mercoledì 10 aprile 2019

Il racconto del Graal, aliâs il mistero delle origini

prelevato dal sito http://www.centrostudilaruna.it

Non è molto logico commentare la Presentazione di un libro, tanto più se il volume altrove presentato da altri è il proprio. Ma vale la pena di fare un'eccezione per la premessa scritta dal dott. E. Albrile, redattore di codesta Rivista e nostro gentile patrocinatore presso questa ed altre pubblicazioni semestrali e non, ad un opuscolo del sottoscritto, attualmente in bozze presso un editore pugliese. Facciamo ciò, naturalmente, non allo scopo di farci pubblicità; benché ne avremmo sinceramente bisogno, trattandosi del nostro primo scritto di un certo formato, a parte il volume in corso di pubblicazione presso questo stesso editore.

L'Albrile è dell'opinione, sulla scorta del Rigbom e del Corbin, che la descrizione del Castello del Graal apparsa attorno al 1275 nel Der jüngerer Titurel di Albrecht von Scharffenberg sia stata occultamente influenzata da una conoscenza dell'architettura emblematica di un antico tempio iranico, il cd. 'Trono degli Archi' (Taxt-i Taqdis). Da ciò, oltreché da altre corrispondenze rilevabili nel Parzival di Wolfram von Eschenbach (scritto compilato fra il 1200 ed il 1210), è deducibile senz'ombra di dubbio un'influenza persiana nella misteriosofia graaliana. Tale influenza non può essere messa in dubbio e si può ritenere motivatamente che essa sia stata trasmessa da parte degli Assassini, i famosi Guardiani ismailiti della Terra Santa. Probabilmente attraverso i Templari, che raggiunsero Gerusalemme un ventennio dopo (1119) la conquista della Città Santa da parte della Prima Crociata (1099). Anche i Templari fungevano da Custodi del luogo sacro, con le medesime prerogative ed una gerarchia iniziatica approssimativamente parallela, nel versante cristiano. Orbene siamo del parere, non meno di un noto scrittore attuale, che anche le idee proprie dei Templari sul Tempio di Salomone e l'Arca dell'Alleanza abbiano influenzato notevolmente il simbolismo graaliano. Vediamo dunque in che maniera le due linee di azione s'intersechino nel raggiungere l'Occidente tardomedievale. Naturalmente qui si parla d'influenze, poiché è chiaro che la letteratura graalica rientra nell'esoterismo cristiano e come tale va intesa. Qualcuno in passato ha espresso però l'opinione che la tradizione celtica non sia finita con la cristianizzazione della Gallia, ma che abbia continuato a sopravvivere attraverso la copertura exoterica della Chiesa culdea (altri lo definisce 'monachesimo kuldeo'). Ragion per cui ad un certo punto, allorché i tempi erano evidentemente maturi, si sarebbero prodotti un incontro ed una fusione a livello esoterico fra la tradizione cristiana e quella celtica. Ci si può chiedere quale fosse la confraternita cristiana coinvolta. A giudicare dalle citazioni di Wolfram, sembrerebbe che la parte intervenuta sia quella dei Templari.

Ripercorrendo la storia di codesto Ordine, dalla fondazione nel 1119 sotto l'egida di S. Bernardo (nipote di uno dei Nove Cavalieri fondatori e redattore quasi un decennio dopo della Regola loro imposta, dietro il riconoscimento ufficiale della Chiesa) sino alla distruzione del medesimo nel 1306 ad opera del Re di Francia (Filippo IV, altrimenti noto quale Filippo il Bello) e di Clemente V (un papa del periodo avignonese), si arriva a capire quale importante ruolo esso debba aver svolto in ambito esoterico nel corso dei due secoli circa nei quali ha potuto agire liberamente. A giudicare dalle accuse intentate all'Ordine del Tempio durante il processo che ha condannato al rogo i Templari, vale a dire il fatto di praticare culti osceni e venerare il Serpente sethiano , pare lecito affermare che si trattava di una confraternita di tipo gnostico. Ma in che modo è giunta la Gnosi in Europa nel Tardo Medioevo? Gli Gnostici, com'è risaputo, costituivano a loro dire i trasmettitori delle conoscenze segrete degli Apostoli; in altre parole, erano i veri conoscitori dei Misteri cristici.

Dopo la persecuzione perpetrata a loro danno in epoca tardoantica da parte della Chiesa dei primi secoli (II-IV sec.), le loro dottrine ed i loro riti potrebbero essere stati ripresi occultamente dai Catari, nonostante s'intraveda in costoro una certa influenza manichea. In un'interessante trasmissione televisiva di qualche tempo fa sono state mostrate visivamente in una cartina le tappe percorse dal movimento gnostico durante l'espansione dal Vicino Oriente in Europa. Le tappe considerate sarebbero state le seguenti: dalla Palestina alla Siria e da qui all'Armenia; indi, passando attraverso l'impero bizantino, esso si è trasferito nei Balcani ed in seguito in Bosnia, assumendo attorno al X sec. la denominazione di Bogomilismo. Alla metà del XII sec., sotto il nome di Catarismo, ha conquistato l'Italia Centro-settentrionale e la Francia Meridionale (Provenza, Linguadoca), diffondendosi anche nel resto della Francia ed in Renania. Sul piano pratico il radicalismo cataro propugnava un rigoroso ascetismo, condannando la pratica cattolica dei sacramenti e minando in tal maniera le basi religiose della società feudale. Pur tuttavia nella Francia Meridionale esso è riuscito a diffondersi presso l'aristocrazia. Il suddetto documentario supponeva inoltre che il movimento cataro abbia in tal modo stimolato la nascita della saga del Santo Graal. In particolare sarebbe stato il vate tedesco Wolfram a subire codesta influenza. Altri ha invece supposto che l'epica in questione sia servita a mobilitare la cavalleria del nord contro i Catari. Ma questa seconda tesi francamente non regge. Sta di fatto che è indiscutibile l'influenza dei Templari su von Eschenbach, e da dove hanno tratto i Templari il loro culto e la loro dottrina se non attraverso quelle propaggini della Gnosi che hanno raggiunto l'Europa all'inizio del X sec.? Una volta raggiunta l'Europa l'esoterismo cristiano deve essersi congiunto con certi depositi della tradizione latina serbati dalle associazioni dei mestieri (Collegia Fabrôrum), poiché si deve supporre che anch'essa non si sia estinta nel 391 dopo il proclama di Teodosio, il quale giungeva a vietare le pratiche pagane di culto. Guénon, basandosi su uno scritto di H. Martin (storico francese), ha a suo tempo dichiarato indirettamente che in seguito alla distruzione dell'Ordine del Tempio la Cavalleria del Graal è divenuta la Massenia del San Graal, da cui sembra in parte discendere la stessa Massoneria moderna. I membri di tale confraternita chiamavansi i Templisti. Nel Titurel (1215-1220) di Wolfram, composto dal templare svevo precedentemente al Titurel recenziore del poeta bavarese Albrecht, è il personaggio stesso di Titurel a fondare il Tempio del Graal - nella Gallia Meridionale, ai confini con la Spagna - e la costruzione viene diretta secondo i dettami di Merlino; che è stato iniziato da Giuseppe d'Arimatea al piano del Tempio per antonomasia, vale a dire il Tempio di Salomone. L'opera di Albrecht pone invece il sacro edificio con la preziosa reliquia a Salvaterre in Spagna. Ed infine il Santo Vasello, al fine di essere sottratto alla profanazione da parte degli uomini ingiusti e corrotti del tempo, viene trasportato dagli Angeli agli estremi confini del mondo, in una località attigua al Paradiso Terrestre.

Ragion per cui, potremmo arguire da tutto ciò, i due fratelli della storia del Parzival di Von Eschenbach (il primogenito Feirefiz ed il secondo nato, appunto Parsifal medesimo) rappresentano in realtà due correnti esoteriche parallele ed ugualmente valide dell'ambiente tardomedievale. Il loro affratellamento spirituale si basava sull'origine comune delle dottrine alle quali i seguaci dell'una e dell'altra parte si ispiravano. È chiaro che alludiamo qui agli Assassini ed ai Templari, i quali fungevano entrambi da Guardiani della Terra Santa. La Terra Santa era un'immagine visibile del Centro del Mondo ossia del Paradiso Terrestre, che le antiche e recondite leggende situavano cosmograficamente al Polo Boreale. Ma la Terra Santa stessa aveva a sua volta un proprio centro ed era esattamente il colle ove era un tempo collocato il Tempio di Salomone. Non è certo un caso che i Templari abbiano stabilito la loro residenza nella Città Sacra, durante la loro permanenza ivi prima della riconquista di Gerusalemme da parte di Saladino nel 1187, nei pressi delle fondamenta di tale distrutto edificio. Il cuore del Tempio era stato in passato l'Arca dell'Alleanza (ebr. Tebah, palaaram. Tebuta / Tebota, et. Tabot), una specie di quadrilatero simbolico che rifacendosi emblematicamente all'Arca di Noè costituiva un simulacro terreno della Gerusalemme Celeste dalle Dodici Porte. Dodici come gli Apostoli di Gesù o le Tribù d'Israele. Tutte immagini terrene dello Zodiaco Celeste, come del resto i Dodici principali Cavalieri della Tavola Rotonda. Ciò spiega perché nel Parzival è scritto che il 'pagano' Flegetanis abbia contemplato il Graal in cielo.

Orbene, siccome il Graal era custodito secondo l'opera di Albrecht nella Terra del Prete Gianni, il Sacerdos-rex in cui il Tardo Medioevo ha incarnato il Sovrano Universale ossia il Cakravarti, per dirla con gli Indú, ecco che si spiega in tal modo il rapporto d'identità tra il Graal e l'Arca dell'Alleanza giustamente ipotizzato da Graham Hancock, che ha il solo torto di non aver mai letto Guénon. Infatti l'Arca dell'Alleanza, come c'insegna il brillante autore di best-seller mondiali, era stata trafugata dal Tempio di Salomone secondo il Kebra Nagast etiope ad opera di Menelik I, il figlio che il saggio israelita aveva avuto dalla Regina di Saba. È d'altronde innegabile che esista un certo rapporto fra il meticcio Feirefiz di Wolfram e cotal Menelik, così come fra la nera Regina Madre Belacane e la Regina di Saba. Dato che Gianni era il nome del figlio generato a Feirefiz da Repanse de Schoye, tutti i sovrani discesi da quella nobile famiglia avrebbero da allora in poi assunto il nome simbolico, in quanto custodi del Graal (cioè, mutatis mutandis, dell'Arca dell'Alleanza gelosamente custodita dai sovrani etiopi discesi dinasticamente da Menelik), di Prete Gianni. La cosa è apertamente suggerita da Von Scharffenberg, il quale non era che un mero discepolo di Von Eschenbach, come abbiamo già visto.

Nel contempo possiamo dichiarare che Parsifal, divenuto alla fine della saga graaliana il novello Re Sacro capace di avvicendarsi a Re Anfortas (il Re Pescatore, in altre parole l'Uomo in senso adamitico) dopo che per il proprio valore di puro cavaliere dedito alla ricerca della Verità ultima lo ha guarito dall'insanabile male (provocato dal Tempo corruttore), rappresenta una figura strettamente equivalente a quella di Feirefiz. Nel senso che il cavaliere cristiano incarna l'ideale gnostico dei Templari, mentre il cavaliere 'pagano' impersona l'ideale ismailita degli Assassini. Per cui non sarebbe errato stabilire parallelamente una connessione da un lato fra Re Anfortas ed il Gran Maestro dell'Ordine Templare, dall'altro fra il Prete Gianni ed il Veglio della Montagna. Se è vero allora che il Tempio del Graal risale tramite il Tempio di Salomone e l'Arca dell'Alleanza, venerata dai Patriarchi ebraici, al simbolismo noaico e quindi si rifà per ciò stesso alla tradizione atlantidea, è pur vero che esso per via delle sue implicazioni con l'esoterismo celtico ci rimanda viceversa alla tradizione iperborea. Egualmente l'antico tempio persiano di cui parlavasi al principio della nostra argomentazione (su segnalazione dell'Albrile) deve essere ricollegato per via ario-indoiranica alla Tradizione primigenia, proveniente direttamente dal Paradiso Terrestre; e per via islamica alla Città Santa, al Tempio di Salomone, all'Arca e all'Atlantide. Tra le due tradizioni menzionate non ci può essere dunque contraddizione, ma solo accordo armonico.

Appendice

Trattando dei rapporti del Graal coi Rosacroce, Evola cita un enigmatico personaggio come capo dell'Ordine, l'Imperâtor; il cui nome e la cui sede dovevano rimanere sconosciuti, in quanto il personaggio non esercitava la propria funzione in sede temporale, bensì sul piano spirituale. Basta dire che nell'elenco di Imperatôres succedutisi nel corso del tempo figurava persino la figura gnostica di Seth. Dal punto di vista rosicruciano il Papa non era che un usurpatore, siccome si presentava come il capo spirituale per eccellenza di tutta la comunità cristiana, cosa che normalmente non poteva spettare ad un'autorità che esercitava il suo dominio sul piano exoterico. È chiaro che l'Imperatore di cui parlavano i Rosacroce altri non è che il Jagadguru degli Smrti (Tradizione) hindu, venerato dagli Smârta, l'Ordine fondato da Çankaracârya. Si diceva infatti che egli avrebbe esercitato uno speciale ruolo alla 'Fine dei Tempi'. Questo tuttavia non è altro che il compito del Re del Mondo, la cui funzione necessariamente si richiama al mistero delle origini, poiché essa non è molto diversa da quella del Re del Graal. La differenza tra l'una e l'altra consiste nel fatto che la figura del Re del Graal ha un carattere esclusivamente primordiale e costituisce per così dire un punto di riferimento ideale, a livello iniziatico; giacché il Re Sacro è in realtà solo un simulacro e rappresenta l'Uomo Universale (o alternativamente l'Uomo Vero) nella sua dimensione sovrannaturale; mentre la figura del Re del Mondo ha un significato perenne, che va al di là delle Età cicliche ed è strettamente legata ad una particolare vocazione umana. Insomma, rifacendoci a scopo comparativo al simbolismo hindu, potremmo spiegare tale differenza di ruolo paragonando il Re del Graal al I Avatâra; vale a dire a Manu aliâs il Re Pescatore, il quale è più o meno identificabile al Pesce Divino, a seconda che ci si riferisca al Paradiso Terrestre oppure a quello Celeste. Invece il Re del Mondo corrisponde all'Avatâra eterno, che la tradizione islamica conosce sotto il nome di Seyidnâ El-Khidr e tratteggia come un essere di color verde, detentore perpetuo di una sapienza superiore a quella stessa dei Profeti. Tornando alla questione della 'Fine dei Tempi', è chiaro che il magistero esercitato dal Re Mondo, ossia dall'Imperâtor di rosicruciana memoria, ha lo scopo di favorire il recupero dello stato primordiale; ma tale azione si svolge in segreto, non alla luce del sole, come invece è il caso del X Avatâra (denominato Kalkyâvatâra). Quest'ultimo, viceversa, si richiama direttamente a Manu; cioè al Re Pescatore, di cui è un'incarnazione (il termine evoca precisamente l'idea di una 'Discesa terrena') nei tempi ultimi. Kalki è presentato dalle Scritture hindu come una sorta di cavaliere che discende dal Cielo per sconfiggere i Fuori-casta, ma ciò non deve essere preso troppo letteralmente. Piuttosto dovremmo dire che egli giunge tra noi per rammentarci la nostra vera natura. Per questo l'azione di siffatto personaggio non può essere circoscritta all'ambiente indiano, ma deve evidentemente esercitarsi a livello universale. Il che sottintende la riunificazione di tutte le tradizioni e la loro subordinazione alla Rivelazione primeva. Cosmologicamente Kalki, figurativamente descritto con la Testa Equina o addirittura come un Cavallo Bianco , è identificabile all'asterismo di Canopo, che ha retto il Polo Sud nel X Ciclo Avatarico (4.480 a.C.-2000 d.C.); per contro il Jagadguru (lett. 'Maestro del Mondo'), in termini ebraici il 'Re del Mondo', identificasi alla costellazione del Dragone, reggente nello stesso periodo indicato il Polo Nord. Ora, a ben vedere, nel 2000 c'è stato un passaggio di consegne ai due Poli; nel senso che a Nord l'Asse è passato dal dominio ciclico del Dragone a quello della Stella Polare ed a Sud, parimenti, al presidio di Canopo è subentrato quello della Croce del Sud. Dalla qual cosa dobbiamo dedurre che la svolta spirituale di cui si parlava più addietro c'è già stata in effetti, dal momento che secondo la cronologia tradizionale ci troviamo a vivere nell'Alba di una novella Età dell'Oro. Ed è stata una svolta tutta interiore, della quale purtroppo la maggior parte dei contemporanei non ha avuto ancora coscienza, tanto che non ha aggiornato il calendario. Ma, sebbene il freddo della notte appena trascorsa prevalga tuttora, il sorgere di un nuovo Sole - da Virgilio preconizzato in una famosa Ecloga come la nascita di un innocente Puer dai tratti apollinei - è ormai prossimo e non mancherà ben presto di produrre i suoi frutti.

Giuseppe Acerbi

Tratto da Algiza 15, pp. 6-11. La presente versione è stata pubblicata priva delle note a pié di pagina.

domenica 7 aprile 2019

Antichi alieni in Italia

Quale è stata la scintilla della vita intelligente? È avvenuta sulla Terra o da qualche altra parte? Ma soprattutto, ad opera di chi?

Nella convinzione che la vita intelligente sia iniziata in seguito ad un intervento «esterno», gli autori Isabella Dalla Vecchia e Sergio Succu, esperti di luoghi misteriosi italiani, hanno raccolto e distribuito in questo libro tutte le anomalie italiane riguardo possibili contatti extraterrestri nel passato, focalizzandosi volontariamente sull’Italia dopo averla trovata così ricca di testimonianze scritte, narrate e disegnate, grazie alle quali è possibile leggere con più chiarezza anche quelle di tutto il mondo.

L’uomo capovolto sardo rappresenta forse la caduta dell’umanità sulla Terra? Perché a Campodolcino esiste un’incredibile struttura geometrica sulla roccia simile ad altre nel mondo? Il famoso satellite di Montalcino è forse il misterioso oggetto di «metallo leggero» caduto centinaia di anni fa? Perché si applicava la «scadenza della vita umana»? Le ruote solari presenti in tutta Italia sono il ritratto di antichi dischi volanti? I Giganti rappresentati in una chiesa toscana, anziché figli di Dio, sarebbero uomini preistorici? Cosa hanno in comune l’adorazione degli dèi ed il controllo del clima?

Questi sono solo alcuni degli argomenti affrontati in questo libro, le cui risposte sono state reinterpretate dagli autori, che le hanno raccolte direttamente dai nostri antenati, veri e propri messaggeri che hanno ossessivamente mostrato costanti visite da parte dei Signori delle Stelle, sotto forma di luci cangianti, dischi che oscuravano il sole, contatti con esseri discesi dal cielo, descritti come dotati di super poteri, temuti ed adorati, chiamati sempre e costantemente dèi del cielo e del cosmo.


martedì 2 aprile 2019

"Il Graal e la magia del Secolo d'Oro"

tratto da "Il Giornale" del 27/09/2018

di Luca Crovi

L'autore spagnolo: "I testi cartacei sono unici, restano un vero mistero"

Fuoco invisibile (DeA Planeta, pagg. 524, euro 18) di Javier Sierra è un romanzo dedicato al potere mistico e magico della parola, all'incommensurabile mistero del Graal e alla letteratura del Siglo de Oro.

Un thriller di cui è protagonista il docente di linguistica David Salas che, come spiega lo scrittore spagnolo, è «un uomo benestante, della classe media, per il quale è impossibile immaginare che il suo mondo stia per crollare».

Che valore magico e rivoluzionario possono avere le parole?

«Tutte le tradizioni sacre del pianeta conferiscono alle parole un valore che va oltre la dimensione umana. Gli antichi sapevano che plasmano la realtà e arrivano persino a trasformarla. Nella Genesi vediamo come Dio da inizio alla Creazione utilizzando proprio la parola. «E Dio disse: Sia la luce. E la luce fu». Un tale potere verrà successivamente emulato dalla nostra specie quando acquisisce prima la capacità di parlare e dopo quella dell'espressione artistica e con ciò la civiltà. Questa rivoluzione sorprendente e misteriosa è nata con le prime parole non meno di 100mila anni fa. Studiarla significa cercare di svelare il mistero della nostra identità».

I libri cartacei quanto sono ancora un mistero?

«I libri cartacei sono un'invenzione perfetta. Non solo sono assolutamente autonomi e non necessitano di una fonte di energia o di tecnologie che finiscono per scomparire, ma non smettono mai di essere scritti. Le farò un esempio. Sul libro di carta non solo è importante quanto vi è scritto, lo sono anche le mani che toccandolo vi lasciano le proprie impronte trasformandolo in un oggetto unico. Una macchia, una riga sottolineata, un fiore dimenticato possono darci delle informazioni importanti. I libri digitali non possiedono questa capacità di sviluppare una biografia propria. Sono... meno vivi!».

Quando è nata in lei la passione per i misteri?

«Ho trascorso la mia infanzia nel capoluogo di provincia più piccolo di Spagna, Teruel. C'erano ben poche distrazioni per un bambino e quindi sono stato costretto a sviluppare l'immaginazione. Vedevo dei draghi nei profili delle montagne, sentivo i passi di fantasmi nelle vecchie torri in stile mudéjar della città, e immaginavo persino astronavi che solcavano il cielo notturno. Sono stato un bambino dalla fervida immaginazione e mi sono trovato talmente a mio agio in quel mondo che non ne sono ancora uscito».

È mai esistito il misterioso Primus Calamus?

«Certamente. Tutti i libri citati nel romanzo, così come i riferimenti geografici e i loro segreti sono reali. Juan Caramuel è stato un brillante filosofo del XVII secolo nato a Madrid ma morto in Lombardia che si era interessato a tutte le fonti della conoscenza, comprese quelle magiche ed eterodosse».

Quanto i libri del Siglo de Oro hanno rivoluzionato la letteratura del suo Paese?

«La Spagna del Siglo de Oro custodisce uno dei tesori letterari più preziosi nei testi delle mistiche. Trattandosi di libri scritti tra le mura di alcuni conventi non sono molto conosciuti. Solo Santa Teresa ha ottenuto una proiezione universale. Il Secolo d'Oro è stato il teatro del combattimento tra le due mentalità più caratterizzanti l'identità spagnola: quella mistica e quella mondana, incarnata da Quevedo, Cervantes o Lope de Vega. E, come sempre succede quando due mondi contrapposti collassano, ne scaturisce un terzo assolutamente affascinante».

Molti l'hanno soprannominata il Dan Brown di Spagna...


«È un'etichetta che è stata necessaria per definire il mio lavoro quando è arrivato sulla scena internazionale ormai quasi quindici anni fa, ma è un cliché povero. I miei libri non sono Brown, sono Sierra. Sono romanzi dove i protagonisti sono impegnati in una quête, una ricerca che va ben oltre loro stessi».


domenica 31 marzo 2019

Il grimorio nero

Dalla stessa collana "I libri del Mistero" della Fanucci Editore presentiamo "Il Grimorio Nero". Come la "Chiave di Salomone" della stessa collana ritroviamo le pagine decorate che ricreano l'atmosfera dei vecchi grimori manoscritti e il taglio delle pagine colorato questa volta in nero. Dall'introduzione:
"Così, nel corso delle nostre continue ricerche, ci siamo imbattuti fortunosamente in più esemplari di un libro a dir poco leggendario: Il Grimorio Nero.
Leggendario, a causa della sua estrema rarità, aggravata anche dalle diverse versioni circolanti in limitatissimi ambienti, dove è ancora possibile sceverare il grano dal loglio".

Il libro è composto da 192 pagg. con copertina rigida al costo di 12€.


martedì 26 marzo 2019

Esoterismo occidentale in cinque ipotesi

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: http://micheleleone.it/esoterismo-occidentale-in-cinque-ipotesi/

Esoterismo occidentale: come delimitare il campo di ricerca secondo Antoine Faivre


Esoterismo occidentale, esoterismo, ermetismo, scienze occulte sono parole, spesso usate come sinonimi e nel guazzabuglio di esperti, operatori energetici, maghi maghetti e stregoni date senza un metodo. Come fare un po’ d’ordine? La risposta, per me, è sempre la stessa: studiare, studiare e poi studiare ancora. Uno dei problemi che incontra lo “studente delle scienze ermetiche” è l’assenza di una “pedagogia dell’occulto o dell’esoterico”, pedagogia che potrebbe in certi contesti non esistere o non essere sufficiente; ma diviene necessaria per porre un po’ d’ordine e dare chiarezza e luce. Per fortuna le cose in qualche modo stanno cambiando, si sa che certi cambiamenti sono lunghi e cambiare una mentalità o sradicare la superficialità è cosa faticosa e lenta.

In Ermetismo ed esoterismo avevo iniziato ad accennare al problema. Negli ultimi anni in forma pubblica o privata ho provato ad iniziare un’operazione di divulgazione.

Oggi ti riporto una citazione da un intervento di Antoine Faivre sulla parola “esoterismo” e i suoi usi, scopo della citazione è sia aiutarti a chiarire un po’ le idee su questa parola sia fornirti uno strumento per poter indirizzare le tue ricerche con metodo.

Distinguiamo schematicamente cinque ipotesi, che indicheremo di seguito con i numeri (1), (2), (3), (4), (5). Le prime quattro vertono essenzialmente su correnti che si pensa di poter identificare cin quanto tali e, pertanto, sul discorso che esse illustrano. (1) e (2) hanno in comune il fatto di limitare il campo al periodo che si estende dall’alba del Rinascimento ai giorni nostri; ma mentre in (1) “occidentale” comprende le sole correnti situate all’interno della cultura cristiana (in senso lato), in (2) questo aggettivo comprende anche altre correnti, specie quelle che appartengono alla sfera islamica o ebraica (come la kabbalah ebraica o il sufismo). Nel caso (1) si tratta soltanto di studiare l’influenza di queste ultime su quelle che rientrano nella sfera cristiana. Quanto a (3) e (4), hanno in comune di riguardare le correnti esoteriche occidentali comprese in un lasso di tempo molto più ampio, che va dalla tarda Antichità fino ai giorni nostri. Ma mentre in (3) “occidentale” si intende come in (1), (4) estende il campo di ricerca a tutte le correnti coperte da (2).

Riassumendo, “esoterismo occidentale”, inteso come un insieme di correnti, si declina secondo quattro modalità, a seconda che tali correnti siano dette:



Moderne, ma situate unicamente nella sfera culturale cristiana in senso lato (escludendo dunque, per esempio, le correnti specificatamente ebraiche o islamiche).
Moderne, sia che facciano parte della sfera culturale cristiana, sia che si situino al di fuori di essa (per esempio quelle specificatamente ebraiche o islamiche).
Presenti lungo l’intero corso degli ultimi venti secoli, ma situate esclusivamente nella sfera culturale cristiana in senso lato (escludendo dunque, per esempio, le correnti specificatamente ebraiche o islamiche).
Presenti lungo l’intero corso degli ultimi venti secoli, compre quelle (per esempio quelle specificatamente ebraiche o islamiche) che sono situate fuori dalla sfera culturale cristiana.


L’ipotesi (1) corrisponde al modello operativo proposto intorno al 1990 dal relatore, e più o meno nella sua scia si iscrivono gli approcci dei “generalisti” dipendenti da (1) e anche da (3). Al campo teoricamente coperto dalla Direzione di studio dell’E.P.H.E. (cfr. supra) corrisponde (1). Sulla scelta di (3) si basano, per esempio, il Dictionary of Gnosis and Western Esotericismapparso nel 2005, e la rivista “Aries. Journal for the Study of Western Esotericism” che ha cominciato a uscire nel 2001. L’esperienza mostra che la coesistenza di (1) e (3) non pone problemi semantici e programmatici di rilievo. Di fatto, essi convivono piuttosto felicemente, tanto è vero che esistono, nei primi quindici secoli, delle correnti che presentano somiglianze evidenti con quelle del periodo detto moderno, e che molte tra le correnti dette “moderne” si situano nella sfera di influenza di quelle più antiche. Quanto a (2) e (4), il loro rapporto con (1) e (3) è ben più problematico. D’altro canto, a causa dell’estensione del campo che ricoprono, tendono entrambi, se non proprio a debordare in una quinta ipotesi, quanto meno a favorirne l’esistenza.

Secondo (5), in effetti, non si tratta tanto di intendere con “esoterismo occidentale”, o anche con esoterismo tout court, un insieme di correnti identificate come tali, bensì piuttosto di trovare, là dove si pensa di scoprirla, la presenza di certi atteggiamenti o progetti di ordine filosofico (in senso lato) come, per esempio, <<la ricerca di una conoscenza assoluta>>, o la presenza di certi <<processi del discorso>> di cui si tratta allora di studiare le modalità di funzionamento e di circolazione. Per il suo orientamento risolutamente “etic”, (5) si distingue anch’essa (come le altre 4) dalla scuola fenomenologica e si distacca da ogni essenzialismo. Essa estende comunque il modo considerevole il campo dell’”esoterico”, dal momento che per sua stessa natura finisce per spingere a praticare una forma di comparatismo in materia di Scienze Religiose o di Filosofia, e allo stesso tempo annette al proprio territorio molti scenari che le prime quattro ipotesi non comprendono; inversamente e logicamente, ciò che dipende da queste in materia di autori o di correnti rischia di trovarsi relegato in secondo piano o taciuto.

Antoine Faivre, La parola “esoterismo” e i suoi usi: presentazione di bouquets variopinti di significati, in Forme e correnti dell’esoterismo occidentale, Medusa, Milano 2008, pp. 23-25.

Nella speranza di farti cosa gradita ti riporto il link alla definizione di esoterico presente nella Treccani (Enciclopedia on line)

giovedì 7 marzo 2019

La chiave di Salomone

Presentiamo una bella edizione della Chiave di Salomone, libro di magia fra i più noti nell'area mediterranea. Non si conosce l'origine di questo testo e ne esistono varie versioni manoscritte con differenze più o meno ampie. L'edizione che presentiamo è edita dalla Fanucci nella collana "I libri del Mistero".
Particolare di questa edizione sono le pagine decorate che cercano di ricreare l'atmosfera dei vecchi grimori manoscritti e il taglio delle pagine colorato in verde. Dall'introduzione "La Clavicula esiste dalla più remota antichità. Certe sue formule, certi rituali, riecheggiano cerimonie caldee e babilonesi". L'edizione in oggetto è basata su un manoscritto cinquecentesco che risulta fra i più attendibili da "un raffronto con le edizioni critiche inglesi e francesi effettuato sui manoscritti custoditi nei musei". Le illustrazioni sono tratte dal manoscritto Sloane 3091 del British Museum. Il libro è composto da 144 pagg. con copertina rigida al costo di 12€.


sabato 23 febbraio 2019

Una chiacchierata su Ananke

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: http://micheleleone.it/ananke-e-la-legge-del-cosmo/

Trascrizione infedele dell’intervento si Ananke tenuto ieri al Centro le Cicogne di Racconigi per l’associazione culturale umanistica “all’ombra del Monviso”.

Ananke prima ancora di “diventare” una divinità era una idea, un’idea astratta. La stessa parola Ananke potrebbe essere di origine semitica e trovare la sua essenza nelle tre lettere: hnk. Avremo nell’antico egizio: hnkper angusto; hngper gola e enekcon il senso di strangolare, abbracciare circondare; il siriaco hnk per catena soffocamento, l’accadico hanaquper stringere, avvolgere strettamente al collo, l’ebraico anãkper collana a forma di catena.[1]

Nei secoli che sono diventi millenni noi siamo stati abituati a percepire e “subire” la Necessità (Ananke) come qualcosa di negativo. Se proviamo a denudare la storia di Ananke, scopriamo che Ananke ha una famiglia sui generis. Si è parlato pocanzi delle Moire e non ritornerò sull’argomento avendo i minuti contati, se diamo uno sguardo alle cosmologie e cosmogonie orfiche, argomento accennato dai primi relatori, scopriamo che Ananke era prima degli dei, cosa che condivide ad esempio con Fanes, ma questa è un’altra storia. Scopriamo che imparentate ad Ananke vi sono altre due figure femminili: Astradea e Themis (purtroppo non sarà possibile parlarne), ma è impossibile non accennare al fatto che Themis è presente nel culto misterico di Mitra. Perché i culti misterici? Quale è l’importanza dei culti misterici? È uno snodo fondamentale il collegamento con i culti misteri. Ed è così importante che vi chiedo per un attimo di abbandonare la vostra razionalità. Muoviamoci utilizzando la Fantasiaed il Nous.[2]In questo torniamo ad essere dionisiaci, perché Dioniso guardandosi allo specchio vedeva in questo il mondo riflesso (Dioniso guardandosi nello specchio vede il mondo). Proviamo a fare lo stesso, dimentichiamo per un attimo di essere nel 2018 e.v., proviamo a diventare o tornare esseri “primigeni” e non primitivi, espandiamo la nostra coscienza e le nostre sensazioni ed anziché razionalizzare tutto quello che sentiamo, proviamo e pensiamo, “lavoriamo usando due parole che per noi sono inusuali: Fantasiae Nous”. Che possiamo definire per estrema esemplificazione e comodità come quel pensare “pre” razionale nel quale tutto è compreso. Un pensare unitario e non frammentato. L’uno ci rimanda a Pitagora, quindi inevitabilmente alle antiche iniziazioni e anche a quella musica prodotta dalle Sirene vicino alle Moire di cui si è parlato prima (vedi mito Er). Perché questo riferimento? Perché solo se siamo uno possiamo divederci, solo dall’unità viene la molteplicità, ma in quanto molteplicità spesso disordinata abbiamo la necessità di tornare all’unità. Ricomporre la nostra unità, tornare ad essere uniti ed armonici è uno degli scopi delle iniziazioni in generale e di quelle misteriche in particolare. Non dimentichiamo Dioniso allo specchio. Nella vita di tutti i giorni siamo frammentati, nei diversi momenti dell’esistenza o della giornata riverberano schegge di noi, siamo padri, mogli, lavoratoti, abbiamo una vita emozionale spesso scissa da altre parti noi, siamo, spesso, tanti piccoli frammenti di quella unità che è ogni singolo individuo. Per ricomporci, noi dobbiamo tornare a quella unità che eravamo in origine. Cosa c’entra Ananke in tutto questo? La Necessità, la sola parola necessità, basta ascoltarla per metterci uno stato d’ansia, la necessità di fare qualcosa, vissuta come obbligo e costrizione e con come un imperativo, direi categorico, della nostra coscienza, del nostro spirito delle nostre emozioni. Forse, abbiamo perso il nostro rapporto più intimo con Ananke molto tempo fa e l’abbiamo persa per quanto ci riguarda più da vicino, nella nostra storia, in due momenti topici. Il primo è quando è morto l’Occidente, la morte dell’Occidente inizia con la separazione della Poesia dalla Filosofia o con Euclide che tradisce la matematica sacra di Pitagora. L’uomo oggi si trova in una stanza buia e come tutti i bambini teme i mostri che ne possano uscire o, peggio, quelli che egli stesso creerà. Lo smarrimento dell’esserciè massimamente dovuto alla negazione più che cancellazione (in altra sede approfondirò gli effetti di questa negazione) di due elementi che lo rapportavano con la sua coscienza/pneuma e con il Mondo Universo. La negazione del principio erotico e del sacro, stanno portando l’essere umano a divenire una macchina di sangue e carne disumanizzandolo.

L’annuncio di questa morte sulla fine del secolo XIX viene dato con questa semplice frase: Dio è morto.Annuncio che come tutti voi sapete è dato da Nietzsche in La gaia scienzae Così parlò Zarathustra. La morte di dio porta l’Occidente a qualcosa di ancora più drammatico: la perdita del sacro. La perdita del sacro è una perdita che riguarda eminentemente l’uomo, perché persa la via del sacro l’essere umano perde questa relazione con se stesso, con gli altri e il Mondo Universo. Questa perdita porta inevitabilmente alla cancellazione, all’oblio della sacralità della vita. Inutile soffermarsi ora su questo, la perdita della sacralità della vita è un fenomeno tanto reale quanto psichico e coscienziale al quale assistiamo, quasi anestetizzati, tutti i giorni. Si perde un altro elemento costitutivo dell’uomo, dell’esserci, perdita che avviene in contemporanea con l’annuncio della morte di dio e trova la sua massima realizzazione nella contemporaneità, parlo della perdita del principio Erotico.

Potrà sembrare strano parlare di perdita del principio erotico in una società definita di costumi liberi o immorale da finti perbenisti e afflitta dalla dipendenza pornografica manifestata dalla youporn generation, ma il principio erotico nulla ha a che vedere con la pornografia. Il principio erotico è il principio vitale sia esso fisico, artistico o metafisico, è in qualche maniera il principio dionisiaco della vita che reclama la sua manifestazione. L’esserci nella modernità ha in qualche modo rinunciato alla zoé e alla psyché pur cercandola bramosamente in luoghi diversi da quelli nella quale si trovano. Il rapporto erotico con la vita è quella pulsione imprescindibile che ci spinge ad andare avanti, è quella forza necessariamente disordinata che nella sua realizzazione ci porta all’ordine, meglio, all’armonia. Mi viene in mente come Ananke in alcuni testi magici sia presentata come la Dea dell’irrazionale. Molti dei motti dedicati ad Ananke sono con l’alfa privativa davanti alla parola logos, quindi con una traduzione imperfetta e semplificata: senza logica, senza razionalità. Non basta, noi dobbiamo recuperare tutto questo. Per recuperare tutto questo cosa possiamo fare? Dovremmo ricordarci di Ananke con le braccia aperte che accoglie in sé l’intero Cosmo, l’intero Mondo Universo e non voglio arrivare a parlare della Grande Madre, però è un dato di fatto…

…Potremmo leggere dei frammenti della letteratura orfica, ma non abbiamo tempo. Ananke, probabilmente, è la legge del cosmo, del Mondo Universo, non è la necessità intesa nel senso comune. È tanto la legge della fisica newtoniana moderna, tanto la legge occulta dei maghi, tanto la legge altrettanto occulta degli psicanalisti che occupandosi della coscienza si occupa di qualcosa di occulto nel senso di celato, non visibile. Noi guardiamo ad Ananke come colei che è nata con il serpente prima degli dei, che avvolge e accoglie l’intero universo in un continuo atto erotico di produzione e riproduzione, ed è colei che attraverso la sorella o la figlia, a seconda delle versioni di miti, che tra le altre cose avrebbe accudito Zeus (e questo la dice lunga) nella grotta. , e se l’uomo è microcosmo nel macrocosmo, è quindi governato in una qualche maniera dalle stesse identiche leggi, solo abbracciando Ananke avremo l’armonia, ricomporremo l’unità e potremo stare bene.

Ho detto

Gioia – Salute – Prosperità



giovedì 14 febbraio 2019

Il ritorno dei cavalieri templari

tratto da "Il Giornale" del 26/09/2018

Prima crociati, poi scomunicati dal Papa e oggi ispiratori di saghe come Indiana Jones. Dopo anni di silenzio sono tornati alla carica. E raccontano la loro battaglia

di Stefano Filippi

L'ultima crociata è stata combattuta 750 anni fa, loro sono stati sciolti quarant'anni dopo dal Papa sotto il peso di accuse infamanti. I sette secoli successivi, più che ricordarne il valore, ne hanno fatto un misto di esoterismo, ambizioni araldiche, voglia di riconquista, ricchezze nascoste, contiguità con la massoneria.


Essere monaci e andare in guerra non sono più un tutt'uno e la Terrasanta è presidiata da tutt'altre milizie. Eppure, oggi i templari cercano di riemergere dal fiume carsico della storia, i cavalieri del tempio di Gerusalemme tolgono dagli armadi croci e mantelli e provano a rilanciare gli ideali che non vogliono consegnare al passato.

Templare è un marchio privo di copyright. La Chiesa, che li ha creati con San Bonaventura e cancellati con papa Clemente V, non li ha riabilitati. Chiunque può utilizzare la griffe, celebrare investiture, fondare priorati sfruttando le leggende sulla sopravvivenza segreta dell'ordine: le diffuse la massoneria inglese che fece propri i gradi templari, a partire da quello di gran maestro. A cavallo della Rivoluzione francese prese corpo una corrente di «neotemplari» affine alle obbedienze massoniche che si ramificò in numerose sigle, tutte originate da microscissioni spesso difficili da ricostruire e in concorrenza tra loro. Ognuna rivendica un pedigree adeguato e contribuisce ad alimentare misteri e curiosità sui templari, che fanno la fortuna di libri come il Codice da Vinci e saghe cinematografiche come quelle di Indiana Jones.

In Italia sono presenti addentellati di organizzazioni internazionali come l'Osmtj (Ordre souverain et militaire du temple de Jérusalem, Ordine sovrano e militare del tempio di Gerusalemme) e l'Osmth (Ordo supremus militaris templi Hierosolymitani) per promuovere ricerche storiche e attività filantropiche. Sigle molto simili, organizzate in precettorie o priorati: la seconda, in particolare, vanta diffusione in cinquanta Stati e un riconoscimento dell'Onu come Ong. Ma è bastato rimescolare le lettere e a Roma anni fa è spuntato lo Smtho (Supremus militaris templi Hierosolymitani ordo) di filiazione brasiliana il cui leader italiano, Rocco Zingaro, sosteneva di possedere il Graal.

SIGLE IN LOTTA

A Trieste invece un gruppo di templari fuorusciti dall'Osmtj fa capo a Walter Grandis, giornalista, saggista e presidente di una bocciofila. A Napoli cerca accreditamento la Confraternita internazionale di volontariato dell'ordine dei cavalieri templari cristiani Jacques de Molay, guidata dal gran priore Massimo Maria Civale che si presenta anche come vicario di una Confederazione internazionale templare dedicata a San Bernardo di Chiaravalle. Un'altra confraternita intestata a De Molay, l'ultimo «magister» morto sul rogo nel 1314, è stata costituita dalla Chiesa ortodossa italiana autocefala, fondata da Alessandro Meluzzi: il cappellano è il vescovo Filippo Ortenzi, ex Fronte della gioventù, ex Ugl, ex assessore nel Viterbese. Per loro il cavaliere arso è addirittura santo.

È un groviglio di sigle e cariche, di esche per creduloni e tentativi di accaparrarsi brandelli di storia, di massoni mascherati e cacciatori di onorificenze. Nella mappa delle religioni in Italia gli studiosi Massimo Introvigne e Pierluigi Zoccatelli hanno censito anche il Supernus ordo equester templi, l'Ordine militare e religioso dei cavalieri di Cristo, l'Ordo equestris templi Arcadia, i Cavalieri templari di nostra Signora di Nazaret, l'Ordine dei cavalieri templari guardiani di pace, l'Ordine del tempio solare, l'Ordine rinnovato del tempio che però non va confuso con l'Ordine del tempio rinnovato alle cui attività partecipò da giovane l'esoterista René Guénon. Ogni realtà raccoglie poche decine di adepti, quasi come piccole sette.

TRA MALTA E SANTO SEPOLCRO

Il Vaticano riconosce due soli ordini cavallereschi, Malta e Santo Sepolcro. Il revival templare non è incoraggiato dalla gerarchia, nonostante che nel 2001 la paleografa Barbara Frale abbia scoperto nell'Archivio segreto vaticano la Pergamena di Chinon, documento datato 1308 in cui il pontefice riabilitava (senza clamore) gli ultimi templari. Nel 2005 il cardinale Camillo Ruini, allora vicario del Papa per Roma, vietò alle chiese diocesane di ospitare cerimonie di sedicenti templari che facevano infornate di cavalieri tra le sacre mura. Ma 17 anni prima, nel 1988, un altro vescovo, Mario Ismaele Castellano, aveva riconosciuto a Siena l'Ordine dei poveri cavalieri di Cristo guidati dal «magnus magister» Marcello Alberto Cristofani della Magione, 79 anni, Duca della Milizia del tempio e Conte palatino. E nel 1989 la Penitenzieria apostolica, autorizzata da papa Giovanni Paolo II, concesse una serie di indulgenze.

«La nostra è l'unica associazione templare con sigillo ecclesiastico», spiega Cristofani. L'origine fu casuale ma il futuro gran maestro, allora capo scout, vi scorge la mano della Provvidenza. «Comprai il castello della Magione a Poggibonsi perché volevo accogliere e formare adulti che uscivano dai gruppi scout, da me fondati, per una militanza cattolica permanente», racconta. Cristofani scoprì nella Magione vestigia templari e fondò un organismo riconosciuto dalla Regione Toscana, la Milizia del tempio, ispirato agli ideali e all'organizzazione cavalleresca cui intestò il patrimonio. Dopo nove anni di prova, arrivò il «placet» diocesano del vescovo di Siena previa dichiarazione di non accampare discendenze medievali. «Non mancarono perplessità in Segreteria di Stato - ammette Cristofani -. Una diocesi può non accettarci ma non si può dire che non abbiamo approvazione».

I seguaci della Milizia in Italia sono una quindicina, nel mondo un centinaio. Hanno l'obbligo di recitare il breviario e dare voti privati di obbedienza, distacco dai beni terreni, castità e professione pubblica della fede. «Siamo legati alla messa in latino del 1962. Anni fa venne a celebrarla anche il cardinale Oddi. Altri porporati ci hanno fatto visita: Stickler, Innocenti, Scola e Gagnon, che si fermò una quindicina di giorni. Indossiamo mantello e insegne soltanto in occasioni liturgiche». Il rito del 1962 non piace molto a papa Bergoglio. «Ci definiscono tradizionalisti ma non siamo polemici - replica Cristofani - il Papa è il Papa, che si chiami Benedetto o Francesco. La nostra battaglia è culturale, di apostolato e testimonianza, e di aiuto alle scuole cattoliche di Terrasanta».

CUSTODI DELLE CHIESE

Un'altra associazione dichiaratamente fedele al Papa sta prendendo rapidamente piede: sono i Templari cattolici d'Italia guidati dal magister Mauro Giorgio Ferretti. Sono duemila con oltre 120 sedi, tra di loro si chiamano «fratelli», non hanno riconoscimento ufficiale, ma moltissime diocesi aprono loro le porte, a cominciare da quella di Verona, che ha concesso la sede nazionale nel chiostro romanico di San Fermo Maggiore, e quella di Napoli, dove il cardinale Crescenzio Sepe li ha autorizzati a operare in tutta la Campania. Ferretti, a differenza di Cristofani, si appella al neotemplarismo di inizio Settecento: «Il ramo fedele alla Chiesa si era quasi estinto - racconta -. In Italia rimase un solo maestro, fra' Ruggero, che 35 anni fa m'incaricò di ricostituire l'antico Ordine. Mi cambiò la vita. Oggi già una quarantina di vescovi ci hanno scritto e abbiamo oltre ottanta preti che ci seguono».

Perché riesumare una tradizione cavalleresca discussa, lontana nel tempo e forse anche fuori da questo tempo? «I valori della cavalleria sono più che mai necessari - risponde Ferretti -: onestà, lealtà, senso dell'onore, testimonianza di un cattolicesimo non ipocrita. I musulmani presi singolarmente sono brave persone, ma la religione predica l'uso della scimitarra e dobbiamo difenderci. Per 200 anni i templari sono stati la spada del Papa, monaci poveri al suo servizio; oggi c'è bisogno di gente normale, laica, sposata, che dedica tempo a servire la causa della Chiesa, l'unico baluardo sopravvissuto nell'Occidente». Il compito principale che i Templari cattolici si sono dati è quello di tenere aperte le chiese o riconsacrare al culto quelle abbandonate o profanate da culti esoterici e satanici: «Dopo la strage di Parigi abbiamo tenute aperte 120 chiese, vigilando volontariamente per 24 ore, da soli - dice Ferretti -. Con la nostra presenza silenziosa abbiamo creato scompiglio».

sabato 9 febbraio 2019

ANIMA-LI E SACRE SCRITTURE

tratto da "L'Opinione" del 27 giugno 2018

di Vito Piepoli

“Leandro Borino è un medico veterinario che ho avuto il piacere di conoscere nel periodo di Natale per un'emergenza animalista e che ho seguito nel tempo. Mi sono avvicinata a lui perché l’ho considerato da subito una voce fuori dal coro, leggendo i suoi libri come “Animali e fiori di Bach” che rappresenta un approccio olistico alla floriterapia di Bach sugli animali, pubblicato nel 2002 e lo scorso anno “Anima-li e Sacre Scritture” che ritengo uno scrigno prezioso, un vademecum di considerazioni e spunti sul rapporto animico che esiste da sempre tra gli uomini, gli animali e il creato tutto”. Così, Stefania Bottiglia, presidente Oipa Taranto, l'Organizzazione internazionale protezione animali, ha introdotto la presentazione del libro “Anima-li e Sacre Scritture”, Edizioni Zerotre, fatta dallo stesso autore Leandro Borino presso il salone messo a disposizione della Lega Navale di Taranto.

È singolare l’impostazione che si coglie dell’autore, nell’approccio al creato, a mano a mano che ci parla e che qui possiamo solo sintetizzare mentre andrebbe approfondita. "Non si considera abbastanza come la radice della parola “animale” sia “anima” e se i nostri patriarchi latini da cui discendiamo, hanno chiamato “anima” una cosa e “animale” un’altra i nomi non sono casuali”, esordisce.

È stato colpito da una battuta riportata in un libro di Marcello D’Orta, laddove un bimbo osserva, con molta semplicità, che gli uomini si chiamano uomini ed hanno un’anima, mentre gli animali si chiamano animali e non ce l’hanno. E tutto ciò sembra quasi uno sfottò. Perché è importante valutare questo aspetto? Durante tutti gli anni della sua professione in molti casi, per cui non può essere una casualità, è capitato che gli animali che gli portavano, avessero le stesse malattie di qualcuno che era in casa con loro: diabete, ernia del disco, carcinoma mammario ed altre patologie.

“E allora ti chiedi, cos’è che non mi hanno spiegato i miei maestri o cos’è che mi è sfuggito? Non trovavo la risposta e devo dire grazie ad una donna ebrea che ebbi la fortuna di conoscere, che tracciò in una conferenza quella che è la visione ebraica della malattia, non come random, come casualità, come il gioco della roulette, uno si ammala di polmoni, un altro di cuore e neanche come una maledizione divina ” argomenta Borino.

Allora la malattia che cos’è? Secondo Daniela Abravanel, questa donna ebraica a cui Borino fa riferimento, è una domanda di cambiamento. Una richiesta di cambiamento dell’anima scritta con le parole del corpo. Questo non vuol dire che non esistano i virus, i batteri, le infezioni e così via. Ecco che allora dietro quella che è la medicina tradizionale sarebbe bene considerare anche questo, quindi i sentimenti che sono dietro una malattia. E gli animali riflettono il padrone, nel senso che riflettono l’uomo o la donna che amano di più.

Ma di che cosa parla il libro di Borino? "Di quello che ho trovato nella Bibbia della Conferenza episcopale italiana ed ho compreso che questa non è solo per chi ha fede, ma è una miniera di informazioni”, riferisce l’autore.

Lì, per esempio, ha trovato dopo che l’aveva capito nel suo lavoro, che l’occhio dell’animale può vedere quello che l’occhio dell’uomo non vede. Lo si può notare nei gatti, nel vostro gatto domestico. Guardatelo negli occhi e ditegli qualcosa e vedrete che il gatto, dopo avervi guardato una frazione di secondo negli occhi, alzerà lo sguardo attorno alla vostra testa, vedendo i colori dell’aura, l’alone di luce che tutti abbiamo intorno, che poi gli artisti stilizzano nelle chiese col cerchietto d’oro sulla testa, donde il nome aureola.

Ebbene quindi, l’animale la vede, come i bambini fino a quando hanno la fontanella aperta, cioè diciassette, diciotto mesi. Chiaramente il bambino non sa che quello che vede è un’aura. E sembra che un bambino che si sta allattando al seno di sua madre, quando la guarda, vede la sua testa tutta rosa e così impara che alcuni colori pastello, come il rosa e il celeste sono colori d’amore, di affetto. Mentre il colore nero, scuro, non lo è, e come il colore rosso lo turba.

Questo è il famoso sesto senso degli animali, che non hanno bisogno di parlare con noi per capire se siamo ben disposti verso di loro, perché lo vedono. Il fatto che gli animali vedono quello che noi non vediamo, dice l’autore è nella Bibbia, per esempio, nel libro dei Numeri. Qui si narra un episodio ben preciso, dove a salvare la vita del sacerdote Balaam che la cavalca, è la sua umile asina. Questa vede quello che Balaam non vede, cioè, l’angelo con la spada fiammeggiante inviato da Dio per fermarlo. E l’angelo dopo un po’ apre la bocca dell’asina che comincia a parlare così come successivamente apre gli occhi di Balaam che, finalmente, lo vede. Il testo biblico non dice, osserva Borino, “dona” la parola...e “dona” la vista. Ma appunto “apre”, come se l’angelo togliesse solo un diaframma. In questo verso dell’Antico Testamento, secondo l’autore, vacilla la centralità dell’uomo nella creazione e il suo presupposto ruolo di re.

“Inoltre ho scoperto questo: se io quando lavoro, visito, sono in pace con me stesso, sto bene, sono in pace con Dio, col mondo, con gli uomini, con chi mi viene accanto, posso fare di tutto, posso prendere un gatto pestifero e fargli una iniezione di penicillina che brucia molto e lui non si muoverà. Se invece sto male, sono arrabbiato, ho la testa altrove, quell’animale farà di tutto. Se un animale fa una vita giusta, alimentato correttamente, e aggiungerò di più, con amore, considerando che nel nutrire c’è già un prendersi cura, guarirà prima, come vale anche per le persone malate”, sottolinea l’autore. Ma sono le nostre cattive abitudini che trasferiamo nell’animale che sta con noi? Per Borino, assolutamente sì. Quello che traspare nel testo biblico è che gli animali sono delle note sul nostro pentagramma. La musica la creiamo noi, l’animale ne risente. Se in casa c’è una persona che soffre di epilessia o di altro, gli animali che sono con lui sentono tutto questo e allora si può scatenare il senso di colpa, perché uno pensa che sia colpa sua. In realtà, non è colpa sua, perché l’animale ti ama per quello che sei e non si scherma nei confronti di questo fenomeno, e se io ho vibrazioni e pensieri di paura, di rancore, l’animale li assorbe tutti.

Anche gli animali hanno le loro malattie. Ma non tutte le loro malattie dipendono da noi. Come si capisce, allora, che un animale ha una malattia perché è malato l’essere umano che vive con lui? Questo libro ci apre ad un mondo di cui non avevamo conoscenza, se non intuitivamente in percezioni saltuarie. I cani che rischiano la propria vita cercando esplosivi, o persone sotto le macerie, fanno tutto questo per amore gratuito nei confronti del loro allenatore, alla persona che si occupa di loro, e “credo che l’animale, per esempio, che fa pet therapy, capisca esattamente quello che sta facendo e questo tampona il fenomeno”, ha detto Borino.

Ogni animale può insegnare qualcosa all’uomo. Ha una qualità che può essere  per l’uomo. Un cammello o un dromedario per esempio, insegnano a risparmiare, a non dissipare le proprie energie.


sabato 2 febbraio 2019

I SEGRETI DELLA MENTE: COSA AVVIENE NEL NOSTRO CERVELLO DURANTE GLI STATI ALTERATI DI COSCIENZA?

Sabato 16 Febbraio 2019 e.v. alle ore 21,15 presso i locali del Centro Studi e Ricerche C.T.A. 102 - Via Don Minzoni 39, Bellinzago Novarese (NO) - nell’ambito delle serate dedicate agli “Incontri di Scienza”, la nostra Associazione ha il piacere di invitarvi ad un imperdibile appuntamento in compagnia di PAOLO PACCIOLLA che parlerà sul tema:

I SEGRETI DELLA MENTE: COSA AVVIENE NEL NOSTRO CERVELLO DURANTE GLI STATI ALTERATI DI COSCIENZA?

Il nostro cervello è un sistema meraviglioso, capace di operazioni strabilianti. Paolo Pacciolla è laureato e specializzato in Neurobiologia; è Study Coordinator presso il centro per lo studio e la Cura dell’Amiloidosi Sistemiche del IRCCS del Policlinico San Matteo di Pavia ed ha al suo attivo importanti pubblicazioni scientifiche su riviste quali il Journal of Comparative Neorology e il Journal of Visualized Experiments si è inoltre specializzato nell’insegnamento dello Yoga: in questa conferenza imperdibile, ci porta con sé in un viaggio comparativo fra gli Stati di Coscienza e la neurologia, per aiutarci a rispondere alla domanda: cosa avviene davvero nel nostro cervello?
Si tratta, come avrete capito, di un appuntamento di straordinario interesse a cui la nostra Associazione si pregia di invitarvi; un’occasione, perciò, da non lasciarsi assolutamente sfuggire!
La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando i numeri 346.9451451 - 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it
Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.
Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.



domenica 27 gennaio 2019

Quando i Druidi Insegnavano Giocando: Giochi e Riti di Fertilità

Questo viaggio tra le incisioni rupestri e i “giochi” di montagna parte da molto lontano, da quel mondo celtico da cui provengono molte delle nostre tradizioni. Tra le tante storie di Britannia si parla spesso dei "Tredici Tesori”, un gruppo di oggetti magici menzionati nei manoscritti gallesi del XV e XVI secolo, come ad esempio nel ciclo  arturiano di Culhwch e Olwen o nel Tri Thlws ar Ddeg Ynys Prydain. Secondo la tradizione questi sarebbero la "Bianca Elsa”, la spada di Rhydderch Hael”, il “ Paniere di Gwyddno "Gambalunga", il “Corno di Bran l'Avaro del Nord", il "Il Carro di Morgan il Ricco", la “Cavezza di Clydno Eiddyn", il  "Coltello di Llawfrodedd Farchog", il “Calderone di Dyrnwwch il Gigante" l’”Affilatoio di Tudwal Tudglyd",  la ”Cotta di Padarn, la ”Brocca e il Piatto di Rhygenydd il Chierico", il "Mantello di Artù” in Cornovaglia ed infine la ”Scacchiera di Gwenddoleu ap Ceidio”. E’ proprio su quest’ultimo che voglio soffermarmi. Secondo la tradizione questa magica tavola altro non sarebbe che una scacchiera in oro con pezzi d'argento e cristallo, nota anche come Gwyddbwyll, letteralmente "saggezza di legno". Di essa si parla in molti testi e leggende celtiche. Nel Mabinogi, più precisamente ne “il sogno di Rhonabwy”, si fa riferimento a un gioco costituito da una tavola d'argento su cui muovevano pedine d'oro noto come Fidchell. Il testo recita: "Leth a fóirni d'or buidi, in leth aili d'findruine", ovvero "La metà dei suoi pezzi erano d'oro giallo, l'altra metà di bronzo bianco". Le leggende descrivono il Fidchell come un gioco utilizzato dai re e dagli dei. Nella leggenda, sarebbe stato inventato da Lugh, dio celtico della Luce, nonché utilizzato da suo figlio, l'eroe Cú Chulainn. In realtà, secondo alcuni studiosi, sia la tavola di Gwenddoleu che il Fidchell sarebbero la riproposizione di un gioco di provenienza norrena chiamato Hnefatafl. La fonte più antica che lo cita è la Saga di Grettir, scritta da un monaco islandese che chiama questo gioco appunto con il nome di Hnefatafl cioè "tavolo del re". Da uno scritto di Rögnvaldr Kali, databile tra il 1135 e il 1158, leggiamo

I can play at Tafl, / Nine skills I know, / Rarely forget I the runes, / I know of books and smithing, / I know how to slide on skis, / Shoot and row, well enough; / Each of two arts I know, / Harp-playing and speaking poetry

Il reperto più antico è stato rinvenuto a Wimose, su una delle maggiori isole danesi, mentre, sotto forma di incisioni rupestri, questi giochi sono stati trovati in molteplici paesi europei, dall'Irlanda alla Russia. In Inghilterra lo troviamo a Salisbury, Gloucester e Norwich. Ovviamente l’Italia non fa eccezione, anzi. Raffigurazioni di questi giochi sono diffusissime in tutto l’arco alpino. Incredibilmente ben conservato, ad esempio, il Hnefatafl presente a Ungiasca, in Piemonte. Nell’articolo “Ungiasca Perduta”, pubblicato sulla rivista Verbanus da  Nino Chiovini, leggiamo “…La parte superiore del muro di contenimento della «piazza», usata come sedile collettivo, era costituita da una serie di lastroni di pietra…Su di un lastrone, il più levigato, era stata scalpellata una singolare figura labirintica, di cui in nessun luogo che a Ungiasca vidi l’eguale…venivano scalpellate sulle superfici piane di determinate pietre le figure che vanno sotto il nome di filetti…Ma in nessun luogo che a Ungiasca vidi quel labirinto su cui ragazzi, giovani e meno giovani, si accanivano al gioco chiamato dìi pévèr e dul lüv, ossia delle pecore e del lupo…” (Il gioco è ancora visibile in piazza Don Pagani, poco prima della via acciottolata e di cui parleremo a breve). Sempre in Piemonte, a Campiglia Cervo è presente, nella Piazza, una vera e propria “lastra dei tre giochi”. Si tratta di un masso usato come panchina fuori in Via Roma, 16 sul quale appaiono incisi tre giochi: un filetto, il "gioco dell'Orso" e “il lupo e le pecore”, mentre a Massello, è presente un masso di piccole dimensioni situato sul bordo destro del sentiero sulla cui superficie liscia e piana sono incise, oltre al filetto, due figure zoomorfe la più grande delle quali presenta vistose corna nonché raffigurazioni interpretabili come dardi che colpiscono un animale. Strane associazioni che fanno pensare a ben altro oltre al semplice gioco. Ancora il gioco del filetto è presente a Ronco Canavese, proprio nel portico della chiesa, e a Sparone, sulle lastre presenti sotto i portici di via Faletti. L’incisione più nota è però quella presente a Traversella. Qui, lungo il noto “Sentiero delle Anime”, troviamo molteplici rocce incise come la nota Pera dij Crus, le cui incisioni sono riconducibili all’ultimo scorcio del neolitico. Come ricorda il nome, si tratta certamente di un percorso rituale utilizzato per celebrarvi riti legati al culto degli Antenati. Su molti massi presenti lungo il percorso, oltre a coppelle, antropomorfi e croci gammate troviamo, appunto il Fidchell. Strana curiosità: queste raffigurazioni rupestri sono realizzate su pareti semi-verticali o fortemente inclinate che ne impediscono l’utilizzo pratico, come nel caso dei graffiti presenti sul soffitto delle grotte di Fontainebleau, insomma in luoghi e sistemazioni dove sarebbe impossibile giocare. Forse avevano anche un significato simbolico? Approfondiamo. Scavando nelle nostre tradizioni folkloriche alpine troviamo una sorta di variante del  Hnefatafl, il già citato “Gioco dell’orso” (Fig.1). il piano da gioco è composto da  due cerchi concentrici, intersecati da una croce e completati da lunette che delimitano i punti di intersezione sul cerchio più esterno. A sfidarsi sono un orso da una parte e tre cacciatori dall’altra. L’obiettivo è di chiudere tutte le vie di fuga al primo, bloccandolo. Si tratta sicuramente di un gioco ma allo stesso modo di un simbolo propiziatorio che richiama l’uccisione del Dio vegetazionale con orso-dendrofago, simbolo della fertilità. Il Frazer e io stesso, nel mio Saggio “Culti Pagani in Piemonte e Valle d’Aosta”, narriamo come in tempi più remoti in particolari date dell’anno un vero orso era portato in giro da un montanaro/domatore che andava da un paese all'altro facendolo ballare  nelle piazze.
Figura 1
Figura 2
Figura 3

In seguito questo uso scomparve e in alcuni paesi, per mantenere la tradizione, l'orso fu sostituito da una persona appositamente mascherata che ripeteva la stessa pantomima.  Al termine di una caccia simulata, l'orso veniva catturato e portato all’interno del paese dove era fatto oggetto di dileggi e di scherzi. L'epilogo può variare dall'"uccisione" dell'orso alla sua liberazione/fuga e ritorno alla natura. Il Piemonte, e più in generale tutto l’arco alpino ricordano, in particolari date questi riti come nel periodo carnevalesco dove la morte di “Carnevale” ben si sposa con quanto detto. Un esempio è l’Orso di Segale di Valdieri. Durante il giorno di Carnevale un uomo travestito da orso viene esibito in catene per le vie del paese seguito dai perulìer, bambini vestiti di stracci suonno le scaréle, strumenti di legno rumorosissimi.  E’ l’idea di risvegliare il mondo naturale, andato in letargo durante l’inverno, proprio come l’orso che, ad un certo punto fugge. Rituale simile è presente a Mompaterno, comune della val di Susa, situato alle pendici del Rocciamelone, la prima domenica di Febbraio. La festa è chiamata con il nome di Fora l’Ours, coincidente con la il giorno di Sant’Orso, santo sulla cui esistenza ci sono molti dubbi che dunque fanno immaginare si tratti di un’operazione sincretica atta a sovrapporre, agli antichi culti pagani, i nomi della nuova religione. Anche in questo caso l’orso è tenuto sotto scacco da quattro custodi/cacciatori.


Ecco qui svelato il mistero simbolico: Il gioco ripropone, in altra veste, l’idea del dio vegetazionale, pronto a morire per poi risorgere e assicurare la fertilità dei campi.
Un gioco simile è quello noto come “due lupi e venti pecore”. Si impiegavano venti pezzi rappresentanti, appunto, le pecore e due pedine raffiguranti i lupi. Questi ultimi si potevano muovere in ogni direzione con lo scopo di mangiare la pecora come nel gioco della dama, mentre le pecore potevano muoversi solo di una casella alla volta. Il gioco era già noto in Scandinavia nel 400 d.C. e probabilmente fu proprio portato dai Vichinghi nelle terre che conquistarono. Ancora una volta il gioco nasconde ben altri significati. Il lupo presso gli antichi Celti, era associato al mondo degli inferi. Pensiamo, ad esempio a Dormarth, posto alla guardia del regno dei morti, mentre nel Mabinogi si narra che cani bianchi con le orecchie rosse accompagnavano il Dio gallese dell’oltretomba Arawan. Inoltre è mangiando carne di cane che Cù Chulainn si indebolisce prima di essere ucciso. Il gioco della “pecora e del lupo” ci ripropone un altro rituale di fertilità: la morte che genera la rinascita nella natura. La scelta del lupo, o delle fiere locali come simbolo/divinità non era casuale, infatti l’animale, che con i suoi comportamenti era considerato grande predatore, era in competizione con gli stessi uomini cacciatori e così il selvaggio, per propiziare una buona caccia, cercava di onorare l’animale sia per ingraziarselo e evitare che gli sottraesse il sostentamento, sia per poter ereditare dallo stesso la sua stessa capacità di caccia, mentre lo smembramento dell’agnello, in molte culture immagine divina, ripropone il sangue versato ed in offerta al mondo degli inferi per poter assicurare la vita e il sostentamento.
Ecco l’anima del gioco, immaginiamo sotto l’albero il maestro che, mentre gioca spiega le dinamiche religiose e naturali al suo allievo. Il cerchio è chiuso, quello del gioco.

Figura 4

martedì 22 gennaio 2019

Nave fantasma riemerge dalle acque del fiume Po

tratto da "Il Giornale" del 28/08/2018

È il piroscafo San Giorgio, affondato il 12 febbraio del 1944

di Francesca Bernasconi

Era diventanta una leggenda, tanto da essere ormai considerata una nave fantasma, della quale si erano perse le tracce oltre settant'anni fa.
Invece, la nave San Giorgio è riaffiorata dalle acque del fiume Po, che l'avevano inghiottita nel 1944, grazie a Luciano Chiereghin, che ne ha individuato il relitto.

La storia della nave San Giorgio

Piccolo piroscafo, varato nel 1914 e usato a partire dal 1940 dalla Marina Militare Italiana, come naviglio ausiliario dello Stato, è stato impiegato nella guerra con la Jugoslavia e in numerose operazione nelle acque dalmate. Il piroscafo entra nella leggenda già nel 1943, quando viene attaccata da un sommergibile britannico, molto più grande e potente della San Giorgio, e combatte una coraggiosa battaglia, dalla quale esce senza riportare gravi danni: il sommergibile, infatti, ingannato dal denso fumo nero che si leva dalla nave, è convinto di averla affondata e se ne va.

Durante il Reich, la San Giorgio viene requisita e costretta a navigare sotto la bandiera della Kriegsmarine tedesca, per la quale svolge il pattugliamento tra Venezia e Ancona. Il 12 febbraio del 1944, l'equipaggio, composto da 52 uomini, si trova in difficoltà per una tempesta e cerca rifugio all'interno del Po. Poco dopo, il piroscafo incappa in una secca, in prossimità di Punta della Maestra, a Rovigo, e si inclina da un lato, permettendo ai marnai di salvarsi, prima di affondare.
Della San Giorgio affiorava solo il cannone da 76 millimetri posto a prua, che attirò molti pescatori della zona che la depredarono. Poi il lento sprofondamento delle acque del fiume Po la fecero inabissare e se ne perse ogni traccia, come riporta Il Messaggero.

Il ritrovamento

Luciano Chiereghin, uno storico locale, "cacciatore" di reperti della Seconda Guerra Mondiale, insieme a un gruppo di storici e archeologi, ha riportato alla luce il relitto della nave fantasma. Facendo riferimento ad alcuni studi dell'epoca, ha individuato sulla mappa la sagoma e la relativa posizione del relitto. Poi, grazie all'utilizzo di mezzi tecnologici, come gps, magnetrometro e georadar ha identificato l'esatta posizione della nave.
Chiereghin è disposto a mettere a disposizione della Marina tutto il materiale raccolto, in caso di un eventuale recupero, piuttosto improbabile, a causa dei costi che comporterebbe la complessa operazione.

martedì 15 gennaio 2019

Fabbricanti d'oro. Storie di alchimisti

Fabbricanti d'oro. Storie di alchimisti. Si tratta di tre storie di tre alchimisti, Laskaris, Sendivogius e Sehfeld, in cui, per la prima e unica volta, Meyrink usa un registro a metà fra la narrazione e la ricostruzione storica, fra cronaca e racconto. Insomma, una storia romanzata che oggi forse si definirebbe "docufiction": la vita, le avventure, le fortune e le disgrazie di alcuni alchimisti tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Settecento, cioè un periodo che i lettori non particolarmente edotti della storia dell'ermetismo occidentale potrebbero considerare insolito, abituati forse a immaginarsi gli alchimisti collocati in ambienti e atmosfere medievali. Introduzione di Gianfranco De Turris.

domenica 13 gennaio 2019

Quando la caccia era una lotta alla pari tra l'uomo e gli dèi

tratto da "Il Giornale" del 17/07/2018

Il libro per l'estate. Eccolo. Non è la bordata di un dandy sfregiato dalla calura: d'estate si vendono i «gialli», i libri del Papa in attesa di conversioni meridiane e i romanzetti sociologici e patetici degli scrittori nostrani, sociopatici

di Davide Brullo

Il libro per l'estate. Eccolo. Non è la bordata di un dandy sfregiato dalla calura: d'estate si vendono i «gialli», i libri del Papa in attesa di conversioni meridiane e i romanzetti sociologici e patetici degli scrittori nostrani, sociopatici.

Roba da ronfare sotto l'ombrellone. Qui, invece, c'è tutto l'eccitabile, narrativamente parlando. Spazi incontaminati, come si dice, lotta, sangue, spiriti, fughe nell'oltretomba, mito, pietà e violenza. Qualcosa che sta tra il bagliore omerico e l'epopea cavalleresca. Credete. Se fate un piccolo sforzo di prospettiva romanzesca (ma chi ci crede a uno che ti racconta l'ennesima storia senza avere nulla da dirti, da darti?) I riti di caccia dei popoli siberiani (Adelphi, pagg. 230, euro 30; con un saggio di Claudio Rugafiori) è il libro adatto per non soccombere alla noia vacanziera. Il tomo, evviva, non è il solito romanzo, ma lo studio più famoso di una antropologa francese, Éveline Lot-Falck (1918-74), una con gli attributi (fa la resistenza presso il Musée de l'Homme e assiste all'uccisione di alcuni colleghi, «fucilati dai tedeschi il 23 febbraio 1942») e con la testa (Claude Lévi-Strauss crea per lei la «cattedra di Religioni dell'Eurasia»), riconosciuta come la massima esperta di sciamanesimo siberiano.


Il libro sui Riti di caccia dei popoli siberiani una pietra miliare, uscito in origine nel 1953, così ci tocca sfogliare una bibliografia pressoché inutile, con testi del 1914, del 1924, del 1905, del 1909... una precedente traduzione italiana è del 1961, per il Saggiatore ci porta in luoghi atavici, dove «il cacciatore considera l'animale almeno come un suo pari», anzi, «l'animale è superiore all'uomo sotto uno o più aspetti: per forza fisica, agilità, finezza dell'udito e dell'olfatto», dove la caratteristica del dio supremo «sembra essere la passività, l'indifferenza», ma tutto, al Nord, dove la natura troneggia e l'uomo è un accidente, ha uno spirito di cui occorre conoscere i nomi, la struttura grammaticale, per così dire. Oltre al paesaggio visibile, bisogna conoscere quello invisibile, fatto da «spiriti erranti, spesso pericolosi», oppure da «defunti divinizzati», in una visione labirintica dell'al di là, dove «strette relazioni uniscono i morti e i vivi». La caccia, così, richiede un rito preparatorio molto lungo («È essenziale che il cacciatore, al momento della partenza, si trovi in stato di grazia, che sia stato purificato da ogni macchia, da ogni contatto con ciò che si lascia alle spalle»), costellato da amuleti, invocazioni, per entrare in sintonia con l'animale da uccidere.

Quando si uccide, bisogna guardare in faccia la bestia, sfidarla senza malizia «Se si attacca l'orso nella sua tana, prima di colpirlo bisogna svegliarlo. Lealtà, purché reciproca: l'orso a sua volta non ucciderà il cacciatore nel sonno» e un'attenzione particolare è dedicata alle armi, sempre le stesse («Un forte legame di simpatia unisce l'arma al suo possessore. L'arma assiste l'uomo come un essere vivente, non lo abbandona mai, annuncia a volte ai parenti la morte del loro congiunto»), tramandate, come in una Iliade artica. L'innovazione tecnica, infatti, facilita la caccia ma distrae dal rito, fino a disintegrarlo. «Col passare del tempo, le tradizioni antiche e moderne si trovano fianco a fianco, il giavellotto coesiste col fucile. Poi si produce una rottura dell'equilibrio. L'uomo abbandona le armi primitive per quelle perfezionate offerte dalla cultura moderna. La tecnica si svuota del suo contenuto magico-religioso, l'uomo perde il contatto con l'altro mondo». La tecnica rende ogni cosa equivalente: una bestia è uguale a un'altra, dalla foresta gli spiriti sono in fuga, la preghiera è un vezzo superstizioso, il mondo sta zitto, è da sfruttare, il cielo è uno sbadiglio che inquieta.

Il cuore dell'uomo, ora, è un groviglio di enigmi. Così la Siberia diventa una magione dell'Occidente, una terra senza nomi.

giovedì 10 gennaio 2019

Arte e magia in mostra a Rovigo

tratto da "L'Opinione" del 03 gennaio 2019

di Dalmazio Frau

In un’Italia ridondante di mostre d’arte inutili se non banali, soprattutto quelle strapaesane con velleità nazionali, ne spicca una che merita il tempo e la compagnia. A Rovigo, città lontana dai grandi circuiti dell’arte per tutti, si espone “Arte e Magia” a Palazzo Roverella, sino al 27 gennaio, un percorso “esoterico” nell’arte pittorica tra Otto e Novecento in Europa, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, curata da Francesco Parisi.
Colui che, fortunato, avrà letto Il Mattino dei Maghi di Pauwels e Bergier, avrà più bell’agio nel comprendere il sottile pensiero che guida il visitare in questa esposizione di quadri scelti con cura e dedizione, ma anche il “profano” potrà lasciarsi indurre in suggestioni affascinanti e misteriche ad ogni dipinto e per ogni artista.
È la magia che ritorna e impera, con i suoi simboli e le sue “signature ermetiche” in un tempo che avrebbe dovuto prediligere la razionalità futurista, e che invece convive perfettamente miscelando l’alto e il basso, il meraviglioso, il fantastico e la realtà quotidiana. Antico e futuro segnano il punto di questo strano tempo che precede l’ultima guerra mondiale. Architettura sacra, pittura simbolica, arte e mistero che conducono a visioni oltre la Soglia, in un retaggio preraffaellita a volte, attraverso il colore dadaista di Julius Evola e la licenziosa succube scolpita da Auguste Rodin. Qui, a Rovigo, per qualche tempo ancora danzeranno i diavoli e le streghe verso il Sabba, e con loro vanno in teoria i Rosacroce e i molti cavalieri in cerca attraverso una folta selva di fantasmi che è l’Europa tra le due guerre, contornati da maghi e dalle loro cerimonie.
Un altro pregio della mostra è far comprendere a colui che ne attraversa le sale, come e in quale misura il pensiero magico e occultista abbia influenzato sia il Simbolismo europeo sia la nascita delle avanguardie storiche, divenendo quasi una sorta di “controcultura” – a volte reazionaria – a un mondo che stava rapidamente scivolando verso il modernismo. Ogni ambito del rapporto tra Arte e Magia nel nuovo secolo viene ampliamente indagato, sino all’arte applicata dell’editoria senza dimenticare l’influenza espressionista del cinema che subito aveva compreso le possibilità di esprimere la presenza del Golem o del Vampiro.
Rovigo si mostra così città intellettualmente libera e aperta a un tema che fa ancora sobbalzare, chi confonde sempre – per ignoranza – esoterismo e satanismo e chi lo rinnega in nome di un positivismo ormai stantio, che forse è esistito soltanto in poche menti tristi e senza sogni per lo più ancorate ancora a una sinistra visione di Sinistra che fa del mondo, del Cosmo, una prigione dalla quale, invece si deve poter evadere e ritornare liberi.

lunedì 7 gennaio 2019

DirectoryRex - Il Portale Esoterico

DirectoryRex è il portale esoterico definitivo in Italia! Punto di riferimento per gli amanti delle scienze occulte, dedicato anche agli appassionati che volessero cimentarsi in un primo approccio a temi quali la magia rossa, i rituali, i legamenti, la cartomanzia e tanti altri argomenti. Il sito è tenuto in costante aggiornamento da sviluppatori, cartomanti ed esperti SEO, tutti accomunati dalla passione per l'esoterismo e le scienze occulte: è possibile leggere articoli dedicati a temi "caldi" quali la ritualistica e la Wicca, ma anche temi attinenti alla sfera del Mystery - ufo e misteri ufologici, fantasmi, viaggi nel tempo...

DirectoryRex.com è un sito che devi assolutamente visitare, senza limitarti a uno sguardo superficiale che ti impedirebbe di apprezzare adeguatamente il materiale contenuto nelle varie sezioni. Se sei un appassionato della Numerologia e della Cabala, ad esempio, all'interno del sito potrai trovare articoli che approfondiscono entrambi i temi da un punto di vista professionale e sistematico. Stesso discorso si applica a chi ama approfondire tematiche legate alla sfera della magia, che sia bianca, rossa o nera (con sottosezioni dedicate allo Sciamanesimo, ai Riti Voodoo, alla Santeria Brasiliana). Directoryrex è il posto ideale per gli amanti dell'occultismo e della sfera dell'esoterismo, con i suoi articoli dedicati all'interpretazione dei sogni e all'astrologia, e un blog costantemente aggiornato con articoli relativi agli argomenti più disparati.

DirectoryRex, il portale esoterico definitivo, apre lo spazio anche al confronto e al dialogo tra gli appassionati dell'esoterismo e gli operatori dell'occulto: una sezione intera ospita un forum apposito, all'interno del quale è possibile presentarsi e discutere o approfondire i temi esposti all'interno del sito e farsi consigliare dagli altri utenti. Se il vostro obiettivo è invece quello di mettere in pratica quanto avete appreso sui rituali, non potete esimervi dal fare un giro nell'apposito negozio esoterico: qui potrete trovare tutta una serie di materiali (candele, pergamene, incensi, erbe magiche) da utilizzare nel vostro rituale fai-da-te per far ritornare l'amore perduto, o per assicurarvi una migliore fortuna, oppure un nuovo, entusiasmante lavoro.
DirectoryRex.com è il sito che fa per voi se volete anche solo approfittare di consulti di cartomanzia gratis: oltre ai vari articoli dedicati alla tematica della cartomanzia (effettuata con sibille, rune, tarocchi e simili) è possibile, iscrivendosi al forum, ottenere un consulto della rinomata cartomante Asia, previa la scrittura di almeno cinque post. Su Facebook è attiva la pagina ufficiale del sito, "DirectoryRex - Il Portale Esoterico", una pagina gestita e aggiornata di frequente, grazie alla quale è possibile tenersi aggiornati su tutte le novità riguardanti il sito e il blog: in particolar modo gli articoli. Inoltre è possibile interagire con la ricca community di DirectoryRex nella maniera, molto più immediata, consentita dai social network.

Sul sito di DirectoryRex.com potrai trovare i migliori esoteristi e cartomanti online, selezionati per te in modo più che accurato al fine di consentire la massima riservatezza e il miglior risultato possibile. Il sito è aperto anche alla collaborazione di coloro che volessero pubblicizzare la propria attività esoterica tramite banner: si tratta di un sito con un traffico di oltre 30mila visite al mese, cosa che consente di dare grande risalto e una grande visibilità alla propria attività tramite le inserzioni poste in punti strategici del sito.

sabato 5 gennaio 2019

I PIANETI NELL’ASTROLOGIA: DIALOGO CON GLI DEI E CONSAPEVOLEZZA INTERIORE

Sabato 12 Gennaio 2019 e.v. alle ore 21,15 presso i locali del Centro Studi e Ricerche C.T.A. 102 - Via Don Minzoni 39, Bellinzago Novarese (NO) - nell’ambito delle serate dedicate agli “Incontri d’Esoterismo”, la nostra Associazione ha il piacere di invitarvi ad un imperdibile appuntamento in compagnia di DAVIDE MARRE’ che parlerà sul tema:

I PIANETI NELL’ASTROLOGIA: DIALOGO CON GLI DEI E CONSAPEVOLEZZA INTERIORE

Nell’astrologia i pianeti sono gli ‘attori’ del nostro dialogo interiore. Bruno Huber affermava che nella conoscenza del significato dei pianeti in un Tema Natale non fosse possibile prescindere dalla conoscenza degli dei a cui i pianeti sono associati. Come personaggi prestati dalla narrazione mitologica i pianeti ricreano nel contesto personale una nuova narrazione interiore, in uno scenario diverso e in un teatro diverso, ma con il medesimo ‘carattere’ assoluto e divino.
Imparare a dialogare con questi autori significa imparare a entrare in contatto con la realtà mitologica che si rappresenta anche nella vicenda personale, quella dell’eroe dai mille volti. Ma significa anche imparare a ritirare il nostro investimento e decidere liberamente quando essere interpreti oppure spettatori che attraverso la catarsi del proprio spettacolo interiore al contempo lo integrano in modo armonico.
L’astrologia diventa così la porta in cui il mito rivive e che ci aiuta a prendere consapevolezza del ‘mito’ a cui siamo chiamati a fare parte se vogliamo vivere una vita piena e autentica.
Si tratta, come avrete capito, di un appuntamento di straordinario interesse a cui la nostra Associazione si pregia di invitarvi; un appuntamento, perciò, a cui non mancare assolutamente!
La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando i numeri 346.9451451 - 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it
Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.
Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.


sabato 29 dicembre 2018

I classici del mistero

Di nuovo in libreria le rare e introvabili edizioni dei classici delle pratiche magiche, imperdibili per gli appassionati del genere.
La Chiave di Salomone: magia nera, incantesimi, talismani ed evocazioni diaboliche.
Il Grimorio Nero: la magia dei grandi maestri, magia ermetica e rituali di alta magia.
Il Libro Rosso: magia nera, evocazioni e le gerarchie complete degli spiriti infernali.

La Chiave di Salomone:

Il più celebre trattato di Magia Talismanica ed evocazioni diaboliche che si conosca nell'area mediterranea.
Insegna una serie di incantesimi d'amore, d'odio, di fortuna, di ricchezza, di morte. Fornisce le istruzioni per fabbricare e consacrare pentacoli e sigilli magici dai poteri straordinari. Riporta il testo di rituali, formule, invocazioni. In breve, è il libro più completo sulle pratiche magiche che sia mai stato scritto e divulgato.


Il Grimorio Nero:
Un vero e proprio trattato di Magia Rituale, onnicomprensivo, inteso a insegnare una serie di cerimonie soprannaturali grazie alle quali il praticante fortifica sé stesso e acquisisce poteri speciali.
Il "Libro dei Libri", per quanto riguarda la Magia Bianca e le pratiche benefiche, di lotta al Male e a tutte le sue nefaste conseguenze, una ricca e ragionata raccolta di pentacoli, sigilli, talismani e amuleti, corredata di informazioni teoriche e pratiche.


Il Libro Rosso:
Un elenco pressoché completo di tutti gli spiriti infernali - da quelli notissimi a quelli praticamente sconosciuti - comuni alla grande tradizione occulta delle tre religioni monoteiste (ebraica, cristiana, islamica).
Un testo fondamentale per gli appassionati del genere, appositamente pensato per coloro che camminano sulla Via della realizzazione e sul sentiero dell'Arte Regia.

sabato 22 dicembre 2018

UFOLOGY WORLD

UFOLOGY WORLD organizzato dalla dott.ssa Francesca Bittarello si svolgerà l’11 e 12 maggio 2019 a CINECITTA’ WORLD. L’evento ufologico mondiale del 2019. UFOLOGY WORLD avrà da isposizione tutto il Parco di Cinecittà World. UFOLOGY WORLD difatti sarà una metropoli dell’ufologia composta da 2 grandissime aree padiglioni con gazebo per gli stand, aree mostre ed esposizioni a tema, 3 teatri dove si svolgeranno continuativamente e contemporaneamente il sabato e la domenica relazioni da parte di relatori, attrazioni ufo quali “Altair” astronave di 100 metri, “Guerra dei mondi” attrazione virtuale con visore dove l’utente viene catapultato in una guerra contro gli alieni (in questo caso definiti “cattivi”), e altre 2 attrazioni di realtà virtuali di tecnologie del futuro quali “Labirinto” e “Jurassic War” e tante altre sorprese. La manifestazione ha il patrocinio dello storico CUN fondato nel 1966 dal Capostipite dell’Ufologia in Italia Roberto Pinotti. I BIGLIETTI E I PACCHETTI SI POSSONO ACQUISTARE SOLO ON-LINE SINO AD ESAURIMENTO SUL SITO DI CINECITTA’ WORLD A PARTIRE DAL 3 GENNAIO 2019. Acquistateli per non rimanerne senza. Visita il sito www.ufologyworld.it troverai tutte le informazioni. 



mercoledì 12 dicembre 2018

La conoscenza dei quattro elementi come via al dominio di sé

Sabato 15 dicembre dalle ore 17:30 alle 19:00

IlCervoBianco rivista organizza una nuova occasione di incontro presso la sede meneghina dell'Associazione Volontari di Guerra (Via Duccio di Boninsegna 21/23 - MM Buonarotti).

Tema della discussione sarà la dottrina dei quattro elementi, con approfondimenti dedicati a ciascuno di essi ed al ruolo che assumono all'interno dell'essere umano.

Lungi dal voler proporre un approccio accademico e libresco, il nostro appello si rivolge anzitutto a colui il quale avverta una reale chiamata ad agire su di sé, nulla sapendo circa i modi e le vie attraverso cui questa ricerca possa compiersi.

Facendoci strada attraverso immagini simboliche cercheremo di fare luce su alcuni dei significati che giacciono in attesa, velati dalla forma.