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sabato 19 settembre 2020

Libri che uccidono, alchimia ed energia atomica

tratto da http://blog.ilgiornale.it/scarabelli/2020/01/21/libri-che-uccidono-alchimia-ed-energia-atomica/

di Andrea Scarabelli

La sera del 21 marzo 1919, a Parigi viene presentato un singolare poema in prosa dadaista, dal titolo Voyages en Kaléidoskope. Pubblicato cinque mesi prima dalla casa editrice di Georges Cres e tutt’ora inedito in italiano, è firmato da Irene Hillel-Erlanger, poetessa ebrea già autrice di varie antologie con lo pseudonimo di Claude Lorrey nonché collaboratrice di Germaine Dulac, regista del cinema muto francese. Nata il 30 giugno 1878, era tra le promotrici del neonato movimento dadaista, amica di Breton e Aragon (si vocifera, tra l’altro, che il racconto erotico, firmato dal secondo, Le con d’Irène, fosse dedicato proprio a lei…). Sta di fatto che, come racconta Serge Hutin nel suo libro Governi occulti e società segrete, tradotto negli anni Settanta all’interno della mitica collana di Mediterranee “la Biblioteca dei Misteri”, durante quel cocktail, dopo aver distribuito copie omaggio del libro ai giornalisti e agli amici presenti, l’autrice muore per una singolare intossicazione da ostriche. Nessun altro invitato registra il benché minimo malessere; in compenso, il giorno dopo qualcuno acquista tutte le copie in circolazione del Voyages, facendolo così sparire dalle librerie.

La trama del prose-poem è, in realtà, molto semplice: sintetizzando chimicamente misteriosi fluidi e metalli, lo scienziato e occultista Joel Joze mette a punto un caleidoscopio capace di rivelare la natura nascosta delle cose. Così come nella Fosca del nostro Iginio Ugo Tarchetti, Joel è infatuato di due donne: la Contessa Vera, stella della Parigi notturna, spregiudicata e crudele, e la più discreta Grace, che indossa sempre un velo. Lo scienziato sceglie ovviamente la prima, che però lo riduce sul lastrico, fino a quando viene a salvarlo Grace. Quando questa si toglie finalmente il velo, Joel scopre che lei e Vera sono in realtà sorelle, per così dire due emanazioni della stessa persona. La prima è il tempo, la seconda l’eternità; l’una è la realtà, l’altra la verità.

Incastonato in fronte, celato dal velo, Grace porta un diamante bianco, che nel corso della tenzone ingaggiata con la rivale genera un’immane quantità di forza “sottile” (una sinistra anticipazione dell’energia atomica?), radendo al suolo l’intera Ville Lumière. Una trama singolare, che secondo molti celerebbe tracce ermetiche dalla prima all’ultima pagina, su come preparare la Pietra dei Filosofi, portando a compimento la Grande Opera. Difficile dire se l’autrice si occupasse operativamente di alchimia – certo è che conosceva quell’ambiente, assai florido nella Belle Époque. Fu molto probabilmente da queste frequentazioni che nacque quello che è e rimane un autentico testo a chiave. D’altronde, nel dicembre 1919, tre mesi prima di morire, sulla rivista Literature lei stessa aveva offerto una chiave di lettura, scrivendo che «enigmi e segni si trovano ovunque. Basta solo saperli leggere».


Col passare degli anni, dopo quel cocktail fatale nessuno parlò più di lei. Fino al 1945, quando Eugen Canseliet, discepolo dell’enigmatico Fulcanelli, scrisse nei Due luoghi alchemici di aver ricevuto dal suo maestro il compito di recuperare copia di quel testo. Come noto, uno dei dettami alchemici prescrive il cosiddetto “segreto iniziatico”, ossia di non rivelare mai ai profani gli enigmi dell’Ars Regia. E quel libro pullula di enigmi cifrati, tra cui un termometro che secondo alcuni indicherebbe il “segreto alchemico delle temperature”. Che qualcuno avesse voluto punire l’autrice, avvelenandola e incaricandosi poi di ritirare tutte le copie del libro incriminato dalla circolazione? O che lei stessa avesse voluto lanciare un monito agli apprendisti stregoni dell’era atomica, anticipando di un paio di decenni i macelli di Hiroshima e Nagasaki?

Nessuno lo saprà mai. E chi sa è meglio che non dica nulla. Concludo con un piccolo aneddoto: nel 1971, Jacques Bergier pubblicò in Francia I libri maledetti, tradotto in italiano l’anno dopo sempre ne “la Biblioteca dei Misteri”. La tesi del libro è molto semplice: dall’inizio dei tempi, esisterebbe una misteriosa congrega (gli Uomini in Nero) che si occuperebbe di far sparire dalla circolazione quei libri che potrebbero portare l’umanità a un repentino sviluppo evolutivo. Altro che censori! Considerando la scarsa responsabilità mostrata da certi uomini di potere alle prese con gli enigmi della materia, i membri della setta, in sostanza, avrebbero come compito quello di salvare l’umanità da se stessa. Ebbene, nel Fondo Jacques Bergier (Biblioteca di Saint-Germain en Laye) è contenuto il manoscritto dell’indice originario del libro, pubblicato da Marc Saccardi nel suo ricco libro Amateur d’insolite et scribe des miracles (L’OEil du Sphynx, Paris 2008). Nel manoscritto compaiono tutti i capitoli poi finiti nell’edizione stampata. Tutti, salvo uno, cancellato nervosamente a penna dall’autore. Ecco il suo titolo: «Chapitre IX. Le “kaléidoskope” d’Irene Erlanger».