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domenica 12 novembre 2023

HALLOWEEN E L’IDIOZIA CONTEMPORANEA

tratto da "L'Opinione" del 25 ottobre 2019

di Dalmazio Frau

Puntualmente, ad ottobre, cominciano a comparire ovunque le solite zucche arancioni e tutto l’apparato pseudodarkettone fintogotico di questa festa anglosassone che ci siamo autoimposti da alcuni anni. Un trappolone commerciale fatto di fantasmini e ragni di plastica che noi, colonia Wasp, abbiamo adottato in pieno.

Non detesto Halloween, detesto con tutte le mie forze Allouin, cioè questa puttanata ridicola di cappelli da Strega dell’Est e altre imbecillità varie che non appartengono alla nostra Cultura – a proposito, ne abbiamo ancora una? – che ha sostituito, complice l’attuale ignoranza e disinformazione del clero della Chiesa cattolica, le nostre antiche e sanissime giornate dedicate ai defunti e ai santi. Festività ben più antiche del Cristianesimo, che non hanno nulla da invidiare alla “notte delle streghe” made in Usa, essendo dotate di profonde radici che affondano nel substrato mitico, religioso e anche, sì, magico, delle nostre tradizioni. Anche da noi infatti, in quelle notti, i defunti ritornano tra i mortali, e si ricordano tutti i santi del calendario e con dolci e cibi antichi che insegnano a chi è vivo a credere in un Altrove e in un Mistero che da sempre accompagna e trascende l’uomo. Anche in molte parti d’Italia, sino a non tantissimo tempo fa, alla fine d’ottobre, quando le ombre notturne sono più lunghe, si credeva che le barriere tra il mondo dell’Uomo e l’Aldilà diventassero più esili e facilmente superabili dalle creature sovrannaturali. “Dolcetto o scherzetto” lo abbiamo anche noi, in molte culture popolari e contadine, arcaiche, con cibi che richiamano il mondo dei morti nella forma e nel significato. Non abbiamo bisogno d’importare zucche britanniche, abbiamo anche noi lo stesso simbolismo.

E allora? Allora è che questa nostra società desacralizzata, priva dell’immaginario fantastico, magico, e ormai anche di quello meramente religioso grazie alle ultime virate vaticane, ha gettato via ogni ricordo delle proprie tradizioni per accogliere quelle altrui. Il popolo italiano – negletto da preti accondiscendenti e troppo spesso ignoranti oltre che increduli – si è voluto disfare delle proprie antichità cultuali accettando l’assenza del Mistero e del Sacro nella nostra pseudocultura “postmoderna”. E quello che gli italiani non trovano più nella tradizione, che è fatta anche di aspetti “terrifici”, ecco che tra le nuove generazioni alcuni imbecilli affetti da ignoranza crassa, senza sapere di essere soltanto gli “utili idioti” del gigantesco meccanismo economico della New Age, si comprano il Libro Infernale, si danno un nome cretino come Lady Lucifera o Lord Obscurity e cominciano a invocare Satana alle tre del mattino, svegliando il cane dei vicini.

Allora si vada al Camposanto di Pisa a vedere il Trionfo della Morte o la Danza macabra a Pinzolo o ancora a Palermo. Chi vuole deliziarsi con le ossa, ha a sua disposizione la Cripta dei cappuccini della chiesa di Roma a via Veneto, oppure quella dedicata alla Confraternita dell’Orazione e Morte sita in via Giulia, sempre nella Capitale e si potrà comprendere quale inestimabile patrimonio stiamo perdendo… perché sono soltanto zucche vuote!

lunedì 6 febbraio 2023

CARAVAGGIO ALCHIMISTA DELLA PITTURA & I ROSACROCE

Tratto da Pangea.news

di Claudia Gualdana

“Le tenebre sono semplicemente la contrazione della luce”, scriveva Robert Fludd nella Medicina cattolica. Solo chi ancora non ha letto il Caravaggio di Dalmazio Frau (Caravaggio, luci ed ombre tra alchimia e altri misteri, Bastogilibri), può trovare ardito questo accostamento. Robert Fludd di Michelangelo Merisi è contemporaneo, ma il primo è uno dei massimi mistici inglesi, l’altro uno dei più grandi artisti della storia. Non si sono mai incontrati. Fludd scrive di elementi, eppure sembra suggerire l’atmosfera di lotta tra la luce e la tenebra che va in scena in alcuni capolavori del Caravaggio.

Prendiamo, per esempio, il celebre Amor Vincit Omnia, un olio su tela oggi conservato a Berlino, che per Frau è l’opera in cui “più sono evidenti i messaggi rosacruciani di filosofi quali Fludd e Maier”. Nella tela un Eros sorridente emerge da uno sfondo di assoluta tenebra, tanto che le sue carni bianche sembrano rilucere. È questo, a mio vedere, il miracolo della pittura del Merisi: strappare le forme della vita dall’indistinto cupo, profondo, del buio senza forma. Come se prima del suo tratto magico nulla esistesse. Dipingere come dare la vita. Prendere la materia e insufflarle il respiro nelle vene, in un religioso fiat lux di biblica memoria. A misura d’uomo, s’intende.

Non sono elucubrazioni, sono le suggestioni che Frau dissemina sapientemente attirandoci in un dedalo di riletture dei capolavori caravaggeschi in una sorta di giallo per iniziati alla pittura e all’alchimia. E infatti nell’Amor Vincit Omnia – l’amore vince ogni cosa – legge il compasso e la squadra ai piedi della divinità greca in ottica ermetica, unendo a tali strumenti il significato della musica, ben rappresentata dal liuto e dal violino.

I Rosacroce, di cui faceva parte Fludd, erano una loggia iniziatica tedesca di ispirazione cristiana che esisteva da ormai due secoli. Gli adepti erano avvolti nel mistero. E di nuovo ci si può domandare cosa c’entri quel geniaccio incline alla violenza e a Venere con le sottigliezze intellettuali di uomini in cerca di un perfezionamento interiore che con le armi e i postriboli non potevano aver niente da spartire. Frau suggerisce la soluzione del rebus accompagnandoci nei sacri palazzi di Roma, città in cui Merisi visse il massimo splendore del suo astro, disgraziatamente destinato a spegnersi in fretta. Ed ecco che il mistero dell’arte del ribelle dal pennello magico si dirada: egli era il braccio teso a descrivere significati che provenivano da pozzi di scienza sacra, del quale forse neanche era del tutto consapevole.

Il braccio di un alto prelato romano, il cardinale Francesco Maria del Monte. Per lui dipinse, tra l’altro, Giove, Nettuno e Plutone, il suo unico affresco, al Casino Ludovisi. Un vero e proprio gabinetto alchemico la cui esistenza fu scoperta solo nel 1969. Merisi porta la luce in uno spazio angusto, staglia le figure in scorcio esaltandone, come suo uso, la virile nudità, tracciando tra le righe lo zodiaco e gli stadi del processo alchemico in una sorta di athanor dipinto. In fondo non c’è niente di strano in questo. Tutta l’arte rinascimentale è un movimento tellurico di simboli, allegorie, rimandi mistici e paganeggianti, in un inno alla natura che sottende un nuovo modo di fare filosofia. Un dipingere per ricreare l’esistente, replicarlo all’infinito in quel gesto prometeico che è l’arte maiuscola: un tentativo di strappare il fuoco agli dei. Che in Caravaggio è perfettamente riuscito.


lunedì 27 dicembre 2021

JULIUS EVOLA COLPISCE ANCORA

tratto da "L'Opinione" del 26/02/2021

di Dalmazio Frau

Potremmo dire “chi non muore si rivede” con questa nuova antologia di racconti su Julius Evola appena edita da i tipi de L’Idrovolante, curata come indubitabilmente avviene da sempre, da Gianfranco de Turris con il cinematografico titolo de Il ritorno del barone immaginario. Quella precedente era uscita per Mursia Editore nel 2018 ed era appunto Il barone immaginario.

Questa nuova raccolta attesta innanzitutto un fatto che piaccia o meno, deve essere accettato senza se e senza ma, ovvero che la figura controversa, amata, odiata, criticata od osannata nella propria multiforme totalità, di Giulio Cesare Andrea Evola non lascia – e non potrebbe fare diversamente – indifferenti gli animi. Ecco allora l’Evola pittore dadaista, mago, orientalista, soldato e innumerevoli altre sue “manifestazioni” in una vita che per quanto qua “inventata”, nella realtà non ha nulla da invidiare all’immaginazione. Evola fu – è – tutto questo e ancora di più quindi ben si presta a diventare un “eroe da romanzo”, come avrebbe detto Cyrano de Bergerac.

I racconti che compongono la raccolta sono variegati e variati, certo non tutti – ma quasi – hanno incontrato il mio favore, per le ragioni critiche che dopo chiarirò. Detto questo, del tutto ininfluente comunque, restano invece degni di merito, nota e plauso alcune novelle sul Barone, a cominciare dall’ottima prova che ne dà Alberto Lombardo, certo fortificato da una sua lunga attenzione di studioso all’intera opera evoliana. Va detto che la caratteristica, forse a volte rasentante l’eccessiva didascalicità, dell’aderenza agli scritti e ai pensieri del “filosofo in guerra”, dell’ermetista e del ghibellino che fu Julius, è comune a tutti i narratori cimentatisi in quest’impresa e potrebbe fungere da ulteriore sprone a coloro che magari si avvicinano per la prima volta al corpus letterario e sapienziale dello scrittore, ma al tempo stesso rischia di diventare troppo referenziale ad un esclusivo circuito di estimatori, come avviene nel racconto erotizzante di Guido Andrea Pautasso. Il dèmone della vanità del voler fare a gara, con citazioni e rimandi, a chi è più colto, si nasconde sempre – in maniera non eccelsa – tra molte delle righe di alcuni racconti, ma è un peccato “veniale” suvvia, non facciamone questioni di stato. Nessuno nasce imparato, men che meno chi si sopravvaluta anche come scrittore.

Tema analogo, quello della magia erotica, trattato anche da Vitaldo Conte – del resto l’argomento dell’Eros e della Magia Rossa sono da decenni la cifra della sua produzione – nel suo racconto che tratta di un Evola anziano, immerso nei propri ricordi ma non per questo meno attivo nell’arte della conoscenza d’amore. Julius Evola – e non lo dico in maniera negativa anzi – diventa così un “GI Joe”, un modello posizionabile e multiruolo, iper-adattabile alle sfumature immaginarie di ciascun scrittore, uscendo in tal maniera dalla propria autonomia e identità per diventare un archetipo fantastico, avventuroso, erotico come soltanto una persona realmente vissuta avrebbe potuto fare.

L’altro racconto che voglio segnalare favorevolmente è quello di Alex Voglino, che mostra e dimostra tutta la sua antica e migliore capacità di narratore fantastico avventuroso, ed è forse al proprio meglio quando lascia le confortevoli brughiere arturiane o tolkieniane a lui tanto care. Così come piacevolmente dotta e quasi affettuosamente reverenziale, così come si farebbe verso un Maestro, nei confronti del Barone, è la storia ermetico-egizia raccontata da Luca Valentini.

Oltre questi comunque sono validi anche gli altri racconti, tra reminiscenze lovecraftiane e spruzzate d’umorismo che male non fa, in un variopinto affresco come se fosse più un mosaico bizantino frammentatosi nel corso dei secoli e rimesso in sesto, in un restauro per tutti, della vita sognata di una delle figure ancora adesso più originali e interessanti non soltanto del mondo della Tradizione, ma di quello che è stato l’intero milieu novecentesco. E se con il nome di Julius Evola – ancorché ricordato limitatamente solo come filosofo – sta ancora in solitario e aristocratico ritiro a campeggiare su una targa commemorativa a Sutri, proprio a pochi passi dal mitreo locale, quasi un cippo dimenticato ed evocante un “mago e milite ignoto”, questa seconda prova su di lui aggiunge un ulteriore tassello al suo ricordo che non muore. Tuttavia, ci chiediamo maliziosamente, se ci sarà – come si usa nelle migliori saghe – un terzo capitolo, e che magari potrebbe essere intitolato “Il barone immaginario colpisce ancora”. Hai visto mai…

(*) Autori vari, “Il ritorno del barone immaginario”, a cura di Gianfranco de Turris, Idrovolante Edizioni, pagine 290



sabato 29 maggio 2021

L'esoterismo cristiano degli antichi capolavori nordici

Tratto da "Il Giornale" del 2 Gennaio 2015

di Gianfranco De Turris


L'arte ermetica di Dalmazio Frau (Arkeios, pagg. 160, euro 18,50) non è certo il primo testo dedicato ai rapporti fra l'alchimia e la pittura (basti pensare ai fondamentali studi di Maurizio Fagiolo e Maurizio Calvesi), ma certamente possiede caratteristiche che altri non hanno. Intanto l'autore, che non è soltanto uno storico dell'arte, ma egli stesso pittore e illustratore, e che in più ha diffuse conoscenze su occulto, magia ed esoterismo, tanto da aver scritto diversi libri in merito. Caratteristiche che gli permettono di affrontare il tema in maniera approfondita tecnicamente e teoricamente. Inoltre il tema, che non è generico ma circoscritto riferendosi a quattro artisti fra il Quattrocento e il Cinquecento, in bilico tra fine del Medioevo e inizio del Rinascimento, ognuno rappresentato da una sua opera significativa. E tutti di area fiammingo-tedesca. Esattamente Bosch (Il Giardino delle Delizie), Van Eyck (L'adorazione dell'agnello mistico), Dürer (l'incisione Melancolia I), Brueghel (Il Trionfo della Morte).

Frau parte dalla vita dell'artista, poi inquadra la sua pittura in generale e infine effettua una minuziosa analisi dell'opera scelta a rappresentarlo. Analisi che è su vari piani: estetico-pittorico, simbolico, ermetico-alchemico, magico-occulto, religioso. Non sono trascurati altri riferimenti che man mano s'incontrano nei particolari pittorici: quello storico, quello antropologico e culturale, e anche quello dell'importanza della committenza, secondo le recenti tendenze della critica d'arte.

Il risultato è un affresco approfondito e in certe occasioni del tutto impensato, che inquadra i quattro capolavori nel loro tempo e in una visione molto particolare dell'arte nel XV e XVI secolo, appunto quella ermetica.

Bosch, Van Eyck, Dürer e Brueghel sono per l'autore tutti rappresentanti di un esoterismo cristiano che spesso si opponeva alla Riforma luterana, esponenti di un modo d'intendere l'opera dell'artista come espressione di un impegno non soltanto culturale ed estetico, quanto soprattutto religioso e sacro, come ben sottolinea Claudio Lanzi nella sua introduzione al libro. Essi vivevano in un tempo terribile, segnato da guerre e pestilenze, da soperchierie e violenze di ogni genere che traspaiono dai loro dipinti, specie quelli di Bosch e Brueghel. Un'epoca apocalittica in ogni senso, dove si pensava che fosse veramente vicina la «fine del mondo». Essendo però edotti della scienza ermetica inserivano nelle loro opere una miriade di elementi esoterici che Frau mette in evidenza, spesso con importanti excursus di approfondimento: notevole quello dedicato alla Danza Macabra e/o Caccia Selvaggia, tema poco noto in Italia, ma fondamentale per capire lo spirito di quel tempo tremendo. Oppure quello sul senso della Morte e la sua rappresentazione non solo in pittura, ma anche nella letteratura coeva. I quattro artisti e le quattro opere, peraltro notissime, coprono un arco di meno di un secolo e quindi illustrano in modo compatto l'atmosfera di quei tempi nel Nord Europa, con molti riferimenti e raffronti con la pittura italiana contemporanea a loro, che si indirizzava su versanti diversi, anche se quasi tutti i quattro effettuarono viaggi in Italia considerata allora terra d'arte per eccellenza.

Un saggio, piacevole e ben scritto, dotto ma non pedante, che conduce il lettore curioso o solo di arte o solo di esoterismo in territori poco esplorati ma affascinanti.


mercoledì 4 novembre 2020

Leonardo mago dell'arte (esoterica)

tratto da "Il Giornale" del 17/08/2020

Le fonti iconografiche del genio da Vinci includono Vangeli apocrifi e alchimia

di Claudia Gualdana

Sarà anche un'ovvietà affermare che Leonardo da Vinci è indecifrabile, eppure non lo si può evitare. Avvolto nel mistero, lascia sempre a mani vuote chi cerca di agguantarlo per classificarlo in qualche categoria.

La sorte della sua arte fa pensare un po' alla musica di Mozart uno dei pochi geni a lui paragonabili - che tutti ascoltano rapiti, ma senza afferrarla. Tuttavia, a differenza di Mozart, Leonardo era poliedrico. Ha dipinto, scritto, inventato. Le celebri macchine volanti e i meno noti strumenti musicali: progetti che tuttora sbalordiscono e mettono tutti quanti d'accordo almeno su un punto: da Vinci era un genio. Anzi, il genio. Eclettico al punto di essere ingaggiato persino, si direbbe oggi, per «organizzare eventi». Come la Festa del Paradiso, ossia le nozze di Gian Galeazzo Maria Sforza e Isabella d'Aragona. Riporta questo episodio l'artista e storico dell'arte Dalmazio Frau, che al grande fiorentino dedica L'angelo inquieto. Scienza e magia in Leonardo da Vinci (Iduna Edizioni, pagg. 132, euro 14) sottolineando che, almeno nell'intento di da Vinci, furono soprattutto nozze alchemiche. Perché è l'alchimia, o meglio l'ermetismo rinascimentale, la chiave di lettura qui proposta nel tentativo di risolvere l'enigma Leonardo. In verità, l'autore pone domande, più che dare risposte, e questo è senza dubbio uno dei pregi del suo libro. La prima tessera del suo mosaico è il titolo. L'angelo, perché Leonardo si pone al di sopra e al di là del maschile e del femminile. L'unicità della sua persona travalica e riassume l'essenza dei due principi nella perfezione dell'androgino una figura alchemica - spazzando via così le illazioni sul suo orientamento sessuale, di cui francamente in una società seria non importerebbe a nessuno. Inquieto, perché eccezionale e figlio del suo tempo, il Rinascimento del neoplatonismo del circolo di Marsilio Ficino, e come tale aperto al passato e in egual misura al futuro, certo della perfezione del cosmo e forse di poco altro.

Inquiete furono anche le sue opere. Per alcune di queste, l'autore propone una lettura ben lontana dalla voga scientista in auge da fin troppo tempo. La più affascinante è quella de La vergine delle rocce del Louvre, che riporta alla memoria la lezione di Erwin Panofsky. Giornalisticamente si può riassumere così: nell'arte rinascimentale il bello è il guscio, ma se si vuole l'uovo il guscio va rotto. C'è un mondo intero inscritto nell'arte maiuscola, se la si guarda con lenti che svelino il pensiero a essa sottesa. Ce n'è più di uno in quella di Leonardo, che lascia sempre lo spiraglio per un'interpretazione altra. «Vorremmo che certi dipinti ci invitassero dentro il quadro per partecipare al loro modo di essere», è la frase di Nicolás Gómez Dávila scelta per aprire il capitolo, e l'autore proprio nel quadro ci porta. Nella vicenda che vede il dipinto rifiutato dai committenti ed eseguito in due versioni (l'altra è alla National Gallery di Londra). Nei pressi della Vergine, ritratta in un contesto rivoluzionario rispetto alla tradizione, appunto tra le rocce, ossia in una grotta, simbolo, tra gli altri, di rinascita e del passaggio nell'aldilà. Vicino al piccolo Giovanni Battista, ma quello narrato nei vangeli apocrifi. Di fronte alla bellezza sfrontata dell'arcangelo Gabriele, o forse Uriel, condannato all'oblio da Papa Zaccaria nel 745, quando fu stabilito che gli arcangeli dovevano essere soltanto tre. Egli sorride di quel sorriso che è la cifra dei suoi volti più sfuggenti. I protagonisti di Leonardo sorridono quando ingannano. Dubbia è l'identità dell'arcangelo della Vergine delle rocce come lo è quella di Monna Lisa e di Salai. Sorridono perché un po' ci canzonano: come se sapessero chi siamo, mentre noi ancora non abbiamo idea di chi davvero siano loro. Sta anche in questo la sua grandezza: accompagnarci per sentieri di cui non si vede la destinazione. Dalmazio Frau lo ha capito bene e ci ha dato la chiave per aprire la porta del labirinto, poi sta a noi vedere se ne veniamo a capo.


mercoledì 27 maggio 2020

L’ARTE DELL’ALCHIMIA IN MOSTRA A CUNEO

tratta da L'Opinione del 09 agosto 2019

di Dalmazio Frau

Nessun “dialogo” ma soltanto il silenzio ermetico del Mutus Liber dell’Arte Alchemica, è presente nella splendida mostra Ars Regia, in questi giorni a Palazzo Taffini d’Acceglio dove resterà aperta al pubblico sino al prossimo gennaio, a Savigliano in provincia di Cuneo.

Ne è artefice e curatore sopraffino Enzo Biffi Gentili, noto e attento conoscitore di arti applicate, al quale si deve già il successo de Il Cuneo gotico, Artieri fantastici realizzato sempre nella Granda negli anni passati. In questa sua nuova mostra si tratta un argomento affascinante che ha impegnato lungo i secoli personaggi famosi e ignoti, nobili, ricchi e gente del popolo: l’Alchimia. Quell’arte regale e spirituale che tanto ha a che vedere con le Arti, ritenuta originaria dell’antico e misterioso Egitto e giunta sino a noi attraverso i sogni del Medio Evo e del Rinascimento, giù nell’età barocca, nel Secolo dei lumi, nell’Ottocento romantico e di là sino ai giorni nostri senza mai aver perduto il proprio affabulante mistero.

Biffi Gentili ha voluto una mostra colta e raffinata ma anche per tutti coloro che, più o meno sapienti, abbiano almeno una volta nella loro vita sentito narrare della Pietra Filosofale o dell’Elisir d’immortalità. Un’operazione artistica e culturale unica oggi nel nostro Paese, questa di Ars Regia, che conduce il visitatore, curioso o incuriosito, a scoprire le terre della dinastia di Casa Savoia, spesso ammantate di miti e di mistero, quella stessa dinastia che vide dal XIV secolo al primo Settecento, un notevole interesse nell’Arte Regale da parte dei propri alchimisti di corte.

Sono nelle belle sale di Palazzo Taffini d’Acceglio, in mostra le opere pittoriche di Pinot Gallizio, lo spagirista paracelsiano discepolo novecentesco dell’Abate Tritemio, come fu discepolo di questi nel convento di Sponheim in Germania, uno dei più grandi teurghi del Rinascimento: Enrico Cornelio Agrippa.

Gallizio è un artista contemporaneo oggi scomparso, ma proprio per questo rinnova nella propria arte pittorica il pensiero e la dottrina filosofica della Grande Opera con i suoi studi che si rifanno direttamente agli insegnamenti di Fulcanelli, l’alchimista sfuggente che rivelò al pubblico i misteri delle cattedrali gotiche e delle Dimore Filosofali.

Una mostra “sensoriale” dunque, che coinvolge il visitatore anche con i profumi oltre che con la vista e il tatto in un percorso, quasi un cammino iniziatico, suddiviso in otto singolari tappe: Le esequie alchemiche; L’anticamera ardente; Nel crogiuolo della Granda; Sei artieri ermetici; Un Oratorio “eretico”; Alla ricerca dell’oro ceramico; L’aroma del Sacro; Le alchimie ludiche.

Tutte queste diramazioni, otto vie ermetiche che conducono a un’unica Verità sapienziale, in realtà sollevano nuovi enigmi, ulteriori misteri da rivelare da parte di tutti coloro che avendo anima, spirito e corpo ancora vivi, non hanno timore a fare un passo oltre la Soglia del conosciuto in cerca del Sole di Mezzanotte.

mercoledì 13 maggio 2020

DI SAN VALENTINO E ALTRI MISTERI

tratto da L'Opinione del 12 febbraio 2020

di Dalmazio Frau

A breve ricorrerà puntuale e immancabile con tutta la propria panoplia commerciale, la festività di San Valentino, che da mito agiografico, nei secoli, è diventata la realtà agrodolce dei Peanuts o – peggio – il momento di sgravarsi la coscienza tra le coppie più ipocrite e vili con una scatola di cioccolatini, un invito a cena o un mazzo di fiori, dopo di che tutto ritorna come prima.

Invece, approfittando della data, mi piace ricordare un amore antico, perduto nelle nebbie della leggenda, di come esso fu cantato e di come esso fu dipinto in maniera sublime e insuperata, tra il 1872 e il 1877, da Edward Burne Jones nel suo The Beguiling of Merlin.

L’opera raffigura l’infatuazione di Merlino per Nimue, la Dama del Lago dalla quale l’arcimago che guidò le armate di Artù, viene imprigionato in catene fatte d’aria o di cristallo, o nel folto d’un bosco, in una caverna inaccessibile dalla quale egli continuerà a vivere e a profetare sino al Giorno del Giudizio. Merlino, sapiente e potente, indifeso davanti all’amore di Nimue, è mostrato nel suo essere avviluppato dal biancospino delle Fate, mentre la Dama del Lago al suo fianco, legge il libro di incantesimi che gli ha abilmente sottratto. È forse la volontà stessa del Gran Mago di cedere il proprio sapere per amore della Dama, dunque non un inganno, ma un dono d’amore per lei…

Da questo, mutevole ed evanescente, riscopriamo una versione che invece canta di Merlino e di Viviana, la Dama del Lago, in maniera differente e sorprendente.

Ormai vecchio il sommo druida s’innamora di Viviana, ancora giovane e splendida, e per lei e per lei soltanto, con la propria magia costruisce, in mezzo a un lago, un castello invisibile. Dopo di questo crea per sé un sepolcro incantato, una grotta di cristallo che, dopo la loro morte, accoglierà incorrotti per sempre il suo corpo e quello di Viviana. Ma la Dama del Lago, dopo essersi fatta insegnare da Merlino gli arcani delle arti magiche, con un inganno, lo rinchiuderà ancora vivo nel sepolcro incantato.

Questa è la versione tradotta e adattata dell’antica ballata su come Merlino s’innamorò e cedette la propria vita per amore a Viviana:

Presso la fontana

Lui un giorno la trovò,

Vide da lontano il giallo

Della veste che portava su di sé

“Dimmi cosa vuoi

Che io ti possa regalare,

Grande è il mio potere,

Quello che vuoi io posso fare”.

“Non ti prenderai gioco di me, tu

Non sei certo quello che

Io sto aspettando.

Quando lui verrà,

Allora mi alzerò

E, seguendo lui,

Di qui io me ne andrò”,

“Tu non credi di essere qui per me

Ma ancora troppo giovane tu sei

Quando avrai come me vissuto mille anni,

Allora forse capirai”.

“Dimmi cosa vuoi

E io te la darò,

Tu pensi ancora che non mi seguirai mai,

Ma di te farò un albero fiorito,

Poi ti guarderò fino a quando appassirai”.

“Non ti prenderai gioco di me, tu

Non sei certo quello che

Io sta aspettando.

Hai vissuto già

Per mille anni,

Ma sei giovane, lo vedo,

Forse più di me”.

Quella volta infine si adirò

E in un vasto lago la mutò

E dall’alto di una bianca torre

Per il resto del tempo lui l’amò. (*)

E così il potente Merlino, in grado di comandare ai venti e alle tempeste, di evocare la nebbia, far danzare le grandi pietre azzurre alla musica della sua arpa; Merlino Il Figlio del Diavolo, forgiatore di Re; Merlino l’incantatore che parla agli animali e domina i draghi, per amore s’inginocchia e per amore costruisce un nuovo mondo, fatto della trama stessa dei sogni e delle meraviglie, scegliendo, per amore, di trascorrere l’immensità del tempo a guardare la donna che ha scelto come propria compagna per sempre.

Buon San Valentino dunque, e non dimenticate che dietro ogni leggenda, esiste sempre – nascosta ma non troppo - una terribile verità che strazia il cuore e dilania l’anima, ma che rende questo mondo un po’ migliore.

(*) La versione è di Luisa Zappa

sabato 4 aprile 2020

PROFEZIE VIRALI PER STARE ALLEGRI

tratto da "L'Opinione" del 26 marzo 2020

di Dalmazio Frau

Michel de Nostredame, meglio noto a tutti come Nostradamus, non è proprio l’ultimo degli imbecilli. Il medico rinascimentale francese, veggente lo era sul serio, ma proprio per questo le sue Centurie sono inesplicabili ed incomprensibili. Volutamente irrisolvibili se non a posteriori.

Ed ecco che quindi, sistematicamente come ad ogni evento cataclismatico, gli esegeti, i traduttori, studiosi più o meno accreditati ed esperti di Nostradamus, si scatenano nel cercare la quartina che riporta la diretta descrizione della tragedia. Ovviamente adesso è il turno del Coronavirus, insomma “a chi tocca nun se ’ingrugna”, dicono a Roma.

Certo andrebbe fatta una certa analisi sul fatto che questo virus ha nome “Corona” e già qui, tra esoteristi d’accatto e simbolisti più o meno ermetisti “de’ noantri”, ci sarebbe da divertirsi. “Corona” perché la Morte nelle immagini delle danze macabre porta la “corona”? O forse fa rifermento al fatto di essere legato al sommo Kether dell’albero cabalistico delle Sephiroth? O Corona perché composto di “cor” che indica il petto e di “ona” che – a parte la fiorentina rificolona con cui fa rima – non ho la più pallida idea di cosa possa essere? O Corona è un cognome? Un acrostico? Come nel Codice da Vinci? Forza dai, tutti a cercare di svelare il mistero occulto nel virus ammorbante. Intanto ci chiudono in quarantena sine die – che l’ottimo Gigi Di Maio, anglista di chiara fama, leggerebbe in perfetta lingua d’Albione Sain Dai – e chi s’è visto s’è visto.

Fate i flashmob dal balcone adesso, bravi. Oppure leggetevi le Centurie di Nostradamus e contribuite anche voi al nuovo gioco di società, non è che avete poi tutte queste energie immagino da poter stare ore ed ore su YouPorn, vero?

Tornando a noi, Renuccio Boscolo, l’italiano che da decenni è considerato uno tra i più dotti esperti tra gli studiosi delle profezie del Veggente di Salon, ha dichiarato che Michel (siamo in confidenza con il profeta francese) nella sestina 11-30 delle sue Centurie, parla chiaramente di un “medico” e di un “grande male” che porterà “infermità da costa a costa”. Ma Boscolo è parte di una vasta schiera di investigatori dell’occulto, e tra essi vi è chi ritiene che l’astrologo rinascimentale abbia indicato anche la data: “Mercurio è in Acquario dal 4 marzo fino al 15 marzo ed invece Saturno entra in Acquario dal 22 marzo fino al 1 luglio ore 23,29. Le giornate di crisi sono, osservando la posizione stazionaria di Mercurio dal 9 marzo, con diminuzione dal 16 marzo. La crisi terminerà (Fenerà) con l’ingresso di Saturno il 1° luglio alle ore 23,29. Mentre un problema, forse un terremoto, avverrà il 10 o l’11 maggio alle 10,11”.

Invece secondo l’astrologa britannica Jessica Adams, la quartina di Nostradamus che cita Francia e Italia direbbe “che cosa ci si può attendere dalla congiunzione di Ariete, Giove e Saturno, Dio eterno? Dopo un lungo secolo, il male ricompare. A quali emozioni saranno sottoposte Francia e Italia?”, e infatti lunedì 15 aprile 2019 c’è stata una congiunzione astrale che si verifica ogni cento anni che ha coinvolto Ariete, Giove e Saturno.

Ma noi, immodestamente, ne aggiungiamo un’altra che si ricollegherebbe ai più recenti aiuti giunti dalla Russia e che muterebbe, o potrebbe mutare, radicalmente la passata interpretazione negativa della relativa quartina delle Centurie nella quale si legge: “La grande guerra inizierà in Francia e poi tutta l’Europa sarà colpita, lunga e terribile essa sarà per tutti… poi finalmente verrà la pace ma in pochi ne potranno godere”, e che prosegue così, “Per le discordie e negligenze francesi sarà aperto un passaggio a Maometto: di sangue intriso la terra ed il mare, il porto di Marsiglia di vele e navi coperto”, e prosegue prevedendo le sorti di Roma: “Ci saranno tanti cavalli dei cosacchi che berranno nelle fontane di Roma, il fuoco cadrà dal cielo distruggendo tre città. La città perderà la fede e diventerà il regno dell’Anticristo, Roma sparirà e il fuoco cadrà dal cielo e distruggerà tre città. Tutto si crederà perduto e non si vedranno che omicidi; non si sentirà che rumori di armi e bestemmie”.

Ora il passo interessante è quello che riporta la seguente frase, “ci saranno tanti cavalli dei cosacchi che berranno nelle fontane di Roma”, per decenni interpretata con una valenza negativa, che invece, potrebbe semplicemente significare proprio che le forze russe, quelle di Vladimir Putin, giungono in aiuto al popolo italiano.

Su tutto il resto invece lasciamo si depositi ancora una volta il velo del mistero del futuro, che è giusto resti insondabile all’occhio volgare perché il Fato, come sempre, riposa nel grembo di Zeus.

sabato 19 ottobre 2019

MA LO YETI SE NE FREGA

tratto da L'Opinione del 2 maggio 2019

di Dalmazio Frau

Finalmente l’hanno trovato, ma noi non ne abbiamo mai dubitato: Lo Yeti esiste. Io personalmente ne ero certo, anche perché da ragazzo lessi il saggio – credo oggi fuori catalogo – Il mistero dello Yeti, dell’augusta penna di Attilio Mordini, che di certo ne sapeva ben più dei vari Cicap, dei soliti Pieri Angeli e persino dei Piergiorgi Odifreddi.

Qualche ora fa tutte le agenzie, hanno battuto la notizia che l’esercito indiano ha riscontrato - con prove fotografiche - impronte di Yeti, rinvenute lo scorso 9 aprile vicino al campo base di Makalu, sul massiccio dell’Himalaya, a oltre ottomila metri di altitudine.

A questo punto non c’è più alcuna ragione per dubitare scientificamente della realtà tangibile della misteriosa creatura, già citata in numerose fonti tradizionali dell’area tibetana, ma probabilmente già documentata nel tragico caso del passo Dyatlov, nonché riscontrata persino in territorio nordamericano sotto i nomi di Sasquatch o Bigfoot. Nel nostro stesso Bel Pese, l’analogo dello Yeti è comunque presente in numerose fonti antiche con il nome di “homo salvatico” e in altre forme locali. I cultori della zoologia fantastica, o “criptozoologia” se preferite, che sino ad oggi non hanno avuto modo di metterlo in dubbio, adesso potranno garantirne la certezza. Anche perché è evidente a noi tutti che esistono centinaia, anzi migliaia di antropoidi di fattezze umanoidi e radicalchic, che parlano non sapendo alcunché di quello di cui cianciano, dementi fascistoidi che stuprano credendo così d’esser dannunzianamente virili, altri che si drogano per sostenere le loro inverosimili tesi o che scrivono dotti saggi e sceneggiature per la televisione e fanno ancora tante altre cose nei loro attici con vista...

Lo Yeti esiste e lotta con noi, o forse no, semplicemente se ne impippa di tutto, vivendo la sua vita serena nelle solitudini dell’Himalaya, preoccupato soltanto di evitare il genere umano, intimorito dal potersi imbattere in Greta Thunberg, in Michela Murgia o in Asia Argento. Se esistono ancora femministe livorose nelle loro frustrazioni, leccaculi multiruolo, falliti e ipocriti d’ogni genere e specie, sotto qualsiasi egida politica o sociale; “influencer”e “gender fluid” da Grande Fratello… allora, perdonatemi il folle salto sillogistico, ma non vedo proprio perché non debba esistere “l’abominevole uomo delle nevi” che è senza dubbio meno abominevole di quanto si possa pensare e migliore di tutti loro.

Nostra nota.
Il libro di Attilio Mordini, "Il mistero dello Yeti" in realtà è ancora in commercio:



giovedì 10 gennaio 2019

Arte e magia in mostra a Rovigo

tratto da "L'Opinione" del 03 gennaio 2019

di Dalmazio Frau

In un’Italia ridondante di mostre d’arte inutili se non banali, soprattutto quelle strapaesane con velleità nazionali, ne spicca una che merita il tempo e la compagnia. A Rovigo, città lontana dai grandi circuiti dell’arte per tutti, si espone “Arte e Magia” a Palazzo Roverella, sino al 27 gennaio, un percorso “esoterico” nell’arte pittorica tra Otto e Novecento in Europa, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, curata da Francesco Parisi.
Colui che, fortunato, avrà letto Il Mattino dei Maghi di Pauwels e Bergier, avrà più bell’agio nel comprendere il sottile pensiero che guida il visitare in questa esposizione di quadri scelti con cura e dedizione, ma anche il “profano” potrà lasciarsi indurre in suggestioni affascinanti e misteriche ad ogni dipinto e per ogni artista.
È la magia che ritorna e impera, con i suoi simboli e le sue “signature ermetiche” in un tempo che avrebbe dovuto prediligere la razionalità futurista, e che invece convive perfettamente miscelando l’alto e il basso, il meraviglioso, il fantastico e la realtà quotidiana. Antico e futuro segnano il punto di questo strano tempo che precede l’ultima guerra mondiale. Architettura sacra, pittura simbolica, arte e mistero che conducono a visioni oltre la Soglia, in un retaggio preraffaellita a volte, attraverso il colore dadaista di Julius Evola e la licenziosa succube scolpita da Auguste Rodin. Qui, a Rovigo, per qualche tempo ancora danzeranno i diavoli e le streghe verso il Sabba, e con loro vanno in teoria i Rosacroce e i molti cavalieri in cerca attraverso una folta selva di fantasmi che è l’Europa tra le due guerre, contornati da maghi e dalle loro cerimonie.
Un altro pregio della mostra è far comprendere a colui che ne attraversa le sale, come e in quale misura il pensiero magico e occultista abbia influenzato sia il Simbolismo europeo sia la nascita delle avanguardie storiche, divenendo quasi una sorta di “controcultura” – a volte reazionaria – a un mondo che stava rapidamente scivolando verso il modernismo. Ogni ambito del rapporto tra Arte e Magia nel nuovo secolo viene ampliamente indagato, sino all’arte applicata dell’editoria senza dimenticare l’influenza espressionista del cinema che subito aveva compreso le possibilità di esprimere la presenza del Golem o del Vampiro.
Rovigo si mostra così città intellettualmente libera e aperta a un tema che fa ancora sobbalzare, chi confonde sempre – per ignoranza – esoterismo e satanismo e chi lo rinnega in nome di un positivismo ormai stantio, che forse è esistito soltanto in poche menti tristi e senza sogni per lo più ancorate ancora a una sinistra visione di Sinistra che fa del mondo, del Cosmo, una prigione dalla quale, invece si deve poter evadere e ritornare liberi.