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domenica 13 agosto 2017

RIFLESSIONI SULLA VOLONTÀ

in collaborazione con la rivista Lettera e Spirito:
https://letteraespirito.wordpress.com/riflessioni-sulla-volonta/

Albano Martin de la Scala

René Guénon nella sua opera Il Re del Mondo nel capitolo VIII scrive [1]: «Il periodo attuale è dunque un periodo di oscuramento e di confusione; le sue condizioni sono tali che, finché persisteranno, la conoscenza iniziatica deve necessariamente rimanere nascosta; da qui il carattere dei “Misteri” dell’antichità detta “storica” (la quale non risale neppure all’inizio di tale periodo) e delle organizzazioni segrete di tutti i popoli: organizzazioni che conferiscono una iniziazione effettiva là dove sussiste ancora una vera dottrina tradizionale, ma non ne offrono che l’ombra quando lo spirito di tale dottrina ha cessato di vivificare i simboli che non ne sono che la rappresentazione esteriore, e questo perché, per ragioni diverse, ogni legame cosciente con il centro spirituale del mondo si è ormai rotto, ciò che è il senso più specifico della perdita della tradizione, quello che concerne in particolar modo questo o quel centro secondario, che cessa di essere in relazione diretta ed effettiva con il centro supremo. Si deve dunque, come già dicevamo sopra, parlare di qualcosa di nascosto piuttosto che veramente per¬duto, poiché non per tutti è perduto e certuni lo posseggono ancora integralmente; e, se così è, altri hanno sempre la possibilità di ritrovarlo, purché lo cerchino come si conviene, vale a dire la loro intenzione sia diretta in modo che, attraverso le vibrazioni armoniche che risveglia secondo la legge delle “azioni e reazioni concordanti” [2], essa possa metterli in comunicazione spirituale effettiva con il centro supremo [3]. Questa direzione dell’intenzione ha d’altronde, in tutte le forme tradizionali, la sua rappresentazione simbolica; intendiamo parlare dell’orientazione rituale: essa, infatti, è propriamente la direzione verso un centro spirituale che, qualunque esso sia, è sempre un’immagine del vero “Centro del Mondo” » [4].

La creazione è un atto di volontà del Principio che, irraggiandosi dal “Centro dell’Universo”, raggiunge il centro di ogni singolo mondo, essere o cosa, e fa sì che essa sia esattamente ciò che Egli vuole. Questo atto, essendo atemporale, dal punto di vista della manifestazione si rinnova in ogni istante. La Volontà universale così intesa corrisponde perciò alla presenza divina esistente al centro di ogni cosa o, ponendoci da un altro angolo visuale, a ciò che avevamo chiamato vocazione [5].
Tale presenza, rispecchiandosi nella realtà individuale umana origina la volontà dell’uomo, la sola cosa che gli appartiene in proprio, ed è questa stessa realtà che lo fa esistere in quanto individuo: egli può utilizzarla, entro i ristretti limiti imposti dalla sua condizione, per scegliere fra il bene e il male. Il dono di cui parliamo corrisponde al libero arbitrio [6], mediante il quale l’uomo ha la facoltà di orientare la propria volontà verso quella universale oppure verso il mondo. È facendo uso di questa facoltà che Adamo ed Eva mangiarono simbolicamente dall’albero del bene e del male e furono cacciati dal paradiso terrestre; allo stesso modo l’essere, in ogni istante, con un atto della sua volontà, si imprigiona da solo nella propria condizione individuale [7].
Le differenti fasi della discesa ciclica, che progressivamente allontanano l’umanità dalla percezione delle realtà spirituali, corrispondono a questo processo di autolimitazione dell’essere. In quella che simbolicamente è stata chiamata “Età dell’oro” l’essere umano riconosceva naturalmente la propria volontà, ancora unificata, come riflesso di quella universale e, con un semplice sforzo di concentrazione, era in grado di reintegrarvela.

In una seconda fase, attratto dalle realtà relative del mondo, pur non perdendo di vista la volontà universale, l’uomo cominciò a frammentare la propria. Successivamente avrebbe rivolto verso il mondo un numero crescente dei suoi atti di volontà, arrivando inesorabilmente a dimenticare l’esistenza della Volontà universale e a credere di possederne una autonoma, capace di determinare il proprio futuro. L’umanità aveva purtuttavia ancora degli ideali e questa volontà individuale, pur tesa verso obiettivi mondani, era caratterizzata da una fede profonda in qualcosa che agiva come agente unificante dandole quindi forza [8].

La discesa di cui parliamo però non si è arrestata a quel punto e sta portando l’umanità a non avere più fede in nulla. Sovente, senza rendersene conto, l’uomo ha oggi le idee piuttosto confuse, manca di chiari obiettivi, finendo così per essere in balia delle sensazioni del momento, delle psicosi e degli influssi dell’ambiente. In queste condizioni l’individuo pensa spesso di volere ciò che in realtà è l’ambiente a suggerire [9]. Questi influssi, proprio come strati geologici nel terreno, si sono sovrapposti nel corso dei secoli e hanno caratterizzato la discesa ciclica dell’umanità, divenendo sempre più avvolgenti. Limitato in tal modo l’essere che ne è vittima perde il controllo della propria volontà che è fagocitata dal mondo, e quindi non è più nelle condizioni di sviluppare in modo armonico e completo le proprie possibilità.

Purtroppo, pur con tutti i suoi limiti, la volontà individuale ha un marcato istinto di sopravvivenza, sa bene che può continuare a esistere solo finché ha la possibilità di nutrirsi della volontà separativa dell’ambiente e fa di tutto per attaccarvisi finendo per restarne invischiata [10].

La condizione profana che abbiamo descritta è drammatica, ed è ancora più terrificante se si pensa che dopo la morte fisica, a causa della sua tendenza verso la disgregazione, non potrà concludersi che con una “precipitazione” dell’essere in una condizione infraumana e infernale.

Per gli uomini e le donne di buona volontà esiste però ancora la possibilità, facendo leva sul corretto utilizzo del libero arbitrio, di compiere un percorso “a ritroso” e riportare la volontà individuale alla propria origine.

Il desiderio di intraprendere questo “viaggio” può nascere in modi apparentemente molto diversi, anche come reazione a qualche evento drammatico occorso nella propria vita; in ogni caso tale risveglio implicherà un “ricordo” più o meno conscio del Principio. Utilizzando il concetto simbolico sin qui espresso, si può dire che la volontà umana, orientandosi correttamente anche se solo per un attimo, magari nel sincero e contrito atto di richiesta di aiuto, si sia come rispecchiata, in modo ancora sfuggevole e velato, nella sua origine, e questo fatto ha portato alla nascita, ancora “embrionale”, del desiderio ardente [11] di tornare là dove è la propria vera patria.

Il primo passo per compiere questo percorso dovrà essere inevitabilmente quello di orientarsi, ancorché in modo parziale e insicuro, verso il centro. Questo atto richiederà già un minimo di discernimento e un orizzonte intellettuale ampio almeno quanto basta per concepire in qualche modo il divino. Si può quindi dire che il primo lavoro da compiere, per chi intende liberarsi dalla drammatica condizione descritta, debba essere quello di procedere a una chiarificazione intellettuale basata sull’enunciazione dei principi universali e delle loro applicazioni [12]. Questo lavoro, se compiuto con la giusta attitudine, porterà all’acquisizione di certezze e punti fermi che faranno da bussola e permetteranno di discernere il vero dal falso [13]. L’opera di cui parliamo, in quanto utile al discernimento, dovrà essere costantemente portata avanti da tutti coloro che intendono fare buon uso del libero arbitrio, anche nelle successive fasi del proprio cammino.

Come avevamo avuto occasione di vedere nel nostro studio sull’aspirazione [14], l’orientarsi, anche se in modo ancora necessariamente imperfetto, verso il centro porrà l’essere, eventualmente in modo incosciente, sotto il benefico influsso della Volontà divina [15].

Il lavoro di approfondimento dottrinale ben presto porterà l’essere a cercare sul proprio piano di esistenza qualcosa che attualizzi e vivifichi il proprio legame con il sopra-individuale, e così egli non potrà far altro che rendersi conto che la “tradizione”, intesa nel suo senso reale, ha esattamente questo scopo. Tale presa di coscienza lo porterà a integrarsi in una delle sue forme ortodosse, la quale gli fornirà gli strumenti e l’appoggio necessario per proseguire nel suo cammino. In questo nuovo contesto la volontà individuale verrà particolarmente sollecitata: vi sarà una Legge da seguire con tutto il suo carico [16] di obblighi, precetti e indicazioni. La fede potrà giungere in aiuto permettendo di unificare la propria volontà moltiplicandone la forza così consentendo all’individuo di riottenerne almeno in parte il dominio, liberandola dalla tirannia dell’ambiente [17]. Inoltre questa stessa fede farà orientare l’essere verso il Principio, permettendo alla propria volontà di tornare a riflettere, anche se in modo ancora parziale e volubile [18] quella universale; egli prenderà in tal modo sempre maggior coscienza della sua esistenza accettandola e riconoscendo in essa il suo bene. I segni del suo intervento, a volte propriamente miracolosi, saranno via via più presenti nella vita di chi avrà compiuto questo percorso. Questo fatto creerà un circolo virtuoso che farà crescere la fede e la fiducia dell’essere verso il divino, che, in tal modo, potrà ancor più sviluppare la sua benefica azione.

Il libero arbitrio così come la volontà individuale troveranno la loro legittima collocazione e l’essere, in buona parte riunificato e correttamente orientato, e per ciò stesso attivamente legato al Principio, resterà anche al momento della morte fisica [19] nella propria caratterizzazione umana in modo definitivo; tale caratterizzazione è privilegiata poiché “centrale” nel suo grado di esistenza e quindi tale da permettere, almeno virtualmente, di ritornare coscientemente al “Centro del Mondo”, ottenendo, in una condizione “paradisiaca” ancora separativa e individuale, la propria “salvezza” [20].

Quando la fede è pura, supportata da un orizzonte intellettuale sufficientemente ampio e appoggiata da una conoscenza teorica abbastanza estesa, può condurre l’essere a comprendere che ogni suo atto deve essere fatto per compiere la volontà di Dio. Questa presa di coscienza può portarlo a riscontrare che nella sua esistenza, nonostante la Legge e le regole che segue, sovente si trova in situazioni nelle quali non riesce a comprendere con chiarezza quale sia la volontà divina. Egli potrà pure rendersi conto che questa volontà è presente nel suo cuore ma che non è in grado di decifrarla. In queste condizioni la domanda che si porrà sarà: come fare a comprendere cosa Dio vuole realmente da me [21]? La risposta a questo quesito è che esistono organizzazioni iniziatiche che hanno come fine proprio quello di aiutare gli esseri che ne entrano a far parte a prendere coscienza di questa volontà divina presente nel loro cuore; esistono esseri che questo percorso hanno compiuto almeno in parte e che sono in grado di indicare la via da seguire. La volontà richiede un discernimento e una comprensione reale che la guidino. Solo subordinandola alla vera conoscenza si potrà dirigerla rettamente. Tale conoscenza proviene dalla propria verità interna più profonda, ma, all’inizio del cammino, si manifesterà necessariamente e provvisoriamente come un’autorità tradizionale apparentemente esterna all’essere. I veri centri spirituali sono i rappresentanti della Volontà divina in questo mondo, e coloro che camminano nella Via sono i collaboratori coscienti al piano divino [22].

Il patto iniziatico implica almeno virtualmente la rinuncia al proprio libero arbitrio, questo atto è quindi propriamente il sacrificio dell’unica cosa che appartiene veramente all’uomo: la sua volontà. In questo senso esso è considerato, a ragione, come la morte della propria individualità, morte che in realtà corrisponde al riassorbimento e quindi superamento dei limiti individuali nella loro origine trascendente.

Ogni organizzazione iniziatica ha le proprie metodologie di lavoro specifiche, spesso molto diverse fra loro proprio per potersi meglio adattare alle differenti tipologie e fasi umane e ai diversi gradi di purificazione dei loro membri [23]; tuttavia vi sono alcune caratteristiche di fondo che le accomunano tutte.
In particolare, volendo mettere in risalto l’aspetto relativo alla volontà individuale, si può notare come, con un utilizzo corretto della stessa, sia particolarmente importante “vegliare sui propri istanti”, essere costantemente [24] presenti e attenti a che essa, proprio perché agisce nel presente, aiuti a orientare l’essere verso il centro e a distoglierlo, nel contempo, dalle continue attrazioni mondane, unificandolo [25].

La chiave per adempiere in ogni occasione ai doveri del proprio stato, e quindi uniformarsi alla volontà divina, sta nel seguire esteriormente e interiormente le indicazioni che provengono dall’autorità cui ci si riferisce che è simbolo della volontà universale, della conoscenza e del proprio centro. È verso di essa che l’iniziato deve essere costantemente vigile e ricettivo.

In tal modo egli, sempre meno condizionato dall’ambiente, potrà più facilmente e profondamente accettare gli eventi che gli occorrono, riconoscendo in modo via via più chiaro l’azione della volontà divina della quale diviene sempre più strumento cosciente [26].
Se l’attitudine è pura e disinteressata, i provvidenziali segni non tarderanno a manifestarsi, accrescendo la fiducia del discepolo verso la propria autorità, fiducia che avrà un’azione catalizzante e unificante nei confronti della sua volontà che così potrà orientarsi in modo sempre più completo verso il Principio, svuotando nel contempo l’essere dai propri attaccamenti individuali [27].

Quando l’iniziato, utilizzando in modo totale la propria volontà, è occupato in ogni singolo istante a tendere verso il centro, egli finisce per dimenticare se stesso, allora e solo allora questa stessa volontà individuale è totalmente riunificata e ben orientata e può quindi integralmente rispecchiare quella universale. Solo in questo momento, tramite un totale cambiamento di prospettiva, potrà avvenire la reintegrazione dell’individualità nel suo Principio rendendo finalmente l’essere libero [28].



1. R. Guénon, Le Roi du Monde, Éditions Traditionnelles, Paris, 1950. Le note che si riferiscono alla citazione sono dello stesso Guénon.?

2. Questa espressione è mutuata dalla dottrina taoista; d’altra parte, prendiamo qui la parola “intenzione” in un senso che è affatto esattamente quello dell’arabo niyah, che viene abitualmente tradotto così, e tale senso è peraltro conforme all’etimologia latina (da in-tendere, tendere verso).?

3. Quanto abbiamo appena detto permette di interpretare in un senso molto preciso queste parole del Vangelo: «Cercate e troverete; chiedete e riceverete; bussate e vi sarà aperto». – Occorrerà beninteso riferirsi qui alle indicazioni che abbiamo già dato a proposito della “retta intenzione” e della “buona volontà”; e si potrà così completare agevolmente la spiegazione di questa formula: Pax in terra hominibus bonæ voluntatis.?

4. Nell’Islam, tale orientazione (qiblah) è come la materializzazione, se così si può dire, dell’intenzione (niyah). L’orientazione delle chiese cristiane è un altro caso particolare che si riferisce essenzialmente alla stessa idea.?

5. In questo senso la volontà creatrice è identica al Verbo o alla “chiamata”. Vedere il nostro articolo La vocazione, apparso nel no 34 di questa rivista.?

6. Dante Alighieri parla dell’argomento quando dice (Divina Commedia, Paradiso, V, vv. 19 e segg.):
Lo maggior don che Dio per sua larghezza
fesse creando ed alla sua bontate
piú conformato e quel ch’e’ piú apprezza,
fu della volontà la libertate;
di che le creature intelligenti,
e tutte e sole, fuoro e son dotate.?

7. Questa prigione non è altro che il regno del Demiurgo: «… in realtà il Demiurgo non è affatto una potenza esteriore all’uomo; non è in principio che la volontà dell’uomo in quanto essa realizza la distin¬zione del Bene e del Male. Ma in seguito l’uomo, limitato come essere individuale da questa volontà che è la sua propria, la considera come qualcosa a lui esteriore, e così essa diviene distinta da lui; non solo, siccome essa si oppone agli sforzi ch’egli fa per uscire dal dominio dove egli stesso si è rinchiuso, la considera come una potenza ostile, e la chiama Shathan o l’Avversario. Osserviamo peraltro che questo Avversario, che noi stessi abbiamo creato e che creiamo a ogni istante, giacché ciò non deve essere con¬siderato come accaduto in un tempo determinato, che questo Avversario, dicevamo, non è malvagio in se stesso, ma è soltanto l’insieme di tutto ciò che ci è contrario» (R. Guénon, Mélanges, Éditions Gallimard, Paris, 1976, cap. I).?

8. La forza di volontà è tanto maggiore quanto più grande è la determinazione, la convinzione, la perseveranza o la fede con cui è messa in atto. Basti pensare a un esempio esteriore come quello sportivo per rendersene conto. Quando una squadra è coesa e motivata può ottenere dei risultati molto migliori rispetto a una che ha delle frizioni al suo interno. Allo stesso modo, se un essere unifica tutte le proprie energie per raggiungere un fine stabilito, potrà veramente superare limiti che apparivano come insormontabili. Quello che andiamo dicendo è insito nella caratteristica della fiducia quale elemento in grado di unificare le potenze dell’essere, e questo a prescindere dal fatto che sia più o meno ben riposta (ricordiamo il detto profetico riportato dallo Scheik Tadili nella sua opera La vita tradizionale è la sincerità, pubblicato nel n° 29 di questa rivista, hadîth che dice: «Se aveste fiducia in delle pietre, ne trarreste beneficio»), cieca o illuminata dalla dottrina, anche se è chiaro che, qualora entrino in gioco le forze spirituali, i risultati potranno essere, a maggior ragione, amplificati e divenire veramente miracolosi.?

9. Questa condizione generale è ideale per chi possegga determinate “chiavi” e abbia l’intenzione di manipolare i popoli favorendo, attraverso la più grande instabilità e mutabilità, lo sviluppo del mondo in un senso antitradizionale.?

10. L’individualità ha una grandissima capacità di adattarsi alle situazioni. A ogni modificarsi delle condizioni è pronta a trovare i propri spazi, anche negli interstizi più impensati, pur di gonfiarsi e sopravvivere. Più queste situazioni si cristallizzeranno e più sarà difficile e doloroso liberarsene. Non a caso, un’autentica autorità iniziatica spesso rompe gli equilibri nei quali si trova il discepolo per permettergli di raggiungerne di più profondi e reali.?

11. Dante accosta la Volontà allo Zolfo che brucia le scorze e quindi permette di purificarsi e raggiungere il centro. Analogamente lo Scheik Tadili nella sua opera La vita tradizionale è la sincerità pubblicata nel n° 29 di questa rivista si esprime in questi termini: «… con “la volontà del faqîr” (irâdah), intendiamo un’ardente aspirazione che provoca tutte le illuminazioni; essa è chiamata “la piangente” (nâihah) ed è a essa che fanno allusione questa parole dell’Inviato d’Allah – su di lui il saluto e la pace! – “quando non c’è la piangente nel cuore, esso è in rovina come è in rovina la casa disabitata”».?

12. L’argomento della preparazione teorica è estremamente importante e meriterebbe uno studio a parte, in questa occasione ci limiteremo a precisare che non intendiamo riferirci a un solo lavoro libresco e di erudizione.?

13. Questo saper discernere, e avere chiaro il proprio “fine”, diviene ancora più importante in un mondo come quello attuale che è pieno di realtà ambigue, parodie, contraffazioni e trappole di ogni genere.?

14. Alcune considerazioni sull’Aspirazione, in Lettera e Spirito, nº 32.?

15. Il problema è che questo atto di volontà dovrà essere costantemente e attivamente ribadito, poiché l’ambiente ha una grandissima forza attrattiva nei confronti dell’essere umano e la sua volontà tende ad attaccarsi, in modo quasi morboso, alle caratterizzazioni da esso proposte.?

16. Carico particolarmente pesante specialmente all’inizio del proprio percorso, quando non si è ancora preso il “gusto” all’esecuzione dell’attività rituale.?

17. Alla luce di quanto detto la qualifica iniziatica massonica: “libero e di buoni costumi” può essere interpretata come “possessore della propria volontà all’interno della Legge”.?

18. Questa “volubilità” è un aspetto che in genere accompagna ogni percorso spirituale, anche negli stadi più avanzati e permette eventualmente a chi lo percorre di raggiungere temporaneamente degli stati e delle percezioni che poi svaniscono, lasciando però un “ricordo” che infonde forza e sicurezza.?

19. Morte corporea che, a differenza di quanto molti pensano, non può minimamente modificare il livello spirituale di chi la subisce.?

20. Sull’argomento, che in questo scritto ci limitiamo a toccare di sfuggita, vedasi R. Guénon, Initiation et Réalisation spirituelle, Éditions Traditionnelles, Paris, 1952, cap. VIII, Salvezza e liberazione.?

21. Un caso molto più frequente è quello in cui l’individuo, magari senza rendersene conto e con la pretesa di riconoscere unicamente Dio come autorità, prenda dalla tradizione solo gli elementi, interpretati a modo proprio, che più si adattano alle sue inclinazioni individuali (o alle inclinazioni di chi condiziona la sua vita), tralasciando o dando poca importanza a tutto il resto. In questo modo egli si crea un “mondo” nel quale appaga la sua necessità di sentirsi “a posto con la propria coscienza” e si rinchiude in una caratterizzazione nella quale la sua individualità può gonfiarsi a piacimento e dalla quale ben difficilmente riuscirà a liberarsi.?

22. Certo la situazione di diffusa degenerazione nella quale spesso versano le organizzazioni iniziatiche potrebbe indurre certuni ad affidarsi a una illusoria autonomia piuttosto che ad appoggiarsi ad esse. Inutile dire che questa non può certo essere la soluzione del problema. A coloro che cercano con sincerità, consigliamo la pazienza e la tenacia e ricordiamo il detto indù: “dove c’è un cela c’è un guru”, dove c’è un discepolo con la giusta attitudine, là si manifesta il Maestro.?

23. Vedasi R. Guénon, Initiation et Réalisation spirituelle, cit., cap. XVIII, Le tre vie e le forme iniziatiche, apparso nel no 33 di questa rivista.?

24. La regola massonica da 24 pollici ricorda proprio questa necessità di non arrestare mai il proprio lavoro.?

25. Emerge qui in modo chiaro il carattere eminentemente attivo del lavoro iniziatico, che quindi non può essere in alcun modo confuso con il misticismo.?

26. Ricordiamo il seguente hadith qudsi, nel quale il Profeta Maometto riporta in prima persona la parola di Allah: «Il mio servitore non cessa di avvicinarsi a me, attraverso degli atti di devozione surrogatori, fino a quando lo amo, e quando lo amo sono l’Orecchio con il quale sente, la Vista con la quale vede, la Mano con la quale combatte e il Piede con il quale marcia» (Bukhâri, Riqâq, 37). Precisiamo che questo processo, in cui l’essere diviene strumento nelle mani del Principio, può attuarsi per gradi.?

27. Facciamo presente che questi attaccamenti possono essere anche del tutto legittimi da un punto di vista umano. Ad esempio l’amore per i propri cari, se vissuto in contrasto con l’accettazione del volere divino, ponendosi da un ottica iniziatica, è una forma di idolatria nascosta che fa orientare la propria volontà verso l’esteriore. In questo modo l’essere che aspiri a ritornare al proprio centro sarà distolto dal suo obiettivo e limitato. A questo proposito ricordiamo il passaggio coranico: «O voi che credete, nelle vostre spose e nei vostri figli c’é un nemico per voi» (Corano, LXIV, 14). A scanso di equivoci precisiamo in ogni caso che con queste affermazioni non intendiamo suggerire di non occuparsi delle proprie famiglie, ma solo che questa attività deve essere svolta, così come tutte le altre, in funzione del raggiungimento del proprio fine superiore. La volontà divina è presente in ogni cosa o essere e questo orientarsi verso il Centro non implica quindi necessariamente l’allontanarsi dal mondo, ma solo il guardarlo senza arrestarsi al suo aspetto superficiale. In questo senso anche l’amore per i propri cari potrà svilupparsi in modo ancor più armonioso e profondo.?

28. Precisiamo che il risultato di cui parliamo corrisponde al raggiungimento del Centro dello stato umano, là dove la Volontà divina incontra il nostro piano di esistenza, che è il fine dei “piccoli misteri” e dove l’essere è liberato dai limiti individuali. Nel nostro scritto non abbiamo quindi considerato il percorso superiore, quello dei “grandi misteri” che porta a reintegrare questo stesso centro nel vero Centro dell’Universo, cioè porta l’essere a realizzare gli stati superiori dell’essere e a giungere in fine allo stato incondizionato: la “Liberazione finale”. Vedere R. Guénon, Aperçus sur l’Initiation, Éditions Traditionnelles, Paris, 1946, cap. XXXIX, Grandi misteri e piccoli misteri.?

sabato 1 aprile 2017

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULL’ASPIRAZIONE

in collaborazione con la rivista Lettera e Spirito: https://letteraespirito.wordpress.com/alcune-considerazioni-sullaspirazione/

Albano Martín de la Scala

René Guénon nella sua opera Il Re del Mondo nel capitolo VIII scrive [1]: «Il periodo attuale è dunque un periodo di oscuramento e di confusione; le sue condizioni sono tali che, finché persisteranno, la conoscenza iniziatica deve necessariamente rimanere nascosta; da qui il carattere dei “Misteri” dell’antichità detta “storica” (la quale non risale neppure all’inizio di tale periodo) e delle organizzazioni segrete di tutti i popoli: organizzazioni che conferiscono una iniziazione effettiva là dove sussiste ancora una vera dottrina tradizionale, ma non ne offrono che l’ombra quando lo spirito di tale dottrina ha cessato di vivificare i simboli che non ne sono che la rappresentazione esteriore, e questo perché, per ragioni diverse, ogni legame cosciente con il centro spirituale del mondo si è ormai rotto, ciò che è il senso più specifico della perdita della tradizione, quello che concerne in particolar modo questo o quel centro secondario, che cessa di essere in relazione diretta ed effettiva con il centro supremo. Si deve dunque, come già dicevamo sopra, parlare di qualcosa di nascosto piuttosto che veramente perduto, poiché non per tutti è perduto e certuni lo posseggono ancora integralmente; e, se così è, altri hanno sempre la possibilità di ritrovarlo, purché lo cerchino come si conviene, vale a dire la loro intenzione sia diretta in modo che, attraverso le vibrazioni armoniche che risveglia secondo la legge delle “azioni e reazioni concordanti” [2], essa possa metterli in comunicazione spirituale effettiva con il centro supremo [3]. Questa direzione dell’intenzione ha d’altronde, in tutte le forme tradizionali, la sua rappresentazione simbolica; intendiamo parlare dell’orientazione rituale: essa, infatti, è propriamente la direzione verso un centro spirituale che, qualunque esso sia, è sempre un’immagine del vero “Centro del Mondo” [4]».

Può essere che fra i lettori di queste righe ve ne siano che sono entrati in contatto con la magistrale opera di Guénon. Forse qualcuno di loro, leggendo tali scritti, ha sentito che questa esposizione in realtà non gli era veramente estranea ma che anzi non faceva altro che esprimere in modo chiaro ciò che in realtà egli già sentiva, magari in modo ancora un po’ confuso, nel proprio foro interiore. E ci riferiamo in particolare alla dottrina metafisica quivi esposta, laddove vengono trattati argomenti come: la non dualità, la Possibilità infinita, l’Identità suprema, gli stati molteplici dell’essere e la loro gerarchia. Principi questi che, per essere intuiti con evidente chiarezza, implicano un orizzonte intellettuale certamente non comune al giorno d’oggi.

Altri magari hanno sentito il bisogno impellente e profondo di consacrare la loro vita a qualcosa che la rendesse degna di essere vissuta. Essi possono aver riconosciuto che solo ciò che trascende l’esistenza può realmente darle un senso e aver quindi sentito la necessità di prendere contatto cosciente ed effettivo con questo grado superiore di realtà.

Ci può essere chi, eventualmente anche solo una volta nella vita, abbia sentito che nella parte più intima e profonda del proprio essere vi è un qualcosa che nulla ha a che fare con la vita ordinaria, caratterizzata dai suoi condizionamenti e limitazioni, e che chiede con potenza di ricongiungersi a ciò che è della sua stessa natura. Egli può aver avuto la sensazione che questa presenza fosse troppo grande per essere contenuta in un essere individuale e forse questa fortissima percezione lo ha spinto a cadere in un pianto dirotto [5].

Qualcuno forse ha avvertito, con grande sofferenza, la necessità di gridare la gloria del proprio Signore ma in un modo che la sua condizione individuale non permetteva di esprimere. In tutto ciò che precede vi è come la presenza di una “nostalgia” verso ciò che è spirituale ed eterno. Queste e molte altre possono essere le modalità con le quali si manifesta l’aspirazione intellettuale.

Il termine aspirare ha origine latina ed è composto dalla particella “ad”, verso e “spirare”, soffiare, tirare il fiato e anche mandarlo fuori. Il significato che questa parola ha preso nel linguaggio comune è anche quello di: inspirare, trarre a sé, tirare, risucchiare o pompare. In senso figurato l’accezione è quella di desiderare vivamente una cosa cercando di ottenerla, bramare, tendere verso. Tutti questi concetti, in apparenza anche contrastanti possono concorrere ad aiutarci a comprendere quale valenza debba essere data all’aspirazione intesa in senso intellettuale. Riteniamo che fare chiarezza su tale punto sia essenziale per poter vivificare e sviluppare questa attitudine fondamentale.

Il senso più immediato che si può dare al termine in questione è quello del desiderio ardente per la vera conoscenza [6], desiderio che coincide con una tendenza dell’essere verso l’universale. Da qui la vicinanza con il termine sospirare che richiama la nostalgia verso ciò che si ama e da cui si è separati. L’ardente attitudine di cui parliamo, infatti, non è altro che il vero amore. A questo proposito facciamo notare come nella lingua italiana i termini “amore” e “aspirare” siano quasi sinonimi. Entrambi infatti sono composti dalla particella “a”, che può avere valenza negativa e rispettivamente da “more” o morte e “spirare” o morire. Nei due casi il senso può essere quindi quello di senza morte, richiamando l’affinità dei termini citati con ciò che è eterno e immortale.

Se consideriamo la parola aspirare nel senso della respirazione, cioè immettere nei polmoni inspirando attraverso la bocca o il naso, possiamo far notare come per compiere questa operazione, prima bisogna almeno in parte aver espirato, vale a dire, aver fatto uscire l’aria che vi si trovava in precedenza [7]. Volendo applicare questo principio alla condizione individuale si può intuire come il percorso che porta allo sviluppo dell’aspirazione debba andare di pari passo con un processo di svuotamento interiore che corrisponde all’indispensabile abbandono degli attaccamenti mondani. Solo operando in tal modo si potrà permettere all’alito del respiro divino di penetrare nell’essere vivificandolo così come accadde simbolicamente ad Adamo nella Genesi [8].

Da un punto di vista principiale, viceversa, questa aspirazione può essere simbolicamente immaginata come un vortice che si sviluppa dal Centro, Principio e origine di ogni cosa, e attrae a sé tutti coloro che sono rettamente orientati verso di Lui. I numerosi riti di circumambulazione che si ritrovano nelle più diverse forme tradizionali richiamano proprio questo simbolismo.

Per l’essere che senta la necessità di sfuggire alla limitata condizione individuale in cui si trova e ricongiungersi con ciò che è universale, si pone il problema non da poco di individuare il modo per poterlo fare. La risposta a questo quesito, anche se in modo sintetico, si trova nella citazione introduttiva. Egli non deve fare altro che orientare in modo coerente e corretto la propria intenzione. Di fatto, questo atto, apparentemente solo propedeutico a un vero lavoro iniziatico, in realtà coincide con il mettersi in comunicazione spirituale effettiva con il centro supremo e contiene quindi già in se stesso una portata operativa portentosa. Il retto orientamento permette infatti all’azione divina di agire nella sua pienezza eliminando gli ostacoli e i limiti individuali. In esso vi è quindi il segreto per progredire nella Via.

La forza della Verità che proviene dal Centro può far superare tutti gli ostacoli, anche i più ardui, purché la si riconosca effettivamente e se ne traggano le dovute conseguenze, perché tutti gli squilibri parziali rientrano in essa. E questa non è una semplice frase a effetto ma una realtà tecnica e operativa. Infatti: «anche la minima cosa operata in conformità armonica con l’ordine dei principi porta virtualmente in sé delle possibilità la cui espansione può determinare le conseguenze più prodigiose, e ciò in tutti i campi, e a mano a mano che le sue ripercussioni vi si estendono secondo la loro ripartizione gerarchica e in progressione indefinita» [9]. Qualora ciò avvenga, chi ne è coinvolto potrà prendere atto di come gli eventi si sviluppino in modo del tutto naturale, ma con una potenza straordinaria, e lo portino via via con velocità e forza sempre crescente verso il Centro. Anche un orientamento ancora solo parziale potrà condurre a dei risultati tangibili. Alcuni potranno magari constatare a conferma di ciò, che in varie fasi della loro vita sono stati come trasportati da una condizione periferica a una più centrale, e magari si renderanno conto di non essere stati i veri agenti di questo passaggio.

Tutta la manifestazione trae la sua reale ragione di vita dal legame con ciò che è trascendente e questo avviene anche per gli esseri umani in ogni istante della loro esistenza. Il fatto che in genere non ne siano coscienti non cambia questo stato di fatto. Il vincolo di cui parliamo è sempre reale ma può essere vivificato e potenziato. In molti casi il cuore è come un camino la cui canna fumaria non è stata pulita da lungo tempo. Il soffio dell’aspirazione libera questo canale, mette l’essere in relazione diretta con il Centro del mondo e può creare delle conseguenze straordinarie riattizzando il fuoco dell’amore per il divino. Qualora quest’attitudine sia pura produce nuovi rapporti con le influenze spirituali dal cui intervento dipende qualsiasi realizzazione effettiva. Quando un essere manifesta una vera aspirazione intellettuale, ciò implica un cambiamento profondo della sua situazione. Il modificarsi dei rapporti con il trascendente crea delle condizioni nuove che vanno nella direzione del progresso spirituale e questo sovente anche in maniera inaspettata.

In tutti gli esseri viventi, nella loro parte più intima e profonda, nel luogo più nascosto e protetto, simbolizzato dal più piccolo ventricolo del cuore [10], vi è la presenza di una cosa che è allo stesso tempo la più piccola e la più grande di tutte. La più piccola poiché è la meno visibile dall’esterno e la più grande perché in realtà è il Principio infinito e illimitato che contiene tutto e di cui ogni cosa non è che una manifestazione limitata. Come noto esiste identità fra il Sé interiore e il Principio. La relazione fra macro e microcosmo sarà essenziale per il processo spirituale di cui parliamo. Questa presenza trascendente che è viva nel cuore, se svelata, anche solo parzialmente, chiederà infatti con sempre maggior insistenza di liberarsi, sciogliere i legami individuali e ricongiungersi a ciò che è della sua stessa natura. Parallelamente, la crescita dell’aspirazione con conseguente avvicinamento al Centro, produrrà un maggiore svelamento interiore creando quindi un circolo virtuoso che porterà verso la luce della conoscenza.

Per l’essere che sia stato attratto si svilupperanno inevitabilmente degli eventi obbligati quali l’adesione a una forma tradizionale e successivamente il ricollegamento a una catena iniziatica regolare e ininterrotta che lo unirà in modo attivo con il Centro del mondo, offrendogli anche i mezzi “tecnici” per ritornarci [11].

L’incontro con un’autorità tradizionale legittima e l’esecuzione di riti di incantazione andranno esattamente in questa direzione permettendo all’aspirazione proveniente dal centro di agire su di lui attirandolo verso le realtà spirituali che lungo il cammino gli si sveleranno. L’incantazione, infatti, è proprio un’aspirazione dell’essere verso l’Universale, attraverso la quale egli tende a elevarsi allo spirituale. Riti quali i mantra della tradizione indù, o il dhikr di quella islamica, permettono di determinare delle vibrazioni ritmiche con ripercussioni su tutti i piani di esistenza e in tal modo risvegliare il “ricordo” del trascendente che è presente nel cuore di ogni essere [12]. Ritornando all’analogia del camino, possiamo dire che queste tecniche e queste vibrazioni ritmiche possono sicuramente concorrere a ripulire la simbolica canna fumaria di cui parlavamo. Aggiungiamo che non è certo un caso se la corretta respirazione è essenziale per l’efficacia di questi riti. Esiste un respiro universale con il quale è possibile entrare in sintonia profittando dei benefici influssi in esso contenuti.

In realtà, oltre alla tensione verso l’alto o verso il centro di cui abbiamo sinora parlato, ve ne sono purtroppo altre che spingono verso la dispersione e verso il basso, o semplicemente ancorano l’essere alla sua attuale realtà, con le quali bisogna inevitabilmente confrontarsi.

Possono esserci tendenze distruttive che sono come delle caricature del vortice di cui parlavamo e che portano l’essere verso la sua disgregazione. Basti pensare alle droghe, all’alcool, alle perversioni sessuali, al gioco d’azzardo e alle varie dipendenze da internet solo per citare alcuni casi di attaccamenti negativi e disgreganti. Un capitolo a parte meriterebbero a questo proposito le realtà pseudo o contro iniziatiche, parodie per antonomasia di tutto ciò che è esoterico, che in questo studio ci limiteremo a citare.

Come detto vi sono poi altri attaccamenti che si limitano a impedire all’essere di superare i limiti impliciti nella sua attuale condizione di coscienza. Alcuni di essi non fanno altro che gonfiare l’individualità ancorando l’essere sempre più a tale condizione limitativa, impedendogli così di prendere coscienza di quanto in lui supera questo stato. Il caso tipico è quello dell’orgoglio, il quale può magari nutrirsi di aspetti tradizionali esteriori. C’è chi, dopo essere stato inizialmente attratto dal centro, si gonfia per le tante letture fatte, per la sua capacità espositiva e dialettica o anche per la copiosa attività rituale da lui svolta. In questo caso, nella migliore delle ipotesi, non potrà fare altro che gravitare a grande distanza dal Principio trascendente al quale a parole dice di voler tendere. Di fatto, questo legame “a distanza” è simile a quello nel quale si trovano anche tutti gli exoteristi.

Un caso particolare è poi quello di coloro che, dopo essere stati attratti da questo vortice virtuoso e aver ottenuto un ricollegamento iniziatico, vengono meno al patto, cambiando così il proprio orientamento. In questa circostanza la forza attrattiva iniziale, partendo per la tangente, scaglierà l’essere in questione tanto più lontano dal Centro quanto maggiore sarà stata l’intensità che la caratterizzava.

Altri limiti che prima o poi dovranno essere affrontati se si vuole proseguire nel cammino iniziatico e non restare in una situazione semplicemente gravitazionale, sono quelli imposti dal mentale, dallo schematismo o dal letteralismo tradizionale. Aspetti questi che possono anche avere una funzione protettiva e stabilizzante e, in alcune fasi della Via, impedire un allontanamento dal Principio. Tuttavia, a un certo punto, se ci si vuole ulteriormente elevare spiritualmente, diventeranno un limite dal quale bisognerà trovare la forza di staccarsi.

Colui che senta manifestarsi nel suo cuore l’aspirazione iniziatica, visto il mondo fondamentalmente antitradizionale in cui viviamo, incontrerà facilmente dei problemi. Egli potrà sentirsi estraneo all’ambiente in cui si trova a vivere, magari percepirà una sensazione di solitudine e sentirà l’incomprensione di coloro che gli stanno attorno. È possibile che lo stesso ambiente sembrerà rivoltarsi contro di lui. Egli non dovrà però farsi prendere dallo scoraggiamento e dallo sconforto. Sappia che in realtà non è solo. È importante prenda coscienza del fatto che orientarsi verso il centro, mentre da una parte crea un distacco, a volte anche traumatico, da tutto ciò che tiene lontano da Lui, dall’altra produce un legame reale e potente con tutti coloro che hanno la sua stessa attitudine. Quando li incontrerà riconoscerà in loro, in modo spontaneo, l’affinità intellettuale e l’assonanza interiore che li accomuna. In essi potrà trovare un valido supporto e sostegno per il suo cammino. È questo uno dei sensi della fraternità tradizionale [13].

Il passaggio da un’aspirazione semplicemente teorica a una autentica avverrà attraverso prove concrete della vita, prove che ben poco hanno a che vedere con concezioni astratte. Esse andranno a toccare aspetti apparentemente secondari ma estremamente sensibili dell’esistenza di tutti i giorni. Problemi relativi alla famiglia o sentimentali, alla professione o alle proprie abitudini giornaliere [14] potranno sorgere e impedire ogni successivo sviluppo fino a quando non saranno rimossi. La rinuncia agli attaccamenti mondani, indispensabile per permettere all’aspirazione di agire, andrà dimostrata con i fatti e con la perseveranza, in un modo che in certi casi non esiteremmo a definire eroico. L’argomento degli ostacoli e delle trappole che si possono trovare concretamente lungo un cammino spirituale è estremamente vasto e ci porterebbe lontano dal tema del presente studio, in questa occasione ci limiteremo quindi a questi brevi cenni.

In linea generale si può comunque dire che il problema di fondo, per chi aspiri allo spirituale, è quello di rimuovere gli ostacoli che impediscono l’azione della Misericordia divina. L’iniziato deve cercare di essere come una piuma portata dal vento: senza opporre alcuna resistenza a ciò che è trascendente, va là dove lo spirare del vento spirituale la conduce.

Così come il sole può rispecchiarsi nell’acqua solo quando questa è calma, allo stesso modo, unicamente un cuore pacificato e non più condizionato dall’agitazione del mondo potrà essere ricettivo allo spirituale.

Non è un caso che la realtà antitradizionale in cui viviamo spinga costantemente verso la dispersione mentale e lo stress. Perché le pratiche tradizionali possano dare dei risultati veramente positivi è necessario che tutti gli aspetti profani che impregnano l’essere siano, almeno temporaneamente, rigettati e il cuore svuotato dall’inquietudine che li caratterizza. Come affermava giustamente Abdul-Hâdi nelle sue “Pagine destinate a Mercurio” [15]: «… la condizione indispensabile perché si verifichino i primi bagliori di “Illuminazione esoterica” (El-Ishrâq) è che nel proprio foro interiore si faccia un posto esclusivamente riservato a Dio. È indifferente che questo posto sia ricco o povero: l’importante è che sia assolutamente puro. È molto difficile, vivendo nell’attuale disordine, realizzare la sincerità e la Solitudine divina assoluta, anche solo per la durata di un minuto».

Per far meglio comprendere il nostro pensiero può forse essere utile appoggiarsi a un’analogia. Che senso avrebbe spiegare le vele della propria nave senza prima levare le ancore? E che logica ci sarebbe nel remare con tutte le proprie energie senza preoccuparsi di verificare la rotta?

Anche un’attività rituale regolare rischierà di essere quindi inutile, se non addirittura dannosa, fintanto che “i metalli non saranno stati lasciati fuori dalla porta del tempio” interiore e l’orientamento sia stato fissato.

La volontà di rimuovere le barriere e l’assentimento al trascendente sono condizioni indispensabili per compiere un lavoro operativo, il quale, attraverso le vicissitudini individuali e con il concatenamento di mezzi appropriati, può realizzare l’eliminazione dell’illusione.

Il discorso che fino a qui abbiamo fatto sui singoli esseri può applicarsi, fatti i debiti adattamenti, anche alle differenti realtà iniziatiche oggi esistenti. Alcune di esse, e vista la fase ciclica che stiamo attraversando sono le più nascoste [16], si volgono verso il Principio, divenendone gli strumenti per eccellenza e sviluppano la conoscenza metafisica integrale. Altre si limitano a dare a chi ne fa parte una base di purificazione e di preparazione a un vero avvicinamento al Centro. Altre ancora, pur nella loro regolarità formale, anziché concentrarsi nel vivificare il loro legame con il Centro del mondo e trarre da Esso la loro forza e la loro direzione, si disperdono in attività di proselitismo, di sviluppo exoterico o cosmologico o peggio si perdono in dispute e gelosie interne ed esterne o in preoccupazioni profane. In questo modo rischiano di far affievolire e neutralizzare l’aspirazione e le potenzialità magari presenti nei propri membri. Solo le prime di queste realtà portano chi ne sia qualificato all’effettiva morte dell’illusione separativa dell’essere, quella che crea l’intimo vincolo illusorio che fa identificare l’uomo alla propria individualità fisica e psichica. Così, egli, ritornato al proprio Centro, potrà rinascere nell’Universale e bere la bevanda d’immortalità.

1. R. Guénon, Le Roi du Monde, Éditions Traditionnelles, Paris, 1950. Le note che si riferiscono alla citazione sono dello stesso Guénon.↩

2. Questa espressione è mutuata dalla dottrina taoista; d’altra parte, prendiamo qui la parola “intenzione” in un senso che è affatto esattamente quello dell’arabo niyah, che viene abitualmente tradotto così, e tale senso è peraltro conforme all’etimologia latina (da in-tendere, tendere verso).

3. Quanto abbiamo appena detto permette di interpretare in un senso molto preciso queste parole del Vangelo: «Cercate e troverete; chiedete e riceverete; bussate e vi sarà aperto». – Occorrerà beninteso riferirsi qui alle indicazioni che abbiamo già dato a proposito della “retta intenzione” e della “buona volontà”; e si potrà così completare agevolmente la spiegazione di questa formula: Pax in terra hominibus bonæ voluntatis.

4. Nell’Islam, tale orientazione (qiblah) è come la materializzazione, se così si può dire, dell’intenzione (niyah). L’orientazione delle chiese cristiane è un altro caso particolare che si riferisce essenzialmente alla stessa idea.↩

5. A questo proposito vedasi la citazione profetica: «quando non c’è la piangente nel cuore, esso è in rovina come è in rovina la casa disabitata» citata dallo Scheikh Tadili nella sua opera La vita tradizionale è la sincerità pubblicata nel numero 29 di questa rivista.

6. Dante Alighieri la definisce come il desiderio che spinge ad amare il bene (Divina Commedia, Purgatorio, XXXI, 24).

7. Analogamente in meccanica si parla di pompe a vuoto a proposito di appositi strumenti che attirano a sé dei fluidi.

8. «Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente» (Genesi 2, 7). Questo simbolismo del farsi contenitore si ritrova, ad esempio, anche nel buddismo, dove il Buddha è grasso proprio perché si è svuotato di ciò che è individuale per accogliere in se l’Universale.

9. R. Guénon, Orient et Occident, Éditions Véga, Paris, 1948, parte II, cap. III, dove è aggiunto in nota: «Facciamo allusione a una teoria metafisica estremamente importante, cui diamo il nome di “teoria del gesto”, e che esporremo forse un giorno in uno studio particolare. La parola “progressione” è qui presa in un’accezione che è una trasposizione analogica del suo senso matematico, trasposizione che la rende applicabile nell’universale, e non più nel solo dominio della quantità. – A questo proposito, si veda anche quel che abbiamo detto altrove dell’apûrva e delle “azioni e reazioni concordanti”: Introduction générale à l’étude des doctrines hindoues, parte 3a, cap. XIII».

10. Hridaya, che è identico al “Sé” (Âtmâ) secondo la terminologia indù, corrispondente all’occhio del cuore: Aynul-Qalb nell’islam e Chante Ishta nella tradizione dei Sioux e si potrebbe proseguire con molti altri esempi.

11. L’argomento del ricollegamento iniziatico è di fondamentale importanza e ci riserviamo eventualmente di svilupparlo in un lavoro successivo. Ci teniamo però a precisare brevemente che questo passo andrebbe affrontato con particolare attenzione e cautela. C’è chi, magari a seguito dell’incontro con un’esposizione dottrinale come quella proposta da Guénon, ritiene che, per essere coerenti con la propria aspirazione, l’iniziazione debba essere perseguita “a prescindere” e prima possibile. Inutile dire che non siamo di questo avviso. Senza voler tener conto del rischio, molto diffuso al giorno d’oggi, di imbattersi in realtà non autentiche, c’è da considerare, oltre al legame spirituale, anche quello fortissimo a livello psichico e spesso anche materiale che si viene a creare fra l’iniziato e l’organizzazione che gli ha trasmesso il “patto”. Qualora l’organizzazione in questione non sviluppi una dottrina corrispondente a quanto effettivamente “cercato” e non sia in grado di fornire un metodo realmente adatto all’iniziato, egli rischierà di trovarsi bloccato dai condizionamenti che questa situazione ha creato. Considerando le cose in quest’ottica è chiaro che, volendo procedere in un effettivo cammino spirituale, la sua situazione sarà più complicata rispetto a colui che invece non avrà ancora intrapreso questo passo. La fretta è spesso una cattiva consigliera. Deve essere chiaro che prima di un ricollegamento iniziatico si può già compiere un lavoro effettivo molto importante e questo dovrebbe aiutare a non farsi prendere dalla frenesia.

12. Ricordiamo, a scanso di equivoci, che queste attività rituali possono avere un effetto benefico solo qualora siano state trasmesse in modo regolare da un’autorità effettivamente autorizzata a farlo, trasmissione che permette allo stesso tempo di vivificarne l’efficacia.

13. A conferma di questa affermazione riportiamo quanto dice lo Sheikh Tadili nella già citata La vita tradizionale è la sincerità: «La conseguenza del dhikr (cioè del ricordo orientato verso il Centro) tutto intero è dunque inseparabile dall’estrema e perfetta fraternità fra gli iniziati…” e ancora la citazione del detto profetico: «Due credenti sono come un edificio solido: l’uno consolida l’altro».

14. In quest’ottica segnaliamo di sfuggita l’importanza operativa insita nel rompere le proprie abitudini, atteggiamento questo che può evitare il solidificarsi di situazioni poi difficili da superare.

15. Vedasi il n°30 di questa rivista.

16. Come noto e come ben evidenziato nella citazione introduttiva, con l’avanzare della discesa ciclica, il Centro del mondo si ritrae progressivamente divenendo sempre meno visibile all’esteriore. Analogamente fanno i centri iniziatici che in qualche modo lo rappresentano. Tutto questo dovrebbe far riflettere sulla reale profondità di tante organizzazioni che oggigiorno vanno per la maggiore e che fanno vere e proprie campagne di marketing per pubblicizzarsi.

Albano Martín De La Scala