Visualizzazione post con etichetta giuseppe balsamo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta giuseppe balsamo. Mostra tutti i post

martedì 6 settembre 2022

INTERVISTA AL PROFESSOR LUIGI PRUNETI SUL CONTE DI CAGLIOSTRO

tratto da "L'Opinione" del 26 agosto 2021

di Pierpaola Meledandri

“Giuseppe Balsamo fu un figlio del suo tempo, un’età straordinaria, durante la quale nacquero e si svilupparono tendenze e personaggi opposti: De Sade e Beccaria, razionalismo e irrazionalismo, privilegio nobiliare e istanze rivoluzionarie. Nelle logge di quel secolo si mischiarono scienziati e sedicenti maghi, empiristi e occultisti, chimici e alchimisti. Cagliostro recitò la sua commedia umana su quel palcoscenico”. Luigi Pruneti, scrittore, giornalista pubblicista e ricercatore, parla dell’affascinante ed enigmatica figura del Conte di Cagliostro.

Oggi ricorre l’anniversario della morte del Conte di Cagliostro, deceduto il 26 agosto 1795. Fu veramente un personaggio così straordinario da divenire “leggenda”?


Senza dubbio, fu sicuramente un personaggio eccezionale per le vicende della sua vita, per la fama che lo circondò, per il mistero che aleggiò intorno a lui, per la sua tragica fine. Non a caso Cagliostro è stato l’oggetto di infiniti saggi, di numerosi romanzi, di tanti racconti e film.

Chi era in realtà il Conte di Cagliostro: uno studioso, un alchimista, un mago un taumaturgo, il palermitano Giuseppe Balsamo, uno scaltro truffatore?


L’uno e l’altro. Alcuni dicono che fosse un portoghese di nobili origini, addirittura il figlio del re Giovanni V, in realtà nacque a Palermo, il 2 giugno del 1743, da Felicia Bracconieri e da Pietro Balsamo, commerciante di stoffe. Fu uno dei numerosi avventurieri del XVIII secolo, come Giacomo Casanova o Barry Lyndon, il protagonista del celebre film di Kubrick, tratto dall’opera William Makepeace Thackeray. Giuseppe Balsamo fu, pertanto, un figlio del suo tempo, un’età straordinaria, durante la quale nacquero e si svilupparono tendenze e personaggi opposti: De Sade e Beccaria, razionalismo e irrazionalismo, privilegio nobiliare e istanze rivoluzionarie. Nelle logge di quel secolo si mischiarono scienziati e sedicenti maghi, empiristi e occultisti, chimici e alchimisti. Cagliostro recitò la sua commedia umana su quel palcoscenico. Generoso e affascinante, curioso e approssimativo, lestofante e iniziato, millantatore e innovativo. Sicuramente imbrogliò qualche potente, distribuì improbabili panacee e scroccò soldi a nobili desiderosi di pietre filosofali o d’improbabili ringiovanimenti. Fu, comunque, un anticonformista, un libertario dai tratti picareschi e un martire, condannato a una terribile agonia, nel “pozzo” di san Leo.

Quanto devono le discipline latomistiche e la massoneria alle esperienze e alle pratiche del Conte?


Le discipline latomistiche furono debitrici di Cagliostro almeno per due aspetti. Il primo è costituito dalla funzione del “Gran Cofto” di corriere di esperienze massoniche diverse, il secondo è rappresentato dal primato che egli ebbe di aver diffuso l’idea di una massoneria egiziana. Badi bene, fu il diffusore, non il creatore, perché l’idea di una siffatta corrente massonica nacque con il “Sethos” dell’abate Terrasson e l’Ordine degli Architetti Africani.

Il processo a Cagliostro rientra nella storia della Santa Inquisizione? Ci può narrare come si svolse e l’epilogo della vicenda?


Nella primavera del 1789 Cagliostro si recò a Roma, nella bocca del leone, convinto che la protezione del vescovo-conte di Trento fosse sufficiente a salvaguardarlo. Nell’Urbe fu imprudente e in più venne tradito da parenti acquisiti e dalla stessa consorte, la celebre Serafina. Pertanto, il 27 dicembre di quell’anno fu arrestato e imprigionato nelle segrete di Castel Sant’Angelo. A quel punto la Santa Inquisizione decise di usare il processo di Cagliostro come atto mediatico, per colpire la massoneria e dimostrare come i “fatti di Francia” fossero un complotto dovuto alla setta della squadra e del compasso. I suoi libri e oggetti rituali furono arsi, con somma teatralità, in Pazza Sopra Minerva; egli fu condannato a morte, pena che fu poi derubricata in carcere perpetuo nella Fortezza di San Leo, dove era difficile sopravvivere più di qualche anno. Infine, la Reverendissima Camera Apostolica Romana pubblicò il “Compendio della vita e delle gesta di Giuseppe Balsamo, denominato Conte di Cagliostro …”, in cinque capitoli, di cui uno dedicato alla sua vita e quattro ai “misfatti” della massoneria.

San Leo si erge su uno strapiombo nei pressi di San Marino. Nella suggestiva fortezza fu imprigionato e terminò i proprio giorni, in un’angusta cella, uno dei più enigmatici protagonisti dell’età dei Lumi. La sua storia continua ad attirare la curiosità e l’attenzione di molti. A San Leo si tengono sempre eventi che ricordano il Conte di Cagliostro?


Non glielo so dire. Un tempo si teneva, in corrispondenza del 26 agosto, una manifestazione, patrocinata dal comune di San Leo, denominata “Alchimia Alchimie”. Era una bella iniziativa che prevedeva una sorta di fiera, conferenze, spettacoli; io facevo parte del Comitato tecnico-scientifico. Poi le cose cambiarono, anche perché quella formula non era apprezzata da tutti. Da allora me ne sono disinteressato, non so se si tenga ancora qualcosa. Forse sì, ma non ne conosco gli eventuali termini.

All’interno del complesso fortificato di San Leo, vi è un piccolo museo dedicato a Cagliostro, con qualche targa e cimelio. La cella del Conte è visitabile; ho visto il suo piccolo letto, omaggiato da alloro e mazzi di fiori. Quali sono stati i suoi meriti e quali, a oggi, i frutti della sua avventurosa esistenza?


In parte le ho già risposto. Il principale merito è stato quello di diventare un mito e un’icona di un aspetto particolare della sua epoca. La leggenda di Cagliostro ha, a sua volta, ispirato storie più o meno fantastiche e opere letterarie come un romanzo di Alexandre Dumas. Non è poco.

Tra le varie leggende, una, in particolare, narra che alla sua presunta morte, il corpo non venne mai ritrovato, quasi a testimoniare le capacità magiche di quest’uomo. Quali sono, in realtà, le risultanze storiche documentate sul punto?


Cagliostro morì il 26 agosto del 1795 verso le 22,30. I suoi carcerieri lo seppellirono come eretico impenitente, in terra sconsacrata, in un punto imprecisato a ovest della rupe di San Leo. Il suo corpo non è mai stato rinvenuto. Ciò ha fatto sorgere altre leggende e storie fantastiche. Collin De Plancy, nel suo “Dizionario infernale” afferma che si sarebbe strangolato da solo. Altri spergiurano che non sarebbe morto lì, altri ancora ipotizzano che a San Leo se ne andò all’altro mondo un suo sosia... insomma, anche con la morte Cagliostro alimentò il mito.

L’attrazione per il mondo egizio, compresi gli insegnamenti occultisti e teurgici, hanno ispirato studi e rituali massonici. So che Lei ha analizzato l’argomento e scritto su questo tema un testo in collaborazione con altri autori. Cosa può raccontare a riguardo?


Mi sono occupato di Cagliostro già tanto tempo fa, nel 1996, quando scritti un saggio: “Cagliostro la Massoneria e il Rito egiziano” che fu pubblicato nella collettanea “Processo a Cagliostro a duecento anni dalla sua scomparsa”. Sono ritornato sull’argomento quasi venticinque anni dopo, pubblicando insieme ad Antonio Donato, traduttore dei rituali del Palermitano, il libro “Rituale Egizio di Cagliostro, con saggi storici e biografici” (l’Arco e la Corte, Bari 2020). L’argomento mi piacque, tanto che, questa primavera, sempre insieme ad Antonio Donato, ho dato alle stampe i “Rituali della Massoneria Egizia di Cagliostro” (L’Arco e la Corte, Bari 2021). Quest’ultimo volume è un’opera completa, che riporta i testi latomistici del Nostro. Pertanto, anch’io sono rimasto affascinato e avvinto, dal “Gran Cofto”, una sorta di Ulisse del Settecento che odora un po’ di zolfo...

sabato 28 novembre 2020

CAGLIOSTRO – LE VERITA’ NASCOSTE

Giuseppe Balsamo era veramente il Conte di Cagliostro?

Sfogliando una qualunque enciclopedia o dizionario, e cercando sotto la voce “Cagliostro”, l’unica definizione che ci sarà possibile trovare sarà la seguente: “Giuseppe Balsamo, alias Conte di Cagliostro, truffatore di origini Palermitane...”; e se le cose fossero andate diversamente?

Anche se il quesito possa apparire a prima vista tendenzioso, forse anche irriverente nei confronti della storiografia ufficiale, esiste comunque un ragionevole dubbio in merito alle affermazioni comunemente accettate su Cagliostro.

A volte la paura del mistero finisce per diventare la genesi della menzogna, e la menzogna, come ben sappiamo, è stata da sempre lo scenario preferito al fine di occultare, screditare e mettere a tacere le verità scomode e tendenzialmente pericolose.

Roberto La Paglia, sposando quel ragionevole dubbio, frutto di una attenta ricerca e di una certosina analisi e comparazione delle varie fonti disponibili, rilegge da una storia di Cagliostro usando una diversa prospettiva, sforzandosi di anteporre la logica e l’amore per la ricerca alla frettolosa voglia di voler dare a tutti i costi una risposta e giungendo infine ad una verità che forse non sarà mai suffragata da prove visibili e concrete, ma che nella sua ardita fantasia, non sarà poi così dissimile dalla storia che oggi tutti conoscono (o che hanno contribuito a farci conoscere), anche questa senza nessuna vera prova a sostegno se non la cieca incoscienza che a tutto crede purché sia sollevata dalle proprie paure.

Questo libro è un vero e proprio processo indiziario portato avanti su un altro dibattito altrettanto indiziario e frammentario, nel quale i Giudici sono a loro volta testimoni e accusatori, quando non redattori delle prove stesse portate contro Cagliostro; “Nessuno scriverà mai la verità su di me” recitava il Conte e nessuno, in effetti, ha voglia di scriverla, non tanto per la difficoltà oggettiva che quest’operazione comporterebbe, quanto per quella fitta nebbia della quale egli stesso si è ammantato e che i suoi nemici alimentarono prima per poterlo annientare, ora per non scoprire una verità sepolta da tempo, una verità scomoda.

CAGLIOSTRO – LE VERITA’ NASCOSTE
di  ROBERTO LA PAGLIA
Cerchio della Luna Editore
Pagine 262 – ISBN 9788869375712



sabato 25 agosto 2012

VENEZIA: I MISTERI DELLA LAGUNA

Tra spettri, Graal e magi occultisti

di Andrea Romanazzi

Quando si parla di Venezia vengono subito in mente le immagini delle bellissime gondole che vagano per i canali e la dolce atmosfera romantica che la avvolge, ma tra i campi e i calli gremiti di turisti si nascondono antiche leggende, misteri insoluti, ombre di antichi personaggi che rendono la città fortemente inquietante in questa sua gotica disinvoltura. Sarà seguendo così le tracce di questi enigmi che si perdono nella notte dei tempi che riusciremo ad entrare in contatto con il genius urbis che come novello Virgilio ci porterà tra le pieghe del tempo al cospetto di tradizioni mai dimenticate come il Graal e Cagliostro, Casanova e l’Inquisizione che ci faranno cambiare idea sul comune soprannome di "Serenissima".



IL GRAAL E I MISTERI DI SAN MARCO

La città di Venezia è ricca di leggende su antiche reliquie cristiane dato anche gli stretti rapporti economici con il mondo orientale e così ovviamente non potevano mancare storie sui Templari e il mistico Graal, la coppa nella quale, secondo la leggenda, Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue di Cristo.
La via che porta questa favolosa reliquia in città è quella che conduce a Costantinopoli, l’odierna Istambul, città conquistata dai Crociati e strettamente legata al capoluogo veneto. In particolare proprio durante la Quarta Crociata cavalieri e mercanti portarono in città cultura e tradizioni mediorientali oltre ai moltissimi tesori provenienti dalla città turca come i quattro cavalli in rame presenti sulla Basilica di San Marco e che tradizione vuole avessero al posto degli occhi degli splendidi rubini. Si sa ancora che da Costantinopoli sarebbe provenuta la Corona di Spine di Gesù che Luigi IX di Francia riuscì a sottrarre alla città per portarla in Francia, presso la Sainte Chapelle, dunque non sarebbe impensabile che, nel caso fosse davvero esistito, il Graal nel suo mistico cammino fosse davvero giunto nella città.
La tradizione lo vuole nascosto nel trono di San Pietro, il sedile ove si sarebbe davvero seduto l’Apostolo durante i suoi anni ad Antiochia costituito da una stele funeraria mussulmana e decorato con i versetti del Corano oggi presente nella chiesa di San Pietro in Castello. Si narra che questa poi sarebbe stata trasferita successivamente a Bari, città legata a quella veneta da interessanti tradizioni comuni come il santo Nicola le cui due città si spartiscono le sacre reliquie. Alcune tradizioni locali, poi, vogliono che nella chiesa di San Barnaba fosse stato seppellito il corpo mummificato di un cavaliere crociato francese dal nome di Nicodemè de Besant-Mesurier, legato alla vicenda della traslazione della mistica coppa ritrovato nella zona nel 1612. In realtà non sono mai stati trovati documenti che parlassero di questo cavaliere.

I misteri legati alla religione Cristiana non trattano solo di reliquie, ma diverse sono anche le tradizioni legate a l’Inquisizione e piazza San Marco, tracce di angusti ricordi sparsi in una delle più belle piazze d’Italia e spesso celati agli occhi del comune viaggiatore. All’angolo destro della Basilica, ad esempio, è presente un cippo che la tradizione vuole utilizzato per le esecuzioni, mentre guardando le colonne del primo loggiato del vicino Palazzo Ducale, ne possiamo scorgere due di colore differente dalle altre ove, secondo la tradizione, venivano lette le sentenze di morte poi eseguite nella piazzetta antistante o nel vicino Campanile. Ecco così che il meraviglioso Campanile che svetta nella piazza nasconde anch’esso macabri ricordi, infatti è legato alla tradizione del supplizio di cheba, una gabbia in ferro sospesa nel vuoto nella quale i condannati venivano esposti al pubblico ludibrio anche per lunghi periodi sfidando le intemperie e dunque la morte che presto sopraggiungeva quasi come liberazione. Sempre tra le colonne del Palazzo Ducale, poi, era offerta l’ultima speranza di salvezza, e infatti, sul lato della costruzione che si offre al mare era presente una colonna che ancora oggi appare con il basamento consumato. Ai condannati era offerta una ultima grazia: se fossero riusciti a girar intorno alla stessa senza cadere mai dallo strettissimo basamento sulla quale poggia, operazione davvero impossibile.

I PALAZZI STREGATI E LE CORRENTI TELLURICHE
Interessanti poi sono le tradizioni legate ai palazzi stregati come Ca’ Dario e Ca’ Mocenigo Vecchia.
La fama del primo sinistramente conosciuta da tutta la città, esso fu costruito dal mercante Giovanni Dario e dedicato al genio della città come testimonia l’iscrizione "Genio urbis Joannes Dario", scritta che, secondo alcuni studiosi, nasconderebbe, anagrammata, enigmatici quanto orribili segreti: "SUB RUINA INSIDIOSA GENERO" e cioè colui che abiterà sotto questa casa andrà in rovina. Per alcuni la costruzione sorgerebbe su un nodo di energie negative che si trasferirebbero all’intera dimora, quella che Fulcanelli definirebbe una vera e propria dimora filosofale. In realtà l’intera città sorgerebbe su una rete di correnti telluriche, positive e negative, che caratterizzerebbero così la sua urbanizzazione, lo stesso Canal Grande sarebbe la rappresentazione del temibile serpente, simbolo delle enigmatiche forze che in alcuni punti diventerebbero fortemente palesi. Del resto nel passato era normale che ci fossero luoghi benefici e malefici, in oriente ove si pratica il feng shui, cioè una disciplina che permette di costruire una casa recependo le onde benefiche del "grande drago" che dorme nel sottosuolo. Sarà proprio il drago a caratterizzare la città, infatti esaminiamo una qualunque cartina di Venezia vediamo il Canal Grande snodarsi come un serpente o un dragone, tagliando esattamente in due parti la città. Abbiamo così la testa, "caput draconis", ed una coda "cauda draconis".
Alla fine di quest’ultima troviamo l’isola di san Giorgio, con l’omonima chiesa, scelta non casuale se pensiamo che nella tradizione cristiana san Giorgio è il santo che uccide il drago, e quindi che esorcizza il serpente veneziano, mentre dalla parte opposta vi è la Basilica di San Marco, quasi un modo per esorcizzare queste energie.
E’ proprio posizionato nella "cauda" che troviamo Ca’ Dario, il misterioso palazzo la cui maledizione colpisce tutti i proprietari che sono morti suicidi o comunque di morte violenta, tra i quali ultimamente Raul Gardini e il tenore Mario del Monaco.
Per quanto riguarda invece la seconda costruzione, è silente testimone della visita del filosofo Giordano Bruno in città, ospite proprio della famiglia di Mongenigo che, dopo aver cercato di carpire le sue conoscenze alchemiche, lo denunciarono come stregone alle autorità veneziane costringendolo a riparare a Roma ove poi sarà giustiziato. Tradizione vuole che ancora in quell’edificio si manifesti il fantasma dell’eretico in cerca di giustizia.

ALCHIMIA VENEZIANA

Moltissimi sono stati i maghi, stregoni e alchimisti presenti nella laguna, tra i quali spiccano, oltre al già citato Giordano Bruno, Casanova e Cagliostro. Dati gli stretti rapporti con il Medioriente, Venezia è stata da sempre crogiuolo di culture, il toponimo del quartiere "Giudecca" sembrerebbe proprio segnalarci la presenza dei suoi primi abitanti, i giudei, da sempre maestri di alchimia e studiosi di Cabala. Moltissime sono così le leggende presenti nell’antico e nuovo ghetto che riguardano gli rabbini e i loro studi di alchimia.
Nella città, poi, sono presenti le conoscenze alchemiche degli arabi le cui tracce ritroviamo nel quadrante della torre dell’orologio ove, tra simboli astronomici e astrologici sono presenti raffigurazioni di mori. Più sconcertanti ed evidenti sono però le simbologie arabe presenti nelle vicinanze della porta della carta vicino la Basilica di San Marco. Qui sono rappresentati in un angolo i così detti "quattro mori", i tetrarchi Diocleziano, Galerio, Massimiliano e Costanzo.
In realtà la tradizione lega queste figure all’alchimia come testimoniato da un fregio alla base dello stesso raffigurante due putti e due draghi intrecciati che portano un cartiglio con la scritta in veneziano arcaico "uomo faccia e dica pure ciò che gli passa per la testa e veda ciò che po’ capitargli".
Sempre sullo stesso lato della Basilica sono presenti due colonne provenienti da Acri ove cultura cristiana e mora si mescolano in una mistica commistione di immagini tra le quali spiccano tre enigmatici criptogrammi per alcuni invocazioni al dio del mussulmani Allah.
Tra i personaggi più enigmatici, però, sicuramente spicca Casanova, mago e scrittore nato nella città il 2 Aprile 1725 e sepolto nella chiesa di San Barnaba anche se della sua tomba sono state perse le tracce. La sua storia "misteriosa" parte all’età di otto anni quando, per guarirlo da un male che gli costringeva a tenere sempre la bocca aperta, la zia lo portò da una strega guaritrice. Sarà da allora che lo scrittore iniziò ad interessarsi alle arti magiche che gli procurarono problemi con l’Inquisizione e che lo portarono ad esser imprigionato nei famosi "piombi" veneziani dai quale riuscì in una clamorosa fuga. Sicuramente egli ebbe contatti con la massoneria e con Amadeus Mozart per la realizzazione del suo "Don Giovanni" ispirato anche alla vita del veneziano e con il famoso Giuseppe Balsamo, noto come Conte di Cagliostro proveniente da Aix de Provence. Secondo la tradizione i due si incontrarono nella città nel 1769 per scambiarsi formule e magici rituali e le formule per l’elisir di eterna giovinezza.