattro cervi … passano da un ramo all’altro mangiando i suoi germogli. Le Norne siedono sotto la fonte Urdar, situata alla terza radice dell’albero”.[1]

Sostiene Laura Rangoni , a proposito di questa leggenda: 

“Ecco alcuni dell’interrogatorio che mi pare siano particolarmente indicativi: “Vicino a Dorèmy c’è un albero, lo chiamano l’albero delle Dame oppure, talvolta, l’albero delle Fate. Lì nei pressi c’è una sorgente. Ho sentito dire che gli ammalati vanno a bere l’acqua di quella sorgente per riacquistare la salute. Qualche volta sono andata con altre ragazze a fare delle ghirlande di foglie per adornare la statua di Nostra Signora di Dorèmy. I vecchi raccontano che le fate venivano a chiacchierare  vicino all’albero. Ho sentito la Jeanne Aubry, che era la moglie del podestà e mia madrina, raccontare a me che vi sto parlando, di aver veduto le fate in quel posto. Ma io non so se questo sia vero. Ho visto delle ragazze al mio paese posare ghirlande di fiori sui rami dell’albero e, quindi, qualche volta l’ho fatto anch’io con loro; certi giorni ce li portavamo via con noi, altre volte le lasciavamo là.” [2]

La leggenda relativa a Giovanna D’Arco e le Parche sembra richiamare alla memoria una leggenda abruzzese tramandata per generazioni e generazioni all’interno di una cerchia familiare, dove si riprende la leggenda delle fate della Majella, e secondo tale racconto, pare che, un loro componente, abbia incontrato le fate superstite. Secondo quando dice la leggenda le fate avevano fatto adirare, con il loro comportamento disinvolto le divinità che abitavano sulla montagna Madre abruzzese la Majella e per questo furono punite. Queste donne magiche furono intrappolate all’interno della montagna e per la precisione nell’antro chiamato grotta del Cavallone o figlia di Jorio in omaggio al grande vate abruzzese Gabriele D’Annunzio, però non tutte le fate rimasero prigioniere, infatti alcune di esse fuggirono e si rifugiarono all’ombra di un grande albero che si trovava nella zona di Roccascalegna, proprio di fronte all’ingresso murato della grotta. 
Si racconta che, un giorno d’estate una donna, andò a lavorare nei campi vicino a una quercia. Ella era intenta nel lavoro di coltivazioni quando all’improvviso, vide delle ragazze discinte danzare intorno alla pianta, la donna si avvicinò loro, ed esse le dissero di seguirla, ma la contadina si rifiutò categoricamente e… queste, dopo averla colpita con forza sul viso, le chiesero se aveva un desiderio da realizzare, la donna chiese di poter fare tutto ciò che voleva e così… da quel giorno, le fu donata una forza straordinaria. 
La contadina, infatti, con la sola forza  del pensiero riuscì a trasportare  una macina per la spremitura delle olive notevolmente pesante dalla roccia del castello di Roccascalegna, dove fu prelevata fino al luogo dove ha operato per molti anni e, dove, ancora oggi la si può vedere. La donna sotto effetto del sortilegio, la notte munita di un fucile e con l’ausilio di uno sparuto gruppo di uomini, girava per le stradine del paese e dei boschi limitrofi per cercare le malefiche creature della notte, le streghe nemiche giurate delle fate oppure le fate stesse?! Il racconto, purtroppo non ce lo dice!
Era un Venerdì Santo, quando la donna intenda a zappare in compagnia del padre iniziò a schernirlo per la fiacca con cui dissodava la terra, e questi, in preda alla collera, la colpì con il manico della zappa. La donna cadde a terra tramortita, ed il padre continuò a lavorare nei campi senza preoccuparsi della sorte della sciagurata! Di lì a poco arrivò la madre che vide la figlia priva di sensi appoggiata ad un pozzo, chiese spiegazioni al marito il quale le chiarì la dinamica dell’accaduto e la madre in preda al panico, per la presunta morte della figlia, si mise a strepitare! Le grida della genitrice richiamarono un gruppo di fedeli ed il parroco che stava officiando una funzione religiosa nelle vicinanze, questi si precipitarono sul luogo dell’accaduto ed il prete iniziò a darle l’estrema unzione, pensandola morta, questa, però, raggiunta da una goccia di acqua santa, si risveglio improvvisamente e iniziò a vomitare alcune ciocche di capelli biondi e da quel momento la donna tornò ad avere un comportamento normale per i canoni dell’epoca!
Molte persone che hanno conosciuto questa donna, realmente vissuta a cavallo tra otto e novecento, parlano di lei come di una virago che in diverse occasioni è stata in grado di salvare la vita ai suoi cari; si dice che una volta la sua famiglia era a digiuno da diversi giorni perché una forte nevicata seguita da una altrettanto rigida gelata aveva fatto ghiacciare tutto, impedendo di raccogliere i frutti di Madre Terra.
La donna in preda allo sconforto uscì di casa e rientrò poco dopo con delle verdure miracolosamente salvatesi dalla forte gelata!

[1] MERCATANTE, S. Antony Dizionario Universale dei Miti e delle Leggende Newton e Compton edizioni 2001 pag. 660

[2] RANGONI, Laura, Le Fate , Xenia tascabili, 2004, pagina

martedì 23 maggio 2023

Gabriele D’Annunzio Iniziato

Gabriele D’Annunzio Iniziato - I Geni del Tempo e le vie del Sole” di Carlo Gentile, con una relazione introduttiva di Luca Valentini. In libreria da aprile 2023 per Stamperia del Valentino


“Obiettivo dello studio sarà di enucleare come nella poetica dannunziana - ed in particolar modo nelle Laudi ma non solo - si ritrovi una particolare forma espressiva, che denomineremo “metrica estatica”, simboleggiante un particolare approccio sacrale ed esoterico del Vate”, scrive Luca Valentini nell’introduzione al volume di Carlo Gentile, “Gabriele D’Annunzio Iniziato - I Geni del Tempo e le vie del Sole”, edizioni Stamperia del Valentino (collana I Polifemi, euro 12,00 - pagg 86). L’articolata e colta prefazione di Valentini e lo studio di Gentile, datato 1948, vanno a indagare gli aspetti misterici celati nell’opera e nella vita di Gabriele D’Annunzio, prima posto sugli altari della cultura patria, poi ostracizzato come retorico rappresentante di una cultura reazionaria e fascista, oscurandone i reali, potenti valori letterari e poetici.

Questo volume, oltre ad analizzare il vissuto iniziatico del Vate e le interrelazioni con la sua opera, spera di contribuire a infrangere quel muro di silenzio che ha, fino in tempi recenti, oscurato la figura di un gigante della letteratura italiana come del suo pensiero.


La casa editrice

Editore dal 2002, Paolo Izzo, alter-ego della Stamperia del Valentino, gestisce con estremo rigore le scelte editoriali della sua “creatura”. Il risultato è un catalogo di alto profilo sia nell’ambito della cultura napoletana, che in quello della produzione di stampo umanistico, esoterico e storico.

La Stamperia del Valentino vuole riportare all’attenzione del pubblico la Napoli colta, folkloristica e letteraria. A tal proposito seleziona opere rivolte al curioso colto come allo studioso, con un occhio all’originalità e completezza dei temi proposti.


Titolo Gabriele D’Annunzio Iniziato
Sottotitolo: I Geni del Tempo e le vie del Sole
Autore: Carlo Gentile
Prefazione: Luca Valentini
Collana: I Polifemi
Prezzo: € 12,00
Pagine: 86
ISBN:  979-12-80721-33-4
Disponibilità: Aprile 2023


La Collana

Il ciclope Polifemo - che sembra risiedesse nella napoletana isoletta di Nisida - dovette il suo nome alla propensione al “molto parlare”. Un chiacchierone, dunque, stando all’etimo greco polì-femì. Questa collana mutua dal mitico personaggio omerico l’interpretazione più nobile di quel nome, in - tendendo proporre libri piccoli (nei costi e nel formato) ma che “hanno molto da dire” e che quindi vale la pena di “ascoltare”.


Della stessa collana

Guarda il catalogo: www.stamperiadelvalentino.it