mercoledì 18 luglio 2012

L’iconografia dei Re Magi

pubblicato in origine su Archeologia & Cultura n. 3 del 7 febbraio 2010

di Vito Foschi

In questo breve scritto vorrei soffermarmi sulla rappresentazione classica dei Re Magi, per poterne indicare l’origine. Si è subito portati a pensare che le immagini dedicate ai magi sono tratte dal racconto evangelico, ma questo non è propriamente vero; siamo talmente abituati a certe tipi di rappresentazioni da non conoscerne più l’origine e pensare che vengano dal Vangelo, quando la loro origine è ben diversa.
L’immagine classica dei re magi li vuole di tre razze diverse, europea, asiatica, africana a rappresentare i tre continenti allora conosciuti, di tre età diverse, giovane, di mezza età, vecchio a rappresentazione delle tre età dell’uomo. Questo ad indicare come tutti gli uomini, di qualsiasi origine ed età venivano a tributare il proprio omaggio al Figlio di Dio, significando l’universalità della fede cristiana che non era solo per alcuni uomini, ma per tutti. Inoltre la parola mago indica un sacerdote pagano, a mostrare l’apertura del cristianesimo alle genti pagane, cristianesimo che altrimenti sarebbe rimasto confinato al mondo ebraico. La loro regalità viene quasi a compensare in qualche modo la nascita in povertà in mezzo ai pastori, per ribadire, che Cristo non è venuto solo per i poveri, ma per tutti.
L’unico vangelo che parla dei Magi è quello di Matteo, mentre l’altro vangelo che racconta la nascita di Gesù, quello di Luca, non li menziona, anzi inserisce il battesimo del Bambino al tempio di Gerusalemme, introducendo un problema di coerenza fra  i due vangeli. Da questo punto di vista la loro presenza nell’unico vangelo di Matteo sembrerebbe quasi un’aggiunta per giustificare l’apertura del cristianesimo al mondo pagano.
Nel vangelo di Matteo non si indica il loro numero e non li si descrive, ma si parla solo dei tre doni: solo il numero dei doni coincide con il numero dei magi nella loro classica rappresentazione. Si racconta dell’incontro con Erode e dell’omaggio al Bambino e poco più. Il passo evangelico è piuttosto avaro di notizie su questi personaggi.
In realtà tutta l’iconografia sui Re Magi compresi i nomi deriva dai racconti contenuti nei cosiddetti vangeli apocrifi, che considerate tutte le rappresentazioni tanto apocrifi non dovevano essere. Apocrifo è parola d’origine greca che sta per nascosto, ma tali racconti, a parte quelli palesemente in contrasto con l’insegnamento della Chiesa, anche se non accettati ufficialmente erano ben diffusi e tollerati dalle autorità ecclesiastiche visto che molti di loro sono stati la base per decorazioni di edifici religiosi. Come spesso si dice le pitture e le sculture rappresentavano la Bibbia degli analfabeti, che poi tanto analfabeti non dovevano essere, perché a volte i significati di tali immagini non sono immediatamente intelligibili. I Vangeli ufficiali si soffermano sulla predicazione pubblica di Gesù perché rispondono ad una esigenza teologica, ma non rispondono alle curiosità del popolo che chiedeva per esempio cosa avesse fatto Gesù nella sua infanzia o mentre era in Egitto e così via. A queste domande rispondono i vangeli apocrifi classificati come vangeli dell’infanzia, unendo fantasia e racconto evangelico. Così visto che il racconto evangelico non diceva nulla dei misteriosi magi, hanno provveduto i vangeli apocrifi a darne una descrizione, a raccontarne la loro storia e la loro origine dando idee ai vari artisti chiamati a rappresentarli.

mercoledì 4 luglio 2012

Le maledizioni nel mondo antico

di Vito Foschi 

tratto da Archeologia & Cultura n 24 del 6 dicembre 2009


Nel mondo antico greco-romano erano diffuse varie pratiche magiche, tra le quali le cosiddette defixiones che hanno avuto una diffusione temporale piuttosto ampia dal V secolo avanti Cristo al V secolo dell’era volgare. Il nome deriva dal verbo defigere che significa letteralmente legare, fissare, infiggere ed erano una sorta di maledizione scritta. Lo scopo di tale pratica magica era nella maggior parte dei casi quella di nuocer ad un avversario e pertanto lo studioso Allondet le ha classificate in base all’oggetto del contendere in 5 tipi: giuridiche, erotiche, commerciali, agonistiche, e contro i ladri e le maldicenze. Eccetto l’ultimo gruppo più generico di protezione contro i ladri, tali maledizioni mirano a rendere inoffensivo un avversario in una qualche disputa, sia che si tratti di un concorrente commerciale, un testimone in tribunale, un corteggiatore o addirittura un marito di una donna o un concorrente in una contesa sportiva.
La maledizione è innanzitutto un rito ed esistono dei papiri che lo descrivono in maniera particolareggiata nelle sue diverse varianti risultando a volte anche di una certa complessità. Nella sua essenza il rito consiste nel trascrivere una formula di maledizione su un supporto poi da seppellire in un luogo apposito. La formula va recitata mentre si incide, e l’incisione sembra quasi un rafforzamento per assicurarne l’efficacia. Quelle che sono pervenute fino a noi sono delle iscrizioni su lamine di piombo, ma potevano essere su papiro o cera, materiali che non sopravvivono al tempo.
Nelle iscrizioni il termine legare è accompagnato dall'aggettivo “in basso” che ha lo scopo di rafforzare il verbo indicando l'atto di immobilizzare, chiedendo per esempio di immobilizzare la lingua di un testimone o le membra di un atleta, ma a questo significato si accompagna il concetto di “dedicare” ovvero l’invocazione di una divinità affinché agisca contro l’avversario. L’utilizzo di tale termine non è casuale perché le divinità a cui si rivolge il rito sono quelle sotterranee. Nella magia c’è un rovesciamento del senso comune, così come la religione si rivolge agli dei del cielo così la magia si rivolge alle potenze infere.
Da ciò l’importanza del nascondimento della lamina che normalmente veniva nascosta in tombe, pozzi, anfratti, sorgenti o gettata in mare. In poche parole si cercava di portarla più vicino possibile alle potenze che si evocava in aiuto. Il particolare uso delle tombe per il seppellimento aveva lo scopo di usare l’anima del morto come messaggero, e si sceglieva un defunto qualsiasi senza speciali caratteristiche al contrario di altre operazioni magiche ove si cercava la tomba di morti in maniera violenta o prematuri. I ritrovamenti archeologici di tavolette di defissioni sono state fatte in varie tombe che non avevano nessun particolare che le rendesse diverse le une dalle altre.
Altro motivo del seppellimento era quello di non farle trovare, perché l’eventuale ritrovamento della tavoletta e la susseguente distruzione avrebbe causato la perdita di efficacia della maledizione come leggiamo nella letteratura sui primi santi cristiani che si ritrovano ad avere a che fare ancora con la magia del mondo pagano.
Alcune defissioni più elaborate hanno traccia di un chiodo che infilzava la lamina a rafforzare il concetto di legare l’avversario o deformate ad indicare anche fisicamente l’azione a cui doveva essere sottoposta la vittima della maledizione, il tutto sfruttando il concetto di similia similibus ovvero il simile richiama il simile.
In un variante del rituale trovato scritto su un papiro sopravvissuto ai secoli si descrive la costruzione di una statuina su cui incidere la maledizione incidendo su ogni parte del corpo un nome di un demone specifico che si sarebbe occupato di danneggiare la parte a lui prescritta. Tale rituale non doveva essere molto diffuso, perché doveva risultare piuttosto costoso. Per la realizzazione di una maledizione ci si affidava ad un “addetto ai lavori” che chiaramente si faceva pagare in base alla difficoltà.  I ritrovamenti di statuine è più raro rispetto alle tavolette di cui al contrario si possiede un buon numero.
Per chi volesse visionare alcuni di questi manufatti può visitare la Sezione Epigrafica del Museo Nazionale Romano presso le Terme di Diocleziano dove sono custoditi i ritrovamenti effettuati nello scavo della fontana di Anna Perenna, ritrovata nel 1999 durante lo scavo di un parcheggio nel quartiere Parioli a Roma. Anna Perenna è una antica divinità romana risalente a tempi preistorici di cui si conosce poco che si festeggiava alle idi di marzo, l’antico capodanno romano. Il suo nome potrebbe significare nutrimento perenne e probabilmente risulta legata a una qualche forma di culto agricolo come auspicio di abbondanza. Nella fontana tra tante tavolette, sono state trovate alcune statuine, e così in una visita si può avere idea completa delle defixiones.