lunedì 6 gennaio 2025

Acerenza, il borgo che potrebbe custodire il Sacro Graal

tratto da "Il Giornale" del 1 Febbraio 2022

Acerenza è un borgo della Basilicata ritenuto tra i più belli d'Italia: nasconde inoltre una leggenda, sembra custodisca il Sacro Graal


di Claudio Schirru


Acerenza è un piccolo borgo che si trova in provincia di Potenza, in Basilicata. Noto per essere uno dei borghi più belli d'Italia, ha rappresentato per anni un importante crocevia per il passaggio dei cavalieri templari. Secondo una leggenda ospiterebbe inoltre una delle reliquie più ambite da secoli: il Sacro Graal.

Il borgo si staglia su una collina di tufo, a 800 metri s.l.m., dalla quale domina la vallata delineata dal fiume Bradano e dal torrente Fiumarella. Anche detta "città-cattedrale", Acerenza vede nella cattedrale consacrata all'Assunta e a San Canio il suo monumento principale.

Si tratta di una cattedrale dell'XI secolo, realizzata in stile romanico-cluniacense e tornata ai suoi antichi splendori dopo i restauri operati negli anni '50. Al tramonto risulta particolarmente suggestiva in virtù della luce del sole che passando per il rosone finisce con l'illuminare direttamente l'altare maggiore.


Acerenza, si trova qui il Sacro Graal?

Un'opera che per la sua bellezza varrebbe già la visita a questo piccolo borgo lucano. Lo spettacolo monumentale della cattedrale non esaurisce però le curiosità e il fascino di questa cittadina. Proprio all'interno di questa costruzione sarebbe celato il Sacro Graal, da cui Gesù avrebbe bevuto durante l'ultima cena e che Giuseppe D’Arimatea avrebbe utilizzato per raccoglierne il sangue durante la Passione di Cristo. Un calice che secondo le leggende donerebbe l'immortalità a chi dovesse bervi.

Alla base della leggenda i citati Cavalieri Templari, che ad Acerenza avrebbe installato un punto ristoro di grande importanza per i soldati impegnati nella Sesta Crociata (1227). A stabilire di nascondere il Graal nella cattedrale di San Canio sarebbe stato lo stesso fondatore dei Templari, Hugues de Payns (in latino Hugo De Paganis), che alcune ipotesi del '600 vedevano come di origini italiane e più precisamente lucane. La storiografia sembrebbe in seguito aver smentito l'origine italica del primo templare, ribadendo quella francese.

Malgrado ciò non ha perso forza la teoria secondo la quale lo stesso "Ugo dei Pagani" avrebbe nascosto ad Acerenza il sacro calice, ma sarebbe stata rafforzata da diversi indizi. A cominciare dalla piazza dove sorge la cattedrale, Glizzi: rappresenterebbe il genitivo di lingua gaelica "glin"; stessa origine gaelica anche per la leggenda del Santo Graal.

Altri due indizi accendono particolarmente la curiosità degli appassionati del Graal. Il primo fa riferimento ancora alla lingua gaelica, con il nome di San Canio che significherebbe "magnifico sorvegliante". Stando al secondo indizio l'oggetto tanto prezioso da sorvegliare sarebbe stato ulteriormente nascosto nel 1524. In base a quanto riportato dalle cronache del tempo una delle finestrelle della cattedrale venne murata dietro ordine del Conte Ferrillo Balsa, membro dell’ordine dei Cavalieri di Gerusalemme. Nessuno sa però quale, tra le tante, fosse la finestrella da celare e dove sia collocata. Una vera e propria caccia al tesoro che dura ormai da circa 500 anni.


La figlia di Dracula

Acerenza è al centro anche di un altro, a metà tra storia e leggenda. Si parla in questo caso di vampiri, o meglio, del vampiro per eccellenza. Cosa collega il famigerato conte Dracula, al secolo Vlad III di Valacchia (Vlad Hagyak lll Drăculea), con il borgo potentino?

La risposta è nelle narrazioni popolari, secondo le quali nella citata cattedrale di San Canio riposerebbero le spoglie della figlia di Vlad III. Ad alimentare la credenza la scoperta della rappresentazione di un drago alato, simbolo del conte, su una delle pareti della chiesa. Ulteriori "prove" a sostegno della teoria sono le statue che mordono sul collo le loro vittime.


Lilith

A quanto detto si accosta anche una leggenda dai tratti "horror".

Si dice che sia possibile intravedere il demone Lilith nei pressi della tomba, che in tempi passati sembra si aggirasse intorno alla cattedrale per consumare il sangue delle sue vittime. Una storia che non potrà che scatenare la curiosità dei veri amanti del mistero.


mercoledì 18 dicembre 2024

Del vero padre di Federico II e altri misteri del suo regno




Editore: Carthago

Pubblicazione: novembre 2024

 





Presentazione

L'imperatore Federico II non smette di affascinare, compreso per la parte di lui poco o non conosciuta. Si sa infatti che i suoi avversari hanno cercato di cancellare la sua memoria, e gli otto secoli che ci separano da lui non fanno altro che accentuare qualche dubbio. Fatti mancano. Oppure la loro veridicità è sospetta. Oppure le loro ragioni ci sfuggono. Oppure gli storici non concordano sulla loro interpretazione. E la sua vita si inserisce in un contesto storico fortemente intriso di misticismo che apriva la porta a tutte le fantasie. Per molti la fine del mondo era vicina e lo svevo era chiamato a giocarvi un ruolo di primo piano.

Ma quale esattamente? Che peso ha avuto sul suo destino Gioacchino da Fiore, lo strano teorico di questa fine annunciata? Quale influenza San Francesco d'Assisi, altro grande mistico del suo tempo? È vero che suo padre Enrico VI non lo ha mai allevato e forse nemmeno visto? Se sì, perché? Si è davvero sposato quattro volte? A cosa doveva servire Castel del Monte? È davvero morto sub flore, si è preteso di averlo rivisto dopo la sua morte?

Sono questi e altri gli enigmi che l'autore affronta. Vengono consultate le fonti, confrontate le opinioni e suggerite tracce da seguire. Con rigore, prudenza e senza preconcetti, e secondo percorsi di pensiero sempre facili da seguire.

Un libro scritto in una lingua viva dove l’umorismo non è mai lontano, e che mira, se non forse a risolvere i misteri dello Stupor Mundi, almeno a renderli perfettamente comprensibili a tutti.

e altri misteri del suo regno
Editore: Carthago
Copertina rigida: ‎ 302 pagine

pierre.baland56@gmail.com

domenica 15 dicembre 2024

Dei tre colori

 di Vito Foschi

Alcune note sui colori ripreso da un mio testo in elaborazione:

Il nero rappresenta la prima fase della trasmutazione alchemica ed è detta nigredo, rappresentando anche la materia vile su cui lavorare per trasformarla in oro.[..] Il colore rosso oltre a costituire una delle fasi del processo alchemico, la rubedo, rappresenta lo zolfo, e insieme al colore bianco, che simboleggia il mercurio e l’ultima fase del processo alchemico, l’albedo, forma una coppia di opposti la cui unione viene denominata nozze alchemiche.

[...]

La triade dei colori alchemici la ritroviamo in India associati ai tre gunas, tamas, rajas e sattva, che rappresentano le tre essenze la cui combinazione forma l’universo manifestato. Tamas è associato al colore nero e rappresenta la tenebra, la parte più pesante, la materia, la rigidità, mentre il rajas associato al rosso simboleggia l’energia, il movimento ed infine sattwa associato al bianco rappresenta la luce, la saggezza e più in generale la parti più sottili dell’universo.

domenica 8 dicembre 2024

Manuale di cartomanzia. I tarocchi di Elena Eugenia Nutu


Manuale di cartomanzia. I tarocchi
di Elena Eugenia Nutu è un libro di lettura utile per tutti coloro che desiderano capire e ampliare le proprie percezioni extrasensoriali, per chi desidera saper come si dovrebbe svolgere un corretto consulto di carte, ma soprattutto è un libro di studio per chiunque desidera imparare o perfezionare l'arte dei Tarocchi. Libro unico nel suo genere, in cui troverete tutte le informazioni necessarie su come preparare e allestire il vostro studio, su come svolgere i consulti per renderli chiari e piacevoli per entrambi le parti, su come valutare al meglio le varie situazioni che si presentano e tanto altro...

Troverete vari esercizi, le spiegazioni dei 78 arcani tutti a colori, in modo dettagliato da ogni punto di vista, e verrete guidati a capire le varie sfumature e infine anche alcuni metodi di stesura unici.

Un manuale per chi vuole imparare ad interpretare i Tarocchi dalla A alla Z. Utile per diventare cartomante, per chi lo è già, per chi vuole capire come si deve svolgere un corretto consulto di carte e come prepararsi mentalmente, fisicamente ed energeticamente.



domenica 24 novembre 2024

Libri rari e insoliti sul Mothman: un viaggio nel mistero di Point Pleasant

in collaborazione con l'auttre Simone Berni

tratto da https://www.cacciatoredilibri.com/libri-rari-e-insoliti-sul-mothman-un-viaggio-nel-mistero-di-point-pleasant/


Il Mothman, una (presunta) misteriosa creatura antropomorfa avvistata a Point Pleasant, West Virginia, tra il 1966 e il 1967, ha ispirato una vasta letteratura che spazia dall’ufologia alla narrativa horror.

Uno dei testi fondamentali sul Mothman è “The Mothman Prophecies” di John A. Keel, pubblicato per la prima volta nel 1975. Questo libro è considerato un classico del genere e ha contribuito a diffondere la leggenda del Mothman (diventando anche un film, con Richard Gere), intrecciando avvistamenti di UFO e misteri paranormali. Keel analizza gli eventi che circondano gli avvistamenti, culminando nel tragico crollo del Silver Bridge nel 1967, che portò alla morte di 46 persone. La prima edizione di questo libro è oggi molto ricercata dai collezionisti e può raggiungere prezzi elevati sul mercato dell’usato.

In Italia, il libro è stato tradotto e pubblicato solo nel 2002 da Sonzogno con lo stesso titolo in inglese ma con il sottotitolo di Voci dall’ombra, sempre sulla scia dell’omonimo film. Questa edizione ha reso accessibile al pubblico italiano le teorie di Keel, contribuendo a un crescente interesse per il fenomeno del Mothman anche oltre l’oceano.

Oltre a Keel, altri autori hanno contribuito alla letteratura sul Mothman: Gray Barker, con il suo libro “The Silver Bridge” (1970), esplora in dettaglio il legame tra gli avvistamenti del Mothman e il disastro del Silver Bridge. Questo testo è considerato un’opera cult tra gli appassionati del genere e può essere difficile da trovare in buone condizioni. Jacques Vallée, noto ufologo, ha affrontato temi simili in “Passport to Magonia” (1969), dove discute delle apparizioni di entità misteriose in contesti diversi, inclusi quelli simili a quelli del Mothman. Questi testi offrono una visione più ampia sui fenomeni UFO e la loro interazione con la cultura popolare.

Nel panorama editoriale dedicato al Mothman , ci sono anche opere rarissime che meritano attenzione: un opuscolo originale sulla costruzione del Silver Bridge, “Silver Bridge Over the Ohio River“, risalente agli anni ’30, è un pezzo da collezione molto ricercato. Presenta fotografie storiche e informazioni sul ponte che divenne famoso per la sua tragica fine.

Il fascino per il Mothman continua a crescere, alimentato da eventi come il Mothman Festival che si tiene annualmente a Point Pleasant. Durante questo festival, si svolgono conferenze e presentazioni su libri e ricerche legate al Mothman, creando un’importante rete di appassionati e studiosi.


 

venerdì 15 novembre 2024

Misteri, incontri, tragici incidenti. Il "fuoco segreto" di Julius Evola

tratto da "il Giornale" del 14 Maggio 2024

Una raccolta di testi rari e lettere mai viste illumina gli interessi del "barone": dalla pittura alla rivolta contro il mondo moderno

di Andrea Scarabelli

È l'11 giugno 1974. Nella torrida aria ferma di un pomeriggio romano, Julius Evola domanda a due persone, lì con lui, qualcosa di inaspettato: «Vestitemi e portatemi alla scrivania». La richiesta è singolare: è da giorni che, in condizioni fisiche sempre più compromesse, non si alza dal letto. Ad ogni modo, il desiderio viene esaudito. Di fronte al tavolo su cui ha scritto trenta e passa libri, il settantaseienne guarda fuori dalla finestra che dà sul Gianicolo. Appoggia le mani sulla sua Olivetti, come nel tentativo di strapparle un'ultima parola, e reclina la testa.

A mezzo secolo dalla sua scomparsa, tutti quegli studi sono ospitati nella collana Opere di Julius Evola, arricchita ora da Fuoco Segreto, la cui struttura ricalca quella dei mitici Cahiers de l'Herne di Dominique De Roux, presentandosi come una collettanea di rarità molte delle quali provenienti dagli archivi della Fondazione J. Evola introdotte da studiosi ed esperti. Risalenti a momenti e occasioni diverse, giungono tutte al cuore di quello che Enzo Erra chiamava «il mistero di Evola», l'enigma di qualcuno che ha fatto di tutto per librarsi al di là della storia, salvo poi scommettere di continuo sulla storia stessa, obbedendo a un interventismo inalterato dal passare dei decenni.

Ne emergono le sfaccettature di una personalità intellettuale complessa, passata senza soluzione di continuità dal dadaismo alla filosofia, dalla metastoria alla metapolitica, dalla storia delle religioni alla critica del costume, documentate da carteggi come quello con il poeta salentino Girolamo Comi, ma anche e soprattutto dalle trentotto lettere spedite all'antroposofo Massimo Scaligero, uno dei pochissimi a cui Evola, al netto di radicali differenze, «dava del tu» da un punto di vista spirituale.

Altri scambi epistolari certificano il raggio d'azione europeo del filosofo, sempre teso ad assegnare un'apertura transnazionale alle proprie attività, «sprovincializzando» ambienti culturali spesso asfittici. Discorso che vale, in particolare, per il mondo germanico e mitteleuropeo, come si legge tra le righe trasmesse a uomini come Walter Heinrich, Wilhelm Stapel e Armin Mohler. Sono tutti legati alla cosiddetta «rivoluzione conservatrice» poi liquidata dal nazionalsocialismo, alfieri di una visione della storia «a quattro dimensioni» e di uno Stato organico allergico al liberalismo americano e al collettivismo sovietico.

Allo stesso movimento appartengono altri due pesi massimi della cultura tedesca presenti in Fuoco Segreto. Il primo è il poeta Gottfried Benn, che per la cronaca revisionò la traduzione tedesca di Rivolta contro il mondo moderno, scrivendone: «Dopo aver letto questo libro, ci si sente trasformati». Il secondo è Ernst Jünger, le cui lettere evocano in realtà un clamoroso «incontro mancato», sia biografico sia intellettuale. Il Barone che poi barone non era, ma è un altro discorso e l'Anarca non si intesero mai, cosa che comunque non ci impedisce di leggere insieme opere come Il trattato del ribelle e Cavalcare la tigre, destinate a un tipo umano deciso a mantenere la propria personalità tra le «rovine» degli anni Cinquanta.

Ci sono poi i materiali artistici, risalenti tanto agli incendiari anni Venti quanto alla maturità di un ex dadaista disposto a cimentarsi in un ultimo corpo-a-corpo con la pittura, tra cui alcuni bozzetti, uno dei quali, con tanto di indicazioni cromatiche, è lo studio preparatorio di una mai realizzata «donna alchemica», da aggiungersi alle tre già note, dipinte sotto l'ascendente di Metafisica del sesso ed esposte al MART di Rovereto nel 2022, su iniziativa di Vittorio Sgarbi.

Seguono scritti inediti o rari, come due voci per la Treccani dedicate alle «apparizioni» e al «senso magico del battesimo», escluse dai curatori dell'Enciclopedia per il loro carattere eterodosso (a differenza di altre, che verranno pubblicate). Un'ulteriore chicca bibliografica è il «manifesto» della rubrica Diorama Filosofico, attiva tra il 1934 e il 1943 sulle colonne de Il Regime Fascista, messo nero su bianco da Evola ma firmato da Roberto Farinacci. Grazie all'interesse del «ras» cremonese e alla mediazione evoliana, sul quotidiano uscirono pezzi di autori come Paul Valéry, René Guénon e il già citato Gottfried Benn. Quale giornale oggi si sognerebbe di ospitare nomi del genere?

A due «capitoli tagliati» di Rivolta e agli articoli dell'introvabile rivista Domani (1956) si aggiungono due altre rarità assolute: il progetto editoriale di un'opera mai pubblicata sulla dimensione «ermetica» dell'erotismo (intitolata significativamente Eros e magia) e un breve saggio di Giovanni Caloggero, uscito nel 1971. Si tratta di uno dei primissimi testi organici sul filosofo, spedito prima della pubblicazione in visione a Evola in persona, il quale lo restituì con tagli, glosse, correzioni e aggiunte. Ebbene, in Fuoco Segreto sono riportate in anastatica proprio quelle bozze.

Molti, infine, i documenti legati al tragico incidente che il 21 giugno 1945 lo costrinse all'immobilità sino alla fine dei suoi giorni. Non solo le lettere a Heinrich, Comi e Scaligero, spedite durante la drammatica ospedalizzazione viennese, ma anche lo scambio epistolare con padre Clemente Rebora, che quando gli propose di andare a Lourdes in cerca di una grazia si sentì rispondere: «Se una grazia dovessi chiedere, sarebbe piuttosto quella di capire il senso che, in sede di spirito, ha ciò che è accaduto; ancor più, di comprendere il perché del mio continuare a vivere. L'incidente è stato come una risposta enigmatica al mio chiedere attraverso l'espormi al pericolo se alla mia vita terrena potesse essere posto un fine».

Per l'anziano filosofo era una questione essenziale. Basta leggere il diario, raccolto sempre in Fuoco Segreto, in cui Henri Hartung annota «a caldo» una serie di colloqui svoltisi a casa Evola negli anni Settanta. L'ultimo appunto si chiude con queste parole: «Gli pongo una domanda sul suo stato di salute e sul suo trauma del 1945, che gli cagionò una paralisi. La risposta è immediata: Morirò quando avrò capito la ragione profonda di quella ferita».

Era il 25 giugno 1971, tre anni prima che Evola giungesse al suo ultimo appuntamento con il destino.
Chissà che le parole mai uscite dalla sua Olivetti, nel torrido pomeriggio romano da cui siamo partiti, non fossero la risposta a questo interrogativo, enigma e chiave di volta di una vita straordinaria.







giovedì 7 novembre 2024

Storia di Karl Maria Wiligut, il Rasputin di Himmler

tratto da https://it.insideover.com/storia/karl-maria-wiligut-himmler.html del 20 giugno 2021


di Luca Gallesi

Tra gli aspetti più misteriosi del cosiddetto “esoterismo nazista” studiati da Giorgio Galli nella trilogia dedicata a questo argomento (Hitler e il nazismo magico, Rizzoli 1989, Hitler e la cultura occulta BUR 2013, Hitler e l’esoterismo, OAKS 2020), troviamo le gesta di personaggi poco considerati dalla storiografia ufficiale, che però giocarono, apparentemente, un ruolo tutt’altro che secondario nel breve periodo in cui la Germania fu governata dalla dittatura hitleriana.

Un alto ufficiale delle SS, tanto importante quanto sconosciuto, ad esempio, fu Karl Maria Wiligut, più noto come Weisthor, secondo Galli uno dei semi-sconosciuti “maestri” occulti che gestirono un grande potere dietro le quinte. Nato a Vienna nel 1866, eroe della Prima guerra mondiale, Wiligut si congeda dall’esercito austriaco col grado di colonnello, ed entra rapidamente in contatto con le più importanti associazioni esoteriche nazionaliste del tempo, come l’Edda Gesellschaft di Gorsleben e l’Ordo Novi Templi dell’abate Lanz von Liebenfels. 

Nel 1932 si trasferisce in Germania, a Monaco, dove, rafforzando i suoi legami con i circoli esoterici, conosce Heinrich Himmler, entra nelle SS e diventa rapidamente un influente membro della sua cerchia ristretta con lo pseudonimo, appunto di Karl Maria Weisthor. Uno studioso e ricercatore italiano, Marco Zagni, ha pubblicato due libri dedicati alla cultura esoterica delle SS: Gli archeologi di Himmler (Ritter) e La svastica e la runa (Mursia), dove ricorda che: “Ancora 30-35 anni fa la figura di Karl Maria Wiligut “Weisthor” era praticamente sconosciuta dagli storici e da gran parte del mondo tedesco sotto il nazismo e dalla maggioranza delle stesse SS. Si definiva uno studioso dei lati oscuri e nascosti della storia del mondo e in particolare del mondo germanico e si riteneva, come gli era stato detto nella sua famiglia, l’ultimo di una casata di re segreti e maledetti (dalla Chiesa) della Germania” . 

E maledetto, o forse solo pazzo, lo fu davvero, dato che, come risultò solo molti anni dopo, nel 1924 era stato internato nel manicomio di Salisburgo a seguito delle accuse mossegli dalla moglie, che lo aveva incolpato di avere manie occultistiche, di essere schizofrenico, megalomane, violento, e soprattutto di aver cercato di ammazzarla. Quando Himmler venne a sapere di questi trascorsi da Karl Wolff, il numero due delle SS che aveva incontrato la moglie di Weisthor, era il 1939, e il “Rasputin di Himmler” come lo chiamavano in molti, si ritirò dalla vita pubblica. Deportato, nel 1945, in un campo di concentramento alleato, fu poi rilasciato, e tornò nella cittadina di Arolsen, dove morì all’inizio del 1946. 

Pazzia a parte, Weisthor aveva davvero contribuito a creare i miti esoterici dell’Ordine nero guidato da Himmler: dopo aver partecipato a numerose spedizioni dell’Ahnenerbe alla ricerca delle vestigia dell’antica religione germanica, elaborò complesse teorie psicologiche e ipotesi storiche piuttosto stravaganti ma non del tutto prive di senso. Ad esempio, teorizzò l’esistenza di una memoria genetica, che conserva il ricordo anche dei nostri antenati, ipotesi, poi, avanzata anche da alcuni neurologi nei decenni successivi. Per quanto riguarda le sue concezioni esoterico-cosmologiche, riteneva che la storia dell’uomo e della Terra siano una perenne lotta tra energie contrapposte, che alternano fasi di civiltà ascendenti e discendenti, ipotesi confermate, secondo lui, dai risultati delle spedizioni negli antichi luoghi sacri che risultarono possedere notevoli proprietà geomantiche, ricche di questi opposti flussi energetici. 

Stramberie cosmologiche a parte, il “Rasputin di Himmler” fu davvero uno dei Maestri di cerimonia del Castello di Wewelsburg, il luogo magico citato in un articolo precedente: qui celebrava i matrimoni delle SS, e insegnava i misteri delle rune che, secondo lui, erano la chiave per svelare il segreto dell’universo, racchiuso nel rapporto armonico tra il microcosmo dell’uomo e, appunto il macrocosmo del creato. Le rune, secondo la tradizione germanica e soprattutto secondo l’interpretazione dei circoli esoterici dell’ottocento, erano la testimonianza della cultura arcaica dei popoli del Nord e le gelose custodi dei destini del mondo e degli uomini. 

Fu proprio Weisthor, inoltre, a disegnare il tristemente celebre Totenkpfring, l’anello d’argento con incisa la testa di morto che Himmler regalava a pochi eletti in occasione del genetliaco del Fuehrer, il 20 aprile, festa nazionale tedesca. Quando un possessore dell’anello moriva, il gioiello veniva riportato al Castello assieme alle ceneri del defunto, per esservi conservato in una grotta. Alla fine della guerra, gli ultimi superstiti fecero esplodere la grotta, e i macabri gioielli non furono mai ritrovati.

Gli studi di Giorgio Galli legano strettamente l’ascesa e declino di Weisthor al Generale Karl Wolff, il già menzionato vice di Himmler, che, curiosamente, non solo evitò le forche di Norimberga, ma, dopo un processo al quale presenziò in divisa e una breve condanna simbolica, venne restituito alla società come un uomo completamente libero. Wolff, secondo Galli, faceva parte del vertice esoterico nazionalsocialista, ed era al corrente delle profezie decifrate da Weisthor che vaticinavano una grande battaglia tra Oriente e Occidente, battaglia dalla quale le terre germaniche dell’Est sarebbero uscite completamente devastate. La profezia, però, non fu sufficiente a fermare la guerra, e l’Europa sarebbe stata presto ridotta a un cumulo di rovine, come, enigmaticamente, Weithor volle scritto sulla lapide che copre la sua tomba:

Unser Leben geht dahin wie ein Geschwaetz
(La nostra vita trascorre come una chiacchierata senza senso)