Sabato 3 dicembre, alle ore 18, nella Sala Consigliare del Palazzo del Granarone, si svolgerà un interessantissima conferenza dal titolo: “Ulisse, lo sciamano che viaggiò da Troia a Itaca – L’Odissea, ovvero il viaggio avventuroso dell’eroe e della sua anima”.
La conferenza, patrocinata dal Comune di Cerveteri, è organizzata dalla Sezione di Cerveteri del GAR, ed è tenuta da Leonardo Magini, un importante studioso della cultura etrusca e dell’astronomia etrusco-romana, autore di numerosi saggi pubblicati da prestigiose case editrici. L’ingresso è naturalmente gratuito e aperto a tutti.
Si parlerà di una nuova teoria, apprezzata e sostenuta da alcuni studiosi del settore, presidi e rettori di Università italiane, che propone un’interpretazione sciamanica del capolavoro di Omero. Il tema è sicuramente appassionante, e merita di essere seguito e approfondito.
L’esposizione dell’interessante teoria sarà accompagnata da numerose letture dell’attore e regista cervetrano, il maestro Agostino De Angelis, che non perde mai occasione di sostenere con la sua presenza gli eventi culturali che si svolgono nella nostra città.
Blog dedicato ai misteri, esoterismo, antiche civiltà, leggende, Graal, Atlantide, ufo, magia
martedì 29 novembre 2016
sabato 26 novembre 2016
SULLE TRACCE DEL SERPENTE PIUMATO: VIAGGIO NELL’ANTICA TERRA DI AZTLAN
Sabato 3 Dicembre 2016 e.v. alle ore 21,15 presso i locali del Centro Studi e Ricerche C.T.A. 102 - Via Don Minzoni 39, Bellinzago Novarese (NO) - nell’ambito delle serate dedicate ai “Dialoghi di Esoterismo”, la nostra Associazione ha il piacere di invitarvi ad una imperdibile serata in compagnia di MARZIO FORGIONE che ci parlerà sul tema:
SULLE TRACCE DEL SERPENTE PIUMATO: VIAGGIO NELL’ANTICA TERRA DI AZTLAN — (Prima Parte)
La conferenza, che si svilupperà in due distinti incontri, presenterà le risultanze di un recente viaggio studio organizzato dal Centro Studi e Ricerche C.T.A 102 nei siti più importanti e misteriosi legati alla nascita del culto del Serpente Piumato, Quetzalcoatl/Kukulcan, una delle principali e fondamentali divinità del pantheon delle culture dell’America Centrale precolombiana. Quando gli spagnoli approdarono sulle coste dell’attuale Messico, molte grandi civiltà di quel continente erano già scomparse. Tuttavia i popoli sopravvissuti all’epoca dei conquistadores spagnoli conservavano ancora i ricordi di antichi avvenimenti, tramandati per lo più oralmente ma, come nel caso dei Maya ed in parte anche degli Aztechi, anche in forma scritta.
Man mano che i conquistadores procedevano nell’invasione e nella sottomissione di quelle culture, venivano scoperti siti monumentali, spesso caratterizzati dalla presenza di piramidi, simili a quelle dell’antico Egitto.
Emblematiche in questo contesto sono le monumentali piramidi di Teotihuacan, nei pressi dell’attuale Città del Messico. Tutt’oggi gli studiosi si interrogano su che davvero le abbia costruite. Quel che è certo, è che quando gli Aztechi si impadronirono del sito, le piramidi già erano lì ed i nuovi occupanti battezzarono quel luogo proprio con questo nome, Teotihuacan, che, in lingua Nahuatl, significa “luogo in cui gli uomini diventano dei”.
Prima dell’arrivo degli Aztechi quel luogo era abitato dai Toltechi, ma anche essi si interrogavano su chi avesse costruito le piramidi.
Da rilevare che i Maya, la cui civiltà si sviluppò molto più a sud, erano sicuramente a conoscenza dell’esistenza di quel luogo.
Tra le raffigurazioni presenti nel sito di Teotihuacan, la più diffusa è quella di Quetzalcoatl, il Serpente piumato, al quale è dedicato anche un tempio.
Questa divinità veniva adorata in quasi tutte le civiltà precolombiane e la sua origine è molto antica.
Il Serpente piumato, il Signore del Sapere, era la divinità che aveva portato la conoscenza agli uomini e dato l’avvio alla civiltà. Quetzalcoatl insegnò agli uomini a misurare il tempo ed a conoscere il corso delle stelle e stabilì il corso dell’anno e delle stagioni; insegnò anche agli uomini l’agricoltura. Secondo la leggenda, Quetzalcoatl scomparve in cielo, ma prima di partire promise che un giorno sarebbe tornato. Questa divinità era adorata con nomi diversi da Olmechi, Mixtechi, Toltechi, Aztechi, Maya e Quichè. In particolare i Maya lo chiamavano Kukulkan, i Quichè Gukumatz, i Toltechi e, successivamente gli Aztechi, come già accennato, Quetzalcoatl.
La seconda parte della conferenza avrà luogo Sabato 17 Dicembre alle ore 21,15.
Ancora una volta il nostro Centro si pregia di invitarvi ad un evento di grande interesse a cui, naturalmente, non dovete assolutamente mancare!
La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando il numero 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it
Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.
Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.
SULLE TRACCE DEL SERPENTE PIUMATO: VIAGGIO NELL’ANTICA TERRA DI AZTLAN — (Prima Parte)
La conferenza, che si svilupperà in due distinti incontri, presenterà le risultanze di un recente viaggio studio organizzato dal Centro Studi e Ricerche C.T.A 102 nei siti più importanti e misteriosi legati alla nascita del culto del Serpente Piumato, Quetzalcoatl/Kukulcan, una delle principali e fondamentali divinità del pantheon delle culture dell’America Centrale precolombiana. Quando gli spagnoli approdarono sulle coste dell’attuale Messico, molte grandi civiltà di quel continente erano già scomparse. Tuttavia i popoli sopravvissuti all’epoca dei conquistadores spagnoli conservavano ancora i ricordi di antichi avvenimenti, tramandati per lo più oralmente ma, come nel caso dei Maya ed in parte anche degli Aztechi, anche in forma scritta.
Man mano che i conquistadores procedevano nell’invasione e nella sottomissione di quelle culture, venivano scoperti siti monumentali, spesso caratterizzati dalla presenza di piramidi, simili a quelle dell’antico Egitto.
Emblematiche in questo contesto sono le monumentali piramidi di Teotihuacan, nei pressi dell’attuale Città del Messico. Tutt’oggi gli studiosi si interrogano su che davvero le abbia costruite. Quel che è certo, è che quando gli Aztechi si impadronirono del sito, le piramidi già erano lì ed i nuovi occupanti battezzarono quel luogo proprio con questo nome, Teotihuacan, che, in lingua Nahuatl, significa “luogo in cui gli uomini diventano dei”.
Prima dell’arrivo degli Aztechi quel luogo era abitato dai Toltechi, ma anche essi si interrogavano su chi avesse costruito le piramidi.
Da rilevare che i Maya, la cui civiltà si sviluppò molto più a sud, erano sicuramente a conoscenza dell’esistenza di quel luogo.
Tra le raffigurazioni presenti nel sito di Teotihuacan, la più diffusa è quella di Quetzalcoatl, il Serpente piumato, al quale è dedicato anche un tempio.
Questa divinità veniva adorata in quasi tutte le civiltà precolombiane e la sua origine è molto antica.
Il Serpente piumato, il Signore del Sapere, era la divinità che aveva portato la conoscenza agli uomini e dato l’avvio alla civiltà. Quetzalcoatl insegnò agli uomini a misurare il tempo ed a conoscere il corso delle stelle e stabilì il corso dell’anno e delle stagioni; insegnò anche agli uomini l’agricoltura. Secondo la leggenda, Quetzalcoatl scomparve in cielo, ma prima di partire promise che un giorno sarebbe tornato. Questa divinità era adorata con nomi diversi da Olmechi, Mixtechi, Toltechi, Aztechi, Maya e Quichè. In particolare i Maya lo chiamavano Kukulkan, i Quichè Gukumatz, i Toltechi e, successivamente gli Aztechi, come già accennato, Quetzalcoatl.
La seconda parte della conferenza avrà luogo Sabato 17 Dicembre alle ore 21,15.
Ancora una volta il nostro Centro si pregia di invitarvi ad un evento di grande interesse a cui, naturalmente, non dovete assolutamente mancare!
La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando il numero 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it
Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.
Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.
mercoledì 23 novembre 2016
Piramidi e immortalità
A Legnano il prossimo 2 dicembre alle 21 presso Welcome hotel in via Grigna, 14si terrà il convegno "Piramidi e immortalità, magia, regalità e ritualità nell'Antico Regno" tenuto da Giacomo Caviller, importate egittologo italiano:
Ingresso libero
Ingresso libero
domenica 13 novembre 2016
Il giallo delle stanze segrete nella piramide di Cheope
tratto da Il Giornale del 7-11-2016
Una tecnica innovativa che utilizza particelle subatomiche svela l'ennesimo mistero della tomba del faraone
di Gianluca Grossi
C'è chi pensa che anche girando sottosopra l'Egitto, non verrebbe fuori granché. L'egittologia - scienza che prese piede ufficialmente nel 1809, con la pubblicazione Description de l'Egypte voluta da Napoleone - ha fatto passi da gigante, e tutte le grandi scoperte sembrano ormai appannaggio del passato (o di qualche film alla Indiana Jones).
Non tutti però sono d'accordo. Perché la tecnologia migliora e oggi sono possibili ricerche che anche solo pochi anni fa non potevano essere affrontate. È dunque sulla base di questa considerazione che alcuni scienziati della facoltà di Ingegneria del Cairo, affiancati da esperti del French Hip Institute, affermano di avere portato a termine un grande risultato: l'individuazione di due stanze segrete nella famosa piramide di Cheope.
È una delle costruzioni più note e importanti del panorama artistico egiziano e mondiale. Detta anche Grande Piramide di Giza, risale al 2560 a.C., e rappresenta la tomba del faraone Khufu, appartenente alla IV dinastia, nel Regno Antico. Raggiungeva i 146 metri e fino alla costruzione della cattedrale di Lincoln, in Inghilterra, rappresentò l'edificio più grande del mondo. La struttura architettonica è stata passata al vaglio dello ScanPyramids project, iniziato lo scorso ottobre; e ora in pieno svolgimento per ciò che riguarda altre costruzioni della piana di Giza. Si basa sull'impiego della muografia, tecnica in grado di «leggere» il cammino dei muoni, particelle subatomiche riconducibili ai raggi cosmici che giungono sulla Terra dallo spazio (parte della famiglia dei leptoni, con l'elettrone e i neutrini). «Viaggiano quasi alla velocità della luce, obbedendo a un flusso di circa 10mila metri quadrati al minuto», dicono gli esperti dello ScanPyramids project. «Sono particelle che possono attraversare metri e metri di pietra prima di essere assorbite». Gli scienziati hanno evidenziato delle anomalie strutturali nei pressi di uno dei principali corridoi interni della Grande Piramide e in corrispondenza del crinale nord-est, a circa 105 metri dal suolo; avvalendosi non solo della ricerca «muonica», ma anche dell'azione dei raggi infrarossi e della modellazione in 3D.
Come si intuisce la presenza di camere segrete? I muoni non viaggiano in modo uniforme, e sono pertanto capaci di suggerire le differenze che caratterizzano i materiali che attraversano; possono infatti essere assorbiti, ma anche deviati se finiscono contro una superficie più densa e compatta. Usando questo sistema si può dunque verificare la presenza di vani o zone nascoste che prima d'ora non erano mai venute alla luce. Una teoria, per la verità, che ha ancora bisogno di conferme. E non è un caso che il team abbia deciso di proseguire gli studi per un altro anno, promettendo nuovi risultati nei primi mesi del 2017; sotto la supervisione del Consiglio delle antichità egizie; dunque di Zahi Hawass, autarchico boss dell'egittologia da un ventennio a questa parte.
Il suo parere è ambiguo. Si pronuncia con riserva, dicendo che già in altri casi si erano avuti traguardi simili, senza grandi risultati pratici. Parla, infatti, di «anomalie», non di «cavità». «La piramide presenta al suo interno pietre di varie dimensioni», dice Hawass, «situazione che può portare a interpretare l'esistenza di cavità più grandi del normale».
C'è un caso clamoroso che non ha ancora smesso di fare rumore. Lo scorso anno, infatti, l'egittologo Nicholas Reeves affermò di avere scoperto due camere segrete adiacenti la tomba di Tutankhamon, leggendario faraone bambino della XVIII dinastia. L'intellighenzia scientifica sobbalzò, perché poteva essere davvero stato risolto uno dei più grandi misteri dell'archeologia: il luogo dove è sepolta Nefertiti, bellissima sovrana, moglie di Akhenaton, il faraone che portò in Egitto il monoteismo. «Sono sicuro al 70 per cento che troveremo qualcosa», rivelò Reeves. Ma le cose piano piano si sgonfiarono. Fino alla seconda conferenza annuale su Tutankhamon tenutasi a maggio di quest'anno, che ha del tutto ridimensionato la scoperta: «Non abbiamo prove conclusive», ha rivelato Khaled El-Enany, nuovo ministro egiziano delle Antichità, «sarà la scienza a parlare».
Insomma, in entrambi i casi, Cheope e Tutankhamon, sarà necessario riaggiornarsi per capire fino a che punto la muografia sia attendibile e in che modo sarà possibile ridare lustro ad antichi tesori sepolti. Intanto vale la pena godersi il presente, e ricordare le sagge parole di Mehdi Tayoubi, dell'Hip Institute: «Molti studi condotti in passato non hanno avuto successo, ma hanno senz'altro contribuito a migliorare le nostre conoscenze sul mondo dell'antico Egitto. Così - al di là dei risultati che perverranno - dovrebbe essere interpretato il nostro lavoro: creare delle solidi basi per le missioni scientifiche e archeologiche del futuro».
Una tecnica innovativa che utilizza particelle subatomiche svela l'ennesimo mistero della tomba del faraone
di Gianluca Grossi
C'è chi pensa che anche girando sottosopra l'Egitto, non verrebbe fuori granché. L'egittologia - scienza che prese piede ufficialmente nel 1809, con la pubblicazione Description de l'Egypte voluta da Napoleone - ha fatto passi da gigante, e tutte le grandi scoperte sembrano ormai appannaggio del passato (o di qualche film alla Indiana Jones).
Non tutti però sono d'accordo. Perché la tecnologia migliora e oggi sono possibili ricerche che anche solo pochi anni fa non potevano essere affrontate. È dunque sulla base di questa considerazione che alcuni scienziati della facoltà di Ingegneria del Cairo, affiancati da esperti del French Hip Institute, affermano di avere portato a termine un grande risultato: l'individuazione di due stanze segrete nella famosa piramide di Cheope.
È una delle costruzioni più note e importanti del panorama artistico egiziano e mondiale. Detta anche Grande Piramide di Giza, risale al 2560 a.C., e rappresenta la tomba del faraone Khufu, appartenente alla IV dinastia, nel Regno Antico. Raggiungeva i 146 metri e fino alla costruzione della cattedrale di Lincoln, in Inghilterra, rappresentò l'edificio più grande del mondo. La struttura architettonica è stata passata al vaglio dello ScanPyramids project, iniziato lo scorso ottobre; e ora in pieno svolgimento per ciò che riguarda altre costruzioni della piana di Giza. Si basa sull'impiego della muografia, tecnica in grado di «leggere» il cammino dei muoni, particelle subatomiche riconducibili ai raggi cosmici che giungono sulla Terra dallo spazio (parte della famiglia dei leptoni, con l'elettrone e i neutrini). «Viaggiano quasi alla velocità della luce, obbedendo a un flusso di circa 10mila metri quadrati al minuto», dicono gli esperti dello ScanPyramids project. «Sono particelle che possono attraversare metri e metri di pietra prima di essere assorbite». Gli scienziati hanno evidenziato delle anomalie strutturali nei pressi di uno dei principali corridoi interni della Grande Piramide e in corrispondenza del crinale nord-est, a circa 105 metri dal suolo; avvalendosi non solo della ricerca «muonica», ma anche dell'azione dei raggi infrarossi e della modellazione in 3D.
Come si intuisce la presenza di camere segrete? I muoni non viaggiano in modo uniforme, e sono pertanto capaci di suggerire le differenze che caratterizzano i materiali che attraversano; possono infatti essere assorbiti, ma anche deviati se finiscono contro una superficie più densa e compatta. Usando questo sistema si può dunque verificare la presenza di vani o zone nascoste che prima d'ora non erano mai venute alla luce. Una teoria, per la verità, che ha ancora bisogno di conferme. E non è un caso che il team abbia deciso di proseguire gli studi per un altro anno, promettendo nuovi risultati nei primi mesi del 2017; sotto la supervisione del Consiglio delle antichità egizie; dunque di Zahi Hawass, autarchico boss dell'egittologia da un ventennio a questa parte.
Il suo parere è ambiguo. Si pronuncia con riserva, dicendo che già in altri casi si erano avuti traguardi simili, senza grandi risultati pratici. Parla, infatti, di «anomalie», non di «cavità». «La piramide presenta al suo interno pietre di varie dimensioni», dice Hawass, «situazione che può portare a interpretare l'esistenza di cavità più grandi del normale».
C'è un caso clamoroso che non ha ancora smesso di fare rumore. Lo scorso anno, infatti, l'egittologo Nicholas Reeves affermò di avere scoperto due camere segrete adiacenti la tomba di Tutankhamon, leggendario faraone bambino della XVIII dinastia. L'intellighenzia scientifica sobbalzò, perché poteva essere davvero stato risolto uno dei più grandi misteri dell'archeologia: il luogo dove è sepolta Nefertiti, bellissima sovrana, moglie di Akhenaton, il faraone che portò in Egitto il monoteismo. «Sono sicuro al 70 per cento che troveremo qualcosa», rivelò Reeves. Ma le cose piano piano si sgonfiarono. Fino alla seconda conferenza annuale su Tutankhamon tenutasi a maggio di quest'anno, che ha del tutto ridimensionato la scoperta: «Non abbiamo prove conclusive», ha rivelato Khaled El-Enany, nuovo ministro egiziano delle Antichità, «sarà la scienza a parlare».
Insomma, in entrambi i casi, Cheope e Tutankhamon, sarà necessario riaggiornarsi per capire fino a che punto la muografia sia attendibile e in che modo sarà possibile ridare lustro ad antichi tesori sepolti. Intanto vale la pena godersi il presente, e ricordare le sagge parole di Mehdi Tayoubi, dell'Hip Institute: «Molti studi condotti in passato non hanno avuto successo, ma hanno senz'altro contribuito a migliorare le nostre conoscenze sul mondo dell'antico Egitto. Così - al di là dei risultati che perverranno - dovrebbe essere interpretato il nostro lavoro: creare delle solidi basi per le missioni scientifiche e archeologiche del futuro».
sabato 5 novembre 2016
I MISTERI DELL’ARCHEOLOGIA EGIZIA
Sabato 12 Novembre 2016 e.v. alle ore 21,15 presso i locali del Centro Studi e Ricerche C.T.A. 102 - Via Don Minzoni 39, Bellinzago Novarese (NO) - nell’ambito delle serate dedicate agli “Incontri con l’Autore”, la nostra Associazione ha il piacere di invitarvi ad un’interessantissima serata in compagnia di MASSIMO BARBETTA IL quale ci parlerà sul tema:
“I MISTERI DELL’ARCHEOLOGIA EGIZIA”.
Gli antichi egizi erano estremamente interessati all'astronomia, che essi ponevano in correlazione con la religione e le manifestazioni dei loro dei. Il loro interesse, tuttavia, in chiave cosmologica, ricadeva su di un'area di cielo relativamente estesa, che comprendeva 2 complete costellazioni zodiacali, e la parte occidentale di una terza costellazione zodiacale. A queste si aggiungevano 1 costellazione posta subito sotto la fascia zodiacale, molto nota al pubblico grazie agli studi di Robert Bauval, e le parti settentrionale di due costellazioni adiacenti poste subito sotto la fascia zodiacale. Gli egizi correlavano tale territorio celeste al concetto delle "Acque celesti" o cosmiche. All'interno di quest'area era precisamente collocato, molto verosimilmente, sia il "Duat" o Regno Infero, associato al Mondo dei Morti, sia il luogo da cui provenivano i loro dei ed a cui essi, tornavano periodicamente, (accompagnando, talvolta, secondo leggende antichissime, il faraone nel loro viaggio). Questo preciso luogo celeste, connesso con la Vita e con la Creazione, era considerato come un "Utero" che apparteneva alla dea del Cielo. I faraoni, nelle loro tombe, onoravano ed adoravano in maniera devota questo specifico luogo celeste, correlato agli stessi dei che da lì provenivano. Questo lontanissimo luogo era raggiunto tramite 3 condotti o corridoi, dalla forma stretta, sinuosa, simile ad un serpente entro cui si muoveva, a velocità folle la barca del dio Ra, per poi arrestarsi un avolta uscita da questto 'tunnel'. Gli antichi egizi dovevano mantenere il più stretto riserbo sul luogo e sulle modalità per raggiungere questo luogo e solo ai faraoni era consentito di poterne parlare, nelle loro tombe, sia pure in forma molto criptata e nascosta, come manifestazioni del loro rapporto elettivo e speciale con i loro dei. I dignitari che ambivano a mostrare il cielo, nelle loro tombe, quando si trovavano in corrispondenza di quest'area di cielo, "Top Secret" o, meglio "Cosmic Secret", dovevano usare criptature ed omissioni secondo un codice ben preciso e regolato, che nascondesse sistematicamente, per rispetto verso gli dei, ogni specifica allusione a queste conoscenze segrete.
Massimo Barbetta (1961) Medico oculista, è appassionato degli studi classici e delle lingue antiche: latino e greco, e, in forma amatoriale, di ebraico e geroglifico. Da oltre 15 anni è cultore della storia medievale, della cultura e delle leggende dei sumeri, dei babilonesi, degli ebrei, dei greci e dei romani. Collaboratore delle riviste “Mystero”, “Archeo-Misteri” ed “UFO-Notiziario”, è membro del “C.I.R.P.E.T.” (Comitato Interdisciplinare per le Ricerche Proto-storiche e Tradizionali) e partecipa da anni, con personali relazioni, a congressi e conferenze su questi temi. Da più di 12 anni si occupa attivamente di ricerche e approfondimenti sulla cultura dell’Antico Egitto e sull’Archeo-Astronomia, avendo pubblicato le sue ricerche in oltre 40 articoli, in questi e altri campi di indagine, sulla rivista “Archeo-Misteri”. È autore del volume “Stargate il Cielo degli Egizi”, Uno Editori.
Ancora una volta il nostro Centro si pregia di invitarvi ad un evento di grande interesse a cui, naturalmente, non dovete assolutamente mancare!
La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando il numero 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it
Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.
Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.
“I MISTERI DELL’ARCHEOLOGIA EGIZIA”.
Gli antichi egizi erano estremamente interessati all'astronomia, che essi ponevano in correlazione con la religione e le manifestazioni dei loro dei. Il loro interesse, tuttavia, in chiave cosmologica, ricadeva su di un'area di cielo relativamente estesa, che comprendeva 2 complete costellazioni zodiacali, e la parte occidentale di una terza costellazione zodiacale. A queste si aggiungevano 1 costellazione posta subito sotto la fascia zodiacale, molto nota al pubblico grazie agli studi di Robert Bauval, e le parti settentrionale di due costellazioni adiacenti poste subito sotto la fascia zodiacale. Gli egizi correlavano tale territorio celeste al concetto delle "Acque celesti" o cosmiche. All'interno di quest'area era precisamente collocato, molto verosimilmente, sia il "Duat" o Regno Infero, associato al Mondo dei Morti, sia il luogo da cui provenivano i loro dei ed a cui essi, tornavano periodicamente, (accompagnando, talvolta, secondo leggende antichissime, il faraone nel loro viaggio). Questo preciso luogo celeste, connesso con la Vita e con la Creazione, era considerato come un "Utero" che apparteneva alla dea del Cielo. I faraoni, nelle loro tombe, onoravano ed adoravano in maniera devota questo specifico luogo celeste, correlato agli stessi dei che da lì provenivano. Questo lontanissimo luogo era raggiunto tramite 3 condotti o corridoi, dalla forma stretta, sinuosa, simile ad un serpente entro cui si muoveva, a velocità folle la barca del dio Ra, per poi arrestarsi un avolta uscita da questto 'tunnel'. Gli antichi egizi dovevano mantenere il più stretto riserbo sul luogo e sulle modalità per raggiungere questo luogo e solo ai faraoni era consentito di poterne parlare, nelle loro tombe, sia pure in forma molto criptata e nascosta, come manifestazioni del loro rapporto elettivo e speciale con i loro dei. I dignitari che ambivano a mostrare il cielo, nelle loro tombe, quando si trovavano in corrispondenza di quest'area di cielo, "Top Secret" o, meglio "Cosmic Secret", dovevano usare criptature ed omissioni secondo un codice ben preciso e regolato, che nascondesse sistematicamente, per rispetto verso gli dei, ogni specifica allusione a queste conoscenze segrete.
Massimo Barbetta (1961) Medico oculista, è appassionato degli studi classici e delle lingue antiche: latino e greco, e, in forma amatoriale, di ebraico e geroglifico. Da oltre 15 anni è cultore della storia medievale, della cultura e delle leggende dei sumeri, dei babilonesi, degli ebrei, dei greci e dei romani. Collaboratore delle riviste “Mystero”, “Archeo-Misteri” ed “UFO-Notiziario”, è membro del “C.I.R.P.E.T.” (Comitato Interdisciplinare per le Ricerche Proto-storiche e Tradizionali) e partecipa da anni, con personali relazioni, a congressi e conferenze su questi temi. Da più di 12 anni si occupa attivamente di ricerche e approfondimenti sulla cultura dell’Antico Egitto e sull’Archeo-Astronomia, avendo pubblicato le sue ricerche in oltre 40 articoli, in questi e altri campi di indagine, sulla rivista “Archeo-Misteri”. È autore del volume “Stargate il Cielo degli Egizi”, Uno Editori.
Ancora una volta il nostro Centro si pregia di invitarvi ad un evento di grande interesse a cui, naturalmente, non dovete assolutamente mancare!
La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando il numero 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it
Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.
Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.
mercoledì 2 novembre 2016
Il codice di Hammurabi
tratto da Centro Studi La Runa: http://www.centrostudilaruna.it/codicedihammurabi.html
di Francesca Ruotolo
La storia
Il codice di Hammurabi è l’unico testo di leggi pervenuto in versione originale e risale XVIII secolo a.C.
Si tratta di una stele in basalto alta 2,25 mt, collocata in origine nella città di Sippar all’interno del tempio del dio Shamash, il dio Sole della giustizia; attualmente è conservata a Parigi, nel Museo del Louvre. Probabilmente in origine la stele si trovava a Babilonia, capitale del regno e sede del tempio del dio Marduk, protettore della dinastia amorrea, da cui Hammurabi stesso discendeva. Portata via nel XII secolo a.C. dal sovrano elamita Shutruk – Nahhunte I come bottino di guerra insieme ad altre numerose opere d’arte, è stata ritrovata nella città di Susa. Il suo rinvenimento è avvenuto nell’inverno tra il 1901 e il 1902, durante la campagna di scavi francese a Susa. Fu riportata alla luce dalla Delegazione Persiana a Susa, diretta da Jacques de Morgan, durante gli scavi condotti sulla sommità dell’acropoli della stessa città. Nel dicembre 1901 Gustave Jéquier ne scoprì due grandi frammenti presso le rovine del tempio del dio Inshushinak (dio protettore del sovrano elamita). Ma solo nel gennaio 1902 fu ritrovata la parte più importante della stele, la sua parte superiore, sepolta a testa in giù (probabilmente gettata, in quella specie di cantina in cui è stata ritrovata, all’epoca di Assurbannipal, durante la presa di Susa da parte di quest’ultimo).
Cos’è
hammurabi-di-babiloniaParticolare sia nella forma che nel contenuto, la stele, scolpita in un unico blocco di basalto, presenta aspetto slanciato e forma irregolare. Date le sue dimensioni, il monolite fu probabilmente trasportato a Babilonia attraverso i fiumi. Il basalto di cui è fatta la stele è un basalto nero a olivina, percorso da venature bianche che donano uno splendore vitreo alla stele. La sommità del monumento è arrotondata, mentre la parte bassa forma una specie di zoccolo quadrangolare di forma irregolare, più alto dietro che avanti, sui cui angoli smussati si ritrovano i segni dei numerosi trasporti subiti. Nella parte superiore della stele, a forma di lunetta, è scolpita l’immagine di Hammurabi che presenta le sue leggi al dio Sole, che in cambio gli dona la verga e l’anello, simboli della regalità, posizionati al centro della scena scolpita per indicarne l’importanza. La scena raffigura, dunque, l’investitura ufficiale del sovrano. Si tratta di un tentativo di legittimazione della presa di potere da parte di Hammurabi che riceve, in questo modo, l’approvazione e la protezione di Shamash: il documento appartiene ad un periodo storico in cui il sovrano non è più divinizzato in vita e la fonte del potere torna ad essere la divinità. Pertanto, il sovrano diventerà un dio solo dopo la sua morte e fungerà da intermediario tra uomini e dei.
Il testo
Il testo occupa la maggior parte della stele e costituisce la ragion d’essere del monumento. È scritto in akkadico con scrittura cuneiforme ed è composto da circa quattromila righe di testo (di cui se ne sono conservate circa tremilacinquecento); rappresenta un’ eccezionale fonte per la conoscenza e la comprensione della situazione socio – economica del regno di Hammurabi. Il testo si apre con la dedica al dio Shamash: il sovrano, attento alla giustizia, si presenta come giusto e come buon padre per il suo popolo, che egli cura come fa il pastore con il suo gregge (tema di influenza amorrea).
Il codice è scritto con grafia arcaizzante e la scrittura procede dall’alto in basso e da destra a sinistra. Questo modo di disporre il testo è una caratteristica delle iscrizioni monumentali su pietra, più conservatrici e solenni, in cui la scrittura e la lingua sono curate con grande attenzione. Escluso alcuni paragrafi martellati di proposito dal sovrano elamità che trafugò la stele per inserirvi il proprio nome, il codice è intatto.
Il testo è composto da un prologo, 282 paragrafi ed un epilogo: ha, quindi, la struttura di un’opera letteraria. Prologo ed epilogo sono scritti in lingua colta allo scopo di esaltare il carattere monumentale e la portata ufficiale della stele. La lingua in cui è scritta la parte legale, invece, è più vicina alla lingua comune, con un tipo di scrittura semplificata che utilizza un numero ristretto di segni affinché, come da volere del sovrano, il testo venisse compreso da tutti.
hammurabi-di-babilonia Nel prologo e nell’epilogo viene esaltata la potenza degli dei che hanno chiamato il sovrano alla regalità affinché affermasse la giustizia divina e proteggesse i deboli. Il prologo, a carattere storico, narra l’investitura del re, la formazione del suo regno e l’impegno che egli pone nella realizzazione dei suoi sudditi. Hammurabi è sovrano del suo popolo per scelta divina, re giusto, guardiano e protettore dei deboli e degli oppressi, attento alle esigenze dei sudditi e ai riti di culto. Nell’epilogo, a carattere lirico, si parla della giustizia del sovrano e delle sue conquiste: è questa, infatti, una delle migliori fonti per la storia della formazione della potenza babilonese, attraverso cui è possibile ricostruire la cronologia relativa agli avvenimenti più importanti relativi al regno di Hammurabi.
Quanto alla struttura interna, il codice è composto da dieci sezioni, dedicate ognuna ad un argomento differente e collegate tra loro per associazione di idee. Oltre all’elenco di leggi promulgate dal sovrano, all’interno di ogni sezione viene dedicato spazio anche alle pene da assegnare ai colpevoli di un reato. La pena era legata allo stato giuridico del colpevole e a quello del danneggiato. La famosissima legge del taglione, “occhio per occhio, dente per dente”, è compresa nella VI sezione, dedicata alle ferite corporali e ai danni alla persona. È applicata in caso di danno involontario, mentre per quello volontario sono previsti indennizzi economici. Il taglione è legato a tradizioni di origine amorrea ed entrò in vigore come tentativo da parte del sovrano di porre un freno, tramite la legge, alla tradizione antichissima e ben radicata presso le popolazioni vicino–orientali di farsi vendetta da sé e in modo indiscriminato. Il codice di Hammurabi è il primo elenco di leggi, nella storia dell’umanità, che dia importanza alla persona e ne riconosca il valore.
Cos’è in realtà
Enrico Ascalone, Mesopotamia. Assiri, sumeri e babilonesi L’opera di Hammurabi fu, a tutti gli effetti, un modello letterario: ne sono testimonianza le numerose copie in argilla ritrovate in tutta la Mesopotamia, copie in cui si riscontrano differenze interne che dimostrano l’esistenza di numerose varianti del testo originario. La stele rappresenta un’immagine del potere, il bilancio di un regno prestigioso, un testamento politico destinato ai futuri sovrani, che propone loro un modello di regno basato sulla giustizia e sull’equità. Ma quello che prevale nell’opera è l’intento propagandistico, più che quello normativo: il testo vuol rendere l’idea di un mondo ordinato grazie al controllo del sovrano, e prospero perché governato bene.
In realtà, infatti, i testi economici che risalgono alla stessa epoca in cui fu redatto il codice di Hammurabi forniscono testimonianza del fatto che i prezzi di vendita / affitto menzionati dal codice non erano quelli realmente applicati, ma semplicemente quelli ideali, ritenuti “giusti”. É come se si decidessero in modo centralizzato prezzi di affitti e case in vendita ma fossero valori puramente ipotetici. In altri termini, i prezzi di cui si parla nella stele sono dei prezzi bassi, relativi ad un regno prospero e ben governato quale avrebbe dovuto essere quello di Hammurabi, sovrano legittimo e giusto. La realtà dei fatti, però, era ben diversa: il regno di Babilonia attraversava un momento di forte crisi economica ed i prezzi non coincidevano con quelli realmente applicati. Siamo di fronte, quindi, ad un testo in cui la realtà viene idealizzata e in cui si vuol dare, a chi lo legge, l’immagine di come sarebbe dovuto essere il paese. L’uso della scrittura era privilegio di pochi e proprio per questo, nell’immaginario collettivo, assumeva un valore quasi magico. Si credeva, di conseguenza, che tutto ciò che veniva scritto diventasse vero ed avesse, quindi, valore di verità. È questa, in conclusione, la finalità con cui venne scritto il codice di Hammurabi.
* * *
Bibliografia
André – Salvini B., Le “code” de Hammurabi, Louvre, Réunion des Musées Nationaux, collection SOLO (27), Département des Antiquités Orientales.
Bottéro J., Le “code” de Hammurabi, dans Mésopotamie: l’écriture, la raison et les dieux, nrf gallimard, Paris, 1987, pag. 191 – 223.
Roth M. T., Law Collections from Mesopotamia and Asia Minor, Atlanta, Scholar Press, 1995, pag. 71 e ssg.
di Francesca Ruotolo
La storia
Il codice di Hammurabi è l’unico testo di leggi pervenuto in versione originale e risale XVIII secolo a.C.
Si tratta di una stele in basalto alta 2,25 mt, collocata in origine nella città di Sippar all’interno del tempio del dio Shamash, il dio Sole della giustizia; attualmente è conservata a Parigi, nel Museo del Louvre. Probabilmente in origine la stele si trovava a Babilonia, capitale del regno e sede del tempio del dio Marduk, protettore della dinastia amorrea, da cui Hammurabi stesso discendeva. Portata via nel XII secolo a.C. dal sovrano elamita Shutruk – Nahhunte I come bottino di guerra insieme ad altre numerose opere d’arte, è stata ritrovata nella città di Susa. Il suo rinvenimento è avvenuto nell’inverno tra il 1901 e il 1902, durante la campagna di scavi francese a Susa. Fu riportata alla luce dalla Delegazione Persiana a Susa, diretta da Jacques de Morgan, durante gli scavi condotti sulla sommità dell’acropoli della stessa città. Nel dicembre 1901 Gustave Jéquier ne scoprì due grandi frammenti presso le rovine del tempio del dio Inshushinak (dio protettore del sovrano elamita). Ma solo nel gennaio 1902 fu ritrovata la parte più importante della stele, la sua parte superiore, sepolta a testa in giù (probabilmente gettata, in quella specie di cantina in cui è stata ritrovata, all’epoca di Assurbannipal, durante la presa di Susa da parte di quest’ultimo).
Cos’è
hammurabi-di-babiloniaParticolare sia nella forma che nel contenuto, la stele, scolpita in un unico blocco di basalto, presenta aspetto slanciato e forma irregolare. Date le sue dimensioni, il monolite fu probabilmente trasportato a Babilonia attraverso i fiumi. Il basalto di cui è fatta la stele è un basalto nero a olivina, percorso da venature bianche che donano uno splendore vitreo alla stele. La sommità del monumento è arrotondata, mentre la parte bassa forma una specie di zoccolo quadrangolare di forma irregolare, più alto dietro che avanti, sui cui angoli smussati si ritrovano i segni dei numerosi trasporti subiti. Nella parte superiore della stele, a forma di lunetta, è scolpita l’immagine di Hammurabi che presenta le sue leggi al dio Sole, che in cambio gli dona la verga e l’anello, simboli della regalità, posizionati al centro della scena scolpita per indicarne l’importanza. La scena raffigura, dunque, l’investitura ufficiale del sovrano. Si tratta di un tentativo di legittimazione della presa di potere da parte di Hammurabi che riceve, in questo modo, l’approvazione e la protezione di Shamash: il documento appartiene ad un periodo storico in cui il sovrano non è più divinizzato in vita e la fonte del potere torna ad essere la divinità. Pertanto, il sovrano diventerà un dio solo dopo la sua morte e fungerà da intermediario tra uomini e dei.
Il testo
Il testo occupa la maggior parte della stele e costituisce la ragion d’essere del monumento. È scritto in akkadico con scrittura cuneiforme ed è composto da circa quattromila righe di testo (di cui se ne sono conservate circa tremilacinquecento); rappresenta un’ eccezionale fonte per la conoscenza e la comprensione della situazione socio – economica del regno di Hammurabi. Il testo si apre con la dedica al dio Shamash: il sovrano, attento alla giustizia, si presenta come giusto e come buon padre per il suo popolo, che egli cura come fa il pastore con il suo gregge (tema di influenza amorrea).
Il codice è scritto con grafia arcaizzante e la scrittura procede dall’alto in basso e da destra a sinistra. Questo modo di disporre il testo è una caratteristica delle iscrizioni monumentali su pietra, più conservatrici e solenni, in cui la scrittura e la lingua sono curate con grande attenzione. Escluso alcuni paragrafi martellati di proposito dal sovrano elamità che trafugò la stele per inserirvi il proprio nome, il codice è intatto.
Il testo è composto da un prologo, 282 paragrafi ed un epilogo: ha, quindi, la struttura di un’opera letteraria. Prologo ed epilogo sono scritti in lingua colta allo scopo di esaltare il carattere monumentale e la portata ufficiale della stele. La lingua in cui è scritta la parte legale, invece, è più vicina alla lingua comune, con un tipo di scrittura semplificata che utilizza un numero ristretto di segni affinché, come da volere del sovrano, il testo venisse compreso da tutti.
hammurabi-di-babilonia Nel prologo e nell’epilogo viene esaltata la potenza degli dei che hanno chiamato il sovrano alla regalità affinché affermasse la giustizia divina e proteggesse i deboli. Il prologo, a carattere storico, narra l’investitura del re, la formazione del suo regno e l’impegno che egli pone nella realizzazione dei suoi sudditi. Hammurabi è sovrano del suo popolo per scelta divina, re giusto, guardiano e protettore dei deboli e degli oppressi, attento alle esigenze dei sudditi e ai riti di culto. Nell’epilogo, a carattere lirico, si parla della giustizia del sovrano e delle sue conquiste: è questa, infatti, una delle migliori fonti per la storia della formazione della potenza babilonese, attraverso cui è possibile ricostruire la cronologia relativa agli avvenimenti più importanti relativi al regno di Hammurabi.
Quanto alla struttura interna, il codice è composto da dieci sezioni, dedicate ognuna ad un argomento differente e collegate tra loro per associazione di idee. Oltre all’elenco di leggi promulgate dal sovrano, all’interno di ogni sezione viene dedicato spazio anche alle pene da assegnare ai colpevoli di un reato. La pena era legata allo stato giuridico del colpevole e a quello del danneggiato. La famosissima legge del taglione, “occhio per occhio, dente per dente”, è compresa nella VI sezione, dedicata alle ferite corporali e ai danni alla persona. È applicata in caso di danno involontario, mentre per quello volontario sono previsti indennizzi economici. Il taglione è legato a tradizioni di origine amorrea ed entrò in vigore come tentativo da parte del sovrano di porre un freno, tramite la legge, alla tradizione antichissima e ben radicata presso le popolazioni vicino–orientali di farsi vendetta da sé e in modo indiscriminato. Il codice di Hammurabi è il primo elenco di leggi, nella storia dell’umanità, che dia importanza alla persona e ne riconosca il valore.
Cos’è in realtà
Enrico Ascalone, Mesopotamia. Assiri, sumeri e babilonesi L’opera di Hammurabi fu, a tutti gli effetti, un modello letterario: ne sono testimonianza le numerose copie in argilla ritrovate in tutta la Mesopotamia, copie in cui si riscontrano differenze interne che dimostrano l’esistenza di numerose varianti del testo originario. La stele rappresenta un’immagine del potere, il bilancio di un regno prestigioso, un testamento politico destinato ai futuri sovrani, che propone loro un modello di regno basato sulla giustizia e sull’equità. Ma quello che prevale nell’opera è l’intento propagandistico, più che quello normativo: il testo vuol rendere l’idea di un mondo ordinato grazie al controllo del sovrano, e prospero perché governato bene.
In realtà, infatti, i testi economici che risalgono alla stessa epoca in cui fu redatto il codice di Hammurabi forniscono testimonianza del fatto che i prezzi di vendita / affitto menzionati dal codice non erano quelli realmente applicati, ma semplicemente quelli ideali, ritenuti “giusti”. É come se si decidessero in modo centralizzato prezzi di affitti e case in vendita ma fossero valori puramente ipotetici. In altri termini, i prezzi di cui si parla nella stele sono dei prezzi bassi, relativi ad un regno prospero e ben governato quale avrebbe dovuto essere quello di Hammurabi, sovrano legittimo e giusto. La realtà dei fatti, però, era ben diversa: il regno di Babilonia attraversava un momento di forte crisi economica ed i prezzi non coincidevano con quelli realmente applicati. Siamo di fronte, quindi, ad un testo in cui la realtà viene idealizzata e in cui si vuol dare, a chi lo legge, l’immagine di come sarebbe dovuto essere il paese. L’uso della scrittura era privilegio di pochi e proprio per questo, nell’immaginario collettivo, assumeva un valore quasi magico. Si credeva, di conseguenza, che tutto ciò che veniva scritto diventasse vero ed avesse, quindi, valore di verità. È questa, in conclusione, la finalità con cui venne scritto il codice di Hammurabi.
* * *
Bibliografia
André – Salvini B., Le “code” de Hammurabi, Louvre, Réunion des Musées Nationaux, collection SOLO (27), Département des Antiquités Orientales.
Bottéro J., Le “code” de Hammurabi, dans Mésopotamie: l’écriture, la raison et les dieux, nrf gallimard, Paris, 1987, pag. 191 – 223.
Roth M. T., Law Collections from Mesopotamia and Asia Minor, Atlanta, Scholar Press, 1995, pag. 71 e ssg.
sabato 29 ottobre 2016
EL SECRETO DE LOS PLATILLOS VOLANTES
Appena arrivato in Libreria. EL SECRETO DE LOS PLATILLOS VOLANTES, di Juan Antonio De Laiglesia (Madrid, Editorial "Saturnino Calleja", 1952). Uno dei libri spagnoli più rari sui dischi volanti. Si tratta in realtà di un romanzo, ma va a "cavalcare" quel sentimento popolare e quella verve che già aveva attraversato gli Stati Uniti (apprestandosi a coinvolgere l'Europa e il mondo intero) e costituendo un fenomeno che, a distanza di 64 anni, è ben lungi dall'essere spiegato. Sul libro in questione vedere pp. 43-44 del mio "Dischi volanti e mondi perduti" (Macerata, Biblohaus, 2008), sempre che ne troviate ancora una copia...
Segnalatoci da Simone Berni, bibliofilo e cacciatore di libri è ideatore di Bookle.org nuovo super motore di ricerca per libri rari, nuovi e usati. Se c'è un libro che state cercando senza successo e soprattutto se non avete tempo da dedicarci, Bookle.org è il sito che fa per voi.
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