venerdì 28 gennaio 2022

Comunicazione con l'Aldilà?

di Cavaliere Vermiglio

In queste breve note scriverò di alcune testimonianze di amici e parenti riguardanti quelle che parrebbero casi di comunicazione con i morti. Potrebbe trattarsi solo di coincidenze o suggestioni, anche se a volte troppe coincidenze sembrano improbabili. Noi proviamo a raccontarvele.

Un primo caso che vi descrivo è quello di un nonno moribondo che alla frase di circostanza di una figlia che lo rassicurava sulla guarigione risponde che se non stava per morire per quale motivo il suo vecchio amico morto anni prima era venuto a trovarlo e lo aspettava sulla soglia della porta della camera per portarlo via.

Un caso simile riguardo un signore anziano oltre i 70 anni che incomincia a vedere il padre morto anni prima. Pensa di avere delle allucinazioni e di avere necessità di un controllo medico. Dopo qualche giorno da questi casi di allucinazione ha un ictus durante la notte e viene portato in ospedale dove muore dopo qualche giorno. Una semplice coincidenza?

Adesso vi racconto un sogno. Un uomo da poco sposato con qualche difficoltà economica sogna la nonna di cui era il nipote preferito che gli dice che avrebbe mandato dei soldi. Nel sogno, in qualche modo lucido, il tizio chiede alla nonna come avrebbe fatto a mandare dei soldi dato che era morta e la nonna gli risponde di non preoccuparsi. L'uomo si sveglia, va a lavorare tranquillamente e la sera riceve una telefonata dei suoi genitori che gli dicono che gli hanno inviato del denaro tramite un bonifico. Certo è piuttosto normale che un genitore mandi dei soldi ai figli, ma rimane la coincidenza fra il sogno e l'invio.

Lo stesso tizio anni dopo decide di comprare casa e chiede il mutuo alla banca ed è molto in tensione per la risposta. Si sveglia una domenica con un forte presentimento che fra martedì e mercoledì successivo sarebbe arrivata una brutta notizia e pensa sia il rifiuto del mutuo da parte della banca. Arriva il mercoledì ed è il suocero ad essere ricoverato d'urgenza in ospedale dove muore dopo alcuni giorni. Anche qui una semplice coincidenza? Sempre alla stessa persona il suocero appare in sogno dopo pochi giorni dalla morte. Nel sogno il suocero è in salotto e nessuno lo vede e solo l'uomo in questione lo saluta spontaneamente e il suocero gli risponde sorridendo, "Tu vedi anche i morti!", come una sorta di complimento. Lo sogna un altro paio di volte e nell'ultima volta, quasi fosse un sogno consapevole chiede come si trova dall'altra parte e se ha incontrato vecchi amici. Il volto del suocero si fa scuro e il sogno si interrompe bruscamente come se certe domande non andassero poste.

Un altro caso riguarda un figlio e un padre che in vita non andavano d'accordo. Nella notte in cui il padre muore il figlio è svegliato da "qualcuno" che gli strappa le coperte di dosso e gli scuote il letto. L'uomo in questione è sicuro che non si trattasse di un incubo e non ha chiuso occhio tutta la notte. Particolare curioso, quella stessa notte l'allarme della casa si è messo a suonare più volte. Precisiamo che ci è stato specificato che l'impianto elettrico dava problemi e che durante i temporali o piogge l'allarme suonava da solo. La notte in questione era serena. Potrebbe trattarsi di un semplice caso di suggestione e della combinata coincidenza di un impianto non funzionante perfettamente. Anche qui il lettore si farà una sua opinione personale.

Un altro sogno che potremmo definire premonitore è quello di un signore che sogna l'anziana ex-vicina ringiovanita e che gli racconta che finalmente sta bene. Sapendo che la vicina aveva dei problemi dopo qualche settimana va a trovare gli anziani ex-vicini e scopre che l'anziana donna è ricoverata praticamente in stato vegetale e dopo meno di un paio di mesi muore. Questo caso potrebbe essere una semplice coincidenza, ma l'uomo in questione non sentiva gli ex-vicini da un paio d'anni e non era a conoscenza dell'aggravamento della salute della signora. Sapeva che aveva incominciato a soffrire di demenza senile o una malattia simile, i vicini non gli avevano mai specificato la precisa diagnosi, ma l'ultima volta che l'aveva vista era ancora autonoma anche se con problemi di memoria.

Come detto potrebbe trattarsi di coincidenze e suggestioni e il lettore si farà una sua opinione, ma permane il dubbio su alcune curiose coincidenze.

venerdì 21 gennaio 2022

ISIDE LA MAGA: IL LIBRO DI MARIA CONCETTA NICOLAI

tratto da L'Opinione del 02 settembre 2021

di Pierpaola Meledandri


Nell’immaginario collettivo la figura di Iside apre le porte di mondi esotici, fantastici, misteriosi, occulti. Cercare di scoprire e di ripercorrere le tracce di quanto, nel corso dei secoli, ha tratto ispirazione dall’antico nume egizio, è un sentiero complesso e affascinante che si articola nel labirinto della mitologia, della storia dell’antropologia.

Maria Concetta Nicolai, l’autrice del presente volume, è una studiosa di livello internazionale; collaboratrice di importanti periodici, scrittrice affermata e ricercatrice attenta e puntuale. Ha dato alle stampe un numero impressionante di opere, alcune delle quali rivestono un’importanza fondamentale. In “Iside la Maga” conduce una ricerca a tutto campo, esaminando le fonti più disparate che vanno dal “Libro dei Morti” e i “Testi delle Piramidi” fino ai volumi pubblicati da Bricault, Cumont, Del Corno, Mila, Neuman e, in questo lungo itinerario, si sofferma spesso su altri autori come Erodoto, Platone, Tito Livio, Ovidio, Clemente Alessandrino, Goethe, Verga, Yourcenar.

“Iside Mater”, “Iside Dea”, “Iside Maga” sono solo alcuni dei tanti volti attribuiti alla divinità nilotica che, di volta in volta, ha catturato l’attenzione di autori come Plutarco e Apuleio, tanto che quest’ultimo scrive “L’Asino d’oro”, una sorta di manifesto, sotto forma di metafora della teologia isiaca. Il protagonista del romanzo, perché di un romanzo si tratta, è Lucius, un giovane e un po’ scapestrato studente, in cerca di avventure e animato da una pericolosa “curiositas”. La sua specialità è quella di mettersi nei guai e alla fine, operando da apprendista stregone, ottiene il massimo: è trasformato in ciuco. Solo alla fine riuscirà a riacquistare la sua forma umana, vivendo in forma asinina, un percorso iniziatico, complesso e doloroso che ricorda la storia di Osiride e il mito di Ra, che ogni notte deve affrontare Apopis, il demone serpente che vuole inghiottirlo.

Apuleio era un seguace dei Misteri di Iside, uno dei tanti potremo dire, perché il culto della dea si diffuse in tutto l’Impero Romano, specie in Italia dove gli Isei, i luoghi di devozione a lei dedicati sorsero un po’ ovunque, a Roma, a Ostia, a Tivoli, a Pompei, nei Campi Flegrei, a Verona, a Fiesole, a Firenze, Luni e Benevento.

Maria Concetta Nicolai procede comunque oltre il mondo classico, individuando tracce di Iside nella Regina della Notte, figura centrale del “Flauto Magico”, il capolavoro di Mozart o cogliendole nelle ricorrenze religiose cristiane. Ed ecco che Iside emerge nella festa catanese di Sant’Agata, nel mito delle Janare di Benevento, nel culto mariano della Theotokos che ha ispirato preghiere, litanie e altre forme di devozione.

Vi è infine un’altra Iside, quella cooptata da tanto esoterismo e dalla massoneria. Nel XVIII secolo, infatti, i liberi muratori, subendo le fascinazioni del Cavaliere di Ramsay si erano profusi nell’inventare e sperimentare nuovi riti: templari, rosacroce, cabalisti, alchimisti entrarono nel loro immaginario mitologico e ben presto, non resistendo al fascino della  terra dei faraoni, inserirono nel loro capiente calderone, anche un fantasioso Egitto, tanto che inventarono il complicato “Ordine di Architetti africani” suddivisi in sette gradi culminanti con la figura sublime di “Profeta”.

Anche gli Arcani Maggiori dei Tarocchi vennero considerati retaggio del misterioso e inesistente “Libro di Thoth”, legato alla cosmologia del pantheon egizio. Così Oswald Wirth, autore di un notissimo testo sui Tarocchi e sulla relativa simbologia, associò la figura di Iside al secondo Arcano Maggiore, la Papessa, Sacerdotessa del mistero e della notte.

Leggendo “Iside la Maga”, opera interessantissima e innovativa per la propria interdisciplinarità, si può affermare che Iside non è mai scomparsa, giacché fra tutte le divinità antiche è quella che meglio rappresenta sotto ogni aspetto l’eterno femminino, pertanto si può affermare con il prefatore dell’opera, Luigi Pruneti, che “Iside vive sempre laddove vi siano donne orgogliose di esserlo”.  


(*) Maria Concetta Nicolai, “Iside la Maga”, prefazione di Luigi Pruneti, Ianieri Edizioni, 2020, pagine 214, 18 euro



domenica 16 gennaio 2022

Il mistero irrisolto del faro di Flannan

tratto da Il Giornale del 7 Gennaio 2021

Un faro ai confini dell'oceano e tre uomini scomparsi nel nulla. Dopo oltre un secolo, non è mai stato trovata traccia o corpo dei guardiani che nel dicembre del 1900 hanno lasciato questo mondo, dando vita al mistero e alle leggende delle isole Flannan.

di Davide Bartoccini

15 dicembre 1900. Il piroscafo Archtor, impegnato sulla consueta tratta che collega Philadelphia a Leith, è prossimo a raggiungere la Scozia quando dal ponte di comando, le vedette notano che il faro dell’isola maggiore delle Flannan, che spicca circa venti miglia a ovest dalle Ebridi Esterne, è inspiegabilmente spento. Un fatto grave, date le condizioni atmosferiche avverse della stagione, e dato il compito che ricopre chi custodisce quell’importante luce di segnalazione.

Sull’isolotto di Eilean Mòr, uno scoglio di roccia vulcanica di un centinaio di metri quadrati che si staglia nel bel mezzo dell’Atlantico, sono solo stormi di pulcinelle di mare, buffi uccelli che ricordano dei pinguini volanti, e tre uomini a guardia del faro; che ha preso funzione da appena un anno. Essi rispondono al nome di James Ducat, Thomas Marshall, e Donald MacArthur. Tutti impiegati della Northern Lighthouse Board, tutti descritti come uomini pacifici e ligi al lavoro; abituati - come la loro professione prevede - a trascorrere lunghi periodi d’isolamento; in attesa che giungano rifornimenti dalla terraferma, attraverso piccole imbarcazioni che scaricano, di volta in volta, cibo, materiale necessario o carburante per alimentare la luce del faro che si estende per un raggio di diciassette miglia. Per incontrarli, dargli anche solo una lettera o un penny, bisogna inerpicarsi per centinaia e centinaia di scalini, scavati nella scogliera viva che nei punti più alti raggiunge anche i 45 metri.

Il rifornimento per il faro delle Flannan è previsto prima di natale. Ma allora nessuno poteva immaginare che quei tre uomini, tra il 15 dicembre e il 16 dicembre, svaniranno letteralmente nel nulla.

Non appena la Archtor fa rientro al porto di Leith infatti - tre giorni dopo aver avvistato il faro spento - viene comunicato alle autorità costiere il possibile malfunzionamento. A causa del mal tempo altalenante, l’isola verrà raggiunta soltanto il 26 dicembre: quando la nave Hesperus, adibita al rifornimento, approda con ritardo, senza trovare nessuno ad attenderla sulle impervie scalinate. E senza ricevere alcuna risposta a suoi segnali acustici nella fase di avvicinamento all’isola. È qui che ha inizio il mistero del faro delle Flannan.

Il capitano della Hesperus James Harvie, di fronte a quella mancata accoglienza, prima si affida alla forza dei suoi polmoni, esibendosi in stridenti fischi per attirare l’attenzione dei guardiani, che potevano trovarsi all’esterno e non avevano risposto alla sirena; poi, per evitarsi la scalata, sebbene fosse sempre più preoccupato e non avesse scorto alcun movimento dal suo binocolo durante l'avvicinamento, spara un bengala di segnalazione. Nessuna risposta. Nessun segno di vita da parte dei guardiani del faro. Doveva essere accaduto qualcosa di grave.

Inerpicatosi sull'isola, scoprirà che non v'è più alcuna traccia dei tre uomini. Sul tavolo del cucinino, sono presenti i resti di un pasto servito. Una delle sedie è rovesciata a terra. Non sono presenti due dei tre cappotti che nel mese di dicembre avrebbe senza dubbio indossato un guardiano del faro che dovesse avventurarsi al di fuori della struttura. Lo stesso vale per due paia di stivali. L’orologio è fermo; e sul diario affidato al guardiano in seconda Marshall, qualcosa non torna. Secondo quanto annotato in maniera stringata e singolare - data la libertà nell’uso del lessico - tra il 12 e il 14 di dicembre una tempesta di una furia "mai vista” si è abbattuta sull'isola. Terrorizzando i guardiani che hanno tutti pregato per la propria salvezza. Del giorno 14 non viene annotato nulla, mentre il 15, quando la Archtor è prossima all'avvistamento del faro spento, in condizioni meteo sereno che promettono di farsi sfavorevoli, viene scritto: "Tempesta finita. Mare calmo. Dio è sopra ogni cosa". Le testimonianze dei marinai che avevano solcato quei mari negli stessi giorni sembrano non coincidere completamente.

L’ispezione sommaria condotta da Harvie e dal suo equipaggio, ce setacciano l’isola per trovare degli indizi, oltre l'inquietante sparizione dei tre uomini, nota alcuni danni alla struttura del faro. Il soprintendente inviato dalla compagnia nei giorni a seguire, Robert Muirhead, noterà ingenti danni all'approdo ovest; avanzando la tesi che uno dei tre guardiani abbia cercato di assicurare una "cassa contenente delle cime per l'attracco", mentre i suoi compagni, forse legati come contrappeso, lo tenevano da una posizione rialzata. Ciò che non tornerebbe, tuttavia, è il motivo per il quale uno dei tre fosse in maniche di camicia, e senza stivali, nel bel mezzo di una tempesta furiosa che avrebbe se non altro giustificato, dato la rigidità del regolamento, l’allontanamento di tutti e tre guardiani dal faro in contemporanea.

"Dopo un attento esame del luogo, delle ringhiere, delle funi, e quant'altro, e soppesando tutte le prove che ho avuto modo di ottenere, ritengo che la spiegazione più probabile riguardo la scomparsa degli uomini sia che erano scesi tutti nel pomeriggio di sabato 15 dicembre, in prossimità dell'attracco a Ovest, per assicurare la cassa con le cime di ormeggio, quando un'onda inaspettatamente grande ha travolto l'isola, spazzandoli via con forza inarrestabile". Un'ipotesi plausibile, se non si tiene conto del dato, non inconfutabile ma nemmeno trascurabile, che l'onda anomala più alta mai rilevata (prodotta da uno tsunami nel 1958) ha raggiunto l'altezza di 30,5 metri. Tre metri in meno dall’altezza dal livello del mare della cima di quell'insenatura che proteggeva gli uomini - anche se non si può giudicare quanti dalla posizione che mantenevano per tenere la cima di sicurezza cui era legato l'uomo in una giornata di tempo “sereno”.

Nonostante il rapporto ufficiale stilato l'8 gennaio del 1901 da Muirhead si concentrasse solo ed esclusivamente sull'ipotesi dell'onda anomala, alla voce "causa della morte" venne scritto: “sconosciuta, in circostanze misteriose”. Una conclusione che nel frattempo aveva scatenato le più inquietanti ipotesi e credenze sulla terraferma: dall’omicidio-suicidio, alle piste più spettrali e soprannaturali. Ad alimentarle, negli anni, il fatto che non venne mai ritrovata alcuna traccia dei corpi, né alcun resto o oggetto personale riconducibile a James Ducat, Thomas Marshall, e Donald MacArthur sulle coste dove portano le correnti. Allora, e per quelli che oramai contiamo come 120 anni dai fatti.

Il destino dei tre guardiani delle isole Flannan, salpati alla volta del faro più tenebroso di Scozia all'inizio del XX secolo, rimane avvolto nel mistero. Di quei tre uomini e di quel giorno, rimane solo una poesia di Wilfrid Wilson Gibson - che in un verso recita: “Anche se abbiamo cacciato in alto e in basso/ E cacciato ovunque/ Del destino dei tre uomini non abbiamo trovato traccia / Di qualsiasi tipo in qualsiasi luogo / Ma solo una porta socchiusa e un pasto intatto / E una sedia rovesciata”. Sebbene altri invece raccontino, che durante i giorni trascorsi nel faro dell’Isola maggiore delle Flannan, alcune voci inquiete, nelle notti di tempesta, vengano ancora trasportate dal vento. Ma deve trattarsi di suggestioni. Fantasie, che un vecchio faro scozzese sa ben custodire.

giovedì 6 gennaio 2022

Le sciamane, IL SEGRETO DELLA GRANDE MADRE

tratto da InsideOver: https://it.insideover.com/reportage/donne/le-sciamane.html

Testo di Valeria Gradizzi, Morena Luciani Russo

Foto di Valeria Gradizzi

30 AGOSTO 2020


Gli ultimi raggi di sole sfiorano le foglie del bosco. Scintille di fuoco, leggere, si alzano verso il cielo. La brace si gonfia, passando dal grigio al rosso. Sono gli ultimi respiri del legno. Gli elementi del mondo si incontrano e si consumano. L’alto scende verso il basso. Il basso sale verso l’alto. La natura si muove in un ciclo continuo. Non esiste un inizio, non esiste una fine. C’è solo la natura.

Dal bosco appaiono alcune donne, i cui volti sono incorniciati da veli leggeri. Portano tamburi e maschere. Si inginocchiano. È il segno che il rito può iniziare. Una nenia, prima leggera e poi sempre più forte, rompe il silenzio. Il ritmo diventa sempre più concitato. La voce si mischia alle percussioni in un unico suono. I corpi iniziano a danzare con movimenti sfrenati. È il climax. È l’estasi più pura. Le donne si uniscono alla natura, la Grande Madre.

È lei a sussurrare magiche parole a queste donne, in un dialogo continuo. Si torna ad ascoltare la realtà che le circonda: “Una voce – ci spiegano – riunisce donne e uomini intorno al sistema di conoscenza e guarigione più antico al mondo”. I tamburi suonano. I corpi danzano. L’estasi tocca tutti.

Le mani sfiorano tutto ciò che le circonda: gli alberi, l’erba, l’acqua. Tutti ricordi di un mondo ancestrale in cui gli uomini e le donne veneravano la Grande Madre, che era tutto: era la terra che calpestavano, le stelle che fissavano per interrogarsi sul mistero, l’acqua che li dissetava, il fuoco che li riscaldava. Era possibile toccarla, la Grande Madre. Toccandola le si sfiorava anche l’anima. Nasce così lo sciamanesimo. Si può dare forma a ciò che è allo stesso tempo l’essenza del materiale e dell’immateriale? Il suo corpo, così ricco, comincia ad essere inciso sulla roccia. Vasi vengono realizzati e templi innalzati. Mentre si diffonde, la natura diventa il centro di tutto. Era questo il mondo che era possibile vivere e osservare due millenni fa.

I riti della Grande Madre sono poco alla volta scomparsi. Il mondo era cambiato per sempre. Pochi fedeli hanno continuato a praticarli e a trasmetterli fino ai giorni nostri. Semplici danze e parole arcaiche che nascondono significati segreti e che hanno il potere di collegare, ancora una volta, gli essere umani alla natura. Per le donne che intraprendono la via sciamanica, l’umanità deve riscoprire la vera dimensione del sacro per rivolgersi a quella Madre cancellata, a loro dire, dal “genocidio delle culture antico-europee e mediterranee” che avrebbe condotto alla sottomissione della donna.

Qui il grande nodo: riscoprire la Terra, e riscoprire la saggezza femminile, che si nutre di pratiche di spiritualità orientate alla Terra e ai suoi cicli naturali. Pratiche rituali collettive che sradicano la realtà dei nostri tempi, rovesciando i valori su cui si fonda la nostra società. A partire dalla donna e dalla natura, teatro mistico di questi riti arcaici e dove da secoli l’uomo fugge.

Ma nella via sciamanica il percorso è verso l’origine: non si fugge più da quel bosco di cui ci hanno insegnato ad avere paura, ma si percorrono i suoi sentieri, i suoi cicli, si incontrano i suoi animali “portatori di Vita e di Morte”, si riscopre un mondo nascosto, sotterraneo, e si cerca un’altra via. E un’altra vita