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mercoledì 29 settembre 2021

L'ultimo Beethoven, tra capolavori e esoterismi vari

tratto da "Il Giornale" del 7 Luglio 2019

di Mattia Rossi

L'ultimo Beethoven di Maynard Solomon è diventato un classico della musicologia beethoveniana. Per questo ci preme segnalarne il ritorno in economica sugli scaffali. Il critico statunitense traccia una summa dell'ultimo decennio del compositore attraverso alcune sue opere (le Variazioni Diabelli, la Sonata op. 96, la settima e soprattutto la nona sinfonia) e porta alla luce la parte più enigmatica della sua vita in cui si intrecciarono mitologia pagana, orientalismo, spiritualismo, esoterismo e, come testimoniò il suo assistente Karl Holz, massoneria. Luci e ombre del genio di Bonn.


sabato 19 dicembre 2020

"I MISTERI DELLA FRAMASSONERIA” DI LÉO TAXIL (GIOVANNI FASSICOMO, 1888): UN VERO E PROPRIO LIBRO PROIBITO!

In collaborazione con Simone Berni: https://www.cacciatoredilibri.com/i-misteri-della-framassoneria-di-leo-taxil-giovanni-fassicomo-1888-un-vero-e-proprio-libro-proibito/

I misteri della Framassoneria, di Léo Taxil (Genova, Giovanni Fassicomo, 1888).

https://www.cacciatoredilibri.com/wp-content/uploads/2020/11/fra1.jpg

Interessantissima e rara opera di Léo Taxil, vero nome Marie Joseph Gabriel Antoine Jogand-Pagès, che è stato uno scrittore e giornalista francese, noto per le sue polemiche prima contro la Chiesa cattolica, poi contro la stessa massoneria. Traduzione dal francese di Luigi Matteucci. Della prima edizione italiana ne sono conservate una quantità limitata di copie nel sistema bibliotecario; l’opera uscì inizialmente a dispense nel 1887.

“Si racconta che i Framassoni sono talmente gelosi dei loro segreti che essi assassinano presto o tardi coloro che li rivelano.” (pag. 3)


 

mercoledì 19 febbraio 2020

AL CASINÒ DI SANREMO CON MUSSOLINI

tratto da L'Opinione del 15 luglio 2012

di Cristiano Bosco

“Gioco d’azzardo, massoneria ed esoterismo intorno all’ombra di Matteotti”. È questo il sottotitolo di Al casinò con Mussolini, fresco di stampa per le edizioni Lindau, scritto da Riccardo Mandelli, docente di materie storico-filosofiche, autore di narrativa, soprattutto per ragazzi, e di saggistica. Una interessante inchiesta sull’industria dell’azzardo e sugli ambienti finanziari, politici e culturali da cui questa traeva linfa nei primi decenni del ‘900.

Come nasce il Suo libro? Come si sono svolte le Sue ricerche?

Al casinò con Mussolini rappresenta, in un certo senso, il seguito del mio precedente libro, L’ultimo sultano. Come l’Impero ottomano morì a Sanremo, che narrava la vicenda di Maometto VI Vahdeddin, ultimo sultano ottomano che venne in esilio a Sanremo nel 1923 e vi morì nel 1926. Quel volume lasciava parecchie questioni aperte ed irrisolte, molti argomenti ancora da trattare, tra cui il tema  del gioco d’azzardo. Agli inizi del ‘900, Sanremo era un centro di spionaggio di prim’ordine, dal punto di vista internazionale, ed era stata anche teatro di eventi di livello mondiale, come la conferenza del 1920 in cui nacque l’assetto attuale del Medioriente. Nella moltitudine di elementi da approfondire, ho iniziato indagando sullo strano suicidio del podestà di Sanremo Pietro Agosti, un episodio poco chiaro e che faceva sorgere molti dubbi. Partendo da quella morte, analizzando diverse fonti è emersa una lunga serie di misteri, connessioni, rapporti, relazioni con la politica, tutti legati alla realtà del casinò.

Un serie di misteri connessi, si scoprirà, con l’omicidio Matteotti.

Del celebre caso Matteotti conoscevo quanto un lettore di storia, ero a corrente di una pista affaristica, ma ignoravo che si legasse così strettamente al gioco d’azzardo, cosa che ho appreso solo strada facendo nelle mie ricerche. È stato un concatenarsi di sorprendenti scoperte, un lungo lavoro, durato alcuni anni, su fonti di archivio che, messe insieme, si richiamano tra loro: talvolta, mi è venuta incontro anche la fortuna, come ad esempio nel caso delle carte del sindacalista Angelo Oliviero Olivetti, amico di Mussolini dai tempi in cui erano entrambi rifugiati in Svizzera. I documenti sono visibili al pubblico solo da poco tempo, e dalla loro lettura emerge che Olivetti,  figura centrale del sindacalismo rivoluzionario, era collegata alle trattative tra Mussolini e chi teneva in mano le redini del gioco d’azzardo in Italia. Le prove più chiare del coinvolgimento dei vertici del fascismo in quel mondo torbido, infatti, provengono dall’archivio di Olivetti, che teneva una viva corrispondenza con il Duce.

Si può dire che Sanremo, città dal passato glorioso, sia il vero personaggio principale del libro?

Sanremo è sicuramente la protagonista. Non si tratta dell’unico luogo dove si trovava il gioco d’azzardo: tra il 1922 ed il 1924 le bische, più o meno legali come il casinò – che peraltro non era legalizzato, ma autorizzato di volta in volta – si trovavano in tutta la provincia. In Riviera, oltre a Sanremo, c’erano Bordighera, Ospedaletti, i Balzi Rossi. Nell’archivio di Stato vi sono faldoni pieni zeppi di segnalazioni relative al gioco d’azzardo: Sanremo ed il territorio circostante, storicamente, erano la punta di diamante, direttamente in contatto con la Costa Azzurra e con certi ambienti. Era una città straordinaria, fino alle due guerre mondiali fu uno dei centri dell’Europa cosmopolita, per poi diventare una periferia di Milano e Torino. Sanremo era un centro dove convergevano grandi capitali, dalle prospettive internazionali, che svolgeva un ruolo di rilievo negli ambienti del turismo, dei trasporti, dei grandi alberghi, ed ovviamente nella rete del gioco d’azzardo. Una città spettacolo, per nulla una città italiana, perché assolutamente fuori dalla sua collocazione geografica: Sanremo era quasi un transatlantico ancorato.

Quale il peso dei cosiddetti ‘poteri occulti’, anche in riferimento all’ascesa del Fascismo?

Era impossibile raccontare quelle vicende senza affrontare, necessariamente, la presenza dei ‘poteri occulti’. Sono temi scivolosi, che ho dovuto trattare perché il casinò di Sanremo nacque con un’impronta massonica, espressione di un mondo molto presente e sviluppato in città: un po’ tutti i protagonisti di quegli anni del casinò erano legati o alla massoneria oppure a gruppi esoterici come la teosofia o l’antroposofia di Rudolf Steiner. Nel famoso saggio di “Dostoevskij e il parricidio”, Sigmund Freud tentava di sviscerare il tema della dipendenza dal gioco d’azzardo, essendo Dostoevskij un giocatore incallito: l’azzardo è un mistero e, di conseguenza, ciò che noi non possiamo sapere è rappresentazione del divino. Secondo questo ragionamento, chi gioca d’azzardo si mette in contatto con l’ignoto, quindi con la divinità, e dio è padre, ergo la sfida del gioco d’azzardo, come sostiene Freud, è la sfida al padre, da cui conseguono autopunizione e sconfitta. Ecco perché il tema del gioco d’azzardo collegato al divino non è prettamente massonico o esoterico, ma è invece ben chiaro nella cultura.

Il Suo libro ricostruisce in modo innovativo lo sfondo del delitto Matteotti. Il quale viene raccontato diversamente, rispetto a quanto presente sui libri di storia.

Prima di essere rapito e ucciso, Giacomo Matteotti stava indagando sugli ultimi decreti legge emanati da Mussolini, che riguardavano le concessioni petrolifere e la liberalizzazione del gioco d’azzardo. E intorno agli affari legati ai due decreti ruotarono le ipotesi subito avanzate dai giornali per spiegare la sua scomparsa; solo più tardi prese piede la versione che fosse stato assassinato a causa della coraggiosa denuncia di brogli e violenze elettorali fasciste. Già Mauro Canali, nel 1997, scrisse un libro molto importante che trattò la questione dell’affarismo dietro al delitto Matteotti, con particolare attenzione al petrolio. Per danneggiare un governo stabile, denunciare l’affarismo ed additare gli scandali era una via molto più efficace rispetto alla denuncia di brogli e violenze: uno degli affari fondamentali era senza dubbio quello del gioco d’azzardo, molto più vicino a Mussolini di quanto non fosse il petrolio. Non è un caso che gli uomini che rapirono e uccisero Matteotti erano tutti legati, in quanto tutti si aspettavano un premio per la fedeltà al Duce. Si stava delineando un trust, che comprendeva la Banca Commerciale Italiana, il finanziere e trafficante d’armi levantino Basil Zaharoff, tra le figure più agghiacciati della storia, un grande finanziere inglese nel business dei vagoni letto, Georges Marquet che era agente per conto del Re di Spagna: figure che stavano costruendo un’alleanza chiarissima, la stessa che si stava creando attorno all’azienda dei vagoni letto e dei trasporti di lusso. La concorrenza non piaceva, per questo vi fu un tentativo di instaurare un monopolio sul gioco, ed è estremamente probabile che per le mani di Matteotti passarono elementi in grado di mettere in seria crisi i rapporti del Fascismo con questo mondo di affari oscuri.

Ma la morte di Matteotti, si scopre nel suo volume, non è che la punta dell’iceberg.

La morte di Matteotti è solo la più tragicamente famosa tra quante costellano un lungo cammino in cui si affiancano progetti politici, finanziari ed esoterici. Vi fu una notevole catena di morti, anche soltanto quelle del dopoguerra: se si pensa a tutti i concessionari del casinò di Sanremo, dal ‘46 al ‘59-’60, almeno uno su due fa una strana fine. Era alquanto improbabile che morissero nel proprio letto. Ecco perché, scrivendo, alle volte ho avuto paura, provando la sensazione di essere capitato in mezzo a forze davvero oscure e potenti. Tuttavia, il mio libro non ha alcuno scopo se non quello di approfondire la storia: è un’opera che permette di leggere anche il presente, ovviamente, pur non avendo alcuna proiezione su di esso, fermando la narrazione agli anni ‘50. Si parla di “ombra di Matteotti”, perché non è un volume sul famigerato delitto, ma su tantissime vicende su cui aleggia, sempre, questa celebre morte, che ha segnato la storia del Paese.

Per chi volesse leggerlo:

giovedì 23 maggio 2019

Nodi da Sciogliere e conoscenza di sé

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: http://micheleleone.it/nodi-da-sciogliere/

Nodi da sciogliere: Sacrificio, libertà e coscienza sulla strada della conoscenza
I Nodi da sciogliere sono presenti nella vita e nella vita interiore di ognuno; prima o poi è necessario scioglierli per avanzare sul cammino della conoscenza. Non importa se i Nodi da sciogliere siano di natura interiore, abbiano a che vedere con una situazione od un soggetto con il quale si è coinvolti per uno o più motivi o siano presenti in uno o più stati di coscienza o emozionali.

Se si ha la coscienza e la consapevolezza che l’ora è quella giusta e propizia bisogna operare la “slegatura” – lavorare sui Nodi da sciogliere -. Non importa quanto questa possa essere dolorosa (il parto non è esente da dolore) e non importa neanche quanto questo nodo possa appagare l’Io, l’Ego, il Sé o come preferisci chiamalo. La presa di coscienza della necessità di questo atto, atto che diventerà sacro, deve inevitabilmente portare ad un’azione, azione che deve essere fatta come dono di libertà – libertà innanzi tutto verso di noi, da noi, per noi -. Sciogliere un vincolo alla stregua di un “mago” o di un “fisiologo” nell’accezione antica, originaria, è un’azione necessaria per ristabilire un giusto rapporto armonico nella relazione Macro-Microcosmo. Sia ben chiaro non tutti i nodi sono da sciogliere, non tutti contemporaneamente, ma solo quelli che necessitano di questa azione.

L’atto di sciogliere il nodo è un atto sacrificale e di liberazione. È sacrificio non tanto per il senso figurato di questa parola che significa perdita, privazione alla quale ci si può abituare; lo è nel senso di rendere sacro, di fare un dono “agli dei”. Sciogliendo il nodo ci priviamo di qualcosa per donarla con disinteresse, direi con amore, possibilmente senza aspettativa alcuna. Nell’atto di sciogliere il nodo, compiamo un atto di liberazione, perché rendiamo libero/a la nostra essenza o ciò o quanto abbiamo legato; come dice l’etimo stesso della parola liber, rendere libero, affrancare da obbligo.

Non è facile sciogliere i nodi e potrebbe non esserci paga alcuna, – almeno apparentemente – ma coloro che sono sulla strada della conoscenza di sé stessi e del Mondo Universo non possono esimersi da questa operazione. I Nodi da sciogliere diventano una istanza, una necessità primaria per quanti sono sulla via del Magistero.  Come potrebbe mai un Maestro, tenere “morbosamente” attaccato a sé un allievo? Come potrebbe l’Amante tener legato a sé l’oggetto del proprio desiderio? (ed è indifferente che sia l’amore dei miti greci, quello stilnovista, cortese o tra due esseri umani) Chi è sulla strada, chi cammina a piedi nudi deve viaggiare senza bagaglio, forse un giorno nel suo peregrinare ritroverà quanto ha reso libero…



P.S. collegato a questo argomento puoi leggere: L’inizio del cammino della trasformazione spirituale.



Gioia – Salute – Prosperità




giovedì 15 marzo 2018

Vangeli Apocrifi e cultura pop

Vi segnaliamo questo convegno gratuito che esplora i rapporti fra Vangeli apocrifi e la cultura pop. Il convegno si terrà il prossimo 17 marzo alle ore 17 presso Casa Massonica del Grande Oriente d?Italia in piazza Vittorio Veneto, 19 - Torino


domenica 13 agosto 2017

RIFLESSIONI SULLA VOLONTÀ

in collaborazione con la rivista Lettera e Spirito:
https://letteraespirito.wordpress.com/riflessioni-sulla-volonta/

Albano Martin de la Scala

René Guénon nella sua opera Il Re del Mondo nel capitolo VIII scrive [1]: «Il periodo attuale è dunque un periodo di oscuramento e di confusione; le sue condizioni sono tali che, finché persisteranno, la conoscenza iniziatica deve necessariamente rimanere nascosta; da qui il carattere dei “Misteri” dell’antichità detta “storica” (la quale non risale neppure all’inizio di tale periodo) e delle organizzazioni segrete di tutti i popoli: organizzazioni che conferiscono una iniziazione effettiva là dove sussiste ancora una vera dottrina tradizionale, ma non ne offrono che l’ombra quando lo spirito di tale dottrina ha cessato di vivificare i simboli che non ne sono che la rappresentazione esteriore, e questo perché, per ragioni diverse, ogni legame cosciente con il centro spirituale del mondo si è ormai rotto, ciò che è il senso più specifico della perdita della tradizione, quello che concerne in particolar modo questo o quel centro secondario, che cessa di essere in relazione diretta ed effettiva con il centro supremo. Si deve dunque, come già dicevamo sopra, parlare di qualcosa di nascosto piuttosto che veramente per¬duto, poiché non per tutti è perduto e certuni lo posseggono ancora integralmente; e, se così è, altri hanno sempre la possibilità di ritrovarlo, purché lo cerchino come si conviene, vale a dire la loro intenzione sia diretta in modo che, attraverso le vibrazioni armoniche che risveglia secondo la legge delle “azioni e reazioni concordanti” [2], essa possa metterli in comunicazione spirituale effettiva con il centro supremo [3]. Questa direzione dell’intenzione ha d’altronde, in tutte le forme tradizionali, la sua rappresentazione simbolica; intendiamo parlare dell’orientazione rituale: essa, infatti, è propriamente la direzione verso un centro spirituale che, qualunque esso sia, è sempre un’immagine del vero “Centro del Mondo” » [4].

La creazione è un atto di volontà del Principio che, irraggiandosi dal “Centro dell’Universo”, raggiunge il centro di ogni singolo mondo, essere o cosa, e fa sì che essa sia esattamente ciò che Egli vuole. Questo atto, essendo atemporale, dal punto di vista della manifestazione si rinnova in ogni istante. La Volontà universale così intesa corrisponde perciò alla presenza divina esistente al centro di ogni cosa o, ponendoci da un altro angolo visuale, a ciò che avevamo chiamato vocazione [5].
Tale presenza, rispecchiandosi nella realtà individuale umana origina la volontà dell’uomo, la sola cosa che gli appartiene in proprio, ed è questa stessa realtà che lo fa esistere in quanto individuo: egli può utilizzarla, entro i ristretti limiti imposti dalla sua condizione, per scegliere fra il bene e il male. Il dono di cui parliamo corrisponde al libero arbitrio [6], mediante il quale l’uomo ha la facoltà di orientare la propria volontà verso quella universale oppure verso il mondo. È facendo uso di questa facoltà che Adamo ed Eva mangiarono simbolicamente dall’albero del bene e del male e furono cacciati dal paradiso terrestre; allo stesso modo l’essere, in ogni istante, con un atto della sua volontà, si imprigiona da solo nella propria condizione individuale [7].
Le differenti fasi della discesa ciclica, che progressivamente allontanano l’umanità dalla percezione delle realtà spirituali, corrispondono a questo processo di autolimitazione dell’essere. In quella che simbolicamente è stata chiamata “Età dell’oro” l’essere umano riconosceva naturalmente la propria volontà, ancora unificata, come riflesso di quella universale e, con un semplice sforzo di concentrazione, era in grado di reintegrarvela.

In una seconda fase, attratto dalle realtà relative del mondo, pur non perdendo di vista la volontà universale, l’uomo cominciò a frammentare la propria. Successivamente avrebbe rivolto verso il mondo un numero crescente dei suoi atti di volontà, arrivando inesorabilmente a dimenticare l’esistenza della Volontà universale e a credere di possederne una autonoma, capace di determinare il proprio futuro. L’umanità aveva purtuttavia ancora degli ideali e questa volontà individuale, pur tesa verso obiettivi mondani, era caratterizzata da una fede profonda in qualcosa che agiva come agente unificante dandole quindi forza [8].

La discesa di cui parliamo però non si è arrestata a quel punto e sta portando l’umanità a non avere più fede in nulla. Sovente, senza rendersene conto, l’uomo ha oggi le idee piuttosto confuse, manca di chiari obiettivi, finendo così per essere in balia delle sensazioni del momento, delle psicosi e degli influssi dell’ambiente. In queste condizioni l’individuo pensa spesso di volere ciò che in realtà è l’ambiente a suggerire [9]. Questi influssi, proprio come strati geologici nel terreno, si sono sovrapposti nel corso dei secoli e hanno caratterizzato la discesa ciclica dell’umanità, divenendo sempre più avvolgenti. Limitato in tal modo l’essere che ne è vittima perde il controllo della propria volontà che è fagocitata dal mondo, e quindi non è più nelle condizioni di sviluppare in modo armonico e completo le proprie possibilità.

Purtroppo, pur con tutti i suoi limiti, la volontà individuale ha un marcato istinto di sopravvivenza, sa bene che può continuare a esistere solo finché ha la possibilità di nutrirsi della volontà separativa dell’ambiente e fa di tutto per attaccarvisi finendo per restarne invischiata [10].

La condizione profana che abbiamo descritta è drammatica, ed è ancora più terrificante se si pensa che dopo la morte fisica, a causa della sua tendenza verso la disgregazione, non potrà concludersi che con una “precipitazione” dell’essere in una condizione infraumana e infernale.

Per gli uomini e le donne di buona volontà esiste però ancora la possibilità, facendo leva sul corretto utilizzo del libero arbitrio, di compiere un percorso “a ritroso” e riportare la volontà individuale alla propria origine.

Il desiderio di intraprendere questo “viaggio” può nascere in modi apparentemente molto diversi, anche come reazione a qualche evento drammatico occorso nella propria vita; in ogni caso tale risveglio implicherà un “ricordo” più o meno conscio del Principio. Utilizzando il concetto simbolico sin qui espresso, si può dire che la volontà umana, orientandosi correttamente anche se solo per un attimo, magari nel sincero e contrito atto di richiesta di aiuto, si sia come rispecchiata, in modo ancora sfuggevole e velato, nella sua origine, e questo fatto ha portato alla nascita, ancora “embrionale”, del desiderio ardente [11] di tornare là dove è la propria vera patria.

Il primo passo per compiere questo percorso dovrà essere inevitabilmente quello di orientarsi, ancorché in modo parziale e insicuro, verso il centro. Questo atto richiederà già un minimo di discernimento e un orizzonte intellettuale ampio almeno quanto basta per concepire in qualche modo il divino. Si può quindi dire che il primo lavoro da compiere, per chi intende liberarsi dalla drammatica condizione descritta, debba essere quello di procedere a una chiarificazione intellettuale basata sull’enunciazione dei principi universali e delle loro applicazioni [12]. Questo lavoro, se compiuto con la giusta attitudine, porterà all’acquisizione di certezze e punti fermi che faranno da bussola e permetteranno di discernere il vero dal falso [13]. L’opera di cui parliamo, in quanto utile al discernimento, dovrà essere costantemente portata avanti da tutti coloro che intendono fare buon uso del libero arbitrio, anche nelle successive fasi del proprio cammino.

Come avevamo avuto occasione di vedere nel nostro studio sull’aspirazione [14], l’orientarsi, anche se in modo ancora necessariamente imperfetto, verso il centro porrà l’essere, eventualmente in modo incosciente, sotto il benefico influsso della Volontà divina [15].

Il lavoro di approfondimento dottrinale ben presto porterà l’essere a cercare sul proprio piano di esistenza qualcosa che attualizzi e vivifichi il proprio legame con il sopra-individuale, e così egli non potrà far altro che rendersi conto che la “tradizione”, intesa nel suo senso reale, ha esattamente questo scopo. Tale presa di coscienza lo porterà a integrarsi in una delle sue forme ortodosse, la quale gli fornirà gli strumenti e l’appoggio necessario per proseguire nel suo cammino. In questo nuovo contesto la volontà individuale verrà particolarmente sollecitata: vi sarà una Legge da seguire con tutto il suo carico [16] di obblighi, precetti e indicazioni. La fede potrà giungere in aiuto permettendo di unificare la propria volontà moltiplicandone la forza così consentendo all’individuo di riottenerne almeno in parte il dominio, liberandola dalla tirannia dell’ambiente [17]. Inoltre questa stessa fede farà orientare l’essere verso il Principio, permettendo alla propria volontà di tornare a riflettere, anche se in modo ancora parziale e volubile [18] quella universale; egli prenderà in tal modo sempre maggior coscienza della sua esistenza accettandola e riconoscendo in essa il suo bene. I segni del suo intervento, a volte propriamente miracolosi, saranno via via più presenti nella vita di chi avrà compiuto questo percorso. Questo fatto creerà un circolo virtuoso che farà crescere la fede e la fiducia dell’essere verso il divino, che, in tal modo, potrà ancor più sviluppare la sua benefica azione.

Il libero arbitrio così come la volontà individuale troveranno la loro legittima collocazione e l’essere, in buona parte riunificato e correttamente orientato, e per ciò stesso attivamente legato al Principio, resterà anche al momento della morte fisica [19] nella propria caratterizzazione umana in modo definitivo; tale caratterizzazione è privilegiata poiché “centrale” nel suo grado di esistenza e quindi tale da permettere, almeno virtualmente, di ritornare coscientemente al “Centro del Mondo”, ottenendo, in una condizione “paradisiaca” ancora separativa e individuale, la propria “salvezza” [20].

Quando la fede è pura, supportata da un orizzonte intellettuale sufficientemente ampio e appoggiata da una conoscenza teorica abbastanza estesa, può condurre l’essere a comprendere che ogni suo atto deve essere fatto per compiere la volontà di Dio. Questa presa di coscienza può portarlo a riscontrare che nella sua esistenza, nonostante la Legge e le regole che segue, sovente si trova in situazioni nelle quali non riesce a comprendere con chiarezza quale sia la volontà divina. Egli potrà pure rendersi conto che questa volontà è presente nel suo cuore ma che non è in grado di decifrarla. In queste condizioni la domanda che si porrà sarà: come fare a comprendere cosa Dio vuole realmente da me [21]? La risposta a questo quesito è che esistono organizzazioni iniziatiche che hanno come fine proprio quello di aiutare gli esseri che ne entrano a far parte a prendere coscienza di questa volontà divina presente nel loro cuore; esistono esseri che questo percorso hanno compiuto almeno in parte e che sono in grado di indicare la via da seguire. La volontà richiede un discernimento e una comprensione reale che la guidino. Solo subordinandola alla vera conoscenza si potrà dirigerla rettamente. Tale conoscenza proviene dalla propria verità interna più profonda, ma, all’inizio del cammino, si manifesterà necessariamente e provvisoriamente come un’autorità tradizionale apparentemente esterna all’essere. I veri centri spirituali sono i rappresentanti della Volontà divina in questo mondo, e coloro che camminano nella Via sono i collaboratori coscienti al piano divino [22].

Il patto iniziatico implica almeno virtualmente la rinuncia al proprio libero arbitrio, questo atto è quindi propriamente il sacrificio dell’unica cosa che appartiene veramente all’uomo: la sua volontà. In questo senso esso è considerato, a ragione, come la morte della propria individualità, morte che in realtà corrisponde al riassorbimento e quindi superamento dei limiti individuali nella loro origine trascendente.

Ogni organizzazione iniziatica ha le proprie metodologie di lavoro specifiche, spesso molto diverse fra loro proprio per potersi meglio adattare alle differenti tipologie e fasi umane e ai diversi gradi di purificazione dei loro membri [23]; tuttavia vi sono alcune caratteristiche di fondo che le accomunano tutte.
In particolare, volendo mettere in risalto l’aspetto relativo alla volontà individuale, si può notare come, con un utilizzo corretto della stessa, sia particolarmente importante “vegliare sui propri istanti”, essere costantemente [24] presenti e attenti a che essa, proprio perché agisce nel presente, aiuti a orientare l’essere verso il centro e a distoglierlo, nel contempo, dalle continue attrazioni mondane, unificandolo [25].

La chiave per adempiere in ogni occasione ai doveri del proprio stato, e quindi uniformarsi alla volontà divina, sta nel seguire esteriormente e interiormente le indicazioni che provengono dall’autorità cui ci si riferisce che è simbolo della volontà universale, della conoscenza e del proprio centro. È verso di essa che l’iniziato deve essere costantemente vigile e ricettivo.

In tal modo egli, sempre meno condizionato dall’ambiente, potrà più facilmente e profondamente accettare gli eventi che gli occorrono, riconoscendo in modo via via più chiaro l’azione della volontà divina della quale diviene sempre più strumento cosciente [26].
Se l’attitudine è pura e disinteressata, i provvidenziali segni non tarderanno a manifestarsi, accrescendo la fiducia del discepolo verso la propria autorità, fiducia che avrà un’azione catalizzante e unificante nei confronti della sua volontà che così potrà orientarsi in modo sempre più completo verso il Principio, svuotando nel contempo l’essere dai propri attaccamenti individuali [27].

Quando l’iniziato, utilizzando in modo totale la propria volontà, è occupato in ogni singolo istante a tendere verso il centro, egli finisce per dimenticare se stesso, allora e solo allora questa stessa volontà individuale è totalmente riunificata e ben orientata e può quindi integralmente rispecchiare quella universale. Solo in questo momento, tramite un totale cambiamento di prospettiva, potrà avvenire la reintegrazione dell’individualità nel suo Principio rendendo finalmente l’essere libero [28].



1. R. Guénon, Le Roi du Monde, Éditions Traditionnelles, Paris, 1950. Le note che si riferiscono alla citazione sono dello stesso Guénon.?

2. Questa espressione è mutuata dalla dottrina taoista; d’altra parte, prendiamo qui la parola “intenzione” in un senso che è affatto esattamente quello dell’arabo niyah, che viene abitualmente tradotto così, e tale senso è peraltro conforme all’etimologia latina (da in-tendere, tendere verso).?

3. Quanto abbiamo appena detto permette di interpretare in un senso molto preciso queste parole del Vangelo: «Cercate e troverete; chiedete e riceverete; bussate e vi sarà aperto». – Occorrerà beninteso riferirsi qui alle indicazioni che abbiamo già dato a proposito della “retta intenzione” e della “buona volontà”; e si potrà così completare agevolmente la spiegazione di questa formula: Pax in terra hominibus bonæ voluntatis.?

4. Nell’Islam, tale orientazione (qiblah) è come la materializzazione, se così si può dire, dell’intenzione (niyah). L’orientazione delle chiese cristiane è un altro caso particolare che si riferisce essenzialmente alla stessa idea.?

5. In questo senso la volontà creatrice è identica al Verbo o alla “chiamata”. Vedere il nostro articolo La vocazione, apparso nel no 34 di questa rivista.?

6. Dante Alighieri parla dell’argomento quando dice (Divina Commedia, Paradiso, V, vv. 19 e segg.):
Lo maggior don che Dio per sua larghezza
fesse creando ed alla sua bontate
piú conformato e quel ch’e’ piú apprezza,
fu della volontà la libertate;
di che le creature intelligenti,
e tutte e sole, fuoro e son dotate.?

7. Questa prigione non è altro che il regno del Demiurgo: «… in realtà il Demiurgo non è affatto una potenza esteriore all’uomo; non è in principio che la volontà dell’uomo in quanto essa realizza la distin¬zione del Bene e del Male. Ma in seguito l’uomo, limitato come essere individuale da questa volontà che è la sua propria, la considera come qualcosa a lui esteriore, e così essa diviene distinta da lui; non solo, siccome essa si oppone agli sforzi ch’egli fa per uscire dal dominio dove egli stesso si è rinchiuso, la considera come una potenza ostile, e la chiama Shathan o l’Avversario. Osserviamo peraltro che questo Avversario, che noi stessi abbiamo creato e che creiamo a ogni istante, giacché ciò non deve essere con¬siderato come accaduto in un tempo determinato, che questo Avversario, dicevamo, non è malvagio in se stesso, ma è soltanto l’insieme di tutto ciò che ci è contrario» (R. Guénon, Mélanges, Éditions Gallimard, Paris, 1976, cap. I).?

8. La forza di volontà è tanto maggiore quanto più grande è la determinazione, la convinzione, la perseveranza o la fede con cui è messa in atto. Basti pensare a un esempio esteriore come quello sportivo per rendersene conto. Quando una squadra è coesa e motivata può ottenere dei risultati molto migliori rispetto a una che ha delle frizioni al suo interno. Allo stesso modo, se un essere unifica tutte le proprie energie per raggiungere un fine stabilito, potrà veramente superare limiti che apparivano come insormontabili. Quello che andiamo dicendo è insito nella caratteristica della fiducia quale elemento in grado di unificare le potenze dell’essere, e questo a prescindere dal fatto che sia più o meno ben riposta (ricordiamo il detto profetico riportato dallo Scheik Tadili nella sua opera La vita tradizionale è la sincerità, pubblicato nel n° 29 di questa rivista, hadîth che dice: «Se aveste fiducia in delle pietre, ne trarreste beneficio»), cieca o illuminata dalla dottrina, anche se è chiaro che, qualora entrino in gioco le forze spirituali, i risultati potranno essere, a maggior ragione, amplificati e divenire veramente miracolosi.?

9. Questa condizione generale è ideale per chi possegga determinate “chiavi” e abbia l’intenzione di manipolare i popoli favorendo, attraverso la più grande instabilità e mutabilità, lo sviluppo del mondo in un senso antitradizionale.?

10. L’individualità ha una grandissima capacità di adattarsi alle situazioni. A ogni modificarsi delle condizioni è pronta a trovare i propri spazi, anche negli interstizi più impensati, pur di gonfiarsi e sopravvivere. Più queste situazioni si cristallizzeranno e più sarà difficile e doloroso liberarsene. Non a caso, un’autentica autorità iniziatica spesso rompe gli equilibri nei quali si trova il discepolo per permettergli di raggiungerne di più profondi e reali.?

11. Dante accosta la Volontà allo Zolfo che brucia le scorze e quindi permette di purificarsi e raggiungere il centro. Analogamente lo Scheik Tadili nella sua opera La vita tradizionale è la sincerità pubblicata nel n° 29 di questa rivista si esprime in questi termini: «… con “la volontà del faqîr” (irâdah), intendiamo un’ardente aspirazione che provoca tutte le illuminazioni; essa è chiamata “la piangente” (nâihah) ed è a essa che fanno allusione questa parole dell’Inviato d’Allah – su di lui il saluto e la pace! – “quando non c’è la piangente nel cuore, esso è in rovina come è in rovina la casa disabitata”».?

12. L’argomento della preparazione teorica è estremamente importante e meriterebbe uno studio a parte, in questa occasione ci limiteremo a precisare che non intendiamo riferirci a un solo lavoro libresco e di erudizione.?

13. Questo saper discernere, e avere chiaro il proprio “fine”, diviene ancora più importante in un mondo come quello attuale che è pieno di realtà ambigue, parodie, contraffazioni e trappole di ogni genere.?

14. Alcune considerazioni sull’Aspirazione, in Lettera e Spirito, nº 32.?

15. Il problema è che questo atto di volontà dovrà essere costantemente e attivamente ribadito, poiché l’ambiente ha una grandissima forza attrattiva nei confronti dell’essere umano e la sua volontà tende ad attaccarsi, in modo quasi morboso, alle caratterizzazioni da esso proposte.?

16. Carico particolarmente pesante specialmente all’inizio del proprio percorso, quando non si è ancora preso il “gusto” all’esecuzione dell’attività rituale.?

17. Alla luce di quanto detto la qualifica iniziatica massonica: “libero e di buoni costumi” può essere interpretata come “possessore della propria volontà all’interno della Legge”.?

18. Questa “volubilità” è un aspetto che in genere accompagna ogni percorso spirituale, anche negli stadi più avanzati e permette eventualmente a chi lo percorre di raggiungere temporaneamente degli stati e delle percezioni che poi svaniscono, lasciando però un “ricordo” che infonde forza e sicurezza.?

19. Morte corporea che, a differenza di quanto molti pensano, non può minimamente modificare il livello spirituale di chi la subisce.?

20. Sull’argomento, che in questo scritto ci limitiamo a toccare di sfuggita, vedasi R. Guénon, Initiation et Réalisation spirituelle, Éditions Traditionnelles, Paris, 1952, cap. VIII, Salvezza e liberazione.?

21. Un caso molto più frequente è quello in cui l’individuo, magari senza rendersene conto e con la pretesa di riconoscere unicamente Dio come autorità, prenda dalla tradizione solo gli elementi, interpretati a modo proprio, che più si adattano alle sue inclinazioni individuali (o alle inclinazioni di chi condiziona la sua vita), tralasciando o dando poca importanza a tutto il resto. In questo modo egli si crea un “mondo” nel quale appaga la sua necessità di sentirsi “a posto con la propria coscienza” e si rinchiude in una caratterizzazione nella quale la sua individualità può gonfiarsi a piacimento e dalla quale ben difficilmente riuscirà a liberarsi.?

22. Certo la situazione di diffusa degenerazione nella quale spesso versano le organizzazioni iniziatiche potrebbe indurre certuni ad affidarsi a una illusoria autonomia piuttosto che ad appoggiarsi ad esse. Inutile dire che questa non può certo essere la soluzione del problema. A coloro che cercano con sincerità, consigliamo la pazienza e la tenacia e ricordiamo il detto indù: “dove c’è un cela c’è un guru”, dove c’è un discepolo con la giusta attitudine, là si manifesta il Maestro.?

23. Vedasi R. Guénon, Initiation et Réalisation spirituelle, cit., cap. XVIII, Le tre vie e le forme iniziatiche, apparso nel no 33 di questa rivista.?

24. La regola massonica da 24 pollici ricorda proprio questa necessità di non arrestare mai il proprio lavoro.?

25. Emerge qui in modo chiaro il carattere eminentemente attivo del lavoro iniziatico, che quindi non può essere in alcun modo confuso con il misticismo.?

26. Ricordiamo il seguente hadith qudsi, nel quale il Profeta Maometto riporta in prima persona la parola di Allah: «Il mio servitore non cessa di avvicinarsi a me, attraverso degli atti di devozione surrogatori, fino a quando lo amo, e quando lo amo sono l’Orecchio con il quale sente, la Vista con la quale vede, la Mano con la quale combatte e il Piede con il quale marcia» (Bukhâri, Riqâq, 37). Precisiamo che questo processo, in cui l’essere diviene strumento nelle mani del Principio, può attuarsi per gradi.?

27. Facciamo presente che questi attaccamenti possono essere anche del tutto legittimi da un punto di vista umano. Ad esempio l’amore per i propri cari, se vissuto in contrasto con l’accettazione del volere divino, ponendosi da un ottica iniziatica, è una forma di idolatria nascosta che fa orientare la propria volontà verso l’esteriore. In questo modo l’essere che aspiri a ritornare al proprio centro sarà distolto dal suo obiettivo e limitato. A questo proposito ricordiamo il passaggio coranico: «O voi che credete, nelle vostre spose e nei vostri figli c’é un nemico per voi» (Corano, LXIV, 14). A scanso di equivoci precisiamo in ogni caso che con queste affermazioni non intendiamo suggerire di non occuparsi delle proprie famiglie, ma solo che questa attività deve essere svolta, così come tutte le altre, in funzione del raggiungimento del proprio fine superiore. La volontà divina è presente in ogni cosa o essere e questo orientarsi verso il Centro non implica quindi necessariamente l’allontanarsi dal mondo, ma solo il guardarlo senza arrestarsi al suo aspetto superficiale. In questo senso anche l’amore per i propri cari potrà svilupparsi in modo ancor più armonioso e profondo.?

28. Precisiamo che il risultato di cui parliamo corrisponde al raggiungimento del Centro dello stato umano, là dove la Volontà divina incontra il nostro piano di esistenza, che è il fine dei “piccoli misteri” e dove l’essere è liberato dai limiti individuali. Nel nostro scritto non abbiamo quindi considerato il percorso superiore, quello dei “grandi misteri” che porta a reintegrare questo stesso centro nel vero Centro dell’Universo, cioè porta l’essere a realizzare gli stati superiori dell’essere e a giungere in fine allo stato incondizionato: la “Liberazione finale”. Vedere R. Guénon, Aperçus sur l’Initiation, Éditions Traditionnelles, Paris, 1946, cap. XXXIX, Grandi misteri e piccoli misteri.?

sabato 29 aprile 2017

Guida alla Massoneria. Un viaggio nei misteri dell’iniziazione

Guida alla Massoneria
Un viaggio nei misteri dell’iniziazione
di Michele Leone
Odoya edizioni 2017
In libreria dal 20 Aprile, 384 pagine, 20 euro, collana Odoya Library






Michele Leone nel realizzare questa guida alla massoneria “3.0” ha unito esigenze differenti. La prima è quella di attualizzare un "fenomeno" che compie trecento anni proprio nel 2017 e l’altra quella di organizzare e descrivere nel dettaglio il suo background. Benché l’anniversario sia ghiotto: nel 1717 si costituisce la più importante Grande Loggia ovvero quella londinese, Leone critica l’influenza che questa ha oggi sulle massonerie europee, fino a chiedersi se l’immobilismo inglese non abbia "ucciso" lo spirito massone. Oltre a questo attacco frontale, l’autore si fa latore anche di una battaglia: l’ingresso delle donne a pieno titolo nella latomistica istituzione.
Ma Leone è prima di tutto un teorico in grado di spaziare tra mito e contemporaneità, rendendo nota non solo la storia della Massoneria, ma anche la sua protostoria. Partendo dal presupposto che capire a fondo la materia è proprio solo degli iniziati (“sarebbe come spiegare un bacio”) prova a fornire un filo di Arianna utile per tutti, anche per chi non ha intenzione di diventare Apprendista.
Bisogna quindi seguirlo nel doppio presupposto materiale e spirituale della Massoneria: da un lato traccia quindi le storie delle Corporazioni, Gilde e poi Logge di muratori e architetti, mentre dall’altro si addentra nella storia delle scuole iniziatiche perché, tra le tante cose che metterebbero d’accordo ogni massone c’è il fatto che la Massoneria sia eminentemente una scuola iniziatica.
L’ambizioso lavoro su simboli, riti e miti è puntellato da una foltissima messe di citazioni da Leon Battista Alberti , Apuleio, Umberto Eco, Le Goff, Jung, René Guénon, la Bibbia e tante altre fonti eccellenti. Se seguire simbologie e rituali a volte diventa ostico per il neofita, è invece veramente utile per capire il “fenomeno” in genere conoscere la narrazione alla base di tutti i credo delle logge, ovvero il mito di Hiram. Coloro ai quali non fosse familiare la storia dell’edificazione del tempio di Salomone e del semidivino architetto che introdusse la divisione tra Apprendisti, Compagni e Maestri — in grado di riconoscersi
tramite parole, toccamenti e segni — troveranno interessante il suo racconto in questo libro addirittura in differenti versioni. La narrazione della storia di Hiram è in questo caso completa di liaison con ritualità e simbologie ancora in uso.
Per quanto sempre al limite del “libro per iniziati”, il pregio della Guida alla Massoneria è quello di organizzare l’armamentario concettuale massone per la prima volta secondo un’ottica italiana.
Basti aggiungere la presenza nel volume di materiali utili quali il succoso capitolo “E se volessi diventare Massone?” e alcune costituzioni in appendice come quella legata a Federico II e si capisce come di una Guida alla Massoneria così aggiornata e completa ce ne fosse proprio bisogno.
Michele Leone dalla fine degli anni Novanta ha indirizzato le sue ricerche prevalentemente nell’ambito delle “scienze tradizionali”, con peculiare riferimento alla Tradizione Ermetica e alla Massoneria. È responsabile della collana “I Ritrovati” per Mondi Velati Editore. Collabora con alcune testate periodiche e per Delta, Rassegna di Cultura Massonica, per la quale è direttore del comitato di redazione. Numerose le sue pubblicazioni: Il linguaggio simbolico dell’esoterismo (2013, con M. Centini); Le Magie del Simbolo (2014, con G. Zosimo); Misteri Antichi e Moderni. Indagine sulle società segrete (2015), oltre alle curatele di volumi di Enrico Queto, Giovanni de Castro, Eugène Goblet d’Alviella e altri. www.micheleleone.it



mercoledì 8 marzo 2017

IL MISTERO DEI MISTERI – IL RE DEL MONDO

In collaborazione con la rivista Lettera e Spirito: http://acpardes.com/letteraespirito/16-2/

Capitolo XLVI
Il Regno sotterraneo

«Fermo!» mormorò la mia vecchia guida mongola un giorno che attraversavamo la pianura presso Tzagan Luk. «Fermo!».

Si lasciò scivolare giù dal cammello, che s’inginocchiò spontaneamente. Il Mongolo levò le sue mani innanzi al volto in atto di preghiera e cominciò a ripetere la frase sacra: «Om! Mani padme Hung!» [1]. Gli altri Mongoli fermarono immediatamente i loro cammelli e cominciarono a pregare.

«Cos’è successo?» pensai, mentre guardavo la tenera erba verde attorno a me, il cielo senza nubi e i raggi del sole della sera dolci come in un sogno.

I Mongoli pregarono per un po’ di tempo, si scambiarono qualche parola sottovoce, strinsero le cinghie dei bagagli ai cammelli e si ripartì.

«Hai visto», chiese il Mongolo, «come i nostri cammelli muovevano le orecchie per la paura? Come la mandria di cavalli nella pianura si è fermata improvvisamente attenta e come le greggi di pecore e di armenti si sono acquattate al suolo? Hai notato come gli uccelli non volassero, le marmotte non corressero e i cani non latrassero? L’aria vibrava sommessamente e portava da lontano il suono di un canto che penetrava i cuori degli uomini, come quelli degli animali e degli uccelli. La terra e il cielo avevano cessato di respirare. Il vento non soffiava e il sole si era fermato. In un momento come quello, il lupo che si avvicina furtivo alla pecora si arresta dove si trova; il branco delle antilopi spaventate improvvisamente ferma la sua selvaggia corsa; al pastore che sta sgozzando un montone cade il coltello di mano; il feroce ermellino smette di far la posta all’ignara salga [2]. Tutte le creature viventi in preda alla paura sono spinte involontariamente a pregare e attendono il proprio fato. Ecco cos’è appena accaduto. Così accade ogni qual volta il Re del Mondo nel suo palazzo sotterraneo prega e scruta i destini di tutti i popoli della terra» [3].

Così mi parlò il vecchio Mongolo, un semplice e rozzo pastore e cacciatore.

La Mongolia, con le sue nude e terribili montagne, le sue sconfinate pianure disseminate di ossa disperse degli antenati, ha dato i natali al Mistero. La sua gente, spaventata dalle passioni tempestose della Natura o cullata dalle sue paci che somigliano alla morte, avverte il suo mistero. I suoi Lama “Rossi” e “Gialli” preservano e rendono poetico il suo mistero. I Pontefici di Lhasa e di Urga [4] lo conoscono e lo posseggono.

Conobbi il “Mistero dei Misteri” per la prima volta viaggiando per l’Asia centrale, e non saprei dargli altro nome. In un primo momento non gli concessi molta attenzione e non gli diedi l’importanza che successivamente realizzai meritasse, me ne resi conto soltanto dopo che ebbi analizzati e confrontati fra loro molti indizi sporadici, vaghi e non di rado contradditori.

Gli anziani sulla riva del fiume Amyl mi raccontarono un’antica leggenda secondo la quale una certa tribù mongola nella propria fuga dalle pretese di Gengis Khan si era nascosta in un paese sotterraneo. In seguito un Soyot [5] che veniva dai pressi del lago di Nogan Kul mi mostrò la porta fumante che funge da ingresso al “Regno di Agharti”. Attraverso questa porta un cacciatore in passato era entrato nel Regno e, dopo il suo ritorno, cominciò a raccontare quello che vi aveva visto. I Lama gli tagliarono la lingua per impedirgli di raccontare il Mistero dei Misteri. Raggiunta la vecchiaia, tornò all’ingresso di questa grotta e scomparve nel regno sotterraneo, il cui ricordo aveva ornato e illuminato il suo cuore nomade.

Ricevetti informazioni più realistiche riguardo a ciò dal Hutuktu [6] Jelyb Djamsrap a Narabanchi Kure. Egli mi raccontò la storia dell’arrivo semi-realistico del potente Re del Mondo dal regno sotterraneo, del suo aspetto, dei suoi miracoli e delle sue profezie; e solo allora cominciai a comprendere che in quella leggenda, ipnosi o visione di massa, qualunque cosa essa fosse, si cela non solo del mistero ma una realistica e potente forza capace d’influenzare il corso della vita politica dell’Asia. Da quel momento ho cominciato a svolgere alcune indagini.

Il Gelong Lama [7] favorito del principe Chultun Beyli e il principe stesso mi diedero un resoconto del regno sotterraneo.

«Ogni cosa nel mondo», disse il Gelong, «si trova costantemente in uno stato di cambiamento e di transizione: popoli, scienza, religioni, leggi e costumi. Quanti grandi imperi e splendide culture sono periti! Ciò che rimane invariato è soltanto il Male, lo strumento degli Spiriti Maligni. Più di 60 mila anni fa, un Santo scomparve con tutta una tribù di persone nel sottosuolo e non è mai riapparso nuovamente sulla superficie della terra. Molte persone, tuttavia, da allora hanno visitato questo regno, Sakkia Mouni, Undur Gheghen, Paspa, Khan Baber e altri. Nessuno sa dove si trovi questo luogo. Qualcuno dice in Afghanistan, altri in India. Tutte le persone laggiù sono protette contro il Male e i crimini non allignano entro i suoi confini. La scienza in quel luogo è stata sviluppata con tranquillità e nulla è minacciato dalla distruzione. Il popolo sotterraneo ha raggiunto le vette della conoscenza. Oggi è un grande regno, con milioni di persone con il re del Mondo come loro sovrano. Egli conosce tutte le forze del mondo e legge tutte le anime del genere umano e il grande libro del loro destino. Invisibilmente egli governa ottocento milioni di uomini sulla superficie della terra ed essi compiranno ogni suo ordine».

Il Principe Chultun Beyli aggiunse: «Questo regno è Agharti. Si sviluppa attraverso una rete planetaria di gallerie sotterranee. Ho udito un Lama della Cina istruito in materia riferire a Bogdo Khan che tutte le caverne sotterranee dell’America sono abitate da antiche persone scomparse nel sottosuolo. Tracce di loro si trovano ancora sulla superficie della terra. Queste genti e regioni sotterranee sono governate da sovrani obbedienti al Re del Mondo. In tutto ciò non vi è nulla di stupefacente. Voi sapete che nei due più grandi oceani dell’Est e dell’Ovest vi erano in precedenza due continenti [8]. Scomparvero sotto le acque ma le loro genti si trasferirono nel regno sotterraneo. Nelle grotte del sottosuolo esiste una luce particolare che permette la crescita di cereali e verdure e una lunga vita senza malattia per le persone. Vi sono molti popoli diversi e molte differenti tribù. Un vecchio Brahman buddhista in Nepal stava eseguendo la volontà degli Dei nel far visita all’antico reame di Gengis Khan – il Siam [9]– dove incontrò un pescatore che gli ordinò di prendere posto nella sua barca e di far vela con lui sul mare. Il terzo giorno raggiunsero un’isola dove incontrarono un popolo con due lingue che poteva parlare separatamente in differenti idiomi. Essi gli mostrarono animali sconosciuti e peculiari, tartarughe con sedici zampe e un occhio, enormi serpenti con una carne molto gustosa e uccelli muniti di denti che catturavano pesce per i loro padroni nel mare. Questa gente gli disse che proveniva dal regno sotterraneo e gli descrisse certe parti del mondo nel sottosuolo».

Lama Turgut viaggiando con me da Urga a Pechino mi fornì ulteriori dettagli.

«La capitale di Agharti è circondata da città di sommi sacerdoti e scienziati. Ricorda Lhasa, dove il palazzo del Dalai Lama, il Potala, è la cima di una montagna ricoperta di monasteri e templi. Il trono del Re del Mondo è circondato da milioni di Dei incarnati: sono i sacri Pandita [10]. Il palazzo stesso è attorniato dai palazzi del Goro [11], che possiede tutte le forze visibili e invisibili della terra, dell’inferno e del cielo e che può compiere ogni cosa per la vita e la morte dell’uomo. Se la nostra folle umanità dovesse intraprendere una guerra contro di loro, essi sarebbero in grado di far esplodere tutta la superficie del nostro pianeta e di trasformarla in deserto. Essi possono prosciugare i mari, trasformare le terre in oceani e ridurre le montagne nella sabbia dei deserti. Per ordine loro alberi, erbe e cespugli possono essere fatti crescere; uomini vecchi e deboli possono divenire giovani e coraggiosi; e il morto può essere resuscitato. In strane macchine a noi sconosciute essi corrono attraverso le strette fenditure all’interno del nostro pianeta. Alcuni Brahmani indiani e Dalai Lama tibetani, durante le loro faticose scalate alle cime di montagne che nessun altro piede umano aveva mai calcato, trovarono lì iscrizioni incise sulle rocce, impronte nella neve e tracce di ruote. Il beato Sakkia Mouni rinvenne sulla cima di una montagna delle tavole di pietra con iscritte parole che comprese solo nella propria vecchiaia e in seguito penetrò nel Regno di Agharti, da cui riportò briciole del sacro insegnamento conservato nella sua memoria. Là in palazzi di cristallo meraviglioso vivono gli invisibili governanti di tutte le persone pie, il Re del Mondo o Brahytma, che può parlare con Dio come io parlo con voi, e i suoi due assistenti, Mahytma, che conosce le finalità degli eventi futuri, e Mahynga, che governa le cause di questi eventi».

«I santi Pandita studiano il mondo e tutte le sue forze. A volte i più sapienti fra loro si riuniscono e mandano inviati in quel luogo dove gli occhi umani non sono mai penetrati. Questo è descritto dal Tashi Lama vissuto 850 anni fa. I più elevati Pandita pongono le loro mani sugli occhi e alla base del cervello dei più giovani e li costringono in un sonno profondo, lavano i loro corpi con un infuso di erbe e li rendono immuni al dolore e più duri delle pietre, li avvolgono in panni magici, li legano e poi pregano il Grande Dio. I giovani pietrificati giacciono con gli occhi e le orecchie aperte e vigili, vedono, sentono e ricordano ogni cosa. In seguito un Goro si avvicina e mantiene a lungo lo sguardo fisso su di loro. Molto lentamente i corpi stessi si sollevano da terra e scompaiono. Il Goro si siede e scruta con gli occhi immobili verso il luogo dove li ha inviati. Fili invisibili li uniscono alla sua volontà. Alcuni di essi girano tra le stelle, osservano le loro manifestazioni, i loro popoli sconosciuti, la loro vita e le loro leggi; ascoltano i loro discorsi, leggono i loro libri, capiscono le loro fortune e sventure, la loro santità e i peccati, la loro pietà e il male. Alcuni si mescolano con la fiamma e vedono la creatura di fuoco, rapida e feroce, eternamente in lotta, fondendo e martellando i metalli nelle profondità dei pianeti, bollendo l’acqua per i geyser e le sorgenti, fondendo le rocce ed eruttando lava fusa sulla superficie della terra attraverso le aperture nelle montagne. Altri corrono insieme alle sempre sfuggenti, infinitamente piccole, trasparenti creature dell’aria e penetrano nei misteri della loro esistenza e nelle finalità della loro vita. Altri scivolano nelle profondità dei mari e osservano il regno delle sagge creature dell’acqua, che trasportano e diffondono il giusto calore su tutta la terra, governando i venti, le onde e le tempeste … In Erdeni Dzu viveva un tempo un Pandita Hutuktu, che era venuto da Agharti. In punto di morte, raccontò del momento in cui viveva secondo la volontà del Goro su una stella rossa a Oriente, fluttuava nell’oceano ricoperto di ghiaccio e volava tra i fuochi tempestosi nelle profondità della terra».

Questi sono i racconti che udii nelle yurte [12] dei principi mongoli e nei monasteri lamaiti. Queste storie erano tutte raccontate in un tono solenne che vietava ogni discussione e dubbio.

Mistero …

Capitolo XLVII
Il Re del Mondo al cospetto di Dio

Durante il mio soggiorno a Urga cercai di trovare una spiegazione a questa leggenda sul Re del Mondo. Naturalmente, il Buddha Vivente avrebbe potuto dirmi più di chiunque altro e così mi sforzai di conoscere la storia da lui. In una conversazione con lui menzionai il nome del Re del Mondo. Il vecchio Pontefice bruscamente voltò la testa verso di me fissandomi con i suoi immobili occhi ciechi. A malincuore dovetti tacermi. Il nostro silenzio fu lungo e dopo il Pontefice continuò la conversazione facendomi capire che non gradiva accogliere il suggerimento del mio riferimento. Sui volti dei presenti notai espressioni di stupore e paura provocate dalle mie parole, e questo valeva specialmente per il custode della biblioteca del Bogdo Khan. Si può facilmente capire come tutto questo mi avesse solo reso più ansioso di approfondire la ricerca.

Mentre stavo lasciando lo studio del Bogdo Hutuktu, incontrai il bibliotecario che si era avviato avanti a me e gli chiesi se mi poteva mostrare la biblioteca del Buddha Vivente, utilizzando con lui un semplicissimo ma scaltro stratagemma.

«Sapete, mio caro Lama», dissi «una volta ho cavalcato nella pianura nell’ora in cui il Re del Mondo parlava con Dio ed ho avvertito la solenne maestosità di quel momento».

Con mio grande stupore, il vecchio Lama mi rispose senza turbarsi: «Non è giusto che i Buddhisti e la nostra Fede Gialla lo tengano nascosto. Il riconoscimento dell’esistenza dell’uomo più santo e più potente, del regno benedetto, del grande tempio della scienza sacra è una tale consolazione per i nostri cuori peccaminosi e le nostre esistenze corrotte che nasconderlo al genere umano è un vero peccato … Beh, ascoltate», proseguì, «per l’intero corso dell’anno il Re del Mondo guida il lavoro dei Pandita e dei Goro di Agharti. Solo a volte egli si reca alla cripta del tempio dove il corpo del suo predecessore giace imbalsamato in un sarcofago di pietra nera. Questa grotta è sempre buia, ma quando il Re del Mondo vi entra le pareti si rigano col fuoco e dal coperchio della bara appaiono lingue di fiamma. Il Goro più anziano gli sta di fronte col capo e il viso coperti e con le mani incrociate sul petto. Questo Goro non si leva mai il cappuccio, ché la sua testa è un cranio nudo con gli occhi vividi e una lingua che parla. Egli è in comunione con le anime di tutti coloro che ci hanno preceduto».

«Il Re del Mondo prega per un lungo periodo di tempo e successivamente si avvicina al sarcofago e stende la mano. Le fiamme guizzano più ardenti; le strisce di fuoco sulle pareti svaniscono e riappaiono, e intrecciandosi formano misteriosi segni dell’alfabeto vatannan [13]. Dalla bara fasci diafani di luce appena percettibile cominciano a emanare: sono i pensieri del suo predecessore. Repentinamente il Re del Mondo si ritrova avvolto in un’aura di questa luce e lettere di fuoco scrivono e scrivono sui muri i desideri e gli ordini di Dio. In questo momento il Re del Mondo è in comunione con i pensieri di tutti gli uomini che influenzano la sorte e la vita di tutta l’umanità: con Re, Zar, Khan, capi guerrieri, Sommi Sacerdoti, scienziati e altri uomini forti. Si rende conto di tutti i loro pensieri e progetti. Se questi sono graditi a Dio, il Re del Mondo li asseconderà in modo invisibile, se sono sgraditi al cospetto di Dio, il Re li porterà verso il fallimento. Questo potere è conferito ad Agharti dalla misteriosa scienza dell’“Om”, con cui iniziamo tutte le nostre preghiere. “Om” è il nome di un antico Sant’uomo, il primo Goro, che visse 330 mila anni fa. Egli fu il primo uomo a conoscere Dio e che insegnò agli uomini a credere, sperare e lottare contro il Male. Allora Dio gli diede potere su tutte le forze che governano il mondo visibile».

«Dopo la sua conversazione con il proprio predecessore, il Re del Mondo riunisce il “Gran Consiglio di Dio”, giudica le azioni e i pensieri dei grandi uomini, li asseconda o li distrugge. Mahytma e Mahynga trovano il posto per queste azioni e pensieri nella catena causale che governa il mondo. Successivamente il Re del Mondo accede al grande tempio e prega in solitudine. Il fuoco appare sull’altare, e gradualmente si diffonde a tutti gli altari vicini, e attraverso la fiamma che brucia appare gradualmente il volto di Dio. Il Re del Mondo con reverenza annuncia a Dio le decisioni e le determinazioni del “Consiglio di Dio” e riceve a sua volta agli ordini Divini dell’Onnipotente. Quando esce dal tempio, il Re del Mondo irradia la Luce Divina».

Capitolo XLVIII
Realtà o fantasia religiosa?

«Ma qualcuno ha visto il Re del Mondo?» chiesi.

«Oh, sì!» rispose il Lama. «Durante le feste solenni dell’antico Buddhismo in Siam e in India il Re del Mondo apparve cinque volte. Montava uno splendido carro trainato da elefanti bianchi e ornati di’oro, pietre preziose e tessuti pregiati; era vestito di un manto bianco e una tiara rossa con pendagli di diamanti che gli celavano il volto. Egli benedisse il popolo con una mela d’oro sormontata dalla figura di un Agnello. Il cieco riacquistava la vista, il muto parlava, il sordo udiva, lo storpio si muoveva liberamente e il morto risorgeva, laddove gli occhi del Re del Mondo si posavano. È apparso anche 540 anni fa, nel Erdeni Dzu, è stato in un antico monastero di Sakkai e a Narabanchi Kure.

Uno dei nostri Buddha Viventi e uno dei Tashi Lama ricevette un suo messaggio, scritto con segni sconosciuti su tavolette d’oro. Nessuno poteva leggere questi caratteri. Il Tashi Lama entrò nel tempio, pose la tavoletta d’oro sulla sua testa e cominciò a pregare. Grazie a ciò i pensieri del Re del Mondo penetrarono la sua mente e, senza aver letto gli enigmatici segni, egli comprese e realizzò il messaggio del Re».

«Quante persone sono state ad Agharti?» lo interrogai.

«Moltissime», rispose il Lama, «ma tutte queste persone hanno mantenuto segreto ciò che videro laggiù. Quando gli Oleti [14] distrussero Lhasa, uno dei loro distaccamenti nelle montagne del Sud-Ovest penetrò fino alle propaggini di Agharti. Qui appresero alcune fra le scienze misteriose minori e le portarono sulla superficie della nostra terra. Ecco perché gli Oleti e i Calmucchi sono stregoni abili e profeti. Anche dai paesi orientali alcune tribù di gente nera penetrarono ad Agharti e lì vissero molti secoli. Successivamente essi furono scacciati dal regno e restituiti alla terra, portando con sé il mistero delle predizioni attraverso le carte, le erbe e le linee del palmo della mano. Sono i Gitani [15] … Da qualche parte nel Nord dell’Asia esiste una tribù che ora si sta estinguendo e che è venuta dalle grotte di Agharti, abile nel richiamare gli spiriti dei morti che fluttuano nell’aria».

Il Lama rimase in silenzio e poi, come se stesse rispondendo ai miei pensieri, continuò:

«Ad Agharti i dotti Pandita scrivono su tavole di pietra tutta la scienza del nostro pianeta e degli altri mondi. I sapienti Buddhisti cinesi lo sanno bene. La loro scienza è la più alta e pura. Ogni secolo un centinaio di saggi della Cina si riuniscono in un luogo segreto sulle rive del mare, dalle cui profondità emergono un centinaio di tartarughe immortali. Sui loro gusci i cinesi scrivono tutti gli sviluppi della scienza divina prodottisi durante il secolo».

Mentre scrivo sto involontariamente rimembrando il racconto di un vecchio bonzo cinese nel Tempio del Cielo a Pechino. Mi disse che le tartarughe vivono più di 3000 anni senza cibo né aria e che questo è il motivo per cui tutte le colonne del Tempio del Cielo azzurro furono poste su tartarughe vive per preservare il legno dal degrado.

«Più volte i Pontefici di Lhasa e Urga hanno inviato emissari al Re del Mondo», disse il Lama bibliotecario, «ma non lo trovarono. Solo un certo leader tibetano dopo una battaglia con gli Oleti trovò la grotta con l’iscrizione: “Questo è l’ingresso per Agharti”. Dalla grotta uscì un uomo di bell’aspetto, gli donò una tavoletta d’oro con i segni misteriosi e disse:

“Il Re del Mondo apparirà di fronte a tutti i popoli quando il tempo sarà giunto per lui di condurre tutte le buone persone del mondo contro tutte le malvagie; ma non è ancora venuto questo tempo. Il più malvagio tra gli uomini non è ancora nato”.

Il Chiang Chün barone Ungern inviò il giovane principe Pounzig in cerca del Re del Mondo, ma questi tornò con una lettera del Dalai Lama da Lhasa. Quando il barone lo mandò una seconda volta, egli non ritornò più indietro».

Capitolo XLIX
La profezia del Re del Mondo nel 1890

L’Hutuktu di Narabanchi mi riferì quanto segue, quando lo visitai nel suo monastero agli inizi del 1921:

«Quando il Re del Mondo apparve davanti ai Lama, favoriti di Dio, in questo monastero trent’anni fa fece una profezia per il seguente mezzo secolo. Essa era la seguente:

“Sempre più la gente si dimenticherà la propria anima e si curerà del proprio corpo. Il più grande peccato e la corruzione regneranno sulla terra. Gli uomini diventeranno come belve feroci, assetati del sangue e della morte dei loro fratelli. La ‘Mezzaluna’ si offuscherà e i suoi seguaci sprofonderanno nella miseria e nella guerra incessante. I suoi conquistatori saranno colpiti dal Sole, ma non si eleveranno e due volte saranno visitati dalla sventura più grave, che culminerà nell’insulto dinnanzi agli occhi degli altri popoli. Le corone dei re, grandi e piccoli, cadranno … uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto … Ci sarà una battaglia terribile fra tutti i popoli. I mari diverranno rossi … la terra e il fondo dei mari saranno disseminati di ossa … regni saranno dispersi … interi popoli moriranno … fame, malattie, crimini sconosciuti alla stessa legge, mai visti prima nel mondo. I nemici di Dio e dello Spirito Divino nell’uomo verranno. Anche coloro i quali tenderanno la mano al prossimo periranno. I dimenticati e i perseguitati insorgeranno e cattureranno l’attenzione del mondo intero. Ci saranno nebbie e tempeste. Montagne spoglie saranno improvvisamente ricoperte da foreste. Si scateneranno terremoti … Milioni di uomini cambieranno le catene della schiavitù e dell’umiliazione con la fame, la malattia e la morte. Le antiche strade saranno coperte con folle erranti da un luogo all’altro. Le città più grandi e più belle periranno nel fuoco … una, due, tre … Il padre insorgerà contro il figlio, il fratello contro il fratello e la madre contro la figlia … Il vizio, il crimine e la distruzione del corpo e dell’anima seguiranno … Le famiglie saranno disperse … Scompariranno la verità e l’amore … Di diecimila uomini uno solo sopravvivrà; egli sarà nudo e folle, senza la forza e la conoscenza per costruirsi una casa e trovare il proprio cibo … Egli ululerà come il lupo rabbioso, divorerà i cadaveri, morderà la sua propria carne e sfiderà Dio a combattere … Tutta la terra sarà svuotata. Dio stesso le volterà le spalle e su di essa non vi sarà che la notte e la morte. Allora io manderò un popolo, ancora sconosciuto, che estirperà la gramigna della pazzia e del vizio con mano forte e condurrà coloro che ancora rimangono fedeli allo spirito dell’uomo nella lotta contro il Male. Essi ritroveranno una nuova vita sulla terra purificata dalla morte delle nazioni. Nel cinquantesimo anno appariranno solo tre grandi regni, che esisteranno felicemente per 71 anni. In seguito ci saranno diciotto anni di guerra e distruzione. Allora i popoli di Agharti saliranno dalle loro caverne sotterranee alla superficie della terra”».

In seguito, mentre viaggiavo oltre attraverso la Mongolia orientale e verso Pechino, ho pensato spesso:

«E se … ? Che cosa succederebbe se interi popoli di diversi colori, fedi e tribù dovessero iniziare la loro migrazione verso l’Occidente?».

E adesso, mentre vergo queste ultime righe, i miei occhi involontariamente si rivolgono a questo sconfinato Cuore dell’Asia su cui i sentieri del mio peregrinare s’intrecciano. Fra tormente di neve e vortici di sabbia del Gobi la memoria mi riporta al cospetto del Hutuktu di Narabanchi che, con voce pacata mentre indicava l’orizzonte con la sua esile mano, mi dischiuse le porte dei suoi più intimi pensieri:

«Presso Karakorum e sulle rive del Ubsa Nor vedo gli immensi accampamenti multicolori, le mandrie di cavalli e bovini e le yurte azzurre dei capi. Sopra di loro vedo le antiche bandiere di Gengis Khan, dei re del Tibet, del Siam, dell’Afghanistan e dei Principi indiani; i sacri emblemi di tutti i Pontefici lamaiti; gli stemmi dei Khan degli Oleti e i semplici stendardi delle tribù mongole del Nord. Non odo il rumore della folla animata. I cantori non intonano le lamentevoli canzoni della montagna, della pianura e del deserto. I giovani cavalieri non si dilettano con le corse sui loro rapidi destrieri … Vi sono innumerevoli schiere di vecchi, donne e bambini e più oltre, a Nord e a Ovest, fin dove l’occhio si può spingere, il cielo è rosso come una fiamma, c’è il rombo e il crepitio del fuoco e il suono feroce della battaglia. Chi sta conducendo questi guerrieri che là sotto il cielo arrossato spargono il loro proprio sangue e quello degli altri? Chi sta guidando queste turbe di vecchi inermi e di donne? Vedo ordine severo, comprensione religiosa profonda di scopi, pazienza e tenacia … una nuova grande migrazione di popoli, l’ultima marcia dei Mongoli …».

Il Karma [16] potrebbe aver aperto una nuova pagina di Storia!

E se il Re del Mondo fosse con loro?

Ma questo grande Mistero dei Misteri serba il suo profondo silenzio.

* Estratto della Parte V del libro di Ferdinand Ossendowski, Beasts, Men and Gods, E.P. Dutton & Company, New York, 1922

1. «Salve! Grande Lama nel Fiore di Loto!». René Guénon ricordava che a Ossendowski era stato rimproverato dai suoi critici di scrivere Om invece di Aum, «ma, se Aum è la rappresentazione del monosillabo sacro scomposto nei suoi elementi costitutivi, è pur sempre Om la trascrizione corretta che corrisponde alla pronuncia reale in uso sia in India sia in Tibet e in Mongolia» (R. Guénon, Le Roi du Monde, Paris, Librairie Charles Bosse, 1927; trad. it. Il Re del Mondo, Milano, Adelphi Edizioni, 1977, p. 14, nota 5) [N.d.T.].

2. Pernice grigia della prateria [N.d.T.].

3. René Guénon faceva notare in proposito come l’accostamento di un simile evento con il timor panicus degli antichi, suggeritogli da Arturo Reghini, fosse da considerarsi un’ipotesi “estremamente verosimile” (R. Guénon, Il Re del Mondo, cit., p. 13, nota 4) [N.d.T.].

4. Capitale della Mongolia [N.d.T.].

5. Gruppo etnico originario della Siberia occidentale [N.d.T.].

6. Il grado più elevato nella gerarchia monastica lamaista [N.d.T.].

7. Sacerdote autorizzato a compiere i sacrifici [N.d.T.].

8. Atlantide e Mu [N.d.T.].

9. Nome che aveva, fino al 24 Giugno 1939, l’attuale Thailandia [N.d.T.].

10. Monaci buddhisti di alto rango. Titolo conferito a coloro i quali sono stati istruiti nelle cinque scienze tradizionali: la scienza del linguaggio (śabdavidyā), la scienza della logica (hetuvidyā), la scienza della medicina (cikitsāvidyā), la scienza delle belle arti e mestieri (śilakarmasthānavidyā) e la scienza della spiritualità (adhyātmavidyā) [N.d.T.].

11. Sommo sacerdote del Re del Mondo [N.d.T.].

12. Tende mongole fatte di feltro [N.d.T.].

13. La lingua sacra parlata nel Regno sotterraneo, da cui deriverebbe la primitiva lingua indo-europea [N.d.T.].

14. Oleti o Oirati era il nome con cui era conosciuta originariamente la tribù mongola dei Calmucchi, prima che migrasse all’epoca di Gengis Khan per stabilirsi sui monti Urali e sulle rive del Volga in Russia. Il loro etnonimo, ojrad, sarebbe derivato dal mongolo Dôrvôn Ojrd, “I quattro alleati”, in quanto storicamente gli Oirati erano composti da quattro tribù maggiori. I Calmucchi sono gli unici abitanti dell’Europa la cui religione nazionale è il Buddhismo. Essi abbracciarono il Buddhismo Vajrayana nella prima parte del XVII secolo, e seguono tuttora gli insegnamenti del lignaggio Gelugpa (Via Virtuosa). Il Buddhismo Vajrayana divenne noto in ambienti anglosassoni nel XIX secolo con il termine dispregiativo di Lamaismo, dal termine tibetano lama, traduzione del sanscrito guru [N.d.T.].

15. Zingari, Zingani, Zigani o Gitani sono termini generici per indicare un insieme di diverse etnie, originariamente ritenute nomadi, provenienti dalle regioni situate nel Nord-Ovest dell’India. René Guénon precisava che «quando si parla di Zingari, è indispensabile fare una distinzione, che troppo spesso si dimentica: in realtà, vi sono due tipi di Zingari, i quali sembrano del tutto estranei fra di loro e che si trattano perfino da nemici; essi non hanno gli stessi caratteri etnici, né parlano la stessa lingua, né esercitano gli stessi mestieri. Vi sono gli Zingari orientali, o Zingari, che sono soprattutto domatori di orsi e calderai; e vi sono gli Zingari meridionali, o Gitani, chiamati anche, in Linguadoca e in Provenza, “Carachi”, che sono quasi esclusivamente mercanti di cavalli» (R. Guénon, Le Compagnonnage et les Bohémiens, in Le Voile d’Isis, Ottobre 1928, in Études sur la Franc-Maçonnerie et le Compagnonnage, Paris, Éditions Traditionelles, 1964, 2 voll.. Guénon continuava ponendo in evidenza i numerosi tratti di comunanza fra i Gitani e i Pellerossa d’America e considerava come degna di nota l’ipotesi di una comune origine atlantidea [N.d.T.].

16. Secondo l’accezione comunemente diffusa in Occidente, che qui sembra essere accolta dall’Autore, con tale termine si suole intendere una sorta di personificazione dell’idea di destino, assimilabile alla nozione greco-romana di Nemesi (Giustizia). È bene rammentare, d’altra parte, come in realtà «la parola karma ha un duplice significato: in generale è l’azione in tutte le sue forme, spesso opposta a jnâna, o la conoscenza, ciò che corrisponde nuovamente alla distinzione dei due ultimi darshana; in senso specifico e tecnico è l’azione rituale quale è prescritta nel Vêda» (R. Guénon, Introduction générale à l’étude des Doctrines Hindoues, Paris, Marcel Rivière, 1921, chap. XIII “Le Mîmânsâ”, trad. it. Introduzione generale allo studio delle dottrine indù, Milano, Adelphi Edizioni, 1989, cap. 13 “La Mîmânsâ”, p. 192) [N.d.T.].


Ferdinand Ossendowski

sabato 2 luglio 2016

Studi sulla Massoneria e il Compagnonaggio

La casa editrice Pardes ha pubblicato il Tomo II dell’opera di René Guénon
 
Studi sulla Massoneria e il Compagnonaggio 
dedicato alle recensioni di libri e riviste, che fa seguito al Tomo I dedicato agli articoli che vi avevamo presentato a suo tempo.

Il Tomo II, sempre in edizione bilingue francese-italiano con testo a fronte, pagine 304+304, data l'estrema attualità e vitalità delle recensioni di René Guénon presenta un interesse forse ancora maggiore rispetto al precedente e include numerosi contributi inediti ritrovati direttamente nelle riviste originali Le Voile d'Isis e Études Traditionnelles e non più ripubblicati.


Portavoce di una Conoscenza sempre più inaccessibile, sin dalla sua apparizione nella prima metà del XX secolo, l’opera di René Guénon ha segnato un prima e un dopo nel panorama delle pubblicazioni relative al dominio spirituale e, più in particolare, al dominio iniziatico.
Certi che comprenderete l’importanza di questa novità editoriale Vi saremmo grati se voleste gentilmente informarne i Vostri lettori.

L'acquisto potrà essere effettuato tramite il pagamento di euro 40 (per ogni copia desiderata), spese postali incluse, via paypal all'indirizzo:
info@acpardes.com
oppure tramite bonifico bancario sul conto intestato a:
Associazione Culturale Pardes
IBAN: CH79 0900 0000 9168 8472 5
BIC/SWIFT: POFICHBEXXX (PostFinance SA CH-3030 Bern)
Causale: Tomo II René Guénon Massoneria.

sabato 12 marzo 2016

Nota sulla perdita dei segreti del mestiere dei costruttori

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: http://micheleleoneblog.blogspot.it/2013/11/nota-sulla-perdita-dei-segreti-del.html

“La storia della costruzione e dei costruttori delle cattedrali è in stretto rapporto con la rinascita delle città e dei commerci, con il sorgere della borghesia, ed anche delle prime libertà civili.  Com’è noto, l’invasione araba del VII secolo chiuse il Mediterraneo agli scambi con l’Oriente e l’Occidente e, di conseguenza, il commercio e l’industria dell’Europa occidentale, sopravvissuti per qualche tempo alle invasioni barbariche, giunsero a un punto morto. La vita urbana si fece più spenta, i mercanti scomparvero, l’organizzazione municipale cessò di esistere. Le conoscenze tecniche degli operai dell’antichità andarono perdute. Se qualcuno avesse misteriosamente conservato i segreti del mestiere, per esempio tra gli scalpellini e i tagliatori di pietra, non sarebbero di nuovo occorsi secoli di tentativi e di esperienza prima di ritrovare una buona tecnica.”

Questa frase del Gimpel contenuta nel suo lavoro I costruttori di Cattedrali, oltre ad essere interessante di suo, può essere utile almeno per due motivi:

1)      La storia dei tagliatori di pietra probabilmente non ha una tradizione continuativa ma una somma di tradizioni che nei secoli, millenni se volgiamo lo sguardo all’antico Egitto ed oltre, si sono sommate ed il cui risultato non è obbligatoriamente una somma algebrica, ma potrebbe dare un risultato esponenziale alle tradizioni sommate.

2)      Una riflessione si impone. Da più parti si sente dire che la Massoneria Moderna è erede delle corporazioni o gilde di costruttori dell’antichità in generale e dell’età di mezzo in particolare. Poi se a questi stessi dotti assertori si chiedono dettagli, iniziano a raccontare storielle che nella migliore delle ipotesi accontentano studenti delle scuole medie inferiori; quindi è auspicabile che si moltiplichino gli studi di protostoria della Massoneria. Studi che non siano di parte, ma si aprano alla storia sociale del medioevo, alla storia della scienza, della filosofia etc etc.



sabato 3 ottobre 2015

“Massoneria e Mediterraneo”

trattoa da "L'Opinione" del 29 settembre 2015 (http://www.opinione.it/cultura/2015/09/29/fossati_cultura-29-09.aspx)

di Gianni Fossati

Vi sono libri che valgono per un titolo che definisce il loro contenuto con una chiarezza implacabile, “Massoneria e Mediterraneo” di Francesca Parisi a cura di Luigi Danesin è molto di più: un testo che approfondisce con rigore i rapporti dell’area del mediterraneo e dei Paesi che vi si affacciano. Un approccio particolare nel quale circola aria nuova e prospettive coraggiose ma reali, nonostante la complessità della materia, in un contesto spesso caratterizzato da un linguaggio che si attarda su considerazioni non sempre supportate da rigore scientifico.

Il libro, uscito in questi giorni per i tipi di Editoriale Programma, prende le mosse dalla felice intuizione del Prof. Franco Franchi già Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia convinto che al tramonto del secondo millennio fosse giunto il momento di rivolgere l’attenzione al Mare Nostrum per risalire alla nostra matrice comune. Questo anche il senso della prefazione di Luigi Danesin che non a casa annette particolare importanza all’Università intesa anche come luogo di formazione dei giovani e della classe dirigente.

D’altra parte ciò che contorna questo grande bacino chiuso in un “habitat” che ha dato origine a civiltà che costituiscono la base stessa della nostra cultura occidentale. L’autrice ha avuto la capacità di offrire al lettore un quadro sufficientemente ampio e diversificato del ruolo che la voce popolare e certa storiografia ha ignorato sul ruolo che la Massoneria ha svolto dal punto di vista geopolitico.

L’affacciarsi di espressioni puntuali riconducibili all’Unione Massonica del Mediterraneo come concreta azione delle Obbedienze Liberali che si affacciano su quelle sponde sembrano condividere la volontà di ricercare la dimensione utile per valorizzare il processo di globalizzazione e ricomporre un tessuto di civile convivenza tra nazioni che si riconoscono in una particolare identità.

Naturalmente non vi è che non veda come la situazione attuale renda utopiche alcune visioni dopo le speranze della Primavera araba che si è trasformata in una stagione di conflitti e di profonde inquietanti incertezze sul corso di una storia che troppo facilmente avevamo creduto avviata verso un progresso in termini di democrazia e diritti. Tuttavia, obiettivo dell’istituzione massonica è proprio quello di superare barriere altrimenti insormontabili.

In questo senso, il richiamo ad Alain de Keghel, già Sovrano Gran Commendatore del Supremo Consiglio del Grande Oriente di Francia, appare illuminante rispetto alle sfide del terzo millennio che sembrano quasi impossibili ma sorrette da Franz Kafka, uno dei tragici protagonisti del Novecento europeo: “La vita non cessa d’insegnare, suo malgrado, che non si può mai salvare qualcuno se non con una presenza, e con nient’atro”.

Il bacino del Mediterraneo è tutt’ora distante dall’essere una zona omogenea, esistono infinite disparità che marcano i due mondi e il lavoro da compiere è assai rilevante tuttavia,ancora una volta, come nella esperienza del XVIII secolo l’istituzione di squadra e compasso potrebbe rappresentare un punto di incontro privilegiato dove in nome della tolleranza potrebbero prendere corpo condizioni che consentono di elaborare progetti a misura d’uomo utili alla pacificazione dei popoli.

lunedì 10 agosto 2015

MARTINISMO E VIA MARTINISTA

Segnaliamo con piacere l'uscita del nuovo libro di Filippo Goti che ha come tema il martinismo, dal titolo “MARTINISMO E VIA MARTINISTA”.



Un breve presentazione fatta dall'autore:

Martinismo e Via Martinista"Martinismo e Via Martinista"In questo libro, di 224 pagine, cercherò di mostrare l'essenza del martinismo, attraverso riflessioni e pensieri dei Maestri Passati, gli scontri docetici, le relazioni con le altre strutture iniziatiche. In modo da comprendere gli elementi caratterizzanti del Nostro Venerabile Ordine, e la sua capacità di rispondere alle esigenze spirituali dell'Uomo del Terzo Millennio.
INDICE:
Introduzione - Cos’è il martinismo - La natura del rapporto iniziatico martinista - Chi ha fondato il martinismo - Il martinismo è ordine cristiano - Martinismo e massoneria - L’archetipo sacerdotale martinista - Le donne iniziatrici - La formula pentagrammatica - Chiesa gnostica e martinismo - L’ermetismo kremmerziano e il martinismo - La questione Eletti Cohen - I colori del martinismo - Eggregore martinista - Conclusioni"

E’ possibile acquistare il libro al seguente indirizzo internet:

http://www.lulu.com/shop/filippo-goti/martinismo-e-via-martinista/paperback/product-22303363.html

sabato 20 giugno 2015

MISTERI ANTICHI E MODERNI. INDAGINE SULLE SOCIETÁ SEGRETE

Ogni società segreta è una pallida famiglia di vendicatori. Quegli uomini sono stretti da infrangibile giuramento; i loro riti si direbbero il programma dello sterminio; ma la loro amicizia è tenera e soave. Guardateli in viso; scuri e smorti: ma parlate loro della patria, della libertà, della verità, e il loro volto si rasserena,ride d’una luce ineffabile.

Giovanni De Castro

Società segrete, sette, consorterie: cosa evocano in voi? Riuscite ad immaginare qualcosa che vada al di là dell’effetto facile, da film di serie B, a scavalcare la facile sfumatura horror? Se ci riuscite, o se volete riuscirci, se non volete insomma essere turisti che pensano solo a un selfie da brivido, se desiderate invece essere viaggiatori, persone che da un’esperienza desiderano un cambiamento, o perlomeno un arricchimento, questo libro è il treno che dovete prendere. I suoi scompartimenti si chiamano Cavalieri Templari, Carboneria, Beati Paoli, Scamiciati. Qualcuno di questi nomi forse vi dirà qualcosa, altri magari no. L’importante è sedersi, con la curiosità di chi vuole conoscere senza pregiudizi, lasciandovi trasportare dalla prosa di Michele Leone, che prima di voi ha affrontato questo viaggio e così bene lo sa raccontare.

Basterebbe già l’introduzione, che apre la porta nascosta in ogni parola italiana per arrivare all’antenato greco o latino. Una società segreta (da secretum, quindi da secernere, mettere da parte, separare) è un insieme di persone legate da un’idea o esperienza comune che agiscono separatamente dalla società civile comunemente intesa ed accettano nuovi membri solo ed esclusivamente attraverso riti o cerimonie di iniziazione o promesse solenni e giuramenti. A partire da questa definizione, volutamente generica, ma soprattutto priva di giudizio di valore (perché solo senza giudizio si dà la vera conoscenza), l’autore ricostruisce la storia di molte società segrete attraverso fonti storiche documentate, senza dedicarsi a quelle sette o società dedite a culti neo religiosi, satanici o di complotto, riscoprendone il significato originale.  Giovanni De Castro afferma infatti che “uno dei più ovvi sentimenti, ispiratori delle società segrete, è quello della vendetta, ma della buona e provvida vendetta, aliena dai rancori personali, assente ove si discute un interesse volgare, che vuol punire le istituzioni e non gli individui, colpire le idee e non gli uomini”.

Ora che vi siete messi comodi, vi basti sapere che la prima fermata si chiama Pitagora, e l’ultima, Carboneria. Se avrete gli occhi bene aperti, ma soprattutto la mente, potrete trovare in queste pagine moltissimi spunti di riflessione, che vi porterà a camminare in un corridoio pieno di porte socchiuse verso Storia, Tradizione e Iniziazione. Chissà quali e quanti altri viaggi avrete voglia di fare, dopo aver sfogliato l’ultima pagina.

Michele Leone
MISTERI ANTICHI E MODERNI. INDAGINE SULLE SOCIETÁ SEGRETE
Yume Edizioni 2015
Pagine 192
Euro 15,00





Notizie sull'autore
 
Michele Leone è un personaggio poliedrico che si autodefinisce curioso, ma allo stesso tempo ignorante, studioso scientifico, ma contemporaneamente ametodico. E neppure si proclama scrittore, ma un artigiano del pensiero, di un pensiero occulto e misterioso, capace di passare con destrezza da una forma all’altra, senza vincolarsi a nessuna, lasciandosi guidare dal sotterraneo fil rouge dell’esoterismo.
Laureato in Lettere e Filosofia presso l’università degli studi di Bari, Leone inizia il suo percorso con la poesia, suo primo grande e intramontabile amore:

Dervisci
ballo oscuri versetti
in vite altre
vissute altrove
da te
ch’aspetti
l’ultimo tramonto
con tre monete
davanti al mare

Poi si avvicina alla narrativa per curiosità di sperimentare e sperimentarsi: la sua giovane penna dà vita ai deliri, forme brevi, flussi di coscienza e di emozioni che spalancano finestre sull’ignoto, su quanto è  nascosto e che nel buio aspetta un traghettatore.
Dalla fine degli anni ’90, Leone ha indirizzato le sue ricerche prevalentemente verso la tradizione ermetica e la massoneria, diventandone un esperto conoscitore e divulgatore, grazie anche alla sua capacità di trasmettere passione e interesse. Chi è affascinato dall’ignoto, e desidera avvicinarsi, conoscere, troverà nelle parole di Michele Leone una guida capace di descriverne in modo affascinante ed invitante complessità e bellezza. Ne sono testimonianza alcuni dei suoi testi, come Il linguaggio simbolico dell’esoterismo e  Le Magie del simbolo. Dall’Anhk al tatuaggio per Mondi Velati Editore.
Recentemente ha iniziato ad affrontare tematiche legate all’alchimia spirituale, percorso che partendo dalla alchimia classica e passando da Jung permette di approfondire la conoscenza di se stessi e della propria interiorità.
La passione di Michele Leone non si ferma alle sole sue parole. La sua passione per la conoscenza lo ha portato a diventare responsabile della collana I Ritrovati per Mondi Velati Editore, vice direttore di redazione di Delta, Rassegna di Cultura Massonica, e da poco direttore della collana Misteri Antichi e Moderni di Yume Edizioni. Collabora, inoltre,  con le testate periodiche IlCervoBianco e Ouroboros.

giovedì 31 luglio 2014

Nei falò di San Giovanni il segno del sole

tratto da Il Giornala del 9 giugno 2006

di redazione

Notte di S. Giovanni: i falò, antica memoria di un passato precristiano, illuminano la notte. Ma questo è noto a tutti: ciò che, forse, è meno noto, è che la natività di San Giovanni Battista viene celebrata, con apposite cerimonie, dalle Logge massoniche di qualsivoglia Obbedienza. Non solo: la Massoneria celebra - e sempre in occasione del Solstizio (questa volta l'invernale)- anche San Giovanni Evangelista, Logge di San Giovanni sono definite quelle dei primi tre gradi massonici (quelli definiti Massoneria Azzurra) e, di nuovo, i due San Giovanni sono i santi patroni delle antiche confraternite operative dei «muratori» inglesi. Ma poiché la Massoneria non è una religione ma un'Istituzione Iniziatica che, al di là e al di sopra delle religioni storiche, pratica l'esoterismo nel solco della Tradizione, il significato di tale pratica non può sicuramente quello specificamente e riduttivamente cristiano: per comprenderne il motivo bisogna guardare, necessariamente, al simbolismo solstiziale nella sua globalità.
Il Solstizio d'Estate è il momento in cui il sole comincia a sorgere sempre più a sud sull'orizzonte (e, analogamente, col Solstizio d'Inverno, sempre più a nord), determinando l'accorciarsi delle giornate: il trionfo del Sole, quindi, è solo momentaneo, perché nel mondo dell'impermanenza questo prelude, inevitabilmente, alla sua discesa sino ad arrivare all'altro culmine, quello invernale, in cui finalmente può risorgere.
Come ha osservato quel Maestro della Tradizione Integrale che è René Guénon, ciò che ha raggiunto il suo massimo può ormai solo decrescere, e ciò che è giunto al suo minimo può solo crescere: per questo, il Solstizio d'Estate segna l'inizio della metà discendente dell'anno, il Solstizio d'Inverno quello della metà ascendente.
I due Solstizi, quindi, sono complementari e rappresentano i due punti estremi dell'anno solare: non deve trarci in inganno il fatto che non coincidano esattamente con i solstizi (i due Santi vengono festeggiati dalla Chiesa latina il 24 giugno ed il 27 dicembre), perché siamo comunque in presenza di un periodo di tempo sacro che permette una dilatazione simbolica dell'evento.
Ma se teniamo presente che nel mondo greco i due solstizi venivano chiamati «porte», il simbolismo solstiziale diventa molto più chiaro: non siamo in presenza di quella religione cosmica inventata dai positivisti occidentali, ma al cospetto di una visione metafisica di tutto rispetto. Il solstizio d'estate rappresenta la «porta degli uomini» e quello invernale la «porta degli dèi»: sono le aperture che collegano i mondi, il simbolo del passaggio tra il mondo terreno del divenire e quello celeste, caratterizzato dall'eternità e dall'aspazialità. Ora, se teniamo presente che il mondo degli antenati e quello degli dèi, nel simbolismo cosmico, non sono posti esattamente a sud e a nord, ma a sud-ovest e nord-est, comprendiamo perché la ricorrenza dei due San Giovanni non corrisponda esattamente a quelle solstiziali.
Tradotto nel simbolismo proprio dell'esoterismo cristiano, San Giovanni Battista ha la funzione di introdurre gli essere nel cosmo e, quindi, di proteggere e preservare l'universo: ecco il perché dei riti, come i falò o le ruote infuocate che, richiamando il simbolismo solare, hanno la funzione di allontanare il male. Ma il cosmo, nel linguaggio simbolico, viene spesso rappresentato dalla caverna, cosa che, nel linguaggio massonico, corrisponde alla Loggia: la volta stellata, il simbolismo assiale Oriente-Occidente e Nord-Sud, rendono perfettamente l'immagine di un «loka», cioè di un universo.
Celebrando San Giovanni, la Massoneria non si limita a rievocare le tradizioni pre-cristiane di un periodico rinnovamento cosmico, ma riesce a riportare la tradizione religiosa cristiana all'interno di un ambito sapienziale di più vasta portata: e, così facendo, il Mito e il Simbolo, ancora una volta, dimostrano così la loro vitalità e la loro capacità di saper parlare, anche in questi tempi, all'uomo di oggi.