venerdì 27 dicembre 2019

Gli uomini di Neanderthal? Ecco svelata la causa della loro estinzione

Tratto da "il Giornale del 29 maggio 2019

Una ricerca potrebbe aver svelato la causa dell'estinzione dell'uomo di Neanderthal

di Carlo Lanna

 Dopo un’indagine accurata che è stata portata avanti dai geologi dell’Istituto di Scienze Marine del consiglio nazionale delle ricerche di Bologna e dell’università della Florida a Gainesville, è stata svelata la causa dell’estinzione dell’uomo di Neanderthal.

È noto a tutti che ben 40mila anni fa i Neanderthal si sono estinti ma nessuno aveva mai approfondito le cause, almeno fino a questo momento. La ricerca ha di fatto evidenziato una verità che, in un certo qual modo, potrebbe rivelare uno dei più grandi misteri del genere umano. I Neanderthal si sarebbero estinti a causa degli effetti provocati dall’Evento Laschamp. Un crollo del campo magnetico terrestre che perdurò per più di 2000 anni, ha provato un aumento delle radiazioni ultra-violette. L’evento è stato determinate, in quanto ha favorito la sopravvivenza dei Cro-Magnon a discapito dell’uomo di Neanderthal. A quanto sembra l’essenza di un recettore acrilico, ha svolto un ruolo importante nella loro estinzione.

La ricerca è stata portata avanti da un’analisi che ha confrontato dati e DNA genetici degli uomini presenti sulla Terra, prima e durante l’estinzione dei Neanderthal. Si è così dimostrato che l’Evento Laschamp è la causa scatenante dell’estinzione. L’evento ha portato all’estinzione anche di alcuni mammiferi.

venerdì 13 dicembre 2019

La Legge del ritmo: espansione e contrazione


di Vito Foschi

Chi si appresta a leggere o studiare testi esoterici o più generale spirituali si troverà a che fare con il concetto di ritmo o movimento che spesso fa il paio con quello di dualità, perché il ritmo è fatto di due movimenti, potremmo dire di andata e di ritorno o più precisamente di espansione e contrazione. È facile mostrare l’esistenza del ritmo nella vita di tutti i giorni, basti pensare al respiro composto dai due movimenti di inspirazione ed espirazione che coinvolge tutti gli esseri viventi, alle maree, al sole, ai cicli lunari, ecc. Ma oltre a queste evidenze, il ritmo lo ritroviamo nella vita di tutti i giorni. Quante volte è capitato che in poco tempo si sono accumulati avvenimenti positivi o negativi? Per esempio, nel giro di breve tempo si rompono lavatrice, auto e si prende un brutto malanno e poi per mesi o anni non succede niente e si procede con il tran tran quotidiano. In qualche modo il tempo si contrae e accadono più avvenimenti e poi si espande rallentando e non accade niente di eccezionale. Se riflettiamo sulla preparazione di un esame universitario vedremo una prima fase di contrazione in cui tutte le energie sono focalizzate sull’obiettivo, ci si chiude in casa, non si perde tempo in altro e poi tutta l’energia accumulata viene rilasciata al momento dell’esame: contrazione ed espansione.
Da un certo punto di vista queste considerazioni sono rassicuranti perché si può essere certi che dopo un periodo di contrazione in cui si concentrano più avvenimenti seguirà un periodo di distensione in cui la vita scorrerà più tranquilla. Conoscendo questa legge in qualche modo si possono governare i cicli di contrazione e di espansione. Per esempio una spesa voluttuaria si potrà fare in un periodo di espansione perché si è certi che non ci saranno spese improvvise, o in fase di espansione si possono accumulare risorse per affrontare con maggiore serenità i periodi di contrazione. Abbiamo fatto esempi sul piano materiale individuale, ma tale regola vale a tutti i livelli ritrovandosi a livello sovraindividuale, psichico e spirituale. La legge di contrazione ed espansione è legge universale e la ritroviamo anche a livello cosmico nella vita di stelle e pianeti.
A livello storico è facile individuare periodi di espansione e contrazione osservando la vita di una nazione o di una civiltà. A livello psichico abbiamo fatto l’esempio dell’esame universitario, ma a tutti sono capitati periodi che si è giù senza apparente motivo e altrettanti periodi di euforia inspiegabile. I cicli spirituali sono di più difficile individuazione, ma si possono notare gli effetti. Se siamo completamente immersi nella materialità di tutti i giorni senza che rimanga spazio per lo spirito potremmo essere in un ciclo di contrazione spirituale, notando effetti contrari potremmo trovarci in una fase di espansione spirituale.
I cicli sono di breve, medio e lungo termine e si possono intrecciare fra di loro. Nello stesso tempo si potrebbe essere in un ciclo di contrazione spirituale lungo e in uno di espansione materiale breve. Riuscire ad armonizzare i vari cicli orientando psiche e spirito risulta di gran giovamento.



Vi segnaliamo due libri dell'autore dell'articolo:

La simbologia occulta nella leggenda del Graal


Il papà racconta

lunedì 2 dicembre 2019

Il papà racconta in cartaceo

Vi consigliamo per un possibile regalo di Natale, il libro "Il papà racconta" di Vito Foschi, nostro valente collaboratore, ora finalmente cartaceo.
Il libro di favole forse un po' lontano dalle nostre tematiche, rimanendo sempre nell'ambito del fantastico contiene una favola con dei risvolti simbolici. Lasciamo ai lettori capire di quale favola si tratti. Il libro è composta da dodici favole in 72 pagine con carattere ampio, in modo da rendere la lettura facile anche ai più piccoli.
Vi lasciamo i titoli delle dodici favole:

Il drago starnutente 
Il topolino bianco
Lo scoiattolo pigro
Le cavallette salterine
I maiali e i cinghiali
La fata golosa
Il nano pasticcione
Il Folletto Burlone
L’Elfo miope
Il fabbro felice
I monelli e la strega del mare
Il principe capriccioso

sabato 23 novembre 2019

RENÉ GUÉNON E L’IDEA METAFISICA*

tratto da: https://drive.google.com/file/d/12D2WJoksEsGgzOrHigN2cWcH7xJgsPb4/view

André Préau

Qualunque siano le conseguenze pratiche che sono state e potranno essere tratte dall’opera di René Guénon e quali che possano essere gli apprezzamenti cui darà luogo, v’è un punto sul quale i suoi fedeli lettori hanno sempre concordato: il loro attaccamento a quest’opera viene prima di tutto da ciò che ha permesso loro di “comprendere”. Per loro, tutto a un tratto, il caos intellettuale in cui vive l’uomo moderno s’è ordinato: hanno avuto la fortissima impressione di “vedere” e, se non “vedevano” tutto, almeno avevano la consapevolezza di possedere, per studiare qualsiasi questione, una posizione nuova e, a loro avviso, superiore. Analizzare quest’impressione, questa “sensazione” di chiarezza che il lavoro di René Guénon dà è un compito più complesso di quanto paia a prima vista; e ci limiteremo a chiarire l’elemento centrale, essenziale, della lucidità guénoniana e che è, crediamo, l’idea metafisica.

Quest’idea che, come ciascuno sa, Guénon ha presentato soprattutto nella sua forma indù, si riassume in poche parole: identità del Sé e di Brahma, Infinito e manifestazione, Essere e Non-Essere, stati molteplici. Quest’idea è “metafisica” in quanto è “ultima”, vale a dire che assicura alla mente la possibilità più grande: ora l’idea dell’Infinito apre all’intelligenza un campo illimitato in cui ogni cosa, qualsiasi visione dell’animo, persino qualsiasi errore, può trovare il suo posto. Permette così d’avvolgere tutto e di riportare tutto all’unità, il che è la prima condizione d’ogni comprensione. E, l’Infinito essendo in una volta Essere e Non-Essere, luce e tenebre, affermazione e negazione, può essere l’origine di tutte le posizioni come di tutte le esclusioni, avvicina e tiene a distanza, identifica e distingue, fa brillare e spegne. Con ciò è principio d’unione e di separazione e, per gli innumerevoli nessi, talvolta stranamente opposti, che implica tra tutte le forme e tutte le idee, è l’origine allo stesso tempo di discordia e d’armonia, di lotta e di conciliazione, vale a dire di vita intellettuale nel senso più elevato della parola, vita “intelligibile” cui partecipiamo debolmente e che è in definitiva quella della stabilità principale. Unità, non-limitazione, dualità del sì e del no, gerarchia: in questa complessa idea, l’intelligenza trova tutti gli elementi di un ordine universale, vale a dire che si
ritrova essa stessa e, con lei, tutti i modi, forme e “intenzioni” del pensiero, tutti i possibili giochi di conoscenza e d’ignoranza.

Quest’idea, come Guénon ha ben visto, non è puramente e semplicemente tradizionale, nel senso che vi sono delle tradizioni che non sono metafisiche. La dottrina dell’identità del Sé e di Brahma, che ne è un aspetto essenziale, è ignorata dal Buddismo e non è riconosciuta da alcuna delle tre tradizioni monoteiste. È anzitutto una dottrina del Brâhmanesimo, ma anche del Taoismo e del “Platonismo”; in realtà, allo stato attuale dei documenti accessibili, tali sono proprio le tre grandi sorgenti metafisiche dell’umanità. Va anche aggiunto che, pur lasciando da parte la negazione buddistica, la dottrina dell’identità non è stata criticata in nessun luogo più aspramente che in India, proprio là dove s’era affermata il più fortemente e dove poteva far valere numerosi testi delle Upanishad; e questa critica non è venuta soltanto dal vishnuismo, ma anche dallo shivaismo, segnatamente da quell’importante branca dello Shaiva-Siddhânta. Quest’atteggiamento di numerosi maestri indù è, in ultima analisi, con ogni probabilità imputabile a un indebolimento dello spirito metafisico; ma, poiché la dottrina dell’âtmâ è fondata su dei testi formali della Shruti, è ragionevole supporre che non avrebbe mai incontrato un’opposizione così forte e così estesa se l’esperienza non avesse dimostrato che il suo insegnamento non era privo di pericoli e che il suo senso vero era più sottile di quanto sembrasse a prima vista. L’indù, che si sa identico a Brahma, è tentato di considerare Brahma, che risiede nel loto del suo cuore, come una sorta di gioiello nascosto che sarebbe suo e di cui dovrebbe solo prendere possesso. La “realizzazione” spirituale, con cui diventa ciò che è, viene allora intesa come una sorta d’“affare personale”, per il quale i mezzi tradizionali sono solo procedimenti di risveglio e dei coadiuvanti: l’essenziale per l’uomo è di far penetrare la punta della sua coscienza attraverso tutti gli involucri che gli velano il Sé. Tale realizzazione, in altre parole, rischia assai d’essere concepita semplicemente come il ratto e l’assimilazione del Sé da parte dell’io, mentre essa è anche, e ancor più, il dono del Sé all’io e l’evizione dell’io da parte del Sé. Il Sé universale non è un possesso dell’io individuale, è il suo essere nascosto, cioè si rivela a lui quando piace. Da qui l’insistenza dei maestri sugli atteggiamenti d’amore e di sottomissione e sull’importanza della grazia (prasâda, anugraha, shaktipâta), che non era d’altronde stata dimenticata dalle scuole rimaste legate alla pura dottrina dell’identità, quali il vêdânta shankariano e lo shivaismo del Kashmir.

In modo generale, una dottrina spirituale è, in quanto tale, un’antropologia, cioè è d’ordine cosmologico. È una dottrina della dualità, poiché insegna una via, una direzione, definita al tempo stesso dal suo punto di partenza e dal suo punto d’arrivo: è mediatrice tra jîvâtmâ e Paramâtmâ. La metafisica è per lei un’implicazione, non il suo stesso corpo; e le difficoltà intellettuali che offrirà deriveranno spesso dalla necessità d’armonizzare le formule, sovente contraddittorie, della metafisica e della cosmologia. Una metafisica leggermente irrigidita minaccia la spiritualità; e questa, per difendersi, s’è frequentemente rifugiata in dottrine dualiste e pluraliste che, a loro volta, compromette
vano la sua fondamentale ispirazione dandole un carattere più o meno arbitrario.

Quest’ultima soluzione tuttavia non è stata quella del buddismo, come se obbedisse suo malgrado a qualche secondo fine metafisico. Partendo, come l’Induismo, della dualità del samsâra e della liberazione, distrugge il primo termine con l’idea d’illusione, di vuoto; e, quanto al secondo, lo vela in un’apofasi assoluta. Realizza l’unità in modo negativo, è l’unità del Vuoto. Infine, per dare il colpo di grazie all’uomo e lasciarlo senz’alcuna prospettiva di futuro, che diventerebbe velocemente per lui l’occasione di un desiderio, rompe il sûtrâtmâ, che riunisce tra loro i vari stati dell’essere, e non lascia più di fronte all’asceta che un compito da adempiere. Alla lunga, come si sa, questa dottrina non ha potuto mantenere il rigore della sua negazione originaria(1).
Nelle tradizioni monoteiste, al contrario, si è in pieno “realismo” e la nozione scritturale di creazione è stata interpretata dogmaticamente nel senso di un’irriducibile dualità del Creatore e della creatura. Senza dubbio si potrebbe far osservare che questa dualità, essendo d’ordine cosmologico e corrispondente a una prospettiva temporale, non contraddice la non-dualità metafisica. Si può considerare la creazione come inclusa nell’Atto eterno e infinito – Dio essendo e irraggiando per un solo e medesimo atto –; ma, dal momento che non lo si fa, si traspone quest’idea su un piano puramente razionale, temporale, la si “pensa” per mezzo di schemi la cui relatività è evidente e che implicano in qualche modo una dualità: o, in relazione a Dio, quella di un interno (il Creatore) e di un esterno vuoto che si tratta di riempire, o in Dio stesso quello della potenza, corrispondente allo stato “anteriore” alla creazione, e dell’atto, corrispondente allo stato “posteriore” o, se si preferisce, allo stesso Fiat creatore. Gli Indù hanno un Dio creatore, che è Brahmâ, ma il suo atto rientra nel dominio della Shakti, non in quello di Parama-Shiva. Senza dubbio la differenza e la distanza hanno i loro analoghi in ciò che abbiamo chiamato l’Atto eterno e infinito, che è l’unione, non la confusione, di Shiva e della Shakti: esse ne rappresentano dei “momenti” che una dottrina monistica rischierebbe di dimenticare. Ma i “momenti” dell’unità e dell’identità sono a loro volta, dal punto di vista in cui ci poniamo, un po’ troppo trascurati nelle teologie monoteiste, in cui l’unità divina s’oppone puramente e semplicemente alla diversità creata. L’esperienza degli spirituali, che ha fatto temere che il Sé, riconosciuto come divino, non venisse a gonfiare l’io invece di ridurlo e d’esaurirlo, ha con ogni probabilità giocato un ruolo importante nella costante affermazione del dualismo; cui è venuto ad aggiungersi, presso i teologi della Chiesa latina, l’influenza decisiva e ben nota dell’aristotelismo.
Se dunque la dottrina dell’identità non è accettata dalle tradizioni monoteiste, il minimo tuttavia che se ne può asserire è che infesta tutto il pensiero “platonico”, incluso il “platonismo cristiano”, per non parlare dei sufi, soggetti d’altronde alla duplice influenza dell’India e del neoplatonismo. S’è espressa, talvolta in modo molto chiaro, vuoi negli scritti di uomini naturalmente metafisici – ad esempio in Plotino e Nicola Cusano – o in quelli di spirituali che cercano di tradurre le loro illuminazioni. Ma, fondamentalmente estranea all’aristotelismo, è divenuta, dalla fine del Rinascimento, che è stato anche quella del platonismo, e malgrado certi sforzi dei cartesiani, e soprattutto dei filosofi romantici tedeschi, quasi estranea al pensiero moderno. L’opinione di Cartesio, che l’idea dell’Infinito fosse la prima di tutte, è rimasto per molti lettera morta e, in modo generale, la filosofia degli ultimi secoli è mancata del campo necessario alla sua speculazione. Sebbene reagisca oggi piuttosto fortemente contro il razionalismo e il materialismo, resta nondimeno lo specchio del suo tempo, ossia di un’epoca che trae dalle scienze positive la maggior parte del suo nutrimento intellettuale; e il desiderio, abbastanza naturale, di rimanere sempre in piena continuità con la scienza, di non abbandonare alcun punto di contatto con essa, la ricollega in realtà ai modi di pensiero e di conoscenza propriamente umani, razionali. Vorremmo quasi dire, se l’espressione non fosse così irriverente, che la filosofia moderna ha una palla al piede: la palla del “pensiero scientifico”, relativo per definizione. A parte alcune felici eccezioni, lo stato della filosofia contemporanea – per riprendere un paragone molto usato – è ancora sotto molti aspetti simile a quello dell’astronomia prima di Copernico: le costruzioni più ingegnose sono accumulate attorno a un postulato cui non si vuol rinunciare e che è qui la supremazia dell’uomo(2). Se si indica la “terra” come la dimora dell’uomo, il suo ambiente naturale, il “sole” come la verità che attrae le intelligenze, si potrebbe dire che l’attuale situazione intellettuale richiede una rivoluzione che faccia passare da un sistema geocentrico a un sistema eliocentrico, che faccia preferire la verità all’uomo, o più precisamente la verità in breve alla verità umana. Questa rivoluzione, Guénon l’ha compiuta per molti dei suoi lettori.
Ha restituito loro le regioni ipercosmiche e sovra-umane della realtà, quel che il pensiero moderno ha ritenuto di dover trascurare e quel che si è dimostrato incapace di sostituire. Senza dubbio si può giudicare che l’opposizione che Guénon ha stabilito tra le civiltà tradizionali e il mondo moderno è la parte della sua opera più visibile e più caratteristica; ma si sarebbe capita male senza il suo sfondo metafisico. Ecco perché ciò che abbiamo chiamato l’idea metafisica, con i suoi diversi aspetti e i suoi punti di partenza cosmologici, ci pare rappresentare la parte centrale del suo messaggio, la verità più “vivente” e più importante che ci abbia portato o richiamato. Siegfried Lang ha caratterizzato abbastanza bene la sua opera come un “rifugio della metafisica”.

Val appena la pena aggiungere che le verità più alte sono, per loro natura, proprie al dominio dell’inesprimibile e che non si rivelano con qualche formula, per quanto indovinata e opportuna possa essere. Mal si concilierebbero con procedimenti affrettati, che s’accontenterebbero d’opporre un dogmatismo a un altro dogmatismo. Come il ghiaccio di cui parla lo Yi-king («Si cammina sul ghiaccio. Grande circospezione»), i nostri concetti ci portano sempre solo fino a un certo punto; e la dottrina più chiara giace a nostra insaputa su un fondo yin, su un mistero, proprio come dietro al Deus revelatus, e velata dal suo splendore, si trova ancora il Deus absconditus che l’ha generato(3). Si tratterebbe, dunque, non tanto di “trasmettere” un’idea quale ad esempio quella dell’identità (se ne può solo trasmettere l’abito) quanto di studiarne le diverse espressioni, di meditarla e di comprenderla, se possibile, nelle sue più utili sfumature. Non è questione, beninteso, di cogliere lo spirito impercettibile in alcuna rete concettuale, ma soltanto d’affinarne e orientare la concezione, in modo che possa irradiare più liberamente in un dato ambiente mentale e, innanzitutto, in noi stessi.


* André Préau, René Guénon et l’idée métaphysique, in Études Traditionnelles,
n. 293-294-295, Numéro spécial consacré à René Guénon, 1951.

1) Per il suo spirito e le sue conclusioni, tale rigore può essere paragonato a quello di Simone Weil quando scrive che importa poco sapere se il Bene esiste o no, poiché in ogni modo «ciò che non è lui non è bene», o ancora che la questione delle ricompense non dev’essere posta, poiché implica un ritorno dell’anima a se stessa, un rilassamento del suo sforzo verso il Bene (vedi La connaissance surnaturelle, pp. 284 e segg. e p. 321).

2) Presso i tomisti, il postulato che non può essere messo in discussione è il “realismo” derivato dalla concezione aristotelica dell’“essere” e che fa considerare il platonismo, e ogni forma d’“idealismo”, come una tossina intellettuale.

3) Le formule e le definizioni dogmatiche, scrive Simone Weil, devono essere accettate, «non come verità, ma come qualcosa dietro cui si trova la verità» (Lettre à un religieux, p41)

mercoledì 20 novembre 2019

“Della Favola, del Viaggio e di altre cose” di Sergio Solmi in bancarella

Una piccola segnalazione libraria in collaborazione con Simone Berni (http://www.cacciatoredilibri.com/della-favola-del-viaggio-e-di-altre-cose-di-sergio-solmi-in-bancarella/)

ROMA PORTA PORTESE Domenica 8 Settembre 2019 Su una bancarella di Via Parboni, è stato avvistato un libro (pagine 109 in 8° piccolo) dello scrittore, poeta e saggista Sergio Solmi (1899-1981). Il volume s’intitola: Della Favola, del Viaggio e di altre cose – Saggi sul fantastico ed è stato pubblicato in prima edizione nel 1971 da Riccardo Ricciardi (Milano-Napoli). Si tratta di una raccolta di scritti che apparvero in riviste letterarie o furono presentati come prefazioni a libri di altri autori, qui riuniti per omogeneità di argomento. Il saggio viene offerto, come nuovo, a 15 € (E. P.)


giovedì 14 novembre 2019

Trofeo Letterario La Centuria e La Zona Morta

E’ partita la XII Edizione del “Trofeo Letterario La Centuria e La Zona Morta” per racconti fantasy con la collaborazione dell’Associazione “A Campanassa” di Savona e della manifestazione “Savona  International Model Show 2020”.
L’Associazione Culturale “La Centuria” e il sito “La Zona Morta” gestiranno le varie fasi dell'iniziativa e selezioneranno, tra gli scritti pervenuti, i racconti finalisti, i quali saranno poi valutati da una Giuria di qualità costituita da scrittori quali Davide Longoni, Donato Altomare, Filippo Radogna, Giovanni Mongini, Alessio Banini, Anna Giraldo ed Emanuele Manco, oltre a esperti appassionati del settore dell’Associazione “La Centuria”, dalla Prof.ssa BOTTINELLI Simonetta dell’Associazione “A  Campanassa” e da  autori di  giochi.
Ciascun testo verrà giudicato innanzitutto per l’originalità della trama e della scrittura, per la forma e la chiarezza  narrativa.
Per i primi cinque racconti classificati sono previsti un attestato, una medaglia e la pubblicazione sul sito internet de “La  Centuria” (www.lacenturia.it), sul sito internet “La  Zona  Morta”  (www.lazonamorta.it), sulla rivista cartacea “La Zona Morta Magazine” e sul sito di GdR www.dark-chronicles.eu, nonché sulla  brochure cartacea  ufficiale dedicata alla “Savona  International Model Show” prossima ventura e un libro a testa offerto dalle Edizioni Il Foglio Letterario.
Inoltre il primo classificato riceverà un Premio di 200,00 Euro, il secondo un  Premio di 100,00 Euro e il terzo un Premio di 100,00 Euro in buono-libri.
Per partecipare inviare i testi (max 4 per partecipante e max 21.600 caratteri, spaziature fra parole incluse) in formato .rtf e .txt a: associazione@lacenturia.it, longdav@libero.it e letteratura@dark-chronicles.eu.
La partecipazione al “Concorso letterario La Centuria e La Zona Morta” è pari a Euro 7,00 (sette/00), da versarsi tramite ricarica/accredito su Carta PostePay n. 4023 6009 1499 9893 intestata a Davide Longoni.
La scadenza è prevista per il 20 dicembre 2019, mentre la cerimonia di proclamazione dei vincitori avrà luogo nella tarda mattina/primo pomeriggio del giorno domenica 13 gennaio 2020 all’interno della Torre medievale del Brandale, Piazza del Brandale 2, a Savona (SV).
Ulteriori info all’interno dei siti citati.



mercoledì 6 novembre 2019

Le streghe in Toscana

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da http://micheleleone.it/le-streghe-in-toscana/

Un articolo della Rivista delle tradizioni popolari sulle streghe in Toscana

Le Streghe in Toscana è il primo articolo su streghe, stregoneria, stregheria e via dicendo, sperando di farti cosa gradita oltre a scrivere delle mie ricerche ti riporterò anche articoli o documenti dei secoli passati come ad esempio quello che stai per leggere. Pubblicato nella Rivista delle tradizioni popolari nel novembre 1894.

Ecco l’articolo sulle Streghe in Toscana

Le Streghe (credenze popolari pisane)

Nella Rivista delle tradizioni popolari è stato già pubblicato qualche cosa intorno alle streghe. In Toscana la credenza nelle streghe è molto diffusa, e potrà essere interessante porre in raffronto le diversità che presenta nelle varie Provincie e presso le diverse popolazioni una credenza uguale in origine. Esporrò qui intanto, senza fare commenti, quello che ho potuto raccogliere dalla bocca del nostro popolo.

Molto radicata e la credenza nelle streghe a Gello, piccolo paese vicinissimo a Pisa, che vive con l’industria dei tessuti; un’altra fonte di guadagno hanno le donne gellesi, le quali esercitano tutte il mestiere delle balie. Fu appunto la balia d’un mio bambino che mi fornì gran parte delle notizie che ora sono in grado di comunicare.

— Non bisogna crederci perché è peccato, ma le streghe ci sono; — ecco le sue precise parole.

Descrizione delle streghe in Toscana

Le streghe sono persone d’ambo i sessi, che mangiano e bevono, nascono e muoiono come tutte le altre; ce ne sono di vecchie e di giovani, di belle e di brutte, insomma per tutti i gusti: però, quando invecchiano, diventano più brutte delle altre. Possiedono un potere soprannaturale che possono esercitare a danno o talvolta anche a vantaggio degli uomini, e propagano la loro magia col semplice contatto, oppure anche somministrando bevande appositamente preparate, o facendo altre stregonerie. Hanno anche molti obblighi, come quello di lasciare le loro abitazioni per andar a girare nelle notti di mercoledì e di venerdì.

Le streghe, per la maggior parte, cercano di nascondere l’esser loro, che altrimenti sarebbero odiate e sfuggite; alcune però invece esercitano il mestiere, e queste potrebbero paragonarsi alle antiche sibille. Naturalmente indovinano il pensiero, leggono sulle dita delle mani, fanno certi speciali scongiuri e somministrano alcuni loro specifici per guarire persone affette da qualche malattia, specialmente nervosa. Molte volte riescono, forse per la fiducia con la quale il malato si sottopone alle loro cure, forse anche perché essi avranno fatto studi sull’arte medica, e conosceranno alcuni medicamenti utili in certe occasioni. Qui a Pisa ci sono stregoni d’ambo i sessi; pare, a quanto mi si dice, che gli uomini siano più reputati.

Nascere e diventare streghe in Toscana

Si può nascere stregoni e si può anche diventarlo in seguito. Tutti i bambini che nascono nella notte di San Giovanni (alcuni dicono anche di San Pietro) sono destinati alla stregoneria. C’è però mezzo di salvarli. Fino all’età di sette anni essi non acquistano il magico potere; bisogna che i genitori sorveglino il fanciullo nella notte di San Giovanni in cui egli compie il suo settimo anno, perché è allora soltanto che le streghe lo chiamano. Se alla voce che grida: — Vieni, alzati, — il bimbo risponde, egli è preso; se invece la madre, vegliando appositamente, risponde alle streghe prima che il figliuolo si desti, questi è salvo. Poiché pare, e ciò ho potuto dedurre anche da altri racconti, che le streghe non possano più esercitare il loro potere quando sono scoperte.

Questa credenza relativa alla notte di San Giovanni è molto diffusa: una donna di Campiglia Marittima mi narrò come una sua amica abbia udito la voce delle streghe che chiamavano il figliuolo, ed essendo essa andata con una granata per scacciarle, trovò, la mattina, la granata in bricioli sulla porta della sua casa.

Ho detto che si può anche acquistare in seguito il potere della stregoneria. Una strega, prima di morire, desidera di lasciare la propria eredità. Essa dice: — A chi la lascio? — e se qualche persona, credendo che la morente voglia alludere ad una eredità di danaro o di oggetti, risponde: — A me — in lei si trasfonde lo spirito della strega non appena questa abbia cessato di vivere.

Le tregende

Una volta c’erano anche le tregende, cioè processioni di streghe che giravano la notte a spargere i loro malefizi.

— Sarà una sessantina d’anni — mi disse la solita balia gellese — e alcuni vecchi si ricordano di averle vedute.

Ora, dopo che i preti benedicono le case e le strade di campagna, le tregende non ci sono più. Al proposito dei preti debbo segnalare un altro fatto, che mi è stato ripetuto da più d’una persona, e cioè che essi pure credono alle streghe, quantunque raccomandino di non parlarne per non spargere tali pregiudizi. Mi si assicura che molti preti, andando a benedire le case, dicono una benedizione speciale per allontanare i malefizi della stregoneria.

Guarire dall’ammaliamento e metodi per prevenire la stregoneria

C’è un santo al quale si rivolgono le persone ammaliate per esser guarite, e questi è San Valentino. Il malato dev’essere portato in una chiesa consacrata a quel santo; quanto più egli si avvicina alla mèta del suo viaggio, tanto più gli riesce difficile e faticoso proseguire la via, si dice perché le streghe vorrebbero impedirgli di giungere al tempio del santo liberatore. Il malato stesso pare che opponga resistenza, e dev’essere trascinato a forza dentro alla chiesa. Lì prorompe in grida e bestemmie, e se gli viene presentata l’immagine del santo, la ingiuria e la copre di vituperi. Poi, mentre si dibatte fra atroci spasimi, gli escono dal corpo gli spiriti che lo possedevano, e allora soltanto il malato, reso più mansueto, s’inginocchia a pregare ed a ringraziare il santo che lo ha liberato.

Anche questa credenza nel potere di San Valentino è assai diffusa. La donna di Cello aggiunse, a ciò che ho già narrato, che non sempre il santo è capace di fare la grazia. Allora la perlina ammaliata, nel delirio, dice per quanto tempo dovrà durare il suo male, e se confessa di essere stata stregata per tutta la vita, è condannata prima o poi a morire.

Si narra di una ragazza che, portata al tempio di San Valentino, disse di essere stata stregata per cinque anni. Difatti, corso quel termine, guarì, ed ora è monaca.

La strega stessa che ha ammaliata una persona è naturalmente capace anche di guarirla, anzi pare che sia in dovere di farlo quando venga scoperta. Vi è un mezzo per conoscere questa strega; però non tutti lo adottano, per quanto sia ritenuto infallibile, perché si dice che chi usa questo artifizio viene scomunicato. Mi si assicura che qualche madre, per salvare un figliuolo malato, abbia anche affrontato il pericolo della scomunica, e sia riuscita nel suo intento. Bisogna alla mezzanotte mettere a bollire in una pentola i panni della persona stregata, e bucarli con delle forche. Durante quest’operazione una persona verrà a picchiare all’uscio, e quella sarà la strega.

Molto spesso quando una persona è malata e i medicamenti valgono a farla guarire, il nostro popolo dice che quella persona è stata stregata. Quando, ad esempio, un bambino deperisce senza ragione, bisogna scucire il guancialino del suo letto, e se si trova la lana o la penna legate a trecce e a nodi, tal lavoro è opera di una strega, la quale per conseguenza deve aver stregato il bambino.

Per preservarsi dal pericolo della stregoneria, il nostro popolo, quando vede una persona sospetta, usa fare la castagna, come si dice comunemente, colle dita della mano; e c’è chi assicura che, mentre si fa questo segno, la strega resta immobile. Ci sono altri mezzi per conoscere le streghe. Se in chiesa si mette uno spillo alla ghirlanda di fiori che sta appesa sopra la piletta dell’acqua santa, la strega che bagna la mano nell’acqua benedetta vi resta come legata. Secondo un’altra versione, bisogna invece mettere un centesimo nella piletta per far sì che le streghe non possano uscir dalla chiesa.

Un episodio particolare sulle streghe in Toscana

Mi si raccontò un fatto curioso avvenuto parecchi anni or sono a Campiglia Marittima; lo scrivo quale mi è stato narrato senza fare commenti.

Un giovane faceva all’ amore con una ragazza, quando gli misero il dubbio che la sua innamorata fosse una strega. Per mettere in chiaro la cosa, egli andò a trovarla di venerdì sera, quando appunto le streghe sono costrette a riunirsi tutte insieme, lasciando le loro rispettive case. La ragazza sospetta dunque, per rimanere libera, diede allo sposo una bevanda destinata a farlo addormentare; egli però non cadde nel tranello, e dopo aver finto di bere, finse anche di dormire. La ragazza allora, sollevata una pietra del camino, ne trasse una specie di pomata, colla quale si unse tutta, ed uscì; il giovane le corse dietro, la raggiunse in riva al mare, e riuscì a nascondersi, arrampicandosi sull’albero della barca dove si riunirono le streghe sotto la direzione del loro capo. Lo stregone diceva: — Via per 10 — per far muovere la barca, ma la barca non partiva. Allora si decise a dire: — Via per 11 — e la barca lasciò la terra; le streghe non capirono nulla non essendosi accorte del nuovo loro compagno, il quale, dopo aver fatto un viaggio notturno, ritornò in terra; non seppe dare però altre notizie sulle arti delle streghe, e si contentò di abbandonare la sposa.

Conclusione

Ciò che mi sorprendeva durante le mie ricerche folk-loriche era la profonda convinzione con la quale il popolo mi parlava delle sue credenze e delle sue superstizioni, e mi narrava i fatti più strani. E qui voglio fare una distinzione: non mi farebbe meraviglia sentir parlare delle streghe quali esseri soprannaturali ed invisibili, poiché le credenze astratte sono a tutti permesse; le stesse religioni non sono forse fondate sopra miracoli? Ma ciò che mi sorprende è il sentirmi assicurare che molti sono stati testimoni di fatti che invece non presentano alcuna possibile verosimiglianza. Ciò non si spiega se non ammettendo che alcune persone abbiano delle allucinazioni cagionate da una cieca fede nelle loro credenze, e da una fantasia eccitata da strani e favolosi racconti. Sono stata lieta però di sentirmi ripetere da tutti che le streghe ai giorni nostri sono in minor numero di quello che non fossero una volta. Se dunque la loro famiglia si è già assottigliata, è sperabile che un giorno sparirà del tutto dalla faccia del globo, ed io mi auguro che in un tempo non molto lontano i folk-loristi potranno segnalare questo progresso della civiltà.

Emma Bonaventura



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sabato 2 novembre 2019

Crociate, misteri, delitti Nel Graal genovese c'è un giallo medievale

tratto da Il Giornale del 23/5/2019

Protagonista del libro ambientato nel XII secolo è il condottiero e detective Guglielmo Embriaco

di Matteo Sacchi

Il mare è la libertà. Ma un vascello può essere anche una prigione carica di orrore. Non per niente la parola «galera» che, all'origine, indicava le snelle navi medievali e rinascimentali a remi - derivate dai dromoni bizantini - è anche quella che si usa come sinonimo di carcere duro.

Quanto una nave possa diventare un claustrofobico inferno il lettore può scoprirlo tra le pagine de I senza cuore (Giunti, pagg. 416, euro 19), il nuovo romanzo di Giuseppe Conte. Conte è un maestro della parola, capace di spaziare agevolmente tra poesia e narrativa, e imbastisce un giallo storico che coniuga l'ambientazione medievale, quasi un Nome della rosa movimentato dalla violenza del maestrale, a un sottile clima di terrore psicologico che ricorda il romanzo The Terror di Dan Simmons, dove l'equipaggio di un bastimento isolato nei ghiacci polari precipita nella follia.

Proviamo a riassumere la trama del libro senza rovinare il piacere della lettura. Anno del signore 1116. Nella potente città marinara di Genova, il mercante crociato Guglielmo Embriaco, detto Testadimaglio, organizza un misterioso viaggio a bordo della sua nuova magnifica nave, la galera chiamata «La Grifona». Guglielmo (personaggio storico realmente esistito) ha partecipato alla Prima crociata, sono state le sue macchine d'assedio a far cadere Gerusalemme, e ha riportato in città meravigliose ricchezze, compreso il Sacro catino (ancora oggi nel museo della Cattedrale cittadina). Eppure una grande inquietudine attraversa l'animo del marinaio guerriero. Un antico segreto, rivelatogli contro la sua volontà, lo spinge a passare le Colonne d'Ercole per navigare verso Nord. Ma non sarà un viaggio fortunato. Sulla rembata di prua, una mattina, viene ritrovato il cadavere di Astor Della Volta, giovane ufficiale di nobile famiglia. Imbarcato a colpi di raccomandazioni, bellissimo ma cinico e malevolo, tra gli altri ufficiali aveva ben pochi amici, tra i banchi dei rematori o tra la ciurma ancora meno. Ma chi si poteva immaginare che qualcuno avrebbe approfittato delle tenebre di una notte di luna nuova per squartargli il petto e strappargli il cuore?

Tra i banchi della nave si diffonde il terrore che prende ufficiali, marinai e schiavi ai remi. Chi uccide sulla «Grifona», e perché? Subito c'è chi parla del maligno, a partire dal prete di bordo, Don Rubaldo Pelle. Del resto, in un ambiente così ristretto, dove gli uomini vivono pigiati gli uni agli altri tanto che domina sempre un tanfo insopportabile, come è possibile che qualcuno sia riuscito a compiere un delitto talmente efferato senza essere visto?

Sul mistero indagherà proprio Guglielmo Testadimaglio, con il suo scrivano Oberto da Noli (che è anche la voce narrante del racconto). I due uniranno le loro forze: da un lato la logica ferrea di Guglielmo, uomo più abituato a progettare macchine d'assedio che a ragionare sui meandri della mente umana, dall'altra la cultura umanistica del giovane letterato, che si trasforma nell'indispensabile braccio destro del comandante-detective. Ma nel frattempo sulla nave il sangue continuerà a scorrere, fra tempeste, inseguimenti di pirati barbareschi, bonacce sconsolanti e incontri con i vichinghi, vendite redditizie in porti amici ed eventi nefasti. Ma più che la trama, ben costruita, a contare è l'ordito. Conte approfondisce nel racconto la psicologia di una miriade di personaggi (dal cuoco di bordo al maestro d'ascia Giuseppe di Pietrabruna), riflette sul senso della pace e della guerra, su come il mare generi fratellanze indissolubili e odi furibondi, sulla colpa e sul perdono. Utilizza insomma la nave e i suoi spazi ristretti per mettere la natura umana alle corde e vivisezionarla.

E alla fine per rivelarci che il diavolo è femmina e, a volte, ha le sue ragioni, anche se nemmeno il più astuto degli investigatori può capirle.


mercoledì 30 ottobre 2019

Tonache di sangue

Un veloce consiglio di lettura.

Tonache di sangue è un libro di Davide Busato che tramite documenti che vanno XV secolo al XVIII racconta delitti anche piuttosto raccapriccianti in cui i protagonisti sono uomini e donne appartenenti al clero.

Su Vanilla Magazine potete trovare una sintesi di uno di questi casi in cui la protagonista è una suora serial killer: Suor Maria Luisa: una Serial Killer al monastero Sant’Ambrogio di Roma

La breve presentazione del libro:

«Tonache di sangue. Assassini, briganti e sicari» raccoglie trentasei casi di cronaca nera che hanno come protagonista il clero. Suddiviso in sette sezioni - sicari, iracondi, lussuriosi, pluriomicidi, banditi, avari e blasfemi - il volume narra eventi delittuosi svoltisi fra Cinquecento e Novecento, che hanno coinvolto preti, monaci, abati e badesse disposti a uccidere per cupidigia, lussuria o semplice follia: dal sicario frate Donato di Milano che attentò la vita di Carlo Borromeo, alle atmosfere torbide del monastero di Sant'Ambrogio di Roma nel quale operò un'assassina seriale; da "papa" Ciro il brigante di Taranto, a fra' Diego la Matina di Palermo che uccise un inquisitore. Con stile coinvolgente e suggestivo, l'autore trae da fatti di cronaca e archivi dell'epoca episodi rimasti celati alla Storia ufficiale, mostrando tutta la fragilità e la vulnerabilità dell'essere umano.

Tonache di sangue
Copertina rigida: 314 pagine
Editore: Rusconi Libri (26 luglio 2018)
Collana: Rusconi Libri
Lingua: Italiano
ISBN-10: 8818032739
ISBN-13: 978-8818032734
Peso di spedizione: 458 g


sabato 26 ottobre 2019

Sindone, nuovi studi ne mettono in discussione la datazione

tratto da Il Giornale del 22/5/2019

Nuovi studi eseguiti sulla Sindone ne mettono in discussione l’origine medievale, finora generalmente accettata dai ricercatori. I dati pubblicati su Nature nel 1988, dunque, non sarebbero più affidabili

di Francesca Rossi

La Sindone rimane uno dei misteri storici, archeologici e religiosi che ancora non siamo stati in grado di risolvere.


La conclusione dell’analisi radiocarbonica effettuata nel 1988 e pubblicata su Nature faceva risalire l’origine del telo al Medioevo, datandolo a un arco di tempo compreso tra il 1260 e il 1390 d.C. Fino a oggi questo risultato, in pratica una confutazione dell’autenticità della Sindone, è stato generalmente ritenuto valido. Nuove analisi, però, potrebbero cambiare definitivamente le nostre (poche) certezze sul telo in cui si ritiene sia stato avvolto il corpo di Gesù dopo la morte. Come riporta il quotidiano La Repubblica, il prossimo 23 maggio si terrà un incontro multidisciplinare tra studiosi della Sindone nell’aula magna del palazzo centrale dell’Università di Catania.

In quest’occasione sindonologi, statistici e data analyst si confronteranno sui risultati di nuovi studi effettuati su dati ufficiali e dati grezzi (ovvero pubblicati su una rivista scientifica per la prima volta) che dimostrerebbero l’inaffidabilità della tesi del 1988. Benedetto Torrisi, statistico dell’Università di Catania, ha affermato: “La nostra analisi prova che non c’è evidenza definitiva che la Sindone sia medievale”. In effetti, nel corso degli anni, molti dubbi avevano incrinato le teorie ufficiali in merito alla datazione del telo.

Dal 1988 fino a oggi gli studiosi hanno continuato a cercare, a studiare, mettendo in discussione più volte ciò che sembrava un risultato assoluto. Come sottolinea La Repubblica, tutta la questione dell’origine della Sindone ruotava attorno all’impossibilità di esaminare i dati grezzi fino a ora secretati. I ricercatori dell’Università di Catania, però, sono riusciti a ottenerli e a studiarli, giungendo a un risultato inaspettato. A proposito di queste nuove analisi Torrisi spiega: “Aver ottenuto i dati grezzi ha permesso di formulare diverse considerazioni: i laboratori hanno prodotto risultati differenti, non riconducibili allo stesso fenomeno. Qualcosa è andato storto durante il processo di datazione, probabilmente poiché i campioni testati non erano omogenei”.

Vatican News riporta anche il passaggio del discorso in cui Torrisi spiega in che modo i dati grezzi potrebbero rivoluzionare le nostre conoscenze sulla Sindone. Lo studioso, infatti, dichiara che da essi “sono emersi riscontri statistici maggiori rispetto a quelli del 1988. Poi, analizzandoli bene, siamo riusciti a raggiungere nuove conclusioni da offrire alla comunità scientifica mondiale”. Nature, infatti, pubblicò quattro risultati campionati ma, come sottolinea Torrisi, “nella realtà di valori di campionatura ne abbiamo trovati più di sedici”. La teoria di cui si discuterà il 23 maggio è stata pubblicata sulla rivista scientifica Archaeometry, edita per conto dell’Oxford Research Laboratory for Archaeology and the History of Art. Dunque il metodo di campionamento del 1988 sarebbe errato e i risultati pubblicati su Nature tutti da rivedere. Siamo davvero di fronte alla più importante reliquia della Cristianità? È presto anche solo per ipotizzarlo, ma da oggi tutte le possibilità sono di nuovo in gioco.

mercoledì 23 ottobre 2019

"Sono tra noi" - 9° Convegno di Ufologia Città di Pomezia

"Sono tra noi" - 9° Convegno di Ufologia Città di Pomezia
Simon Hotel, 10 novembre 2019 ore 9 -20

Come ormai consuetudine degli ultimi anni è in arrivo il popolare “9° Convegno di Ufologia città di Pomezia” che si terrà domenica 10 novembre 2019, presso l’accogliente Simon Hotel, denominato dagli appassionati l’hotel degli ufo, divenuto in pochi anni fra i convegni più noti e importanti in Italia per la splendida organizzazione e la qualità dei relatori e per le tante sorprese e innovazioni che l’organizzatrice unica dott.ssa Francesca Bittarello propone ed apporta ad ogni edizione tanto da destare l’interesse di televisioni nazionali e locali e tanti giornali importanti presenti ad ogni edizione. Per la prima volta l'evento si svolgerà in una nuova sala conferenze da 500 posti. Anche per questa edizione previsto il pienone di pubblico appassionati o curiosi e organi di stampa e media che giungeranno da tutto Italia. Per l’immancabile presenza di stampa nazionale e locale è a loro dedicata un area stampa riservata con graditi cadeaux offerti dall’organizzazione.

L’ingresso per chi vorrà assistere all’evento avverrà con un contributo di € 5.
La giornata si articolerà dalle 9 alle 20 con cena finale per chi lo desidera a 10 € con buffet illimitato, con una pausa pranzo dalle 13 alle 14 dove tutti potranno per soli 5 euro gustare il famoso panino alieno un panino gigante e volendo con la birra aliena (il panino alieno è anche vegano e vegetariano) con una bibita e un caffe. A fine serata prima della cena la consueta lotteria aliena con premi per tutti.

Molto importanti e noti i relatori del convegno UFO con l'eccezionale presenza di Filiberto Caponi l’italiano che negli anni 90 ebbe un incontro ravvicinato del terzo tipo con una creatura extraterrestre, caso noto perché negli anni al centro di depistaggi e calunnie da parte dei detrattori.
Ma Filiberto Caponi sarà presente a Pomezia dove porterà la sua testimonianza diretta e  dove sarà spiegato e analizzato il suo caso reputato assolutamente veritiero e per l’occasione sarà presente un super testimone dell’ Ansa Carlo Daniele che racconterà fatti inediti e incredibile sui depistaggi avvenuti del caso Caponi.
A seguire altri importanti relatori che appassioneranno tutti i presenti infatti a seguire sarà presente l’ex Sottosegretario di Stato alla Difesa Gen. Domenico Rossi già deputato che parlerà degli Ufo e le forze armate; Pablo Ayo ufologo famoso anche per aver curato e presentato per anni la trasmissione Mistero su Italia 1 per il settore ufologico e spesso su RAI e Mediaset per discutere del fenomeno UFO che parlerà dell’ argomento di attualità sulle dichiarazioni della US Navy; Maurizio Baiata noto ufologo italo-americano con oltre quarantennale storia di studi ci parlerà della cover up ufo e poi Francesca Bittarello, nota investigatrice ufologica nonché organizzatrice del Convegno e dell’evento UFOLOGY WORLD per l’ Italia (che si svolgerà nel 2020 info www.ufologyworld.it) che parlerà dei misteri legati a diversi incidenti accaduti in prossimità dei crop circles e poi non mancherà Dario Del Buono uno dei più accreditati esperti in Italia di Ufologia nell’ottica esoterica. Presenti anche la nota scrittrice di fantasy per bambini Patrizia Licari Gradella con il suo ultimo libro che sta riscuotendo molto successo nonché la ricercatrice di cristalli e cristallo terapia Alessia Serafin a disposizione del pubblico in uno stand a lei dedicato.

Per informazioni: WHATSAPP cell. 329.4218323 - orari ufficio
francesca-bittarello@ufologyworld.it





sabato 19 ottobre 2019

MA LO YETI SE NE FREGA

tratto da L'Opinione del 2 maggio 2019

di Dalmazio Frau

Finalmente l’hanno trovato, ma noi non ne abbiamo mai dubitato: Lo Yeti esiste. Io personalmente ne ero certo, anche perché da ragazzo lessi il saggio – credo oggi fuori catalogo – Il mistero dello Yeti, dell’augusta penna di Attilio Mordini, che di certo ne sapeva ben più dei vari Cicap, dei soliti Pieri Angeli e persino dei Piergiorgi Odifreddi.

Qualche ora fa tutte le agenzie, hanno battuto la notizia che l’esercito indiano ha riscontrato - con prove fotografiche - impronte di Yeti, rinvenute lo scorso 9 aprile vicino al campo base di Makalu, sul massiccio dell’Himalaya, a oltre ottomila metri di altitudine.

A questo punto non c’è più alcuna ragione per dubitare scientificamente della realtà tangibile della misteriosa creatura, già citata in numerose fonti tradizionali dell’area tibetana, ma probabilmente già documentata nel tragico caso del passo Dyatlov, nonché riscontrata persino in territorio nordamericano sotto i nomi di Sasquatch o Bigfoot. Nel nostro stesso Bel Pese, l’analogo dello Yeti è comunque presente in numerose fonti antiche con il nome di “homo salvatico” e in altre forme locali. I cultori della zoologia fantastica, o “criptozoologia” se preferite, che sino ad oggi non hanno avuto modo di metterlo in dubbio, adesso potranno garantirne la certezza. Anche perché è evidente a noi tutti che esistono centinaia, anzi migliaia di antropoidi di fattezze umanoidi e radicalchic, che parlano non sapendo alcunché di quello di cui cianciano, dementi fascistoidi che stuprano credendo così d’esser dannunzianamente virili, altri che si drogano per sostenere le loro inverosimili tesi o che scrivono dotti saggi e sceneggiature per la televisione e fanno ancora tante altre cose nei loro attici con vista...

Lo Yeti esiste e lotta con noi, o forse no, semplicemente se ne impippa di tutto, vivendo la sua vita serena nelle solitudini dell’Himalaya, preoccupato soltanto di evitare il genere umano, intimorito dal potersi imbattere in Greta Thunberg, in Michela Murgia o in Asia Argento. Se esistono ancora femministe livorose nelle loro frustrazioni, leccaculi multiruolo, falliti e ipocriti d’ogni genere e specie, sotto qualsiasi egida politica o sociale; “influencer”e “gender fluid” da Grande Fratello… allora, perdonatemi il folle salto sillogistico, ma non vedo proprio perché non debba esistere “l’abominevole uomo delle nevi” che è senza dubbio meno abominevole di quanto si possa pensare e migliore di tutti loro.

Nostra nota.
Il libro di Attilio Mordini, "Il mistero dello Yeti" in realtà è ancora in commercio:



mercoledì 9 ottobre 2019

I primi libri sugli UFO negli Stati Uniti d’America: come è iniziato il mito dei “piatti volanti”

tratto da http://www.cacciatoredilibri.com/i-primi-libri-sugli-ufo-negli-stati-uniti-damerica-come-e-iniziato-il-mito-dei-piatti-volanti/

In principio fu… il 1950
Ho sempre avuto una curiosità insoddisfatta: quale è stato il primo libro pubblicato al mondo sul fenomeno dei dischi volanti? La questione è abbastanza complessa. Innanzi tutto parliamo di Stati Uniti d’America, e non potrebbe essere diversamente dato che tutta la problematica ufologica cosiddetta moderna parte dal 1947 con gli avvistamenti del pilota Kenneth Arnold nello Stato di Washington. Però, non sembra ci siano riferimenti chiari e incontrovertibili fino all’annus mirabilis 1950. Secondo gli esperti librai di Arcturus Book di Port St. Lucie, Florida, Behind the Flying Saucers (“Dietro ai dischi volanti”) (New York, Henry Holt and Company, 1950) di Frank Scully sarebbe uno dei primi tre libri pubblicati sull’argomento. È comunque da considerarsi il libro più importante degli inizi della problematica ufologica. Fu questo testo a scatenare l’entusiasmo popolare per i dischi volanti, la prima tiratura andò a ruba e le successive edizioni ebbero comunque tirature da record. Tutti i libri sugli Ufo degli anni ‘50 e ‘60 citano il lavoro di Scully, o almeno lo citano quelli – e non sono poi molti – dotati di una bibliografia.
Ma quell’anno escono in America – come minimo – altri cinque libri nei quali o si accenna o si parla diffusamente dei dischi volanti. Si tratta di: Star Guests (“Visitatori dalle stelle”) di William Duddley Pelley (Noblesville, Soulcraft); Flying Saucers: Portents of These “Last Days” (“Dischi volanti: un prodigio del nostro tempo”) della Sanctilean University (Santa Barbara, J. F. Rowny Press); The Flying Saucers Are Real (“I dischi volanti sono reali”) di Donald E. Keyhoe (New York, Fawcett Publications Inc.); Is Another World Watching? (“Ci stanno osservando da un altro mondo?”) di Gerald Heard (New York, Harper & Brothers) e Beyond the Moon (“Al di là/oltre della Luna”) di Edmond Hamilton (New York, Nal Signet Books). Traduco, per comodità, il termine saucer in disco.
Di The Flying Saucers Are Real di Donald E. Keyhoe esiste una recente ristampa di un appassionato ufologo disponibile su Lulu.com, il sistema di stampa digitale che ha ormai rivoluzionato l’editoria di nicchia.

Ma qualcuno dice che…
C’è però una seconda ipotesi sul primo nato tra i libri sugli UFO, anzi sui Flying Saucers. Nature of Infinite Entities di Orfeo Angelucci, di solito datato al 1952, potrebbe invece essere stato stampato la prima volta nel 1948 in una rarissima edizione a cura dell’autore. Lo afferma James R. Lewis (ed.) nel suo libro The Gods Have Landed (“Gli Dei sono atterrati”) (New York, University of New York Press, 1995).
Come in altri paesi, anche negli Stati Uniti e nel Regno Unito prima dell’anno 1950 hanno fatto la loro comparsa alcuni libri che proponevano e anticipavano tematiche che poi sono diventate prettamente ufologiche. Tra di questi si può ricordare Frank E. Sorenson, con il suo Now We Fly (“Adesso voliamo”) (Chicago, John C. Winston Co., 1944). Due anni più tardi esce un pamphlet di Kenneth Goff, dal titolo: Traitors in the Pulpit and Treason Toward God (“Traditori nel pulpito e tradimento verso Dio”) (Englewood, Colorado, edizione privata, 1946). In questo libricino di appena 61 pagine compare un capitolo intitolato: The Flying Saucers: From Russia, From Another Planet, Or From God (“Dischi volanti: dalla Russia, da un altro pianeta o da Dio”).

Le sovraccoperte, il vero fattore scatenante!
In ogni caso, i primi lavori sui dischi volanti sono goffi, imprecisi, in quanto il fenomeno è nuovo e la casistica ancora insufficiente per uno studio sistematico. E questo lo si capisce benissimo anche leggendone solo qualche pagina. Lo stesso Kenneth Arnold – che involontariamente dette il via all’Ufologia come fenomeno di massa nel 1947 – decide di mettere nero su bianco e assieme a Ray Palmer fa uscire, ma non prima del 1952, The Coming of the Saucers (“L’arrivo dei dischi”) (Amherst, Wisconsin, Amherst Press).
Dei libri appena elencati sono soprattutto le sopraccoperte illustrate che colpiscono la fantasia della gente. Behind the Flying Saucers di Frank Scully è un volume in ottavo con copertina rigida in tela celestina, con due linee blu che si intersecano al piatto anteriore. Nella sopraccoperta un “piatto” volante bianco solca il cielo color verde mare e si addentra nell’oscurità. Se prendiamo questo libro come il punto di partenza della rivelazione del problema-Ufo, si può dire che una simile immagine rappresenta l’oscurità dalla quale il problema non uscirà mai più. Oltre mezzo secolo più tardi siamo ancora a dibattere su che cosa sono, da dove vengono e che cosa vogliono questi benedetti dischi volanti. Il libro di Scully parla di strani omuncoli che sarebbero precipitati con il loro disco volante. Inizialmente queste teorie erano state pubblicate sulla rivista Variety e poi messe in volume. Il concorrente True fece svolgere delle indagini e smascherò uno dei testimoni scientifici di Scully, screditando così le affermazioni dell’autore.
The Flying Saucers Are Real di Donald E. Keyhoe è invece un libricino in sedicesimo, copertina rigida ma non rilegata. Largo esattamente 4 pollici e un quarto, è un vero e proprio pocket. La copertina è rivestita tipograficamente da una sottile pellicola trasparente che con il tempo tende a staccarsi. Così è abbastanza difficile trovare una copia di questo libro in perfetto stato. Un libraio di Glendale, California, chiama questa pellicola con il nome di plasticine, ma non so se è corretto. L’illustrazione della copertina è da autentica saga stellare, con dischi volanti fantasiosamente sagomati e colorati, da cui dipartono misteriosi fasci di luce. Il tutto in orbita sulla Terra; si intravede la California in basso. Questa immagine è diventata un classico dell’Ufologia, riportata spesso in locandine e manifesti in occasione di mostre e convegni sui dischi volanti. O riprodotta su pubblicazioni del settore. L’autore, Frank Tinsley, potrà esserne soddisfatto, speriamo solo ne abbia ricavato il giusto guadagno.
Il librettino in sé non è rarissimo, credo ce ne siano in circolazione ancora una certa quantità di copie. Come detto, però, sono rare le copie perfettamente conservate, con ancora la pellicola attaccata. Come se non bastasse, la carta di questo libro tende facilmente ad ingiallire e con il passare dei decenni ritengo diventerà assai fragile.
Per assurdo, infatti, i libri non andrebbero mai letti, soprattutto certe brossure tascabili. Leggendole, pian piano si rovinano, allentandosi o addirittura scollandosi. Per i librai le copie unread (“non lette”) sono le migliori, e il perché è evidente al momento di pagare il conto!

La Sanctilean University, il pazzo lato dell’America!
Del lotto degli aspiranti al titolo – forse più platonico che altro – di “primo nato” tra i libri sui dischi volanti fa parte anche lo strano Flying Saucers: Portents of These “Last Days” della Sanctilean University. È in realtà un booklet, cioè un libricino, poco più che un opuscoletto. Conta 40 pagine in formato ottavo, ha una copertina giallo cadmio, con titolazioni in azzurro. È il booklet n. 2 della serie della Sanctilean University di Florence, Arizona. Va subito detto cosa sia questa Sanctilean. Una specie di congrega religioso-culturale che professa ideali new age, una delle tante che caratterizzano il poliedro Stati Uniti d’America. Questa università, sono loro stessi che lo dicono, “è una Educational Corporation dello stato dell’Arizona, in possesso di tutte le autorizzazioni legali di ogni altra università al mondo”. Il libretto in questione non è frequente sul mercato del raro, in effetti deve essere stato stampato in un numero limitatissimo di copie, poste in vendita a 50 cents l’una nel 1950. Si divide in tre parti e nell’ultima tratta del fenomeno dei dischi volanti. La sezione in questione si intitola “Flying Saucers and Related Phenomena”.
L’autore del libretto non è specificato chiaramente. Tutte le indicazioni presenti riportano il nome della Sanctilean al posto di quello dell’autore, il quale, in carne e ossa, potrebbe essere il reverendo John Lowell che due anni prima (1948) aveva pubblicato un altro volumetto per la stessa serie, per la cronaca si trattava di The Impending Golden Age, considerato abbastanza raro in prima edizione. Dice lo stesso reverendo Lowell:

“La Golden Age – L’Età dell’Oro – è il settimo anno dei tredici che compongono un ciclo solare di avanzamento. Le Età dell’Oro sono periodi ricorrenti di rinnovamento astronomico della Terra, in preparazione per il successivo atto nel processo di creazione. La prossima Golden Age è imminente”.

Così almeno si riteneva nel 1948.

Ma insomma, chi ci sta guardando da lassù?
Gerald Heard, un raffinato scrittore nato nel 1889 in Inghilterra e trapiantato in California dal 1937, fu autore del celebre Is Another World Watching? (New York, Harper & Brothers, 1950). L’edizione americana fu poi seguita da quella inglese, nota con il titolo The Riddle of the Flying Saucers (“L’enigma dei dischi volanti”), edita da Carroll & Nicholson di Londra. Da notare come curiosità il fatto che il titolo dell’edizione americana viene usato come sottotitolo nell’edizione inglese e viceversa.
Anche la sopraccoperta di Is Another World Watching? porta un’illustrazione che poi diventerà familiare per chi si occupa di dischi volanti. La Terra vista da un oblò di un’astronave misteriosa. Un disegno che lascia tutto lo spazio necessario all’immaginazione di ognuno di noi. L’edizione inglese, invece, in maniera più esplicita sotto il profilo del messaggio da dare al futuro lettore, porta una sopraccoperta nella quale campeggia il nostro pianeta illuminato dal sole e dal quale fuoriesce una squadriglia di nove dischi volanti.
L’edizione americana è un libro rilegato con copertina rigida in tela color cappuccino al dorso e finta tela, più scura, ai piatti. Il colore di fondo della sopraccoperta è il grigio grafite. Il formato è l’ottavo, le pagine 183, con quattro tavole di fotografie di dischi volanti. In questo libro Heard si produce in un’ardita teoria. Secondo lui i dischi volanti vengono da Marte. I marziani sarebbero simili a dei grandi insetti ma dotati di un’intelligenza superiore.
Ho, come curiosità, trovato un libro molto particolare scritto da Frank Scully. Si tratta di Blessed Mother Goose (“Benedetta mamma oca”) (Hollywood, House-Warven, 1951). Altro non è che un libro di canzoncine e di rime per maestrine d’asilo. Nulla che riguardi l’Ufologia. Stupende le illustrazioni di Keye Luke. Al frontespizio noto una bella dedica dell’autore a una bambina che ha perso il padre nella guerra di Corea. All’interno del volume, come segnalibro, c’era una bella foto d’epoca che ritrae l’autore mentre consegna una copia del suo lavoro a un sacerdote

[testo tratto da “Dischi volanti e mondi perduti“, in: A caccia di libri proibiti, di Simone Berni (Edizioni SimOn, 2019)]

sabato 5 ottobre 2019

Alieni e Umani - Una questione di contatto - Roma

Nel corso dei secoli, popoli di tutto il mondo hanno tramandato attraverso i testi e le raffigurazioni artistiche, la comparsa di misteriosi oggetti volanti nei cieli del nostro pianeta.
In alcuni casi essi hanno anche descritto gli incontri con gli occupanti di questi velivoli rappresentandoli a volte come temibili divinità, a volte come pacifici visitatori celesti.
L’obiettivo che si propone, partendo dalla consapevolezza che non siamo certamente soli in questa parte dell’universo e che, forse, non lo siamo mai stati, è quello di stimolare la curiosità, ma soprattutto i dubbi, di tutti coloro che si sentono attratti da questi argomenti, per cercare di trovare, insieme, le risposte alle molte domande e ai molti enigmi che ancora oggi circondano l’affascinante mistero degli UFO.

Fusolab 2.0
Sabato 19 ottobre 2019 dalle ore 16:00 alle 20:30
Viale della Bella Villa 94, 00172 Roma




mercoledì 2 ottobre 2019

Storia ascetica del Giappone

Il Giappone rappresenta, insieme a pochi altri stati nel mondo, un mosaico di situazioni, emozioni e religioni molto diverse tra loro ma tutte accomunate dalla medesima “parola d’ordine”: la pacifica convivenza.
Il Sol Levante, però, risulta anche peculiare in quanto il vissuto di tutte le fedi lì presenti si radica fin dagli albori della sua storia, arrivando a permeare anche la letteratura e l’intera società che, con il passare del tempo, ha portato ad una commistione tra le principali credenze autoctone dello Shintoismo e le fedi “importate” come il Buddhismo, il Confucianesimo ed il Taoismo.
Come comprendere quindi la genesi e l’evoluzione di un mondo così particolare?
Ovviamente partendo dalla storia, che rappresenta da sempre il punto cardine per un’indagine accurata del contesto in cui si insinuano talune realtà o aspetti di essa; la filosofia che risulta estremamente importante in tutto l’Estremo Oriente antico e moderno; la mitologia e la letteratura che portano da sempre un enorme contributo allo sviluppo e al mantenimento delle realtà spirituali e formative della persona e dello stato; la religione in senso stretto, in quanto formata da quel quid di esperienze e rituali che permettono al singolo di crescere ed evolvere o semplicemente di seguire il dettame imposto dalla fede che avrà poi il compito di forgiare l’identità nazionale.
Il Giappone è tutto questo e molto altro!
Insieme alla yamatologa, Rossana Carne – laureata presso l’Università degli Studi di Torino – iniziamo questo viaggio alla scoperta della religione e del misticismo in Giappone per comprendere le radici storiche di un grande passato e la loro influenza sul presente.

Ancora una volta la nostra Associazione si pregia di invitarvi ad un appuntamento di straordinario interesse al quale non mancare assolutamente!

La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando i numeri 379.1610521 - 346.9451451 -  o scrivendo a: cta102@cta102.it
Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.

Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.


sabato 28 settembre 2019

La reggenza di Michele Arcangelo nell'era dell'ascensione umana

Vi segnaliamo questo evento gratuito organizzato dall'associazione SARAS:

La reggenza di Michele Arcangelo nell'era dell'ascensione umana
sabato 12 ottobre ore 20,30 via A. Volta, 1 - Gattinara (VC)


mercoledì 25 settembre 2019

La magia. Nei secoli e secondo Giordano Bruno

La magia. Nei secoli e secondo Giordano Bruno

di Gianmario Ricchezza e Daniele Trucco

Il lavoro cerca di procedere in modo cronologico mettendo in luce contemporaneamente l’evoluzione del pensiero magico con tutti i suoi notevoli cambiamenti concettuali e gli elementi che invece accomunano da sempre la sua storia. In particolare si è notato quanto il suono e la figura siano ancora oggi elementi indispensabili all’efficacia dell’atto magico: nonostante l’era informatica abbia modificato l’approccio a un certo tipo di ritualità, l’idea chiave della visualizzazione simbolica e della sonorizzazione del comando non si è estinta. Completa il lavoro una nuova traduzione del De magia di Giordano Bruno.


La magia. Nei secoli e secondo Giordano Bruno
Collana: Magia, miti e culti
Pagine: 198
Prezzo: € 16,50
ISBN: 9788871693019



Gianmario Ricchezza ha studiato filosofia all’Università Statale di Milano. Ha curato per Excelsior1881 (Milano) le edizioni moderne dei testi di Giordano Bruno: Il candelaio (2008), La cabala e l'asino (2010), La cena delle Ceneri (2012). Ha pubblicato con M. Cavallero per la Golem Edizioni (Torino) Giordano Bruno e la nascita dell'arte moderna (2016).

Daniele Trucco si è laureato in Lettere presso l’Università di Torino, ha conseguito il Diploma in Pianoforte al Conservatorio “G. Verdi” di Torino e quello di Composizione al Conservatorio “F. Ghedini” di Cuneo. Collabora con riviste di arte e di matematica, ha pubblicato saggi, narrativa e composizioni per vari strumenti e, oltre all’insegnamento di materie letterarie nella scuola pubblica, si dedica alla musica condirigendo lo CFAM di Verzuolo.


sabato 21 settembre 2019

I primi libri spagnoli sugli UFO (anni ’50)

tratto da http://www.cacciatoredilibri.com/i-primi-libri-spagnoli-sugli-ufo-anni-50/

di Simon Berni

L’anno zero delle pubblicazioni sugli UFO in Spagna (e nel mondo): 1950

Se andiamo alle origini del fenomeno Ufo in Spagna dobbiamo considerare due libri che uscirono nell’anno zero dell’Ufologia mondiale, ovvero Los “platillos voladores” (“I piatti volanti”) (Barcelona, Editorial Molino, 1950) di J. M. Díez Gomez e En el país de los platillos volantes (“Nel paese dei piatti volanti”) (Madrid, Gráficas Nebrija, 1950) di J. Curto Guzmán.
L’anno successivo si ebbe Platillos volantes (“Piatti volanti”) (Barcelona, Bruguera, 1951) di Peter Debry. A seguire, El secreto de los platillos volantes (“Il segreto dei piatti volanti”) (Madrid, Calleja, 1952) di Juan Antonio De Laiglesia. Sono questi quattro i primi libri sul fenomeno dei dischi volanti mai apparsi in Spagna. Sono questi che dovete cercare.
Parliamo un po’ delle loro ingenue ma spettacolari copertine. Los “platillos voladores” si presenta con un fiammeggiante “piatto” volante, che viene spettacolarmente inseguito da un bimotore il quale sale di quota verticalmente nel cielo, bucando le nuvole, come fosse un missile! Il secondo volume di questa mini-rassegna, En el país de los platillos volantes, invece, non ha una copertina illustrata. Presenta solo un titolo con caratteri “calligrafici”, che sono comunque testimoni del gusto e dello stile dell’epoca.
Platillos volantes ricorda un fumetto in bianco e nero, con un ipotetico agente segreto dell’epoca, armato di rivoltella, che fugge via in sella alla sua superaccessoriata motocicletta, inseguito da tre piatti bianchi saettanti nel cielo, al di sopra di una metropoli.
La copertina che preferisco, comunque, è quella di El secreto de los platillos volantes. Una donna misteriosa (o un essere androgino?) con una svolazzante camicia gialla è al cospetto di un extraterrestre (verde, ovviamente) dalle orecchie spropositate. Un lembo della camicia della donna si rivela provvidenziale nel coprire il sesso dello strano e buffo essere. Ma tutti e quattro i libri citati, che coprono gli anni che vanno dal 1950 al 1952, sono nella realtà delle opere di science fiction, non trattando di dischi volanti frutto di reali avvistamenti, ma solo platillos volantes come ingredienti “esotici” di novelle e romanzi. Questo sebbene nel libro di J. M. Díez Gomez alcune sue opinioni personali sui dischi volanti siano intercalate nel testo alla finzione letteraria, che è comunque prevalente.


Los “platillos voladores”, di J. M. Díez Gomez (Barcelona, Editorial Molino, 1950)

Platillos volantes, di Peter Debry (Barcelona, Bruguera, 1951)

El secreto de los platillos volantes, di Juan Antonio De Laiglesia (Madrid, Calleja, 1952)

Los platillos volantes y la evidencia, di Manuel Pedrajo (Santander, edizione privata, 1954).

Le perle più rare

Il super esperto di ufo-bibliofilia spagnola, Antonio González Piñeiro, suggerisce due titoli veramente introvabili e che farebbero “impazzire” qualsiasi cercatore di libri. Il primo è anche il primo libro pubblicato in Spagna sul “problema” dei dischi volanti, Los platillos volantes y la evidencia (“I piatti volanti e l’evidenza dei fatti”) (Santander, edizione privata, 1954) di Manuel Pedrajo. Il libro fu fatto stampare dallo stesso autore. Il secondo pezzo raro di questa mini rassegna è Astronaves sobre la Tierra (“Astronavi sulla Terra”) (Barcelona, Oromí, 1955) di Eduardo Buelta, un opuscoletto, 28 pagine, credo uno dei pochi documenti al mondo sulla cosiddetta teoria del ciclo bienal marciano, in voga tra i primi contattisti spagnoli e poi derelitta.

Fernando Sesma

Se ritorniamo all’intrigante Fernando Sesma – vedi un precedente articolo: Ummo, il libro “que no se piede hallar”: la chimera introvabile dello’ufologia spagnola – non possiamo fermarci al suo libro sugli ummiti, come se niente fosse. L’esperto di libri sugli Ufo (e non solo) Marco Mucci di Roma mi segnala di essere in possesso del rarissimo Los platillos volantes vienen de otros mundos (“I piatti volanti vengono da altri mondi”) (Madrid, Editorial Fiel, 1955). Da una breve ricerca incrociata tra gli appassionati è risultato che nessuno abbia mai avuto questo volume fra le proprie mani. A volte viene citato nelle bibliografie, come se il suo contenuto fosse di dominio pubblico e ben conosciuto a tutti, ma chi lo ha mai visto veramente? Si tratta per la verità di un grosso opuscolo, conta 78 pagine. Il libro fa un’analisi dell’Ufologia mondiale dei primi anni ‘50, con un occhio particolare ai contattisti d’oltre oceano come Adamski. Trovarne una copia sul mercato è la speranza di molti, ma pochi la vedranno realizzarsi. Abbastanza raro è pure Yo, confidente de los hombres del espacio (“Io, il confidente degli uomini dello spazio”) (Madrid, Editorial Tesoro, 1965), nel quale l’autore getta, per così dire, le basi della sua ricerca, ne delinea l’approccio e ne rammenta gli esordi, citando esperienze “significative” durante le sue interminabili e proficue passeggiate nel parco centrale di Madrid.
Sempre di Sesma, da cercare anche l’intessante ¡Sensacional! Hablan los extraterrestres! (“Sensazionale! Parlano gli extraterrestri”) (Madrid, Gráficas Espejo, 1966). Sempre più difficile da rintracciare, invece, è La logica del visitante del Espacio (Madrid, Editorial Tesoro, 1969) che, come si dice in copertina:

“No es un libro más sobre OVNIS. Es una primera y auténtica explicación sobre la conducta desconcertante de sus tripulantes y su filosofía (“Non è un altro libro sugli Ufo; è una prima autentica spiegazione sulla condotta sconcertante dei loro abitanti e della loro filosofia”)”.

Ritengo tuttavia che due delle opere sui dischi volanti più introvabili di Fernando Sesma (alla pari di Los platillos volantes), collocate anch’esse negli anni ‘50, siano da considerarsi rispettivamente La piedra de la sabiduría (“La pietra della sapienza”) (Madrid, Marisal, 1956) ed Esquema de la nueva filosofia de la piedra del espacio (“Schema della nuova filosofia della pietra dello spazio”) (Madrid, stampato in proprio, 1958); si tratta di due opuscoli, contando il primo 78 pagine e il secondo appena 24. L’argomento di questi due lavori ruota attorno al misterioso significato di strani caratteri incisi su una pietra che un sedicente extraterrestre avrebbe consegnato a un anonimo infermiere (e poi famoso contattista), Alberto Sanmartín, pare nel novembre del 1954. Devo ammettere (senza nulla togliere all’importanza del reperto) che quei geroglifici incisi sulla pietra rettangolare (avendoli visti) sembrano piuttosto ingenui, specialmente se osservati oggi e non cinquant’anni fa.
Un altro opuscoletto di Sesma, non facile da rinvenirsi, è La llama de seda (“La fiamma di seta”) (Madrid, Marsiega, 1976), che racchiude massime filosofiche ed esistenziali. A Barcellona ne ho trovata una copia sciaguratamente sfuggita ai cercatori spagnoli con una preziosa dedica autografa dell’autore al grande ufologo Antonio Ribera. All’interno dell’opuscolo, ben ripiegata, ho inoltre rinvenuto una lettera manoscritta di Sesma datata 11 marzo 1976 indirizzata allo stesso Ribera, dalla quale si evince l’amicizia che legava i due autori e il loro continuo scambio di informazioni e di libri. Il libretto faceva probabilmente parte della collezione personale di Ribera, fortunatamente dispersasi in chissà quanti paesi. Colpevoli i librai.

Libri fantasma

Entrambi gli autori hanno fatto uso di pseudonimi durante la loro attività. Dr. Kérek per Fernando Sesma e Anthony Simons per Antonio Ribera. Per chiudere il discorso sui rari libri di Fernando Sesma, voglio esibirmi in un colpo di scena finale. Sempre su imbeccata del competente Mucci cito infatti la commedia El secreto de Lady Margarita. Non esistono dati bibliografici su questo libro. Forse non esiste neppure il libro (ma se esiste fu stampato sicuramente prima del 1965). Il fatto è che Sesma lo cita ripetutamente in diversi suoi lavori e nonostante ciò esperti bibliofili spagnoli, pur avendo effettuato ricerche in tutte le direzioni, non ne hanno mai trovata traccia. La misteriosa signora sarebbe una nobildonna di Albacete, Margarita Ruiz de Lihori, invischiata in non si sa bene quale strana faccenda con il popolo extraterrestre degli ummiti. Il mito della mano cortada (“mano recisa”) sembra presiedere il tutto. Non ci è dato aggiungere di più. Ecco un vero e proprio misterio, al quale corrisponde il suo immancabile “libro proibito”.
A proposito di “donne fatali” nella vita di questo insolito autore, un cenno lo merita la conturbante figura di Mercedes de Sosa. Vi aleggia un piccolo mistero, ma sono cose di mezzo secolo fa, ormai. Un altro enigma ruota invece attorno a un numero che risulta indissolubilmente legato a Fernando Sesma: 372452. E lo sarà per gran parte della sua esistenza. Ma è un mistero per i più.

[testo tratto da “Dischi volanti e mondi perduti“, in: A caccia di libri proibiti, di Simone Berni (Edizioni SimOn, 2019)]


lunedì 16 settembre 2019

Memorie del mito, presentazione a Udine

Venerdì 20 settembre Andrea di Lenardo e Federico Divino con l'avv. Nino Orlandi a Udine, alla Libreria Tarantola di Giovanni Tomai, presenteranno il loro libro "Memorie del mito".

Una breve presentazione del libro: i due autori propongono il loro nuovo studio in un'alternanza dialogica di capitoli in cui analizzano il tema del mito e della religione, l'evoluzione del concetto di divinità, i contatti tra India e Grecia, il ponte tra Vicino Oriente ed Europa, miti e filosofie dell'Asia e questioni linguistiche, proponendo tesi innovative tra storia delle religioni e filologia, antropologia e filosofia.


La presentazione del libro:
Venerdì 20 settembre ore 18,30
Libreria Tarantola
Via Vittorio Veneto 20
Udine


lunedì 9 settembre 2019

La vera storia di Pedro Gonzalo

di Nicoletta Travaglini

Correva l’anno millecinquecento trentotto per la precisione era il ventisette di luglio quando si è tenne il regale matrimonio tra Enrico II di Francia e Caterina De’ Medici. La sontuosa celebrazione si svolse nel giardino del castello imperiale della coppia a Fontainebleau in Francia. Agli occhi degli invitati, questa festa apparve subito da sogno. Come in una fiaba, il castello era illuminato a giorno da migliaia di fiaccole che accompagnano il cammino degli illustri ospiti.
Una soave musica melodiosa intratteneva gli invitati che quasi non facevano caso ad essa tra il brusio di sottofondo che spesso veniva sovrastato da una allegra risata delle nobildonne fasciate nei loro variopinti abiti, adoranti da acconciature meravigliose e da cappellini vistosi; il guaito dei cani, le voci baritonali maschili e il rumore delle armature dei soldati, rendevano questa celebrazione una delle più importanti manifestazioni mondane dell’epoca.
Nelle vaste e sale affrescate che si aprivano lungo i corridoi ornati da dipinti e da statue gigantesche di marmo bianco, gli ospiti si divertivano a raccontare aneddoti curiosi, parlare di affari di stato, a danzare o semplicemente ad annoiarsi tra un calice di vino, una risata e un flirt amoroso, la serata scorreva tranquilla.
Nel salone principale si stendevano lunghe tavole su cui erano appoggiati vassoi enormi traboccanti di selvaggina e di frutta anche esotica, mentre gli invitati mangiavano di gusto queste prelibatezze.
La serata stava quasi per volgere al termine quando…  improvvisamente, giunsero diversi carri scortati dai soldati. Nessuno si accorse della loro presenza finché uno squillo di una tromba annunciò l’arrivo della carovana. Enrico II precipitò a vedere cosa stava accadendo, giunto vicino ai carri un soldato gli consegnò uno stravagante regalo per gli sposi: un animale peloso chiuso in una gabbia.
Dopo lo stupore iniziale, però, tutti gli invitati e i regali consorti realizzarono che, in realtà, non si trattava di un animale, bensì di un adolescente il cui viso e corpo era ricoperto di lunghi peli!
 Gli ospiti stupefatti e curiosi guardavano il ragazzino spaventato, mentre molti pensarono che i regali non avrebbero mai tenuto al castello questo bizzarro e curioso regalo ma invece……..., non fu così.
Infatti era il 17 agosto 1538, quando Caterina ed Enrico battezzarono questo ragazzino con il nome di Pedro Gonzales e fu accettato da tutta la corte imperiale. Enrico lo fece studiare e lo trasformo in un vero gentiluomo. Si narra che Caterina lo chiamasse con l’appellativo di “Barbet”, per via della somiglianza con una razza canina… fin qui una il racconto romanzato delle nozze di Caterina ed Enrico a cui fecero un regalo alquanto bizzarro e che poi da semplice dono di nozze Pedro Gonzales divenne il protagonista di una delle più belle favole di tutti i tempi: “La Bella e la Bestia”.
Ma in realtà la vita di Pedro fu così bella come si raccontato fino ad ora?
Secondo Angela Grazia Arcuri la storia sembra essere andata diversamente e non tutto fu come in una fiaba!  Secondo quando si legge nel sito  https://www.2duerighe.com/rubriche/storie/37089-petrus-gonsalvus-il-gentiluomo-alla-corte-di-enrico-ii-che-ispiro-la-favola-della-bella-e-la-bestia.html la storia del protagonista della favola La Bella e la Bestia pare abbia avuto una vita molto movimentata. A tal proposito scrive Angela Grazia Arcuri:
    “ Petrus Gonsalvus, nella sua singolarità, fu nella vita uomo di successo. L’ipertricosi che lo affliggeva e che destava sicuramente grande curiosità, anziché essere un limite finì per rivelarsi un “atout”. Grazie alle sue doti intellettuali, fu considerato uno dei personaggi più noti nell’ambiente aristocratico del XVI secolo. E questa è la sua storia. Nacque nel 1537 a Tenerife, discendente dei “mencey”, i re degli aborigeni delle Canarie (guanchi) sopraffatti e resi schiavi dalla conquista spagnola a fine ‘400. Sembra che Pedro Gonzales, questo il suo nome, era un “muchacho muy hermoso”, la cui caratteristica era quella di avere il volto e il corpo coperti da una fine peluria rosso scuro, che tuttavia scopriva nel volto dei bei lineamenti regolari, come riportano le cronache dell’epoca. All’età di dieci anni, pare che fu inviato come “regalo” dalle Canarie al Re Carlo V nei Paesi Bassi, ma durante la traversata un’incursione di corsari francesi portò alla cattura di Pedro che fu condotto invece, giochi del destino, in omaggio ad Enrico II re di Francia. A quella Corte dominava allora la storica Caterina de’Medici, moglie del re, una donna dalla forte personalità caratteriale e politica, piccola di statura e assai poco piacevole d’aspetto, piuttosto egoista e spesso crudele, con alcune peculiarità come l’essere estremamente golosa (fu la prima ad introdurre a corte l’uso della forchetta), nonché amante di tutto ciò che fosse esotico. L’ingresso del ragazzo “guancho” suscitò quindi in lei estremo interesse, l’ambizione davanti ai cortigiani di ospitare una testimonianza unica del suo genere. Pedro fu visto come un’icona esotica da conservare con tutti i riguardi. Fu instradato verso lo studio del latino parlato e scritto ( a quel tempo considerato come la più alta forma di cultura) e delle materie umanistiche, sì che crebbe come un vero gentiluomo restando a Corte per ben 44 anni con il nome di Don Petrus Gonsalvus, un atto dovuto alle sue origini reali. Nel 1573, avendo Petrus 36 anni, la regina credette bene di dargli una moglie. La scelta cadde non tanto casualmente su Catherine, la più bella delle sue damigelle d’onore, forse per la curiosità…scientifica di vedere cosa sarebbe sorto da quel contrastante connubio. Si narra che la fanciulla, al momento di venire presentata a Petrus come moglie, svenne al suo cospetto. Tuttavia, al di là di quella peluria che scuriva il suo volto e che avrebbe intimorito qualsiasi fanciulla in attesa del principe Azzurro, Petrus era dotato di una corporatura imponente, quella caratteristica dei guanchi di Tenerife, i quali avrebbero avuto alle origini infiltrazioni di popoli nordeuropei, di carnagione chiara e capelli biondi. Da qui è ragionevole desumere la peluria rossiccia di Petrus. E’ da supporre che l’iniziale deliquio di Catherine e il matrimonio forzato si risolvessero in un’unione insperatamente felice, in quanto la sensibilità, la dolcezza e la cultura di Petrus finirono per conquistarla. Ne nacquero infatti ben sei figli, quattro dei quali affetti da ipertricosi. E la Regina fu accontentata. Ulisse Aldrovandi, appassionato naturalista del ‘500, studiò i membri della famiglia Gonsalvus, pubblicandone le immagini su uno dei suoi volumetti dal titolo “De Monstris”, laddove il termine latino “monstrum” non aveva quel significato negativo che noi moderni usiamo attribuirgli, ma qualcosa fuori dall’ordinario, di portentoso, di eccezionale. Infatti, Aldrovandi presentava quelle malformazioni che la natura spesso regala a sorpresa a tutti gli esseri di questa terra, umani, animali e vegetali. A sua volta, la ritrattista Lavinia Fontana, amica della famiglia Aldrovandi, ritrasse la figlia di Petrus Antonietta, detta Tognina, e così anche lo stesso Petrus. Ma cos’è l’ipertricosi? La causa è da riscontrare in un’alterazione genetica a carico di alcuni cromosomi, un capriccio del dna. Venne chiamata “sindrome del lupo mannaro” ed anche “sindrome di Ambras”, dal nome di un castello presso Innsbruck, capoluogo del Tirolo, dove furono scoperti i ritratti della famiglia Gonsalvus tuttora conservati nella “Camera dell’Arte e delle curiosità”. Varrebbe la pena come interessante meta turistica. Pare che Petrus Gonsalvus e la sua famiglia siano i più antichi casi di ipertricosi documentati in Europa. Tale disturbo è poco riscontrato nelle etnie asiatiche e nere e poco comune nel nord Europa, più frequente invece nel bacino mediterraneo. Attualmente, in tutto il mondo sono noti un centinaio di casi di questa che è ritenuta una vera malattia, strumentalizzati dai mass media e visibili ormai da tutti in note trasmissioni televisive nazional-popolari. Questa insolita storia d’amore è stata popolarmente assimilata a quella de “La Bella e la Bestia” e per certi versi vi sono delle chiare similitudini. La fiaba, scritta nel 1550 dall’ italiano Gianfrancesco Straparola e poi dal francese Charles Perrault a fine ‘600, pur se con ogni probabilità ispirata alla figura di Gonsalvus a quel tempo molto noto, in realtà trova le sue origini nell’antica letteratura classica greco-latina , ricordando “Le Metamorfosi” di Apuleio, scrittore filosofo di scuola platonica originario della Numidia. Ci sarà poi tutto un fiorire di riletture della fiaba nel corso del ‘700 a sfondo sociale-educativo, fino ai giorni nostri con versioni cinematografiche, letterarie, teatrali e nel piccolo schermo. Dopo la morte di Caterina de’Medici nel 1589, Petrus Gonsalvus con la famiglia lasciò la corte francese per recarsi in Italia, dove soggiornò alla corte di Parma. In seguito, si stabilì definitivamente a Capodimonte sul lago di Bolsena (Viterbo), dove morì nel 1618, all’età di 81 anni. I particolari della sua vita si trovano nell’Archivio Vaticano e negli Archivi di Stato di Roma e Napoli.
“ El salvaje gentilhombre de Tenerife” (Il selvaggio gentiluomo di Tenerife), come intitola il suo libro Roberto Zapperi, scrittore di storia e antropologia, terminò i suoi giorni nella tranquillità del lago laziale, lontano dai clamori delle Corti reali. E questo “lupo mannaro” buono e sensibile ci può insegnare quanto relativo sia il valore della bellezza. Imparò a capirlo la sua devota Catherine.”
Secondo alcune fonti affermano che la progenie di Petrus sia stabilità in Abruzzo dando vita un fiorire di leggende su strani esseri che popolavano i boschi e che erano simili a persone affette da ipertricosi, facendo nascere il mito del selvaggio che sembrerebbe essere metà umano e metà animale. Altri affermano che Maddalena Ventura o Donna barbuta  la protagonista del dipinto di Jusepe de Ribera presente al museo del Prado di Madrid non sia la sola che all’epoca viveva in Abruzzo. Infatti pare che in alcuni paesi dell’Abruzzo interno vivessero alcune donne affette da ipertricosi.(1)

1) https://www.2duerighe.com/rubriche/storie/37089-petrus-gonsalvus-il-gentiluomo-alla-corte-di-enrico-ii-che-ispiro-la-favola-della-bella-e-la-bestia.html