mercoledì 14 novembre 2012

Se la cultura fa squadra e... compasso

tratto da Il Giornale di Gio, 12/07/2012

di Daniele Abbiati

 «Pierre, col cuore sospeso, con gli occhi sfavillanti, guardava in viso il massone, lo ascoltava senza interromperlo, senza interrogarlo, e con tutta l'anima credeva a ciò che gli diceva quell'estraneo. Credesse alle argomentazioni contenute nel discorso del massone o credesse, come credono i fanciulli, alle intonazioni, alla persuasione, al fervore che erano in quelle parole, al tremito della voce che a volte quasi impediva al massone di parlare, o a quei luminosi occhi di vecchio, invecchiati in quella convinzione, o a quella calma, a quella fermezza, a quella coscienza della sua missione che splendevano in tutta la persona di lui e che lo colpivano tanto più fortemente a paragone del proprio avvilimento e della propria disperazione, certo è che con tutta l'anima egli desiderava di credere, e credeva, e provava un lieto senso di tranquillità, di rinnovamento, di ritorno alla vita».Il cuore del leone Lev Tolstoj s'intenerisce, come sempre, quando si tratta di entrare nel cuore degli altri per scriverli dal di dentro. Il cuore di Pierre Bezuchov è terreno fertile, sia per il vecchio massone (fra i camei più preziosi di Guerra e pace), sia per lo scrittore. Intelligente ma ingenuo, ingenuo ma intelligente, fuori luogo nell'alta società eppure affascinante per i dubbi che lo tormentano, Pierre si dà all'iniziazione come un prigioniero che si arrende dopo la guerra e cerca la sua pace interiore. È il prototipo dell'affiliato, il sommerso salvato e insieme il salvato sommerso: mare concentrato nella goccia e goccia tuffata nel mare della religione laica.Lo stesso mare e le stesse gocce annaffiano gran parte della letteratura italiana del '900, come spiegava qualche anno fa Paolo Mariani nel saggio La penna e il compasso (Il Cerchio). Due i casi più eclatanti. Giovanni Pascoli il 22 settembre 1882 entrò nella loggia «Rizzoli» di Bologna, e il suo testamento massonico autografo, rinvenuto nel 2002 dallo storico Gian Luigi Ruggio, fu acquistato dal Grande Oriente d'Italia nel giugno 2006 a un'asta di manoscritti. Mentre vent'anni prima del «Fanciullino», dopo la «Giornata dell'Aspromonte», un altro «leone», a suo modo tolstojano, Giosue Carducci, divenne «fratello» (proprio la poesia Dopo Aspromonte ne è la certificazione). Nel 1862 Guerra e pace era ancora «in lavorazione», come l'Italia di Carducci e di Pascoli. E per mettersi all'opra molti indossarono i «grembiulini».

domenica 11 novembre 2012

Delle veloci considerazioni sul Signore degli Anelli

di Vito Foschi

I vari personaggi della Compagnia fanno parte di varie specie: elfi, uomini, hobbit, nani. Gli Hobbit, chiamati mezzi uomini sembrano rappresentare la parte infantile dell'uomo e vivono in un stato di tranquillità preoccupandosi delle piccole cose come il cibo. Come arma hanno un pugnale che rappresenta quasi un temperino da ragazzini.
Il nano rappresenta la parte più materiale dell'uomo. Vive sotto terra, è basso, brutto, ma robusto e usa l'ascia come arma che è un'arma molto primitiva una delle prime ad essere creata dall'uomo.
Gli elfi rappresentano la parte spirituale dell'uomo. Sono immortali, sono belli, usano l'arco che è un'arma che rimanda al cielo: la freccia vola. Infatti nell'oroscopo il segno del sagittario ha questa aspirazione spirituale rappresentato dall'arco anche se ha l'ambivalenza di avere le gambe ben piantate a terra.
L'uomo dovrebbe avere in sé tutti questi aspetti, unire la forza del nano, la spiritualità degli elfi e lo sguardo semplice degli hobbit.