domenica 14 maggio 2023

L’ombra del Gran Maestro

Di Nicoletta C. Travaglini

La maestosa e ieratica abbazia di San Giovanni in Venere sorge nel territorio di Fossacesia, una stupenda cittadina abruzzese vicino al mare. “La tradizione vuole che, ovviamente supportata anche da ritrovamenti archeologici, tale luogo sacro si erga sui ruderi di un preesistente tempio pagano dedicato Venere Conciliatrice, culto risalente IV secolo a.C., fatto rimarcato anche nel toponimo Portus Veneris, che indicava un porto posto alla foce del fiume Sangro durante la dominazione bizantina, vicino ad un nucleo abitato chiamato Vico Veneriis lungo la via Traiana. Un'altra leggenda sostiene che il primo nucleo di questo luogo di culto fosse costituito da piccolo ricovero per frati benedettini, provvisto di una cappella, fatto innalzare da frate Martino intorno 540 dopo aver fatto abbattere il tempio di Venere, che versava in avanzato stato di abbandono per costruirvi una piccola cappella intitolata a San Giovanni e la Vergine Maria. Nel 973 il conte di Teate, Trasmondo I, dispose che il monastero ricevesse delle cospicue rendite tali da trasformarlo, così, da un piccolo ricovero in un potente ed opulento monastero. Con l’avvento del cristianesimo, questo luogo fu abitato da eremiti e uomini pii, e secondo un antica leggenda pare che alcuni monaci greco-ortodossi, durante la guerra iconoclastica nel VII secolo, emigrarono in maniera massiccia fino a giungere sulle coste di Fossacesia; tra loro vi erano anche i monaci basiliani, gli stessi che fondarono la chiesa di San Longino a Lanciano poi divenuta la chiesa del Miracolo Eucaristico, che presero possesso di quello che restava dell’antico tempio di Venere, facendolo diventare un luogo di culto cristiano dedicato alla Madonna. Anche se questo illuminato conte fece in modo che da una semplice e povera “cella”, essa si trasformasse in un monastero, la sua fondazione e come la sua opulenza vanno attribuiti al conte teatino Trasmondo II che agli inizi dell’anno Mille, dopo sostanziose prebende, rese possibile la formazione di un solida struttura religiosa, economica, autonoma governata da abati. Come segno di gratitudine nei confronti del conte i monaci, alla sua morte, sopravvenuta nel 1025, lo seppellirono nella cripta dove tuttora riposa. Se risulta un pochino complicato possedere dati certi sulla sua fondazione e sulla sue prime fasi della sua esistenza, vi sono precisi riferimenti storici relativi alle sue fasi costruttive che vanno dal 973 fino al 1204 circa, dove raggiunse il suo culmine con l’abate Oderisi II il Grande. I secoli tra il X e l’XI furono molto importanti per la crescita religiosa, culturale ed economica dell’abbazia la quale divenne in breve tempo uno dei più fiorenti luoghi di culto centro-meridionali annoverando tra i suoi possedimenti oltre duecento feudi sparsi in diverse zone d’Italia e fuori dal nostro territorio nazionale come ad esempio in Dalmazia.  Nel periodo in cui essa stava consolidando il suo potere e la sua fama, nella seconda metà dell’anno Mille circa, il terzo abate Monastico, Oderisio I, appartenete alla famiglia degli Pagliara, ramo secondario dei Conti dei Marsi, i quali a loro volta rappresentavano un ramo cadetto della più gloriosa e prestigiosa famiglia dei Di Sangro, aveva già fatto allestire una fiorente e ricca biblioteca, una ottima scuola retta dai confratelli; fortificò, attraverso fossati, torri e mura la chiesa, costruì ospedali ed officine, ma soprattutto, fondò la cittadina di Rocca San Giovanni, che  divenne, in
breve tempo il più fiorente ed opulento possedimento della badia ed oggi nella chiesa madre di Rocca San Giovanni vi sono molte reliquie e volumi che facevano parte del ricco tesoro dell’abbazia di San Giovanni in Venere. La famiglia di Sangro a cui apparteneva, come abbiamo detto, anche Oderisio I, discendeva direttamente da Carlo Magno e che annoverò nel loro albero genealogico anche Papi e Santi. Questa potente ed antichissima casata discende dai duchi di Borgogna che a loro volta erano di stirpe carolingia, longobarda e, naturalmente, normanna. Questi nobili, ovviamente, furono legati da vincoli strettissi alla Chiesa e in special modo al potente, ricco e stimato ordine Benedettino. Nel IX secolo essi, vennero in Italia e si stabilirono maggiormente negli Abruzzi, ove riuscirono a conquistare e, quindi, a governare diversi feudi e contee, prendendo il titolo di “Conti dei Marsi”.
I nomi dei conti dei Marsi erano Bernardo, Oderigi, Teodino, Trasmondo che si possono incontrare in molti documenti del XI e del XII secolo. In un atto notarile del agosto del 981, conservato a Montecassino, Teodino ed i suoi fratelli Rainaldo e Oderisio risultano i conti di Marsia; si divisero i loro territori nel seguente ordine: Teodino divenne conte di Rieti e Amiterno, Rainaldo conte della Marsia e Oderisio Conte di Valva. Oderisio diede origine a tre grandi rami: una discendenza si stanziò nella zona del Sangro con la linea Borrello, la più grande, che si diffuse in tutto l’Abruzzo Centrale dando vita a Prezza e a Raiano, alle linee separate di Gentile; un secondo ramo si trasferì in quello che oggi è la provincia di Teramo; conosciuti come i conti di Palearia o Pagliara, annoveravano tra i membri della loro famiglia Berardo, vescovo di Teramo e Oderisio di Palearia che alla metà del sec. XIII fu nominato dal Re “Giustiziere d’Abruzzo”. Il terzo ramo si stabilì a Valva vicino Sulmona. Nel 1250 pochi erano i sopravissuti di questa discendenza, così la famiglia d’Ocre vide distrutto il suo antico castello come fu in precedenza per i Barili, i quali insieme ai succitati d’Ocre si rifugiarono all’Aquila. Gli altri rami della famiglia come i Borello e di Sangro si ritirarono in Sicilia. Trasmondo, vescovo di Valva e Abate di San Clemente a Casauria era figlio di Oderisio conte de’Marsi e fratello di Oderisio abate di Montecassino e di Attone, vescovo di Chieti. L’Abbazia di San Giovanni in Venere annovera due membri di questa famiglia, oltreché la permanenza del Vescovo di Teramo Berardo. All’inizio del 1500 essi ottennero il titolo di marchesi, alla fine dello stesso secolo divennero Duchi e pochi anni dopo questo titolo acquisirono, anche, quello di Principi, governando, il loro vastissimo impero in maniera tirannica, dispotica e violenta! Nel loro albero genealogico, vi sono presenti anche figure di spicco come Oderisio, San Bernardo di Chiaravalle fondatore dei Templari, Santa Rosalia, Innocenzo III, Gregorio III, ideatore e iniziatore della Santa Inquisizione, Paolo IV Carafa,  che contrastò in tutte le maniere l’Ufficio della Santa Inquisizione, Benedetto XIII. Sempre della stessa famiglia dei di Sangro, come si è potuto ampiamente vedere, Oderisio II “il Grande”, portò enorme lustro all’abbazia attraverso mezzo secolo circa di conduzione del luogo sacro, incrementando le opere degli abati precedenti ed iniziando i lavori di ampliamento conferendogli la struttura architettonica attuale e per tali meriti sono ricordati in un epigrafe posta sulla facciata principale della badia.” (1)
Questo luogo sacro è custode, secondo alcune leggende, di molti misteri come del Graal ad esempio; però si sussurra che essa custodisca la tomba di un Gran Maestro dei Templari:
“Viene spesso menzionato come l'unico Gran maestro italiano e infatti, sebbene non si abbiano notizie certe sulle sue origini, oltre a ritrovarlo in vari documenti dell'epoca come "Tommaso Berardi", sappiamo che la potente famiglia dei  Berardi, noti come Conti dei Marsi, in quel tempo dominante su gran parte dell'Abruzzo, aveva tra i suoi discendenti un maestro dell'ordine templare, Pietro di Ocre. Tommaso Berardi venne eletto nel 1256 Gran maestro, sotto il pontificato di papa Alessandro IV, succedendo a  Renaud de Vichiers . Esercitò le sue funzioni in circostanze non facili, impelagato da una parte nelle questioni sorte con l'ordine degli  ospitalieri e dall'altra assistendo impotente ai progressi del sultano mamelucco  Baybars al-Bunduqdari, che, poco a poco, obbligò i cristiani della Palestina a ritirarsi tra le mura di San Giovanni d'Acri, ultimo baluardo del Regno di Gerusalemme. In Italia fu attivo nella riorganizzazione dell'ordine successiva al mutare del destino delle crociate e degli ordini cavallereschi sorti con esse.” (2)
Quindi il Gran Maestro Tommaso Berardi faceva parte di una delle famiglie più potenti ed influenti dell’epoca tra cui si annoverano due personaggi molto particolari: Tommaso D’Ocre e Tommaso da Celano, ma chi sono questi due personaggi appartenenti a questa illustre dinastia? “Appartenente alla famiglia nobile degli Ocre, nacque nell'omonima località nel XIII secolo ed entrò a far parte della Congregazione dei celestini, diventando abate di San Giovanni in Piano ad  Apricena . Fu creato cardinale presbitero nel concistoro del 18 settembre 1294, l'unico tenuto da papa Celestino V nel suo breve pontificato, con il titolo di Santa Cecilia; accettò il cardinalato, seppur non desiderandolo. Partecipò poi al conclave del 1294, che elesse papa Bonifacio VIII, e fu camerlengo di Santa Romana Chiesa e cardinale protopresbitero. Nelle bolle pontificie promulgate tra il 21 giugno 1295 e il 27 giugno 1298 si ritrova la sua sottoscrizione. Nel 1296 celebrò i funerali dell'ex pontefice Celestino V nel castello Longhi a  Fumone. Il 23 maggio 1300 scrisse il suo testamento e morì a Napoli pochi giorni dopo, il 29 maggio. Fu sepolto a  Ferentino  nel monastero di Sant'Antonio Abate.” (3)
Il conte Tommaso da Celano invece:
“Tommaso nacque intorno al 1180 da Pietro Berardi, conte di Albe e Celano, e da madre appartenente alla famiglia comitale dei Palearia, di cui non se ne conosce l'identità. Pietro apparteneva alla dinastia dei  Berardi , tra i principali feudatari dell'Italia centrale, stabilitisi inizialmente nella  Marsica, ma con l'ambizione di estendere i propri domini tra la Marca di Ancona e  Civitate  in Puglia, al fine di controllare le vie di comunicazione tra lo Stato Pontificio e i porti sull'Adriatico. In tale prospettiva Pietro cominciò a tessere un'alleanza con Federico II di Svevia, all'epoca re del Regno di Sicilia e protetto dal papa Innocenzo III, sebbene in passato fosse avverso agli Svevi. Con lo stesso obiettivo, nel 1194 Tommaso sposò Giuditta di Molise, figlia di Ruggero, l'ultimo conte normanno di Molise, al fine di allineare i due feudi alle mire regionali di Pietro. Quando nel 1210 il neo imperatore Ottone IV di Brunswick discese in Italia per rivendicare il ducato di Puglia e Calabria da Federico, Pietro rinnegò il recente supporto a Federico e si schierò al fianco di Ottone, ottenendo così la Marca di Ancona e la carica di capitano e maestro giustiziere del Regno. Nel 1212, alla morte del padre, Tommaso ricevette la contea di Albe, mentre il fratello maggiore Riccardo [1]  divenne conte di Celano. Nonostante le volontà paterne, Tommaso non rinunciò a farsi chiamare anche conte di Celano, entrando in contrasto con il fratello Riccardo. Nel 1213 Ruggero di Molise morì e il genero Tommaso venne nominato conte di Molise. Tommaso continuò sulla stessa linea politica avviata dal padre, tuttavia la situazione internazionale non era più favorevole ad Ottone. Scomunicato dal papa nel 1210 per l'aggressione ai domini di Federico II in Italia meridionale, nel 1211 questi era dovuto tornare in Germania per fronteggiare il malcontento dei principi tedeschi sobillati sempre da Innocenzo III; questi inoltre incoronò il giovane Federico come nuovo re di Germania in vece di Ottone. Le fortune di Ottone ebbero fine con la sconfitta nel corso della battaglia di Bouvines del 1214 in cui aveva attaccato il Regno di Francia che sosteneva Federico; Ottone dovette abdicare dal trono imperiale che fu lasciato a Federico II. A causa della caduta del loro protettore, Tommaso perdette la Marca di Ancona che il papa assegnò ad  Aldobrandino I d'Este [2]. Al fine di ricucire i rapporti con il papato, il Celano desistette dal tentativo di riprendere la Marca ma concentrò i propri sforzi nell'ampliare e consolidare i suoi possedimenti nella Marsica e in Molise, dove rafforzò le fortificazioni dei centri più importanti come Celano, Ovindoli, Bojano e Roccamandolfi. In tale contesto tuttavia gli attriti con il fratello Riccardo tennero costantemente impegnato Tommaso. Nonostante questi fosse riuscito a scacciare l'avversario dalla contea di Celano, di cui Riccardo mantenne solo il territorio di Tocco, le scaramucce tra i fratelli cominciarono a preoccupare il papato, dove il nuovo papa Onorio III sollecitò più volte la riappacificazione tra i due, coinvolgendo nella diatriba anche Federico II, al quale suggerì di accettare le proposte di Tommaso. Federico tuttavia guardava con fastidio l'operato di Tommaso, in quanto contrario alla sua politica accentratrice dell'amministrazione del Regno e di riduzione del potere dei feudatari locali, tra i quali Tommaso era il più forte. Inoltre in occasione dell'incoronazione di Federico ad imperatore, avvenuta nel 1220 a Roma nella basilica di San Pietro, Tommaso non presenziò alla cerimonia, mentre Riccardo, a capo di una delegazione di baroni locali, donò costosi cavalli da guerra e portò le sue lagnanze contro il fratello al cospetto dell'imperatore. Federico, preoccupato inoltre del potere di Tommaso in quella vasta e strategica area, decise quindi di contestare al conte i diritti su Albe e Celano; questi inviò il proprio figlio Rao a Roma dall'imperatore per rimediare all'incidente
diplomatico e avanzò delle richieste che Federico gli rifiutò. A questo punto Tommaso, certo dello  scontro con l'impero e forte di 1500 soldati, si ritirò a Roccamandolfi, mentre la moglie Giuditta ed i  figli rimasero a comandare la resistenza presso la rocca di Bojano. Nel frattempo nel 1221 morì Riccardo, il legittimo conte di Celano, e gli successe in modo formale il fratello Tommaso. Il primo ad  attaccare fu Federico che nel 1221 guidò personalmente l'attacco a Bojano. La cittadina si consegnò alle truppe imperiali ma Giuditta resistette nella rocca, certa dell'intervento del marito in suo soccorso. Allo stesso tempo i soldati di Federico con il sostegno di baroni locali a lui fedeli attaccarono tutte le roccaforti di Tommaso, tra le quali soltanto Celano ed Ovindoli si opposero all'imperatore. Il conte con una manovra a sorpresa tornò con le proprie truppe a Bojano dove sorprese i soldati imperiali e li mise in fuga, liberando la moglie ed i figli dall'assedio della rocca. La città di Bojano fu incendiata per punire il tradimento, e Giuditta seguì il marito a Roccamandolfi. Federico, saputo della sorte toccata a Bojano, inviò uno dei suoi migliori capitani, il conte Tommaso I d'Aquino, maestro giustiziere di Puglia e Terra
di Lavoro, ad assediare le roccaforti di Bojano, che cadde sotto gli attacchi, e Roccamandolfi. Per una seconda volta Tommaso riuscì nottetempo a fuggire da Roccamandolfi e, con l'aiuto di Rinaldo d'Anversa, raccolse nuove forze e sbaragliò le truppe imperiali, spesso in superiorità numerica, in varie aree del contado grazie a veloci scorrerie. I paesi che si erano consegnati a Federico o che gli avevano  dato sostegno vennero saccheggiati, tra questi vi erano Paterno, San Benedetto dei Marsi e l'abitato di  Celano. Quest'ultimo venne raggiunto con una mossa a sorpresa passando per i tratturi del  Macerone e poi quello di  Pescasseroli  che permise a Tommaso di liberare i celanesi rimastigli fedeli che si erano asserragliati nella rocca di Celano sul monte Tino. Le vittorie di Tommaso ebbero breve durata; le truppe imperiali ricevettero nuovi rinforzi da Stefano di Montecassino e da Rainaldo Gentile, arcivescovo di Capua, che riuscirono ad accerchiare il conte.
Anche Giuditta, asserragliata nella rocca di Celano, cominciava a patire il lungo assedio quando i viveri a disposizione degli assediati divennero scarsi. Pressato da simili disordini in Sicilia e desideroso di porre fine alle lotte con Tommaso, Federico in persona cercò di persuadere Giuditta ad indurre il marito alla resa offrendole un salvacondotto: questa accettò l'offerta per lei e la sua gente della rocca di Celano, ma non riuscì a far capitolare il conte. La soluzione all'intricata vicenda arrivò tuttavia poco dopo la dipartita dell'imperatore dalla sua ambasciata con Giuditta, nel 1223. Il 25 aprile i rappresentanti imperiali, tra cui il gran maestro dell'Ordine teutonico Ermanno di Salza, proposero un accordo al Celano che questi accettò e che fu garantito dal papa e dai cardinali che parteciparono alla trattativa. L'accordo prevedeva che Tommaso consegnasse all'imperatore Celano, Serra di Celano, Ovindoli e San Potito, conservando la contea di Molise a beneficio della moglie e dei figli. A Tommaso infatti venne imposto un esilio di tre anni a Roma, mentre l'intero apparato militare del conte venne smantellato. A Tommaso venne conferito il giustizierato nel territorio della contea, ma l'imperatore si riservò il diritto di distruggere i suoi castelli per evitare possibili rivolte. Effettivamente Federico, una volta evacuati gli abitati, distrusse l'abitato di Celano ad esclusione della chiesa di San Giovanni; i celanesi furono esiliati in Sicilia, Calabria e Malta, dove resteranno fino al 1227. Quindi Federico II, per intercessione del papa Onorio III, permise ai celanesi di tornare in patria; il nuovo paese sorse ai piedi del monte Tino e per ordine di Federico II fu battezzata Cesarea; dopo la morte dell'imperatore, avvenuta nel 1250, fu ripristinato l'antico nome. A tutela dell'accordo preso, Tommaso inviò suo figlio assieme al figlio di Rinaldo d'Anversa (anch'esso ambiva al recupero dei territori persi a favore dell'impero) presso Ermanno di Salza; questi avrebbe consegnato i due fanciulli a Federico nel caso il trattato non venisse rispettato.
L'accordo prevedeva anche che Tommaso partecipasse alla crociata che Federico preparava con il re di Gerusalemme Giovanni di Brienne, alla quale però il Celano non prese mai parte. Una volta che Tommaso fu trasferito a Roma al servizio della Santa Sede, Giuditta fece ritorno nel contado di Molise e il suo rango fu restaurato; alcune fonti riportano che Giuditta funse da reggente per conto del figlio Ruggero ancora bambino. Nel 1227 salì al soglio papa Gregorio IX che dimostrò sin da subito la propria avversione nei confronti di Federico II. Già nel 1228 il papa dovette respingere gli attacchi del reggente dell'imperatore impegnato in Terrasanta,  Rainaldo di Spoleto, e chiese a Tommaso di prendere il comando delle forze pontificie. Questi, alla testa di 500 cavalieri, invase la Terra di Lavoro e a sorpresa sbaragliò le difese comandate dal giustiziere della Magna Curia Enrico di Morra davanti a Montecassino, riprendendo possesso in qualche modo dei suoi vecchi territori per qualche tempo. Infatti con il ritorno di Federico dalla crociata nel 1229, le forze imperiali ricacciarono le truppe pontificie e il ruolo di Tommaso venne ridimensionato, nonostante i tentativi successivi del papa di restituirgli i vecchi titoli che vennero suddivisi in nuove baronie e possedimenti. Con la pace di San Germano del 1230 vennero temporaneamente risolti i dissidi tra papato ed impero. Il nome di Tommaso da Celano scomparve dalle cronache dell'epoca ad esclusione di un episodio del 1240, quando Tommaso assunse il comando di 200 cavalieri dello Stato della Chiesa inviati in soccorso del Ducato di Spoleto. Con il declino della fortuna di Federico II, il nuovo papa Innocenzo IV cercò di restituire al Celano i possedimenti perduti, ma mancano notizie precise al riguardo. Tommaso morì tra il 1251 e il 1254, mentre le ultime notizie della moglie Giuditta risalgono al 1247. (4)
Ma in realtà chi erano i Beraradi tra cui si annoverano anche alcuni custodi della Coppa Sacra, il Graal:
“I Berardi arrivarono nella  Marsica  nel 920 con Berardo, soprannominato "il Francisco" a causa della sua origine franca, e nel volgere di alcuni decenni si affermarono come una delle potenze regionali più influenti. La famiglia discendeva dalla stirpe dei  Carolingi: infatti il fondatore Berardo "il Francisco" Berardi era il pronipote diretto dell'Imperatore Carlo Magno… La casata annoverò tra i suoi membri, spesso identificati con la dicitura "dei Marsi" o "Marsicano", un totale di almeno sei santi e tredici cardinali, numerosi vescovi e innumerevoli possessori di titoli nobiliari e cariche militari e statali. La zona del loro Stato feudale comprendeva il Fucino e i territori di Celano, abbracciando gran parte del dominio degli antichi  Peligni . Nell'XI secolo erano a loro soggette alcune terre poste sulla  Val di Sangro  e altre della Sabina. I loro feudi furono soggetti al Ducato di Spoleto fino all'850, quando divennero di fatto indipendenti fino al 1143, anno della conquista normanna dei loro territori. Successivamente gli Orsini e i Colonna si espansero nella Sabina e detronizzarono i Conti dei Marsi; ciononostante, i Berardi riuscirono a mantenere il predominio nella Marsica resistendo ancora per qualche tempo, periodo in cui diedero man forte alla lotta contro i Saraceni che avevano invaso i territori dell'Abruzzo, spingendosi fino all'interno. Fatto sta che i Saraceni non occuparono mai più i territori dei Conti dei Marsi . Durante la decadenza della contea dei Marsi, i Normanni, approfittando delle rivalità insite nei vari rami della famiglia dei Berardi, riuscirono a conquistarli nel 1143 facendoli lottare l'uno contro l'altro, per poi costringerli alla sottomissione e alla perdita dei loro feudi. I rami principali si estinsero e rimasero così solo i conti di Albe e Celano. Nel 1212 morì il conte di Albe e Celano Pietro Berardi, che in vita aveva saputo riunire gran parte dei possedimenti della contea dei Marsi, destreggiandosi abilmente nel periodo tra la fine dei Normanni e la minore età del futuro Federico II di Svevia. Egli riuscì in questa fase di vuoto di potere a tornare ad essere un potente feudatario del centro Italia, temuto e rispettato sia dal Papa che dai sovrani tedeschi. Quando morì, gli successero a Celano il figlio Riccardo e ad Albe il figlio Tommaso. Quest'ultimo avrebbe voluto avere da subito il potere su Celano, ma la presenza del fratello maggiore impedì il suo piano. In questo frangente si sposò con Giuditta di Molise, diventando così anche conte del Molise e riuscendo ad acquisire un enorme potere. Nel 1221 morì Riccardo e Tommaso ereditò anche la contea di Celano. Da questo momento, tenendo testa al nuovo Imperatore Federico II di Svevia, tentò di restaurare la vecchia contea dei Marsi. Ma la forza e la tenacia di Federico II impedirono il progetto. Federico II combatté in più occasioni Tommaso, ora conte di Celano, che temette in quanto feudatario più potente del Regno di Sicilia, e alla fine di un sanguinoso scontro lo sconfisse, ottenendo la sua resa nel 1223. Tommaso Berardi infatti firmò l'atto di concordia con Federico II nel 1223, decretando il graduale declino della famiglia.
Dalla casata dei Berardi discesero le famiglie Agnone, Albe, Anversa, Avezzano, Balvano, Barile, Borrello, Camponeschi,  Celano, Collepietro, Collimento, DePonte, DiSangro, Dragoni, Fossa, Malanotte, Ma reri, Ocre, Pagliara, Pietrabbondante, Rivera e Valva, le quali presero tutte il nome
dai feudi posseduti. La famiglia Celano si estinse nella linea maschile nel 1422 con Pietro III, mentre per via femminile nella seconda metà dello stesso secolo con Jacovella , andata in sposa nel 1440 a Lionello Accrocciamuro. Governarono, con alterne vicende, la contea di Celano per diversi secoli dal 1143 al 1461 . Gli abitanti di  Amiterno  e  Forcona  si rivoltarono contro di loro, uccidendone la maggior parte, i restanti furono costretti a ripiegare verso L'Aquila e a rinunciare ai loro possedimenti. La famiglia Ocre vide la distruzione del castello eponimo, così come successo ai Barile. Altre due famiglie, Borrello e Di Sangro, si rifugiarono rispettivamente in Sicilia e in Puglia, mentre altre ancora preferirono stabilirsi a Rieti e Roma” (5)

1) https://www.luoghimisteriosi.it/abruzzo/fossacesia.html
2) https://it.wikipedia.org/wiki/Thomas_B%C3%A9rard
3) https://it.wikipedia.org/wiki/Tommaso_di_Ocre
4) https://it.wikipedia.org/wiki/Tommaso_da_Celano_(conte)
5) https://it.wikipedia.org/wiki/Berardi_(famiglia)

martedì 9 maggio 2023

Successo per UFOLOGY YES a VILLA RO nel week end del 6 e 7 maggio 2023


Grande successo per la prima Edizione di UFOLOGY YES 2023 a VILLA RO, storica villa di proprietà di Carla Jessica Fedele cara amica dell'organizzatrice Francesca Bittarello, dotata di ben 2000mq di parco con uno splendido prato all'inglese, alberi massicci, roseti e piante varie, dove gli espositori legati al mistero e alle scienze di frontiera si sono dati appuntamento sotto l'attenta e sempre perfetta organizzazione della nota ufologa e manager Francesca Bittarello titolare della LUX-CO EDIZIONI e Presidente del Centro Studi Ufology World, con centinaia di persone giunte da ogni dove.

Soddisfatti pubblico, espositori e relatori che si auspichino di proseguire questo meraviglioso percorso in questa Villa Ro con una atmosfera veramente incantata e di assoluto relax; il tempo soleggiato ha fatto da cornice ad una vera e propria atmosfera misterica tra massaggi alternativi e legati a discipline misteriche e di frontiera, unghie a tema ufologico e misterico, oggettistica, hobbistica, artigianato misterico, in bellissimi stand di 3 metri per 2 messi a disposizione dall'organizzatrice, ma non potevano mancare i Convegni scientifici anche qui tanto amati dalla Bittarello e quindi anche una full immersion ufologica nella dependance all'interno del parco con maxi schermo, e 2 concerti a tema misterico dei THE NIGHT TEMPAR di Tony Riggi e delle 2 saxofoniste Yuko Tamei e Ambra Sax.

E come spiega l'Organizzatrice: "Come ogni prima volta in una nuova Location entro sempre per testare se vi è lo spazio, la logistica, la struttura, i servizi annessi nonché l'atmosfera giusta affinché possa creare nel tempo uno dei miei eventi internazionali con la mia azienda LUX-CO EDIZIONI e devo essere sincera, qui c'è tutto quel mix che cerco in una location per farla diventare il teatro operativo di un evento internazionale e il successo di questa prima edizione ne è la prova e l'entusiasmo cresce e già sto pianificando la seconda data per questa Fiera del Mistero e Ufologia all'aperto a VILLA RO e per chi non c'era a breve uscirà il REPORT integrale dell'evento sul canale internazionale UFOLOGY WORLD CHANNEL  con dettagli curiosità e interviste".

Qui sotto alcune foto dell'evento.






























lunedì 1 maggio 2023

Creators - The Past

di Cavaliere Vermiglio


La mia visione del film Creators - The Past è stata un po' curiosa. Il film non lo conoscevo e una sera cercando su Amazon Prime mi è spuntato e ho incominciato a vederlo pensando fosse un film di supereroi russo o qualcosa del genere. Invece mi sono trovato davanti un film di fantascienza italiana pieno di effetti speciali! Che novità! Era tardi, mio figlio a letto e ho interrotto la visione dopo una ventina di minuti non sentendo i dialoghi dato che dovevo tenere il volume basso per non disturbare mio figlio.

Il giorno dopo ho cercato informazioni su Internet e ho trovato delle recensioni che lo qualificavano come uno dei peggiori film mai prodotti. Con queste recensioni nella testa ho visto il film ripartendo dall'inizio.

Devo dire la verità, le recensioni così negative mi sono sembrate un po' eccessive. Ci sono film peggiori. Essendo forse l'unico film italiano di fantascienza che fa uso di moderni effetti speciali sono un po' come quegli insegnanti che di fronte allo studente che per la prima volta si impegna e riesce a fare qualcosa regala un mezzo voto di incoraggiamento e forse non riesco ad essere totalmente obiettivo.

I costumi come detto anche in una delle tante recensioni sono fatti bene e secondo me gli effetti speciali non sono male. Molte critiche si sono appuntate sulla trama. Obiettivamente non è il massimo della linearità, ma personalmente il difetto più grande lo trovo nell'interpretazione degli attori. Escluso i nomi internazionali che nel bene e nel male qualcosa la facevano gli altri non riuscivano a creare nessuna tensione drammatica. Se pensiamo ad altri film con trame striminzite e dove solo la bravura degli attori riescono a reggere tutto il film non so quanto sia colpa della trama. Un esempio, sono i grandi Totò e Peppino de Filippi che la loro solo bravura e capacità di improvvisazione riuscivano a creare dei film che altrimenti sarebbero stati piuttosto improbabili. E quello che manca in questo film sono gli attori e il "confezionamento" che avrebbe reso anche la trama più godibile. Personalmente credo che chi ha visto una trama sbrindellata si sia fatto fuorviare dai difetti detti sopra. In aggiunta bisogna aggiungere che il regista è alla sua prima opera e si vede.

Una curiosità di questo film, quasi un mistero, è la ricchezza di mezzi affidata ad un regista esordiente. Oltre agli effetti speciali troviamo come attori stranieri Gérard Depardieu, William Shatner, Bruce Payne e doppiatori come Luca Ward e Giancarlo Giannini.

Il difetto evidente di questo film è quello di voler esporre delle idee in forma romanzata. Si tratta delle tante idee sulla nascita aliena dell'umanità con le varie divinità del passato che in realtà erano alieni arrivati sulla terra per creare il loro personale laboratorio biologico. In aggiunta ci sono le idee cospirazioniste su presunte sette che governano il mondo. Un po' un minestrone mal congegnato.

Visto che chi ha Amazon Prime lo può vedere gratis un'occhiata la si può dare senza aspettarsi niente di eccezionale, ma neanche la bruttura che che ho letto in altre recensioni. Dopotutto sono più accettabili le incongruenze in un film fantastico che in tanti che vogliono essere realisti.

giovedì 27 aprile 2023

Politici, re, chiromanti e stregoni: l'eterno legame tra potere e occulto

tratto da InsideOver del 9 OTTOBRE 2021

Emanuel Pietrobon


È dall’alba dei tempi e del primo uomo, Adam Qadmon, che gli abitanti della Terra sono intrigati, e al tempo stesso impauriti, da ciò che non conoscono e non riescono a comprendere. E anche laddove scienza, positivismo, razionalismo e scientismo riescono a imporsi su fede e superstizione, comunque, l’ignoto non perde mai del tutto né fascino né seguaci.

Il caso della Repubblica Ceca è eloquente a proposito della presa sempiterna dell’arcano sulle genti. Perché questa piccola nazione, che è la più scristianizzata del Vecchio Continente e tra le più atee del mondo, è un semenzaio di nuovi movimenti religiosi e culti New Age al cui interno prosperano la superstizione e il mercato dell’occulto.

Praga e il 21esimo secolo, comunque, non sono né l’unico luogo e né l’unico tempo dove la defenestrazione del Dio abramitico, più che alla capillarizzazione del pensiero ateistico stricto sensu, ha condotto all’entrata in scena di forme nere di magia, esoterismo, misticismo ed occultismo. Perché è dall’Età moderna che le Bibbie vengono sostituite dai Grimori, i preti dai maghi e le croci dai talismani. Sostituzioni che, sin dal Cinquecento, lungi dal riguardare semplicemente l’uomo comune, interessano in maniera speciale i salotti letterari, i caffé filosofici, i circoli aristocratici e le corti dei re.

I condottieri e l’occulto

L’eminenza grigia è il consigliere per antonomasia, una persona che, essendo più realista del re, spesso e volentieri può combaciare con o sovrapporsi ad altre figure simili, quali sono il potere dietro al trono e il grande burattinaio. Ogni capo di Stato che si rispetti ha una o più eminenze grigie: loschi ma preparati figuri, battezzati alle arti sacre della guerra e della diplomazia, che sanno come muoversi nel mondo, che conoscono le leggi del bellum omnium contra omnes e che aiutano i loro re Davide ad affrontare e vincere i Golia di turno.

Historia homines docet che cambiano le epoche, differiscono i contesti e mutano i regimi, ma le eminenze grigie sono una costante inamovibile e onnipresente: ieri le hanno avute gli imperatori, oggi le hanno i presidenti. Pragmatici, lungimiranti, geniali e diabolici, questi poteri dietro al trono, a volte, non rispondono al canone comune e stereotipato dello stratega in giacca e cravatta, freddo, calcolatore, razionale e spietato. Al contrario, non sono rari i casi di chiromanti, oracoli, occultisti e maghi, più legati al cielo che alla terra, che hanno sussurrato all’orecchio di re, imperatori, presidenti e dittatori.

L’elenco dei condottieri che allo stratega formatosi nelle scuole diplomatiche hanno preferito uno stregone dalle origini nebulose è piuttosto lungo. E questi stregoni, lungi dall’aver provocato la rovina dei loro capi, in alcuni casi hanno cambiato il corso della storia. Tra i più importanti occultisti al servizio del potere si ricordano:

John Dee. Alchimista, cabalista e chiromante, fu il consigliere per la politica estera di Elisabetta I, alla quale suggerì di fondare delle colonie nell’America settentrionale e per la quale delineò un piano per la trasformazione del regno in una talassocrazia transcontinentale basato su espansione della Marina, controllo di isole-chiave e sviluppo del commercio. Fu il coniatore, inoltre, del termine “Impero britannico”.

Cosimo Ruggieri. Astrologo e negromante, fu l’uomo della famiglia De Medici alla corte del re di Francia.

Julia. Chiaroveggente, fu la consigliera di Cristina di Svezia.

Ulrica Arfvidsson. Indovina errante, veniva consultata da Gustavo III prima delle campagne belliche e dell’assunzione di decisioni in materia di politica domestica.

Clotilde-Suzanne Courcelles de Labrousse. Medium, era l’eminenza grigia di Robespierre.

Henrietta Zofia z Puszetów Lullier. Divinatrice francese di stanza a Varsavia, fu la consulente per la politica estera di re Stanislao II Augusto di Polonia.

Grigorij Rasputin. Mistico ortodosso, fu il consigliere privato della famiglia Romanov prima e durante la prima guerra mondiale.

Erik Jan Hanussen. Chiaroveggente e occultista, fu tra i mentori di Adolf Hitler.

Karl Maria Wiligut. Esoterista, fu il precettore di Heinrich Himmler.

Wolf Messing. Veggente e telepata, durante la seconda guerra mondiale fu trasferito segretamente dalla Germania all’Unione Sovietica su ordine di Stalin, del quale diventò confidente.

Edgar Cayce. Sensitivo, chiaroveggente e presunto taumaturgo, fu il confidente, lo psicologo e “medico curante” informale del potente Nelson Rockefeller.

Il fascino dell’arcano

Da John Dee a Wolf Messing, passando per il celeberrimo Rasputin, sono vari gli elementi che accomunano le eminenze nere: il carisma, l’arrivismo, la previdenza, l’intelligenza superiore, il fascino e l’aura misterica. Elementi che li hanno trasformati in strateghi infallibili e veraci agli occhi di condottieri a volte deboli, come Nicola II, e a volte semplicemente suggestionabili, come Stalin.

Alcuni, come Hitler e Himmler, nell’operato di mistici, veggenti, sensitivi, occultisti e stregoni avrebbero intravisto qualcosa di estremamente utile ai fini del comando e del controllo delle masse. Perché l’arcano, nell’ottica nazista, poteva essere utilizzato per creare una nuova religione, nuovi miti e nuove credenze, e dunque un nuovo popolo. E quell’arcano, difatti, sarebbe stato usato per legittimare la nascita dell’Ahnenerbe, le ricerche esoteriche di Otto Rahn e le adunate orfiche delle SS nel castello di Wewelsburg.

I fatti, anche se è poco noto, avrebbero dato ragione a Hitler. Perché l’internazionale dell’occulto, nel dietro le quinte del palcoscenico mondiale, avrebbe lavorato duramente affinché la causa nazista superasse la prova del fuoco, cioè la seconda guerra mondiale, riscrivendo l’Uomo e il Mondo ad immagine e somiglianza di quelle teorie metafisiche e mefistofeliche propagate dalla scuola esoterica inglese, dall’ariosofia e dalla teosofia. Per quella causa, infatti, avrebbero lottato il negromante più famoso del Novecento, Aleister Crowley, e il gerarca nazista Rudolf Hess, che partì alla volta della Scozia (anche) per convincere la massoneria britannica a facilitare la fine delle ostilità tra Londra e Berlino.

domenica 23 aprile 2023

Inquisitori e negromanti nella Sicilia «magica»

tratto da "Il Giornale del 3 Aprile 2022

Venivano chiamate così in Sicilia le donne che partecipavano ai Sabba per invocare il demonio. In realtà nell’isola erano diffuse antiche tradizioni magiche soprattutto curative e legate a erboristeria e alchimia.

Matteo Sacchi

Anno del Signore 1598, Margherita La Beita viene denunciata al Sant'Uffizio siciliano. I delatori sostengono di averla trovata, sola, in un giorno di tempesta, in riva al mare, mentre faceva una figura con alghe e immondizie portate a riva dalle onde. Avvicinatisi - curiosità, malizia, una vera caccia alla strega? Non lo sapremo mai - vedono che la donna ha un involto che contiene un'arancia piena di spine e con un chiodo in mezzo. Ma non solo: nel suo armamentario ci sono un coltello, una calamita, un pezzo di membrana amniotica di un neonato con delle scritte misteriose... A cosa servono le sue portentose masserizie magiche? A cercare tesori ed altro ancora. Il 22 di novembre del medesimo anno è condannata alla gogna e poi bandita da Palermo. Ad altri «stregoni» o eretici finiti in mano al Sant'Uffizio dell'Isola va ben peggio, il rogo è un esito minoritario ma non improbabile. Eppure le carte del terribile tribunale che la Monarchia spagnola lottò duramente per imporre alla Sicilia, adusa a rivendicare la sua autonomia, si sono trasformate in un vero tesoro per gli studiosi. Occhiuti, dotati di informatori e di appoggi potenti, gli inquisitori hanno raccolto, con metodi e scopi che oggi ci appaiono aberranti, una messe di materiale enorme che svela una cultura antichissima e tradizionale che nessuna altra fonte potrebbe svelare così bene.

Per rendersene conto niente di meglio di quella che è probabilmente l'opera più importante di Maria Sofia Messana (1948-2011): Inquisitori, negromanti e streghe nella Sicilia moderna (1500-1782), appena ripubblicata per i tipi di Sellerio (pagg. 856, euro 24). La storica dell'Università di Palermo ha esaminato una mole di documenti enorme che le ha consentito di ricostruire una storia «magica» fatta di credenze antichissime che sono sopravvissute attraverso il Medioevo sino ad approdare all'Età Moderna. Ne esce una narrazione che svela un mondo parallelo su cui il conformismo religioso nato dal Concilio di Trento stenta a prendere il controllo. Si passa dai guaritori muniti di libri segreti, dalle tradizioni pagane rivisitate dagli stessi religiosi alle donne di fora, così dette perché si credeva che vagassero di notte in spirito recandosi ai sabba. Come? Grazie a certi unguenti che probabilmente contenevano sostanze psicotrope. Confessa una certa Antonia Pallalonga, processata nel 1600: «que se untase con cierto unguento... y evoco los demonios». A volte però si trattava di semplici medicamenti tradizionali e il Sant'Uffizio ebbe i suoi problemi quando si trovò a processare monache che li usavano non vedendoci nulla di male.

Abbastanza perché in molti casi i potenti della corte di Palermo si spaccassero in due. Non era solo questione di fede o di stregoneria, i processi erano questione di potere e gli stessi governatori spagnoli poco amavano l'autonomia del Sant'Uffizio. Così il saggio ci mostra consorterie contrapposte, enti religiosi, credulità popolari e credulità colte, divinazioni fatte leggendo fave che galleggiano nell'acqua e dotte discussioni in punta di diritto canonico. Il tutto con un impianto scientifico rigoroso, a tratti da storia quantitativa, ma dove la penna di Messana è sempre capace di unire il dato alla narrazione avvincente. Una Sicilia magica, che nemmeno gli autodafé seppero stroncare, raccontata magistralmente.



sabato 15 aprile 2023

“Simboli e misteri nelle avventure di Alice nel paese delle meraviglie” di Vito Foschi

Simboli e misteri nelle avventure di Alice nel paese delle meraviglie” di Vito Foschi

Per Stamperia del Valentino in libreria


“Tanto si è scritto e detto sugli aspetti iniziatici delle avventure di Pinocchio, dove a una prima spiegazione tutto sembra apparire evidente. Complice lo stesso nome del protagonista, derivato da una crasi tra ‘pineale’ e ‘occhio’, ventilando così uno stretto legame con il ‘terzo occhio’ delle tradizioni iniziatiche orientali. Molte più perplessità hanno destato invece i segnali indubbiamente presenti nell’opera di Lewis Carroll”, spiega l’editore Paolo Izzo (Stamperia del Valentino) nell’introduzione al libro “Simboli e misteri nelle avventure di Alice nel paese delle meraviglie e attraverso lo specchio” di Vito Foschi, inserito nella collana Polifemi (€ 12,00 – pagine 88).
La piccola Alice sogna, viaggia, cade in una tana di coniglio, entra in uno specchio, gioca a scacchi, incontra buffi personaggi come il Bianconiglio, il Cappellaio Matto, la Regina di Cuori, i Brucaliffo… Ma dietro tutto questo cosa si nasconde? È solo la sfrenata fantasia dell’autore o dietro ad un apparente trionfo dell’irrazionale ritroviamo antichi simboli sotto una nuova forma? La tana del coniglio è la caverna della Dea Madre, il Brucaliffo la trasformazione iniziatica, lo specchio rimanda al mito di Dioniso. Il sogno di Alice ad una lettura altra… È un viaggio iniziatico, e questo libro ne svela i significati nascosti.
“La tentazione di attribuire al semplice caso la presenza di tanti segnali affioranti nella apparentemente onirica narrazione di Carroll, parrebbe perlomeno azzardata, anche alla luce dei tanti, troppi spunti rilevati nelle due opere dello scrittore inglese, di cui in questo contesto si parla”, continua Izzo. “Un recente intervento di Jake Fior, scrittore ed esperto dell’argomento, rilasciato al quotidiano inglese The Observer, pone chiarezza sulla questione, dichiarando che Carroll aveva un preciso interesse per l’esoterismo e possedeva una ricca biblioteca con testi sul soprannaturale”.
Carrol ha scritto chiaramente un racconto per bambini, ma secondo l’autore “possiamo definire con una certa sicurezza che il viaggio della piccola Alice è un viaggio iniziatico”. E il libro di Foschi saprà meravigliare chi vorrà seguirlo in questa stupefacente avventura.

La casa editrice

Editore dal 2002, Paolo Izzo, alter-ego della Stamperia del Valentino, gestisce con estremo rigore le scelte editoriali della sua “creatura”. Il risultato è un catalogo di alto profilo sia nell’ambito della cultura napoletana, che in quello della produzione di stampo umanistico, esoterico e storico.
La Stamperia del Valentino vuole riportare all’attenzione del pubblico la Napoli colta, folkloristica e letteraria. A tal proposito seleziona opere rivolte al curioso colto come allo studioso, con un occhio all’originalità e completezza dei temi proposti.

Titolo: Simboli e misteri nelle avventure di Alice nel paese delle meraviglie
e attraverso lo specchio
Autore: Vito Foschi
Collana: I Polifemi
Prezzo: € 12,00
Pagine: 88
ISBN: 979-12-80721-45-7
Disponibilità: Marzo 2023

La Collana

Il ciclope Polifemo - che sembra risiedesse nella napoletana isoletta di Nisida - dovette il suo nome alla propensione al “molto parlare”. Un chiacchierone, dunque, stando all’etimo greco polì-femì. Questa collana mutua dal mitico personaggio omerico l’interpretazione più nobile di quel nome, intendendo proporre libri piccoli (nei costi e nel formato) ma che “hanno molto da dire” e che quindi vale la pena di “ascoltare”.

Della stessa collana
Guarda il catalogo: www.stamperiadelvalentino.it 

giovedì 13 aprile 2023

UFOLOGY YES: FIERA DEL MISTERO ALL’APERTO IN 2000 MQ A VILLA RO IL 6 E 7 MAGGIO 2023



Fra meno di un mese si terrà l’attesa prima Fiera all’aperto del Mistero in ben 2000 mq con tante  adesioni che aumenteranno sino all’evento UFOLOGY YES per il 6 e 7 maggio 2023 a Pomezia organizzato dall'ufologa Francesca Bittarello con la sua casa editrice LUX-CO EDIZIONI specializzata in libri riguardanti le tematiche delle scienze di frontiera ed enigmi storici.

La nuova location scelta VILLA RO situata in via dei Castelli Romani 50 a Pomezia con i suoi 2000 mq  videosorvegliati interni alla villa diverrà sede di successo per gli eventi estivi all’aperto. 

La  villa è privata di proprietà di Jessica Carla  Fedele, politica da sempre attenta allo sviluppo del territorio che ha aperto la sua proprietà all'evento grazie all’amicizia con Francesca Bittarello creando un connubio entusiasta sui futuri eventi estivi. La villa è un edificio storico creata negli anni trenta del novecento che con i suoi ampi spazi esterni si presta al meglio per il “Villaggio del Mistero” dove saranno  posizionati 40 gazebo di espositori legati al  mistero e alle scienze di frontiera, mentre nella bellissima Sala Interna si terranno le Conferenze.

Il sito web dell’ evento www.ufologyyes.com sarà aggiornato sino all’evento con breaking news e curiosità sui tanti partecipanti dai quali attingere le informazioni. Si prevedono nella due giorni dai mille spettatori in su che si sbizzarriranno nel Villaggio del Mistero creato dall’ufologa Francesca Bittarello per il tanto pubblico. Il costo dell’entrata è un semplice contributo all’organizzazione difatti con soli 5 € valido per le 2 giornate i visitatori potranno entrare nel Villaggio del Mistero dove “l’impossibile diventa possibile”. La Villa RO sarà aperta al pubblico esclusivamente nei giorni dell’evento rappresentano un'occasione per la visione di una edificio storico normalmente chiuso al pubblico.

Organizzazione Dott.ssa Francesca Bittarello

Lux-Co Edizioni whatsapp +39 3294218323  

Credits: 

www.ufologyyes.com                

www.luxcoedizioni.com                

www.centrostudiufologyworld.com   

venerdì 31 marzo 2023

Nell'eclissi degli intellettuali chi brillò fu Elémire Zolla

tratto da "Il Giornale" del 26 Maggio 2022 

Un "conoscitore di segreti": così Grazia Marchianò racconta il grande orientalista, a vent'anni dalla morte

Luigi Mascheroni

Il puro conoscitore - diceva Elémire Zolla - «Si limita a sapere o a non sapere o a sapere dubitando», senza nutrire illusioni, senza ombra di fede.

Conoscitore puro, senza steccati mentali di fronte ai più vari campi del sapere, uomo senza ombre di fede e nessuna illusione, Elémire Zolla (1926-2002) è stato uno dei pensatori più grandi del nostro secondo Novecento: filosofo e storico delle religioni, studioso di dottrine esoteriche, frequentatore della mistica occidentale e orientale, indagatore delle sfere più segrete della spiritualità umana.

Torinese, ma di madrelingua inglese, poliglotta e poligrafo - parlava francese, italiano, tedesco, e studiò spagnolo, portoghese, russo... e scrisse moltissimo, tutta la vita era laureato in Giurisprudenza, quando già si interessava di Medicina legale e Psichiatria forense, poi fu critico letterario, romanziere (Minuetto all'inferno dopo alcune esitazioni della casa editrice Einaudi uscì nella collana «I Gettoni» con risvolto di Elio Vittorini e vinse il premio Strega Opera prima nel '57), ebbe una carriera accademica durata 40 anni, come docente di Letteratura anglo-americana, fra le Università di Catania, Genova e La Sapienza di Roma. Viaggiò moltissimo: in Birmania, Corea, India, Indonesia e Bali, Hawaii, Giappone, Iran, Israele, Taiwan, gli Stati Uniti degli indiani d'America... Scrittura elegante e erudizione sterminata, fu grande uomo di editoria: lavorando con la casa editrice Borla e con Alfredo Cattabiani alla Rusconi portò l'attenzione in Italia su autori come Carlos Castaneda, Ananda Coomaraswamy e J.R.R. Tolkien (è sua la prefazione alla prima edizione italiana del Signore degli anelli), o come Marius Schneider, Pavel Florenskij, Simone Weil, Eric Voegelin, tutti spiriti totalmente estranei all'egemonia culturale dei tempi. Fondò la rivista trimestrale Conoscenza religiosa: 67 fascicoli, molti monografici, dal 1968 all'83, una miniera di sapienza diffusa in tutte le discipline umanistiche del mondo. E fu firma nobile della Terza pagina del Corriere della sera dal 1958 al 2000. Ciò significa che non fu un intellettuale isolato, anzi. Di certo però non fu mai davvero compreso, almeno in Italia, rispetto ad altri Paesi nel mondo.

Chi lo conosce meglio, a fondo, è Grazia Marchianò, l'ultima moglie (Zolla fu sposato con Maria Luisa Spaziani, poi a lungo legato con Cristina Campo), anche lei orientalista e già ordinaria di Estetica all'Università di Siena. Conobbe Zolla nel '70, quando lui era segretario dell'Istituto Accademico di Roma, con lui percorse il tratto di strada più importante delle loro vite e dopo la morte di Elémire ha continuato a curarne la memoria con la pubblicazione di tutte le opere per Marsilio: «Io scelsi subito Cesare De Michelis, un italianista che aveva la stessa ampiezza di vedute di Zolla, poi però si dovette superare un piccolo dissidio con Roberto Calasso, che rivendicava il diritto sui suoi scritti...». Oggi, a venti anni dalla morte del marito, Grazia Marchianò organizza un convegno internazionale su «Il conoscitore di segreti: il lascito intellettuale di Elémire Zolla» all'Accademia Vivarium Novum di Villa Falconieri, a Frascati, donando alla stessa Accademia la grande biblioteca del marito, 300 casse trasportate qui dalla loro casa di Montepulciano con 9mila volumi divisi in sezioni disciplinari da capogiro: Simbologia, Letterature antiche e moderne, Etnologia, Antropologia, Sciamanesimo, Scienze religiose, Alchimia, Astrologia, Esoterismo... Più l'intera collezione oggi rarissima - della rivista Conoscenza religiosa e l'archivio privato: un centinaio di faldoni con quaderni autografi, fotografie, appunti preparatori per i libri e gli articoli giornalistici, ma purtroppo poche lettere («Aveva la strana idea che, una volta lette, non dovesse essere conservate»... e chissà cosa ci siamo persi).

Conoscitore di segreti, raccoglitore di scintille, maestro sì ma scomodo ancora un anno fa Piergiorgio Odifreddi, nel coccodrillo di Roberto Calasso, non ha risparmiato dure critiche a Zolla e a una certa deriva «antiscientifica» di Adelphi intellettuale a sé che intravide l'Eclisse dell'intellettuale... Chi fu davvero Elémire Zolla?

lunedì 27 marzo 2023

L’alchimista e astrologo britannico Robert Fludd torna in libreria con due nuovi volumi per Stamperia del Valentino


Stamperia del Valentino già si è occupata di Robert Fludd, il medico, alchimista, teosofo e astrologo britannico vissuto a cavallo tra Cinquecento e Seicento, pubblicando un trattato di geomanzia nel 2019 e altri due volumi nel 2021, uno sull’astrologia, l’altro sull’origine e la struttura del cosmo. Torna oggi con “De Musica Mundana - L’Armonia delle Sfere”, disponibile già a marzo e “Sui Numeri divini e la divina Armonia”, in libreria tra aprile e maggio 2023.

La lezione di Fludd nel “De Musica” riprende gli insegnamenti arcaici di Platone, di Aristotele e di Giamblico, ispirati tutti dalla pitagorica armonia delle sfere. Il cosmo è articolato in una sua indefinita molteplicità, ma ritrova la propria radice unitiva attraverso una melodia che armonizza divinamente tutte le sue partizioni. Il testo di Fludd offre l’opportunità di approfondire un aspetto importante di questo processo microcosmico di consapevolezza, come chiarisce Valentini in postfazione. “Le partizioni del cosmo”, spiega “si emanano e vengono riassunte in ambito magico-realizzativo con funzioni simboliche, come appunto le note musicali e l’espressione del ritmo come andamento noetico del manifestato”. Il dio Apollo coniugava la sua natura solare al canto, alla musica e alla poesia, “quali espressioni ieratiche che scaturiscono dall’estasi iniziatica, che ricompongono lo iato tra la natura umana a quella divina”.

Disanima sull’emanazione del mondo materiale e della sua creazione da parte del Divino, per “Sui Numeri divini e la divina Armonia”. Attraverso i numeri e le armonie, lo studio condotto sulla scorta delle tradizioni dettate nelle sacre scritture, e della loro interpretazione nel pensiero classico, da Pitagora a Platone.


L’autore


Robert Fludd o Robertus de Fluctibus (1574-1637). Medico, alchimista, teosofo e astrologo britannico. Filoso ermetico, apparteneva alla tradizione ermetico-cabalistica del Rinascimento sviluppatasi da Marsilio Ficino, Pico della Mirandola e Paracelso. Diede un forte impulso alla diffusione della concezione dei Rosacroce nel mondo, scrivendo l’opera cosmologica Utriusque Cosmi, maiores scilicet et minores, metaphysica, physica atque technica Historia, in cui le corrispondenze segrete tra il “mondo più grande” e il “mondo più piccolo” riguardano i rapporti tra l’universo (macrocosmo) e l’uomo (microcosmo). Fu anche l'autore di De astrologia, sua opera principale sull'argomento.


La casa editrice


Editore dal 2002, Paolo Izzo, alter-ego della Stamperia del Valentino, gestisce con estremo rigore le scelte editoriali della sua “creatura”. Il risultato è un catalogo di alto profilo sia nell’ambito della cultura napoletana, che in quello della produzione di stampo umanistico, esoterico e storico.

La Stamperia del Valentino vuole riportare all’attenzione del pubblico la Napoli colta, folkloristica e letteraria. A tal proposito seleziona opere rivolte al curioso colto come allo studioso, con un occhio all’originalità e completezza dei temi proposti.



Titolo: De Musica Mundana
Sottotitolo: L’Armonia delle Sfere
Autore: Robert Fludd
Postfazione: Luca Valentini
Collana: Sotto il cappello
Prezzo: € 18,00
Pagine: 86
ISBN:  979-12-80721-38-9
Disponibilità: marzo 2023




Titolo: Sui Numeri divini e la divina Armonia
Autore: Robert Fludd
Collana: Sotto il cappello
Prezzo: € 23,00
Pagine: 146
ISBN:  979-12-80721-39-6
Disponibilità: aprile-maggio 2023



Della stessa collana
Guarda il catalogo: www.stamperiadelvalentino.it


lunedì 20 marzo 2023

24° Convegno di Ufologia città di Pomezia

 Ed ecco la locandina del prossimo 24° Convegno di Ufologia città di Pomezia del 26 marzo 2023 al Simon Hotel organizzato dalla sempre attiva Francesca Bittarello; tra i Conferenzieri  ci saranno il boliviano Victor Nunzi, Antonio Riggi, Fabio Ippoliti, Ferdinando Santoro, il vaticanista Riccardo Narducci e il Generale Domenico Rossi Già sottosegretario di Stato alla Difesa e con lo scienziato  rumeno Vasile Droj. Dalle 13 alle 14 durante la pausa pranzo con il panino alieno ci saranno gli assaggi gratuiti del Birrificio OXIANA partner commerciale degli eventi per tutto il 2023.

Per le info dettagliate sul Convegno visitare il sito web.

www.convegnoufologiapomezia.it




domenica 19 marzo 2023

Mistero Peter Kolosimo, il creatore di mondi

tratto da "Il Giornale" del 10 Dicembre 2022

Un romanzo, una raccolta di saggi e un convegno ricordano il padre della fantarcheologia italiana. Fra Ufo, miti, scienza

Luigi Mascheroni

Per coloro i quali «l'Uomo di Palenque» veniva davvero dallo spazio, Peter Kolosimo è un amico. Per tutti gli altri, un mistero.

Mistero Peter Kolosimo.

Pioniere dei viaggi stellari a bordo della navicella Fantasia, giornalista e divulgatore che osò andare Oltre il cielo che è il titolo della celebre rivista di astronautica e fantascienza dove debuttò come firma e sorta di Doctor Who che più velocemente di tanti altri seppe viaggiare nello spazio e nel tempo tra fascinazione, scienza, fantascienza e pseudoscienza, Peter Kolosimo, che poi era italianissimo, si chiamava Pier Domenico Colosimo (1922-84) anche se a un certo punto sostituì la «C» del cognome con una «K» arcana, è stato colui che tra gli anni Sessanta e Settanta, epoca d'oro di enigmi e segreti, diffuse a livello di massa la fantarcheologia (o, se preferite, la paleoastronautica o teoria del paleocontatto). Stiamo parlando, ma a bassa voce, perché la rivelazione non è per tutti, degli «antichi astronauti». La domanda, alla quale non si può opporre un Sì, ma neanche un No, è: esiste la possibilità che nei millenni passati entità extraterrestri abbiano raggiunto il nostro pianeta consegnando agli uomini conoscenze tecnologiche segrete, lasciando traccie nascoste del loro passaggio? Risposte: il mito di Atlantide, la Stele di Palenque, la Pila di Baghdad, i geroglifici dell'Altipiano di Nazca, la Carta di Piri Re'is, i manufatti Maya, le conoscenze astronomiche dei Dogon, gli Ufo, il triangolo delle Bermude, la Grande Piramide... E poi, come si spiega quel teschio di bisonte, conservato al Museo di Paleontologia di Mosca, risalente a un periodo compreso fra i 30 e i 70mila anni fa, con un foro rotondo come quello di un proiettile? Chi poteva a quel tempo sparare a un animale se non qualcuno proveniente da un altro mondo?

Ecco. Peter Kolosimo su quel mondo «altro» aprì una finestra, trent'anni prima di Stargate, quando, nell'anno 8000 a.C. un'astronave piramidale atterrò nelle vicinanze di accampamento di cavernicoli... Un raggio luminoso sull'alba dell'uomo. Storie di antichi astronauti, di continenti scomparsi e di futuri passati.

Peter Kolosimo, nato per sbaglio a Modena da un ufficiale dei carabinieri calabrese e una madre statunitense, una giovinezza passata a Bolzano, tre lingue (italiano, tedesco, inglese) e una laurea in Filologia germanica all'Università di Lipsia (di cui però non abbiamo alcuna documentazione...), si arruolò durante la Seconda guerra mondiale, in quanto altoatesino, nella Wehrmacht ma già qui la biografia stinge nella leggenda e nella re-interpretazione della Verità... - da cui però disertò divenendo partigiano in Boemia, per poi aderire al comunismo di stampo marxista-leninista... E poi il giornalismo, e poi la direzione della stazione di Radio Capodistria, e poi centinaia di articoli con decine di pseudonimi, e la seconda vita nella Torino magica ed esoterica degli anni Sessanta e Settanta, e poi libri di straordinario successo, la fondazione nel 1972 del mensile Pi Kappa, che sono le iniziali di Peter e Kolosimo... La vita come un fantaromanzo. Qualcuno ha fatto notare che la sua biografia non è meno misteriosa dei tanti ambiti di ricerca da lui indagati.

Dosando sapientemente dati veri, dubbi o falsi, tra saggio, affabulazione e letteratura fantastica, grazie a una scrittura ammaliante e una potente capacità di immaginare e di narrare, Peter Kolosimo tanto infastidito da note bibliografie quanto ipnotizzato da teorie eretiche ha saputo costruire, con la perfezione degli antichi architetti, un nuovo immaginario che collega le incisioni rupestri sul Monte Musinè al continente perduto di Mu, la parapsicologia all'esobiologia, le iscrizioni etrusche alle statue dell'Isola di Pasqua, le sfere di pietra della Costa Rica ai monili precolombiani, i misteriosi «jet d'oro» a forma di aerei a reazione, esempio perfetto di «oggetti fuori dal tempo», come il meccanismo di Antikythera, la prova (provata?) dell'esistenza degli antichi viaggiatori interspaziali. E se i carri di fuoco del mito e della Bibbia fossero state astronavi?

Del resto, quelli erano anni dell'immaginazione al potere... Erano gli anni in cui Peter Kolosimo scriveva libri dai titoli immaginifici soprattutto per la mai abbastanza ringraziata casa editrice Sugar come Terra senza tempo, Ombre sulle stelle, Astronavi sulla preistoria, Fratelli dell'infinito, Italia mistero cosmico... Erano gli anni in cui, accadde nel 1969, Kolosimo vinse addirittura il Premio Bancarella con il super bestseller Non è terrestre, anni in cui le sue opere erano tradotte in 60 Paesi (!), dalla Russia alla Cina, ed era uno degli scrittori italiani più conosciuti al mondo.

Poi tutto ciò tramontò. Morto nel 1984 a Milano, pur sopravvivendo, svenduto a poche lire, tra Remainders e bouquiniste, Peter Kolosino è scomparso dall'editoria, dai giornali, dalle trasmissioni tv. Polvere fra le stelle.

Ma a volte, e non solo gli antichi visitatori, ritornano. E così nel centenario della nascita, Pier Domenico in arte Kolosimo è di nuovo fra noi. I Wu Ming, affascinati da un marxista leninista con la passione per l'archeologia misteriosa e le civiltà extraterrestri, ne fanno uno dei personaggi del nuovo romanzo UFO 78 (Einaudi); Bolzano gli dedica un convegno di studi all'Eurac convention center proprio nel giorno della nascita, il 15 dicembre (partecipano anche la moglie, Caterina Kolosimo, giornalista e scrittrice, e la figlia Alessandra, studiosa e ricercatrice); mentre un gruppo di accademici, coordinati da Fabio Camilletti, lo omaggia con un Almanacco della fantarcheologia (Odoya) che prova a mettere ordine nella sua biografia, indaga l'originalità della sua saggistica confrontandola con quella dei suoi maestri ed epigoni, da Von Däniken a Jacques Bergier e riflette, senza nostalgia, sull'eterna fascinazione per le meraviglie del possibile e i mondi «altri» che Peter Kolosimo seppe raccontarci meglio di chiunque. Anche se forse, ma proprio per questo, non sono mai esistiti.


martedì 7 marzo 2023

“Alchimia semplificata” di René Schwaeblé con la prefazione di Sigfrido Höbel

“Scienza chimerica che cerca la Pietra Filosofale e la Panacea Universale”. Questa la spiegazione del termine “alchimia” per i dizionari di tutto il mondo. “I dizionari” chiarisce Sigfrido Höbel nella prefazione di “Alchimia semplificata” scritto da René Schwaeblé e pubblicato da Stamperia del Valentino, “dovrebbero quindi definire la medicina come scienza chimerica, che cerca di guarire i calli ai piedi”. Perché, secondo Höbel, in Alchimia la Pietra Filosofale non occupa più spazio di quanto non facciano i calli ai piedi in medicina. L’Alchimia è la scienza della vita, della vita nei tre regni: vegetale, animale e divino. “Essa” continua Höbel  “si propone di separare il principio attivo dalla materia inerte; è la metafisica della chimica organica e di quella inorganica, come l’Astrologia è la metafisica dell’Astronomia”. L’alchimia studia le cause e i principi, la legge universale ed eterna dell’evoluzione che “impercettibilmente muta il piombo in oro e perfeziona l’uomo”. Con il regno animale l’Alchimia diventa terapeutica; con il regno vegetale si fa agricoltura, si innesta, sogna di risorgere, di arrivare alla palingenesi; con il regno minerale diventa chimica, sogna di trasmutare metalli e metalloidi. Infine, “con il regno divino, l’Alchimia diventa ermeneutica, insegna a convertire il pane e il vino in Corpo e Sangue”.

L’Alchimia, in tempi relativamente recenti, ha subito una dolorosa diaspora, sconosciuta agli operatori classici almeno fino a tutto il Seicento. Una scissione in due anime parallele che sembrano inconciliabili, nonostante apparirebbe cosa acquisita che l’aspetto spirituale-speculativo (ben incarnato dalle discipline ermetiche) e la pratica di laboratorio siano tra esse complementari e funzionali ad un reciproco controllo di sana progressione nel cammino iniziatico dell’Operatore.

René Schwaeblé in questa sua opera sembra ricomporre in modo esemplare la diaspora, coniugando i due aspetti proprio in un periodo storico che vedeva maggiormente radicalizzato il divario. Forse è proprio questa la dichiarazione d’intenti che l’Autore ha inteso racchiudere in quel “Semplificata”, attributo che all’idea stessa di Alchimia potrebbe sembrare veramente estraneo.


L’autore

René Schwaeblé (Parigi, 13 marzo1873–1938) è stato uno scrittore francese autore di romanzi popolari, in particolare di genere noir, oltre ai popolari libri scientifico-esoterici.


La casa editrice

Editore dal 2002, Paolo Izzo, alter-ego della Stamperia del Valentino, gestisce con estremo rigore le scelte editoriali della sua “creatura”. Il risultato è un catalogo di alto profilo sia nell’ambito della cultura napoletana, che in quello della produzione di stampo umanistico, esoterico e storico.

La Stamperia del Valentino vuole riportare all’attenzione del pubblico la Napoli colta, folkloristica e letteraria. A tal proposito seleziona opere rivolte al curioso colto come allo studioso, con un occhio all’originalità e completezza dei temi proposti.

Titolo: Alchimia semplificata
Collana: I Polifemi
Autore:  René Schwaeblé
Prefazione:  S. E. F. Höbel
Prezzo: € 14,00
Pagine: 102
EAN: 9791280721242


La Collana

Il ciclope Polifemo - che sembra risiedesse nella napoletana isoletta di Nisida - dovette il suo nome alla propensione al “molto parlare”. Un chiacchierone, dunque, stando all’etimo greco polì-femì. Questa collana mutua dal mitico personaggio omerico l’interpretazione più nobile di quel nome, in - tendendo proporre libri piccoli (nei costi e nel formato) ma che “hanno molto da dire” e che quindi vale la pena di “ascoltare”.

Della stessa collana

Guarda il catalogo: www.stamperiadelvalentino.it




 

domenica 26 febbraio 2023

Gli Ufo e la fine di un'epoca

 tratto da: https://it.insideover.com/societa/gli-ufo-e-la-fine-di-unepoca.html

del 20 SETTEMBRE 2021

di Luca Gallesi

Più o meno ogni vent’anni, a partire dall’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso, appaiono sulla grande stampa di tutto il mondo notizie di avvistamenti di “oggetti volanti non identificati” (in inglese Ufo, Unidentified Flying Objects, oppure Uap, Unidentified Aerial Phenomenon), che suscitano nella gente curiosità e meraviglia mischiate a paura e inquietudine. L’ultima, rilevante ondata di segnalazioni risale proprio ai mesi scorsi, quando, oltre ai numerosi avvistamenti in varie parti del globo, alcuni Ufo sono stati immortalati addirittura dalla Nasa, che avrebbe ripreso in diretta dalla Stazione spaziale internazionale “una navicella con quattro luci disposte in forma triangolare” di provenienza sconosciuta.

A creare ulteriori aspettative sulla possibile esistenza di vita extraterrestre si è aggiunta la divulgazione del rapporto del Pentagono sugli avvistamenti di Uap effettuati dalle Forze armate statunitensi, il cui annuncio aveva creato tra gli appassionati di ufologia molte aspettative, per lo più andate deluse. La task force ufficialmente incaricata di indagare sugli Ufo, denominata Uaptf, ha trasmesso, lo scorso giugno, al Senato Usa una relazione dove sono elencati ben 144 casi di misteriosi avvistamenti segnalati, negli ultimi 15 anni, dai piloti o dalle strumentazioni militari.

Ovviamente, non c’è nessuna prova definitiva che tali fenomeni abbiano origine extra-terrestre, ma nemmeno si può altrettanto sicuramente negarne la possibilità, lasciando, ancora una volta, in dubbio l’esistenza di forme di vita aliena, argomento diventato popolare soprattutto a partire dal secondo dopoguerra.

Era il 1947, infatti, quando due fatti straordinari suscitarono l’interesse dell’opinione pubblica mondiale verso quelli che, da allora, furono popolarmente chiamati “dischi volanti”: il pilota Kenneth Arnold, in volo il 24 giugno con il suo aereo personale vicino al Monte Rainier, nello stato di Washington, dichiarò di aver incontrato nove oggetti sconosciuti, simili a piatti o dischi (flying saucers). Interrogato a lungo dall’Aviazione militare, risultò essere assolutamente sincero, come confermano le conclusioni del rapporto ufficiale, stilato il 12 luglio dal Tenente F. Brown e dal Capitano W. Davidson: “È opinione dell’interrogatore che Kenneth Arnold ha realmente visto ciò che sostiene di aver visto. È difficile credere che un uomo con (il suo) carattere e l’evidente integrità possa affermare di vedere delle cose e di scrivere il rapporto che ha scritto, se non li avesse visti”.

Un paio di giorni dopo, invece, ci fu il celebre, o famigerato, secondo i punti di vista, episodio di Roswell, nel New Mexico, dove si disse che era precipitato un disco volante, addirittura con due alieni a bordo. Il fatto era avvenuto vicino alla più grande base militare dell’Usaf, una zona top secret anche per via del poligono nucleare molto attivo in quegli anni. Il relitto caduto venne sequestrato dai militari, e cominciarono a trapelare le più strane versioni dei fatti, fino a dichiarare che si trattava di un pallone sonda.

Non è il caso, qui, di ricostruire tutti gli strascichi di quella strana e contorta vicenda, con l’annesso filmato – visionabile in Rete – della presunta autopsia degli improbabili “extraterrestri”, e l’inchiesta ufficiale che, soltanto nel 1980, svelò tutte le contraddizioni e falsità della versione autorizzata. Basti ricordare che, dopo quell’anno, ci fu un moltiplicarsi di avvistamenti fino alla metà degli anni Cinquanta, tanto che, delle “cose volanti che si vedono in cielo”, si occupò anche, in una delle sue ultime opere, Carl Gustav Jung (1875-1961).

Era il 1958 quando uscì il saggio Un mito moderno. Le cose che di vedono in cielo, dove il padre della psicologia analitica analizzò i dischi volanti con una motivazione che suona sconcertante: afferma, infatti, nell’introduzione, che l’impulso che lo aveva spinto a scrivere scaturiva “dalla mia coscienza di medico, che mi consiglia di compiere il mio dovere, preavvisando quei pochi dai quali mi posso far intendere che l’umanità si trova alla soglia di avvenimenti che corrispondono alla fine di un eone”. E, per lanciare quello che lui stesso riteneva “un grido di allarme”, è disposto a muoversi nel “territorio infido assai prossimo alle nebulose fantasie che oscurano la mente di astrologi e riformatori dell’universo” e così “mettere in gioco la mia reputazione, faticosamente conquistata, di uomo veritiero, degno di fede e capace di giudicare in modo rigorosamente scientifico”. Curioso, come lo era stato tutta la vita, di qualsiasi cosa sembrasse strana o meravigliosa, Jung si era interessato agli Ufo dagli anni Quaranta, quando aveva cominciato a leggere e raccogliere tutto quello che trovava sull’argomento, giungendo alla conclusione che, per quanto sia impossibile sapere cosa siano i dischi volanti, non possiamo negarne l’esistenza. Per questo motivo, lo studioso del profondo cercò di interpretare quello che riteneva un importantissimo simbolo, utile a diagnosticare una grave frammentazione nell’animo dell’umanità. Gli Ufo sarebbero, dunque, una oggettivazione delle paure e delle speranze che animano l’inconscio dell’uomo, che, secondo lo psichiatra svizzero, cerca inconsciamente, in ogni luogo e in tutte le epoche, un equilibrio tra la dimensione fisica e la sfera psichica, tentativo di riconciliazione che si riflette nell’universo, che ci invia i segnali utili a ristabilire l’ordine infranto.

Il problema, quindi, non è sapere se gli oggetti volanti non identificati siano o meno l’annuncio del prossimo arrivo di esseri extraterrestri, bensì rendersi conto che essi sono un segnale di allarme per l’umanità, che si trova sull’orlo di una crisi gravissima, causata, sempre secondo Jung, dal contrasto insanabile tra le mirabolanti scoperte della tecnica e il concomitante inaridimento dell’animo umano.



mercoledì 22 febbraio 2023

La civiltà è sulle spalle dei Giganti di Mont'e Prama

tratto da "Il Giornale" del 31 luglio 2022

Dal sito "sacro" continuano a emergere statue. E a Cabras è pronto il museo che le accoglierà tutte

Luigi Mascheroni


Cabras (Oristano). La storia che raccontano i Giganti di Mont'e Prama è lunga tremila anni, dal IX secolo a.C., quando furono scolpiti ed eretti lungo la strada che corre verso lo Stagno di Cabras, fino a oggi, orgoglio della Sardegna, custodi di pietra di un passato ancestrale, eroico, misterioso. Furono scoperti, nella primavera del 1974, da due contadini, quando il loro aratro incocciò una pietra levigata che sembrava un volto. Poi ne trovarono un'altra, e un'altra ancora... Ci vollero anni per capire cosa fossero quei frammenti, di chi erano quei volti. Ma si intuì subito che si trattava della più grande scoperta archeologica d'epoca recente nell'area del Mediterraneo.

Penisola del Sinis, Sardegna centro-occidentale, attorno al grande stagno di Cabras. Oggi la terra è cotta dal sole, il caldo dell'estate è torrido, i centri abitati rari, isolati. Nel I millennio a.C. era una terra pianeggiate, fertile e per quei tempi ricca: per la caccia, la pesca, le insenature, il golfo, l'acqua dolce, la posizione felice per i commerci, le risorse minerarie. Il Sinis, a nord, è chiuso dai Montiferru. È qui, dove la presenza di uomini civilizzati è attestata da almeno settemila anni, che ai piedi della bassa collina - poco più di 50 metri sul livello del mare nel corso del IX secolo a.C. alcune comunità tardo nuragiche cominciano a seppellire i loro morti in tombe a pozzetto, coperte da cumuli di pietra, e poi, col passare del tempo, crescendo la potenza e la ricchezza di una società sorprendentemente avanzata e complessa, decidono di scolpire grandi statue nell'arenaria, in blocchi estratti da cave distanti qualche chilometro da qui, per arricchire la parte più nobile della necropoli, probabilmente riservata all'élite guerriera e sacerdotale. Eccoli, i Giganti di Mont'e Prama. Non si sa chi siano esattamente (antenati? eroi mitici delle leggende nuragiche?) ma di certo il loro compito era sorvegliare, silenziosi e imponenti, le tombe disposte sulla via sacra che scendeva verso lo stagno. Finora, dal '74 a oggi (due nuovi ritrovamenti sono stati fatti a maggio, due mesi fa) dal terreno, a trenta centimetri circa di profondità, sono emersi 5.178 frammenti che hanno permesso di ricostruire, parzialmente, 32 grandi statue, alte fra il metro e 85 e i due metri e 15 centimetri, collocate su basamenti di pietra e che avevano, in origine, anche elmi con corna animali molto lunghe, quindi di molto superiori all'altezza media degli uomini dell'epoca, e raffiguranti almeno tre diversi «tipi» di uomini: i guerrieri, i pugilatori e gli arcieri. Le statue, che non hanno altri paragoni con la storia dell'arte occidentale, sono bianche e lisce, ma non è escluso che in origine avessero uno strato di colore, e di certo portavano, in pugno e sulla schiena, lance e spade di ferro. Se oggi gli studiosi sono concordi nel ritenere che la funzione dei Giganti fosse quella di segnare dal punto di vista monumentale un luogo sacro, resta da capire quali popolazioni, in quale epoca - forse prima dell'arrivo dei punici - e per quale ragione abbatterono le statue, distruggendole. La caduta dei Giganti fu provocata da una «guerra civile»? O da invasori? O da cause naturali (che però non spiegherebbero la frammentazione)?

«Sos gigantes de Monti Prama», si dice in sardo. A oggi le statue ricostruite sono 28, più altre quattro da ricomporre, ma chissà quante altre giacciono nascoste sottoterra: la campagna di scavi continua e sarà ancora lunga. Venti sono al Museo archeologico di Cagliari, una è itinerante per una mostra, una in restauro e sei sono qui, al Museo di Cabras, centro nevralgico del Sinis, a pochi chilometri in linea d'aria, al di là dello stagno, dall'area dei ritrovamenti, destinata a breve a diventare Parco archeologico protetto. Eccoli qui i sei giganti di Cabras, allineati uno accanto all'altro nell'ultima sala del percorso di visita: l'allestimento è semplice, per nulla scenografico, ma l'effetto è potente. Vederli a pochi centimetri, accorgersi delle lunghe trecce che scendono sul busto, distinguere le decorazioni dei gambali, fissare i grandi occhi rotondi a doppio cerchiello che ricordano il robot di Guerre stellari C-3PO, notare i dettagli delle stole... - ci indica tutto l'archeologa Nicoletta Camedda che ci accompagna nella visita - è qualcosa di incomparabile, e di magico. Qui, nei depositi del museo, ci sono anche le due statue disseppellite da poco.

Ma presto tutti i Giganti - questi di Cabras, quelli di Cagliari e quelli in restauro - saranno radunati in un unico luogo, nella nuova ala del museo, qui accanto. È un lungo parallelepipedo orizzontale affacciato sullo stagno: sugli ampi pannelli esterni si vedono già delle meravigliose decorazioni che citano le sculture di sabbia del grande artista sardo Costantino Nivola, e all'interno è suddiviso in due grandi sale in cui sarà ricostruita la necropoli di Mont'e Prama. «L'ala del museo sarà terminata entro l'anno e l'apertura con il nuovo allestimento è prevista per la primavera 2023, e a quel punto, una volta trasformato il sito degli scavi in Parco archeologico, invece di arrivarci con i pullman o in auto - ora ci vuole un quarto d'ora circa - si potrà raggiungerlo direttamente dal museo attraverso lo stagno con un battello elettrico», spiega Anthony Muroni, nato in Australia ma sardo di origine, presidente della Fondazione Mont'e Prama costituita dal ministero per i Beni culturali un anno fa per valorizzare l'immenso patrimonio del sito archeologico. «Stiamo organizzando un tour europeo dei Giganti a Parigi, Barcellona e Londra; e poi negli Stati Uniti nel 2023-24, sulle due coste, a New York e San Francisco. E poi nel 2025 l'obiettivo è il gemellaggio tra i Giganti di Mont'e Prama e i guerrieri di Xi'an, in Cina, con due grandi esposizioni parallele. C'è un filo rosso che lega le grandi statue del Sinis all'Esercito di terracotta cinese: sono entrambi testimoni di due straordinarie civiltà del passato e sono stati scoperti nello stesso anno, il 1974». Da allora sono passati quasi cinquant'anni. Per molto tempo di loro non si sapeva nulla. Oggi i Giganti, pronti a entrare in una nuova casa, sono diventati quasi gente di famiglia, per i sardi. 

martedì 14 febbraio 2023

Superstizioni. Il gatto, la scala e altre superstizioni

Superstizioni. Il gatto, la scala e altre superstizioni di Roberto La Paglia


«“Non è vero… ma ci credo”: così recitava il titolo di una commedia in tre atti del 1942 scritta da Peppino De Filippo, commedia dalla quale, dieci anni dopo, venne poi tratto l’omonimo film. Il tema ovviamente era la superstizione, soggetto principale di questo libro che tenta di esplorare il fenomeno scrutando dietro le quinte, ricercando le origini delle superstizioni più conosciute e, infine, offrendo un’ampia panoramica di come si sono evolute nel mondo. La superstizione, al di là dei discorsi culturali, rimane comunque parte integrante di un folclore che rispecchia in fondo l’istinto umano, e come tale un argomento degno di essere trattato, discusso e analizzato. A ben riflettere, in fondo, siamo tutti superstiziosi, chi per scelta, chi per convinzione, chi semplicemente per puro. Sarà quindi un viaggio curioso e stimolante, durante il quale verranno percorsi i sentieri della nostra storia meno conosciuti, alla ricerca delle origini degli atteggiamenti superstiziosi. D’altra parte, dietro ogni fatto curioso, dietro ogni evento definito spesso bizzarro, si cela quasi sempre una storia particolare, reale, così come nel caso della paura dei gatti neri che ci attraversano la strada, fatto che, tra l’altro, si porta dietro secoli di avvenimenti storici che partono addirittura dall’antico Egitto. Un percorso curioso e stimolante, per un approccio diverso al mondo delle superstizioni che di certo non mancherà di intrigare il lettore, trascinandolo in un mondo del tutto particolare, tra antiche divinità pagane, streghe, vecchie credenze e piccoli scenari storici a volte del tutto sconosciuti».


venerdì 10 febbraio 2023

L’epopea assiro-babilonese - Da Gilgamesh alla Torre di Babele

L’epopea assiro-babilonese - Da Gilgamesh alla Torre di Babele di Luigi Angelino. Verso le origini misteriose e lontane della civiltà umana. Un libro di Stamperia del Valentino

Nel saggio introduttivo del volume L’epopea assiro-babilonese - Da Gilgamesh alla Torre di Babele di Luigi Angelino (I Polifemi, Stamperia del Valentino), Edoardo Tinto ci parla della storia assiro-babilonese, ma anche della loro stupefacente religione, spiega infatti che essa “si basava in massima parte sulla loro famosa dottrina. I sacerdoti assiri - che erano propriamente detti Caldei - rappresentavano nello stesso tempo i loro savi, detentori del sapere. Questi, come narra Diodoro Siculo, affermavano di antivedere il futuro”. E non solo, interpretavano i sogni, spiegavano i fenomeni della natura e “presagivano il bene e il male agli uomini e alle nazioni”.

Le scoperte archeologiche nell’area mesopotamica hanno contribuito a farci comprendere lo sviluppo culturale di questa civiltà. Prima del diciannovesimo secolo le conoscenze di cui disponevamo si basavano su fonti greche ed ebraiche non proprio attendibili.

L’epopea di Gilgamesh, che è da considerarsi il testo più importante della tradizione assiro-babilonese giunto fino a noi, fu scoperta a metà Ottocento e narra le imprese del mitico re di Uruk, descrivendo fatti mitizzati, risalenti alla fine del terzo millennio a.C., ma secondo alcuni interpreti anche più antichi. Profonda è l’influenza che questo testo ha avuto sugli scritti biblici, soprattutto sui primi cinque libri della tradizione masoretica. Il legame della cultura assiro-babilonese con quanto narrato nella Bibbia è ancora più evidente nel racconto della torre di Babele, divenuta il simbolo della superbia umana a cui corrisponde la punizione divina della confusione degli idiomi. L’epopea di Gilgamesh e la torre di Babele ci portano verso un’epoca lontana e misteriosa, alle origini della civiltà umana, di cui ancora sappiamo troppo poco.

“Epopea di Gilgamesh è il titolo attribuito dagli studiosi moderni a un ciclo epico di ambientazione sumerica, che risale in maniera presuntiva a circa 4.500 anni fa, in quanto la data di elaborazione più probabile è individuata tra il 2600 e il 2500 a.C.”, spiega Angelino. La redazione del poema avvenne in caratteri cuneiformi su tavolette d’argilla di diverse versioni, e sono giunte fino ai nostri giorni seguendo varie vie e provenienze. Composto secoli prima dell’Iliade e dell’Odissea, “costituisce il più antico e significativo esempio di elevazione spirituale della civiltà umana” in grado di influenzare non solo le varie culture successive, ma la stessa Bibbia.


L’autore

Luigi Angelino nasce a Napoli, dove si laurea in Giurisprudenza. Nel 2017 pubblica il romanzo “Le tenebre dell'anima”, nel 2018 la sua versione inglese “The darkness of the soul” e la raccolta di saggi “I miti: luci e ombre”. Nel 2019, il thriller filosofico-teologico, “La redenzione di Satana I-Apocatastasi”. Nel 2020, “L'arazzo dell'apocalisse di Angers” e “Pandemia - Il mondo sta cambiando”, nonché il racconto dedicato a sua madre, “Anna”.

Nel 2021 ha prodotto “Nel braccio di Orione”, un viaggio onirico attraverso il sistema solare, “La redenzione di Satana II - Apostasia”, “La ricerca del divino”. Nello stesso anno è stato insignito dell’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica italiana. Del 2022 è il volume “Sulla fine dei tempi” per Stamperia del Valentino.


La casa editrice

Editore dal 2002, Paolo Izzo, alter-ego della Stamperia del Valentino, gestisce con estremo rigore le scelte editoriali della sua “creatura”. Il risultato è un catalogo di alto profilo sia nell’ambito della cultura napoletana, che in quello della produzione di stampo umanistico, esoterico e storico.

La Stamperia del Valentino vuole riportare all’attenzione del pubblico la Napoli colta, folkloristica e letteraria. A tal proposito seleziona opere rivolte al curioso colto come allo studioso, con un occhio all’originalità e completezza dei temi proposti.


Titolo: L’epopea assiro-babilonese
Sottotitolo: Da Gilgamesh alla Torre di Babele
Autore: Luigi Angelino
Saggio introduttivo: Edoardo Tinto
Collana: I Polifemi
Prezzo: € 12,00
Pagine: 94
ISBN: 979-12-80721-11-2 


lunedì 6 febbraio 2023

CARAVAGGIO ALCHIMISTA DELLA PITTURA & I ROSACROCE

Tratto da Pangea.news

di Claudia Gualdana

“Le tenebre sono semplicemente la contrazione della luce”, scriveva Robert Fludd nella Medicina cattolica. Solo chi ancora non ha letto il Caravaggio di Dalmazio Frau (Caravaggio, luci ed ombre tra alchimia e altri misteri, Bastogilibri), può trovare ardito questo accostamento. Robert Fludd di Michelangelo Merisi è contemporaneo, ma il primo è uno dei massimi mistici inglesi, l’altro uno dei più grandi artisti della storia. Non si sono mai incontrati. Fludd scrive di elementi, eppure sembra suggerire l’atmosfera di lotta tra la luce e la tenebra che va in scena in alcuni capolavori del Caravaggio.

Prendiamo, per esempio, il celebre Amor Vincit Omnia, un olio su tela oggi conservato a Berlino, che per Frau è l’opera in cui “più sono evidenti i messaggi rosacruciani di filosofi quali Fludd e Maier”. Nella tela un Eros sorridente emerge da uno sfondo di assoluta tenebra, tanto che le sue carni bianche sembrano rilucere. È questo, a mio vedere, il miracolo della pittura del Merisi: strappare le forme della vita dall’indistinto cupo, profondo, del buio senza forma. Come se prima del suo tratto magico nulla esistesse. Dipingere come dare la vita. Prendere la materia e insufflarle il respiro nelle vene, in un religioso fiat lux di biblica memoria. A misura d’uomo, s’intende.

Non sono elucubrazioni, sono le suggestioni che Frau dissemina sapientemente attirandoci in un dedalo di riletture dei capolavori caravaggeschi in una sorta di giallo per iniziati alla pittura e all’alchimia. E infatti nell’Amor Vincit Omnia – l’amore vince ogni cosa – legge il compasso e la squadra ai piedi della divinità greca in ottica ermetica, unendo a tali strumenti il significato della musica, ben rappresentata dal liuto e dal violino.

I Rosacroce, di cui faceva parte Fludd, erano una loggia iniziatica tedesca di ispirazione cristiana che esisteva da ormai due secoli. Gli adepti erano avvolti nel mistero. E di nuovo ci si può domandare cosa c’entri quel geniaccio incline alla violenza e a Venere con le sottigliezze intellettuali di uomini in cerca di un perfezionamento interiore che con le armi e i postriboli non potevano aver niente da spartire. Frau suggerisce la soluzione del rebus accompagnandoci nei sacri palazzi di Roma, città in cui Merisi visse il massimo splendore del suo astro, disgraziatamente destinato a spegnersi in fretta. Ed ecco che il mistero dell’arte del ribelle dal pennello magico si dirada: egli era il braccio teso a descrivere significati che provenivano da pozzi di scienza sacra, del quale forse neanche era del tutto consapevole.

Il braccio di un alto prelato romano, il cardinale Francesco Maria del Monte. Per lui dipinse, tra l’altro, Giove, Nettuno e Plutone, il suo unico affresco, al Casino Ludovisi. Un vero e proprio gabinetto alchemico la cui esistenza fu scoperta solo nel 1969. Merisi porta la luce in uno spazio angusto, staglia le figure in scorcio esaltandone, come suo uso, la virile nudità, tracciando tra le righe lo zodiaco e gli stadi del processo alchemico in una sorta di athanor dipinto. In fondo non c’è niente di strano in questo. Tutta l’arte rinascimentale è un movimento tellurico di simboli, allegorie, rimandi mistici e paganeggianti, in un inno alla natura che sottende un nuovo modo di fare filosofia. Un dipingere per ricreare l’esistente, replicarlo all’infinito in quel gesto prometeico che è l’arte maiuscola: un tentativo di strappare il fuoco agli dei. Che in Caravaggio è perfettamente riuscito.


domenica 29 gennaio 2023

Un viaggio tra mistero, simbolismo e scienza con “Piante magiche”, il volume di Maria Teresa Burrascano

Un viaggio tra mistero, simbolismo e scienza con “Piante magiche”, il volume di

Maria Teresa Burrascano edito da Stamperia del Valentino


Maria Teresa Burrascano con il volume “Piante magiche”, Stamperia del Valentino

64 pagine, euro 10, ci conduce nell’appassionante mondo delle conoscenze

botaniche con tutte le relative implicazioni, da quelle filosofiche della Spagirìa,

l’Alchimia verde, alle valenze magiche ad alcune piante attribuite nel tempo, alla

scoperta delle sostanze psicotrope in queste contenute e dei loro effetti.

“La presenza di un continuo e profondo simbolismo vegetale, in tutte le forme

tradizionali, rende alberi, fiori, piante, parti essenziali di racconti mitici, ma anche di

rappresentazioni artistiche, cioè poetiche, architettoniche. È nostra intenzione, in

questo contesto, evidenziare come il culto vegetale abbia sempre rappresentato una

parte importante nelle culture, nelle religioni e nella spiritualità di tutto il mondo, da

Oriente a Occidente e dal Sud al Nord”, spiega Luca Valentini nella prefazione al

testo.

Il libro è un viaggio attraverso quei miti che vedono incrociare i suoi eroi con il verde

elemento e con i suoi talvolta strabilianti effetti, raccontati attraverso le opere di

antichi autori, da Omero a Porfirio, attraverso il filtro delle religioni misteriche, degli

incantamenti operati da forze ultraterrene, fino a giungere ai riflessi procurati da

questa mitologia botanica sul Cristianesimo nascente. Un viaggio irrinunciabile, in

bilico tra l’irrazionale e lo scientifico: quella linea d’ombra su cui l’umano intelletto

sarà sempre costretto, con alterne vicende, a cimentarsi.

Vari i contesti simbolici nel vasto universo della farmacopea tradizionale associata

agli Erbari Magici - il più noto è quello di Pietro Andrea Mattioli (1501-1577) – che

l’autrice espone e approfondisce in questo libro.

“Se la rappresentazione della Natura come un grande simbolo, che nulla presenta di

estetico o di sentimentale, permette di esplicitare quella Trascendenza Immanente,

che è il fondamento del riconoscimento del Divino nel Tutto”, continua Valentini, “i

frutti della Madre Terra possono assumere anche un preciso connotato medicale”.


La casa editrice

Editore dal 2002, Paolo Izzo, alter-ego della Stamperia del Valentino, gestisce con

estremo rigore le scelte editoriali della sua “creatura”. Il risultato è un catalogo di

alto profilo sia nell’ambito della cultura napoletana, che in quello della produzione

di stampo umanistico, esoterico e storico.


La Stamperia del Valentino vuole riportare all’attenzione del pubblico la Napoli

colta, folkloristica e letteraria. A tal proposito seleziona opere rivolte al curioso colto

come allo studioso, con un occhio all’originalità e completezza dei temi proposti.


Titolo: Le piante magiche

Autore: Maria Teresa Burrascano

Prefazione: Luca Valentini

Collana: I Polifemi

Prezzo: € 10,00

Pagine: 64

ISBN: 979-12-80721-05-1