domenica 27 ottobre 2013

Riflessioni sugli Ufo



di Vito Foschi

In questo breve scritto non farò né una trattazione storica, né cercherò di proporre una soluzione al mistero degli Ufo, ma farò alcune semplici considerazioni. Innanzitutto vorrei porre l’accento sulla definizione della parola Ufo. Ufo è l’acronimo di Unidentified flight object, cioè oggetto volante non identificato, come molti di voi sapranno. Perché questa precisazione? Per il semplice motivo che spesso si tende a considerare Ufo come sinonimo di alieno il che non è. È vero che storicamente il termine Ufo è nato in concomitanza di avvistamenti dei famosi dischi volanti, flying saucers, in inglese, alla fine degli anni quaranta del secolo scorso, epoca a cui si fa risalire la nascita della moderna ufologia. Ma anche con i dischi volanti rimaniamo sempre nell’ambito degli oggetti volanti non identificati. Il termine Ufo è piuttosto preciso ed indica una precisa realtà: quelli degli oggetti volanti non identificati. Un qualsiasi oggetto che voli e che non sia facilmente identificabile rientra in questa categoria. Per esempio è buio e vedo volteggiare un pallone sonda e non lo riconosco come tale, quello costituisce un Ufo a tutti gli effetti. Quindi nulla di misterioso o di alieno, ma bensì un fenomeno reale. Chiedersi se si crede o meno agli Ufo è una frase priva di senso, è come chiedersi se si crede all’esistenza di delitti. Il problema semmai viene dopo, una volta avvistato un Ufo, ed è quello di spiegare di cosa si tratti. Per questo ho fatto l’esempio dei delitti: il delitto c’è ed è ben reale, l’Ufo, a volte si scopre il colpevole, ovvero un fenomeno atmosferico, un pallone sonda o altro, ma in altri casi il colpevole rimane sconosciuto, ovvero l’origine dell’Ufo rimane incognita. La percentuale di “casi risolti” per gli Ufo supera mediamente il 90%, il restante resta di origine sconosciuta. Ed in questi casi irrisolti che qualcuno ha proposto come soluzione una possibile origine extraterrestre. Ho voluto fare questa distinzione perché molti confondono le due cose che come visto sono ben diverse. Da un lato un fenomeno reale che ha anche i suoi risvolti sulla sicurezza dei cittadini, se cade un meteorite bene non fa, e dall’altra parte, un’ipotesi. Il problema degli Ufo è un problema scientifico è come tale va affrontato. Come ho già detto può riguardare la sicurezza dei cittadini ed in particolare il traffico aereo: immaginate un pallone sonda che gironzoli su un aeroporto. In alcuni casi gli Ufo sono originati da fenomeni atmosferici rari, come per esempio i fulmini globulari, che come dice la denominazione, sono dei fulmini dalla strana forma rotonda, che tra parentesi alcuni considerano all’origine dei cerchi nel grano (vedi il mio articolo). Finora è rimasta una percentuale piccola, ma consistente di avvistamenti non spiegati. Possono essere di origine extraterrestre? Chi lo sa. Certo a sfavore di questa ipotesi esiste la limitazione dell’invalicabilità della velocità della luce che rende impossibile il viaggio interstellare. D’altro canto nuove teorie stanno mettendo in crisi la teoria della relatività di Einstein. Anzi, scoperta recente per me, esistono vari scienziati che non accettano la teoria dello scienziato di origini tedesche, anche se al grande pubblico viene fatto credere che si tratti di verità incontestabili. Anche superando questo limite, rimane il problema forse ancora più grande di come fra miliardi di stelle, i cosiddetti visitatori dallo spazio ci possano trovare. Certo da quando esiste la comunicazione radio abbiamo emesso onde elettromagnetiche che si sono in parte disperse nel cosmo. Che queste siano potute arrivare all’orecchio o organo equivalente di abitanti di altri mondi?
A questo punto verrebbe da chiedersi perché non si mostrano? Per paura di spaventarci e di crearci uno shock psicologico tremendo come i fautori della cospirazione del silenzio vanno predicando? Forse come in Star Trek, quando scoprono una popolazione che ancora non ha ancora scoperto il volo spaziale si astengono da prendere contatto? E allora perché le visite di soppiatto? Si tratta di turisti in cerca di emozioni forti?
La mia breve discussione finisce qui con forse più interrogativi che risposte. Spero di aver stimolato la vostra curiosità.

sabato 19 ottobre 2013

Archeologia, la città della Sibilla svela i resti della prima cucina greca d'Italia

tratto da Il Giornale del 10 ottobre 2013

A Cuma, la più antica colonia ellenica del Mediterraneo occidentale, rinvenuti alcuni focolari in ceramica dell'ottavo secolo avanti Cristo. La scoperta si deve a uno scavo realizzato dal cantiere scuola dell'Università Orientale di Napoli nel quale opera un centinaio di studenti italiani e stranieri

di  Vincenzo Pricolo

Sotto l'insediamento romano di Cuma sono emersi i resti di quella che fu la prima colonia greca d'Occidente, fondata quasi tremila anni fa. Tra i resti più rilevanti, scoperti grazie al lavoro di un gruppo di archeologi dell'Università Orientale di Napoli guidati da Matteo D'Acunto, un ambiente adoperato come cucina che conserva una sequenza di focolari, succedutisi nel corso del tempo. Il più antico dei quali presenta un piano refrattario realizzato con frammenti ceramici in stile geometrico dell'ultimo quarto dell'VIII secolo avanti Cristo. «Sotto una stratificazione di centinaia di anni di storia, ad appena tre metri e mezzo di profondità, al di sotto delle case romane - spiega D'Acunto in una nota - si conservano intatte le abitazioni di quel gruppo di greci che, avventurandosi in Italia meridionale alla metà dell'VIII secolo avanti Cristo, ha segnato la storia dell'Occidente, tra l'altro trasmettendo ai Latini l'alfabeto che sarebbe divenuto di gran lunga il più adoperato di tutto il continente. Proprio in questi giorni stiamo scavando un'abitazione risalente alla seconda metà dell'VIII-VII secolo avanti Cristo, con i focolari ben conservati e i vasi domestici un tempo adoperati per cucinare, mangiare e bere».
Sotto l'egida della Soprintendenza archeologica di Napoli e Pompei, lo scavo dell'Orientale si svolge nell'area del Parco archeologico di Cuma, nella città bassa, più in particolare, nel settore compreso tra il Foro e le mura settentrionali della città antica, settore interessato da una continuità abitativa nel tempo, dalla fondazione della colonia greca fino all'abbandono della città romana, avvenuto agli inizi del VI secolo dopo Cristo.
Secondo la leggenda, i fondatori di Cuma furono gli Eubei di Calcide, che sotto la guida di Ippocle di Cuma (è incerto se si trattasse di Cuma Euboica o di Cuma Eolica ma probabilmente si tratta della prima) e Megastene di Calcide, scelsero di approdare in quel punto della costa perché attratti dal volo di una colomba o secondo altri da un fragore di cembali.
Tali fondatori trovarono un terreno particolarmente fertile ai margini della pianura campana. Pur continuando le loro tradizioni marinare e commerciali, i coloni di Cuma rafforzarono il loro potere politico ed economico sull'agricoltura. Oltre che sul grande prestigio di cui godeva la Sibilla, la sacerdotessa veggente che lungo i secoli fu impersonata dalle vergini consacrate ad Apollo che svolgevano i loro culti presso il vicino Lago d'Averno.
Col passare del tempo, Cuma stabilì il suo predominio su quasi tutto il litorale campano fino a Punta Campanella, raggiungendo il massimo della sua potenza nel 524 avanti Cristo, quando gli Etruschi di Capua formarono una lega con altre popolazioni per conquistarla ma furono sconfitti grazie all'abilità strategica del tiranno Aristodemo detto Màlaco.
Lo scavo dell'Orientale sta mettendo in luce un vero e proprio palinsesto di tutta la storia della città antica, in particolare della sua quotidianità: un quartiere centrale della città con le sue strade e le abitazioni che restituiscono gli utensili e il vasellame domestico. Si tratta di uno spaccato delle trasformazioni nel modo di vivere e nella cultura materiale dalla città greca a quella romana. Lo scavo si svolge come cantiere-scuola che prevede la partecipazione di oltre 100 studenti dell'Orientale e di altre università italiane e straniere. «Stiamo lavorando - sottolinea D'Acunto - con il pieno coinvolgimento di una ventina di collaboratori, tra assegnisti, specialisti, laureati e laureandi al monumentale progetto di pubblicazione scientifica del complesso che, per primo nella storia della ricerca a Cuma, offrirà un panorama diacronico di tutta la sua vita».
 

martedì 15 ottobre 2013

La mitologia del Kalevala


La mitologia del Kalevala è la traduzione del saggio del professor Juha Pentikäinen Kalevalan maailma. Con l’edizione americana (Kalevala Mythology) ha ottenuto il celebre Premio Internazionale di Etnostoria Pitré-Salomone Marino, il Nobel dell’Antropologia Culturale. Si tratta di uno dei più dettagliati studi interdisciplinari sul Kalevala, il poema epico finlandese pubblicato dall’etnologo Elias Lönnrot nel 1835. Il saggio di Pentikäinen rivela i complessi processi culturali che hanno reso il Kalevala un classico della letteratura mondiale. Tratta inoltre: la nascita degli studi folklorici e mitologici in Finlandia, le personali ideologie di Elias Lönnrot e i suoi viaggi etnografici, l’importanza dei più celebri cantori (alcuni dei quali incontrati personalmente dall’autore), il successo del Kalevala in patria e all’estero, l’importanza del poema per il futuro movimento indipendentista. Diversi capitoli di questo splendido saggio sono dedicati all’interpretazione del contenuto mitologico dei canti e le teorie di Pentikäinen evidenziano l’importanza dei contenuti magici e sciamanici nell’epica finnica. Egli ha svolto ricerche approfondite con gli sciamani siberiani e il prestigioso Chicago Folklore Price (1978) ha premiato un suo saggio sui canti della cantrice Marina Takalo.
La Mitologia del Kalevala è diventato un classico non solo per coloro che sono interessati alla mitologia finnica, ma anche per chi vuole comprendere il ruolo dell’epica nelle complesse dinamiche culturali del Romanticismo.


Sostanzialmente si tratta di un saggio multidisciplinare, che sfrutta i punti di vista della critica letteraria, della storia, dell'antropologia, per illustrare come e perché sia nato un unicum letterario come il poema di Lönnrot. Perché esso sia nato proprio in Finlandia. Perché sia nato proprio in un momento storico come il Romanticismo. Il volume è riccamente annotato; vi sono 5 appendici; un'introduzione del professore americano Ben Amos; 35 illustrazioni. Si tratta di una pubblicazione di grande formato (15x23 cm, come i bestseller americani) e cartonata. 328 pagine. Prezzo di copertina € 18,90. La traduzione italiana è l'ultima in ordine di tempo e, a quanto pare, anche la più aggiornata. Il testo riporta numerosi stralci della corrispondenza di Lönnrot (mai tradotti prima in Italia), più parecchi versi della classica traduzione italiana del Kalevala di Emilio Pavolini e altri versi tratti dal Vecchio Kalevala del 1835 (mai tradotto).
L'autore del saggio (accompagnato dal traduttore Vesa Matteo Piludu) sarà in Italia per un primo "tour" di presentazioni dal 20 al 28 ottobre. Il ciclo inizierà a Torino (Teatro Vittoria) e terminerà presso il Tirtha di Verona (via Tremolè 18 - Pescantina) il giorno 28 alle ore 20,30.


domenica 13 ottobre 2013

Quei fantasmi all'ombra della Madonnina

tratto da Il Giornale del 27/09/2011

Un volume racconta i misteri e i segreti che si nascondono negli angoli e negli scorci più caratteristici e più comuni della città. Una storia di Milano in chiave esoterica che finora mancava in libreria

di Stefano Giani

Milano è città sobria, poco incline - di suo - a cedere alle fantasie. Alle suggestioni. Ai miraggi. Anche quando questi sembrano conferire a palazzi e parchi storie leggendarie di misteri e fantasmi. Eppure la capitale morale ha molte favole da raccontare per stimolare l'immaginazione e solleticare il nervo debole di chi crede che sì, insomma, i fantasmi esistano davvero. E ora questa letteratura, fatta di tradizioni e forse in parte anche di invenzioni cui è tuttavia suggestivo credere, rivive in un libro che le raccoglie come un romanzo. E narra la vita avventurosa di Milano ultra sensoriale. Pochi ufo, anzi zero. Tanti fantasmi e creature ultramondane. Anche in angoli familiari per chi la città la vive e la gira e per i tanti turisti che l'attraversano, guida alla mano, per scoprirne gli scorci più affascinanti. E, perché no, ricchi di fiabesco glamour.
«I fantasmi di Milano» (Newton Compton, pp233, euro 12.90) sono infatti un grande affresco ricomposto da Giovanna Furio, che ha esordito nel 2006 nella narrativa, ma di professione è traduttrice e coltiva la passione dell'esoterismo. Ingredienti determinanti per creare una storia della città come raramente si è vista finora. Nel senso che misteri e leggende fatte di fantasmi ed ectoplasmi hanno affollato incidentalmente molti altri volumi che hanno reso il capoluogo lombardo il loro soggetto specifico, ma disperdendosi per così dire in mille rivoli che nelle pagine della Furio ora trovano una coerenza unitaria.
E allora ecco che spunta il mai chiarito interrogativo sulla casa più disabitata della città. Quella che Ignazio Gardella, architetto di fama internazionale, costruì nell'intervallo fra le due guerre. Pieno centro. Con affaccio sul Castello. Non è mai stata abitata. Dicono che sia infestata dai fantasmi e, in assenza di vento o altre correnti, porte si chiudano senza motivo e finestre sbattano senza ragione. Si parla anche di bruschi e improvvisi abbassamenti di temperatura. Di ombre che si aggirano furtive. Di presenze con cui nessuno vuol convivere. Anche oggi è velata dai ponteggi, ma all'interno sembra che nessuno abbia mai voluto stare.
E il Castello sforzesco. Cuore pulsante dell'esoterismo alla meneghina. Dicono che nella notte dei morti, tra l'1 e il 2 novembre, i fantasmi di chi ha abitato quelle nobili mura si aggirino nel parco che lo circonda. Ludovico il Moro, la moglie Beatrice d'Este, l'acerrima nemica Isabella d'Aragona, la pericolosa cognata Bona di Savoia o l'amante Cecilia Gallerani (ritratta da Leonardo come la dama con l'ermellino) sarebbero i volti che popolano quei fazzoletti d'erba.
Per non parlare di Satana, che avrebbe addirittura abitato a Milano. Corso di Porta Romana. Al civico 3. Si nascondeva dietro le fattezze del marchese di Cisterna, al secolo Ludovico Acerbi. Che nel Seicento ne fu il proprietario. E organizzava feste e banchetti mentre la città veniva sterminata dalla peste. La paura si diffondeva pari al contagio e la gente si rintanava in casa convinta di trovare un riparo all'epidemia. L'unico che sfidasse il morbo senza timori era il marchese, presto da tutti ritenuto il diavolo in persona perché solo qualcosa di diabolico poteva permettergli di vivere così sfrontatamente una tragedia in cui era destinato a restare immune all'assalto del virus.



domenica 6 ottobre 2013

Demoni, streghe e case «maledette» Quel che resta della Milano esoterica

tratto da Il Giornale del 06/03/2006

Origini «occulte» anche per Palazzo Imbonati e la Torretta a Sesto San Giovanni

Enrico Groppali

Sarà una maledizione atavica o l’'ennesimo caso fortuito ma, ogni volta che ricorre l’aggettivo «esoterico», prima o poi si materializza l’eterno nemico dell’uomo. Ossia Sua Maestà Belzebù. Il quale, nella città di Sant’'Ambrogio, ha lasciato ben più che qualche rara vestigia del suo passaggio. Anche se la più sconvolgente testimonianza di un culto ereticale che confina col satanismo è oggi rintracciabile fuori porta nella sacra cinta dell’'Abbazia di Chiaravalle. Dove in una tomba (poi svuotata su richiesta dell’autorità ecclesiastica) riposavano i resti mortali di una strega. Detta la Boema o, dal suo nome di nascita, Guglielmina che un giorno approdò vestita di cenci nel capoluogo lombardo. Guglielmina, chi era costei?
Nient'’altro che una monaca eretica che verso il 1260, quando Milano era percorsa dalle orde dei Flagellanti, si staccò clamorosamente dalla Confraternita dei Disciplini della Morte, deputati ad assistere i condannati al supplizio, per fondare una setta «protofemminista» stranamente benvoluta dall’alta società ambrosiana. Nominata al suo fianco, come assistente privilegiata destinata a succederle, la nobile Manfreda (o Maifreda) Visconti che, per amore della santona, smise da un giorno all’'altro l’'abito delle Umiliate. Guglielmina, divenuta guida spirituale di nobili e borghesi, fu presto adorata come la reincarnazione di Cristo.
Ma la Boema non si limitò a ripeterne il viaggio terreno in vesti femminili. Nella sua infiammata oratoria era infatti, di volta in volta, sia il Gesù dei Vangeli che Maria di Nazareth dal momento che, giunta in Italia in compagnia di un figlioletto, a suo dire ben poteva fregiarsi dell’appellativo di Vergine e Madre. Dopo la morte (pare per cause naturali) di questa antesignana di Mamma Ebe che spillava ricche donazioni in nome del rinnovamento della Chiesa, Manfreda proclamata papessa celebrò messa il giorno di Pasqua e annunciò, da fida apostola, l’imminente resurrezione di Guglielmina che tuttavia, prima di rientrare trionfalmente a Milano, si sarebbe recata a Roma a spodestare papa e cardinali, proclamando a gran voce i nomi di quattro nuovi evangelisti nonché liberando il sacerdozio dagli abominevoli signori uomini. Ce n'’era abbastanza, come si vede, perché il Vaticano insorgesse condannando Manfreda al rogo e decretando che le ossa di Guglielmina fossero anch’esse divorate dal fuoco. Il che avvenne, con gran spiegamento di militi, monaci e litanie in Piazza Vetra, luogo deputato per eccellenza al maleficio dove le orride esalazioni dei cadaveri putrefatti degli animali adoperati per la concia delle pelli si confondevano coi miasmi delle carni straziate dei negromanti.
Secondo alcuni studiosi di chiara fama, da tempo i cosiddetti Guglielmiti militerebbero tra gli ebrei radicali della setta dei Dunmeh. Mentre, tra le donne che ne venerano la memoria, c’è chi ritiene che lo spirito della Boema abbia preso stabile dimora nella «Madonna con le corna», il celebre affresco del Foppa a Sant’Eustorgio. Dove, sotto le finte spoglie della Madre di Dio, Guglielmina assurta al cielo della fertilità come la dea adorata dai Galli che un tempo popolavano la Padania, avrebbe assunto gli occulti poteri della Luna che, prima o poi, in un’alba color del sangue, a dire degli attuali seguaci, raderà le case dell’uomo restituendo alle Tenebre la sovranità assoluta.
E veniamo alle «case maledette». Possibile che Milano non ne conti nemmeno una? La nostra risposta è ambigua, dato che l’unico edificio che potrebbe rivendicarne l’investitura, il Palazzo Imbonati di piazza San Fedele, fu raso al suolo per far posto alla Banca Nazionale del Lavoro. Cosa accadde in quelle antiche stanze? Occorre rammentare che il palazzo già nell’anno di grazia 1685 era andato distrutto in seguito, si disse a quel tempo, alla diabolica invettiva, pronunciata in stato di trance, di una componente di quell’antica schiatta nobiliare, condannata a prendere il velo in ossequio all’'inflessibile volontà paterna. Ridotto in cenere, il bellissimo edificio fu presto sontuosamente restaurato al punto di ospitare, nel diciottesimo secolo, l’'Accademia dei Trasformati tra le cui file troviamo i nomi più prestigiosi della cultura lombarda: dal Baretti al Parini fino al Verri e a Cesare Beccaria. Ma le continue vessazioni della monaca che, in piena notte, comminava pene spaventose in vita e castighi infernali in morte a chi vi risiedeva, finirono presto per aver ragione del buon nome dell’avìto palagio.
Tanto che a nulla valse la decisione di murare la stanza dove l’infelice monaca aveva trascorso la prima giovinezza. Perché non solo si moltiplicarono sinistre apparizioni di spettri muniti di catene ma l’ambigua nomea di quel «locus infestatus» attrasse nientemeno che Thomas de Quincey. Il quale, colpito dalla strana luminosità che di notte s’irradiava dal palazzo, lo elesse ad emblema del suo libro «Suspiria de profundis» che, letto e apprezzato tanto tempo dopo dal nostro Dario Argento, doveva ispirargli il celebre Suspiria dove, guarda caso, di case indemoniate si tratta, di casi di magia nera si discute e di non morti che si animano nelle ore notturne si discetta in pieno clima di satanismo nero.
Oggi si dice che le bianche volte dell’'Imbonati, occultate dai vetri lucenti e dagli asettici arredi del Credito bancario, non attirino più questi sinistri simulacri d’'oltretomba. Ma ne siamo proprio sicuri? Infatti, secondo gli occultisti, le cosiddette presenze possono assopirsi per secoli come i vulcani riservandosi di riapparire al momento che giudicano opportuno. Così almeno assicurava, fin dal 1617, uno studioso del calibro di Robert Fludd che nel suo «Macrocosmo» dimostra con esempi probanti che i luoghi insidiati dalle forze del male non sono passibili di rigenerazione. Citando al proposito «l’'antica dimora lombarda denominata Loco de la Toreta sita nei sobborghi di Mediolanum a tutti nota come villa de piaceri e de delizie».
Proprio lo stesso luogo dove si consumò la triste parabola di una gentildonna di impeccabili maniere ma di insani appetiti da tempo accostata, per la crudeltà dei suoi costumi e l’'imprecisato numero delle sue vittime, ad Erszébeth Bathòry, la contessa sanguinaria che in Transilvania, sacrificò al Demonio ben undicimila vergini. Ma dov’era la Torretta, e soprattutto cosa ne rimane oggi come oggi? Situata nei paraggi di Sesto San Giovanni e divenuta irriconoscibile, si presenta né più né meno come un rudere. La splendida dimora nobiliare magnificamente affrescata con scene di caccia, staccate dalle pareti e trafugate negli anni Settanta nel corso di un avvio di restauro subito smentito nei fatti nonostante quel povero resto sia stato dichiarato dallo Stato monumento nazionale, fu teatro - tra il 1578 e la prima decade del Seicento - dei capricci perversi di Delia, vedova del conte Giovanni Anguissola ma figlia di un personaggio efferato come Leonardo Spinola, uno spregiudicato appaltatore dedito in privato alla magia nera.

mercoledì 2 ottobre 2013

Strani antichi scritti perduti

Prove di archeologia fantastica, proibita, misteriosa? & Rivelazioni Medianiche

Alla luce dei documenti considerati e delle ricerche (rivelazioni) medianiche compiute, appare evidente che nell’antichissima antichità, alcuni fenomeni sconosciuti, molti eventi indecifrabili, ed i poteri della mente, ma in particolare del cervello dell’uomo, hanno influito in modo determinante nella sua storia, realizzando scoperte ed invenzioni, prodigi, opere e civiltà, tali, ad apparire senza razionali spiegazioni e frutto di interventi di Maestri divini non terrestri. Così, perché non valutare che i Maestri degli uomini non potessero essere uomini…?! Forse di natura “extra sapiens”? Forse potevano esserci od esistere ragioni per cui la parte più progredita dell’umanità non potesse, o non volesse farsi conoscere alla meno progredita, se non in circostanze eccezionali…?! Tribù primitive oggigiorno esistenti nelle più sperdute giungle amazzoniche o nelle più lontane isole australi, convivono con una civiltà padrona dell’energia atomica e del volo spaziale, come di molti segreti del magnetismo, dell’elettricità o della genetica… a testimonianza di un tempo di un’umanità fortemente sbilanciata da un estremo all’altro della conoscenza… madre di un tempo di dèi, forse, tutt’ora esistente oggi come allora!? Allora come oggi! …Le cui prove iniziano a saltare fuori a ritmo alternato, come fossero tasselli di un gigantesco puzzle iniziato all’alba dei tempi nei quali gli antichi autori, i cronisti, gli scribi, scrivevano e narravano essenzialmente in modo mitologico e simbolico (spesso su racconti di mercanti e nomadi, o di abili oratori ed affabulatori) non senza usare chiavi, metodi, personaggi, situazioni fantastiche e poetiche o metaforiche, per cui, la maggior parte delle volte non si esprimevano esclusivamente in senso letterale anche se a leggerne i ricordi in particolare di queste traduzioni, sembra di viaggiare in un futuro non troppo improbabile, popolato da astronavi, lune artificiali, e conoscenze figlie di un passato remoto, non così lontano. Inoltre, molti nomi di divinità, persone o luoghi riportati nei documenti, non vengono menzionati dagli antichi contemporanei, per il motivo che probabilmente non erano a conoscenza della loro esistenza, od anche perché per essi furono impiegati nomi personalizzati agli eroi del luogo o chissà cos’altro. Il lettore tragga le sue considerazioni e conclusioni come ha fatto l’autore, che è arrivato a “credere e non credere” ai documenti presentati ma allo stesso tempo invogliato e spronato ad approfondire per conto proprio determinati argomenti trattati nel libro, ne ha tratto divertimento ed entusiasmo di ricerca. Inoltre consideri che le “ricerche medianiche” presentate, come tutti i risultati medianici paranormali cosiddetti mezzi poco ortodossi, possono avere alti, bassi, o nulli gradi di attendibilità e credibilità, per questo motivo chi legge valuti come crede e consideri la possibilità delle dichiarazioni e delle rivelazioni, non la loro certezza!




Video della presentazione