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sabato 26 ottobre 2019

Sindone, nuovi studi ne mettono in discussione la datazione

tratto da Il Giornale del 22/5/2019

Nuovi studi eseguiti sulla Sindone ne mettono in discussione l’origine medievale, finora generalmente accettata dai ricercatori. I dati pubblicati su Nature nel 1988, dunque, non sarebbero più affidabili

di Francesca Rossi

La Sindone rimane uno dei misteri storici, archeologici e religiosi che ancora non siamo stati in grado di risolvere.


La conclusione dell’analisi radiocarbonica effettuata nel 1988 e pubblicata su Nature faceva risalire l’origine del telo al Medioevo, datandolo a un arco di tempo compreso tra il 1260 e il 1390 d.C. Fino a oggi questo risultato, in pratica una confutazione dell’autenticità della Sindone, è stato generalmente ritenuto valido. Nuove analisi, però, potrebbero cambiare definitivamente le nostre (poche) certezze sul telo in cui si ritiene sia stato avvolto il corpo di Gesù dopo la morte. Come riporta il quotidiano La Repubblica, il prossimo 23 maggio si terrà un incontro multidisciplinare tra studiosi della Sindone nell’aula magna del palazzo centrale dell’Università di Catania.

In quest’occasione sindonologi, statistici e data analyst si confronteranno sui risultati di nuovi studi effettuati su dati ufficiali e dati grezzi (ovvero pubblicati su una rivista scientifica per la prima volta) che dimostrerebbero l’inaffidabilità della tesi del 1988. Benedetto Torrisi, statistico dell’Università di Catania, ha affermato: “La nostra analisi prova che non c’è evidenza definitiva che la Sindone sia medievale”. In effetti, nel corso degli anni, molti dubbi avevano incrinato le teorie ufficiali in merito alla datazione del telo.

Dal 1988 fino a oggi gli studiosi hanno continuato a cercare, a studiare, mettendo in discussione più volte ciò che sembrava un risultato assoluto. Come sottolinea La Repubblica, tutta la questione dell’origine della Sindone ruotava attorno all’impossibilità di esaminare i dati grezzi fino a ora secretati. I ricercatori dell’Università di Catania, però, sono riusciti a ottenerli e a studiarli, giungendo a un risultato inaspettato. A proposito di queste nuove analisi Torrisi spiega: “Aver ottenuto i dati grezzi ha permesso di formulare diverse considerazioni: i laboratori hanno prodotto risultati differenti, non riconducibili allo stesso fenomeno. Qualcosa è andato storto durante il processo di datazione, probabilmente poiché i campioni testati non erano omogenei”.

Vatican News riporta anche il passaggio del discorso in cui Torrisi spiega in che modo i dati grezzi potrebbero rivoluzionare le nostre conoscenze sulla Sindone. Lo studioso, infatti, dichiara che da essi “sono emersi riscontri statistici maggiori rispetto a quelli del 1988. Poi, analizzandoli bene, siamo riusciti a raggiungere nuove conclusioni da offrire alla comunità scientifica mondiale”. Nature, infatti, pubblicò quattro risultati campionati ma, come sottolinea Torrisi, “nella realtà di valori di campionatura ne abbiamo trovati più di sedici”. La teoria di cui si discuterà il 23 maggio è stata pubblicata sulla rivista scientifica Archaeometry, edita per conto dell’Oxford Research Laboratory for Archaeology and the History of Art. Dunque il metodo di campionamento del 1988 sarebbe errato e i risultati pubblicati su Nature tutti da rivedere. Siamo davvero di fronte alla più importante reliquia della Cristianità? È presto anche solo per ipotizzarlo, ma da oggi tutte le possibilità sono di nuovo in gioco.

domenica 27 maggio 2018

Torino Misteriosa

di Andrea Romanazzi

Questo dossier ha lo scopo di argomentare su quella che a giusta ragione può essere considerata, utilizzando le parole di De Chirico, “la città più profonda, la più enigmatica, la più inquietante non solo d’ Italia, ma di tutto il mondo.” Stiamo parlando della città dei “quattro fiumi”, il Po, la Dora, la Stura e il Sangone: Torino, da sempre meta di maghi, guaritori, profeti ed alchimisti come Paracelso, Nostradamus, Cagliostro e Gustavo Rol, solo per citarne alcuni. Nelle leggende metropolitane è indicata come terzo vertice di due triangoli magici, uno “bianco”, insieme alle città di Lione e Praga, ed uno “oscuro” legato a San Francisco e Londra. Cosa c’è di vero in tutto questo? Tralasciando gli enigmi più noti su cui sono state scritte migliaia di pagine, ecco un dossier per scovare i più curiosi misteri del capoluogo sabaudo. Iniziamo il nostro viaggio. La vocazione magica torinese viene riscoperta tra il 1700 e il 1800 ma è davvero molto antica. I primi misteri sono proprio associati al mito della fondazione. Furono i Taurini, un gruppo celto-ligure a fondare, attorno al III secolo a.C. , la città chiamata a quel tempo Thaurisia, Thauriscia o Taurasia. In realtà l’etimologia, che ricorda il toro, deriverebbe invece da “thor” che, nelle lingue celtiche significa "collina", e dunque “città dei monti”. Nel 29 a.C. la città divenne poi un castrum romano con il nome di Augusta Julia Taurinorum. In latino, taurus significa toro, da qui poi l’errata traduzione.
Esistono però miti di fondazione molto più misteriosi. La tradizione narra infatti che nel 1529 a.C. il principe egiziano Fetonte, per altri noto come Eridano, insieme al figlio Ligurio, partì dall’Egitto verso l’Italia per creare un nuovo regno. In realtà questa ipotesi, per quanto possa apparire improbabile, ha un fondamento storico-bibliografico, seppure tardo, infatti nel trattato ,"Historia di Torino" del 1679, l’autore, Emanuele Tesauro, Gesuita piemontese e precettore sabaudo, narra come il capoluogo piemontese sarebbe stato fondato appunto da Eridano, fuggito dalla sua patria a causa di divergenze con i sacerdoti detentori del potere. Dopo aver costeggiato il Tirreno sarebbe così sbarcato in Liguria, terra il cui nome deriverebbe appunto dal figlio di Eridano, Ligurio, e da qui sarebbe giunto fino all’attuale sito di Torino il cui fiume, chiamato poi appunto Eridano, e solo successivamente divenuto Po, dal termine celtico Padus, ricordava il più maestoso Nilo. Nasceva così il borgo “del Toro”, ovvero dedicato al culto del dio Api e della dea Hator dalla forma taurina.
“…Eridano, principe egizio, avido di gloria e di nuovi imperi costeggiò tutta la spiaggia del mar Tirreno, conquistando tutto il tratto de Marittimi Gioghi dalla Marca al Varo, chiamollo dal nome del suo figliolo, Liguria alpestre…sopra la sponda del Po fondò questa colonia, fra le altre singolarmente honorata. Prendendo spunto dal suo Api, adorato in Egitto per patrio nome sotto sembianze del Toro, dal nome stesso le diede le insegne e il nome…”  (Della Historia dell’Augusta città di Torino)
 Il mito di Eridano non è però l’unico che collega la città all’Egitto. Vari documenti di epoca romana confermano la presenza nella città di culti isidei ed osiridei. Da allora il legame con l’Egitto non si sarebbe più spezzato,  ed infatti oggi la città ospita il più grande Museo egizio al mondo dopo quello del Cairo (Fig.1). Tornando al mito di fondazione, un’altra leggenda vuole la città fondata da Fetonte. Il mito di Fetonte è vago e un po’ confuso. Per alcuni sarebbe lo stesso Eridano,  per altri studiosi, riferendosi alla mitologia greca, Fetonte sarebbe invece figlio di Apollo, dio del Sole, e della ninfa Climene. Preso in giro per la sua presunta discendenza, per dimostrare ad Epafo che Apollo fosse veramente suo padre, lo pregò di lasciargli guidare il carro del Sole; ma, a causa della sua inesperienza, perdette il controllo del cocchio che trasportava il Sole e Zeus, per evitare che l’intera terra bruciasse,  scagliò  un  fulmine contro di lui, che così precipitò  alle foci del fiume Eridano. Secondo alcuni studiosi, anche se ovviamente si tratta di una leggenda urbana, il punto preciso ove cadde Fetonte è sito nel parco del Valentino, proprio dove oggi si trova la Fontana  dei Mesi.
"Hic situs est Phaethon, currus auriga paterni, quem si non tenuit, magnim tamen excidit ausis" "Qui giace Fetonte, auriga del cocchio di suo padre; e anche se non seppe guidarlo, egli cadde tuttavia tentando una grande impresa"

Torino tra Eretici e Streghe….

Celti o egizi dunque, e poi romani, senza dimenticare il passaggio di Carlo Magno, re Lotario, nonchè Ponzio Pilato che, si dice, abbia dimorato nelle Torri Palatine. Con simili origini e trascorsi  Torino non poteva non essere un luogo magico e mistico, ma anche stregonesco ed eretico come dimostra la costante ed abbondante presenza di Catari e Valdesi. Chieri, ad esempio, città a pochi chilometri da Torino fu un importante feudo cataro. In realtà, almeno agli inizi dell’anno Mille non c’era grande distinzione tra stregoneria ed eresia. Rodolfo il Glabro scriveva, riferendosi agli eretici,  “…Essi si adunano certi notti in una casa designata, ognuno con una lampada in mano, e cantano sotto forma di litania i nomi del diavolo, fino a che improvvisamente vedono scendere il demonio stesso in mezzo a loro sotto forma di una bestia. Subito spengono tutti i lumi e si abbandonano a un’orgia. Ciascuno afferra la donna che gli capita e ne abusa, senza badare se si tratta di sua madre, sua sorella o una religiosa. Il figlio di questa orgia, l’ottavo giorno successivo la sua nascita, viene bruciato su un gran fuoco e le ceneri raccolte e conservate con la stessa devozione che i cristiani portano al corpo di Cristo…”. Appare evidente come la accuse di stregoneria e di eresia si interscambino immagini e credenze. La stregoneria dunque si inizia a mescolare così all’eresia e le Masche, nome locale per indicare le streghe, in realtà curandere o seguaci dell’Antica religione Pagana, furono trasformate in eretiche ed amanti del demonio.
Terra di streghe dunque, o meglio come già detto di masche! Il termine sarebbe per alcuni di origine spagnola ed in particolare derivante da mascar, cioè masticare. Secondo altri studi invece deriverebbe da  "anima di morto",  e quindi legato alla tradizione della caccia selvaggia diffusissima su tutto il territorio alpino,  oppure potrebbe derivare da un geograficamente lontano termine arabo, masakha, cioè “trasformare in animale”. Secondo noi in realtà il termine ripropone ancora una volta il legame di strega-maschera, il travestimento rituale che comporta la trasumanazione nel sabba, il momento in cui avveniva il conciliabolo stregonesco. Volendo elencare solo i luoghi del sabba più vicini a Torino, la cerimonia pagana si svolgeva nella valle Anzasca, ove  le streghe si radunavano  sotto le sembianze di mosconi, insetto forse scelto per la sua assonanza fonetica con il termine masca, o era tenuto presso il Roc Neir nelle valli di Lanzo. A Carignano in passato esisteva  un ponticello detto  “delle masche”  come testimonia il Bona Gian Piero in Pic-nic col diavolo “…A Carignano, dove nacqui, vi è una passerella di pietre in rovina che congiunge le sponde d’erbe putrefatte del Po…”; mentre a Cortevicio si trova una rocca chiamata “ballo delle streghe”, luogo di riunione delle masche di Chieri.
Per tamponare la crescita esponenziale della stregoneria, ma in realtà dei moti valdesi, catari e più ingenerale eretici provenienti da oltralpe, a Torino e in tutto il Piemonte prese piede l’Inquisizione. Nel 1257 si stabilisce definitivamente nella Chiesa di San Domenico  in via Bellezia (Fig.2). La Chiesa divenne così sede del Tribunale e delle carceri mentre le pubbliche esecuzioni e i roghi erano invece tenuti nell’attuale Piazza Castello (Fig.3). La memoria dei fuochi in realtà è rimasta, anche se con scopi molto differenti. Ogni 23 Giugno viene acceso nella Piazza un enorme falò per festeggiare il Solstizio di Estate ed ottenere pronostici. Se infatti la pira consumata cade verso Porta Nuova i successivi dodici mesi saranno propizi ed abbondanti per la città e i suoi abitanti. Ai piedi della Torre inoltre, tra via Milano e via Corte d’Appello, c’era una pietra chiamata il masso dei falliti. Qui venivano portati i debitori insolventi che, dopo un breve processo, si facevano sbattere più volte con il sedere nudo su questa pietra con lo scopo di affliggergli un dolore che avrebbe simulato il loro “crack” finanziario. Tornando ai processi, in realtà l’Inquisizione torinese non fu tra le più rigide. Comunque si contano almeno 80 condanne capitali. Per rimanere a Torino,  troviamo, ad esempio, nel 1388 quella di Antonio Galosna, eretico chierese, che, sottoposto a torture confessò, di aver partecipato più volte a sabba demoniaci. Un altro interessante processo fu quello svoltosi a Torino contro una strega locale nota come Bilia la Castagna, addirittura considerata lei stessa “Erodiade”. A tutti quelli che volevano partecipare al sabba “…offriva una bevanda, quando sedea alla mensa, era un liquido ripugnante, e se qualcuno ne bevea molto gli veniva aria dai visceri, tanto che uno di loro ne rimase quasi morto…si dicea che Bilia tenesse sotto il letto un grande rospo nutrito con carne, pane e formaggio…interrogato su quali fossero gli ingredienti di quella bevanda rispose che sia fatta con sterco del rospo e che la donna fu accusata perchè bruciava peli inguinali e capelli suoi presi dal pettine”. Solo nel gennaio del 1799 tutti i tribunali dell’Inquisizione del Piemonte vennero aboliti da un decreto sabaudo.

….Alchimisti, Magnetizzatori e Spiritisti

Con il passare del tempo Torino muta la sua immagine, da città eretica e demoniaca, diviene ben presto una Torino “iniziatica”, visti i numerosi maghi ed alchimisti avvicendatisi tra le sue mura. Si narra che questi fossero alla ricerca della famosa grotta alchemica che la tradizione vuole essere stata realizzata da Carlo Emanuele I, re e alchimista, nel sottosuolo della città. Per alcuni sarebbe posizionata proprio sotto l’ingresso di Palazzo Reale, ovvero sotto le statue dei due Dioscuri, Castore e Polluce (Fig.4). Secondo alcune leggende metropolitane questo sarebbe il cuore bianco della città, tanto è vero che può capitare di vedere dei turisti fermi tra le due statue proprio con lo scopo di ricaricarsi di energie positive. Per altri la grotta alchemica sarebbe posizionata nel sottosuolo tra piazza Castello e i Giardini Reali. Dal cuore bianco a quello nero, ovvero Piazza Statuto.  Ecco che il viaggiatore che raggiunge tale luogo viene subito colpito dall’imponenza della fontana angelica. Come ogni costruzione di Torino anche questa ha il suo significato esoterico. Le due statue, raffiguranti l’Inverno e l’Autunno rappresenterebbero invece i guardiani delle colonne d’Ercole, Boaz e Iachin, rappresentanti, rispettivamente, l’ignoranza e la conoscenza. In realtà il vero cuore nero, per alcuni uno degli ingressi per l’Inferno, sarebbe posizionato sotto la statua commemorativa per l’apertura del Frejus, sormontato dal “genio della scienza” che, nelle leggende popolari si è trasformato in Lucifero. Quasi di fronte a tale scultura si trova poi un piccolo giardino con al centro un obelisco da cui passerebbe precisamente il 45° parallelo.
Magia Bianca e Nera dunque, ma soprattutto molti, moltissimi maghi. Uno dei primi a far visita a Torino è Nostradamus, al secolo Michel de Nostredame o Miquèl de Nostradama astrologo, medico, noto più che altro per il suo famosissimo testo  Le Profezie, ovvero Centuries et prophéties (1555), le famose quartine in rima che, in maniera criptica, conterrebbero le vicende del mondo. Ebbene nel 1556 Nostradamus abitò a Torino. Il noto mago ed astrologo francese, secondo la leggenda, venne convocato nella città sabauda per curare la sterilità della duchessa Margherita di Valois, moglie del duca Emanuele Filiberto. La donna, grazie all’utilizzo di un non meglio identificato “olio virile” di origine islamica, riuscì a dare alla luce Carlo Emanuele. Il luogo dell’abitazione, in realtà oggi abbattuta, si troverebbe in via Lessona 68, indirizzo di Villa Morozzo. Qui, murato, in ricordo dell’evento, troviamo una curiosa targa che riporta la seguente scrittura:

l556
NOSTRE DAMVS ALOGE ICI
ON IL HA LE PARADIS LENFER
LE PVRGATOIRE IE MA PELLE
LA VICTOIRE QVI MHONORE
AVRALA GLOIRE QVI ME
MEPRISE OVRA LA
RVINE HNTIERE

Ovvero

Nostradamus alloggia qui
dov’è il Paradiso, l’Inferno, il Purgatorio
Io mi chiamo la Vittoria
chi mi onora avrà la gloria
chi mi disprezza avrà la completa rovina.



Nostradamus è però il primo di una lunga serie di maghi che frequentarono la città. Tra il 1760 e il 1769 si aggirò per Torino l’alchimista Giacomo Casanova che nei suoi diari scriveva  “fra le città d’Italia, Torino è quella nella quale il bel sesso ha tutti i fascini che l’amore gli può desiderare, ma la polizia qui è più fastidiosa che altrove.” Si narra che tra le tante donne da lui conosciute ci furono anche delle streghe, le famose masche di Rivara che gli rivelarono la composizione di alcuni elisir d’amore. Nel 1788 fu Cagliostro a giungere a Torino dove svolse attività di taumaturgo e massone. Da Cagliostro a Mesmer il passo è breve. Massone, studioso di esoterismo e degli scritti di Paracelso, nonché maestro di Giuseppe Balsamo, meglio noto appunto come Cagliostro che nel 1785 prenderà proprio il posto di Mesmer come guaritore di corte, sosteneva che il funzionamento dell'organismo umano fosse garantito da un flusso energetico  e che le malattie e disfunzioni sarebbero perciò dovute a blocchi o difficoltà di scorrimento di questo flusso che secondo le sue teorie doveva essere in armonia con quello universale. Nasce così il Magnetismo Animale ovvero l’Arte di accumulare e concentrare un fluido energetico per poterlo poi trasmettere a cose o persone al fine di arrivare ad una guarigione del disequilibrio energetico che si può in essi generare. Non è questa la sede per approfondire il tema del magnetismo animale, mi interessa più che altro approfondire la sua presenza e diffusione a Torino. Il magnetismo in Italia si sviluppa essenzialmente in due direzioni, l’una spettacolare, nei teatri, come il Teatro Scribe di Torino, l’altra terapeutica, nei gabinetti dei singoli magnetizzatori. Non è facile in realtà distinguere perfettamente tra le due tipologie dato che si mischiavano e fondevano l’una nell’altra. Magnetizzatori e sonnambule erano diffusissimi in via Roma, in via XX Settembre e in via Po, dove troviamo, ad esempio, lo studio di Giuseppe Bertinucci il cui “gabinetto” si trovava proprio ad angolo via Rossini. Era invece al Teatro Scribe, nella odierna via Verdi angolo Montebello, noto come Teatro di Torino che si esibivano i più importanti magnetizzatori come Francesco Guidi.  Molti sarebbero i nomi da citare, in questa sede ci vogliamo soffermare su un curioso personaggio, Vans Clapiè, mercante di stoffe provenienti da Oriente ma che si occupava però anche di magnetismo, molto in voga, appunto, a Torino in quel periodo. Vans Clapiè abitava al terzo piano in Via dei Mercati, al numero 9, in quella che oggi è conosciuta come “Casa del Romagnano”, o “Casa del mago”. Si narra che nel 1854 Vans avesse predetto lo sbarco dei Mille, nonché l’ora e il giorno esatto della morte di Cavour. In realtà prediceva quasi sempre eventi tragici e sgradevoli. Annunciò ad esempio la caduta di un balcone in via Dora Grossa (adesso via Garibaldi). Il crollo avvenne davvero e per poco un venditore ambulante non ci rimise la vita. La colpa fu data proprio a Vans Clapié, che, secondo l’uomo, gli aveva fatto il malocchio. Come ogni “Cassandra” la preveggenza non gli portò bene. Il 16 ottobre del 1875 all'angolo di via Pietro Micca, il mago profetizzò dell’incendio di negozio. Il 28 ottobre successivo, la drogheria Tortora, sita in via Milano prese fuoco. La folla voleva linciare Vans, soprattutto dopo che la sua stessa casa andò a fuoco qualche giorno dopo in seguito ad un esperimento di magnetizzazione. Il mago fuggì via e scomparve nel nulla. Verso la fine dell’Ottocento il Magnetismo animale si lega indissolubilmente allo Spiritismo e a Kardec, colui che potremmo definire il “codificatore” di questa nuova corrente magica. Sulla scia del successo e della fama di Kardec a Torino fu fondata, nel 1864, la prima società spiritica italiana: la Società Torinese di Studi Spiritici che inizia a pubblicare anche un bollettino, “Annali dello Spiritismo in Italia” la cui direzione viene presa, nel 1865, da Vincenzo Scarpa, sotto lo pseudonimo di Niceforo Filalete, segretario del Conte di Carigliano e di Cavour. Tra gli avversori di tali pratiche troviamo a Torino Cesare Lombroso, Esponente del Positivismo torinese e fondatore dell'antropologia criminale. Il Lombroso aveva il suo studio operativo contro delinquenti, sonnambule ed ipnotizzatori in via Legnano, 26 e successivamente in via Po. Da vero positivista assolutamente credeva nella falsità di tali fenomeni, e diviene perito nel famoso processo a Torino contro i magnetizzatori.
Dopo essersi fortemente opposto a tutte la pratiche magiche, verso gli ultimi anni della sua vita si avvicinòcuriosamente allo Spiritismo. Con il libro del 1909 Ricerche sui fenomeni ipnotici e spiritici, Lombroso abbandona una visione strettamente materialista e comincia a credere al soprannaturale. La svolta sarebbe avvenuta a causa di un curioso fenomeno che si manifestava in una cantina sita al numero 6 di via Bava. Molti testimoni affermavano di udire strani rumori di piatti e bicchieri che, da soli, si andavano a schiantare contro i muri. Lombroso decise, per smascherare il trucco, di farsi chiudere dentro per una notte. In realtà al termine della stessa egli stesso affermò di aver visto realmente dei bicchieri che levitavano prima di rompersi. I fenomeni, che oggi chiameremmo di poltergeist, terminarono una volta licenziato il giovane garzone dell’osteria sita sopra la cantina.  Lombroso iniziò a pensare ci potesse essere qualcosa di vero ne paranormale e si converte allo Spiritismo. Successivamente, convinto da un medico napoletano, Ercole Chiaia, Lombroso, nel 1891, partecipa ad una seduta con la medium Palladino. Si trattava di una donna napoletana dotata, a detta dei più, di un fluido energetico capace di evocare ectoplasmi e/o dialogare con i defunti. Ebbene il Lombroso fu così convinto dei poteri della Palladino da affermare di essere “…molto vergognato e dolente di aver combattuto con tanta tenacia la possibilità dei fatti cosiddetti spiritici…”. Secondo i suoi familiari negli ultimi anni della sua vita l’Antropologo si sarebbe ammalato di esaurimento senile e/o addirittura sarebbe stato plagiato da Eusapia Palladino.  Ciò che resta dei suoi studi è stato raccolto nel curioso e un po’ macabro Museo di Antropologia Criminale dedicato proprio al Lombroso dove sono conservate le ossa, i calchi di cera dei briganti, i teschi sui quali effettuò le numerose autopsie da lui studiati alla ricerca della fossetta occipitale, ovvero di un’anomalia nelle ossa craniche che, secondo il criminologo, doveva essere alla base della devianza criminale, nonché i resti dello stesso Lombroso conservati in formalina. Un’altra figura di spicco della Torino magica è la famosa esorcista Enrichetta Naum. Unica donna esorcista, non ben vista ovviamente dalla Chiesa, abitava al secondo piano dell’edificio numero 6 di via Cappel Verde. Moltissimi furono, a detta degli assistiti e dei loro familiari, i casi di esorcismo da lei guariti. Si narrava che pronunciasse frasi e formule in latino e altre lingue sconosciute di cui neanche lei diceva di conoscere il significato. I vicini raccontavano che dalla sua casa provenivano sempre forti rumori: si narrava che lottasse ogni notte contro il diavolo e, proprio per questo, fu costretta a trasferirsi in un edificio in via Porta Palatina, oggi l’attuale via Garibaldi. La donna scomparve nel 1911, nei giorni della Grande Esposizione di Torino. Enrichetta però non era l’unica donna dagli strani poteri che viveva a Torino. Mario Giorda, in un suo saggio, narra la storia di Sina Bavastro, una erborista e cartomante vissuta a fine Ottocento. Anche di questa donna si perdono ad un certo punto le tracce proprio come nel caso di Enrichetta, dopo essersi trasferita dal vicolo di Santa Maria, sua prima abitazione, nel quartiere di Porta Palazzo. Alcuni affermavano che addirittura la famiglia reale si recasse da lei per acquistare la famosa “acqua di luna”, ovvero un’acqua che la donna esponeva, in varie tinozze e bacinelle, al plenilunio insieme ad un po’ di mirra.  La Sina affermava che tale ritrovato poteva guarire da ogni male, ed era così popolare che le bottigliette andavano esaurite molto prima del successivo plenilunio il che fece nascere anche una sorta di prenotazione.
Il miracolo eucaristico
A Torino non mancano i miracoli. Nel centro storico della città è presente una antica chiesa nota come Corpus Domini. E’ qui che nel 1453 avvenne un curioso miracolo. Secondo la tradizione, durante la guerra tra il Delfinato e il Ducato di Savoia, la città di Exilles venne saccheggiata da truppe armate francesi e tra gli oggetti trafugati, fu portato via dalla chiesa del paese anche il Santissimo. Raggiunta però la città di Torino per rivendere la refurtiva, il mulo che la trasportava si fermò ostinatamente davanti alla chiesa di San Silvestro. Buttatosi a terra fece rovinosamente cadere gli oggetti rubati tra cui la sacra ostia che, però, non toccò terra, ma si librò per lungo tempo nell’aria splendendo come un piccolo sole. Alla notizia il Vescovo Ludovico da Romagnano accorse e raccolse l’ostia in un calice che inizialmente fu depositato al Duomo e successivamente nella chiesa del Corpus Domini successivamente realizzata. All’interno è ancora oggi possibile vedere il luogo dove il punto preciso dove avvenne il miracolo.

Un breve Ghost Tour

Nella capitale italiana dello spiritismo non potevano mancare demoni e fantasmi. Ecco dunque un breve gosth tour per gli amanti del “brivido”. In via XX Settembre apparirebbero di tanto in tanto le anime di una coppia morta nel 1861 in seguito ad un incendio, mentre in via della Basilica apparirebbe, ogni 10 del mese il fantasma di una donna che si narra essere stata una medicona locale. In via San Francesco da Paola, invece, apparirebbe il fantasma della “bella cappellaia”, una donna ghigliottinata perché aveva tradito ed ucciso il marito. Anche le Chiese non sono esenti da apparizioni. Nella cripta del Duomo talvolta apparirebbe il duca longobardo Garibaldo, mentre nella Chiesa del Monte dei Cappuccini apparirebbe di tanto in tanto il fantasma di Filippo San Martino d’Agliè, consigliere di Madama. Sarebbe invece Sant’Orsola a guidare dal Monviso a Superga 11.000 vergini fantasma che subirono il martirio. La leggenda vuole infatti che Orsola, figlia di un re bretone, fosse stata concessa in sposa ad un re pagano di nome Aetherius, con la promessa che si sarebbe convertito alla fede cristiana. Partita così con undici nobili fanciulle (che diventeranno successivamente undicimila vergini per un errore di trascrizione dell’iscrizione di cui sopra) durante il suo cammino incontrò l’orda degli Unni di Attila che le violentarono ed uccisero. Se invece dei fantasmi vogliamo incontrare gli esseri fatati, definiti spesso “piccolo popolo”, non c’è che l’imbarazzo della scelta. La maggior parte di loro la tradizione vuole essere presenti nelle tre valli valdesi in provincia di Torino: la Val Pellice, la Val Chisone e la Valle Germanasca.  E’ qui che queste creature abitano le balme, delle piccole cavità create nella roccia utilizzate dai pastori come ripari naturali. Può poi capitare di incontrare il Guenillon di Loo, un piccolo folletto mandriano, vestito normalmente di rosso,  che accompagna le mucche al pascolo, oppure il Barbaricciu, una sorta di folletto dalla barba caprina il cui unico scopo e spaventare i bambini.

Una Torino color Argento

Una città “magica” come Torino non poteva non essere protagonista nei film del regista thriller-horror più famoso d’Italia: Dario Argento.  Il Maestro del Brivido afferma che per i suoi film Torino è “una città cinematograficamente perfetta”. Come potrebbe essere altrimenti. Dopo il primo film, L’uccello dalle piume di cristallo, girato a Roma, ecco che i successivi tre capolavori del Maestro sono girati, anche se non esclusivamente, a Torino. 4 mosche di velluto grigio, Il gatto a nove code, Profondo rosso, e, successivamente, dopo la parentesi horror,  i più recenti Non ho sonno, La Terza Madre, Ti piace Hitchcock e Giallo. Sicuramente la location più famosa della città è Villa Scott, in Corso Lanza 57, costruita nei primi anni del 1900 e realizzata in stile liberty, molto apprezzato dal regista. In realtà la Torino “argentiana” è molto altro. Gli amanti del macabro-scaramantico, possono così recarsi al binario 17 della Stazione di Porta Nuova, progettata da Alessandro Mazzucchetti, dove viene assassinato, spinto sotto il treno, il dottor Calabresi nel film il gatto a nove code o recarsi alla casa dell’assassino di 4 mosche di velluto grigio, sito ad angolo tra Via Collegno e Via Duchessa Jolanda, detto l’”angolo liberty”. Portici e piazze diventano la cornice ideale per strane disquisizioni nei film di Argento. Ecco così che sotto i portici di piazza Castello, nel bar Mulassano, avviene la conversazione tra Tobias e il detective privato Arrosio nel film 4 mosche di velluto grigio. Non può mancare una visita alla Piazza CLN, accanto alla statua del Po avvengono infatti molti dialoghi tra Marc e Carlo, protagonisti del cult Profondo Rosso ed è su tale piazza che si affacciano le abitazioni dello stesso Marc e della sensitiva Helga Ullmam, il cui portone d’ingresso è in realtà un ingresso laterale della chiesa di San Carlo.  Nel film non possono mancare cenni alla parapsicologia e ai poteri occulti. Quale migliore sede dunque per un Convegno sui sensitivi se non il Teatro Carignano! Una parentesi nella parentesi argentiana merita l’autore dei quadri presenti nel corridoio della casa della sensitiva Ulmam del film di Profondo Rosso. Appaiono lì infatti i lavori di Enrico Colombotto Rosso, artista surrealista torinese. Sgarbi, in “Surrealismo Padano” lo definisce  “…Il più visionario, il più turbinoso, disperatamente solitario, luciferino….puro spiritualista estraneo a ogni contaminazione con la realtà, in nome di un aristocratico distacco di una pittura dell'anima nella quale, come spiegava Bataile, c'è spazio anche per il male, per gli abissi dove l'uomo rischia di perdersi senza possibilità di riscatto…”. Enrico Colombotto Rosso nasce a Torino (con il fratello gemello Edoardo) il 7 dicembre 1925 da madre toscana e padre ligure. Diventa subito uno dei protagonisti di spicco dell'ambiente pittorico torinese proponendo un’arte complessa, oscura, i cui soggetti, espressioni di morte e deformità, sono fortemente influenzata dagli ambienti tristi e plumbei della Torino del primo Novecento e dalla sua passione per il macabro. Le sue opere diventano una esposizione di drammi e terrore, di un mondo orrori fico e surreale che ha colpito numerosi critici incuriositi dal mistero che si cela dietro la sua opera: un realismo visionario che sprofonda l'osservatore in un tuffo verso l'ignoto. Numerose sue opere si trovano esposte a Villa Vidua di Conzano, nella sala consigliare del comune di Camino e al Deposito Museale di Pontestura dove ha lasciato più di 150 opere storiche che formano una collezione museale unica.

domenica 20 maggio 2018

Presentazione del libro e incontro con il curatore Paolo Galiano - Torino 25 maggio

Presentazione del libro e incontro con il curatore Paolo Galiano


Chi si accosta ai manoscritti di Frate Elia rimane stupito e pieno di meraviglia: c’è un messaggio che viene da lontano, attraverso la storia, una storia ancora viva. Nel silenzio della scrittura delle carte si avverte come un’eco di ripetuta vita, che va oltre il tempo e giunge fino a noi.

Dai codici riportati fedelmente dalla Partini – il Vade Mecum e il De Secretis Naturae – risulta il duplice aspetto di Frate Elia, mistico e pratico, propenso a conciliare gli opposti insiti nella propria natura e desideroso di unire l’Impero e il Papato, la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa.

Il presente testo si articola in due parti: nella prima, dopo aver presentato alcuni cenni biografici su Frate Elia, l’Autrice tratta brevemente dell’alchimia attraverso la sua storia e le sue applicazioni.

Successivamente, entrando nel merito degli scritti attribuiti a Frate Elia, a cominciare dal famoso sonetto Solve et Coagula, la Partini si sofferma sulla tavola III di un manoscritto splendidamente miniato, l’Harley 3469 (1582), conservato nella Biblioteca del British Museum di Londra, che contiene lo Splendor Solis di Salomon Trismosin. Sullo scudo su cui il “guerriero ermetico” poggia la mano, è inciso a caratteri d’oro su fondo rosso, il sonetto di Frate Elia per intero, in latino: una chiara testimonianza dell’interesse suscitato attraverso i secoli da tale componimento.

Nella seconda parte, invece, viene analizzata la figura di Elia attraverso la lettura dei suoi manoscritti originali.


Venerdì 25 maggio dalle ore 18:00 alle ore 19:00
Arethusa Libreria
Via Giolitti 18, 10123 Torino



mercoledì 25 aprile 2018

Michele Leone presenta Guida alle società segrete

Arethusa Libreria

Via Giolitti 18, 10123 Torino

venerdì 27 Aprile dalle ore 18:00 alle ore 19:00


Guardando trasmissioni televisive o facendo un giro sul web è facile imbattersi in teorie del complotto e in società segrete, più o meno immaginarie, che governano il mondo. Questo libro, cercando di fare ordine tra simili teorie e sfatare luoghi comuni e inesattezze, ha la volontà di raccontare le vicende di quelle che sono state, e in alcuni casi sono, le società segrete che si sono avvicendate nella storia dell’uomo.

Immaginiamo che, per pochi istanti, ci venga aperta una porta che dà su una Wunderkammer e che il nostro sguardo provi ad abbracciare tutte le meraviglie e le curiosità che questa custodisce. Riusciremmo forse ad avere una momentanea visione d’insieme e a soffermarci solo su alcuni oggetti o particolari che ci attirano maggiormente e da questi ricavare una prima fugace impressione. Questo volume non ha pretese di esaustività ma “racconta” lo sguardo su questa Camera delle Meraviglie. I nostri occhi si poseranno per familiarità su oggetti noti, per curiosità su oggetti ignoti, ma non avranno il tempo di soffermarsi su tutti gli elementi, perché alcuni resteranno avvolti nel mistero.

Un percorso appassionante attraverso più di cinquanta società segrete, dalla Scuola Pitagorica ai Rosa+Croce, dai Filosofi Incogniti ai Magi, dal Collegium Pansophicum al Ku Klux Klan, dalla Fratellanza di Miriam ai Chlysty. Una guida per scoprire che il mondo delle società segrete non è solo fatto di tenebre e intrighi: al contrario, il più delle volte, è un mondo che dall’oscurità dell’ignoranza volge alla luce della conoscenza.


giovedì 15 marzo 2018

Vangeli Apocrifi e cultura pop

Vi segnaliamo questo convegno gratuito che esplora i rapporti fra Vangeli apocrifi e la cultura pop. Il convegno si terrà il prossimo 17 marzo alle ore 17 presso Casa Massonica del Grande Oriente d?Italia in piazza Vittorio Veneto, 19 - Torino


mercoledì 15 novembre 2017

Oursler e Rol Torino svela la sua anima "Paranormal"

tratto da Il Giornale del 2 novembre 2017

Al Lingotto in mostra oggetti della collezione "oscura" dell'artista americano. E opere che dialogano con un mito dell'occulto

di Luca Beatrice

Torino prova a risollevarsi dalla «serie di sfortunati eventi» che da mesi la perseguitano riaprendo le porte, come ogni novembre, all`arte contemporanea.


Tutto intorno ad Artissima, la fiera più all`avanguardia d`Italia all`edizione numero 24 che apre oggi fino a domenica all`Oval del Lingotto, con un nuovo direttore, Ilaria Bonacossa, una significativa crescita del numero di gallerie - segno di buona salute, speriamo - sezioni dedicate al disegno e all`arte italiana. Il rito prosegue come ogni anno in città con vecchie e nuove esibizioni collaterali, le gallerie aperte il sabato notte e la musica di Club to Club, musei e fondazioni che festeggiano l`esordio monstre delle Ogr e tanto altro ancora.
Ma poiché sono in molti a pensare che sotto la Mole ci sia bisogno di un esorcismo o almeno di qualche fenomeno di magia per frenare malasorte e decadenza, con quelle coincidenze diaboliche che solo una città storicamente dotata di un`anima nera, la Pinacoteca Agnelli cala l`asso di un`accoppiata sorprendente all`interno della ricerca sul collezionismo marginale e più strano. L`artista americano Tony Oursler incontra il sensitivo torinese Gustavo Rol in una mostra dal titolo inequivocabile, Paranormal, fino al 25 febbraio 2018.
Oursler, nato nel 1957, è conosciuto in tutto il mondo per i suoi lavori multimediali, suggestive e inquietanti videoinstallazioni, complessi interventi nello spazio realizzati utilizzando sofisticate tecnologie. Fin dagli anni `70 ha disegnato tanto, trattando temi particolarmente introspettivi come i sogni, la morte, la religione, i fantasmi, le allucinazioni e le esperienze psichiche. Annota le malattie quotidiane, cattura segreti, studia l`influenza delle droghe artificiali, atte ad alterare l`equilibrio individuale e il potere dell`informazione con un surplus di immagini che rischia di riproiettare l`uomo in uno stato di aggressività primitiva e ferina. Si conosce meno la sua passione per il collezionismo di oggetti legati all`occulto e al mistero: raccoglie compulsivamente foto di fantasmi, testi illustrati di pseudo scienza, strumenti e oggetti paramedici. Questa ossessione origina dalla famiglia, poiché suo nonno Charles Fulton Oursler scrisse nel 1949 La più grande storia mai raccontata, diventata poi un film, e frequentò Arthur Conan Doyle, il «papà» di Sherlock Holmes, con cui discusse spesso di fenomeni che razionalmente non trovano spiegazione.
Niente affatto casuale, dunque, l`incontro con Gustavo Rol, un autentico mito per la Torino affascinata dall`occultismo e dal paranormale, a cominciare proprio dalla famiglia Agnelli - l`Avvocato lo considerava un mentore. E non solo, lo interpellarono Walt Disney, John Kennedy, la regina Elisabetta e Federico Fellini. Nato nel 1903 e scomparso nel 1994, Gustavo Rol proveniva dalla ricca borghesia sabauda. Laureato in giurisprudenza, lavorò in banca, capitano degli alpini durante la Seconda guerra mondiale, approfondì gli studi spirituali e parapsicologici mantenendo sempre un profilo basso e riservato. Collezionista d`arte, pittore di stampo tradizionale, le testimonianze descrivono Rol come un uomo incredibile, fuori dal tempo, forse dotato di poteri di telepatia, chiaroveggenza, telecinesi, levitazione e quant`altro. Non tutti, ovviamente, d`accordo: i suoi numerosi estimatori, per esempio Dino Buzzati, lo consideravano un guru, scettici e detrattori ne parlavano come di un illusionista e di un prestigiatore.
La sua figura piena di sfaccettature è ora oggetto di studio da parte di un artista che, come lui, si immerge spesso in un mondo oscuro e irrazionale. Lo spazio della Pinacoteca Agnelli si trasforma così in un forziere magico che ci riporta per incanto alla Torino di oltre mezzo secolo fa. Era un`altra città, certo, eppure molto del suo carattere difficile le resta appiccicato addosso.

lunedì 18 settembre 2017

THE BROKEN KEY




“Un film concepito sulla linea orizzontale delle Sette Arti Liberali, la cui pratica ascetica, secondo la fulgida interpretazione Dantesca, può portare alla trasmutazione dei Sette Peccati Capitali nelle corrispondenti Virtù Cardinali. L’intento è quello di far vivere al pubblico, come al protagonista, un percorso di purificazione spirituale dai peccati, ambientato in una visionaria Torino del futuro, dove la cultura popolare è intrisa di palpabile mistero”.
Così il regista Louis Nero (Rasputin, Il mistero di Dante) presenta la sua ultima opera, THE BROKEN KEY che riunisce sul grande schermo un cast hollywoodiano del calibro di Rutger Hauer, Michael Madsen, Geraldine Chaplin, Christopher Lambert, William Baldwin, Maria De Medeiros, Kabir Bedi, Franco Nero insieme a due giovani attori italiani, Andrea Cocco e Diana Dell’erba. Il film, tra il thriller e la fantascienza, che strizza l’occhio alla cultura Cyber Punk, racconta un’emozionante avventura ambientata in un futuro indefinito, che parte dall’antichità e da
un manoscritto Egizio (ancora conservato nel Museo di Torino.) THE BROKEN KEY, che sarà distribuito in oltre 60 paesi nel mondo, è una coproduzione internazionale tra l’italiana L’Altrofilm, la Red Rocks Entertainment (UK) e l’americana Fantastic Films International. In Italia uscirà in sala il 16 novembre.

SINOSSI
In un futuro non lontano, la libertà dell’essere umano è in pericolo. Il mondo è controllato dalla “Grande Z”: la Zimurgh Corporation. La “Legge Schuster” sull’eco-sostenibilità dei supporti regna sovrana. La carta è un bene raro. Stampare è reato. Sullo sfondo di questa realistica visione del domani, il ricercatore inglese Arthur J. Adams viene spinto all’avventura dal padre putativo, il professor Moonlight. La ricerca del frammento mancante di un antico papiro, protetto dalla misteriosa confraternita dei seguaci di Horus, viene ostacolata da indecifrabili omicidi legati ai sette peccati capitali. Arthur dovrà addentrarsi nei meandri di un’impenetrabile e misteriosa metropoli del futuro, specchio della sua anima, per ritrovare il pezzo mancante e salvare l’umanità intera.

sabato 23 luglio 2016

Sacra Sindone, scoperta la più antica immagine del sudario di Cristo

tratto da Il Giornale del 06/07/2016

L'annuncio della scoperta è stato dato dalla casa Christie's che metterà all'asta mercoledì 13 luglio a Londra "The von Erlach Holy Shroud Prayerbook"

di Adriano Palazzolo

È stata identificata la più antica e finora sconosciuta raffigurazione della Sacra Sindone, sudario custodito dal 1578 nel Duomo di Torino.

L'inedita immagine è contenuta in un prezioso libro di preghiere illustrato con miniature del cosiddetto Maestro di Claudio di Francia, realizzato tra Tours e la Svizzera tra il 1520 e il 1540.

Il volume appartenne inizialmente Johann von Erlach (1474-1539), sindaco di Berna, ambasciatore svizzero e comandante militare.

L'annuncio della scoperta è stato dato dalla casa Christie's che metterà all'asta mercoledì 13 luglio a Londra "The von Erlach Holy Shroud Prayerbook", questo il titolo del lotto.

La rarità è stimata tra 80mila e 120mila sterline (110-150mila euro) e fa parte di una collezione privata.

L'identificazione dell'illustrazione della Sacra Sindone, distesa su due pagine del libro di preghiere, è stata fatta dallo specialista di manoscritti Eugenio Donadoni, chiamato a stimare il lotto in vista dell'asta londinese.

L'immagine del sudario che avrebbe avvolto il corpo di Cristo è relativa al periodo in cui era conservata a Chambery, precedente all'incendio in cui andò a fuoco nel 1532 la cappella in cui il sacro lino era custodito per volontà dei Savoia.

Secondo Eugenio Donadoni, Johann von Erlach probabilmente vide la Sacra Sindone nel 1512 durante un viaggio diplomatico per incontrare Carlo III di Savoia.

In seguito a quella visita a Chambery, Johann von Erlach avrebbe chiesto all'illustratore di riprodurre la reliquia nel suo libro privato di preghiere.

sabato 14 maggio 2016

Nella sindone le tre prove che Dio esiste

tratto da Libero del 14/04/2010

di Antonio Socci

«Tutta la terra desidera il tuo volto». In questa frase della liturgia sta il segreto della Sindone che continua ad attrarre milioni di persone. È l’attrazione per colui che la Bibbia definiva «il più bello tra i figli dell’uomo«. E che qui è “fotografato” come un uomo macellato con ferocia. 

La Sindone non è solo “una” notizia oggi, perché inizia la sua ostensione. È “la” notizia sempre. Perché documenta – direi scientificamente – la sola notizia che – dalla notte dei tempi alla fine del mondo – sia veramente importante: la morte del Figlio di Dio e la sua resurrezione cioè la sconfitta della morte stessa.

Sì, avete letto bene. Perché la sindone non illustra soltanto la feroce macellazione che Gesù subì, quel 7 aprile dell’anno 30, con tutti i minimi dettagli perfettamente coincidenti con il resoconto dei vangeli, ma documenta anche la sua resurrezione: il fatto storico più importante di tutti i tempi, avvenuta la mattina del 9 aprile dell’anno 30 in quel sepolcro appena fuori le mura di Gerusalemme. Che Gesù sia veramente vivo lo si può sperimentare – da duemila anni – nell’esperienza cristiana. Attraverso mille segni e una vita nuova. Ma la sindone porta traccia proprio dell’evento della sua resurrezione. Ce lo dicono la medicina legale e le scoperte scientifiche fatte con lo studio dettagliato del lenzuolo per mezzo di sofisticate apparecchiature. Cosicché questo misterioso lino diventa una speciale “lettera” inviata soprattutto agli uomini della nostra generazione, perché è per la prima volta oggi, grazie alla moderna tecnologia, che è possibile scoprire le prove di tutto questo.

Come nei vangeli

Cosa hanno potuto appurare infatti gli specialisti? In sintesi tre cose.
Primo. Che questo lenzuolo – la cui fattura rimanda al Medio oriente del I secolo e in particolare a tessitori ebrei (perché non c’è commistione del lino con tessuti di origine animale, secondo i dettami del Deuteronomio) – ha sicuramente avvolto il corpo di un trentenne ucciso (morto tramite il supplizio della crocifissione con un supplemento di tormenti che è documentato solo per Gesù di Nazaret). Che ha avvolto un cadavere ce lo dicono con certezza il “rigor mortis” del corpo, le tracce di sangue del costato (sangue di morto) e la ferita stessa del costato che ha aperto il cuore. Secondo. Sappiamo con eguale certezza che questo corpo morto non è stato avvolto nel lenzuolo per più di 36-40 ore perché, al microscopio, non risulta vi sia, sulla sindone, alcuna traccia di putrefazione (la quale comincia appunto dopo quel termine): in effetti Gesù – secondo i Vangeli – è rimasto nel sepolcro dalle 18 circa del venerdì, all’aurora della domenica. Circa 35 ore. Terza acquisizione certa, la più impressionante. Quel corpo – dopo quelle 36 ore – si è sottratto alla fasciatura della sindone, ma questo è avvenuto senza alcun movimento fisico del corpo stesso, che non è stato mosso da alcuno né si è mosso: è come se fosse letteralmente passato attraverso il lenzuolo.

Come fa la sindone a provare questo? Semplice. Lo dice l’osservazione al microscopio dei coaguli di sangue. Scrive Barbara Frale in un suo libro recente: «enormi fiotti di sangue erano penetrati nelle fibre del lino in vari punti, formando tanti grossi coaguli, e una volta secchi tutti questi coaguli erano diventati grossi grumi di un materiale duro, ma anche molto fragile, che incollava la carne al tessuto proprio come farebbero dei sigilli di ceralacca. Nessuno di questi coaguli risulta spezzato e la loro forma è integra proprio come se la carne incollata al lino fosse rimasta esattamente al suo posto». Lo studio dei coaguli al microscopio rivela che quel corpo si è sottratto al lenzuolo senza alcun movimento, come passandogli attraverso. Ma questa non è una qualità fisica dei corpi naturali: corrisponde alle caratteristiche fisiche di un solo caso storico, ancora una volta quello documentato nei Vangeli. In essi infatti si riferisce che il corpo di Gesù che appare dopo la resurrezione è il suo stesso corpo, che ha ancora le ferite delle mani e dei piedi, è un corpo di carne tanto che Gesù, per convincere i suoi che non è un fantasma, mangia con loro del pesce, solo che il suo corpo ha acquisito qualità fisiche nuove, non più definite dal tempo e dallo spazio. Può apparire e scomparire quando e dove vuole, può passare attraverso i muri: è il corpo glorificato, come saranno anche i nostri corpi divinizzati dopo la resurrezione.
Si tratta quindi di un caso molto diverso dalla resurrezione di Lazzaro che Gesù semplicemente riportò in vita. La resurrezione di Gesù – com’è riferita dai Vangeli e documentata dalla sindone – è la glorificazione della carne non più sottoposta ai limiti fisici delle tre dimensioni, l’inizio di «cieli nuovi e terra nuova».

La “prova” sperimentale di questa presenza misteriosa di Gesù è propriamente l’esperienza cristiana: Gesù continua a manifestare la sua presenza fra i  suoi continuando a compiere i prodigi che compiva duemila anni fa e facendone pure di più grandi.
Ma la sindone documenta in modo scientificamente accertabile l’unico caso di morto che – anziché andare in putrefazione – torna in vita sottraendosi alla fasciatura senza movimento, grazie all’acquisizione di qualità fisiche nuove e misteriose, che gli permettono di smaterializzarsi improvvisamente e oltrepassare le barriere fisiche (come quella del lenzuolo stesso).
È esattamente ciò che si riferisce nel vangelo di Giovanni: quando Pietro e Giovanni entrano nel sepolcro dove erano corsi per le notizie arrivate dalle donne, si rendono conto che è accaduto qualcosa di enorme proprio perché trovano il lenzuolo esattamente com’era, legato attorno al corpo, ma come afflosciato su di sé perché il corpo dentro non c’era più. Più tardi, aprendo quel lenzuolo, scopriranno un’altra cosa misteriosa: quell’immagine. Ancora oggi, dopo duemila anni, la scienza e la tecnica non sanno dirci come abbia potuto formarsi. E non sanno riprodurla. Infatti non c’è traccia di colore o pigmento, è la bruciatura superficiale del lino, ma sembra derivare dallo sprigionarsi istantaneo di una formidabile e sconosciuta fonte di luce proveniente dal corpo stesso, in ortogonale rispetto al lenzuolo (fatto anch’esso inspiegabile).

Non è riproducibile

La “non direzionalità” dell’immagine esclude che si siano applicate sostanze con pennelli o altro che implichi un gesto direzionale. E ci svela che l’irradiazione è stata trasmessa da tutto il corpo (tuttavia il volto ha valori più alti di luminanza, come se avesse sprigionato più energia o più luce). Quello che è successo non è un fenomeno naturale e non è riproducibile. Non deriva dal contatto perché altrimenti non sarebbe tridimensionale e non si sarebbe formata l’immagine anche in zone del corpo che sicuramente non erano in contatto col telo (come la zona fra la guancia e il naso).
Oggi poi i computer hanno permesso di rintracciare altri dettagli racchiusi nella sindone che tutti portano a lui: Gesù di Nazaret. Dai 77 pollini, alcuni dei quali tipici dell’area di Gerusalemme (quello dello Zygophillum dumosum, si trova esclusivamente nei dintorni di Gerusalemme e al Sinai), alle tracce (sul ginocchio, il calcagno e il naso) di un terriccio tipico anch’esso di Gerusalemme. Ai segni di aloe e mirra usate dagli ebrei per le sepolture.
Infine le tracce di scritte in greco, latino ed ebraico impresse per sovrapposizione sul lenzuolo. Barbara Frale ha dedicato un libro al loro studio, “La sindone di Gesù Nazareno”. Da quelle lettere emerge il nome di Gesù, la parola Nazareno, l’espressione latina “innecem” relativa ai condannati a morte e pure il mese in cui il corpo poteva essere restituito alla famiglia. La Frale, dopo accuratissimi esami, mostra che doveva trattarsi dei documenti burocratici dell’esecuzione e della sepoltura di Gesù di Nazaret. Un fatto storico. Un avvenimento accaduto che ha cambiato tutto.

sabato 26 settembre 2015

Sindone, il «giallo» del rattoppo sfuggito agli esperti

tratto da "il Giornale" del 11-04-2009


di Redazione

Ventuno anni dopo la datazione al radiocarbonio, la Sindone di Torino, che l’anno prossimo sarà di nuovo esposta, rimane un mistero. Nessuno è in grado di spiegare come quella immagine si sia formata, e la stessa datazione al medioevo è stata messa in dubbio dalle più recenti scoperte scientifiche. Va in onda alle 18 di questa sera, su Retequattro (con replica domani, giorno di Pasqua, alle 9 di mattina), Il mistero della Sindone, un documentario che presenta con immagini esclusive e tridimensionali gli studi più accreditati sul lenzuolo che secondo la tradizione avvolse il corpo di Gesù rimasto per tre giorni nel sepolcro. Particolarmente interessante è l’intervista a Raymond Rogers, uno degli studiosi coinvolti negli esperimenti al radiocarbonio eseguiti nell’88, scomparso nel 2005 e fino a pochi anni prima convintissimo sostenitore della datazione medioevale. Rogers prima di morire pubblicò su una rivista scientifica e testimoniò in un video le sue ultime ricerche e il motivo che gli aveva fatto cambiare idea. Lo studioso ha potuto provare che proprio nell’angolo della Sindone da dove erano stati prelevati i tre campioni analizzati al radiocarbonio era stato eseguito, tra XIV e XV secolo, un rammendo. I risultati di Rogers sono stati confermati nell’agosto scorso da Roberto Villareal, del laboratorio di Los Alamos, che ha dimostrato come su quel campione di Sindone siano presenti fili di lino e di cotone intrecciati con l’aggiunta di una sostanza gommosa. Dunque la presenza di materiale molto più recente ha falsato l’esperimento, come attesta il documentario e come si può leggere nell’ultimo libro sull’argomento, Inchiesta sulla Sindone (Piemme) scritto dal vaticanista Marco Tosatti.

sabato 19 settembre 2015

MYSTERY IN HISTORY

Sabato 3 ottobre 2015 (ore 10:00) c/o Pacific Hotel Fortino, Strada Del Fortino, 36, Torino (TO), Piemonte, Italia


La Yume Edizioni è lieta di invitarvi a "MYSTERY IN HISTORY R. Primo convegno sui misteri nella storia", che avrà luogo in data 3 ottobre 2015 presso il Pacific Hotel Fortino, Strada del Fortino 34/36 Torino, dalle ore 10 alle ore 18. Il convegno è l'occasione per affrontare da un punto di vista originale vari temi storici, per scoprire come anche in accadimenti passati, lontani da noi nel tempo e in alcuni casi nello spazio, siano ancora presenti dei punti non chiari, delle sfumature di sicuro interesse che coinvolgono la nostra cultura fin negli strati più profondi, e che hanno modificato il nostro stile di vita con gesti e tradizioni di cui magari non conosciamo l'origine. Con il consueto stile rigoroso degli studiosi che da sempre collaborano con noi, affronteremo un viaggio trasversale che dagli etruschi passa per la stregoneria per approdare alla prima guerra mondiale, con un'attenzione ai dettagli, alla documentazione e al controllo delle fonti che evita di cadere in facili sensazionalismi. Perché la storia del nostro mondo riserva più misteri di quelli che pensiamo, senza doverli inventare. La partecipazione al convegno è libera previa adesione e gratuita. Il pranzo in hotel è facoltativo, si terrà dalle 13,00 alle 14,00, e sarà composto di due portate, dolce e caffè a euro 25,00 cadauno. Deve essere necessariamente confermato entro il 15 settembre. In alternativa, nei pressi dell'Hotel ci sono numerosi punti di ristoro. La prenotazione può essere effettuata via mail all'indirizzo info@yumebook.it o, a partire dal 1 settembre, al numero di telefono 0110143030.

giovedì 6 agosto 2015

MOSTRA INFERNO FRESCO NUOVE ILLUSTRATRICI DANTESCHE

Museo Internazionale delle Arti Applicate Oggi di Torino 25 settembre - 31 ottobre 2015

L’ALIGHIERI HORROR

Pablo Echaurren, Mutilati ignavi
(Dante’s Inferno Canto XXVIII), 2004,
tarsia di panni e plastiche imbottite
eseguita da Marta Pederzoli, 113x66 cm.
Courtesy MIAAO.
Nel 2015 ricorre il 750° anniversario della nascita di Dante Alighieri. Un avvenimento che andava per forza celebrato da un progetto come Il cuNeo gotico, promosso dalla Fondazione CRC con la direzione artistica di Enzo Biffi Gentili, direttore del MIAAO, e dedicato a varie manifestazioni di revival neogotico, dalle architetture ottocentesche in quello stile ad attuali ricerche visive di “sottoculture” goth e dark giovanili. E l’Alighieri va oggi, a giudizio di Biffi Gentili, “illustrato” anche nel contesto di questi nuovi immaginari, sulla scorta di un’opinione originale espressa anni fa da un celebre lettore della Commedia, Vittorio Sermonti: “I giovani capiscono Dante meglio di tanti accademici (…) L’Inferno è più splatter di certi fumetti o videogiochi.” (Roberta Scorranese, Vittorio Sermonti. L’Alighieri? Più splatter di fumetti e videogiochi in “Corriere della Sera”, 30 marzo 2006). Sermonti è stato profeta: quattro anni dopo la sua intervista, nel 2010, esce infatti il noto videogioco Dante's Inferno, sviluppato da Visceral Games per PlayStation 3, Xbox 360 e per PlayStation Portable (e oggi il regista Fede Alvarez, già autore nel 2013 di Evil Dead, remake de La Casa di Sam Raimi, un classico del cinema horror, sta lavorando alla trasposizione cinematografica del videogame Dante’s Inferno…). Per quanto invece riguarda la pittura e l’illustrazione, questa lettura truculenta dell’opera dell’Alighieri era stata prefigurata da una serie di opere dantesche grottesche, quasi tutte inedite, iniziata nel 2004 da un eccentrico maestro come Pablo Echaurren.

Alice Richard aka Pole Ka,
Lucifer (Dante’s Inferno Canto XXXIV), 2014,
grafite e inchiostri di china su carta, 42x29 cm

TRA BEATRICI E FURIE

Nell’ambito dello sviluppo del progetto Il cuNeo gotico è stato quindi affidato a una giovane curatrice, Lorenza Bessone, il compito dell’ordinamento di una mostra di nuove illustrazioni dell’Inferno sulla base degli approcci spregiudicati sopraricordati.
Giorgio Finamore, Le feroci Erine
 (Dante’s Inferno Canto IX)
, 2015, matita su carta,
 editing e pittura digitale, 42x29,5 cm
 La curatrice ha accentuato la curiosità del mandato con la scelta di invitare soprattutto illustratrici -di certo non tutte definibili come Beatrici- per riferire di una particolare fioritura femminile, soprattutto a Torino, in questo campo delle arti del disegno. Tra le invitate vanno ricordate le subalpine, quasi tutte note a livello nazionale, Ilaria Clari, Loredana Fulgori, Cristina Mandelli, Tania Piccolo aka Storm Neverland, Vanessa Rubino, Elisa Scesa Seitzinger, Elisa Talentino; la loro perturbante “cugina transalpina” Alice Richard aka Pole Ka, la toscana Eleonora Guastapaglia aka Helbones, la lombarda Patrizia Beretta, la “deviante” Ire-Ne… Infine Bessone, per simbolica concessione alla politica delle pari opportunità, ha accolto in mostra accanto agli exempla di Echaurren i lavori virili di tre illustratori: Carlo Pastore, che affronta tematiche di genere gay serpeggianti in Dante; Giorgio Finamore, che evidenzia tra le peggiori figure dell’orrore nell’Alighieri le Furie, femminili; infine Marco Corona aka Marcio Cancrena, partito da Cuneo per un trip fantastico, superando passaggi di livello europei.

LA MISTURA DEGLI STILI

Elisa Scesa aka Elisa Ada Seitzinger,
Aracne (Dante’s Inferno Canto XVII,
Purgatorio Canto XII), 2015,
tecnica mista su carta, 42x29,5 cm
A proposito degli esiti di questa dantesca chiamata alle arti, si anticipa una interessante riflessione della curatrice Lorenza Bessone, che appartiene alla stessa generazione di molte tra le disegnatrici invitate, tutte under 40: “nonostante l’approccio oltranzista del brief di progetto, che si riferiva all’ horror-splatter anche per evitare ogni insopportabile visione ‘benigna’ di Dante, molti elaborati sono sorprendenti pure per la sofisticazione nelle scelte di alcuni personaggi e la dissimmetria delle varie referenze culturali, tra pop e top”. A esempio la francesina Pole Ka, a partire da Semiramis lussuriosa compone una suite perturbante, fondata anche su una sua dichiarazione di poetica: L’Enfer est intime, ed è la ricorrente rappresentazione dell’apparato uterino come luogo di destino ferale. Oppure Beatrice è ritratta da Helbones all’età del primo incontro con Dante, a 9 anni, caratterizzata da Big Eyes, evidente citazione di pittura Lowbrow, con però delle stelline di dentro a cinque punte, e un’iscrizione in provenzale che presuppone frequentazioni di filologia romanza…E ancora un’altra subalpina, Elisa Scesa, con una sua araldica Aracne provoca il brivido dell’ibrido, gemmato da accoppiamenti assolutamente non giudiziosi… E così via, con prove tutte, ci si sente persino di azzardare, di nuova Stilmischung, di quella mescolanza di stili sublimi, medi, e umili che secondo un altro grande lettore di Dante, Erich Auerbach, caratterizza anche la Commedia dantesca.

UNA MOSTRA IN DUE TAPPE

La mostra Inferno fresco sarà allestita nella Galleria Sottana del MIAAO Museo Internazionale delle Arti Applicate Oggi di Torino dal 25 settembre al 31 ottobre 2015. Una selezione dei migliori lavori presentati in mostra costituirà una sezione del secondo volume della collana Il cuNeo gotico, intitolato Neogotico tricolore, che sarà edito e presentato a novembre 2015 nel corso della manifestazione scrittorincittà a Cuneo presso lo Spazio incontri Cassa di Risparmio 1855.

SCHEDA DI MOSTRA

Inferno fresco. Nuove illustratrici dantesche
direzione artistica Enzo Biffi Gentili / a cura di Lorenza Bessone
Sede: MIAAO Galleria Sottana. via Maria Vittoria 5. 10123 Torino. Italia
Periodo di svolgimento: dal 25 settembre al 31 ottobre 2015
Orari di apertura: sabato ore 15-19.30, domenica ore 11-19

Inaugurazione venerdì 25 settembre 2015 alle ore 12

INGRESSO LIBERO

Info: T 011 561 11 61 M miaao.museo@gmail.com

sabato 20 giugno 2015

MISTERI ANTICHI E MODERNI. INDAGINE SULLE SOCIETÁ SEGRETE

Ogni società segreta è una pallida famiglia di vendicatori. Quegli uomini sono stretti da infrangibile giuramento; i loro riti si direbbero il programma dello sterminio; ma la loro amicizia è tenera e soave. Guardateli in viso; scuri e smorti: ma parlate loro della patria, della libertà, della verità, e il loro volto si rasserena,ride d’una luce ineffabile.

Giovanni De Castro

Società segrete, sette, consorterie: cosa evocano in voi? Riuscite ad immaginare qualcosa che vada al di là dell’effetto facile, da film di serie B, a scavalcare la facile sfumatura horror? Se ci riuscite, o se volete riuscirci, se non volete insomma essere turisti che pensano solo a un selfie da brivido, se desiderate invece essere viaggiatori, persone che da un’esperienza desiderano un cambiamento, o perlomeno un arricchimento, questo libro è il treno che dovete prendere. I suoi scompartimenti si chiamano Cavalieri Templari, Carboneria, Beati Paoli, Scamiciati. Qualcuno di questi nomi forse vi dirà qualcosa, altri magari no. L’importante è sedersi, con la curiosità di chi vuole conoscere senza pregiudizi, lasciandovi trasportare dalla prosa di Michele Leone, che prima di voi ha affrontato questo viaggio e così bene lo sa raccontare.

Basterebbe già l’introduzione, che apre la porta nascosta in ogni parola italiana per arrivare all’antenato greco o latino. Una società segreta (da secretum, quindi da secernere, mettere da parte, separare) è un insieme di persone legate da un’idea o esperienza comune che agiscono separatamente dalla società civile comunemente intesa ed accettano nuovi membri solo ed esclusivamente attraverso riti o cerimonie di iniziazione o promesse solenni e giuramenti. A partire da questa definizione, volutamente generica, ma soprattutto priva di giudizio di valore (perché solo senza giudizio si dà la vera conoscenza), l’autore ricostruisce la storia di molte società segrete attraverso fonti storiche documentate, senza dedicarsi a quelle sette o società dedite a culti neo religiosi, satanici o di complotto, riscoprendone il significato originale.  Giovanni De Castro afferma infatti che “uno dei più ovvi sentimenti, ispiratori delle società segrete, è quello della vendetta, ma della buona e provvida vendetta, aliena dai rancori personali, assente ove si discute un interesse volgare, che vuol punire le istituzioni e non gli individui, colpire le idee e non gli uomini”.

Ora che vi siete messi comodi, vi basti sapere che la prima fermata si chiama Pitagora, e l’ultima, Carboneria. Se avrete gli occhi bene aperti, ma soprattutto la mente, potrete trovare in queste pagine moltissimi spunti di riflessione, che vi porterà a camminare in un corridoio pieno di porte socchiuse verso Storia, Tradizione e Iniziazione. Chissà quali e quanti altri viaggi avrete voglia di fare, dopo aver sfogliato l’ultima pagina.

Michele Leone
MISTERI ANTICHI E MODERNI. INDAGINE SULLE SOCIETÁ SEGRETE
Yume Edizioni 2015
Pagine 192
Euro 15,00





Notizie sull'autore
 
Michele Leone è un personaggio poliedrico che si autodefinisce curioso, ma allo stesso tempo ignorante, studioso scientifico, ma contemporaneamente ametodico. E neppure si proclama scrittore, ma un artigiano del pensiero, di un pensiero occulto e misterioso, capace di passare con destrezza da una forma all’altra, senza vincolarsi a nessuna, lasciandosi guidare dal sotterraneo fil rouge dell’esoterismo.
Laureato in Lettere e Filosofia presso l’università degli studi di Bari, Leone inizia il suo percorso con la poesia, suo primo grande e intramontabile amore:

Dervisci
ballo oscuri versetti
in vite altre
vissute altrove
da te
ch’aspetti
l’ultimo tramonto
con tre monete
davanti al mare

Poi si avvicina alla narrativa per curiosità di sperimentare e sperimentarsi: la sua giovane penna dà vita ai deliri, forme brevi, flussi di coscienza e di emozioni che spalancano finestre sull’ignoto, su quanto è  nascosto e che nel buio aspetta un traghettatore.
Dalla fine degli anni ’90, Leone ha indirizzato le sue ricerche prevalentemente verso la tradizione ermetica e la massoneria, diventandone un esperto conoscitore e divulgatore, grazie anche alla sua capacità di trasmettere passione e interesse. Chi è affascinato dall’ignoto, e desidera avvicinarsi, conoscere, troverà nelle parole di Michele Leone una guida capace di descriverne in modo affascinante ed invitante complessità e bellezza. Ne sono testimonianza alcuni dei suoi testi, come Il linguaggio simbolico dell’esoterismo e  Le Magie del simbolo. Dall’Anhk al tatuaggio per Mondi Velati Editore.
Recentemente ha iniziato ad affrontare tematiche legate all’alchimia spirituale, percorso che partendo dalla alchimia classica e passando da Jung permette di approfondire la conoscenza di se stessi e della propria interiorità.
La passione di Michele Leone non si ferma alle sole sue parole. La sua passione per la conoscenza lo ha portato a diventare responsabile della collana I Ritrovati per Mondi Velati Editore, vice direttore di redazione di Delta, Rassegna di Cultura Massonica, e da poco direttore della collana Misteri Antichi e Moderni di Yume Edizioni. Collabora, inoltre,  con le testate periodiche IlCervoBianco e Ouroboros.