sabato 25 febbraio 2017

L'antico rito della Candelora e la devozione dei femminielli

tratto da Il Giornale del 2 febbraio 2017

Al Santuario di Montevergine, in provincia di Avellino, ogni anno si celebra la "juta" (ossia il pellegrinaggio) da Mamma Schiavona. La leggenda e le origini arcaiche di un rito più antico del cristianesimo

di Giovanni Vasso

Alla Candelora si celebra uno dei riti più antichi e al tempo stesso più originali e interessanti della religiosità meridionale.

Si tratta della cosiddetta juta dei femminielli al santuario di Montevergine, in provincia di Avellino. La juta è termine che sta a indicare il pellegrinaggio che, ogni 2 febbraio, la devozione dei femminielli – ossia degli omosessuali secondo la tradizione napoletana – continuano a tributare a Mamma Schiavona, alla Madonna nera del monte Partenio.

La tradizione, almeno ufficialmente, affonda le sue radici nella seconda metà del tredicesimo secolo, precisamente al 1256. La leggenda racconta che due giovani, scoperti in un amplesso omosessuale, furono banditi dal loro paese e lasciati a morire di fame e di freddo nei boschi, legati a un albero. Ma la Madonna ebbe pietà di loro e li salvò dalla condanna. Un miracolo che, ogni anno, viene ricordato e onorato al suono di tammorre e nacchere, con canti licenziosi, motti salaci e vesti coloratissime.

In fondo il culto alla Madonna di Montevergine risale ancora più in là nella storia, fino alla notte dei tempi quando sui monti irpini si onorava la dea della fertilità Cibele. I suoi sacerdoti, rigorosamente eunuchi, la onoravano con danze ossessive al ritmo sfrenato di tamburi. Con l’avvento del cristianesimo, il santuario fu consacrato a Maria. È una madonna nera, stupenda in tutte le sue imperfezioni, seducente e maestosa. E che nei secoli ha esteso il suo manto protettivo sugli ultimi, sui deboli, sui poveri, sugli emarginati. Anche per questo è detta Mamma Schiavona, la madre dal cuore grandissimo che fa grazie e perdona tutto ai suoi devoti che, per onorarla, scalano la montagna fino a raggiungere il suo santuario.

Attorno a Montevergine è fiorita una ricchissima letteratura e un’importante cultura musicale e teatrale. I riti del pellegrinaggio (e non solo quello dei femminielli) sono stati letti e studiati alla stregua di “fossili viventi” di tradizioni arcaiche che sembravano scomparse. I riti della fertilità accompagnati da una sorta di disinibizione generale, i canti e gli scontri fra cantori (a teatro celebrati da Raffaele Viviani nella commedia “A festa ‘e Montevergine) hanno attraversato praticamente indenni i millenni per giungere fino a noi.

sabato 18 febbraio 2017

Castello Quistini a Rovato [BS]

In  collaborazione con Hesperya

tratto da: https://www.hesperya.net/le-indagini/castello-quistini-rovato-bs/

Data: 09 Dicembre 2012

di Luca Maggini


Cenni Storici


I Porcellaga erano un’ antica famiglia originaria d’Iseo e aveva acquistato, oltre ad un titolo nobiliare di conti, anche molte possidenze a Rovato e Roncadelle. Il progetto di costruzione di un palazzo fortificato in campagna venne ideato da Ottaviano  insieme alla moglie Veronica come residenza sostitutiva a quella annessa nel castello di Rovato, dove precedentemente risiedevano. La datazione d’inizio dei lavori si colloca fra il 1570 e il 1580; questi ultimi volgeranno al termine dopo il 1600.
Dopo meno di mezzo secolo dalla costruzione, la nuova residenza dei Porcellaga mutò proprietà. Intorno al 1630 circa, infatti, il nuovo palazzo fortificato venne acquistato da Gerolamo Martino Roncalli, nobile di Bergamo e cittadino di Brescia. La famiglia Roncalli abitò nella sua nuova residenza fino agli inizi del 1700.
Dopo i Roncalli fu la volta della famiglia Quistini, che acquisì la proprietà del palazzo mantenendola fino al 1850: anno in cui gli eserciti guidati da Napoleone Bonaparte entrarono a Rovato e sottrassero alla famiglia Quistini la proprietà dell’edificio. Quando gli eserciti napoleonici commisero saccheggi d’ogni genere nel territorio rovatese, anche alla proprietà del palazzo toccò la stessa sorte. Essa, infatti, passò per innumerevoli mani, attraverso successioni ereditarie, determinando da subito la divisione netta dell’edificio in due metà. Tale divisione è stata mantenuta fino ad oggi: Palazzo Porcellaga attualmente è di proprietà delle famiglie Mazza e Natali.
E’ stato proprio grazie alla segnalazione della famiglia Mazza che la nostra Crew ha potuto svolgere l’indagine in questo affascinante luogo carico di storia e mistero. I proprietari del palazzo, dopo averci raccontato il passato dell’edificio, ci hanno spiegato le sensazioni anomale che talvolta hanno percepito tra quelle mura: sensazione di non essere da soli nel palazzo vuoto, di essere osservati e la visione di una figura femminile davanti a una finestra.


L’ indagine

La nostra indagine è iniziata nel tardo pomeriggio dopo aver svolto un sopralluogo e aver installato la nostra strumentazione.
Abbiamo posizionato le nostre telecamere di videosorveglianza ad infrarossi in quattro punti nel corpo centrale del palazzo: una nella grande sala del camino, una nella camera al piano superiore (un tempo alloggio della servitù), una in soffitta e una nel maestoso portico coperto da volte a crociera (luogo dove sono state percepite strane sensazioni). In ogni stanza sono state svolte sessioni di EVP e analisi di variazioni del campo elettromagnetico con strumenti di rilevazione EMF.
Successivamente abbiamo proseguito l’indagine in una struttura distaccata dal palazzo, anche questa dalla storia molto suggestiva e misteriosa. Esternamente edificio rustico che ricorda una cantina o una rimessa, internamente ci si sorprende ad ammirare un grande ambiente coperto da volte a crociera sostenute da pilastri in pregiata pietra di Sarnico. Elementi architettonici troppo eleganti per un semplice deposito, che fanno quindi supporre l’attribuzione di funzioni molto più importanti a questa struttura ma ad oggi ancora ignote. Proprio in questo luogo abbiamo riscontrato le anomalie più interessanti della nostra indagine. Mentre cercavamo un contatto con la possibile entità, fuori dall’edificio abbiamo sentito dei rumori di passi sui ciottoli ma una volta usciti a controllare abbiamo appurato che non c’era nessuno nei dintorni.
Una seconda anomalia si è verificata durante una sessione EVP quando alla domanda: “Sei una donna?” il nostro registratore, a pile cariche, si è spento improvvisamente.
Infine l’anomalia più impressionante si è verificata al piano superiore di questa struttura, adibita a soffitta. Qui vi era appesa ad una corda una tegola ed improvvisamente quest’ultima, durante una nostra serie di domande, ha iniziato a girare su sé stessa per poi fermarsi e riprendere il movimento ai successivi inviti. Durante quei momenti non abbiamo percepito nessun rumore anomalo ma ad indagine conclusa, analizzando le registrazioni, abbiamo identificato un interessantissimo EVP che non ha lasciato indifferenti noi membri della Crew. Alla domanda di Stefano: “Sei tu che hai mosso la tegola?” si sente chiaramente una voce, non identificabile con nessuna di nostra conoscenza, rispondere quello che noi abbiamo interpretato come un “Grazie a lei”.

https://soundcloud.com/hesperya/risposta-a-domanda-grazie-a

Ora la sola risposta amplificata ed ottimizzata per un migliore ascolto.

https://soundcloud.com/hesperya/risposta-a-domanda-elaborata

In un posto così affascinante, di sicuro Castello Quistini cela qualcosa di misterioso nella storia tra le sue antiche mura.

Qui di seguito vi proponiamo il video dell’ indagine.


mercoledì 15 febbraio 2017

Scoprire l’eroe che è in ognuno di noi

tratto da L'Opinione del 10 gennaio 2017

di Paolo Ricci


Si intitola “Di che archetipo sei? Libera l’eroe che è in te” il libro di Gabriella d’Albertas e Giuseppe Vercelli (Edizioni Mediterranee), un testo molto interessante che riprende il tema degli archetipi e propone una ricerca di se stessi attraverso l’approfondimento di queste figure che sono dentro ciascuno di noi. Gli autori parlano di dodici figure, gli archetipi, che appunto governano il nostro sviluppo interiore e quindi anche quello che poi si rispecchia nella vita esteriore, nel quotidiano, nei rapporti interpersonali, in famiglia, nel lavoro. Fare la conoscenza di questi archetipi pone su una vera e propria via iniziatica, su un cammino che porterà... Non si sa. O meglio, ciascuno potrà (dovrà) scoprirlo.


La cosa certa è che questo cammino non sarà semplice poiché è soprattutto attraverso e dentro se stessi che avviene. Nosce te ipsum è la via per vivere appieno e cogliere la vita nel suo senso più profondo e autentico. Nel testo si parla di diversi livelli di realtà, come a dire che alcune persone non vivono ma immaginano di vivere, o vivono a metà, o sognano di cambiare qualcosa nella propria esistenza ma non sanno da dove iniziare né come fare.

Questi sono parte dei temi che nel libro vengono trattati attraverso la scoperta degli archetipi. Così l’Innocente, l’Orfano, il Guerriero, l’Angelo custode, il Cercatore, l’Amante, il Distruttore, il Creatore, il Sovrano, il Mago, il Saggio, il Folle, condurranno la ricerca nel mondo, nella vita, nell’anima. “Il viaggio è, infatti, una metafora del percorso interiore di crescita, e chi si limiterà a viaggiare ‘fuori’ non arriverà mai a interiorizzare le lezioni della vita e farle diventare preziosi passi verso l’unica meta che veramente conti: noi stessi”.

Con occhi nuovi, con consapevolezza nuova. Lungo il viaggio ci saranno Draghi da affrontare, prove interne ed esterne che modificheranno (sempre positivamente) l’animo di ciascuno. Questo è il compito dell’Eroe: (ri)trovare il sentiero della vita e percorrerlo in tutta la sua lunghezza, uscire dalla propria Casa (la comfort zone) e diventare ciò che è.

sabato 11 febbraio 2017

SAN VALENTINO E LA FOLGORAZIONE MISTICA

Ovvero Sesso, rituali pagani e Amor Cortese


Ci stiamo avvicinando, ancora una volta, alla Festa degli Innamorati, ovvero San Valentino, tutti lo festeggiano o lo hanno festeggiato ma sappete il perché di tale associazione?
Vi incuriosisce scoprire le antiche origini di una festa che oggi farebbe gridare allo scandalo?
Abbandonate l’immagine da bacio perugina ed addentriamoci tra i meandri falloforici.

L'originale festività religiosa prende il nome dal santo Valentino da Terni, e venne istituita nel 496 da papa Gelasio I. In realtà ancora nulla centra la festa degli “Innamorati” con quella del Santo,  La pratica moderna di celebrazione della festa, sembrerebbe risalire  probabilmente al Basso Medioevo, e potrebbe essere in particolare riconducibile al circolo di Geoffrey Chaucer che, nel Parlamento degli Uccelli associa la ricorrenza al fidanzamento di Riccardo II d'Inghilterra con Anna di Boemia, anche se non tutti gli studiosi sono d’accordo.
Per altri l’associazione tra il Santo e l’Amore è legato ad un episodio che all'epoca suscitò vasto clamore: S. Valentino, secondo la tradizione, fu il primo ministro di Dio a celebrare l'unione fra un pagano e una cristiana. Alcuni studiosi del mondo naturale hanno legato tale festività alla credenza che da metà di febbraio si riscontrino i primi segni di risveglio della natura e nel Medioevo, soprattutto in Francia e Inghilterra, si riteneva che in quella data cominciasse l'accoppiamento degli uccelli e quindi l'evento si prestava a considerare questa la festa degl'innamorati. Direi un accoppiamento un po’ forzato, con gli estremi per un divorzio.
Per gli amanti dell’Oltralpe, in area norrena il periodo era dedicato a Vali, dio arciere figlio di Odino, ed era il periodo  dell'anno per celebrare matrimonio, anche se è un aspetto poco conosciuto all'interno della Tradizione nordica e comunque non particolarmente importante.
Possiamo dire che la festa dell’amore sia una festa di “importazione” il "St. Valentine's day" sullo stile di Halloween?
Parzialmente perché la festa degli “innamorati” si sovrapponeva ad una festività pagana molto nota, i famosi Lupercali.

"Nella Roma antica il giorno precedente i Lupercalia , il 14 Febbraio, era
festa in onore di Giunone, la regina degli dei e delle dee romane nonché
delle donne e del matrimonio.
E' questa tra l'altro una delle origini della festa di S.Valentino, a quel
tempo infatti, le vite dei ragazzi e delle ragazze erano rigidamente
separate e quella festa era un'occasione di incontro per ambo i sessi.
La vigilia della festa di Lupercalia i nomi dei ragazzi romani venivano
scritti su pezzetti di carta e messi dentro dei recipienti. Ogni ragazzo
doveva sorteggiare il nome di una ragazza dal recipiente:la ragazza scelta
sarebbe stata così sua partner per tutta la durata della festa."

Così  raccontano alcuni studiosi novecenteschi. In realtà davvero i Lupercali erano una festività importantissima per Roma in quanto rimandava alle stesse origini della città. Ovidio faceva risalire la tradizione della festa alle antiche celebrazioni dedicate a Priapo, Il dio,  spesso rappresentato con un volto umano e le orecchie di una capra, tiene in mano un bastone usato per spaventare gli uccelli, la falce per potare gli alberi e sulla testa foglie d’alloro.
Per altri la festività era in onore del dio Lupesco protettore delle greggi e degli armenti, spesso confuso con Pan
Secondo la mitologia il Dio nacque dall'unione di Ermes con Driope, la ninfa della quercia. La leggenda vuole che il dio stesse portando al pascolo delle pecore in Arcadia vide la fanciulla e subito se ne innamorò, dall’incontro nacque un bimbo metà uomo e metà capra.
La divinità era spesso rappresentato in forma fallica o addirittura dotato di un doppio fallo, simbolo proprio della sua natura feconda, aspetto per il quale era anche rappresentato da un pilastrino verticale con sopra scolpita la sua testa e il suo fallo eretto, simbolo appunto della fecondazione.
In quei giorni era dunque costume, in onore al Dio, scannare le capre e utilizzarne le pelli per vestire i lucerci, sacerdoti che staffilavano le donne contente di essere percosse perché convinte che quel rituale avrebbe facilitato la loro gravidanza e il parto.
I rituali, basati spesso su riti orgiastici con sacrifici animali erano stati a loro volta ereditati dai romani dalle popolazioni autoctone che vedevano nell’animale una divinità.
E’ già in questa festa che vediamo la germinazione del Carnevale, ovvero del “Camuffamento” del sacerdote che, avvolto in pelli d’animale, personificava il dio. La maschera indossata dal sacerdote/demonio era incarnazione di un personaggio mitico, un antenato, un animale totemico, un dio, e aveva la capacità di trasumanare l’uomo che la indossava. Le donne e le sacerdotesse, nella loro unione con il dio-sacerdote durante i rituali di fertilità, credevano così di esserne rese feconde.
I rituali di fertilità, il concetto di accoppiamento sacro, metafora del ciclo naturale,  ove l’uomo e la donna, si sostituiscono alle divinità e per loro intercessione perpetuano il mistero della nascita, e successivamente le falloforie, sono così archetipo del sabba.
Culti simili sono presenti in molte altre aree di Italia e d’Europa. Il Mannhardt, per esempio, ne descrive moltissimi relativi il “battere” gli alberi o le piante in primavera o a fine inverno per cacciare gli spiriti maligni e ostili alla rinascita vegetazionale.
Insomma, scopriamo che San Valentino che oggi festeggiamo era una gran festa del sesso.
Successivamente i Lupercali assunsero il carattere di una festa di purificazione, all'inizio, del gregge, e poi della città, senza però perdere il ricordo di base.
Uomini vestiti con le pelli degli animali sacrificati, percuotevano le donne che incontravano con lo scopo propiziatorio di trovare presto marito o per ottener una numerosa prole. Le frustate dei Luperci, divenuti anche uomini-capri non sono state dimenticate, così Carlo Levi nel suo Cristo si è fermato a Eboli, parla dell’usanza del battere e percuotere le donne con le verghe per assicurare loro la fecondità.

“Vidi sbucare dal fondo tre fantasmi vestiti di bianco in mano portavano pelli di pecora secche e arrotolate come bastoni, e le brandivano minacciose, e battevano con esse sulla schiena e sul capo di tutti quelli che non si scansavano in tempo”.

Se però questa visione poco poetica della festa vi ha creato problemi, rimediamo subito con un po’ di “Amor Cortese”…


Il Colpo di Fulmine e il “Celtismo” Irlandese


Nel linguaggio moderno spesso si parla di “colpo di fulmine” ad indicare l’oramai famoso amore a prima vista. I media e i giornali ci han mostrato tutte le innumerevoli sfaccettature di questo termine nascondendoci pero’ la vera essenza che si nasconde in esso, a meta’ strada tra amore e magia e che affonda le sue radici in miti e leggende che ci riportano ad indomiti guerrieri ma anche a splendidi e dolci amanti.
Da sempre infatti amore e guerra sono andate di pari passo, in passato un re impotente o comunque che non poteva generare figli non poteva governare un paese, e gli stessi cavalieri e paladini erano screditati se avessero rifiutato di  giacere nel letto di una fanciulla che glielo avesse chiesto. Ancora oggi questo legame tra guerra e amore è ricordato in molti detti popolari come il comunissimo “in amore ed in guerra tutto è  permesso”.
L’energia “amorosa”, generata da una donna, può rendere l’uomo invincibile e da qui la tradizione di una antichissima tecnica di combattimento chiamata appunto “Colpo di fulmine”.
Un interessante episodio da narrare in tal senso è quello di Cuchulainn, il mitico eroe d’Irlanda, il leggendario sovrano si trova dalla sua maga-iniziatrice Scatach quando una notte, la figlia della sacerdotessa, Uatach, innamorata dell’eroe decide di sedurlo andando a riposare nuda nello stesso letto. L’eroe infastidito all’inizio rifiuta la proposta ma ecco che la fanciulla , in cambio di una semplice notte d’amore promette al re di spiegare come ottenere dalla madre una terribile tecnica di combattimento che lo avrebbe reso invincibile.
Ancora una volta, dunque, è attraverso la donna che l’uomo diventa imbattibile e infatti solo dopo aver giaciuto con Uatach e poi successivamente con la stessa sacerdotessa Scatach che Cuchulainn ottiene il segreto della micidiale Scarica di Fulmine che lo renderà famoso in battaglia.
L’esempio del mitico re irlandese non è l’unico, questa strana tecnica di combattimento era conosciuta anche da Lug , Batraz e molte altre divinità celtiche che , a loro volta , l’avevano sempre appresa da una donna. Ricordi di questa magica arma fisico-spirituale li ritroviamo successivamente nella Materia di Bretagna, e in particolare in una delle prime versioni del “Lanzelot en Prose”, la storia di uno dei più famosi paladini della tavola rotonda, appunto Sir Lancellotto.
Anche il paladino arturiano è da sempre circondato da donne-maghe , da Viviana a Morgana, esseri fatati che gli insegnano l’arte della guerra, ma solo una donna speciale potrà rendere l’eroe invincibile e tutto nascerà da uno “sguardo” o come oggi lo definiremmo da un “colpo di fulmine”.


“…Colpito al suo arrivo dalla sua beltà, lei gli sembra incomparabile più splendida da vicino, ed egli le  appare più alto e più forte. La regina prega Dio di far di lui un valoroso per la pienezza della bellezza di cui lo ha favorito…”

Questi versi del “Lanzelot en prose” descrivono perfettamente  il colpo di fulmine dopo il quale il paladino diventa il cavaliere più forte del regno, ed e’ ancora una volta l’amor fulmineo a trasformarsi in arma e “folgore divina”.
Solo chi conosce la “donna” può così esser un grande eroe, solo chi conosce l’ “amore” può diventare invincibile come può essere letto tra le righe  di tutta la mitologia celtica alla quale la materia di Bretagna si rifa’, e cosi’ il figlio indomito di Cuchulainn, non conoscendo l’amore viene ucciso in battaglia dal proprio padre che, non riconoscendolo, lo sconfigge proprio con la tecnica del colpo di fulmine,  stessa sorte toccherà a Galaad, figlio di Lancillotto. Infatti il cavaliere dal cuore puro e designato per l’arduo compito della cerca del Graal potrà portare a termine a differenza del padre proprio perché pudico, ma in realtà sarà proprio questa sua mancanza d’ “amore” a decretare la sua fine , infatti perira’ fulminato dalla luce stessa della mistica coppa d’Amore!
Colui che non conosce la “scarica di fulmine” non potrà essere invincibile e nessun cavaliere potrà mai conoscerla  senza la propria donna, il tramite d’amore che permette il raggiungimento della mistica folgorazione il cui ricordo, ancora oggi, si conserva nella tipica espressione “colpo di fulmine”.

martedì 7 febbraio 2017

“IL CASTELLO DI WEWELSBURG E I SUOI MISTERI”

Sabato 11 Febbraio 2017 e.v. alle ore 21,15 presso i locali del Centro Studi e Ricerche C.T.A. 102 - Via Don Minzoni 39, Bellinzago Novarese (NO) - nell’ambito delle serate dedicate a “Misteri Antichi e Modernii”, la nostra Associazione ha il piacere di invitarvi ad un imperdibile appuntamento in compagnia di STEFANO MASELLA che parlerà sul tema:

“IL CASTELLO DI WEWELSBURG E I SUOI MISTERI”



Situato nella località di Büren nella Renania Settentrionale-Vestfalia (Germania), il castello di Wewelsburg avrebbe dovuto divenire un vero e proprio tempio del nazismo, un luogo che avrebbe dovuto custodire i segreti dell’Ordine Nero delle SS. Costruito fra il 1603 e.v. e 1609 e.v. dal vescovo-principe di Paderborn Dietrich von Fürstenberg sulla collina del villaggio di Wewelsburg, il castello passo' di mano in mano finche' Himler lo aquisto' per farne la sede permanente delle guardie del Fuhrer, una sorta di ombelico del mondo col compito di far risorgere la razza ariana, purificata del contatto con gli uomini inferiori. Uno dei motivi della scelta di questo castello era la sua forma a punta di freccia, particolare che richiamava la potenza della lancia di Longino, orientata per giunta verso nord, punto di riferimento della Thule e dell'antica religiosita' celtica e pagana. Il luogo ideale, quindi, per scatenare quelle forze occulte che, al pari della potenza militare, avrebbero nella mente di Himmler, reso possibile il progetto del nazismo. All'interno di stanze predestinate si svolgevano riti di particolare potenza. Secondo certi resoconti qui si studiavano pratiche per il controllo della volonta' a distanza, di medianita', di energie scatenate per aiutare il Fuhrer nella sua sanguinosa scalata al potere. Ma poteva realmente tutto questo avere un'influenza concreta nella vita politica e militare di una e piu' nazioni? Al piano terra del castello c'era la Gruppenfuhrersaal, una stanza circolare con 12 colonne ed al centro una ruota solare con 12 raggi a forma di runa, il carattere Sieg, cioe' vittoria, le stesse che si ritrovano nel simbolo delle SS e nello Swastika. Era la sala dedicata al vertice delle SS, 12 eletti che avevano compiti non solo militari ma anche esoterici.
Himmler riteneva che il nazismo necessitasse della presenza di un Ordine d’uomini pronti a difendere il regime e la nazione, e non solo sul piano militare, ma anche su quello mistico e spirituale. Perciò egli si adoperò in questo senso, desiderava fortemente la formazione di quelli che lui definì i “Cavalieri del Reich". Le SS dovevano essere perciò i nuovi super uomini concepiti della religione del sangue, il cui compito era mantenere l’equilibrio del nazismo, e preservarlo dai pericoli. Una specie di nuova aristocrazia tedesca, un’élite di guerrieri, la cui forza era essenziale non solo per la loro sopravvivenza, ma anche per quella della razza ariana. Di conseguenza Himmler pensò di organizzare le SS sulla base dell’ordinamento dei cavalieri teutonici.
Ciò fu appurabile con chiarezza durante il conflitto mondiale, quando le terre conquistate ad est della Germania furono divise secondo un criterio feudale, tra gli Ufficiali delle SS. Nello stesso numero di ufficiali della SS che dovevano sedere nella Gruppenfuhrersaal era insito di un significato mitico. Essi erano, infatti, dodici, come dodici erano i sommi cavalieri di Re Artù, che si riunivano attorno alla sua tavola.
Di tutto questo, e molto altro ancora, si parlerà in questa intrigante conferenza a cui siete tutti invitati!
Da quanto avrete intuito, si tratta di una serata da non perdere assolutamente! Vi aspettiamo, come sempre, numerosi!
La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando il numero 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it
Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.
Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.

sabato 4 febbraio 2017

Santo Sepolcro, gli strani ​episodi "paranormali"

tratto da "Il Giornale" del 21 novembre 2016

Lo scorso 26 ottobre scorso un team di ricercatori dell'Università Nazionale Tecnica di Atene ha ripaerto il Santo Sepolcro: ecco cosa è stato scoperto

di Franco Grilli

Lo scorso 26 ottobre scorso un team di ricercatori dell'Università Nazionale Tecnica di Atene ha ripaerto il Santo Sepolcro. Una mossa per capire se la lastra pogiata sulla tomba sia quella di cui si parla nelle Sacre Scritture. E di questa apertura ne ha parlato il sito Aleteia che parla di alcuni eventi paranormali. Tra questi si sottolinea l'emanazione di un dolce aroma che "ricordava le manifestazioni olfattive associate a certi santi". Inoltre, il sito Aleteia spiega che alcuni strumenti di misurazione usati dai tecnici sarebbero stati alterati da alcune perturbazioni elettromagnetiche. Infatti nel momento in cui gli strumenti venivano posizionati sulla lastra smettevano di funzionare o addirittura funzionavano in modo irregolare. L'archeologo Fredrik Hiebert, della National Geographic Society, ha detto: “Quello che abbiamo riscontrato è sorprendente”. Non esistono però al momento altre prove. Ma questi fenomeni sono stati riscontrati anche nel caso della Sacra Sindone. "La mia preparazione scientifica mi ha permesso di fare delle ipotesi sulla possibilità che l’immagine fosse dovuta ad un’esplosione di energia. E questa ipotesi è stata verificata in laboratorio con l’uso di sorgenti laser molto particolari”, aveva affermato, come ricorda il Fatto, Giuseppe Baldacchini, uno dei più importanti fisici che hanno lavorato sulla Sindone. Insomma il mistero e il paranormale continuerà ad incuriosire i fedeli e il luogo simbolo della morte di Cristo, il Santo Sepolcro, potrebbe "narrare" altri episodi che la scienza diffcilmente potrà spiegare.