martedì 12 giugno 2012

NUOVO ORDINE MONDIALE E VISIONE SPIRITUALE DEL MONDO - 2 Parte

Piero Cammerinesi (coscienzeinrete.net)


per leggere la 1° parte clicca qui

Ora è il turno della Siria e prossimamente lo sarà dell’Iran.

Il progetto di demonizzazione dell’Islam – a parole naturalmente tale demonizzazione viene puntualmente negata – ed il mito del Clash of Civilizations (scontro di civiltà) di Samuel Huntington sono stati abilmente messi in atto da decenni ed oggi iniziano a dare i loro risultati, con maggioranze silenziose qui negli USA pronte ad appoggiare altre guerre di espansione, una volta chiamate ‘guerre giuste’ ed oggi divenute, quasi per magia, ‘guerre umanitarie’.
Il concetto di guerra umanitaria o di terroristi - che quando combattono dalla propria parte sono patrioti e quando sono dalla parte avversa diventano terroristi - sono il risultato di una profonda ‘contaminazione’ del linguaggio che è stato piegato alle esigenze dell’Impero, il quale non può rischiare di vedere le proprie scelte inficiate da un eventuale mettersi di traverso di un’opinione pubblica che chiami le cose con il loro nome, che con il termine guerra intenda morte, distruzione, fame, ingiustizia. Allora se la chiamiamo guerra umanitaria mettiamo in primo piano il bene che si pretende di perseguire, così che il termine guerra evocherà al massimo un riferimento ai collateral damage, ai danni collaterali.

Oggi la “guerra globale al terrorismo viene presentata come ‘scontro di civiltà’, una lotta tra valori e religioni in competizione, mentre in realtà si tratta di una pura e semplice guerra di conquista, determinata da obiettivi strategici ed economici”.[1]

Che poi sono l’assicurare – sotto la direzione della Banca Mondiale e dell’IMF, il Fondo Monetario Internazionale – agli USA ed ai loro alleati il controllo delle fonti di energia, la privatizzazione delle aziende di proprietà statale ed il trasferimento delle risorse economiche dei Paesi aggrediti nelle mani del capitale straniero.

Ora però – con le recenti vicende di Siria e Iran - per la prima volta negli ultimi decenni questa incontrastata espansione sembra venir ostacolata dall’opposizione combinata di Russia e Cina. Allora ai proclami di guerra si sostituisce il subdolo alimentare la guerra civile interna con la speranza che un altro regime sgradito – o non più gradito - all’Impero venga rovesciato da improbabili ‘primavere arabe’, come è già accaduto nel caso di Tunisia, Egitto e Libia.

Tutta l’attenzione continua comunque a essere sistematicamente indirizzata verso l’esterno, mentre all’interno degli USA sono in continuo aumento le misure antidemocratiche e le limitazioni delle libertà individuali, con la militarizzazione della polizia, i poteri praticamente illimitati attribuiti da Obama alla Homeland Security, con il rinnovo quadriennale, nel 2011, del Patriot Act che sancisce la legalità di arresti, torture e finanche di uccisioni di cittadini americani se richiesto dalla ‘sicurezza nazionale’ nonché di controllo – meglio dire spionaggio - pressoché assoluto sull’intera popolazione.

Tutto ciò fa pensae che qualcosa stia vigorosamente spingendo le élite dominanti ad accelerare la realizzazione del progetto del NWO attraverso sempre più manifesti processi di controllo e di mistificazione degli eventi a livello mondiale.

Probabilmente questo è dovuto a due ordini di fattori.

Prima di tutto all’aumento esponenziale delle persone che – grazie ad Internet – riescono ad informarsi in tempo reale di quanto accade nel mondo, sfuggendo alle ‘sirene’ del mainstream, da anni ormai quasi completamente embedded.

In secondo luogo al ‘risveglio interiore’ di molte persone che iniziano a prendere posizione – interiormente ed esteriormente – contro la realizzazione del progetto del NWO, che sta palesemente trascinando l’umanità su una china disastrosa.

Gli effetti della crisi economica del 2008 stanno infatti palesando le contraddizioni del liberismo assoluto - che ha di fatto deificato il ‘Mercato’ ponendolo al di sopra di ogni valore umano – mostrando il vero volto del progetto di un Nuovo Ordine Mondiale.

udolf Steiner affermò espressamente, nel lontano 1919, che “l’elemento anglo-americano potrà certamente conseguire il dominio mondiale ma senza la tripartizione della società tale dominio inonderà il mondo con la malattia e la morte della cultura[2].

Vale a dire che senza la ‘correzione’ dell’idea della tripartizione dell’organismo sociale il modello anglosassone non porterà che degradazione alla cultura umana.

Quali sono dunque, alla luce di queste indicazioni, le conseguenze per l’umanità di questo modello in termini di sofferenza per la vita umana?

Il capitalismo sfrenato, il consumismo, la globalizzazione, l’inquinamento, la diffusione capillare della droga, la volgarizzazione della cultura, sostituita dal culto delle immagini televisive, l’apparire a scapito dell’essere.

Il perpetuarsi di vastissime sacche di miseria e di degradazione e l’incessante ricorso alla guerra e alla sopraffazione di chi non segue gli stessi principi sociali o politici. 

Come non riconoscere negli eventi di oggi le avvisaglie di quella ‘terza prova’ cui alludeva Massimo Scaligero come a una necessaria correzione al deragliamento della cultura occidentale: “Questa contraddizione giunta collettivamente
al limite, ormai per la seconda volta, nell'attuale secolo, conoscerà la sua istanza risolutiva nei prossimi decenni quando si presenterà la terza prova: la quale  è virtualmente cominciata e pesa ormai su ciascun essere umano, come segreta angoscia, come segreta paura, come senso d'inutilità e senso di impotenza.”[3]

Il senso di angoscia che pervade – ormai da decenni – le popolazioni umane è stato creato ad arte dalle élite dominanti per mantenere le persone in uno stato di continua soggezione, di paura di perdere quanto si è acquisito - quando non la vita stessa - sempre per colpa dell’altro: il bolscevico, il brigatista, il terrorista…

Quale via d’uscita?


L’unica possibile; quella della consapevolezza e della lucidità sempre maggiori di chi intraprende con serietà un percorso spirituale.

Quella di un’azione interiore e di una trasformazione progressiva di se stessi in accordo con la lucida comprensione dei segni dei tempi.

Senza trascurare la pervicace tenacia nell’indagare ogni aspetto della nostra vita – compresa la politica, la storia e l’economia - alla luce della conoscenza spirituale, che deve divenire il nostro fedele strumento di conoscenza sia del Mondo spirituale sia di quello fisico.

“L'ora presente – scrive Massimo Scaligero - è grave: non è una espressione retorica, questa. Chi conosce come realmente stiano le cose, sa che quei pochi che hanno una qualunque responsabilità interiore, non dovrebbero ormai perdere più un minuto di tempo, non dovrebbero più rimandare di un attimo la loro decisione per quei superamenti che in segreto essi veramente conoscono di quale natura debbano essere”.[4]




[2] Rudolf Steiner, O.O.194 La missione di Michele - La manifestazione dei segreti dell’essere umano
[3] Massimo Scaligero, Iniziazione e Tradizione, pag.42
[4] Ibidem

domenica 10 giugno 2012

NUOVO ORDINE MONDIALE E VISIONE SPIRITUALE DEL MONDO - 1 Parte

Piero Cammerinesi (http://coscienzeinrete.net)


”Si è alla vigilia di eventi che possono essere gravemente distruttivi per l'uomo o preludere a una rinascita nel segno dello Spirito”.

Massimo Scaligero, Iniziazione e Tradizione

Houston, 8 maggio 2012

Chi ritiene di percorrere un sentiero spirituale ha il dovere di non confinare tale attività solo nella parte più intima della propria individualità.

Al contrario, deve misurarsi costantemente con il mondo esteriore, deve imparare a interpretarne le dissonanze e gli enigmi mediante le conoscenze e le capacità acquisite grazie al lavoro interiore.

È l’uomo intero a percorrere un sentiero spirituale, non solo la sua testa.

Il fatto che la testa sovente rifugga dal ‘contaminare’ la pura riflessione spirituale con la contraddittorietà spesso incomprensibile del mondo esteriore, con la presunzione di mantenere ‘puri’ determinati contenuti – non messi al vaglio della realtà esteriore – fa pensare alla pretesa dell’eremita di aver vinto le tentazioni della carne solo per il fatto di non essersi più allontanato dal proprio eremo.

Al contrario, misurare le proprie esperienze interiori e le proprie conoscenze con la poliedricità del mondo esteriore insegna a guardare alla totalità del mondo – e non solo alle verità ‘protette’ di cui ci siamo appropriati - come επιφανεια, manifestazione del divino.

Una di queste realtà – forse la più complessa perché a sua volta ‘contaminata’ da istanze personalistiche – è quella politica, che ci riesce difficile da osservare nel suo insieme e soprattutto da interpretare alla luce del sentiero spirituale, perpetuando in tal modo dentro di noi la nefasta separazione di scienza e religione.

Un argomento politico poco noto alle grandi masse ma particolarmente attuale per le nuove generazioni di utenti del web è quello del NWO o Nuovo Ordine Mondiale.

Il fatto che quest’argomento sia quasi esclusiva di autori o divulgatori spesso poco attendibili, ha fatto sì che esso, sin dall’inizio, venisse giudicato dai frequentatori del mainstream come una fantasia complottista.

In tal modo si muovono le opinioni umane e non è peregrino ipotizzare che le stesse vengano indirizzate sapientemente da chi sa come conseguire i propri obiettivi attraverso la manipolazione delle masse.

La ‘banalizzazione’ di questo progetto e il suo venir praticamente monopolizzato da parte di correnti ‘alternative’, new age e ‘complottiste’ ne ha di fatto svuotato, agli occhi della pubblica opinione, le caratteristiche di estrema autenticità e di inquietante pericolosità.

Il NWO nasce dalla convinzione anglo-americana di aver dato vita, con la nascita degli USA, ad un Paese con un destino unico e provvidenziale.
Una luce tra le Nazioni, un modello di civiltà, libertà e democrazia, una speranza per tutti i popoli in difficoltà, come efficacemente simboleggiato dalla statua della libertà. Dopo la II guerra mondiale questa convinzione, nutrita all’interno dei circoli anglosassoni – occulti e non – è stata di fatto ‘esportata’ in tutto il mondo diventando in qualche modo una verità assodata per tutti.

In fondo, come sosteneva Goebbels, una menzogna ripetuta all’infinito diventa verità…
L’american dream, la musica, l’abbigliamento, la politica, la cultura, tutto è espressione dell’eccezionalità nordamericana.

Gli Stati Uniti d’America rappresentano per i circoli che coltivano il NWO - e il New American Century - la civiltà che ha raccolto l’eredità dell’Impero Romano.

E le similitudini - per singolare che ciò possa apparire – non mancano: basti pensare che il primo appezzamento di terreno su cui sorse Washington DC si chiamava Rome ed il proprietario era un certo signor Pope! Ma non è tutto; vi scorreva all’interno un fiumiciattolo, che si chiamava, guarda caso…Tiber!
L’eredità imperiale, cosmopolita, culturalmente e militarmente dominante della Roma imperiale viene dunque raccolta dal nuovo Stato, nato dagli ideali massonici della ‘Terra promessa’; una ‘New Rome’ a partire dalla Gran Bretagna e dall’America, un Impero mondiale, un ‘pensiero unico’ ed uno stile di vita globale.
“A tale fine nacque una nuova nazione, gli Stati Uniti d’America, il primo ‘Stato mondiale’, costituito da immigranti provenienti da ogni parte del mondo invece che da una sola comunità etnica; una nuova Atlantide com’era intesa dall’occultista britannico dell’era elisabettiana John Dee, consigliere della Regina Vergine e da Francis Bacon, Cancelliere di Guglielmo I e sostenuta dall’élite scientifico-sacerdotale”.[1]

Francis Bacon vagheggiava una ‘Nuova Atlantide’ in cui l’America del Nord sarebbe stata guidata da un élite di scienziati-filosofi – il che nel linguaggio odierno comprenderebbe uomini d’affari, avvocati, docenti universitari etc. – interamente rivolta al materialismo ed al profitto. Un Novus Ordo Seclorum destinato a dominare il mondo in opposizione al vecchio ordine rappresentato dall’Oriente, con la sua oligarchia di sacerdoti-politici. Lo stesso Alexis de Tocqueville così si espresse, negli anni ’30 del XIX secolo sull’emergente potenza americana: “Sto mettendo a fuoco le nuove caratteristiche in cui il dispotismo può presentarsi nel mondo. La prima cosa che colpisce è la visione di una quantità innumerevole di persone – tutte simili e identiche – che si affannano a procurarsi i piaceri più meschini e insignificanti con i quali riempire le proprie esistenze. Ciascuno di loro, vivendo separatamente è estraneo al destino degli altri; i suoi figli e i suoi amici più stretti rappresentano per lui l’intera umanità. Quanto al resto dei suoi concittadini, sono accanto a lui ma lui non li vede; li tocca ma non li sente; lui esiste in se stesso e solo per se stesso; se gli resta la sua famiglia non può dire in nessun caso di aver perso il proprio Paese. Al di sopra di questa popolazione umana si trova un immenso potere tutorio che si arroga il diritto di assicurare loro le gratificazioni e di controllarne il destino. Questo potere è assoluto, capillare, regolare, previdente e delicato. Potrebbe assomigliare all’autorità di un genitore se - come nel caso di un genitore - l’obiettivo fosse quello di preparare i giovani alla maturità ma, al contrario, esso cerca di mantenerli in una fanciullezza perpetua; è ben contento che il popolo sia felice a patto che esso non pensi a nulla se non a essere felice”.[2]
Potremmo addirittura far risalire il germe del NWO all’XI secolo, allorché i Normanni conquistarono la Gran Bretagna e la Sicilia, ponendo nel popolo anglosassone il principio del materialismo destinato a gettare le basi del ‘Nuovo Mondo’.
Le società segrete britanniche e successivamente anglo-americane hanno costantemente lavorato per porre il mondo intero sotto il giogo del materialismo.

Da quest’autoinvestitura - e dal conseguente obiettivo di una dominazione mondiale anglo-americana - alla propensione a considerare lecita la propria missione di ‘esportatori’ di civiltà e democrazia il passo è breve ed è passato attraverso la creazione della Società delle Nazioni prima e delle Nazioni Unite poi.

Tutte le ‘creature’ di questa civiltà sono state ideate per assolvere al loro compito, vale a dire quello di asservire il mondo intero ai propri interessi.
In fondo il principale obiettivo di qualsiasi Impero è quello di mantenersi tale.
Il liberismo economico sregolato, il consumismo fine a sé stesso, la globalizzazione, l’onnipotere dei media sono tutte istanze che portano allo svilimento dell’uomo che – ridotto a consumatore - viene privato della sua dimensione spiritualmente libera.

Nonostante il mondo americano faccia un uso sfrenato della parola libertà, le sue azioni hanno regolarmente tradito tale ideale, inizialmente all’esterno dei propri confini ed oggi anche all’interno.
“Cos’è la libertà per un americano? Quello che gli serve a render la vita più comoda possibile. Chiama libertà quello che deve intrecciarsi con l’ordine sociale in modo che ciascuno possa procedere nel migliore dei modi nel mondo esteriore. Libertà per gli americani è un prodotto utilitaristico”.[3]

Il compito che il NWO si è assunto è stato sin dall’inizio – una volta eliminata l’influenza spiritualmente equilibrante dell’Europa centrale con due guerre mondiali - quello di dominare il mondo raccogliendo il testimone della civiltà romana e dedicandosi all’‘educazione’ dello spirito russo.
I programmi dell’Ovest anglo-americano – come rileva Rudolf Steiner nel primo Memorandum del 1917 – sono “illusori e fittizi”, parlano di libertà ma rendono impossibile la vera libertà al resto del mondo trasmettendo l’impressione che solo loro siano in grado di fare qualcosa per la salvezza del genere umano.[4]

“La metà di questo secolo [il XX] sarà un momento molto significativo.
(…) Infatti questo dominio del materialismo porta al tempo stesso in sé il germe della distruzione. La distruzione che è iniziata non si fermerà. (…) E la responsabilità di tutto ciò ricadrà su quella parte cui spetterà il dominio mondiale”.[5]
Dalla metà del secolo XX, finito il secondo conflitto mondiale, chi non si assoggetta al progetto del NWO ha, infatti, due sole prospettive: vivere nel terrore o venir distrutto.
Il terrore dei comunisti durante la guerra fredda prima, il terrore dei cinesi e dei coreani poi, degli arabi oggi.  Angosce create ad arte e diffuse capillarmente nelle popolazioni mondiali per impoverire il tessuto animico e per inibire possibili reazioni. Come previsto da Orwell nel suo 1984 la pratica dell’odio e della paura rende le masse manipolabili.

Oppure la distruzione: la distruzione dell’Afghanistan, dell’Iraq, della Libia, di tutti gli Stati sovrani che non si sono piegati al loro disegno di predominio mondiale.

Lo stesso progetto europeo è stato sostenuto e promosso instancabilmente dagli USA con la finalità evidente di portare l’intera Europa sotto l’ala protettrice dell’aquila americana e della NATO e alleata all’Orso russo - nel frattempo addomesticato con il consumismo - per contrastare quella che sarà la vera sfida del XXI secolo, come la Germania lo fu nel XX: la Cina. Facile intravedere dietro questo disegno strategico “la costruzione di un nuovo Impero Romano globale bastato sull’unione euro-americana, che servirà in modo esemplare da veicolo all’incarnazione di Ahriman, lo Spirito che si prefigge di dominare il mondo intero per trasformarlo nella sua ‘mente collettiva’. La massoneria ha portato proprio a questo: la creazione di un Impero Romano globale di materialismo”.[6]



[1] Terry Boardman, Rome and Freemasony. The greatest irony. http://www.monju.pwp.blueyonder.co.uk/NWO11.htm
[2] Alexis de Tocqueville, Democracy in America
[3] Rudolf Steiner, O.O.157 Destini umani e destini del popoli
[4] Rudolf Steiner, O.O.24 I Memorandum del 1917. Tilopa, 1991. Pag.33
[5] Rudolf Steiner, O.O.194 La missione di Michele - La manifestazione dei segreti dell’essere umano
[6] Terry Boardman, Rome and Freemasony. The greatest irony. http://www.monju.pwp.blueyonder.co.uk/NWO11.htm

mercoledì 6 giugno 2012

BRUNILDE E ROSASPINA: MITI E FIABE INDOEUROPEE

tratto da L'Indipendenza

http://www.lindipendenza.com/brunilde-rosaspina-cerchio/

di REDAZIONE
Relegate spesso al mondo dell’infanzia, le fiabe rievocano da sempre l’immagine della nonna e dei bambini davanti al focolare durante le fredde e lunghe notti d’inverno. Le fiabe popolari non nascono dalla fantasia di un autore, noto o anonimo che sia, ma sono il frutto di una lunga serie di storie raccontate e ripetute nel corso degli anni, variegate in mille piccole sfumature. Affondano le loro radici profonde nel fertile terreno di miti e leggende. La raccolta di fiabe dei fratelli Grimm è forse l’esempio più eccellente. Perché si usa la bacchetta magica per produrre un incantesimo o lanciare un maleficio?
Chi sono le fate che si presentano alla culla di Rosaspina, la bella addormentata? Come fanno i nani ad abitare dentro la roccia? Perché gli animali riescono a parlare e ad essere compresi dagli uomini? Come si fa a diventare invisibili? Perché non si deve sapere né pronunciare il nome di esseri terribili? Molte saranno le domande che sorgeranno nel corso della lettura di questo saggio che si propone di rintracciare e approfondire le origini di personaggi, situazioni ed episodi entrando nel mondo variopinto ed affascinante delle mitologie di matrice indoeuropea, con particolare attenzione a quelle appartenenti ai popoli che un tempo abitavano le terre germaniche: Celti e Germani, che si sono poi spinti verso Ovest e verso Nord creando le meravigliose culture irlandesi, gallesi e nordiche. Si scoprirà così che nulla è raccontanto per caso, ma che il piccolo particolare a cui non prestiamo attenzione è in realtà un riflesso di antiche leggende e miti indelebili nelle culture di questi popoli.
Prefazione di Paolo Gulisano. Dal Mito alla Fiaba
Nel corso del Novecento è stato possibile assistere ad un fenomeno letterario interessante e sorprendente: il ritorno nella narrativa del Mito e dell’Epica. Accendendo ancora una volta la fantasia degli uomini, chiamando nuovamente l’attenzione dei cantastorie su di sé, suscitando nuove versioni di antiche narrazioni, il Mito, rappresentato, oltre che sulla carta, anche sul grande schermo, ha dimostrato di essere vivo e vitale nella fantasia e nei sogni. Scrittori anglosassoni come Chesterton, Tolkien, Lewis, ma anche tedeschi come Michael Ende, hanno proposto ai lettori disincantati della Modernità le loro storie, leggende dai molti significati, dai valori profondi, arcaici, strettamente intrecciati con la storia e i miti dell’Europa. Anni fa, in una fortunata versione cinematografica del mito di Artù, Excalibur di John Boorman, il Mago Merlino pronunciava queste suggestive parole: la maledizione degli uomini è che essi dimenticano.
Una frase quanto mai vera, e sulla quale riflettere. La memoria, sembra dirci Merlino, è tra le risorse umane una delle più importanti: occorre coltivarla come una virtù, con amorevole attenzione. Ci può salvare dalla superficialità di giudizio, dall’ingratitudine, da una vita senza gusto e significato, facendoci invece considerare con più attenzione le realtà con le quali bisogna sempre fare i conti: il bene e il male, il futuro e il passato, il mistero della vita. Le storie di Tolkien, Lewis, Ende, o anche il discusso Harry Potter di Joanne Rowling o coloro, come Mary Stewart, che hanno rivisitato le leggende medievali di Merlino, di Re Artù, dei Cavalieri della Tavola Rotonda, nella loro fervida immaginazione, hanno il pregio di non dimenticare queste questioni fondamentali. Sta tutto qui il loro fascino, quello che fa produrre ancora nuove spettacolari versioni del mito: non è una pura evasione dalla realtà per rifugiarsi nella fantasia, ma è forse l’occasione per volgere lo sguardo verso cose grandi, verso noi stessi e la nostra anima assetata di Bellezza, verso le stelle, cercando i segni del nostro destino. Come ha insegnato il grande creatore di miti J.R.R. Tolkien, la letteratura dell’immaginario può essere lo specchio dei gusti, degli umori e addirittura della condizione psicologica dell’epoca moderna, esprimendo i dubbi, le paure, le domande insoddisfatte, le esigenze profonde dell’animo umano. I miti, i simboli, le leggende e le tradizioni ci rivelano noi stessi. Non è un caso, probabilmente, che molti di questi grandi scrittori furono insigni medievisti: al centro di tutto il Medio Evo infatti c’era il simbolo: la vita dell’uomo medievale era inscritta in un universo simbolico, dove ogni forma del pensiero, artistica, mistica, teologica, si basava su di esso. L’esperienza quotidiana era esperienza spirituale, nutrita dai simboli che la provocavano, la animavano, le conferivano un valore profondo. L’abilità narrativa e la fervida immaginazione di chi scolpiva le cattedrali gotiche, con i suoi mostri e le sue creature fantastiche, o di chi scriveva la storia della Cerca del Santo Graal o le peripezie di un Re e della sua spada incantata adoperavano il linguaggio del simbolo, che trasfigurava la realtà stessa, ed è stato capace di mantenere la sua intensità e il suo valore, trascorrendo, inattaccabile, il tempo e la storia.
Il lettore disincantato di oggi viene quindi provocato opportunamente dal racconto fantastico, sia che si tratti di fiaba o di narrazione epica, di leggenda come di racconto “gotico”; sospeso tra il misterioso e il terribile, è sempre in qualche modo espressione umana sottesa tra il sacro e il profano, a partire dal linguaggio, che reca sempre in sè le tracce di arcaici miti, fino ai contenuti, che sono comunque e sempre quelli del fantastico, ossia dell’irruzione, oscura e inquietante oppure solare e confortante di un evento soprannaturale nella realtà quotidiana. Non c’è generazione di lettori (o di spettatori) la quale, a dispetto di tutte le mode, non senta la suggestione dell’ elemento fantastico, mitico, fiabesco: un tipo di letteratura portatrice di una sapienza antichissima, che mimetizza i suoi contenuti nel linguaggio apparentemente semplice ed infantile delle fiabe, o del folklore popolare. Il mito è necessario perché la realtà è molto più grande della razionalità. Il mito è visione, è nostalgia per l’eternità. Il mito non è metafora o allegoria, ma simbolo, ossia segno che rimanda ad un significato ultimo che l’uomo deve riconoscere e interpretare. Il mito, nella storia dell’umanità, non è mai stato contrapposto, come avviene oggi, alla realtà; il mito è sempre stato per sua stessa natura vero, espressione della verità delle cose. Nel mito si veniva a contatto con qualcosa di vero che si era pienamente manifestato nella storia, e questa manifestazione poteva fondare sia una struttura del reale che un comportamento umano. Il mito è un mezzo per dare risposte a questioni fondamentali come l’origine dell’uomo, il bene, il male, l’amore, la morte e per dare spiegazioni ai fenomeni della natura. Se il mito è il nesso, il legame che l’uomo ha sempre cercato con il senso della vita, esso non può quindi che essere considerato un’espressione naturale ed antichissima del senso religioso che vive nel cuore dell’uomo. Nel corso della Modernità, gli antichi miti d’Europa – celtici, norreni, greci e così via- si sono occultati nelle fiabe. Un luogo nascosto, protetto, un luogo apparentemente per bambini. Roger Caillois sostenne che “la fiaba è un racconto situato fin dal principio nel mondo fittizio degli incantatori e dei geni. Le prime parole della prima frase sono già un avvertimento: In quel tempo oppure C’era una volta… Per questo le fate e gli orchi non spaventano nessuno. L’immaginazione li confina in un mondo lontano, fluido, impenetrabile, senza rapporto né comunicazione con la realtà di ogni giorno nella quale è pressoché impensabile che essi possano fare irruzione. (…) La differenza balza agli occhi – prosegue Caillois spingendosi nel fantasy così detto gotico o anche horror – quando si tratta di fantasmi o di vampiri. Certo, anche loro sono esseri immaginari, eppure li colloca in un mondo tutt’altro che immaginario; anzi, se li rappresenta come creature che fanno le loro apparizioni nel mondo reale, apparizioni che sono per giunta incomprensibili, terribili, invariabilmente funeste. (…) Così le manifestazioni del fantastico derivano tutte dallo stesso principio. Esse sono tanto più terribili quanto più il loro scenario è famigliare, le loro vie più subdole o fulminee, quanto più si presentano con un non so che di fatale e d’irrimediabile che si sprigiona da una rigorosa concatenizzazione degli eventi.” La fiaba dunque come un viaggio iniziatico, come una serie di tappe di un viaggio, di un’impresa.
Lo studio di Alessandra Tozzi che il lettore ha tra le mani è una guida preziosa per avventurarsi su questo cammino, per riconoscere i segnali indicatori, per non smarrirsi nel labirinto, e soprattutto per farci ritrovare e riassaporare il significato di un patrimonio culturale che va conservato, difeso, valorizzato, e tramandato.


TITOLO: Brunilde e Rosaspina. Mito e fiaba dagli Indoeuropei ai fratelli Grimm; AUTRICE: Alessandra Tozzi, PREFAZIONE: Paolo Gulisano; EDITORE: Il Cerchio; COLLANA: Fantasia; PAGINE: 392; PREZZO: euro 25,00

martedì 29 maggio 2012

lunedì 28 maggio 2012

Le fate venute dalle stelle

di Nicoletta Camilla Travaglini

Una teoria molto suggestiva  portata avanti da Fieber nella quale sostiene che le fate siano, in realtà, delle creature venute dallo spazio.
L’autore di tale ipotesi dice a questo proposito:
Quando ero bambino, si narra in una raccolta di fiabe  irlandesi, udivo mio nonno parlare del magico popolo che vive sulle colline…
Egli era fermamente convinto che le fate esistessero veramente e non si recò mai nelle paludi a raccogliere la torba, senza essere spiritualmente preparato a incontrarne qualcuna…
Diceva che in cielo c’era stato una guerra fra Dio e gli angeli e che per quaranta giorni e quaranta notti di seguito il Padreterno aveva scacciato angeli dal cielo gettandoli verso la Terra. Alcuni erano rimasti sospesi in aria, altri invece erano arrivati fin quaggiù, chi toccava la terraferma, chi  cadendo in mare. Un giorno udì un uomo dire che se il giorno del Giudizio Universale avessero perduto la speranza di poter rientrare in Cielo avrebbero distrutto la Terra.   

Fieber ci dice anche da dove proverebbero queste magiche creature:
 …Fattosi improvvisamente serio, mi rimproverò, diventando serio di aver conosciuto un decano che non solo aveva visto con i propri occhi questi piccoli esseri, ma aveva anche parlato con loro: gli avrebbero rivelato di essere abitanti della Luna.
L’idea che ci si faceva allora della patria delle fate, degli elfi e dei folletti era però completamente diversa; W. Evans-Wentz la descrive come un mondo invisibile, nel quale il nostro pianeta sarebbe immerso, come un’isola sprofondata in un immenso oceano. Gli abitanti di “quest’altra Terra” erano normalmente immaginati come esseri più piccoli dell’uomo terrestre, ma avevano il potere di trasformarsi anche in giganti. Quelli che mantenevano almeno per metà sembianze umane erano molto amati e preferito agli altri. Usavano a volte i loro poteri per rapire uomini che, dopo avere stordito, tenevano prigionieri. A volte rubavano loro cereali e bestiame ma in altre occasioni potevano anche mostrarsi generosi e disponibili. Nel complesso, però, non esistevano fate, folletti e gnomi che fossero “buoni” in modo assoluto; tutti potevano all’improvviso e senza motivo, diventare cattivi e vendicativi.
… Gli Algonkini si tramontavano una leggenda secondo cui un giorno un cacciatore di questa stirpe scoprì in una radura un cerchio d’erba schiacciata. Si nascose fra i cespugli e di lì a poco vide scendere dal cielo un cesto nel quale sedeva un gruppo di donne meravigliose che, scese dal cesto, si misero  a danzare in cerchio. Il cacciatore attese il momento propizio, poi afferrò una delle donne e la trascinò via con sé. Spaventate, le altre rifugiatesi di nuovo nel cesto, che venne velocemente tirato su e in un attimo sparì fra le nuvole. L’indiano condusse la donna nella sua tenda e, poco tempo che vivevano insieme, lei gli dette un figlio ma, approfittando di un momento in cui non era sorvegliata, fuggì nella radura col il bambino, dove intrecciò un nuovo cesto magico con le sue mani. Appena vi fu salita col il bimbo, volò in cielo a raggiungere le compagne e non tornò mai più.


Note
1)  FIEBAG, Johannes Gli Alieni Contatti con intelligenze extraterrestri Edizioni Mediterranee, Roma 1994, pag.40.
2) FIEBAG, Johannes op. cit., pag. 41, 44, 45.