mercoledì 24 luglio 2013

LE CHIOCCE D'ORO

LE CHIOCCE D'ORO
Crisofauna e tesori animati nella terra delle eccellenze etrusche




Le Chiocce d’oro sono tra le più diffuse e al contempo enigmatiche creazioni dell’immaginario popolare. Numerose leggende le vogliono nascoste in antichi sotterranei e custodite da sinistri guardiani: in molti avranno sentito parlare, da qualche anziano, di tesori del genere trovati nelle campagne e di fortunati che avrebbero 'cambiato vita' dopo la loro scoperta. Ma al di là delle comuni dicerie, in questi racconti esiste senz’altro un più complesso substrato simbolico, legato da un lato al mondo matriarcale e dall'altro a quello dell’oltretomba.
Per comprendere il valore antropologico delle Chiocce d'oro abbiamo ritenuto opportuno contestualizzarle nel variegato sistema della crisofauna: il mondo onirico di tutti quegli animali fatti d'oro e pur misteriosamente animati. Da tale prospettiva la narrazione delle singole leggende toscane, svolta minuziosamente dagli autori di questo libro, acquisterà una coerenza e una validità sorprendenti.
tra i luoghi e gli argomenti trattati:
PORSENNA E L'ESERCITO DEI PULCINI D'ORO
DALLA CAPPADOCIA AL CHIANTI
LA VOLPE D'ORO E IL MONDO ETRUSCO
I SOTTERRANEI DI SAN RABANO
LA MULA D'ORO DI SESTO FIORENTINO
LA GROTTA DEL RIELLO E I VAPORI DEL BULICAME
IL RAGNO D'ORO
LA BIFOLCATA E IL VITELLO D'ORO
IL GRUGNO DORATO DEL PORCELLINO DI FIRENZE
DRAGUT E LA CHIOCCIA DELL'ELBA


martedì 23 luglio 2013

MERLINO, UN MITO ITALICO

MERLINO, UN MITO ITALICO
Grotte, sorgenti e simboli. L'archetipo del mago arturiano nella geografia psichica d'Etruria
di Bernardo Tavanti



In Merlino, druido per antonomasia, coincidono antichi simbolismi legati alla magia maschile e ai poteri interiori dell’uomo. La sua funzione ha permesso una strategica mediazione tra cultura celtica e valori cristiani, ed è stata impiegata soprattutto in Francia e Britannia che vissero un’evangelizzazione lenta e complicata.
Al contrario, qui in Italia, la figura del mago-condottiero sembra essersi estraniata dall’immaginario collettivo, salvo per le mere fantasie indotte dal cinema e dal romanzo anglosassoni. Ma ad una più attenta analisi sui territori italici e in particolare su quelli dell’antica Etruria, l’atavico mago risulta presente nelle leggende rurali come nella toponomastica, nella letteratura come nel folklore, ricalcando personaggi e simboli che da epoca antichissima percorrono la nostra società.          
tra gli argomenti trattati:
LE ORIGINI LETTERARIE E SIMBOLICHE
MONTE BIBELE E LA TUMULAZIONE ITALICA
LE SIBILLE APPENNINICHE
L'ARUSPICE A ROMA E I PRIMI SANTI-DRUIDI
IL GALVANO DI MONTESIEPI E I POETI TOSCANI
IL «DRUIDO» FRANCESCO E  LE QUERCE SACRE
GLI ALCHIMISTI E LE GROTTE MERLINIANE DEI GIARDINI INIZIATICI
I SACRI BOSCHI E LE FONTI DI MORGANA
LA GROTTA DI ARCIDOSSO
e tanti altri.


lunedì 22 luglio 2013

Divinazione per principianti





Autore:
Scott Cunningham (1956-1993) è stato scrittore prolifico di libri sulla Wicca e attivo diffusore della spiritualità pagana nel nostro tempo. Il suo stile fresco e diretto lo ha reso popolare soprattutto tra i praticanti solitari dell’Arte che cercano una guida erudita a cui affidarsi. Grande conoscitore di erbe e iniziato in diversi Ordini, considerava la Wicca una religione che parla all’uomo moderno tramite simboli e concetti antichi. I suoi libri hanno influenzato notevolmente i cambiamenti all’interno del movimento wicca e dei suoi seguaci.  


Argomento:
Dall’approccio pratico e pensato per raggiungere tutti quelli che vogliono avvicinarsi alla materia, questo libro rappresenta una guida completa alla divinazione: l’arte di determinare il passato, il presente e il futuro. Presentando e spiegando le più importanti tecniche divinatorie odierne e dell’antichità, Cunningham mostra come chiunque, anche senza essere un indovino, può praticare questa arte e ricevere non solo utili risposte alle proprie domande, ma anche importanti aiuti in merito alle scelte future. Il lettore viene guidato attraverso le tecniche del pensiero simbolico, la natura dell’illusione che chiamiamo tempo e un’utile guida all’uso dei principali strumenti divinatori.

domenica 21 luglio 2013

Vampiri e spettri Ecco i nonni italiani del «fantastico»

Tratto da Il Giornale del 18/07/2013

di Gianfrando De Turris

Nonostante il nostro retaggio mitico, leggendario, folklorico, favolistico che risale addirittura alla classicità per poi fiorire nel medioevo, non possiamo dire di possedere una vera e propria tradizione fantastica, considerando tale quella che si è formata e codificata in tutta Europa durante il romanticismo, e che ne ha fissato i canoni quali oggi comunemente s'intendono. Il fatto è che il nostro romanticismo è stato risorgimentale, vale a dire a sfondo politico, ed ha tagliato le gambe al recupero appunto di miti, leggende, folklore e favole nazionali come avvenne in Francia, Gran Bretagna e Germania. In più ci si mise anche la critica «ufficiale», da Francesco De Sanctis a Benedetto Croce, per dire che quel tipo di romanticismo fatto di brughiere e di «fantasime» non era adatto alla nostra «anima» classica.



Nello stesso tempo, però, non è che non esistano nella nostra storia letteraria degli ultimi due secoli temi, argomenti, spunti «fantastici». Anzi, si può dire che la tentazione del fantastico abbia colpito un po' tutti i nostri maggiori scrittori, veristi compresi, anche se saltuariamente. Più diffusa la vena sotterranea a livello di narrativa popolare, e lo sforzo di una critica aperta e intelligente dovrebbe essere quello di riportarli alla luce.
Cominciò a metà degli anni Ottanta un pioniere come Enrico Ghidetti con la sua antologia Notturno italiano, alla quale seguirono quelle curate da Lattarulo, Farnetti, Reim, D'Arcangelo e Gianfranceschi, più di recente di Foni e Gallo. Sovente però autori e storie risultano gli stessi: bisogna quindi continuare a scavare in archivi, biblioteche, collezioni di giornali e riviste sia popolari che di più alto livello. Alcuni, come il bravissimo Riccardo Valla, scomparso improvvisamente a gennaio, ci stava provando in proprio scansionando vecchi testi introvabili da mettere in Rete, compito che sembra si assumerà adesso fantascienza.com di Silvio Sosio.
Ora però, in quel di Mercogliano provincia di Avellino, ecco che è nata una piccola ma efficiente casa editrice, la Keres (www.keresedizioni.com) che sotto la direzione di Antonio Daniele si è data alla riscoperta di quello che potremmo definire il protofantastico italiano, dando alle stampe tre libri non solo di bella presenza con adeguate copertine e impostazione grafica, ma anche ben curati con note, biografie e bibliografie, foto dell'autore e documenti d'epoca, a dimostrazione di un interesse critico-storico. Particolare attenzione al mito supernazionale del vampiro in una ampia accezione, intanto con l'antologia Vampiriana (pagg. 160, euro 16) che riunisce otto racconti dal 1885 al 1917, cioè pubblicati prima che fosse tradotto in italiano (1922) il Dracula di Stoker, a dimostrazione di come ci fosse attenzione ad un tema che non è solo del gotico inglese o tedesco. E poi con due romanzi, vere e proprie riscoperte, riedite dopo un secolo e più.
Uno è il primo romanzo italiano sull'essere della notte, appunto Il vampiro. Storia vera (pagg. 238, euro 13) del barone Franco Mistrali (1833-1880), giornalista, scrittore, garibaldino e anticlericale, uscito nel 1869, che nulla deve a Stoker, anzi con la sua vampira Metella anticipa la Carmilla/Mircalla di Le Fanu, e con il suo quadro inquietante Il ritratto di Dorian Gray di Wilde. Il secondo, L'anima, curato da Gianandrea de Antonellis (pagg. 190, euro 13), uscì nel 1893 e lo scrisse Enrico Annibale Butti (1868-1912), detto «l'Ibsen italiano», ed è una storia di fantasmi, apparizioni, passioni violente umane e al di là dell'umano. In entrambi, data la cultura e la psicologia dei due autori, si scontrano scienza e fede, razionalità e irrazionalità, materia e spirito, oscillando i protagonisti fra l'incredulità di fondo e il desiderio di credere a fatti oggettivamente inspiegabili e sovrannaturali.
Vere sorprese per i lettori di oggi che cominceranno così a scoprire le radici dell'Immaginario italiano.


 

sabato 20 luglio 2013

Archeologia, trovate a Manaus (Amazzonia) urne funerarie di 2500 anni fa

Tratto da "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 9 agosto 2003

La scoperta di 270 urne funerarie di ceramica nel centro di Manus, in Brasile, conferma l’ipotesi dell’esistenza di una cultura organizzata e complessa in Amazzonia già 2500 anni fa. Le urne sono state scoperte nei giorni scorsi da operai che lavoravano in una centralissima piazza della capitale dell’Amazzonia brasiliana. Sotto uno strato di terra nera di origine organica, presente in quasi tutti i siti funerari della regione, sono state rinvenute le ceramiche, alcune delle quali in eccellente stato di conservazione, a circa due metri di profondità. Le urne sono alte circa un metro, con un diametro di 90 centimetri, e contengono le ossa di una o due persone. Secondo le prime stime, le urne risalgono ad un periodo intorno al 500 avanti Cristo. Le ceramiche analoghe più antiche scoperte finora risalivano a 1.300 anni fa, mentre l’oggetto umano più antico rinvenuto è una punta di freccia di pietra vecchia di 7.700 anni. Negli anni ’60, l’archeologo tedesco Peter Hilbert, aveva già formulato l’ipotesi dell’esistenza di una "civiltà amazzonica" di un certo livello culturale e tecnologico, ma non era stato preso sul serio.

domenica 7 luglio 2013

Il segreto di Atlantide nascosto in Sardegna

Tratto da il Giornale, 27/9/2004

Lorenzo Scandroglio

E se la mitica Atlantide fosse stata davvero la Sardegna? La domanda, rimbalzata da un angolo all'altra del mondo accademico e giù giù fin sulla bocca di tutti, ha cominciato a girare nella tarda primavera del 2002, quando, per la casa editrice romana Nur Neon, è uscito il libro di Sergio Frau Le Colonne d'Ercole, un'inchiesta.

Oggi, a due anni dalla bomba culturale di questa ipotesi, un gruppo di quindici Indiana Jones, composto da archeologi, ricercatori, direttori di musei, e un rappresentante dell'Unesco per la Sardegna, sono partiti a caccia di indizi: vogliono sapere che cosa c'è di vero in quello che dice lo scrittore-studioso Sergio Frau nel suo libro. In effetti l'ipotesi è meno strampalata di quello che sembra. Sicuramente meno strampalata di quelle sostenute dagli "ufaroli" - come li chiama lo stesso Frau -, tutti coloro che sulla leggenda dell'isola-continente sprofondata hanno sovrapposto di volta in volta gli extraterrestri, i Mu, l'Antartide e via delirando. Intanto, quasi a voler prendere le distanze da tante ciarlatanesche ipotesi che hanno usurato il nome di Atlantide, Frau parla di isola di Atlante.

Ma vediamo in sintesi come è nata l'intuizione dello scrittore di evidenti origini sarde: tutto è cominciato a partire dalle analisi geologiche di come era il Mediterraneo millenni fa, compiute da Vittorio Castellani, ordinario di Fisica stellare all'Università di Pisa. Nel libro Quando il mare sommerse l'Europa l'astrofisico spiega che nella protostoria (circa cinquemila anni fa) il livello del mar Mediterraneo era assai più basso di adesso. Ecco allora che, essendo molto inferiori le distanze fra Sicilia e Tunisia, Frau ipotizza che, confortato da geografi e viaggiatori antichi, le Colonne d'Ercole, in seguito identificate nello stretto di Gibilterra, fossero proprio là. E la Sardegna come diventa Atlantide? Ricollocando le colonne d'Ercole nel canale di Sicilia, traslocano all'interno del Mediterraneo tutti quei miti e luoghi leggendari estromessi nell'Oceano e lì lasciati in balia delle ipotesi più peregrine. Quello che più conforta la reinterpretazione fatta da Frau - come ha scritto Roberta Mocco - è che le distanze e i riferimenti geografici, che gli antichi fanno nel raccontare di queste due terre mitiche, risultano alla perfezione, cosa che non succede invece se si spostano le colonne d'Ercole a Gibilterra. Qualche difficoltà di spiegazione viene dalle date che indica Platone per dare i tempi della storia gloriosa di Atlantide. Il filosofo greco parla infatti di "novemila anni" nel passato rispetto alla sua epoca. Qui Frau si ritrova a fare l'"aggiustamento" più rilevante sulle parole degli antichi, e lo fa seguendo ancora una volta una logica che allontana dalle suggestive leggende. Non è pensabile che un popolo che usava i metalli, conoscitore della scrittura, potesse esistere nel Diecimila prima di Cristo. Peraltro è estraneo alla mentalità antica la misurazione del tempo in anni, cosa che i Greci non facevano mai. Tutto torna, invece, se si interpreta come "mesi" ciò che per secoli è stato tradotto come "anni". Un rammendo interpretativo visibile, ma motivato. In questo modo, inoltre, coinciderebbero i tempi con lo sviluppo della civiltà nuragica, il popolo "venuto dal mare", come lo chiama Platone, ossia gli Shardana, gli stessi che ritroviamo poi schiavi del faraone Ramsete. Un sospetto, questo che la Sardegna coincida con la mitica Atlantide, che ora quindici studiosi vogliono smentire o confermare. L'équipe è arrivata i giorni scorsi all'aeroporto di Elmas e per prima cosa ha voluto vedere la mostra allestita al secondo piano, nell'area riservata al check in, chiamata "Atlantikà, l'isola del mito". Pannelli e video che raccontano la storia della Sardegna come la immagina Frau. Un'isola circondata di torri, i nuraghi, come un'antica Manhattan che domina le scelte economiche, politiche e belliche del Mediterraneo. L'ha ribadito l'autorevole voce di Azzedine Beschausch, accademico di Francia, ex direttore del Patrimonio mondiale dell'umanità e ora in Sardegna come rappresentante dell'Unesco: "Siamo qui per cercare le tracce di un passato forse diverso da quello che la storia ci ha raccontato. Dire che la Sardegna in passato abbia avuto un ruolo centrale nella civiltà del Mediterraneo non è un'eresia. Gli indizi sono parecchi. Ora andiamo a cercare le conferme".