domenica 14 giugno 2020

Un genio nascosto (anche dall'editoria) che anticipò Rimbaud, Tolkien e Lovecraft

tratto da Il Giornale del 20/09/2019

Oggi i suoi versi, tradotti da Ungaretti, in libreria sono introvabili

d Davide Brullo

I am hid. «Io mi sono nascosto». La prima delle Annotations di William Blake «ai discorsi di Sir Joshua Reynolds» si chiude con questa ammissione radicale.

Dove si è nascosto, William Blake, il poeta che ha ispirato Jim Morrison e Jim Jarmush, che influenzò William Butler Yeats e ispirò papiri esegetici a Northorp Frye, a Chesterton, a Harold Bloom?

Blake si è nascosto nel retro del mondo, nell'enigma delle cose, dove l'oscuro fiammeggia e l'origine degli esseri geometricamente indimostrabile si rivela. Blake si è nascosto paradosso demonico nel retro del sistema editoriale italico. Chi lo pubblica più? A parte la casa editrice SE, che ristampa i Libri profetici, Milton, i Canti dell'innocenza e dell'esperienza, secondo la consueta versione di Roberto Sanesi (dei Canti esiste un'edizione Feltrinelli del 2014, per la cura di Roberto Rossi Testa), Blake pare terrorizzare ma si tratta di canonica cecità gli editori nostri. Eppure, è Nelle foreste della notte così il titolo del saggio di Stefano Zecchi che sigilla la fondamentale edizione delle Opere di Blake edita da Guanda nel 1984: ristampatela! che si eleva la cosmologia contraddittoria di Blake, che pare provenire dagli gnostici dell'Antico Testamento e prevede i deliri del Maldodor di Lautréamont, l'ebbrezza di Rimbaud, Il Signore degli Anelli di Tolkien e il Necronomicon di Lovecraft.

In Italia, per altro, William Blake ha avuto un sommo traduttore: Giuseppe Ungaretti. Il rapporto non fu occasionale né sporadico: «Lavoro alle traduzioni di Blake da più di sette lustri. È un poeta difficile. Sempre, anche quando è semplice come l'acqua», scrive il poeta nel «Discorsetto del traduttore» che apre Visioni di William Blake, album di traduzioni edito da Mondadori nel '65. I primi «giochi» dentro l'opera di Blake sono pubblici nel '30 su Il Tevere, poi Ungaretti li accoglie nel complessivo Traduzioni con poesie di Saint-John Perse, Esenin, Góngora, Jean Paulhan pubblicato nel '36 dalle Edizioni di Novissima. Nel '93 Mondadori ripubblica Blake secondo Ungaretti in un volume memorabile, Visioni, introdotto da Aldo Tagliaferri. Se ne sono perse le tracce. Un peccato, perché Ungaretti, Lancillotto della poesia pura che aveva sintonia con i poeti che rompono le norme del linguaggio, sfasciando la grammatica in graniglia di bagliori, sapeva che «il vero poeta anela a chiarezza: è smanioso di svelare ogni segreto: il proprio, il segreto della sua presenza terrena cercando di conoscere il segreto dell'andare della storia e dei motivi che reggono l'universo, cercando d'impossessarsi, folle, del segreto dei segreti. Egli ha coscienza che la parola è difficile, ma, e se ne dispera, la rende fatalmente più oscura, più intrappolata nei significati che, cerando di nudarla e di coprirla di luce, le moltiplica».

In Joshua Reynolds, ritrattista e fondatore della Royal Academy of Arts, Blake vedeva l'icona del mentitore, dell'esteta impostore, che di un volto non afferra il mistero, ma soltanto la somma pattuita per dipingerlo. «Simulazioni dell'Ipocrita», giudicava i discorsi cattedratici di Reynolds. Così, deliberò di vivere nascosto, Blake, come gli eremiti ustionati dall'angelo, come gli uomini incapsulati nel futuro. «Mi considero sufficientemente Pago di vivere come faccio ora, e temo solo di portare Sfortuna ai miei amici», scrisse il poeta a John Linnell, il 25 aprile del 1827. Morì tre mesi dopo. Si pensava come a un Povero Giobbe, stava illustrando la Divina Commedia. Nessuno fu più vigile di lui. Siamo noi, ipocriti lettori, a non sopportarne lo sguardo.

giovedì 11 giugno 2020

Viaggio psico-demoniaco negli incubi di William Blake

tratto da "Il Giornale" del 20/09/2019

È la più completa retrospettiva mai dedicata all'artista-poeta Fu così sperimentatore che oggi appare modernissimo

di Luca Beatrice


Nel pomeriggio di un giorno feriale la Tate Britain, a Londra, è affollatissima per la più completa retrospettiva mai dedicata a William Blake. Sull'artista e poeta inglese attivo tra la fine del '700 e l'inizio dell'800 si è sviluppato un vero e proprio culto trasversale che attrae gli storici dell'arte come i fan del rock.

In effetti il pubblico è estremamente composito e già uno spettacolo in sé: una coppia gay con tatuaggi e piercing di gusto post punk, ex fricchettoni reduci dagli anni '70, studenti e professori di disegno, qualche amante della poesia. Difficile farsi largo per ammirare da vicino calligrafie e miniature, il segno grafico così articolato e preciso, la scrittura neo-gotica. Allora alla Tate hanno messo a disposizione dei visitatori delle lenti portatili per esaminare da vicino le opere e scoprirne i segreti. Che in effetti in quei fogli si nasconde un mondo di simboli e significati che solo gli esperti sapranno decifrare. Blake è artista controverso, d'accordo, ma appare comunque eccessivo l'avviso al pubblico che potrebbe rimanere scioccato da raffigurazioni maligne e demoniache, da allusioni sessuali deformi e perverse, da atti e termini blasfemi. Continuando di questo passo in qualsiasi immagine si rintraccerebbero messaggi subliminali, persino nelle visioni bucoliche della campagna inglese in collezione alla stessa Tate, neppure l'arte fosse un manuale di buoni comportamenti.

Già il nome, William Blake, contiene il suo destino; un nome da rockstar, una combinazione perfetta per un destino da outsider riverito da poeti e alternativi, più volte citato nei versi di Bob Dylan, fonte di ispirazione per Jim Morrison che scelse la parola «Doors» pensando proprio a Blake filtrato dal saggio di Aldous Huxley Le porte della percezione. Un mito che non accenna a tramontare, se è pure è evidente l'assonanza del recente Songs of Innocence degli U2 con Songs of Innocence and Experience, la raccolta illustrata di poesie che Blake pubblicò nel 1794 e che qui è presentata nella versione completa.

Sono oltre trecento le opere esposte fino al 2 febbraio 2020, nel non facile compito di unire filologia a spettacolarità, ma gli inglesi le mostre le sanno fare e il pubblico è sempre ricettivo. Attraverso William Blake (1757-1827) si capiscono tempi tumultuosi, attraversati da rivoluzioni, guerre e movimenti che portarono la modernità in Europa. In tale contesto il lavoro di Blake non fu troppo considerato, davvero difficile l'abbinamento immagine-poesia, senza considerare la continua sfida alle convenzioni che gli creò non pochi problemi. Blake ritiene la Bibbia una fonte inesauribile di storie che, disancorate dal significato religioso e simbolico, contengono aberrazioni, storture, malvagità degne di una saga horror-gotica. Ostile alla chiesa, romantico per vocazione, visionario sperimentatore, Blake si forma alla Royal Academy rompendo però presto con lo stile pacificato del maestro Joshua Reynolds. L'amicizia con John Flaxman, la frequentazione di ambienti socialisti che lo spinsero a prendersi molta libertà anche nella vita privata, ad esempio proponendo alla moglie Catherine Boucher l'introduzione di una concubina nel loro ménage, la scoperta dell'incisione in cui si esalta la straordinaria abilità tecnica al servizio di un'inventiva fuori dal comune per rileggere in chiave fortemente simbolica alcuni capisaldi della letteratura classica: Dante, Chaucer, Shakespaere, Milton.

Tra i cosiddetti «highlights» della mostra, ci si deve soffermare sull'autoritratto del 1802, quando Blake aveva 45 anni oppure sui rarissimi dipinti di grande formato, scuri e tenebrosi come The Spiritual Form of Nelson Guiding Leviathan (1805-09). Sono pochi e sperimentali per l'evidente difficoltà di trasferire la minuziosa calligrafica su superfici così ampie rispetto alla carta. Ma Blake ha ambizioni pittoriche, vuole studiare la tecnica dell'affresco per rifarsi alla tradizione di Michelangelo e Raffaello, anticipando la moda del revival che esplose in seguito nell'Inghilterra vittoriana con i Preraffaelliti. C'è anche l'ultimo lavoro, uno tra i più noti, Ancient of Days (1827) che ha ispirato legioni di illustratori dal gusto metal. Super-iconica è la serie di dodici stampe terminata nel 1805, tra cui la celeberrima Newton, prodotta usando una forma sperimentale di monotipo, inchiostro e acquerello. Una collezione che mescola scienza, religione, mito e letteratura. Se la vorace curiosità e l'ambizione di misurarsi con qualsiasi linguaggio fu difficilmente compresa nel suo tempo, oggi Blake appare come un visionario precursore, psichedelico, folle e delicatamente oltraggioso. Artista a 360 gradi, capace di prendere il passato e farne arte contemporanea. Una ricetta che funziona ancora, secoli dopo.

sabato 6 giugno 2020

Loch Ness, svelato il mistero: "È veramente esistito, ecco cosa era"

tratto da Il Giornale del 5-9-2019

In una conferenza stampa che si è tenuta a Drumnadrochit, paese che si affaccia sul leggendario lago scozzese, un'equipe di scienziati neozelanesi ha rivelato una nuova scoperta

di Davide Bartoccini

Per l'equipe di scienziati non c'è dubbio: il mostro di Loch Ness è esisto, ma non si è mai trattato di un rettile marino preistorico gigante come la leggenda ha sempre voluto far credere.

Il team guidato dall’esperto di genetica Neil Gemmell, dell’Università di Otago in Nuova Zelanda, ha rivelato oggi di aver trovato tracce di Dna di una specie di anguilla che può raggiungere considerevoli dimensioni e che abitualmente abita il Mare dei Sargassi vicino alle esotiche isole Bahamas. Lì l'animale è solito generarsi e deporre di anno in anno le uova, prima di intraprendere lunghissime migrazioni che posso portarlo anche a una distanza di 5mila chilometri.

Nessun Pleisosauro dunque, nessuno squalo gigante della Groenlandia o creatura mitologica sconosciuta e sopravvissuta per chissà quanto tempo nelle profondità del lago fino a diventare leggenda in tutto il mondo; ma delle grandi anguille che secondo gli scienziati, dal mare delle Bahamas sarebbe migrate e avrebbe risalito fiumi e "loch", e che passando per quello che oggi è il canale di Caledonia, avrebbero raggiunto il lago di Loch Ness, dove gli abitanti l'avrebbero "avvistate" nei secoli, credendo che si trattasse sempre del medesimo esemplare poi battezzato come il nome di Nessie.

Questa è la spiegazione "biologica” e "scientifica" presentata oggi da una squadra internazionale di esperti all'attenzione degli inviati della stampa che hanno partecipato alla conferenza che si è tenuta a Drumnadrochit, paesino che affaccia sul lago e che ha sempre vantato il maggior numero di avvistamenti del "mostro". "Non possiamo escludere la possibilità che a Loch Ness ci siano anguille giganti e che la gente le abbia viste e descritte come il mostro del lago" ha affermato il capo del team che ha condotto la ricerca nel tentativo di sfatare definitivamente un mito perdurato per secoli e secoli. "Abbiamo usato la scienza per aggiungere un altro capitolo alla storia di Loch Ness" ha proseguito il capo del team, spiegando come in questi anni gli scienziati abbiano raccolto e analizzato oltre 250 campioni dell'acqua del lago gelido che raggiunge una profondità di oltre 200 metri, per estrarre 500 milioni di sequenze del Dna e avvicinarsi alla risoluzione nel mistero. Questa minuziosa ricerca ha rivelato come l'esistenza di una grande creatura marina nel lago sia quindi da considerarsi "plausibile", precisando però al contempo che non è stata rinvenuta alcuna traccia di creature quali balene, pesci gatto, squali preistorici e tantomeno dinosauri.

Possiamo dunque apporre, forse, la parola fine ad una leggenda che perdura dal 565 dopo cristo; quando una missionaria irlandese avrebbe raccontato di essersi imbattuta - per la prima volta - in animale gigantesco che abitava il fiume Ness. Da allora oltre mille casi hanno reclamato l'avvistamento della creatura; otto solo nell'ultimo anno, quando i più accaniti sostenitori della leggenda - che ha fatto accorrere turisti dai quattro angoli del mondo - hanno spiegato che surriscaldamento globale era certamente un complice nel far rivelare più frequentemente il mostro, abituato a nascondersi e nutrirsi nelle profonde e gelide acque dove si specchia il diroccato e affascinate castello di Urquhart.

mercoledì 3 giugno 2020

ORGOGLIO E PREGIUDIZIO DELLE MANGIA-ZOMBIE

tratto da L'Opinione del 6 aprile 2016

di Giuseppe Mele

Seth Grahame-Smith è lo scrittore americano che ha legato il suo nome alla rivisitazione in chiave horror delle grande letteratura e della Storia con la S maiuscola. Suoi l’“Abraham Lincoln: Vampire Hunter” del 2010, la serie dei tre “Orgoglio e Pregiudizio e Zombie” del 2009-11 e l’“Unholy Night” del 2012.

Sia la storia del presidente Lincoln, in realtà un vampiro che mangia i sudisti, o delle sorelle Bennet, guerriere ninja che combattono gli zombie con le arti marziali, che la vicenda di tre criminali che in una notte profana si fanno passare da re Magi davanti alla nascita di Gesù, non sembrano destinate ad assurgere alla grande letteratura, ma intanto sono le basi di fantastici bestseller. Libri di grande successo, pensati per non restare confinati in se stessi, ma utili a trasformarsi innanzitutto in film, poi in gaming, in app, in webserie e serial infiniti.

Orgoglio e Pregiudizio e Zombie”, in particolare, attesta quanto sia profondo, se non l’affetto, il rispetto ed il ricordo per i monstre della grande letteratura passata, alle cui forche caudine milioni di studenti si sono dovuti chinare. Ed al tempo stesso ribadisce che il pubblico contemporaneo occidentale, almeno quello anglosassone, non ammette quasi più nessun contenuto portante della narrazione dei secoli passati.

La scrittrice vittoriana, Jane Austen, resta amata solo a prezzo di storpiare del tutto la sua educazione femminile, i suoi maneggi, mentre le sue fanciulle si trasformano in tante arroganti tarantiniane Beatrix Kiddo, le cui arti di combattimento non sono frenate nemmeno dalle ingombranti vesti dello stile Impero. Con improbabili capriole mentali, gli uomini, in queste opere, proseguono a testa bassa nel loro maschilismo, effettiva caratteristica dell’epoca, restando scimuniti e imperturbabili di fronte alla continua sfida vittoriosa delle spose, sorelle, zie e mogli. Un loop infinito di superiorità femminile in cui ognuno resta se sesso ed ogni concordia appare un paradosso. A parte il femminismo progressista ed i combattimenti infiniti, croce e delizia del gaming, caratteristica principale di queste opere è il manicheismo del bene e male contrapposti solitamente con la parte del cattivo interpretata da subumani, quali mostri e zombie. Non sempre però: nel Lincoln il buono è il vampiro, il cui intervento impedisce la vittoria dei cattivi umani (sudisti).

Nel “Pride and Prejudice and Zombies”, stranamente sono i domestici ed i contadini i più soggetti a trasformarsi in morti viventi. E si rivelano illusione e trappola, i tentativi di dialogo tra bianchi aristocratici asserragliati nei castelli e gli zombie moderati che non mangiano uomini ma maiali. Facile qui l’accostamento con le tesi tradizionali dei moderati socialdemocratici o dei sostenitori della buona immigrazione ed immediata la soluzione proposta ai buoni lettori e cineappassionati. Sterminateli tutti, poiché sono solo mostri, sotto le spoglie di popolani immigrati, in nome della grande nobile conservazione. L’amara ed ineludibile sottomissione al primato femminile resta rimandata alla mattanza finale, che come in ogni gioco che si rispetti è per la puntata successiva.

I Grahame-Smith, colonne fondanti della tivù Usa, non rispettano le classiche regole aristoteliche e trasformano letteratura, cinema, pubblicità e gioco in un grande comics, senza il solidarismo popolare e la disapprovazione dell’egoismo della fantasy di un King. Propongono una filosofia semplice, alla Scott, ma senza re istituzionali da venerare nella realtà. Il basso livello d’entrata la fa sottovalutare da scuola e famiglie che non si avvedono quanto sia sempre più presente, nei games giocati dai ragazzi, nei film, nei libri popolari, nelle web series e nelle reinterpretazioni letterarie. Invece siamo, tra supereroi, lupi, vampiri e uomini bianchi, di fronte ad una nuova education, in linea con le attese del grande pubblico mondiale, sempre più manicheo ed infantile, che odia la banale veridicità, ma ama solo il proprio punto di vista ed agogna che qualcuno non si vergogni di darglielo.


sabato 30 maggio 2020

Una strana storia: la collana “romanzi occulti” di Dracula nata in guerra

in collaborazione con Simone Berni: https://www.cacciatoredilibri.com/una-strana-storia-la-collana-romanzi-occulti-di-dracula-nata-in-guerra/

21/05/2020

Una strana storia inizia sempre in maniera normale…

La genesi di un mito

Dracula, di Bram Stoker (Milano, Fratelli Bocca Editore, 1945), ossia la rarissima prima edizione integrale italiana del libro cult del ‘900 mondiale (anche se la prima edizione inglese è del 1897) è un libro che negli ultimi anni ha acquistato notorietà crescente fra i comprovenditori sulla rete. Ormai è praticamente impossibile che un esemplare venga ignorato o non riconosciuto in un mercatino e ceduto per pochi euro.

Come si sa, in Italia esce una prima volta (in forma non integrale) per l’editore Sonzogno di Milano nel 1922 con il titolo di Dracula: l’uomo della notte e c’è un errore nel nome dell’autore (Brahm invece di Bram). Traduttore: Angelo Nessi. La copertina è la stessa in pratica dell’edizione francese del 1920 e nel volto del vampiro c’è una pur vaga rassomiglianza con quella dell’edizione ungherese di Drakula del 1898, per conto dell’editore Jëno Rakosi di Budapest.

Due decenni più tardi (l’anno è il 1945) entrano in scena gli Editori Fratelli Bocca di Milano. Stavolta l’edizione viene tradotta integralmente, da Remo Fedi. Copertina color seppia con un pipistrello marrone rossastro in primo piano, all’interno di un rettangolo. Quest’edizione (una “edizione di guerra“) risente naturalmente del periodo storico: la guerra, le difficoltà economiche nelle quali versavano anche gli editori, non ultima la difficoltà nei rifornimenti di carta e materie prime. Si tratta, perciò, di copie dall’aspetto fragile, un po’ sbiadite, spesso sovra-inchiostrate. Ma che conservano inalterato tutto il loro fascino.

La collana
Ed eccoci al punto focale di questa segnalazione: la collana. Dracula di Bram Stoker esce per gli Editori Fratelli Bocca nella collana cosiddetta “Romanzi occulti“. Dracula risulta essere il numero 7 della serie. Gli altri sono tutti romanzi esoterici ed iniziatici, alcuni di estremo interesse. Si spazia dal Tibet, alla magia, all’occultismo in senso stretto. Una scelta di campo non casuale quella di aver inserito il romanzo di Stoker. La prima cosa che non si può far a meno di notare è che i romanzi, benché numerati, non risultano elencati in ordine cronologico. Per esempio, il romanzo numero 1 della collana è stampato nel 1945 ma il numero 2 è del 1944 e così via. D’altra parte, si parla qui di una strana storia, no? La spiegazione credo che risieda nel fatto che, alcuni volumi, inizialmente previsti per il 1945, e numerati di conseguenza, furono invece stampati nel 1944 e viceversa. I titoli di cui si è a conoscenza sarebbero 14, ma soltanto di 11 si ha la certezza che siano stati effettivamente pubblicati.

Ecco l’elenco completo delle pubblicazioni (comprese quelle dubbie):

1. Mipam: il Lama delle Cinque saggezze, di Lama Yongden; Alessandra David-Neel (Milano, Fratelli Bocca, 1945, stampa 1944). Su eBay a 14,90 €.
2. Il domenicano bianco, di Gustavo Meyrink (Milano, Fratelli Bocca, 1944). Su eBay a 55,50 €.
3. La notte di Valpurga, di Gustavo Meyrink (Milano, Fratelli Bocca, 1944). Su eBay a 30,50 €.
4. Magia d’amore e magia nera: il Tibet sconosciuto, di Alexandra David-Neel (Milano, Fratelli Bocca, 1945, stampa 1944). Su eBay a di 34,63 €.
5. Zanoni, di Edoardo Bulwer Lytton; versione dall’Inglese con note di Francesco Cusani (Milano, Fratelli Bocca, 1945; 2° ed. nel 1952 ). Su eBay a 49,99 € – e a 7,50 €.
6. L’idillio del loto bianco, di Mabel Collins (Milano, Fratelli Bocca, 1944, stampa 1945). Su eBay a 20,50 €.
7. Dracula, di Bram Stoker ((Milano, Fratelli Bocca, 1945; 2° ed. nel 1952).
8. La sacerdotessa di Iside, di Edoardo Schuré (Milano, Fratelli Bocca, 1946). Su eBay a 19,50 €.
ex 8. L’angelo della finestra d’occidente, di Gustavo Meyrink; traduzione e introduzione di Julius Evola (Milano, Fratelli Bocca, 1949). Su eBay a 30,50 €.
9. Il fiore e il frutto, di Mabel Collins (Milano, Fratelli Bocca, dopo il 1949 oppure mai pubblicato).
10. (ma poi 9.). Il medico miracoloso: John Silence, di Algernon Blackwood (Milano, Fratelli Bocca, 1946). [Il medico meraviglioso] Su eBay a 35,40 €.
11. Romanzo senza parole: viaggio in astrale in venti notti successive, di Angiolo Biancotti (Milano, Fratelli Bocca, 1949). Su eBay a 15 €.
11bis. L’amante del Diavolo, di J. W. Brodie-Innes (Milano, Fratelli Bocca, dopo il 1949 oppure mai pubblicato).
12. Una strana storia, di Edward Bulwer-Lytton (Milano, Fratelli Bocca, dopo il 1949 oppure mai pubblicato).


Alcune curiosità

Uno dei titoli più misteriosi della collana è senz’altro il n. 9 (o meglio, che avrebbe dovuto essere il n. 9 – al posto de Il medico miracoloso), cioè: Il fiore e il frutto, di Mabel Collins (Milano, Fratelli Bocca, dopo il 1949 oppure mai pubblicato). Nessuna traccia, né sul sistema bibliotecario né sui canali di vendita. Il titolo in inglese è: The Blossom and the Fruit. A True Story of a Black Magician. Un romanzo sovrannaturale inquietante scritto nel 1887 che, si dice, fosse poi continuato da Madame Blavatsky, la nota medium e sensitiva di origine russa. Salvo sviste, o cambi di titolo radicali, il libro non sembrerebbe mai essere stato pubblicato in italia.

Poi c’è (o meglio, non c’è) L’amante del Diavolo, di J. W. Brodie-Innes (Milano, Fratelli Bocca, dopo il 1949 oppure mai pubblicato). Doveva essere il numero 11 della collana, secondo le intenzioni, ma non sembra essere mai uscito. John William Brodie-Innes (1848-1923) fu un membro di spicco dell’Ordine Ermetico del Tempio Amen-Ra della Golden Dawn di Edimburgo. Il libro era probabilmente la traduzione di The Devil’s Mistress, uscito in Inghilterra nel 1915. Il romanzo è ambientato nel 1600 ed è la storia di Isabelle Goudie, una contadina, con una vita noiosa e senza prospettive, fino a che il Diavolo entra nella sua esistenza. Prima di rendersene conto, Isabelle è innamorata e bramosa del Re delle Tenebre. E anche lui è colpito da Isabelle, i cui poteri spirituali completano perfettamente la sua divinità nera. Anche questo libro, non sembra mai essere stato pubblicato in Italia.

Ed eccoci a Una strana storia, di Edward Bulwer-Lytton (Milano, Fratelli Bocca, dopo il 1949 oppure mai pubblicato). Doveva essere il n. 12 della collana, ma se ne sono perse completamente le tracce, fino al 2019 quando il libro è uscito in Italia, per l’editore romano Settimo Sigillo, con un saggio introduttivo di Fabio Venzi. Dalla scheda editoriale:

“In questo romanzo l’autore ritorna sui temi trattati in Zanoni: il mesmerismo, la chiaroveggenza, l’ipnotismo, la visione di fantasmi e, soprattutto, l’occultismo. Ispirato da un sogno, il romanzo narra le vicissitudini di un dottore, Allen Fenwick, che si oppone al suo rivale, il dottor Lloyd, sostenitore delle teorie e dottrine di Mesmer. Il corso degli eventi lo porterà a rivedere la sua posizione ed in particolare ad accettare che l'”anima” è qualcosa di separato dall’esistenza corporale. Fenwick percorrerà così un vero e proprio percorso iniziatico, un “rito di passaggio”, alla scoperta di se stesso e dei “misteri” della vita. Una strana storia, dopo Zanoni e La Razza ventura, che completa la trilogia dei romanzi occultisti di Bulwer-Lytton.”

mercoledì 27 maggio 2020

L’ARTE DELL’ALCHIMIA IN MOSTRA A CUNEO

tratta da L'Opinione del 09 agosto 2019

di Dalmazio Frau

Nessun “dialogo” ma soltanto il silenzio ermetico del Mutus Liber dell’Arte Alchemica, è presente nella splendida mostra Ars Regia, in questi giorni a Palazzo Taffini d’Acceglio dove resterà aperta al pubblico sino al prossimo gennaio, a Savigliano in provincia di Cuneo.

Ne è artefice e curatore sopraffino Enzo Biffi Gentili, noto e attento conoscitore di arti applicate, al quale si deve già il successo de Il Cuneo gotico, Artieri fantastici realizzato sempre nella Granda negli anni passati. In questa sua nuova mostra si tratta un argomento affascinante che ha impegnato lungo i secoli personaggi famosi e ignoti, nobili, ricchi e gente del popolo: l’Alchimia. Quell’arte regale e spirituale che tanto ha a che vedere con le Arti, ritenuta originaria dell’antico e misterioso Egitto e giunta sino a noi attraverso i sogni del Medio Evo e del Rinascimento, giù nell’età barocca, nel Secolo dei lumi, nell’Ottocento romantico e di là sino ai giorni nostri senza mai aver perduto il proprio affabulante mistero.

Biffi Gentili ha voluto una mostra colta e raffinata ma anche per tutti coloro che, più o meno sapienti, abbiano almeno una volta nella loro vita sentito narrare della Pietra Filosofale o dell’Elisir d’immortalità. Un’operazione artistica e culturale unica oggi nel nostro Paese, questa di Ars Regia, che conduce il visitatore, curioso o incuriosito, a scoprire le terre della dinastia di Casa Savoia, spesso ammantate di miti e di mistero, quella stessa dinastia che vide dal XIV secolo al primo Settecento, un notevole interesse nell’Arte Regale da parte dei propri alchimisti di corte.

Sono nelle belle sale di Palazzo Taffini d’Acceglio, in mostra le opere pittoriche di Pinot Gallizio, lo spagirista paracelsiano discepolo novecentesco dell’Abate Tritemio, come fu discepolo di questi nel convento di Sponheim in Germania, uno dei più grandi teurghi del Rinascimento: Enrico Cornelio Agrippa.

Gallizio è un artista contemporaneo oggi scomparso, ma proprio per questo rinnova nella propria arte pittorica il pensiero e la dottrina filosofica della Grande Opera con i suoi studi che si rifanno direttamente agli insegnamenti di Fulcanelli, l’alchimista sfuggente che rivelò al pubblico i misteri delle cattedrali gotiche e delle Dimore Filosofali.

Una mostra “sensoriale” dunque, che coinvolge il visitatore anche con i profumi oltre che con la vista e il tatto in un percorso, quasi un cammino iniziatico, suddiviso in otto singolari tappe: Le esequie alchemiche; L’anticamera ardente; Nel crogiuolo della Granda; Sei artieri ermetici; Un Oratorio “eretico”; Alla ricerca dell’oro ceramico; L’aroma del Sacro; Le alchimie ludiche.

Tutte queste diramazioni, otto vie ermetiche che conducono a un’unica Verità sapienziale, in realtà sollevano nuovi enigmi, ulteriori misteri da rivelare da parte di tutti coloro che avendo anima, spirito e corpo ancora vivi, non hanno timore a fare un passo oltre la Soglia del conosciuto in cerca del Sole di Mezzanotte.

sabato 23 maggio 2020

I LUOGHI LEGGENDARI RACCONTATI DA ECO

tratto da L'opinione del 31 ottobre 2015

di Giuseppe Talarico

Esistono libri singolari che riescono a suscitare nell’animo del lettore sensazioni di stupore e meraviglia. Appartiene a questa categoria di opere letterarie, l’ultimo saggio di Umberto Eco, pubblicato dall’editore Bompiani con il titolo “Storia delle terre e dei luoghi immaginari”. Il volume è impreziosito da una vasta raccolta antologica, che conclude ognuno dei quindici capitoli da cui è composto, e da illustrazioni raffinate che riproducono i quadri e le immagini che sono stati ispirati dalle credenze e dalle illusioni sorte intorno ai luoghi immaginari e leggendari. Nella prima parte del libro, di gradevole lettura per la chiarezza della scrittura con cui il maestro Umberto Eco ha scritto i saggi in esso contenuti, viene riassunta e raccontata la leggenda legata alla esistenza del regno degli Antipodi.

Infatti secondo questa leggenda, poiché la terra era considerata piatta, si credeva che dall’altra parte del pianeta vi fosse un altro regno, in cui le persone vivevano in posizione capovolta. Eco, a questo proposito, osserva che già nel mondo antico, come risulta dai testi dei presocratici Parmenide e Pitagora, si conosceva la forma sferica della terra. In ogni caso del regno degli antipodi ne hanno parlato Virgilio nelle Giorgiche, Lucano nella Pharsalia, Plinio nella Storia Naturale. A differenza di quello che si crede, già nel medioevo, malgrado fosse prevalente la concezione tolemaica, si sapeva della forma sferica della terra. Nelle prima parte, citando le origini del popolo ebraico e le famose dodici tribù e quella di Giuda, a cui si deve la fondazione di Gerusalemme, Eco ricorda come lungo i secoli si è cercato di capire e conoscere quale forma architettonica avesse il primo tempio di Gerusalemme, famoso per il suo splendore e la sua bellezza, distrutto da Nabuconodosaor nel 586 A.C. Intorno al regno di Salomone, famoso per essere un luogo ricco e piacevole quanti altri mai, è sorta una leggenda. Giunta in questo luogo, la regina di Saba pare che non lo abbia più abbandonato e si sia convertita all’Ebraismo.

Ma da dove proveniva la regina di Saba? Su questo punto, seguendo le sue ricerche di grande erudito, Eco fornisce molte notizie ed interpretazioni. Si suppone che la Regina di Saba provenisse dall’Etiopia, in Africa, terra che in questo periodo storico pare fosse un Paese nel quale regnassero il benessere e la ricchezza. Molto belle ed indimenticabili sono le pagine nelle quali Eco ripercorre i luoghi descritti da Omero nella Odissea. Ricorda lo studioso come lungo i secoli si sia tentato di stabilire dove si trovassero l’isola di Ogigia e quella dei Feaci, nelle quali Ulisse visse parte della sua lunga avventura umana. Per alcuni studiosi questi luoghi descritti da Omero erano nel mediterraneo, per altri come Felice Vinci in realtà Ulisse avrebbe compiuto il suo lungo viaggio nel nord dell’Europa, precisamente nel Baltico. Per evocare le leggende sorte intorno al mondo Orientale, Eco richiama ampi brani del Romanzo di Alessandro, nel quale vi è una precisa descrizione delle creature mostruose e dei luoghi ignoti e selvaggi e mirabolanti scoperti dal grande conquistatore macedone, durante le sue imprese belliche.

Nel libro della Bibbia Genesi vi è il racconto del paradiso terrestre, da cui furono esiliati Adamo ed Eva. Ora anche nella cultura greca, come risulta dall’opera letteraria di Esiodo le Opere ed I Giorni, esisteva la credenza che vi fossero i regni felici di Crono e Saturno, nei quali era assente la sofferenza, la ingiustizia, il male ed il dolore umano. A questo proposito, in questa parte del libro, Eco giustamente osserva che la inclinazione della mente umana a vagheggiare terre meravigliose e luoghi paradisiaci nasceva dalla constatazione che il mondo reale è sempre stato, durante la storia umana, per molti aspetti deludente e imperfetto, perché incapace di assicurare la libertà e la felicità agli uomini. Il mito di Atlantide, la grande isola che si sarebbe inabissata nelle profondità del mare, è stato raccontato da Platone in due suoi celebri dialoghi, il Timeo ed il Crizia. Di questa leggendaria isola hanno parlato nelle loro opere sia Tertulliano sia Plutarco nella vita di Solone. Lungo i secoli continui e reiterati sono stati i tentativi di individuare la posizione geografica di Atlantide. Per alcuni si trovava oltre il territorio Spagnolo, per altri in luoghi geografici diversi. Intorno al mito legato alla leggenda di Atlantide è sorta una vasta letteratura occultistica.

Molto interessante sul piano culturale è il capitolo dedicato alla lettera famosa del prete Gianni, di cui Marco Polo ha parlato nel suo libro il Milione. Proprio il regno del Prete Gianni, secondo la interpretazione di Umberto Eco, ha favorito le esplorazioni geografiche intorno nell’Asia ed in Africa, consentendo agli uomini del tempo di approdare su terre sconosciute. Molto bello è il racconto di Thule e degli Iperborei. Secondo questa leggenda, la culla della civiltà dovrebbe essere identificata con il Nord Europa. Infatti da queste terre, nel mondo antico, sarebbero discese le popolazioni evolute e superiori, le quali, una volta pervenute nel mare Egeo, avrebbero dato vita alla fondazione della cultura classica. Al mito degli Iperborei è legata la convinzione che vi siano razze umane superiori ed altre inferiori, i popoli situati nel mediterraneo e nel Sud dell’Europa. Questa legenda ha alimentato la idea, coltivata dai nazisti, che vi sia la possibilità di dimostrare la superiorità e purezza della razza ariana. Sul santo Graal nel libro il lettore troverà le pagine più belle ed emozionanti. Secondo una leggenda il Santo Graal sarebbe il calice in cui è stato raccolto il sangue di Cristo, dopo la sua crocifissione. Secondo un’altra e diversa interpretazione di questa leggenda, il sacro Graal si riferisce alla dinastia che sarebbe discesa da Gesù di Nazareth.

Gesù, in base a questa leggenda, sarebbe sopravvissuto alla crocefissione. Con Maria Maddalena avrebbe raggiunto la Francia, dove sarebbero nati i suoi figli, da cui avrebbe preso origine la dinastia Merovingia. Questa leggenda del Sacro Graal è legata ad un luogo specifico, l’abazia di Rennes-Chateau situata in Francia, ed al racconto leggendario del Priorato di Sion, in cui sono coinvolti i Templari ed i Rosacroce. Belle e indimenticabili le pagine nel libro in cui viene descritta l’Utopia, che designa il luogo che non c’è e non esiste, ed il modo in cui è stata rappresentata e vagheggiata nelle opere di Tomas More, da Tommaso Campanella nella Città del sole, da Platone nel libro la Repubblica. Nel Capitolo finale Eco, da grande intellettuale, in un saggio bellissimo evoca i luoghi letterari presenti in alcune grandi opere come le Città Invisibili di Itali Calvino, il Deserto dei Tartari di Dino Buzzati, l’Aleph di Luis Borges, l’Isola del Tesoro di Stevenson. Il lettore di queste opere letterarie, in base a quello che Eco chiama il contratto funzionale, è consapevole che questi luoghi sono inesistenti.

Tuttavia, proprio perché intuisce il valore conoscitivo del linguaggio basato sulla finzione letteraria, si pone rispetto ad essi, per coglierne il valore simbolico, come se siano realmente esistiti. Un libro questo di Eco, grazie al quale è possibile sia cogliere il legame che vi è tra le leggende del passato e le credenze che hanno alimentato lungo i secoli sia quanto sia difficile distinguere ciò che è vero da ciò che è falso nel racconto che la storia ci propone del passato.