tratto da Il Giornale del 27/09/2011
Un volume racconta i misteri e i segreti che si nascondono negli angoli e negli
scorci più caratteristici e più comuni della città. Una storia di Milano in
chiave esoterica che finora mancava in libreria
di Stefano Giani
Milano è città sobria, poco incline - di suo - a cedere alle fantasie. Alle
suggestioni. Ai miraggi. Anche quando questi sembrano conferire a palazzi e
parchi storie leggendarie di misteri e fantasmi. Eppure la capitale morale ha
molte favole da raccontare per stimolare l'immaginazione e solleticare il nervo
debole di chi crede che sì, insomma, i fantasmi esistano davvero. E ora questa
letteratura, fatta di tradizioni e forse in parte anche di invenzioni cui è
tuttavia suggestivo credere, rivive in un libro che le raccoglie come un
romanzo. E narra la vita avventurosa di Milano ultra sensoriale. Pochi ufo, anzi
zero. Tanti fantasmi e creature ultramondane. Anche in angoli familiari per chi
la città la vive e la gira e per i tanti turisti che l'attraversano, guida alla
mano, per scoprirne gli scorci più affascinanti. E, perché no, ricchi di
fiabesco glamour.
«I fantasmi di Milano» (Newton Compton, pp233, euro 12.90)
sono infatti un grande affresco ricomposto da Giovanna Furio, che ha esordito
nel 2006 nella narrativa, ma di professione è traduttrice e coltiva la passione
dell'esoterismo. Ingredienti determinanti per creare una storia della città come
raramente si è vista finora. Nel senso che misteri e leggende fatte di fantasmi
ed ectoplasmi hanno affollato incidentalmente molti altri volumi che hanno reso
il capoluogo lombardo il loro soggetto specifico, ma disperdendosi per così dire
in mille rivoli che nelle pagine della Furio ora trovano una coerenza
unitaria.
E allora ecco che spunta il mai chiarito interrogativo sulla casa
più disabitata della città. Quella che Ignazio Gardella, architetto di fama
internazionale, costruì nell'intervallo fra le due guerre. Pieno centro. Con
affaccio sul Castello. Non è mai stata abitata. Dicono che sia infestata dai
fantasmi e, in assenza di vento o altre correnti, porte si chiudano senza motivo
e finestre sbattano senza ragione. Si parla anche di bruschi e improvvisi
abbassamenti di temperatura. Di ombre che si aggirano furtive. Di presenze con
cui nessuno vuol convivere. Anche oggi è velata dai ponteggi, ma all'interno
sembra che nessuno abbia mai voluto stare.
E il Castello sforzesco. Cuore
pulsante dell'esoterismo alla meneghina. Dicono che nella notte dei morti, tra
l'1 e il 2 novembre, i fantasmi di chi ha abitato quelle nobili mura si aggirino
nel parco che lo circonda. Ludovico il Moro, la moglie Beatrice d'Este,
l'acerrima nemica Isabella d'Aragona, la pericolosa cognata Bona di Savoia o
l'amante Cecilia Gallerani (ritratta da Leonardo come la dama con l'ermellino)
sarebbero i volti che popolano quei fazzoletti d'erba.
Per non parlare di
Satana, che avrebbe addirittura abitato a Milano. Corso di Porta Romana. Al
civico 3. Si nascondeva dietro le fattezze del marchese di Cisterna, al secolo
Ludovico Acerbi. Che nel Seicento ne fu il proprietario. E organizzava feste e
banchetti mentre la città veniva sterminata dalla peste. La paura si diffondeva
pari al contagio e la gente si rintanava in casa convinta di trovare un riparo
all'epidemia. L'unico che sfidasse il morbo senza timori era il marchese, presto
da tutti ritenuto il diavolo in persona perché solo qualcosa di diabolico poteva
permettergli di vivere così sfrontatamente una tragedia in cui era destinato a
restare immune all'assalto del virus.
Blog dedicato ai misteri, esoterismo, antiche civiltà, leggende, Graal, Atlantide, ufo, magia
domenica 13 ottobre 2013
domenica 6 ottobre 2013
Demoni, streghe e case «maledette» Quel che resta della Milano esoterica
tratto da Il Giornale del 06/03/2006
Origini «occulte» anche per Palazzo Imbonati e la Torretta a Sesto San Giovanni
Enrico Groppali
Sarà una maledizione atavica o l'ennesimo caso fortuito ma, ogni volta che ricorre laggettivo «esoterico», prima o poi si materializza leterno nemico delluomo. Ossia Sua Maestà Belzebù. Il quale, nella città di Sant'Ambrogio, ha lasciato ben più che qualche rara vestigia del suo passaggio. Anche se la più sconvolgente testimonianza di un culto ereticale che confina col satanismo è oggi rintracciabile fuori porta nella sacra cinta dell'Abbazia di Chiaravalle. Dove in una tomba (poi svuotata su richiesta dellautorità ecclesiastica) riposavano i resti mortali di una strega. Detta la Boema o, dal suo nome di nascita, Guglielmina che un giorno approdò vestita di cenci nel capoluogo lombardo. Guglielmina, chi era costei?
Nient'altro che una monaca eretica che verso il 1260, quando Milano era percorsa dalle orde dei Flagellanti, si staccò clamorosamente dalla Confraternita dei Disciplini della Morte, deputati ad assistere i condannati al supplizio, per fondare una setta «protofemminista» stranamente benvoluta dallalta società ambrosiana. Nominata al suo fianco, come assistente privilegiata destinata a succederle, la nobile Manfreda (o Maifreda) Visconti che, per amore della santona, smise da un giorno all'altro l'abito delle Umiliate. Guglielmina, divenuta guida spirituale di nobili e borghesi, fu presto adorata come la reincarnazione di Cristo.
Ma la Boema non si limitò a ripeterne il viaggio terreno in vesti femminili. Nella sua infiammata oratoria era infatti, di volta in volta, sia il Gesù dei Vangeli che Maria di Nazareth dal momento che, giunta in Italia in compagnia di un figlioletto, a suo dire ben poteva fregiarsi dellappellativo di Vergine e Madre. Dopo la morte (pare per cause naturali) di questa antesignana di Mamma Ebe che spillava ricche donazioni in nome del rinnovamento della Chiesa, Manfreda proclamata papessa celebrò messa il giorno di Pasqua e annunciò, da fida apostola, limminente resurrezione di Guglielmina che tuttavia, prima di rientrare trionfalmente a Milano, si sarebbe recata a Roma a spodestare papa e cardinali, proclamando a gran voce i nomi di quattro nuovi evangelisti nonché liberando il sacerdozio dagli abominevoli signori uomini. Ce n'era abbastanza, come si vede, perché il Vaticano insorgesse condannando Manfreda al rogo e decretando che le ossa di Guglielmina fossero anchesse divorate dal fuoco. Il che avvenne, con gran spiegamento di militi, monaci e litanie in Piazza Vetra, luogo deputato per eccellenza al maleficio dove le orride esalazioni dei cadaveri putrefatti degli animali adoperati per la concia delle pelli si confondevano coi miasmi delle carni straziate dei negromanti.
Secondo alcuni studiosi di chiara fama, da tempo i cosiddetti Guglielmiti militerebbero tra gli ebrei radicali della setta dei Dunmeh. Mentre, tra le donne che ne venerano la memoria, cè chi ritiene che lo spirito della Boema abbia preso stabile dimora nella «Madonna con le corna», il celebre affresco del Foppa a SantEustorgio. Dove, sotto le finte spoglie della Madre di Dio, Guglielmina assurta al cielo della fertilità come la dea adorata dai Galli che un tempo popolavano la Padania, avrebbe assunto gli occulti poteri della Luna che, prima o poi, in unalba color del sangue, a dire degli attuali seguaci, raderà le case delluomo restituendo alle Tenebre la sovranità assoluta.
E veniamo alle «case maledette». Possibile che Milano non ne conti nemmeno una? La nostra risposta è ambigua, dato che lunico edificio che potrebbe rivendicarne linvestitura, il Palazzo Imbonati di piazza San Fedele, fu raso al suolo per far posto alla Banca Nazionale del Lavoro. Cosa accadde in quelle antiche stanze? Occorre rammentare che il palazzo già nellanno di grazia 1685 era andato distrutto in seguito, si disse a quel tempo, alla diabolica invettiva, pronunciata in stato di trance, di una componente di quellantica schiatta nobiliare, condannata a prendere il velo in ossequio all'inflessibile volontà paterna. Ridotto in cenere, il bellissimo edificio fu presto sontuosamente restaurato al punto di ospitare, nel diciottesimo secolo, l'Accademia dei Trasformati tra le cui file troviamo i nomi più prestigiosi della cultura lombarda: dal Baretti al Parini fino al Verri e a Cesare Beccaria. Ma le continue vessazioni della monaca che, in piena notte, comminava pene spaventose in vita e castighi infernali in morte a chi vi risiedeva, finirono presto per aver ragione del buon nome dellavìto palagio.
Tanto che a nulla valse la decisione di murare la stanza dove linfelice monaca aveva trascorso la prima giovinezza. Perché non solo si moltiplicarono sinistre apparizioni di spettri muniti di catene ma lambigua nomea di quel «locus infestatus» attrasse nientemeno che Thomas de Quincey. Il quale, colpito dalla strana luminosità che di notte sirradiava dal palazzo, lo elesse ad emblema del suo libro «Suspiria de profundis» che, letto e apprezzato tanto tempo dopo dal nostro Dario Argento, doveva ispirargli il celebre Suspiria dove, guarda caso, di case indemoniate si tratta, di casi di magia nera si discute e di non morti che si animano nelle ore notturne si discetta in pieno clima di satanismo nero.
Oggi si dice che le bianche volte dell'Imbonati, occultate dai vetri lucenti e dagli asettici arredi del Credito bancario, non attirino più questi sinistri simulacri d'oltretomba. Ma ne siamo proprio sicuri? Infatti, secondo gli occultisti, le cosiddette presenze possono assopirsi per secoli come i vulcani riservandosi di riapparire al momento che giudicano opportuno. Così almeno assicurava, fin dal 1617, uno studioso del calibro di Robert Fludd che nel suo «Macrocosmo» dimostra con esempi probanti che i luoghi insidiati dalle forze del male non sono passibili di rigenerazione. Citando al proposito «l'antica dimora lombarda denominata Loco de la Toreta sita nei sobborghi di Mediolanum a tutti nota come villa de piaceri e de delizie».
Proprio lo stesso luogo dove si consumò la triste parabola di una gentildonna di impeccabili maniere ma di insani appetiti da tempo accostata, per la crudeltà dei suoi costumi e l'imprecisato numero delle sue vittime, ad Erszébeth Bathòry, la contessa sanguinaria che in Transilvania, sacrificò al Demonio ben undicimila vergini. Ma dovera la Torretta, e soprattutto cosa ne rimane oggi come oggi? Situata nei paraggi di Sesto San Giovanni e divenuta irriconoscibile, si presenta né più né meno come un rudere. La splendida dimora nobiliare magnificamente affrescata con scene di caccia, staccate dalle pareti e trafugate negli anni Settanta nel corso di un avvio di restauro subito smentito nei fatti nonostante quel povero resto sia stato dichiarato dallo Stato monumento nazionale, fu teatro - tra il 1578 e la prima decade del Seicento - dei capricci perversi di Delia, vedova del conte Giovanni Anguissola ma figlia di un personaggio efferato come Leonardo Spinola, uno spregiudicato appaltatore dedito in privato alla magia nera.
Origini «occulte» anche per Palazzo Imbonati e la Torretta a Sesto San Giovanni
Enrico Groppali
Sarà una maledizione atavica o l'ennesimo caso fortuito ma, ogni volta che ricorre laggettivo «esoterico», prima o poi si materializza leterno nemico delluomo. Ossia Sua Maestà Belzebù. Il quale, nella città di Sant'Ambrogio, ha lasciato ben più che qualche rara vestigia del suo passaggio. Anche se la più sconvolgente testimonianza di un culto ereticale che confina col satanismo è oggi rintracciabile fuori porta nella sacra cinta dell'Abbazia di Chiaravalle. Dove in una tomba (poi svuotata su richiesta dellautorità ecclesiastica) riposavano i resti mortali di una strega. Detta la Boema o, dal suo nome di nascita, Guglielmina che un giorno approdò vestita di cenci nel capoluogo lombardo. Guglielmina, chi era costei?
Nient'altro che una monaca eretica che verso il 1260, quando Milano era percorsa dalle orde dei Flagellanti, si staccò clamorosamente dalla Confraternita dei Disciplini della Morte, deputati ad assistere i condannati al supplizio, per fondare una setta «protofemminista» stranamente benvoluta dallalta società ambrosiana. Nominata al suo fianco, come assistente privilegiata destinata a succederle, la nobile Manfreda (o Maifreda) Visconti che, per amore della santona, smise da un giorno all'altro l'abito delle Umiliate. Guglielmina, divenuta guida spirituale di nobili e borghesi, fu presto adorata come la reincarnazione di Cristo.
Ma la Boema non si limitò a ripeterne il viaggio terreno in vesti femminili. Nella sua infiammata oratoria era infatti, di volta in volta, sia il Gesù dei Vangeli che Maria di Nazareth dal momento che, giunta in Italia in compagnia di un figlioletto, a suo dire ben poteva fregiarsi dellappellativo di Vergine e Madre. Dopo la morte (pare per cause naturali) di questa antesignana di Mamma Ebe che spillava ricche donazioni in nome del rinnovamento della Chiesa, Manfreda proclamata papessa celebrò messa il giorno di Pasqua e annunciò, da fida apostola, limminente resurrezione di Guglielmina che tuttavia, prima di rientrare trionfalmente a Milano, si sarebbe recata a Roma a spodestare papa e cardinali, proclamando a gran voce i nomi di quattro nuovi evangelisti nonché liberando il sacerdozio dagli abominevoli signori uomini. Ce n'era abbastanza, come si vede, perché il Vaticano insorgesse condannando Manfreda al rogo e decretando che le ossa di Guglielmina fossero anchesse divorate dal fuoco. Il che avvenne, con gran spiegamento di militi, monaci e litanie in Piazza Vetra, luogo deputato per eccellenza al maleficio dove le orride esalazioni dei cadaveri putrefatti degli animali adoperati per la concia delle pelli si confondevano coi miasmi delle carni straziate dei negromanti.
Secondo alcuni studiosi di chiara fama, da tempo i cosiddetti Guglielmiti militerebbero tra gli ebrei radicali della setta dei Dunmeh. Mentre, tra le donne che ne venerano la memoria, cè chi ritiene che lo spirito della Boema abbia preso stabile dimora nella «Madonna con le corna», il celebre affresco del Foppa a SantEustorgio. Dove, sotto le finte spoglie della Madre di Dio, Guglielmina assurta al cielo della fertilità come la dea adorata dai Galli che un tempo popolavano la Padania, avrebbe assunto gli occulti poteri della Luna che, prima o poi, in unalba color del sangue, a dire degli attuali seguaci, raderà le case delluomo restituendo alle Tenebre la sovranità assoluta.
E veniamo alle «case maledette». Possibile che Milano non ne conti nemmeno una? La nostra risposta è ambigua, dato che lunico edificio che potrebbe rivendicarne linvestitura, il Palazzo Imbonati di piazza San Fedele, fu raso al suolo per far posto alla Banca Nazionale del Lavoro. Cosa accadde in quelle antiche stanze? Occorre rammentare che il palazzo già nellanno di grazia 1685 era andato distrutto in seguito, si disse a quel tempo, alla diabolica invettiva, pronunciata in stato di trance, di una componente di quellantica schiatta nobiliare, condannata a prendere il velo in ossequio all'inflessibile volontà paterna. Ridotto in cenere, il bellissimo edificio fu presto sontuosamente restaurato al punto di ospitare, nel diciottesimo secolo, l'Accademia dei Trasformati tra le cui file troviamo i nomi più prestigiosi della cultura lombarda: dal Baretti al Parini fino al Verri e a Cesare Beccaria. Ma le continue vessazioni della monaca che, in piena notte, comminava pene spaventose in vita e castighi infernali in morte a chi vi risiedeva, finirono presto per aver ragione del buon nome dellavìto palagio.
Tanto che a nulla valse la decisione di murare la stanza dove linfelice monaca aveva trascorso la prima giovinezza. Perché non solo si moltiplicarono sinistre apparizioni di spettri muniti di catene ma lambigua nomea di quel «locus infestatus» attrasse nientemeno che Thomas de Quincey. Il quale, colpito dalla strana luminosità che di notte sirradiava dal palazzo, lo elesse ad emblema del suo libro «Suspiria de profundis» che, letto e apprezzato tanto tempo dopo dal nostro Dario Argento, doveva ispirargli il celebre Suspiria dove, guarda caso, di case indemoniate si tratta, di casi di magia nera si discute e di non morti che si animano nelle ore notturne si discetta in pieno clima di satanismo nero.
Oggi si dice che le bianche volte dell'Imbonati, occultate dai vetri lucenti e dagli asettici arredi del Credito bancario, non attirino più questi sinistri simulacri d'oltretomba. Ma ne siamo proprio sicuri? Infatti, secondo gli occultisti, le cosiddette presenze possono assopirsi per secoli come i vulcani riservandosi di riapparire al momento che giudicano opportuno. Così almeno assicurava, fin dal 1617, uno studioso del calibro di Robert Fludd che nel suo «Macrocosmo» dimostra con esempi probanti che i luoghi insidiati dalle forze del male non sono passibili di rigenerazione. Citando al proposito «l'antica dimora lombarda denominata Loco de la Toreta sita nei sobborghi di Mediolanum a tutti nota come villa de piaceri e de delizie».
Proprio lo stesso luogo dove si consumò la triste parabola di una gentildonna di impeccabili maniere ma di insani appetiti da tempo accostata, per la crudeltà dei suoi costumi e l'imprecisato numero delle sue vittime, ad Erszébeth Bathòry, la contessa sanguinaria che in Transilvania, sacrificò al Demonio ben undicimila vergini. Ma dovera la Torretta, e soprattutto cosa ne rimane oggi come oggi? Situata nei paraggi di Sesto San Giovanni e divenuta irriconoscibile, si presenta né più né meno come un rudere. La splendida dimora nobiliare magnificamente affrescata con scene di caccia, staccate dalle pareti e trafugate negli anni Settanta nel corso di un avvio di restauro subito smentito nei fatti nonostante quel povero resto sia stato dichiarato dallo Stato monumento nazionale, fu teatro - tra il 1578 e la prima decade del Seicento - dei capricci perversi di Delia, vedova del conte Giovanni Anguissola ma figlia di un personaggio efferato come Leonardo Spinola, uno spregiudicato appaltatore dedito in privato alla magia nera.
mercoledì 2 ottobre 2013
Strani antichi scritti perduti
Prove di archeologia fantastica, proibita, misteriosa? & Rivelazioni Medianiche
Alla luce dei documenti considerati e delle ricerche (rivelazioni) medianiche compiute, appare evidente che nell’antichissima antichità, alcuni fenomeni sconosciuti, molti eventi indecifrabili, ed i poteri della mente, ma in particolare del cervello dell’uomo, hanno influito in modo determinante nella sua storia, realizzando scoperte ed invenzioni, prodigi, opere e civiltà, tali, ad apparire senza razionali spiegazioni e frutto di interventi di Maestri divini non terrestri. Così, perché non valutare che i Maestri degli uomini non potessero essere uomini…?! Forse di natura “extra sapiens”? Forse potevano esserci od esistere ragioni per cui la parte più progredita dell’umanità non potesse, o non volesse farsi conoscere alla meno progredita, se non in circostanze eccezionali…?! Tribù primitive oggigiorno esistenti nelle più sperdute giungle amazzoniche o nelle più lontane isole australi, convivono con una civiltà padrona dell’energia atomica e del volo spaziale, come di molti segreti del magnetismo, dell’elettricità o della genetica… a testimonianza di un tempo di un’umanità fortemente sbilanciata da un estremo all’altro della conoscenza… madre di un tempo di dèi, forse, tutt’ora esistente oggi come allora!? Allora come oggi! …Le cui prove iniziano a saltare fuori a ritmo alternato, come fossero tasselli di un gigantesco puzzle iniziato all’alba dei tempi nei quali gli antichi autori, i cronisti, gli scribi, scrivevano e narravano essenzialmente in modo mitologico e simbolico (spesso su racconti di mercanti e nomadi, o di abili oratori ed affabulatori) non senza usare chiavi, metodi, personaggi, situazioni fantastiche e poetiche o metaforiche, per cui, la maggior parte delle volte non si esprimevano esclusivamente in senso letterale anche se a leggerne i ricordi in particolare di queste traduzioni, sembra di viaggiare in un futuro non troppo improbabile, popolato da astronavi, lune artificiali, e conoscenze figlie di un passato remoto, non così lontano. Inoltre, molti nomi di divinità, persone o luoghi riportati nei documenti, non vengono menzionati dagli antichi contemporanei, per il motivo che probabilmente non erano a conoscenza della loro esistenza, od anche perché per essi furono impiegati nomi personalizzati agli eroi del luogo o chissà cos’altro. Il lettore tragga le sue considerazioni e conclusioni come ha fatto l’autore, che è arrivato a “credere e non credere” ai documenti presentati ma allo stesso tempo invogliato e spronato ad approfondire per conto proprio determinati argomenti trattati nel libro, ne ha tratto divertimento ed entusiasmo di ricerca. Inoltre consideri che le “ricerche medianiche” presentate, come tutti i risultati medianici paranormali cosiddetti mezzi poco ortodossi, possono avere alti, bassi, o nulli gradi di attendibilità e credibilità, per questo motivo chi legge valuti come crede e consideri la possibilità delle dichiarazioni e delle rivelazioni, non la loro certezza!
Alla luce dei documenti considerati e delle ricerche (rivelazioni) medianiche compiute, appare evidente che nell’antichissima antichità, alcuni fenomeni sconosciuti, molti eventi indecifrabili, ed i poteri della mente, ma in particolare del cervello dell’uomo, hanno influito in modo determinante nella sua storia, realizzando scoperte ed invenzioni, prodigi, opere e civiltà, tali, ad apparire senza razionali spiegazioni e frutto di interventi di Maestri divini non terrestri. Così, perché non valutare che i Maestri degli uomini non potessero essere uomini…?! Forse di natura “extra sapiens”? Forse potevano esserci od esistere ragioni per cui la parte più progredita dell’umanità non potesse, o non volesse farsi conoscere alla meno progredita, se non in circostanze eccezionali…?! Tribù primitive oggigiorno esistenti nelle più sperdute giungle amazzoniche o nelle più lontane isole australi, convivono con una civiltà padrona dell’energia atomica e del volo spaziale, come di molti segreti del magnetismo, dell’elettricità o della genetica… a testimonianza di un tempo di un’umanità fortemente sbilanciata da un estremo all’altro della conoscenza… madre di un tempo di dèi, forse, tutt’ora esistente oggi come allora!? Allora come oggi! …Le cui prove iniziano a saltare fuori a ritmo alternato, come fossero tasselli di un gigantesco puzzle iniziato all’alba dei tempi nei quali gli antichi autori, i cronisti, gli scribi, scrivevano e narravano essenzialmente in modo mitologico e simbolico (spesso su racconti di mercanti e nomadi, o di abili oratori ed affabulatori) non senza usare chiavi, metodi, personaggi, situazioni fantastiche e poetiche o metaforiche, per cui, la maggior parte delle volte non si esprimevano esclusivamente in senso letterale anche se a leggerne i ricordi in particolare di queste traduzioni, sembra di viaggiare in un futuro non troppo improbabile, popolato da astronavi, lune artificiali, e conoscenze figlie di un passato remoto, non così lontano. Inoltre, molti nomi di divinità, persone o luoghi riportati nei documenti, non vengono menzionati dagli antichi contemporanei, per il motivo che probabilmente non erano a conoscenza della loro esistenza, od anche perché per essi furono impiegati nomi personalizzati agli eroi del luogo o chissà cos’altro. Il lettore tragga le sue considerazioni e conclusioni come ha fatto l’autore, che è arrivato a “credere e non credere” ai documenti presentati ma allo stesso tempo invogliato e spronato ad approfondire per conto proprio determinati argomenti trattati nel libro, ne ha tratto divertimento ed entusiasmo di ricerca. Inoltre consideri che le “ricerche medianiche” presentate, come tutti i risultati medianici paranormali cosiddetti mezzi poco ortodossi, possono avere alti, bassi, o nulli gradi di attendibilità e credibilità, per questo motivo chi legge valuti come crede e consideri la possibilità delle dichiarazioni e delle rivelazioni, non la loro certezza!
Video della presentazione
giovedì 19 settembre 2013
Fantasmi, torture e leggende La Milano che mette paura
tratto da Il Giornale del 1-02-2013
di Simonetta Caminiti
A ogni città, come nemmeno a una donna, restano in dote eterni «misteri».
Incognite racchiuse in un monumento, figure umane mimetizzate in un muro,
oggetti scomparsi che un tempo erano sotto gli occhi di tutti.
E perfino - così dicono - visite di spettri affascinanti. A scrutare i
dettagli di Milano, rebus e leggende sembrano non finire mai.
Nella Basilica di Sant'Ambrogio, appena fuori dalla struttura, sorge una curiosa colonna in marmo: sulla superficie, due profondi fori distanti tra loro circa 25 centimetri. Praticamente un paio di occhi aperti. Secondo la leggenda, il diavolo cercò di tentare e sedurre Sant'Ambrogio proprio lì: da quelle fessure che - dicono - sprigionano tuttora odore di zolfo. Quando si dice «se queste mura potessero parlare», forse non si sa che certe mura, a Milano, possono «ascoltare». In via Serbelloni 10, il citofono non funziona più; ma ha ancora la forma scolpita nel marmo di un grosso, dettagliatissimo, orecchio umano.
C'è poi una strana ghiacciaia, nel giardino di villa Filzi (via Sant'Elembardo, zona Gorla). Gli speleologi dello SCAM hanno scoperto che due secoli fa il suo interno era un tempio ipogeo i cui culti sono un completo mistero. Un passato molto più esposto al pubblico (ma più antico ed esoterico) è il «Museo delle torture». Vicino alla Pusterla di Sant'Ambrogio, questo luogo è una vera e propria mostra di strumenti di tortura diffusi nel medioevo. Ghigliottina, ruota, garrota, «schiacciapollici», letto di tortura: la sola vista di questi oggetti oggi dà le vertigini. A ciascun colpevole il suo strumento di sofferenza. Inclusa una bara dal nome poetico e lo spirito impietoso: la «vergine di ferro», sorta di sarcofago colmo di spuntoni col quale venivano puniti i falsari.
Molto più tenera la vista della statua di Pinocchio, in Corso Indipendenza. Esposta nel 1956, uscita dalle mani dell'artista Attilio Fagioli, l'opera ritrae il beniamino di Collodi trasformato in bimbo in carne e ossa. Accanto a lui, originariamente, riposavano il gatto e la volpe. Che fine avrà fatto il gatto? Restano, accanto a Pinocchio, solo le sue orme. Un banale atto vandalico sotto le spoglie di un felino che si dilegua. Eppure, il mistero su chi abbia portato via il bellissimo micio è rimasto impunito.
In corso Sempione, invece, occhio all'«oggetto fuori posto». Nientemeno che... una stazione ferroviaria. O quello che ne resta. Cioè un respingente delle carrozze che sbuca dall'erba; questo piccolo reperto apparterrebbe a una linea ferroviaria che collegava Milano a Gallerate.
A ogni città, infine, le sue leggende sui fantasmi. Qui ce ne sono di illustri. Maria Callas - mormorano in tanti - farebbe capolino alla Scala ogni tanto. Perché proprio lì? È lì che fu fischiata senza pietà in una delle ultime esibizioni e oggi si divertirebbe a spaventare i milanesi. Lo spettro di Bernarda Visconti (la figlia di Bernabò, condannata a morire di fame dal padre per adulterio) non avrebbe mai lasciato il chiostro di Radegonda a detta di molti testimoni. E Lucrezia Borgia ha collezionato più apparizioni di Fabrizio Corona, ma solo alla Pinacoteca Ambrosiana. C'è poi un'altra donna speciale (visto che i fantasmi privilegiano a Milano il sesso femminile), che si anniderebbe nel Duomo. Il suo nome è Carlina, sposa vestita di nero che spunterebbe splendida nelle foto di chi convoglia a nozze, ma solo in Duomo. Lì dove - dicono - fu amata, rincorsa e perse la vita centinaia fa.
Nella Basilica di Sant'Ambrogio, appena fuori dalla struttura, sorge una curiosa colonna in marmo: sulla superficie, due profondi fori distanti tra loro circa 25 centimetri. Praticamente un paio di occhi aperti. Secondo la leggenda, il diavolo cercò di tentare e sedurre Sant'Ambrogio proprio lì: da quelle fessure che - dicono - sprigionano tuttora odore di zolfo. Quando si dice «se queste mura potessero parlare», forse non si sa che certe mura, a Milano, possono «ascoltare». In via Serbelloni 10, il citofono non funziona più; ma ha ancora la forma scolpita nel marmo di un grosso, dettagliatissimo, orecchio umano.
C'è poi una strana ghiacciaia, nel giardino di villa Filzi (via Sant'Elembardo, zona Gorla). Gli speleologi dello SCAM hanno scoperto che due secoli fa il suo interno era un tempio ipogeo i cui culti sono un completo mistero. Un passato molto più esposto al pubblico (ma più antico ed esoterico) è il «Museo delle torture». Vicino alla Pusterla di Sant'Ambrogio, questo luogo è una vera e propria mostra di strumenti di tortura diffusi nel medioevo. Ghigliottina, ruota, garrota, «schiacciapollici», letto di tortura: la sola vista di questi oggetti oggi dà le vertigini. A ciascun colpevole il suo strumento di sofferenza. Inclusa una bara dal nome poetico e lo spirito impietoso: la «vergine di ferro», sorta di sarcofago colmo di spuntoni col quale venivano puniti i falsari.
Molto più tenera la vista della statua di Pinocchio, in Corso Indipendenza. Esposta nel 1956, uscita dalle mani dell'artista Attilio Fagioli, l'opera ritrae il beniamino di Collodi trasformato in bimbo in carne e ossa. Accanto a lui, originariamente, riposavano il gatto e la volpe. Che fine avrà fatto il gatto? Restano, accanto a Pinocchio, solo le sue orme. Un banale atto vandalico sotto le spoglie di un felino che si dilegua. Eppure, il mistero su chi abbia portato via il bellissimo micio è rimasto impunito.
In corso Sempione, invece, occhio all'«oggetto fuori posto». Nientemeno che... una stazione ferroviaria. O quello che ne resta. Cioè un respingente delle carrozze che sbuca dall'erba; questo piccolo reperto apparterrebbe a una linea ferroviaria che collegava Milano a Gallerate.
A ogni città, infine, le sue leggende sui fantasmi. Qui ce ne sono di illustri. Maria Callas - mormorano in tanti - farebbe capolino alla Scala ogni tanto. Perché proprio lì? È lì che fu fischiata senza pietà in una delle ultime esibizioni e oggi si divertirebbe a spaventare i milanesi. Lo spettro di Bernarda Visconti (la figlia di Bernabò, condannata a morire di fame dal padre per adulterio) non avrebbe mai lasciato il chiostro di Radegonda a detta di molti testimoni. E Lucrezia Borgia ha collezionato più apparizioni di Fabrizio Corona, ma solo alla Pinacoteca Ambrosiana. C'è poi un'altra donna speciale (visto che i fantasmi privilegiano a Milano il sesso femminile), che si anniderebbe nel Duomo. Il suo nome è Carlina, sposa vestita di nero che spunterebbe splendida nelle foto di chi convoglia a nozze, ma solo in Duomo. Lì dove - dicono - fu amata, rincorsa e perse la vita centinaia fa.
martedì 17 settembre 2013
Il Ghost Hunting
di Roberta Faliva
Happy Price
(tratto da http://www.hesperya.net/ghost-hunting/)

Definire il Ghost Hunting
una vera e propria scienza attualmente è improprio. Possiamo
consideralo quella branca della ricerca
parapsicologica che cerca di dare una risposta, con mezzi
scientifici, a quelle fenomenologie paranormali che interessano i
presunti casi di apparizioni o
infestazioni spettrali.
Sin dall’antichità l’uomo ha sempre
creduto all’esistenza di una vita dopo la morte e ha sempre cercato di
entrare in contattato con i defunti. Tutto questo
interesse nasce dall’esigenza di credere all’immortalità della
coscienza e rassicurarsi contro l’angoscia e la paura della morte.
Credere ai fantasmi non è mai stata una vera esigenza ma già in
tempi più remoti ci sono state esperienze tramandate fino a noi. Una
di queste è raccontata da Plinio il Giovane che parla di un caso
riguardante il filosofo greco Atenodoro ( I sec. a.C.)
e descrive le paure per qualcosa che non conosce; lo sgomento per
comunicazione difficile da stabilire rispetto a quello che a noi appare
superiore; il conforto per ciò che sembra darci una
speranza dopo la morte.
Il primo vero pioniere della pratica
del Ghost Hunting fu Harry Price. Egli, nell’Inghilterra della seconda
metà dell’Ottocento, cercò di applicare il rigore
dell’indagine scientifica a quel delicato equilibrio di filosofia e
fede che era intrinseco nella metafisica di quel periodo storico. Price
rese pubblica una materia tanto eccentrica e
sconosciuta come quella “della caccia ai fantasmi” utilizzando un
metodo che ancora oggi possiamo ritenere valido che consisteva nel
stabilire una scala di variazioni di temperatura e di
pressione, che erano punti comuni in ogni sospetta vera apparizione
spettrale. Sfruttando questi nuovi parametri, Price smascherò inoltre
una serie impressionante di falsi medium.
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Con il passare degli anni e con il
progredire della tecnologia, il “cacciatore di fantasmi” è diventato un
vero e proprio ricercatore, che utilizza una
strumentazione sofisticata quanto complessa, atta rilevare
l’interazione fisica del fenomeno paranormale nell’ambiente in cui lo
stesso si verifica. Lo scopo del Ghost Hunter è proprio quello di
documentare con più precisione possibile eventuali fenomeni
paranormali al fine di raccogliere una valida documentazione che
permetta poi un approfondimento da parte di studiosi ed esperti. Il
Ghost Hunter conduce preferibilmente la sua indagine in un ambiente
inquinato il meno possibile da fattori esterni, per poter avere quindi
una visione più reale della situazione investigata.
Proprio per questo molti investigatori del paranormale conducono le
ricerche in quel lasso di tempo che va dal tramonto all’alba: quando i
rumori quotidiani tacciono e l’attenzione è tutta per
quei suoni che durante il giorno possono sfuggire. Percepire la
presenza di un fantasma è in assoluto il tipo di esperienza più
insolita, che non può non lasciare un segno nella vita di chi la
vive. In alcuni luoghi infestati si può persino sentire l’odore di
uno spirito, fino ad arrivare a provare sensazioni contrastanti di
tristezza e rabbia o di pace e tranquillità.
Oggi, in un mondo attento solo
all’aspetto materiale e che nega tutto quello che non si può né vedere
né sentire, è molto difficile parlare di argomenti che vanno
oltre l’esperienza sensibile e che, soprattutto, si affacciano al
mondo del paranormale. Eppure, così concentrati su quello che ci
circonda, non pensiamo che le stelle che di notte scorgiamo nel
cielo non esistono più da migliaia di anni. Quei puntini bianchi
splendenti, che ancora vediamo, non sono allora i “fantasmi” di quelle
stelle che hanno smesso di brillare?
venerdì 6 settembre 2013
Milano esoterica
Segnaliamo questo libro che si occupa dei misteri e delle leggende di Milano.
Autore: Antonio E. Piedimonte
pagg.: 352 pagine
Editore: Intra Moenia
Per una recensione vi rimando qui
Autore: Antonio E. Piedimonte
pagg.: 352 pagine
Editore: Intra Moenia
Per una recensione vi rimando qui
mercoledì 4 settembre 2013
Il Volo "Eastern Airlines 401"
di Roberta Faliva
Il 29 dicembre 1972 il Lockheed L-1011 Tristar che operava il volo è precipitato mentre eseguiva un approccio di routine verso l’aeroporto di Miami uccidendo 5 dei 13 membri dell’equipaggio e 94 dei 163 passeggeri.
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Il relitto dell'aereo |
In uno dei casi più eclatanti una hostess affermò che, mentre si riposava di nascosto durante un turno massacrante, vide quello che credeva essere il comandante del suo volo in piedi davanti a lei, che la fissava stando fermo senza dire nemmeno una parola. Parlando con una collega capì che il suo comandante non si era allontanato dalla cabina e che nessuno era entrato nell’area dove lei si era rifugiata per riposare.A volte le figure dei piloti venivano avvistati seduti accanto ai passeggeri, per poi sparire nel nulla; una volta addirittura il viso del comandante fu visto riflesso nel vetro di un forno utilizzato nella cucina di un aereo. L’ipotesi dei fantasmi fu avvalorata quando si scoprì che la Eastern Airlines era riuscita a recuperare dei pezzi funzionanti dal volo 401 e li aveva riciclati su altri aerei ed era proprio su questi aerei che gli avvistamenti si concentravano.
La cosa fece talmente scalpore che la compagnia si vide costretta a rimuovere quei pezzi ma, nonostante una forte attenuazione degli episodi di avvistamento, i fenomeni non si placarono. La Eastern Airlines fallì e gli aerei furono venduti ad altre compagnie aeree e da quel momento non si ha più avuta notizia di fenomeni di apparizione.Si tratta sicuramente di uno dei casi con il più gran numero di testimoni al mondo.
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le ricerche dei superstiti |
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