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martedì 2 aprile 2019

"Il Graal e la magia del Secolo d'Oro"

tratto da "Il Giornale" del 27/09/2018

di Luca Crovi

L'autore spagnolo: "I testi cartacei sono unici, restano un vero mistero"

Fuoco invisibile (DeA Planeta, pagg. 524, euro 18) di Javier Sierra è un romanzo dedicato al potere mistico e magico della parola, all'incommensurabile mistero del Graal e alla letteratura del Siglo de Oro.

Un thriller di cui è protagonista il docente di linguistica David Salas che, come spiega lo scrittore spagnolo, è «un uomo benestante, della classe media, per il quale è impossibile immaginare che il suo mondo stia per crollare».

Che valore magico e rivoluzionario possono avere le parole?

«Tutte le tradizioni sacre del pianeta conferiscono alle parole un valore che va oltre la dimensione umana. Gli antichi sapevano che plasmano la realtà e arrivano persino a trasformarla. Nella Genesi vediamo come Dio da inizio alla Creazione utilizzando proprio la parola. «E Dio disse: Sia la luce. E la luce fu». Un tale potere verrà successivamente emulato dalla nostra specie quando acquisisce prima la capacità di parlare e dopo quella dell'espressione artistica e con ciò la civiltà. Questa rivoluzione sorprendente e misteriosa è nata con le prime parole non meno di 100mila anni fa. Studiarla significa cercare di svelare il mistero della nostra identità».

I libri cartacei quanto sono ancora un mistero?

«I libri cartacei sono un'invenzione perfetta. Non solo sono assolutamente autonomi e non necessitano di una fonte di energia o di tecnologie che finiscono per scomparire, ma non smettono mai di essere scritti. Le farò un esempio. Sul libro di carta non solo è importante quanto vi è scritto, lo sono anche le mani che toccandolo vi lasciano le proprie impronte trasformandolo in un oggetto unico. Una macchia, una riga sottolineata, un fiore dimenticato possono darci delle informazioni importanti. I libri digitali non possiedono questa capacità di sviluppare una biografia propria. Sono... meno vivi!».

Quando è nata in lei la passione per i misteri?

«Ho trascorso la mia infanzia nel capoluogo di provincia più piccolo di Spagna, Teruel. C'erano ben poche distrazioni per un bambino e quindi sono stato costretto a sviluppare l'immaginazione. Vedevo dei draghi nei profili delle montagne, sentivo i passi di fantasmi nelle vecchie torri in stile mudéjar della città, e immaginavo persino astronavi che solcavano il cielo notturno. Sono stato un bambino dalla fervida immaginazione e mi sono trovato talmente a mio agio in quel mondo che non ne sono ancora uscito».

È mai esistito il misterioso Primus Calamus?

«Certamente. Tutti i libri citati nel romanzo, così come i riferimenti geografici e i loro segreti sono reali. Juan Caramuel è stato un brillante filosofo del XVII secolo nato a Madrid ma morto in Lombardia che si era interessato a tutte le fonti della conoscenza, comprese quelle magiche ed eterodosse».

Quanto i libri del Siglo de Oro hanno rivoluzionato la letteratura del suo Paese?

«La Spagna del Siglo de Oro custodisce uno dei tesori letterari più preziosi nei testi delle mistiche. Trattandosi di libri scritti tra le mura di alcuni conventi non sono molto conosciuti. Solo Santa Teresa ha ottenuto una proiezione universale. Il Secolo d'Oro è stato il teatro del combattimento tra le due mentalità più caratterizzanti l'identità spagnola: quella mistica e quella mondana, incarnata da Quevedo, Cervantes o Lope de Vega. E, come sempre succede quando due mondi contrapposti collassano, ne scaturisce un terzo assolutamente affascinante».

Molti l'hanno soprannominata il Dan Brown di Spagna...


«È un'etichetta che è stata necessaria per definire il mio lavoro quando è arrivato sulla scena internazionale ormai quasi quindici anni fa, ma è un cliché povero. I miei libri non sono Brown, sono Sierra. Sono romanzi dove i protagonisti sono impegnati in una quête, una ricerca che va ben oltre loro stessi».