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sabato 6 marzo 2021

Bologna esoterica

 di Cavaliere Vermiglio

Diamo alcuni brevi cenni a quei luoghi di Bologna per chi vuole cercare il mistero e l'esoterismo. Il primo luogo non può che essere la Basilica di San Petronio, rimasta incompleta, ma la cui geometria è ispirata all'astrologia. Si prosegue con l'Archiginnasio, che è stata la prima sede dell' Alma Mater Studiorum che contiene un misterioso ciclo astrologico sul soffitto del Teatro anatomico.

In quella che oggi è la Biblioteca comunale in passato è stato luogo di produzione della magica teriaca, che conteneva fra i vari ingredienti carne di vipera e cannella seconda la formulazione di Galeno.

Sotto il portico dei Bastardini a pochi metri dell'Archiginnasio, esiste una statua di ferro chiamata la Diavolessa di Bologna, forse messa come ricordo della strega Caterina vissuta nella zona nel XV secolo.

Un altro luogo di interesse è la Certosa costellata da elementi esoterici come sfingi e di apparizioni di fantasmi nel cui cimitero si trova la tomba di Anna Bonanzini, celebre chiaroveggente del XIX secolo.

La basilica di San Luca che sorge sui colli bolognesi raggiungibile tramite un lungo porticato di ben 3 chilometri che è suddiviso in 666 arcate, numero simbolico del Diavolo.

Questi sono sono alcuni veloci cenni non esaustivi ai luoghi di interesse esoterico di Bologna, sperando di essere stato utile per una breve ricerca.   


mercoledì 4 maggio 2016

Cavalieri etruschi tra Reno e Panaro

tratto da L'Opinione del 09 Gennaio 2010 - Società E Cultura

La Valle del Samoggia nell’VIII e VII sec. a.C. raccontata in una mostra a Rocca dei Bentivoglio (BO)

di Daniela Pozone

Alla figura del cavallo e del cavaliere è dedicata la mostra “Cavalieri etruschi dalle Valli al Po. Tra Reno e Panaro, la valle del Samoggia nell’VIII e VII sec.a.C.”, allestita alla Rocca dei Bentivoglio di Bazzano (BO) che, fino al 5 aprile, racconta il popolamento della Valle del Samoggia nell’VIII e VII sec. a.C. basandosi sui materiali rinvenuti in sepolture indagate per lo più nell’Ottocento, esponendo circa 500 reperti provenienti da corredi tombali di queste aree. Sono ornamenti in bronzo, parures di fibule ed altri oggetti in osso, ambra e pasta vitrea, ceramiche, deposti con valore simbolico e rituale per esprimere il rango di quell’elite che, a partire dalla metà dell’VIII sec. a.C., si differenzia anche nella zona ad ovest di Bologna/Felsina. Molte tombe hanno restituito morsi equini e altri oggetti legati alla bardatura del cavallo, esibiti nell’ambito di un rituale funerario che prevedeva la deposizione di offerte alimentari, oggetti con funzione squisitamente rituale, caratterizzati da forme e decorazioni peculiari.  La distribuzione delle necropoli e l’analisi dei corredi tombali consente di ricostruire le fasi della nascita ed affermazione dei gruppi aristocratici nel periodo Villanoviano e di riflettere sulle modalità con cui controllavano questa pianura e le vie di comunicazione. La figura del cavaliere etrusco, ricostruita sulla base dei numerosi reperti che fanno esplicito riferimento al possesso del carro e del cavallo e alla sua esibizione all’interno del corredo funerario, è al centro della mostra, ma altrettanto pregnante è l’analisi della figura del cavallo, animale sempre presente nelle tombe più ricche di età villanoviana, sia per gli oggetti connessi alla sua bardatura o al carro, che aveva la doppia valenza di indicatore sociale di personaggi di alto rango e di simbolo del loro viaggio nell’oltretomba. Come il suo padrone, il cavallo attraversa spesso la storia da autentico protagonista; strumento essenziale in una serie di attività fondamentali, dal trasporto al traino, compagno a caccia e in guerra, partner in manifestazioni ludiche o religiose, da sempre il cavallo è icona di prestigio e potere, un vero status symbol: il suo possesso era un tale segno di distinzione sociale che agli inizi dell’età del Ferro comincia ad affermarsi iconograficamente un’aristocrazia che potremmo definire “equestre”. Nei corredi delle tombe principesche iniziano a comparire ceramiche con immagini di cavalli, morsi in bronzo, finimenti e bardature equine, fibule ed altri oggetti di forma a cavallino, puntali, sonagli e a volte l’intero carro. In alcune necropoli è stata trovata la sepoltura dell’animale stesso.

È l’inizio della identità tra cavalleria e patriziato che porterà alla supremazia dei possessori di carri e cavalli, portatori di una cifra di eccellenza sociale e simbolica. Queste testimonianze, provenienti da scavi ottocenteschi meno scrupolosi e decontestualizzati offrono l’ opportunità di un confronto con i reperti più significativi di Bologna e delle valli del Reno e del Panaro. È possibile perciò analizzare i rapporti tra queste valli e il versante toscano che comprende le aree di Firenze, Prato e Pisa. Insuperabile icona di queste aristocrazie rurali sono le stele protofelsinee e i segnacoli funerari con immagini antropomorfe presenti in mostra. L’esposizione di Bazzano presenta le testimonianze villanoviane provenienti dalla vallata, esposte per la prima volta unitariamente. Si possono ammirare alcuni contesti funerari provenienti dalle valli del Samoggia, del Reno, del Panaro e dell’Arno, riferibili a personaggi di alto rango; di particolare rilievo è la ricostruzione a scala naturale di una ricca tomba di Casalecchio di Reno. La mostra, curata da Rita Burgio e Sara Campagnari è promossa dal Museo Civico Archeologico “Arsenio Crespellani”, Fondazione Rocca dei Bentivoglio e Comune di Bazzano, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna. I materiali esposti provengono dal Museo Civico di Bazzano, dal Museo Nazionale Etrusco “Pompeo Aria” di Marzabotto, dal Museo Civico Archeologico di Bologna, dal Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena, dal Museo Civico di Castelfranco Emilia, dal Museo Archeologico Ambientale di San Giovanni in Persiceto, dal Museo Civico di Stellata di Bondeno e dalle Soprintendenze per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e Toscana.