domenica 27 marzo 2016

Alcune considerazioni sulla fretta

 In collaborazione con la rivista Lettera E Spirito:

https://drive.google.com/file/d/0BwS7BAey84TnM2M1Nk8tcWxQQTQ/view

di Bruno Montolio

Alcune considerazioni sulla fretta
Quando li piedi suoi lasciar la fretta,
che l’onestade ad ogn’atto dismaga,
la mente mia, che prima era ristretta,
lo ’ntento rallargò, sì come vaga,
e diedi ’l viso mio incontr’al poggio
che ’nverso ’l ciel più alto si dislaga.

Dante, Divina Commedia, Purgatorio, III, 10-15

Dio ha fatto il tempo, ma l’uomo ha fatto la fretta
Chi fa in fretta fa due volte
Ciò che in fretta si fa, presto si rovina
Minore il tempo, maggiore la fretta
Guardati dai consigli frettolosi, perché la fretta è una cattiva consigliera
Si morde la lingua chi parla in fretta
Cosa non pensata, non vuol fretta

Proverbi popolari

La calma viene da Allah e la fretta da Satana
Hadîth trasmesso da Abdullah-Muhaimin bin ’Abbas bin Sahl bin Sa’d As-Saidi

La parola “fretta” deriva dal latino frictare, “fregare”. Giacché si ha frizione solamente tra elementi mobili discordanti, si può desumere come la radice della fretta sia la mancanza d’unitarietà dell’essere. Sinonimo di fretta è il termine “premura” (cfr. il francese être pressé), dal quale emerge come la fretta affligga coloro che sono schiacciati e oppressi dal tempo. «Talvolta si dice, forse senza comprenderne la vera ragione, che oggi gli uomini vivono più in fretta di una volta, e ciò è letteralmente vero; la fretta caratteristica che i moderni mettono in tutte le cose non è d’altronde, in fondo, che la conseguenza dell’impressione che ne provano confusamente»(1). «La fretta febbrile che i nostri contemporanei apportano a tutto ciò che fanno […] non può che produrre agitazione e disordine»(2). L’umanità è preda di tale malattia cosmica che la colpisce in modo generalizzato, e non casuale, bensì provocata da forze ostili rappresentate da Satana, l’Avversario, per loro natura portate a distogliere l’attenzione degli esseri dal proprio “centro”. Il detto “La calma viene da Allah e la fretta da Satana”(3) e i numerosi proverbi popolari sulla fretta contengono un avvertimento chiaro per chi voglia cercare di vincere questo grave vizio insito nella natura umana e che in questa fase di discesa ciclica impregna inevitabilmente tutti gli esseri dalla loro radice.
La fretta induce chi ne è afflitto a una sempre maggiore superficialità e approssimazione, portandolo a perdere gli aspetti qualitativi e profondi della realtà. Non bisogna tuttavia confondere la “calma” con la passività di chi non utilizza in modo corretto il proprio tempo4, che non domina ma dal quale è dominato(5).
«Il tempo è una spada, se non lo si taglia con la Verità (al-haqq), esso taglia con il falso (albâtil)! Tutti gli istanti sono stati impegnati per la loro ragione d’essere. Giacché gli istanti sono tre: “Il passato, ed è quello che hai vissuto; il presente, ed è quello che tu occupi con ciò che ti reclama; e l’avvenire: esso ti è nascosto, quindi non occupartene!”. Colui che s’assorbe nel passato e nell’avvenire perde il tempo del quale gli sarà chiesto conto, il presente, che non si rimpiazza(6). Se vuoi compiere più tardi ciò che per te è allora spirato, il momento che avrai scelto per adempierlo ti apostroferà dicendoti: “Io, non sono stato creato per niente. Cerca un altro momento libero. Se lo trovi, compi ciò che devi! Ma non lo troverai”. Perciò si dice: “Il tempo, è quello che tu vivi nel presente. Non è né passato né avvenire”»(7).
La fretta non permette d’attualizzare la vocazione dell’essere, giacché indebolisce il retto comportamento in ogni atto (“la fretta, | che l’onestade ad ogn’atto dismaga”)(8), sia esso esteriore o interiore, e ottenebra l’intelletto: solamente rinunciandovi e vincendola, la percezione del proprio orizzonte intellettuale può allargarsi e raggiungere i limiti massimi concessi dalla propria natura. Fretta e concentrazione sono dunque inconciliabili(9), la prima è dovuta alla dispersione, mentre la seconda induce l’azione precisa e sollecita(10), ossia la solerzia. Da ciò emerge come fretta e sollecitudine non siano affatto sinonimi(11): la prima tende verso l’esteriore, rende schiavi dell’illusione del “fare” e provoca soltanto agitazione e disordine, la seconda, orientata verso l’interiore, può generare concentrazione, base indispensabile per l’accesso a ogni conoscenza; la prima caratterizza l’individuo preso nell’impossibile compito d’esaurire le possibilità insite nell’ipotenusa del triangolo pitagorico(12), la seconda è propria dell’essere che tende al centro sul cateto(13).
Come l’idea precede necessariamente l’atto, la predisposizione dell’essere, ossia il suo corretto orientamento, è indispensabile affinché l’azione sia proficua14; solo così, nel suo agire, esso potrà tendere con la concentrazione al proprio centro. L’illusione che le cose possano essere fatte più velocemente senza mettersi prima nella condizione ideale per compierle porta alla fretta, che spinge l’essere ad agire senza riflettere su ciò che fa, mettendolo così in balia di chi ha gli strumenti per manipolarlo (e questo può farci intuire uno dei motivi per cui questa malattia cosmica è oggigiorno così diffusa).
In sintesi si può dire che la fretta è generata e alimentata da diversi vizi, cui ci si può opporre adeguatamente: alla quantità va opposta la qualità, alla velocità la calma, alla dispersione e agli attaccamenti all’ambiente la concentrazione e il ricordo del divino, all’angoscia la tranquillità, all’agitazione e alla mancanza di controllo la pazienza e la disciplina, al perdersi nel passato o in fantasmagoriche previsioni sul futuro la presenza ai propri atti, al disordine l’ordine che si fonda sul metodo e che permette di fare le cose al momento giusto; in quest’ottica sarebbe opportuno gerarchizzare le proprie attività in modo da concedere il legittimo spazio alle più importanti, eliminare quelle superflue(15) e ridurre quelle alle quali si concede colpevolmente troppo spazio(16).
La tensione dell’essere verso il proprio centro comincia dall’occuparsi solo di ciò che lo riguarda sfrondando il resto(17).
Questo lavoro di sgrossatura della pietra che porta a contrastare la fretta dovrebbe essere condotto senza cadere nello schematismo, ma cercando di essere ricettivi alle qualità del momento che si sta vivendo(18). Così come v’è un’orientazione spaziale che dirige verso il centro, ve n’è una temporale che coincide con una tensione verso l’eterno di cui la coscienza del presente è un riflesso. Per liberarsi dai nefasti influssi della fretta è necessaria una continua discriminazione, un lavoro “contro corrente” che deve costantemente essere rinnovato e che richiede attenzione e dedizione, vigilanza e perseveranza; tuttavia non ci sono alternative, è indispensabile farlo se si vuole uscire dalla follia organizzata che ci circonda e dirigersi verso la stabilità dell’Eterno(19).

1) R. Guénon, Le Règne de la Quantité et les Signes des Temps, Éditions Gallimard, Paris, 1945, cap. XXIII: Le temps changé en espace. Per comodità del lettore, riproduciamo per esteso il paragrafo che contiene il passo citato: «Il tempo consuma in un certo qual modo lo spazio, per un effetto della potenza di contrazione che rappresenta e che tende a ridurre sempre più l’espansione spaziale alla quale s’oppone; ma, in quest’azione contro il principio antagonista, il tempo stesso si svolge con una velocità sempre crescente, giacché, lungi dall’essere omogeneo come suppongono coloro che non lo considerano che dal solo punto di vista quantitativo, è al contrario “qualificato” in maniera differente a ogni istante dalle condizioni cicliche della manifestazione alla quale appartiene. Quest’accelerazione diviene più apparente che mai alla nostra epoca, poiché essa assume proporzioni esagerate negli ultimi periodi del ciclo, ma, in realtà, essa esiste costantemente dall’inizio alla fine di questo; si potrebbe dunque dire che il tempo non contrae solamente lo spazio, ma che contrae anche progressivamente se stesso; questa contrazione s’esprime con la proporzione decrescente dei quattro Yuga, con tutto ciò che implica, compresa la diminuzione corrispondente della durata della vita umana. cit. Al suo grado estremo, la contrazione del tempo arriverà a ridurlo finalmente a un unico istante, e allora la durata avrà veramente cessato d’esistere, giacché è evidente che, nell’istante, non può più esservi alcuna successione. È così che “il tempo divoratore finisce col divorare se stesso”, in modo che, alla “fine del mondo”, vale a dire al limite stesso della manifestazione ciclica, “non v’è più tempo”».
2) R. Guénon, Le Règne de la Quantité et les Signes des Temps, ibid., Avant-propos. «L’incremento della velocità degli avvenimenti, con l’avvicinarsi della fine del ciclo, può essere paragonato all’accelerazione che esiste nel movimento di caduta dei corpi pesanti; il cammino dell’attuale umanità assomiglia proprio a quella d’un mobile lanciato su una discesa tanto più velocemente quanto più s’avvicina al basso» (ibid., cap. V: Les déterminations qualitatives du temps).
3) Hadîth trasmesso da Abdullah-Muhaimin bin ’Abbas bin Sahl bin Sa’d As-Saidi che lo ha ricevuto da suo padre a cui è stato trasmesso da suo nonno (cfr. English traslation of Jâmi‘ At-Tirmidhî, Vol. 4, Chapters on Righteousness and Maintaining Good Relations with Relatives, Darussalam, Riyadh, 2007).
4) “La Regola v’insegni il corretto utilizzo del Tempo” ammonisce un rituale massonico.
5) Attitudine passiva che ricorda quella degli ignavi, incapaci di prendere partito e d’agire; Dante li presenta nel III canto dell’Inferno costretti in eterno a rincorrere un’insegna che gira in tondo senza senso:
E io, che riguardai, vidi una 'nsegna
che girando correva tanto ratta,
che d'ogne posa mi parea indegna;

Non avendo fatto uso in vita del loro libero arbitrio, è come se questi dannati non fossero mai vissuti e
sono ora continuamente pungolati da mosconi e vespe:
Questi sciaurati, che mai non fur vivi,
erano ignudi e stimolati molto
da mosconi e da vespe ch'eran ivi
.
6) Chiaro l’invito a cogliere l’attimo fuggente nel quale gli aspetti qualitativi si manifestano. Per questo, e per non essere inesorabilmente sopraffatti e schiacciati dal tempo come detto nell’incipit di questo passo, è necessaria un’attitudine attiva e vigile (Shaikh ‘Ali al-Jamal scrive: «L’intuizione è molto sottile e fuggitiva; se l’uomo non sta in guardia, scapperà dalle sue mani senza che se ne accorga», cfr. Lettres d’un maître soufi: le Sheikh al-‘Arabî ad-Darqâwî, Lettera 22, Archè, Milano, 1978).
7) Shaikh Tadili, La vie traditionelle c’est la sincérité. Anche nella Bibbia viene evidenziato come ogni momento abbia una sua qualità propria: «Per tutto c’è un momento e un tempo per ogni azione sotto il sole. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sbarbare il piantato. C’è un tempo per uccidere e un tempo per curare, un tempo per demolire e un tempo per costrui re. C’è un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare. C’è un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per separarsi. C’è un tempo per guadagnare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttare via. C’è un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare. C’è un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace» (Ecclesiaste, 3, 1-8).
8) La vocazione è un richiamo del proprio principio interiore e la fretta, quale tendenza alla dispersione, è una sorta di rumore che ne distoglie l’ascolto; si ha fretta perché chiamati contemporaneamente da più parti, così il “lasciar la fretta” di Dante ben corrisponde alla tensione verso il silenzio interiore. Ecco cosa scriveva al proposito Albano Martín de la Scala nella nota 17 dell’articolo La Vocazione apparso nel no 34 di questa rivista: «In particolare, oggi più che nel passato, viviamo in un mondo pieno di rumori, frastuoni e richiami che si sovrappongono e a volte si mischiano in modo inestricabile e questo è vero per la condizione fisica, ma ancora di più per quella psichica. Il tendere verso il silenzio interiore è quindi un passo indispensabile per poter udire in modo sempre più chiaro la propria chiamata. Non a caso la disciplina del silenzio, anche esteriore, trova ampio spazio nelle più diverse forme tradizionali. Basti pensare al silenzio dell’apprendista in Massoneria o a quello praticato in diversi ordini monastici».
9) La fretta è strettamente legata alla forza centrifuga. La velocità di un corpo legato a una corda e fatto roteare è tanto maggiore quanto più lunga è la corda. Analogamente si comportano l’umanità e i singoli individui, che sono tanto più soggetti alla velocità quanto maggiore è la loro distanza dal centro. La corda
immaginaria di cui parliamo corrisponde al simbolico cateto di base del triangolo pitagorico che inizia ad allungarsi e ad allontanarsi dal cateto verticale, simbolo della Provvidenza, nel momento in cui l’essere, con un’affermazione della propria volontà individuale, gira le spalle al centro e si orienta verso l’esteriore.
10) “Sollecito” deriva dal latino sollìcitus composto da sòllus, tutto, intiero, e cìtus, pronto, p.p. di cìo, muovo. “Solerte”, da sòllus e ars, arte, per conseguenza “esperto”, dotato di attitudine.
11) E questo dovrebbe essere sufficiente a far comprendere come la lotta alla fretta non possa essere presa a scusa per giustificare quella che in realtà non è altro che pigrizia.
12) Ipotenusa che, da un altro punto di vista, può essere messa in relazione con la discesa ciclica e la sua continua accelerazione.
13) Per più ampi approfondimenti sull’argomento del triangolo pitagorico vedasi i ni 36 e 37 di questa rivista. Albano Martín de la Scala, nell’articolo Provvidenza, Volontà, Destino, scriveva: «La mentalità moderna, ignorando l’esistenza di un Ordine risultante dall’espressione nella manifestazione di un Principio Universale di carattere sovrumano, impegna la Volontà umana in un processo d’affermazione dell’individualità, unica realtà esistente secondo la sua percezione, alimentando l’ego in un processo propriamente indefinito. Ora, questa forza di Volontà può applicarsi ugualmente in senso contrario, quantunque per questo sia necessario riconoscere l’azione della Provvidenza».
14) La copertura del tempio, che precede l’inizio dei lavori massonici, è un rito che evidenzia come tradizionalmente sia necessario creare le condizioni ideali prima di compiere qualunque atto.
15) Generalmente il lavoro, il riposo e la ricreazione, le occupazioni familiari e l’attività rituale dovrebbero riempire la vita degli iniziati.
16) A questo proposito può essere interessante fare una riflessione su quale sia lo spazio che legittimamente può essere concesso al divertimento o alla ricreazione. Il verbo “divertire” deriva dal latino divèrtere, p.p. di divèrsus, composto dalla particella di(s), che indica allontanamento, e vèrtere, volgere. Il significato è quindi quello di volgere altrove, distogliere, distrarre, deviare. Un simile comportamento, essendo contrario e inconciliabile con la concentrazione e la rettitudine, non può che essere considerato illegittimo dal punto di vista tradizionale. Ben diversa la radice etimologica, e quindi il senso profondo, del verbo “ricreare”, dal latino recreàre, composto dall’iterativo re e creàre, creare, vivificare. Appare quindi evidente come la ricreazione, non solo sia legittima, ma rivesta pure un’importantissima funzione che si integra armoniosamente nell’attività tradizionale, permettendo a chi ne usufruisce di ritemprarsi in vista degli impegni che lo attendono; non a caso in Massoneria i lavori riprendono “Forza e Vigore” dopo la ricreazione. Quest’esempio è emblematico delle difficoltà che si possono incontrare nel giudicare dall’esterno certe situazioni e mostra come comportamenti apparentemente simili possano nascere da motivazioni differenti ed essere quindi intrinsecamente molto diversi tra loro. Come quasi sempre accade è l’intenzione o in altri termini l’orientazione a fare tutta la differenza.
17) Il Martello e lo Scalpello sono gli strumenti simbolici con cui l’Apprendista è chiamato a lavorare sulla Pietra Grezza per sgrossarla, con una continua e paziente opera di sottrazione.
18) Nel dominio dell’azione, la “puntualità” è il fare le cose nel punto temporale esatto in cui devono essere compiute (in Massoneria i lavori cominciano simbolicamente a mezzogiorno e terminano a mezzanotte “in punto”). La puntualità permette di fare le cose appuntino, con precisione e solerzia, senza dover rincorrere affannosamente il tempo perduto o attendere. Ricordiamo che il termine “punto” deriva dal latino punctum da pungere, penetrare; se ne può quindi forse dedurre che per essere penetranti e non restare alla superficie delle cose è necessario essere puntuali.
19) Il “luogo” sede di questa stabilità è il Centro del mondo («V’è ancora un’osservazione da fare sulla rappresentazione del centro spirituale come un’isola, che peraltro racchiude la “montagna sacra” […]. L’idea che evoca la rappresentazione di cui si tratta è essenzialmente quella di “stabilità”, che abbiamo precisamente indicato come caratteristica del Polo: l’isola rimane immutabile in mezzo all’agitazione incessante dei flutti, agitazione che è un’immagine di quella del mondo esterno; e bisogna aver attraversato il “mare delle passioni” per giungere alla “Montagna della Salvezza”, al “Santuario della Pace”», R. Guénon, Le Roi du Monde, Éditions Traditionnelles, Paris, 1950, cap. X, Noms et représentations symboliques des centres spirituels). «È in questo centro che “il tempo si cambia in spazio”, perché qui è, nel nostro stato d’esistenza, il riflesso diretto dell’eternità principiale, il che esclude ogni successione; così la morte non vi può colpire, ed è quindi propriamente il “soggiorno d’immortalità”; tutte le cose vi appaiono in perfetta simultaneità in un immutabile presente, grazie al potere del “terzo occhio”, col quale l’uomo ha riacquistato il “senso dell’eternità”». (R. Guénon, Le Règne de la Quantité et les Signes des Temps, ibid., cap. XXIII: Le temps changé en espace).

venerdì 25 marzo 2016

Ecco Kullervo, il primo mito di JRR Tolkien

tratto da "Il Giornale" del 06/03/2016

di Daniele Abbiati

Una saga nordica con momenti shakespeariani

Quando Tolkien non era ancora Tolkien né ipotizzava di diventarlo, s'imbattè nell'opera che l'avrebbe trasformato in ciò che è (il presente storico è il tempo che si addice ai creatori di mondi come lui).

Nel 1911, diciannovenne studente alla King Edward's School di Birmingham, legge un barbarico, enigmatico, ancestrale poema epico composto intorno al 1835 dal filologo finlandese Elias Lönnrot sulla base di antichi canti popolari finnici. Si chiama Kalevala. La narrazione lo intriga assai e, insoddisfatto dalla traduzione di W.F. Kirby, appena giunto all'Exeter College di Oxford, sul finire dello stesso anno, munito di una ponderosa Finnish Grammar si mette a studiare il finlandese per gustarla nell'edizione originale. Fallisce: «respinto con gravi perdite», annota. Ma, fallendo, vince. Perché prima di partire soldato per la Francia, nel '16, ha già scritto La storia di Kullervo, il primo passo del futuro professor Tolkien nell'universo tolkieniano. E oggi possiamo gustarlo a nostra volta, quell'esordio, nell'edizione Bompiani (pagg. 248, euro 19, a cura di Verlyn Flieger, trad. Luca Manini, dal 17 marzo in libreria).Per farlo, dobbiamo toglierci dalla testa gli arcadici paesaggi del Signore degli Anelli, i motteggi di Bilbo Baggins, il magico candore della principessa Arwen, e anche gli Orchi della Terra di Mezzo. Qui siamo in una dimensione fuori dal tempo e fuori dal Bene e dal Male, «quando la magia era ancora giovane». Qui non c'è colpa e non c'è redenzione, non c'è merito né premio. Qui l'uomo è ancora bestiale nel godimento e nella sofferenza e al limite, varcando in extremis il confine che lo separa da quella che Platone chiamava la «seconda navigazione», fatta con la Ragione che si mette ai remi, una volta calato il vento della Natura, avverte il peso della vergogna.

«Il passato universale dell'uomo: questo dobbiamo cercare nel Kalevala», disse Tolkien, ormai ex cathedra, a proposito del suo esordio. E ancora: «L'Europa ha perso troppo e troppo spesso nel tentativo di costruire templi greci». Non era la protesta di un anglosassone nei confronti della supremazia mediterranea in tema di miti fondanti, bensì l'esortazione a scavare sotto l'apollineo e sotto il dionisiaco, fino alle radici sub-umane dell'umanità. Per questo aveva scelto di dar voce, pescando nel mare magnum del Kalevala, a un eroe selvatico, tormentato, spiantato, quasi wagneriano. Kullervo, al quale l'autore attingerà a piene mani per creare il Túrin Turambar di I figli di Húrin, vede suo padre Kalervo, sorta di Abele, trucidato dal Caino Untamo. Poi, separato dalla sorella Wanona, subisce le violenze dello zio che per tre volte tenta di eliminarlo annegandolo, bruciandolo e impiccandolo, e si vendica sulla zia-arpia. Suoi unici alleati, il coltello e un magico cane nero parlante. Vaga per lande desolate e per boschi bui, si smarca dal dispotismo del fabbro Asemo fino a che un drammatico incontro con la madre rediviva gli rivela, in un finale shakespeariano, l'unica degna via di fuga dall'amara verità.

L'intera opera di Tolkien è segnata da una missione: ritrovare l'Anello di un'epica da regalare alla sua Patria. E il punto di partenza di tutto Tolkien, la prima pietra miliare sul sentiero che l'ha condotto alla selva oscura trasformata quasi in un luna park dalle rivisitazioni moderne, è in queste pagine figlie di un popolo ignoto, nel lessico animistico di questi «trogloditi», come li chiama lui. L'alba dell'Uomo prima del tramonto dell'Occidente.Daniele Abbiati




domenica 20 marzo 2016

LA NUOVA ARCHEOLOGIA TEORICA - Sulle orme della Fisica Teorica

di Simone Scotto di Carlo (https://unina.academia.edu/SimoneScottoDiCarlo)

Il TAG (Theoretical Archaeology Group) è stato fondato in Gran Bretagna nel 1979 con l'obiettivo di promuovere il dibattito e la discussione delle questioni in archeologia teorica a livello internazionale: è definito come un luogo di esplorazione per la ricerca archeologica e innovativa.
Il TAG è gestito e guidato da un Comitato Nazionale, che si riunisce ogni anno e comprende un rappresentante di ciascuno dei dipartimenti universitari che hanno ospitato una conferenza TAG .
Nel 2015 la conferenza si è tenuta nell’Università di Bredford: dal sito dell’università si leggono gli argomenti che sono stati oggetto del dibattito dal 14/12 fino al 16/12; riporto l’elenco(1):
1) Lunedì 14 Dicembre:
- Artista e Archeologo;
- Le risorse archeologiche non sono finite e sono rinnovabili;
- Agende politiche e sponsorizzazioni in archeologia;
- Ripensare il concetto di spazio negli insediamenti;
2) Martedì 15 Dicembre:
- I pozzi e la diversità della pratica archeologica;
- Canticchiando con Crossfire - a corto di copertura;
- La diversità di età: dove sono i giovani in archeologia?
- Mobilità, monumentalità e la memoria in società del passato;
- Differenziazione sociale, personalità e la disuguaglianza nelle società preistoriche;
- La salute mentale in archeologia;
- Racconti tirannici? Fiction come metodo archeologico;
3) Mercoledì 16 Dicembre:
- Eterarchie o gerarchie? approcci critici alla diversità di organizzazione sociale;
- Sfumando i confini: prospettive interdisciplinari di archeologia;
- L'alloggiamento della forza lavoro
- Archivi come oggetti archeologici
- Ripensare la carta archeologica
- Advances in arte preistorica
- l'archeologia della filosofia elementare e principi umorali
- sulla necessità di una pluralità agente nella comprensione dei processi di formazione dell'identità e
cosmologie nelle comunità preistoriche
Nello stesso anno, dal 3 al 6 Luglio, si è svolta la quarta conferenza internazionale sulla Fisica Teorica, a Mosca;
riporto il breve elenco della conferenza:
- Fondamenti della meccanica quantistica
- Quantum Entanglement
- Teoria Quantistica compresi informazione quantistica (Quantum Computer, Crittografia Quantistica,
Teletrasporto di Quantum Uniti)
- Classical e Quantum gravitazione, cosmologia e astrofisica
- Fisica Generale
- Materia Condensata
- Ottica e Spettroscopia
- Fisica Nucleare
- Fisica Matematica
Da una rapida lettura dei programmi emerge l’impostazione differente delle due conferenze: la seconda (quella di Mosca) è proiettata verso l’ignoto (basta leggere la parola “teletrasporto” per capire di cosa si stia parlando), mentre la prima (il TAG) è incentrata su argomenti con scarso interesse per l’ignoto (basta leggere le parole “agende politiche” e “sponsorizzazione” per capire di cosa si stia parlando).
Da una conferenza come quella di Archeologia Teorica del TAG, ci si sarebbe aspettato un programma del genere:
- Puma Punku: analisi sulle reali possibilità degli Aymara di realizzare l’opera
- Gobekli Tepe: nuove ipotesi sulla realizzazione
- Allineamenti dei siti piramidali di Messico, Egitto e Cina: analisi sulle probabilità di coincidenza
- Magalitismo planetario: una teoria che spieghi il fenomeno in modo lineare ed esaustivo
- OOPart: dal meccanismo di Antikitera alla colonna di Ashoka, evoluzione delle spiegazioni ammissibili
- Malta: analisi sulle possibili spiegazioni ai binari incassati nella roccia
- I miti del diluvio: ipotesi sull’evento planetario possibile
Gli argomenti sopra elencati, sono solo una piccola parte del mondo poco esplorato della ricerca sulle origini della civiltà umana, eppure nella conferenza internazionale più importante sull’archeologia teorica, non vi è traccia di ricerca sulla materia “ignota”. L’impressione è che si preferisca navigare in acque tranquille e note, piuttosto che esplorare nuove mete.
Seguendo le orme della fisica teorica, invece, possiamo capire quale sia il metodo di ricerca per arrivare a trovare soluzioni che superino la nostra immaginazione e la capacità media della nostra mente di comprendere.
Il confronto appare subito difficile, perché la fisica teorica è oggi in pieno sviluppo ed in continuo fermento, tanto che in tutto il mondo si susseguono conferenze internazionali su tanti argomenti, a differenza dell’archeologia teorica che riesce a riunirsi una volta l’anno a livello internazionale e propone una serie di argomenti a mio avviso poco utili per approfondire i punti controversi della teoria classica sulle origini della civiltà umana.
Per brevità, facciamo riferimento ad una serie di conferenze in programma per il solo mese di Marzo 2016 riassunte sul sito conference-service.com (2) nell’ambito della Fisica teorica:


Come si nota, l’interesse per gli argomenti che spingono la mente a superare se stessa, sono predominanti.
Ma come si è arrivati ad adottare questo metodo di ricerca così innovativo ed efficace?

Esempio 1: “IPSE DIXIT”

Nel celebre scritto “Il dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”, Galileo Galilei osò mettere in discussione il sistema aristotelico che dominava la storia del pensiero occidentale da decine di secoli e che ostruiva la strada allarivoluzione scientifica in atto, facendosi scudo col principio di autorità (“Ipse dixit !”).
Legato al caso Galilei c’era la necessità di dover abbattere il sistema geocentrico aristotelico-tolemaico che vedeva laTerra al centro dell’Universo; analizziamo brevemente il caso:




Immagine 1 dal sito: http://images.slideplayer.it/3/976161/slides/slide_3.jpg

1) SISTEMI PRE-COPERNICANI: l'idea che la rotazione degli astri potesse essere apparente e dovuta al
moto della Terra, era già stata avanzata nell'antichità da vari filosofi, secoli prima di Cristo; i primi furono i
pitagorici, ma il tentativo più autorevole fu fatto da Eraclide Pontico (385-322 a.C.) e successivamente
da Aristarco di Samo.
Aristotele e Tolomeo, presero in considerazione la teoria dell’eliocentrismo ma non la ritennero accettabile,
sulla base di considerazioni che, per le conoscenze scientifiche del tempo, erano difficilmente confutabili.
2) SISTEMA COPERNICANO: il polacco Niccolò Copernico (1473-1543) introdusse una nuova concezione del sistema cosmologico, passando da quello aristotelico-tolemaico geocentrico, a quello eliocentrico; lo scienziato definito “rivoluzionario prudente” acconsentì alla pubblicazione delle sue teorie, espresse nel "De Revolutionibus" (1543), solo in punto di morte.
Le caute teorie di Copernico, le osservazioni pratiche e il nuovo metodo d'indagine del Galilei, la nascente cultura scientifica generata da una straordinaria rivoluzione in questi termini, portarono a un radicale cambiamento nel tessuto connettivo culturale europeo tra XVI e XVII secolo, mutamenti che hanno indicato e tracciato profondamente la via per la definizione del mondo e della scienza moderni.”(Andrea Cozza)
3) TEMPO SPRECATO: a conti fatti, da Eraclide a Galileo, l’umanità ha sprecato circa 2000 anni di storia
assumendo il sistema Tolemaico-Aristotelico come “summa teoria” di interpretazione dell’universo e del
moto dell’universo. Proviamo solo ad immaginare se la rivoluzione scientifica di Galilei fosse avvenuta già
in antica Grecia: oggi, probabilmente, la nostra civiltà avrebbe 2000 anni di evoluzione scientifica e
tecnologica in più.
Questo importantissimo precedente storico, non può non farci riflettere sul fatto che la vera analisi scientifica non deve aggrapparsi ad una teoria in modo morboso. Lo scienziato deve essere pronto a sposare una nuova teoria se questa è capace di spiegare meglio e con meno contraddizioni il fenomeno studiato.
A tal proposito, è d’obbligo riportare la seguente citazione di K. R. Popper:
« Sentivo che era questo il vero atteggiamento scientifico. Era completamente differente dall'atteggiamento dogmatico, checontinuamente affermava di trovare "verificazioni" delle sue teorie preferite. Giunsi così, sul finire del 1919, alla conclusione che l'atteggiamento scientifico era l'atteggiamento critico, che non andava in cerca di verificazioni, bensì di controlli cruciali; controlli che avrebbero potuto confutare la teoria messa alla prova, pur non potendola mai confermare definitivamente. »

Esempio 2: “NON CAPISCO NULLA”

Il paradigma perfetto di “teoria rivoluzionaria” è dato, a mio avviso, dalla teoria della relatività generale di Einstein: agli inizi del ‘900, Einstein cambiò profondamente la teoria della relatività di stampo galileiano ed il concetto stesso di tempo e di spazio, portando la fisica oltre il limite allora immaginabile.
Basata su solide basi matematiche e fisiche, la teoria di Einstein non poteva all’epoca essere dimostrata,
sperimentalmente, ed ha dovuto attendere decenni per ottenere la prima conferma sperimentale. Ancora oggi si parla infatti di teoria della relatività e non di legge della relatività, a dimostrazione del fatto che non è stata ancora del tutto dimostrata inequivocabilmente (l’ultima conferma nel 2016 sulle onde gravitazionali probabilmente rappresenterà la spinta per il salto da teoria a legge).
Eppure, grazie a questa teoria “visionaria”, la fisica ha potuto osare e lanciarsi oltre i propri limiti e soprattutto superare le barriere mentali imposte dagli scienziati meno aperti alle novità.
A tal proposito lo stesso Einstein diceva:“I grandi spiriti hanno sempre incontrato l'opposizione violenta delle menti mediocri.” Se Einstein non avesse seguito le sue intuizioni e non si fosse dedicato alla sua teoria, la nostra comprensione del cosmo sarebbe limitata e ancorata alle prove di laboratorio. La teoria invece è arrivata là dove i sensi ed il pragmatismo non possono arrivare: come spiegare ad un pragmatico che possiamo viaggiare indietro nel tempo? Come fargli capire che spazio e tempo sono legati e possono essere alterati, distorti?
Ecco, i limiti dell’uomo “da laboratorio” fortunatamente non hanno fermato la ricerca teorica ed hanno permesso alla fisica di oltrepassare i limiti della mente umana.
Qual è invece l’atteggiamento che hanno l’archeologia moderna, la storiografia ufficiale e l’egittologia quando si discute di origini della civiltà umana?
L’analogia con aristotelici e tolemaici è lampante e dà una risposta netta:
1) Ritrosia verso le teorie diverse da quella ufficiale ( “Mesopotamia culla della civiltà” ad esempio);
2) Derisione e scetticismo verso coloro che osano mettere in dubbio l’architettura storica classica;
3) Respingimento, talvolta occultamento delle prove storiche ed archeologiche che smentiscono la teoria ufficiale;
4) Autoreferenzialità e corporativismo;
Questo atteggiamento diffuso e spesso dominante negli ambienti accademici, è un ricorso storico: egittologi ed archeologi difendono i padri fondatori delle loro teorie affidandosi al principio di autorità, proprio come hanno fatto aristotelici e tolemaici per secoli e secoli prima di loro.
Costoro, preferiscono affidarsi ad una teoria apparentemente lineare e capace di spiegare tutto, anche se centinaia di reperti archeologici, opere megalitiche, testimonianze storiche restano fuori dal loro sistema, affidate a spiegazioni lacunose, semplicistiche e talvolta ridicole.
Ecco che diventa fondamentale ristrutturare un metodo di ricerca che dia spazio e risalto alle nuove teorie sulle origini della civiltà, una nuova archeologia teorica che non teme di esplorare ipotesi ardue, ma anche “bizzare”, “assurde”, “ridicole” purchè restino coerenti come una vera teoria deve essere.
Il mondo accademico contemporaneo è imbrigliato dal cosiddetto “metodo scientifico”: un procedimento che parte dall’osservazione per verificare la correttezza delle previsioni.
Davanti ad un fenomeno di cui non si conosce la causa, il metodo prevede(4) di:
1) compiere osservazioni sistematiche;
2) formulare una domanda;
3) elaborare un’ipotesi che sia una possibile soluzione alla domanda;
4) trarre previsioni dall’ipotesi;
5) controllare la validità delle previsioni con ulteriori osservazioni o esperimenti.
Applichiamo ora il metodo ad esempio alla teoria della relatività generale, immedesimandoci nei panni di Einstein agli inizi del ‘900:
1) compiere osservazioni sistematiche: non era possibile fare osservazioni semplici a supporto della teoria
2) formulare una domanda: Einstein si domandò semplicemente cosa avrebbe visto attorno a se fosse riuscito
a correre veloce quanto un raggio di luce,
3) elaborare un’ipotesi: Einstein partì dalla fisica classica per sviluppare la sua nuova teoria
4) trarre previsioni dall’ipotesi: le previsioni di Einstein furono semplicemente inconcepibili per l’epoca
5) controllare la validità delle previsioni con osservazioni ed esperimenti: dopo un secolo dalla formulazione
della teoria, siamo ancora in cerca di conferme
Come si nota, un’applicazione rigorosa del metodo scientifico avrebbe tarpato le ali al pensiero di Einstein.
Ed in effetti la comunità scientifica dell’epoca non seppe cogliere la grandezza, la profondità e l’innovazione della teoria della relatività: il professore di fisica sperimentale Aimè Forster dell’Università di Berna così si espresse sul lavoro di Einstein “Sull’elettrodinamica dei corpi in movimenti”: “Non capisco neppure una parola di quello che c’è scritto”. Era opinione infatti del corpo docente che la relatività fosse stata “rifiutata in modo più o meno chiaro dalla maggior parte dei fisici contemporanei”.
Eppure, la prima conferma sperimentale delle intuizioni di Einstein avvenuta nel 1919, trasformò Einstein in una celebrità : si tratta della deviazione della luce per azione della forza di gravità. Il 6 novembre 1919 la Società Astronomica Reale e la Royal Society a Londra certificarono che le predizioni della relatività generale erano corrette.

Esempio 3: “PURA FANTASCIENZA”

Legato alla teoria della relatività generale vi è un altro esempio che dovrebbe essere insegnato nelle università ditutto il mondo, ovvero la storia della formulazione teorica dei cosiddetti buchi neri:
L'esistenza dei buchi neri è una delle predizioni fondamentali della teoria della relatività generale formulata da Albert Einstein nel 1915. La prima soluzione delle equazioni di Einstein che descrive un buco nero fu trovata dall'astronomo tedesco Karl Schwarzschild sempre nel 1915 e per molto tempo si pensò che non avesse significato fisico. Nel 1939, invece, Robert Oppenheimer e Hartland Snyder mostrarono con calcoli teorici che una nube di gas, contraendosi a causa dell'attrazione gravitazionale, forma un buco nero. Solo negli anni Sessanta le osservazioni astronomiche e gli studi teorici mostrarono che la vita di una stella di massa sufficientemente grande può culminare in una esplosione e nel successivo collasso della sua parte più interna.”





Sia Schwarzschild che Oppenheime e Snyder hanno dovuto subire la derisione di diversi colleghi che all’epoca, miopi , reputavano la loro formulazione sull’esistenza dei buchi neri come “pura fantascienza”.
Applichiamo anche per questa teoria il metodo di ricerca sperimentale:
1) compiere osservazioni sistematiche: non era possibile fare osservazioni sui buchi neri
2) formulare una domanda: può un corpo celeste avere una gravità tanto grande da intrappolare anche la
luce?,
3) elaborare un’ipotesi: il corpo celeste esiste e compare come una massa nera
4) trarre previsioni dall’ipotesi: quello che accade avvicinandosi ad un buco nero, trascende la comprensione
della realtà così come vissuta dall’uomo
5) controllare la validità delle previsioni con osservazioni ed esperimenti: dopo circa 50 anni furono
“avvistati” i primi buchi neri

Anche per questo esempio, il metodo classico non avrebbe permesso lo sviluppo della teoria.
Questo caso dimostra ancora che se la ricerca si lascia guidare da una teoria valida, anche quando sembra che giunga a risultati “fantascientifici”, è possibile portare la conoscenza umana verso altissimi livelli.
Oggi la fisica dello Spazio è lanciata verso l’infinito con una velocità sorprendente: osserva l’Universo con mezzi nuovi e ne scruta gli aspetti nascosti senza filtri cognitivi.
Questo atteggiamento consente agli scienziati di non fermarsi nemmeno davanti agli ostacoli più ardui: modello standard, inflazione, teoria delle stringhe, materia oscura, energia oscura, etc. sono tutti sistemi di teorie che anelano a diventare leggi e tentano di spiegare l’inspiegabile, anche se oggi nessuna gode delle prove necessarie per emergere e prendere il posto ufficiale nella storia.
Ne è un esempio la teoria dei “Wormholes”, letteralmente “buco di verme”: nel 1935, i fisici Albert Einstein e
Nathan Rosen usarono la teoria della relatività generale per proporre l’esistenza di “ponti” attraverso lo spaziotempo.
Questi percorsi, chiamati ponti Einstein-Rosen o wormholes, collegano due punti diversi dello spazio-tempo,
teoricamente creando una “scorciatoia” che potrebbe ridurre il tempo di viaggio e la distanza.



La teoria dei Wormholes appare bizzarra, assurda, per alcuni ridicola: tutte caratteristiche necessarie per scavalcare i limiti della mente umana. Il mondo scientifico dei fisici ha però imparato ad avere rispetto per teorie matematicamente coerenti, anche se fantascientifiche; lo stesso non si può dire dell’archeologia.

Esempio 4: “DEVE ESISTERE”

Il fisico teorico del Cern John Ellis con queste semplici parole tenta di spiegare: “Immaginate un’infinita distesa di neve, un campo esteso lungo tutto lo spazio. Il campo di Higgs è come questo: questo è fatto di fiocchi di neve, allo stesso modo il campo di Higgs è composto di piccoli quanti. Noi li chiamiamo Bosoni di Higgs“.
Il bosone di Higgs spiega dunque come mai tutte le particelle elementari che compongono la materia abbiano una massa e interagiscono formando la materia, anziché schizzare via alla velocità della luce.
La conferma sperimentale della previsione teorica del bosone del 1964 ha richiesto quasi mezzo secolo e il lavoro di più di un migliaio di fisici, oltre alla costruzione del più grande e costoso strumento scientifico mai realizzato, l’acceleratore Large Hadron Collider (Lhc) del Cern (Centro Europeo Ricerche Nucleari) che si sviluppa in un tunnel sotterraneo lungo 27 chilometri. Il bosone di Higgs è stato osservato per la prima volta nel 2012, negli esperimenti Atlas e Cms dell’Lhc e la sua scoperta è stata ufficialmente confermata il 6 marzo del 2013 nel corso di una conferenza tenuta a La Thile da parte dei fisici del Cern.
Il premi Nobel, Peter Higgs ha quindi guidato “a tavolino” la ricerca sperimentale per 50 anni ed oltre: la sua teoria elaborata grazie all’ausilio di strumenti tecnici particolari (carta e penna), ha impegnato il mondo scientifico per mezzo secolo e lo ha costretto a costruire il più grande acceleratore di particelle del mondo (a tutti gli effetti il laboratorio più grande mai costruito dall’umanità).



Applichiamo anche per questa teoria il metodo di ricerca sperimentale:
1) compiere osservazioni sistematiche: non era possibile fare osservazioni sui bosoni
2) formulare una domanda: cosa trasforma un elemento quantico in un elemento dotato di massa?
3) elaborare un’ipotesi: nel campo di Higgs esiste una particella che stabilisce la massa
4) trarre previsioni dall’ipotesi: tutto ciò che esiste ed è osservabile dall’uomo è legato a questa particella
5) controllare la validità delle previsioni con osservazioni ed esperimenti: come per i buchi neri, è stato
necessario mezzo secolo di ricerca

Si tratta ancora una volta della conferma che l’avanzamento nella comprensione dell’Universo, è guidati dalla teoria e poi confermato dalla sperimentazione, non viceversa.
E’ importante riflettere sul fatto che il LHC di Ginevra è un’opera colossale: è costruito all'interno di un tunnel
sotterraneo lungo 27 km, a 100 m di profondità in media. L’immagine seguente rende meglio l’idea:


Uno sforzo economico da 3 Miliardi di Euro, per costruire in circa 10 anni (dal 1998 al 2008) la macchina più grande mai realizzata dall’uomo e tutto per dimostrare teorie scritte su pezzi di carta da fisici teorici.
Questo deve farci riflettere sull’importanza della fisica teorica.

Valutazione di una nuova teoria archeologica

Dai 4 esempi sopra descritti, si evince che la Fisica ha saputo superare il metodo scientifico di tipo sperimentale facendo leva sulla fisica teorica: disciplina capace di muoversi agilmente laddove il metodo scientifico rallenta, ovvero nell’infinitamente piccolo e nell’infinitamente grande.
La domanda ora è più che mai lecita: perché non applicare lo stesso metodo di ricerca anche all’archeologia sulleorigini della civiltà umana?
La mia proposta parte da un esempio concreto di cui conosco i numeri in gioco: nel 2014 ho analizzato le probabilità di coincidenza sull’allineamento dei tre siti piramidali di Messico, Egitto e Cina, partendo dallo studio e dalle intuizioni di Fabio Garuti(5) (lo studio è scaricabile gratuitamente al seguente link: https://www.academia.edu/7932573/Linsostenibile_leggerezza_delle_coincidenze_Messico_Egitto_e_Cina_REV3_10-09-2014_
 ) e sonogiunto alla conclusione che la probabilità che tre civiltà distinte, vissute in tre epoche distinte ed in tre continenti distinti, abbiano potuto costruire ciascuna un sito con n°3 piramidi disposte sul piano in modo molto simile, allineandoli lungo una linea planetaria, è pari alla probabilità di lanciare un dado a 6 facce ed ottenere per 6 volte consecutive lo stesso numero.
Lo studio suddetto soffre della mancanza di dati sui siti di Messico e Cina, ed in particolare:
1) Estensione territoriale del regno della civiltà che si ritiene abbia costruito il sito piramidale di Teotihuacan
2) Area occupata dal sito piramidale di Xian in Cina
3) Estensione territoriale del regno della civiltà che si ritiene abbia costruito il sito piramidale di Xian
Queste informazioni potrebbero essere oggetto di ricerca da parte di chi ne ha competenze e risorse, ma alla fine il risultato sulla probabilità di coincidenza non varierebbe di molto: è estremamente improbabile che tutto ciò sia accaduto per puro caso.
All’interno di un altro articolo sulle anomalie storiche sulla costruzione della Grande Piramide di Giza (scaricabile gratuitamente al seguente link: https://www.academia.edu/7969307/Lanomalia_della_settima_meraviglia_GIZA_contro_tutti_rev2_07_03_2014 ) ho formulato un’ipotesi sulla possibile spiegazione dell’allineamento: “le piramidi attribuite ai faraoni della III e della IV dinastia, potrebbero essere state costruite da un’altra civiltà precedente? Potrebbero i faraoni della III e IV dinastia, aver avuto il merito di rinvenire e portare alla luce da millenni di parziale sepoltura dovuta alla sabbia del deserto, le prime 7 piramidi di cui alla tabella 1? Potrebbero aver avuto il merito di aver restaurato soltanto tali opere, o in alcuni casi magari abbellito con rivestimenti in pietra calcarea, le prime 7 piramidi di cui alla tabella 1?
Applichiamo anche per questa teoria il metodo di ricerca sperimentale:
1) compiere osservazioni sistematiche: osservazioni sull’allineamento e l’analogia di disposizione sul piano
2) formulare una domanda: potrebbero non essere stati gli Egizi a costruire la Grande Piramde?
3) elaborare un’ipotesi: vi è stata una o più grandi civiltà avanzate che hanno costruito le opere megalitiche
più importanti che oggi ritroviamo sparse per il mondo
4) trarre previsioni dall’ipotesi: questa civiltà era avanzata e capace di dominare il pianeta a livello globale
5) controllare la validità delle previsioni con osservazioni ed esperimenti: ?
I primi 4 punti sono soddisfatti, mentre il punto 5 resta difficile da soddisfare perché esperimenti ed osservazioni sono complessi e differenti da come li concepisce la fisica.
Ed è questo il punto d’appoggio per l’immobilismo accademico: la gran parte degli archeologi non vuole sondare la veridicità di nuove teorie sulle origini della civiltà umana perché controllare la validità delle previsioni è molto difficile. Difficile come costruire il LHC di Ginevra? Non credo.
A differenza della fisica teorica, dove esiste un metodo matematico per accettare o rigettare una nuova teoria, per le nuove teorie sulle origini della civiltà manca un metodo di analisi scientifico ed universalmente accettato.
Questo vuoto metodologico, lascia il campo aperto alle più svariate speculazioni per tentare di spiegare in modo più soddisfacente le falle della teoria classica: ecco che pullulano soprattutto sul Web, le teorie sugli antichi astronauti, i giganti, gli Dei, gli Atlantidei, etc.
Un metodo di valutazione potrebbe essere il seguente: assegnare il valore “1” quando riteniamo vera l’affermazione, mentre il valore “0” per il contrario, ed il valore “1/2” quando siamo in una situazione intermedia (“abbastanza”) per le colonne “Attendibilità”, “Verificabilità” ed “Inconfutabilità”.
Esplicitiamo le definizioni:
- Attendibile(7): che merita di esser preso in considerazione, degno di essere creduto;
- Verificabile(8): che può essere verificato, assoggettato a verifica
- Confutare(9): ribattere un’affermazione, una ragione, ecc., dimostrandola erronea o infondata
Alla fine della rispettiva colonna si moltiplicano i risultati nelle righe e si hanno le due situazioni seguenti:
1) Valore della moltiplicazione > 0 (Attendibile; Verificabile, Inconfutabile)
2) Valore della moltiplicazione = 0 (Non Attendibile; Non Verificabile; Confutabile)


 Per confrontare due teorie sullo stesso fenomeno, i valori nelle righe della stessa colonna vanno sommati.
In questo modo, la teorie che ottiene un valore più alto nella colonna “Attendibilità” sarà la più attendibile, e
rispettivamente la più verificabile e la più inconfutabile se ottiene il risultato più alto nella altre colonne.
E’ un metodo molto semplice per “scremare” le teorie che non hanno delle basi solide e per le quali non è
interessante continuare la ricerca.
Facciamo un esempio: c’è una teoria che spiega la costruzione della grande piramide di Giza con tecnologie
antigravità (“levitazione acustica” per esempio) per lo spostamento ed il posizionamento dei blocchi di pietra
calcarea e di granito.
Applichiamo la tabella di valutazione sopra descritta:














Il risultato è: non attendibile, non verificabile e confutabile.
Questo non significa che sia impossibile, ma soltanto che non è tra le teorie sulle quali investire tempo ed energie in modo prioritario.
Spostiamo ora l’attenzione su una teoria ufficiale:



Come si nota, anche la teoria ufficiale risulta sicuramente attendibile e verificabile, ma resta comunque confutabile.
Ed il valore di attendibilità è piuttosto basso.
Utilizziamo ora il metodo di confronto: la teoria ufficiale risulta ovviamente molto più attendibile, verificabile ed inconfutabile. L’aspetto che fa riflettere è il valore “zero” che ottengono entrambe le teorie per quanto riguarda l’inconfutabilità.
In effetti, le possibilità di ricostruire la piramide con le tecnologie dell’età del bronzo, sono le stesse di ricostruirla con le tecnologie antigravità per pressione sonora (ad oggi siamo in grado di sollevare solo piccoli oggetti dell’ordine di peso di pochi grammi con la tecnica della “levitazione acustica”)(6).
Nelle tabelle sopra illustrate, la riga n°5 non è stata compilata in quanto serve per abbassare il punteggio di una teoria quando raggiunge un valore tale da far ritenere la teoria valida e degna di approfondimento.
In quel caso è compito degli studiosi “attaccare” la teoria per verificarne la “forza”, inserendo il valore “-1” nelle caselle.
Facciamo un esempio con la teoria classica sopra esposta, quindi ricopiamo la tabella:




Come si nota, con semplici indizi deduttivi, si abbassano sensibilmente i valori di attendibilità, verificabilità ed
inconfutabilità.
Siccome l’assegnazione dei valori è comunque soggetta ad opinabilità, otteniamo un giudizio sulla teoria che
rispecchia l’onestà intellettuale e le conoscenze del compilatore.
Il metodo quindi si completa sottoponendo la valutazione a gruppi di studiosi e poi analizzando i dati complessivi anche con tecniche statistiche. Nella prima tornata di “valutazione preliminare” ciascuno studioso può aggiungere righe sia alla n°4 che alla n°5 indicando alla fine tra parentesi il suo nome e cognome.
L’organizzazione (potrebbe essere il comitato del TAG) riceve tutte le tabelle e ne compila una unica da ri-sottoporre alla compilazione definitiva degli studiosi che in questa occasione potranno solo inserire i valori di valutazione nelle caselle. Se una nuova teoria ottiene un punteggio superiore alla precedente, è giusto avviare un percorso che veda spostare più risorse per la ricerca sulla nuova teoria.
Questo metodo tabellare, consente inoltre di trattare facilmente i dati con un software e di ottenere importanti
indicazioni, anche usando metodi di analisi statistici.
A mio avviso, con questo semplicissimo (e migliorabilissimo) metodo, è possibile uscire dalla stagnazione in cui versa la ricerca archeologica sulle origini della civiltà umana e avviare un nuovo periodo di prosperità per
l’archeologia teorica e sperimentale.

Considerazioni finali

Non possiamo di certo pretendere che dal prossimo anno cambi il metodo di ricerca archeologica teorica sulle origini della civiltà umana; possiamo però sperare che tra gli studiosi accademici vi siano professori e ricercatori che hanno più a cuore la ricerca della verità, rispetto alla propria cattedra.
Capisco alcuni professori di discipline storiche particolari, come ad esempio l’Egittologia: nel loro caso, il
ridimensionamento al quale sarebbe soggetta la civiltà Egizia se si scoprisse che non hanno costruito le piramidi della piana di Giza, rappresenta anche il loro ridimensionamento. Ma se si è convinti di essere dalla parte della verità storica, non si dovrebbe temere l’applicazione di un metodo di valutazione scientifico e rigoroso di altre teorie che aspirano a sostituire quella ufficiale.
E’ un percorso difficile e lungo: non dimentichiamo che anche il genio assoluto Einstein difronte alla novità di studio dell’infinitamente piccolo imposto dalla meccanica quantistica, ebbe un approccio da conservatore.
Ma se si riesce a rompere il circolo vizioso autoreferenziale nel quale è caduta l’archeologia teorica, allora si può avviare il cambiamento.
Quando gli egittologi più conservatori definiscono una nuova teoria sulle origini della civiltà come “assurda”,
bisogna chiedere loro: “Assurda come quella teoria che vede il Sole al centro del sistema a la Terra che gli ruota intorno?”
Quando la definiscono “ridicola”, bisogna chiedere loro: “Ridicola come quella teoria che spiega come distorcere lo spazio ed il tempo?”
Quando la definiscono “bizzarra” e “impossibile”, bisogna chiedere loro: “Bizzarra e impossibile come quella teoria che prevede l’esistenza dei buchi neri?
Se la loro risposta sarà affermativa a tutte le domande, allora forse la nuova teoria è sulla strada giusta.

10/03/2016

Nota 1: http://tag2015bradford.org/programme/
Nota 2: http://www.conference-service.com/conferences/high-energy-physics-and-accelerators.html
Nota 3: http://www.treccani.it/enciclopedia/buchi-neri_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/
Nota 4:http://ebook.scuola.zanichelli.it/sadavabiologiablu/dalle-cellule-agli-organismi/section-6/il-metodo-scientifico-dall-osservazione-alla-teoria#3477
Nota 5: Dal libro “L’ombra di Orione sulla storia dell’umanità” di Fabio Garuti
Nota 6: http://www.focus.it/scienza/scienze/che-cose-la-levitazione-acustica
Nota 7: http://www.treccani.it/vocabolario/attendibile/
Nota 8: http://www.treccani.it/vocabolario/tag/verificabile/
Nota 9: http://www.treccani.it/vocabolario/tag/confutare/

giovedì 17 marzo 2016

Damanhur, 40 anni di misteri: "Airaudi? Appariva dal nulla"

tratto da Il Giornale del 23 agosto 2015

L'erede del fondatore: "Lo vidi spostare oggetti con la sola forza del pensiero". Storia della libera repubblica piemontese dove gli adepti vivevano sugli alberi

di Stefano Lorenzetto

Nella repubblica (o nel regno?) di Damanhur, federazione di comunità spirituali sparse in un raggio di 15 chilometri fra Torino e Aosta, in origine la Costituzione constava di 120 articoli, con uno scarto di appena 19 rispetto a quella della Repubblica italiana: senza bisogno di bicamerali, una riforma li ha ridotti in un baleno a 15. I codici civile e penale (3.703 articoli nell'ordinamento dello Stato che ha Roma per capitale) si limitano a fissare due regole: divieto di fumare, anche all'aperto, e di assumere sostanze stupefacenti, vizi che alterano lo stato di coscienza.

Quanto alla valuta ufficiale chiamata credito, partita alla pari (1.000 lire, 1 credito), era arrivata a 1.400 lire, «ma poi con l'operazione omicida della moneta unica», commenta Coboldo Melo, «si è deprezzata e attualmente vale 1 euro, coniata in metallo di varie fogge e dimensioni nei tagli da 1, 2, 5, 10, 25 e 50 crediti, niente banconote».

Da 40 anni - la ricorrenza cade il 1° settembre - tutto funziona così bene, speditamente, all'unanimità, senza impicci parlamentari, nella libera repubblica di Damanhur, che stupisce di non trovarvi Matteo Renzi quale presidente del Consiglio. Forse dipende dal fatto che il governatore federale qui resta in carica solo per 6 mesi e non può svolgere più di 6 mandati, dopodiché deve fermarsi un giro. Il placido Coboldo Melo è alla sua quinta rielezione e non vede l'ora che venga dicembre per togliersi dal groppone il fardello, nonostante sia validamente affiancato dalla governatrice federale Macaco Tamerice, al secolo Martina Grosseburlage.

I damanhuriani si cambiano identità («non è un obbligo») adottando il nome di un animale e di un vegetale. Nel caso di Coboldo Melo, esercizio al 50 per cento superfluo, considerato che all'anagrafe si chiama Roberto Sparagio, germoglio molto apprezzato con le uova sode fra Vicenza e Treviso; lo stesso si potrebbe dire, a parti invertite, per l'affabile addetto stampa Stambecco Pesco, alias Silvio Palombo, cognome coincidente con il pesce servito al pomodoro nel Livornese, e non a caso il pi erre è di origini toscane. Coboldo («nella mitologia germanica è il cugino brutto degli elfi») Melo nasce a Biella nel 1955. Vive a Damanhur dal 1984. Nella vita di prima è stato direttore di Radio Biella e collaboratore della Gazzetta del Popolo di Torino. Abbandonò gli studi di giurisprudenza per dedicarsi al giornalismo. Quando lasciò la professione per trasferirsi in questa comunità che agli inizi non contava più di 15 persone, la reazione dei genitori fu: «Sei diventato matto?».

Un sospetto, quello della follia, che perseguitò anche il fondatore della Città della Luce (è l'etimologia di Damanhur in egiziano antico), Oberto Airaudi, detto Falco Tarassaco, originario di Balangero, stroncato da un tumore al fegato a 63 anni. Fu lui a porre al centro della Valchiusella, in Comune di Baldissero Canavese, il dio Horus - al quale in precedenza aveva intitolato a Torino un club di ricerche parapsicologiche ed esoteriche - e a ispirare un complesso di tecniche teorico-pratiche in bilico fra magia e teurgia. Fra queste, la selfica e le linee sincroniche, che richiederebbero tre pagine di giornale per essere spiegate: vi basti sapere che a Damanhur c'è una stazione di «passaggi sincronici» che garantisce l'autostop in tempi ragionevoli. Ad Airaudi si deve la progettazione dei Templi dell'Umanità, 8 sale scavate sotto terra fino a una profondità di 72 metri, decorate con mosaici, vetrate policrome, affreschi e sculture. Un'opera ciclopica, 8.500 metri cubi su 5 livelli, in grado di ospitare fino a 300 persone, che ha impegnato nei lavori, condotti in gran segreto, un centinaio di damanhuriani dagli anni Settanta fino ai nostri giorni.

Mi pare che il procuratore capo di Ivrea, Bruno Tinti, oggi socio del Fatto Quotidiano, volesse demolirvi i templi con la dinamite.

«Tinti si limitò a sequestrarli e a lasciarceli in custodia. L'idea di farli saltare in aria era del sindaco democristiano di Vidracco, Giorgio Collerio, competente per territorio».

Com'è finita?

«La Soprintendenza ha riconosciuto che trattasi di “opera d'arte collettiva di artisti viventi”».

Sicuri che non vi cada in testa?

«La commissione di ingegneri e architetti designata dalla Regione ha accertato che è stato impiegato il triplo del materiale necessario. Ergo, i templi sono fatti per durare. Il processo s'è chiuso nel 1996 con un'assoluzione».

E Collerio?

«Sostituito nel 1999 dal damanhuriano Bisonte Quercia (Antonio Nigro, ndr), rimpiazzato dopo due mandati da Elfo Frassino (Antonio Bernini, ndr), oggi in carica. Con me come vicesindaco».

Municipio occupato manu militari?

«Democraticamente. Il 40 per cento degli elettori di Vidracco sono damanhuriani. Logico che votino per la nostra lista Con te per il paese. Abbiamo 20 consiglieri più il sindaco. Senza opposizione, perché la minoranza è rappresentata da 3 giovani di Damanhur. In tutto siamo sparsi su 8 Comuni. A Baldissero contiamo 3 consiglieri di minoranza».

A Vidracco avete anche costruito un villaggio abusivo sugli alberi.

«Piattaforme su palafitte, prego. Mai avremmo piantato un chiodo su un albero. Una bella esperienza, durata 4-5 anni. L'ha bloccata il nostro stesso sindaco, perché era in contrasto con le leggi della Regione Piemonte. Abbiamo smantellato tutto. Ma con Tigre Ciliegio (Dario Baracco, ndr), importatore di rum che ha vissuto sugli alberi con la sua famiglia, stiamo cercando una soluzione alternativa».

Perché abitare sulle piante dovrebbe risultare più agevole che nelle case costruite per terra?

«Tra le fronde le frequenze sono diverse. Cambia la percezione del dormire».

Che cos'è Damanhur?

«Un sogno che si realizza con l'impegno di 500 persone provenienti da Italia, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Norvegia, Svezia, Croazia, Giappone, Stati Uniti, Venezuela, Perù».

Età media dei residenti?

«Ahimè, 45. Circa 90 sotto i 18 anni».

Che studiano dove?

«Qui, fino alla terza media, da privatisti. E poi in scuole e università statali».

Vi sposate fra di voi?

«Con chi vogliamo. Ma non siamo anarchici, abbiamo regole ben precise».

Per esempio?

«Il matrimonio a tempo».

Comodo.

«Una soluzione scandalosa. Gli sposi dichiarano in pubblico per quanto tempo si considerano uniti in matrimonio. Ultimamente si sono fatti prudenti: da 3-5 anni sono scesi a 12 mesi. Cerimonia di 5 minuti senza costi. Se poi una coppia preferisce regolarizzare anche in municipio, liberissima di farlo».

Quanto durano i matrimoni a tempo?

«Non conduciamo statistiche sulla vita privata. Io ho una compagna da 9 anni. Con la precedente sono stato insieme per 12, il tempo di fare una figlia che oggi ha 17 anni».

Che mi dice del fondatore Airaudi?

«Venditore di libri, assicuratore, poi pranoterapeuta. Uomo affascinante per cultura e capacità di addensare un'idea in un progetto. Studioso di alchimia e dei rapporti individuo-cosmo. Introdotto alla magia e al paranormale dal grande sensitivo Gustavo Adolfo Rol».

Il quale pare avesse facoltà straordinarie: bilocazione, telepatia, chiaroveggenza, levitazione, telecinesi.

«Non amo parlarne, perché sono dannatamente attaccato alla materia. Ma ho visto con i miei occhi Falco Tarassaco materializzarsi all'improvviso dal nulla in una stanza o smuovere gli oggetti con la sola forza del pensiero».

Però nel 2004 fu indagato per aver evaso 2 milioni di euro.

«No, l'accertamento era su 4 milioni di euro, per un reddito dichiarato di 300.000 annui derivanti da libri, conferenze e pranoterapie. L'Agenzia delle entrate spara cifre mostruose, sicura di raccattare qualcosa dal contribuente spaventato. Airaudi sapeva di essere un personaggio pubblico e, da buon sabaudo, preferì regalare 1 milione di euro allo Stato piuttosto di venir considerato evasore fiscale».

È vero che non si curò il cancro?

«È vero. Nel 2013 discusse la scelta con noi: meglio la fine in un letto d'ospedale, martoriato dalle chemio, o più dignitoso condividere la malattia con la gente di Damanhur? Rimase qui, soffrendo parecchio per tre mesi, ma operativo fino a due giorni prima della morte. Ha lasciato tutto alla comunità».

Dov'è sepolto Airaudi?

«Nei Templi dell'Umanità, con un'altra decina di damanhuriani. Non ci sono né lapidi né altri segni per riconoscere il punto esatto dove sono custodite le ceneri. Non ci andava di creare anche qui un cimitero, luogo di tristezza».

Sa dove sia finito Falco Tarassaco?

«Uuuh! Sarà a far danni da qualche altra parte. Cocciuto e iperattivo, come tutti quelli dei Gemelli, non ce lo vedo fermo su una nuvoletta. Anche perché noi crediamo nella reincarnazione».

In che altro credete?

«Ha visto all'ingresso il Tempio Aperto, dove celebriamo le lunazioni? Quel luogo rappresenta la domanda spirituale insita in ciascun uomo. Tutto ciò che offre risposte, è buona cosa. Ma, pur rispettando cattolici, ebrei e musulmani, il damanhuriano aderisce a un codice filosofico che esclude le religioni».

Wikipedia parla di ex aderenti costretti a rinnegare i sacramenti cattolici per adorare il dio Horus.

«Non possiamo passare il tempo a correggere Wikipedia. Non siamo pagani. Non adoriamo Horus. Lo consideriamo solo un simbolo di divinità solare».

Perché vi reputano una setta?

«Per ignoranza».

Fate proselitismo?

«No».

La criminologa Patrizia Santovecchi sostiene che da Damanhur è impossibile uscire; che manipolate i cervelli attraverso la sindrome dell'assedio, per cui fuori di qui vi sono solo nemici ed energie negative; che pretendete totale obbedienza; che allontanate le famiglie d'origine.

«Mai conosciuta. Parlare male di noi è un modo per procurarsi visibilità. Abbiamo discusso di queste tematiche con sociologi di tutto il mondo, chiedendo: che cos'è per voi una setta? Ne è uscito un decalogo. Esaminato voce per voce, Damanhur è risultata esente da qualunque settarismo».

Chi è stufo può andarsene all'istante?

«Ci prendiamo 6 mesi prima di farlo entrare, però a uscire ci mette meno di un'ora. Spiace dirlo, ma le malignità sparse dai fuoriusciti celano quasi sempre questioni di vile denaro».

Se ne vanno in molti?

«Non più di 30, da quando sono qua».

Di che campate?

«Del nostro lavoro. Esercitato all'esterno o all'interno di Damanhur nei rami agricoltura, artigianato e commercio».

Vedevo le vostre salse all'Esselunga.

«Abbiamo chiuso l'industria conserviera sotto vetro a causa dei costi divenuti insostenibili. Anche la pasta tricolore e i sali variopinti venduti negli autogrill erano una nostra invenzione».

Siete vegetariani? Oppure vegani?

«Non ci penso nemmeno. Essendo goloso, sosterrò fino alla morte il consumo moderato di carne e formaggi».

Qualcosa è bandito da Damanhur?

«Nulla, neppure la malefica Sky. Contiamo 1,5 computer in media a persona. Per non parlare dei tablet».

Massimo Introvigne, fondatore del Centro studi sulle nuove religioni, afferma che la vostra è quella di Avatar e che il regista David Cameron s'è ispirato a voi.

«Buffo. Introvigne sarà venuto qui 30 volte, di sua iniziativa, spesso con il direttore del Cesnur, Pierluigi Zoccatelli, che ho trovato preparatissimo sull'esoterismo francese».

Introvigne dice che i damanhuriani si salutano usando la formula «con te», in luogo del «buongiorno», e lo stesso fanno i Na'vi di Avatar con «ti vedo».

«Non escludo un possibile fondo di verità. I nostri amici della California spesso hanno contatti con l'industria del cinema. “Con te” è una formula per sostituire il “ciao” derivante da schiavo, parola che non ci è mai piaciuta».

E se due damanhuriani baruffano?

«C'è un collegio di giustizia, prima forma di arbitrato, riconosciuta anche dalla legge italiana, per comporre i dissidi».

Ma se Damanhur è davvero il migliore dei mondi possibili, com'è che l'Italia non lo prende a modello?

«Troppo faticoso. E non credo che sia il migliore. È uno dei mondi possibili».

sabato 12 marzo 2016

Nota sulla perdita dei segreti del mestiere dei costruttori

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: http://micheleleoneblog.blogspot.it/2013/11/nota-sulla-perdita-dei-segreti-del.html

“La storia della costruzione e dei costruttori delle cattedrali è in stretto rapporto con la rinascita delle città e dei commerci, con il sorgere della borghesia, ed anche delle prime libertà civili.  Com’è noto, l’invasione araba del VII secolo chiuse il Mediterraneo agli scambi con l’Oriente e l’Occidente e, di conseguenza, il commercio e l’industria dell’Europa occidentale, sopravvissuti per qualche tempo alle invasioni barbariche, giunsero a un punto morto. La vita urbana si fece più spenta, i mercanti scomparvero, l’organizzazione municipale cessò di esistere. Le conoscenze tecniche degli operai dell’antichità andarono perdute. Se qualcuno avesse misteriosamente conservato i segreti del mestiere, per esempio tra gli scalpellini e i tagliatori di pietra, non sarebbero di nuovo occorsi secoli di tentativi e di esperienza prima di ritrovare una buona tecnica.”

Questa frase del Gimpel contenuta nel suo lavoro I costruttori di Cattedrali, oltre ad essere interessante di suo, può essere utile almeno per due motivi:

1)      La storia dei tagliatori di pietra probabilmente non ha una tradizione continuativa ma una somma di tradizioni che nei secoli, millenni se volgiamo lo sguardo all’antico Egitto ed oltre, si sono sommate ed il cui risultato non è obbligatoriamente una somma algebrica, ma potrebbe dare un risultato esponenziale alle tradizioni sommate.

2)      Una riflessione si impone. Da più parti si sente dire che la Massoneria Moderna è erede delle corporazioni o gilde di costruttori dell’antichità in generale e dell’età di mezzo in particolare. Poi se a questi stessi dotti assertori si chiedono dettagli, iniziano a raccontare storielle che nella migliore delle ipotesi accontentano studenti delle scuole medie inferiori; quindi è auspicabile che si moltiplichino gli studi di protostoria della Massoneria. Studi che non siano di parte, ma si aprano alla storia sociale del medioevo, alla storia della scienza, della filosofia etc etc.



mercoledì 9 marzo 2016

Il Mondo Secreto


Il Mondo SecretoIl Mondo Secreto è un lavoro in IX volumi e tratta della storia delle società segrete e di quelle che potremmo definire “scuole iniziatiche”, parte dai Magi e si dipana nello spazio e nel tempo sino al XIX secolo della nostra era. E’ un lavoro importante e certosino che per completezza, può essere definito unico nel suo genere. Il lettore viene accompagnato passo dopo passo dai misteri eleusini agli alchimisti, dai templari alla massoneria, dalle società segrete cinesi ai Beati Paoli, in un percorso ricco di dettagli e particolari. L’opera edita per la prima volta nel 1864 ebbe una notevole fortuna al punto da essere tradotta in inglese nel 1875.

Per comprarlo: http://store.streetlib.com/il-mondo-secreto

lunedì 7 marzo 2016

Nota 0.1 Parola e Silenzio

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: http://micheleleoneblog.blogspot.it/2013/11/nota-01-parola-e-silenzio.html

 Le poche righe che seguono sono preparatorie ad un lavoro più ampio. In questo momento, non vi è volontà se non accidentale di indagare sull’idea di Parola e Silenzio nella Massoneria, ma di iniziare a tentare di inquadrare il problema in uno spazio più ampio e con uno sguardo critico. Ad esempio le righe che seguono e il discorso che verrà vogliono indirizzare al non utilizzo del termine parola in contesti “iniziatico-esoterici” e comunque in quelle valli ove l’intelletto si spinge verso l’essere. L’essere per il momento è volutamente minuscolo in quanto è prematuro interfacciarci con l’ESSERE.

Dal vocabolario Treccani: paròla s. f. [lat. Tardo parabŏla (v. parabola1), lat. Pop. *paraula; l’evoluzione di sign. Da «parabola» a «discorso, parola» si ha già nella Vulgata, in quanto le parabole di Gesù sono le parole divine per eccellenza]. 1. Complesso di fonemi, cioè di suoni articolati, o anche singolo fonema (e la relativa trascrizione in segni grafici), mediante i quali l’uomo esprime una nozione generica, che si precisa e determina nel contesto di una frase.

Se mettiamo un attimo da parte la definizione vediamo che la paròla è relativamente giovane e mantiene la sua forza vitale nel senso della parabola, infatti originariamente questo era il senso, ovvero, un insegnamento e nei secoli per estensione e divenuta la parola che di per se è insufficiente a se stessa in quanto ha bisogno di altre parole per completare e rendere esprimibile un pensiero.

Un sinonimo di parola, ormai non più in uso, ma strategico ai fini di questo discorso è verbo. Soprattutto se prendiamo le accezioni che ad esso si riferiscono non tanto alla grammatica, che poco interesse ha in questo viaggio, ma quelle di verbo inteso come verbum o meglio come Logos. Per ora prendiamo il Logos in quanto Logos e non disperdiamo energie nella differenza che ci potrebbe essere tra quello Eracliteo e quello Giovanneo. Il dire, l’esprimere non già un qualunque pensiero, ma l’essere deve essere necessariamente vincolato ad una forma espressiva basata sul Logos. Questo dire, nasce da una riflessione che è duplice. In primo luogo l’essere che si ripiega su se stesso  scendendo nella propria interiorità (v.i.t.r.i.o.l.) prima di ascendere e in secondo luogo l’essere che si rispecchia e rispecchia quello che è e che non può essere diversamente. Questa è una delle motivazioni, se non la motivazione per cui nelle scuole iniziatiche veniva e viene imposto ai neofiti il silenzio. Essi non posso ancora staccarsi dalla materia (metalli) e collegare il loro essere al Logos, sono impegnati nel re-flectere ed a quello struere, di cui ho detto altrove, che li impegna nella fase di distruzione prima ancora che di costruzione.

Michele Leone

sabato 5 marzo 2016

Sottopasso di via Maggi a Brescia

tratto da: http://www.hesperya.net/le-indagini/sottopasso-di-via-maggi-brescia/

Data: 28 Giugno 2014

La storia



A Brescia, esattamente in Via Maggi, si trova un sottopassaggio testimone di fatti misteriosi, proprio come lo sono le cronache che al tempo si sono occupate del caso.
Nei primi anni ’70 a Brescia sono iniziati i lavori per il teleriscaldamento e anche la zona in questione ne era interessata. In una via vicino a via Maggi viveva una famiglia trasferitasi dal sud ma che continuava a conservare le tradizionali usanze: la mamma dei due figli aveva l’abitudine di vestire sempre di nero con il capo coperto.
Una fredda mattina invernale la città si svegliò sotto un violento temporale, ma la donna uscì comunque di casa per accompagnare a piedi i figli alla vicina scuola. La tragedia avvenne sulla via del ritorno: la signora, non vedendo una delle buche dei lavori per il teleriscaldamento poiché riempitesi d’acqua, vi cadde dentro e annegò.


Le testimonianze


Da quel giorno molte sono le persone che hanno decritto la visione fugace di questa anomala figura, ribattezzata “la donna in nero”, che sembra sempre scrutare le macchine come alla ricerca di qualcuno.
Infatti vari testimoni raccontano che, passando in quella zona, si sono improvvisamente imbattuti in una figura singolare e molto misteriosa: una donna vestita di nero ai margini della strada. Chi l’ha vista bene la descrive come una donna dal viso bianco e con gli occhi sgranati. Un testimone narra che recentemente l’ha vista mentre, sul ciglio del sottopassaggio, guardava le auto transitare. Appena si accorse della stranezza del fatto, riguardò attraverso lo specchietto ma lì non c’era più nessuno.


L’indagine


La Crew di hesperya, dopo l’ultima testimonianza apparsa sul quotidiano della città, si è recata sul luogo per provare a dare una risposta, attraverso l’uso della strumentazione, a questo fatto singolare. Appena arrivati sul posto (una zona cittadina densamente abitata) ci si è però accorti delle condizioni disagevoli per svolgere questo tipo di ricerca: l’inquinamento acustico ed ambientale era tale da rendere difficoltosa l’indagine. Abbiamo comunque svolto delle registrazioni video e delle sessioni di EVP, ma una volta analizzato a posteriori tutto il materiale si è constatata l’effettiva contaminazione acustica che ha reso impossibile un’analisi oggettiva. Nelle immagini delle registrazioni video e nelle fotografie scattate non è stata inoltre riscontrata alcuna anomalia.
A seguito di tutte queste circostanze non possiamo fornire una risposta a supporto delle varie segnalazioni pervenute.