di Simone Scotto di Carlo (https://unina.academia.edu/SimoneScottoDiCarlo)
Il TAG (Theoretical Archaeology Group) è stato fondato in Gran Bretagna nel 1979 con l'obiettivo di promuovere il dibattito e la discussione delle questioni in archeologia teorica a livello internazionale: è definito come un luogo di esplorazione per la ricerca archeologica e innovativa.
Il TAG è gestito e guidato da un Comitato Nazionale, che si riunisce ogni anno e comprende un rappresentante di ciascuno dei dipartimenti universitari che hanno ospitato una conferenza TAG .
Nel 2015 la conferenza si è tenuta nell’Università di Bredford: dal sito dell’università si leggono gli argomenti che sono stati oggetto del dibattito dal 14/12 fino al 16/12; riporto l’elenco(1):
1) Lunedì 14 Dicembre:
- Artista e Archeologo;
- Le risorse archeologiche non sono finite e sono rinnovabili;
- Agende politiche e sponsorizzazioni in archeologia;
- Ripensare il concetto di spazio negli insediamenti;
2) Martedì 15 Dicembre:
- I pozzi e la diversità della pratica archeologica;
- Canticchiando con Crossfire - a corto di copertura;
- La diversità di età: dove sono i giovani in archeologia?
- Mobilità, monumentalità e la memoria in società del passato;
- Differenziazione sociale, personalità e la disuguaglianza nelle società preistoriche;
- La salute mentale in archeologia;
- Racconti tirannici? Fiction come metodo archeologico;
3) Mercoledì 16 Dicembre:
- Eterarchie o gerarchie? approcci critici alla diversità di organizzazione sociale;
- Sfumando i confini: prospettive interdisciplinari di archeologia;
- L'alloggiamento della forza lavoro
- Archivi come oggetti archeologici
- Ripensare la carta archeologica
- Advances in arte preistorica
- l'archeologia della filosofia elementare e principi umorali
- sulla necessità di una pluralità agente nella comprensione dei processi di formazione dell'identità e
cosmologie nelle comunità preistoriche
Nello stesso anno, dal 3 al 6 Luglio, si è svolta la quarta conferenza internazionale sulla Fisica Teorica, a Mosca;
riporto il breve elenco della conferenza:
- Fondamenti della meccanica quantistica
- Quantum Entanglement
- Teoria Quantistica compresi informazione quantistica (Quantum Computer, Crittografia Quantistica,
Teletrasporto di Quantum Uniti)
- Classical e Quantum gravitazione, cosmologia e astrofisica
- Fisica Generale
- Materia Condensata
- Ottica e Spettroscopia
- Fisica Nucleare
- Fisica Matematica
Da una rapida lettura dei programmi emerge l’impostazione differente delle due conferenze: la seconda (quella di Mosca) è proiettata verso l’ignoto (basta leggere la parola “teletrasporto” per capire di cosa si stia parlando), mentre la prima (il TAG) è incentrata su argomenti con scarso interesse per l’ignoto (basta leggere le parole “agende politiche” e “sponsorizzazione” per capire di cosa si stia parlando).
Da una conferenza come quella di Archeologia Teorica del TAG, ci si sarebbe aspettato un programma del genere:
- Puma Punku: analisi sulle reali possibilità degli Aymara di realizzare l’opera
- Gobekli Tepe: nuove ipotesi sulla realizzazione
- Allineamenti dei siti piramidali di Messico, Egitto e Cina: analisi sulle probabilità di coincidenza
- Magalitismo planetario: una teoria che spieghi il fenomeno in modo lineare ed esaustivo
- OOPart: dal meccanismo di Antikitera alla colonna di Ashoka, evoluzione delle spiegazioni ammissibili
- Malta: analisi sulle possibili spiegazioni ai binari incassati nella roccia
- I miti del diluvio: ipotesi sull’evento planetario possibile
Gli argomenti sopra elencati, sono solo una piccola parte del mondo poco esplorato della ricerca sulle origini della civiltà umana, eppure nella conferenza internazionale più importante sull’archeologia teorica, non vi è traccia di ricerca sulla materia “ignota”. L’impressione è che si preferisca navigare in acque tranquille e note, piuttosto che esplorare nuove mete.
Seguendo le orme della fisica teorica, invece, possiamo capire quale sia il metodo di ricerca per arrivare a trovare soluzioni che superino la nostra immaginazione e la capacità media della nostra mente di comprendere.
Il confronto appare subito difficile, perché la fisica teorica è oggi in pieno sviluppo ed in continuo fermento, tanto che in tutto il mondo si susseguono conferenze internazionali su tanti argomenti, a differenza dell’archeologia teorica che riesce a riunirsi una volta l’anno a livello internazionale e propone una serie di argomenti a mio avviso poco utili per approfondire i punti controversi della teoria classica sulle origini della civiltà umana.
Per brevità, facciamo riferimento ad una serie di conferenze in programma per il solo mese di Marzo 2016 riassunte sul sito conference-service.com (2) nell’ambito della Fisica teorica:
Come si nota, l’interesse per gli argomenti che spingono la mente a superare se stessa, sono predominanti.
Ma come si è arrivati ad adottare questo metodo di ricerca così innovativo ed efficace?
Esempio 1: “IPSE DIXIT”
Nel celebre scritto “Il dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”, Galileo Galilei osò mettere in discussione il sistema aristotelico che dominava la storia del pensiero occidentale da decine di secoli e che ostruiva la strada allarivoluzione scientifica in atto, facendosi scudo col principio di autorità (“Ipse dixit !”).
Legato al caso Galilei c’era la necessità di dover abbattere il sistema geocentrico aristotelico-tolemaico che vedeva laTerra al centro dell’Universo; analizziamo brevemente il caso:
Immagine 1 dal sito: http://images.slideplayer.it/3/976161/slides/slide_3.jpg
1) SISTEMI PRE-COPERNICANI: l'idea che la rotazione degli astri potesse essere apparente e dovuta al
moto della Terra, era già stata avanzata nell'antichità da vari filosofi, secoli prima di Cristo; i primi furono i
pitagorici, ma il tentativo più autorevole fu fatto da Eraclide Pontico (385-322 a.C.) e successivamente
da Aristarco di Samo.
Aristotele e Tolomeo, presero in considerazione la teoria dell’eliocentrismo ma non la ritennero accettabile,
sulla base di considerazioni che, per le conoscenze scientifiche del tempo, erano difficilmente confutabili.
2) SISTEMA COPERNICANO: il polacco Niccolò Copernico (1473-1543) introdusse una nuova concezione del sistema cosmologico, passando da quello aristotelico-tolemaico geocentrico, a quello eliocentrico; lo scienziato definito “rivoluzionario prudente” acconsentì alla pubblicazione delle sue teorie, espresse nel "De Revolutionibus" (1543), solo in punto di morte.
“Le caute teorie di Copernico, le osservazioni pratiche e il nuovo metodo d'indagine del Galilei, la nascente cultura scientifica generata da una straordinaria rivoluzione in questi termini, portarono a un radicale cambiamento nel tessuto connettivo culturale europeo tra XVI e XVII secolo, mutamenti che hanno indicato e tracciato profondamente la via per la definizione del mondo e della scienza moderni.”(Andrea Cozza)
3) TEMPO SPRECATO: a conti fatti, da Eraclide a Galileo, l’umanità ha sprecato circa 2000 anni di storia
assumendo il sistema Tolemaico-Aristotelico come “summa teoria” di interpretazione dell’universo e del
moto dell’universo. Proviamo solo ad immaginare se la rivoluzione scientifica di Galilei fosse avvenuta già
in antica Grecia: oggi, probabilmente, la nostra civiltà avrebbe 2000 anni di evoluzione scientifica e
tecnologica in più.
Questo importantissimo precedente storico, non può non farci riflettere sul fatto che la vera analisi scientifica non deve aggrapparsi ad una teoria in modo morboso. Lo scienziato deve essere pronto a sposare una nuova teoria se questa è capace di spiegare meglio e con meno contraddizioni il fenomeno studiato.
A tal proposito, è d’obbligo riportare la seguente citazione di K. R. Popper:
« Sentivo che era questo il vero atteggiamento scientifico. Era completamente differente dall'atteggiamento dogmatico, checontinuamente affermava di trovare "verificazioni" delle sue teorie preferite. Giunsi così, sul finire del 1919, alla conclusione che l'atteggiamento scientifico era l'atteggiamento critico, che non andava in cerca di verificazioni, bensì di controlli cruciali; controlli che avrebbero potuto confutare la teoria messa alla prova, pur non potendola mai confermare definitivamente. »
Esempio 2: “NON CAPISCO NULLA”
Il paradigma perfetto di “teoria rivoluzionaria” è dato, a mio avviso, dalla teoria della relatività generale di Einstein: agli inizi del ‘900, Einstein cambiò profondamente la teoria della relatività di stampo galileiano ed il concetto stesso di tempo e di spazio, portando la fisica oltre il limite allora immaginabile.
Basata su solide basi matematiche e fisiche, la teoria di Einstein non poteva all’epoca essere dimostrata,
sperimentalmente, ed ha dovuto attendere decenni per ottenere la prima conferma sperimentale. Ancora oggi si parla infatti di teoria della relatività e non di legge della relatività, a dimostrazione del fatto che non è stata ancora del tutto dimostrata inequivocabilmente (l’ultima conferma nel 2016 sulle onde gravitazionali probabilmente rappresenterà la spinta per il salto da teoria a legge).
Eppure, grazie a questa teoria “visionaria”, la fisica ha potuto osare e lanciarsi oltre i propri limiti e soprattutto superare le barriere mentali imposte dagli scienziati meno aperti alle novità.
A tal proposito lo stesso Einstein diceva:“I grandi spiriti hanno sempre incontrato l'opposizione violenta delle menti mediocri.” Se Einstein non avesse seguito le sue intuizioni e non si fosse dedicato alla sua teoria, la nostra comprensione del cosmo sarebbe limitata e ancorata alle prove di laboratorio. La teoria invece è arrivata là dove i sensi ed il pragmatismo non possono arrivare: come spiegare ad un pragmatico che possiamo viaggiare indietro nel tempo? Come fargli capire che spazio e tempo sono legati e possono essere alterati, distorti?
Ecco, i limiti dell’uomo “da laboratorio” fortunatamente non hanno fermato la ricerca teorica ed hanno permesso alla fisica di oltrepassare i limiti della mente umana.
Qual è invece l’atteggiamento che hanno l’archeologia moderna, la storiografia ufficiale e l’egittologia quando si discute di origini della civiltà umana?
L’analogia con aristotelici e tolemaici è lampante e dà una risposta netta:
1) Ritrosia verso le teorie diverse da quella ufficiale ( “Mesopotamia culla della civiltà” ad esempio);
2) Derisione e scetticismo verso coloro che osano mettere in dubbio l’architettura storica classica;
3) Respingimento, talvolta occultamento delle prove storiche ed archeologiche che smentiscono la teoria ufficiale;
4) Autoreferenzialità e corporativismo;
Questo atteggiamento diffuso e spesso dominante negli ambienti accademici, è un ricorso storico: egittologi ed archeologi difendono i padri fondatori delle loro teorie affidandosi al principio di autorità, proprio come hanno fatto aristotelici e tolemaici per secoli e secoli prima di loro.
Costoro, preferiscono affidarsi ad una teoria apparentemente lineare e capace di spiegare tutto, anche se centinaia di reperti archeologici, opere megalitiche, testimonianze storiche restano fuori dal loro sistema, affidate a spiegazioni lacunose, semplicistiche e talvolta ridicole.
Ecco che diventa fondamentale ristrutturare un metodo di ricerca che dia spazio e risalto alle nuove teorie sulle origini della civiltà, una nuova archeologia teorica che non teme di esplorare ipotesi ardue, ma anche “bizzare”, “assurde”, “ridicole” purchè restino coerenti come una vera teoria deve essere.
Il mondo accademico contemporaneo è imbrigliato dal cosiddetto “metodo scientifico”: un procedimento che parte dall’osservazione per verificare la correttezza delle previsioni.
Davanti ad un fenomeno di cui non si conosce la causa, il metodo prevede(4) di:
1) compiere osservazioni sistematiche;
2) formulare una domanda;
3) elaborare un’ipotesi che sia una possibile soluzione alla domanda;
4) trarre previsioni dall’ipotesi;
5) controllare la validità delle previsioni con ulteriori osservazioni o esperimenti.
Applichiamo ora il metodo ad esempio alla teoria della relatività generale, immedesimandoci nei panni di Einstein agli inizi del ‘900:
1) compiere osservazioni sistematiche: non era possibile fare osservazioni semplici a supporto della teoria
2) formulare una domanda: Einstein si domandò semplicemente cosa avrebbe visto attorno a se fosse riuscito
a correre veloce quanto un raggio di luce,
3) elaborare un’ipotesi: Einstein partì dalla fisica classica per sviluppare la sua nuova teoria
4) trarre previsioni dall’ipotesi: le previsioni di Einstein furono semplicemente inconcepibili per l’epoca
5) controllare la validità delle previsioni con osservazioni ed esperimenti: dopo un secolo dalla formulazione
della teoria, siamo ancora in cerca di conferme
Come si nota, un’applicazione rigorosa del metodo scientifico avrebbe tarpato le ali al pensiero di Einstein.
Ed in effetti la comunità scientifica dell’epoca non seppe cogliere la grandezza, la profondità e l’innovazione della teoria della relatività: il professore di fisica sperimentale Aimè Forster dell’Università di Berna così si espresse sul lavoro di Einstein “Sull’elettrodinamica dei corpi in movimenti”: “Non capisco neppure una parola di quello che c’è scritto”. Era opinione infatti del corpo docente che la relatività fosse stata “rifiutata in modo più o meno chiaro dalla maggior parte dei fisici contemporanei”.
Eppure, la prima conferma sperimentale delle intuizioni di Einstein avvenuta nel 1919, trasformò Einstein in una celebrità : si tratta della deviazione della luce per azione della forza di gravità. Il 6 novembre 1919 la Società Astronomica Reale e la Royal Society a Londra certificarono che le predizioni della relatività generale erano corrette.
Esempio 3: “PURA FANTASCIENZA”
Legato alla teoria della relatività generale vi è un altro esempio che dovrebbe essere insegnato nelle università ditutto il mondo, ovvero la storia della formulazione teorica dei cosiddetti buchi neri:
“L'esistenza dei buchi neri è una delle predizioni fondamentali della teoria della relatività generale formulata da Albert Einstein nel 1915. La prima soluzione delle equazioni di Einstein che descrive un buco nero fu trovata dall'astronomo tedesco Karl Schwarzschild sempre nel 1915 e per molto tempo si pensò che non avesse significato fisico. Nel 1939, invece, Robert Oppenheimer e Hartland Snyder mostrarono con calcoli teorici che una nube di gas, contraendosi a causa dell'attrazione gravitazionale, forma un buco nero. Solo negli anni Sessanta le osservazioni astronomiche e gli studi teorici mostrarono che la vita di una stella di massa sufficientemente grande può culminare in una esplosione e nel successivo collasso della sua parte più interna.”
Sia Schwarzschild che Oppenheime e Snyder hanno dovuto subire la derisione di diversi colleghi che all’epoca, miopi , reputavano la loro formulazione sull’esistenza dei buchi neri come “pura fantascienza”.
Applichiamo anche per questa teoria il metodo di ricerca sperimentale:
1) compiere osservazioni sistematiche: non era possibile fare osservazioni sui buchi neri
2) formulare una domanda: può un corpo celeste avere una gravità tanto grande da intrappolare anche la
luce?,
3) elaborare un’ipotesi: il corpo celeste esiste e compare come una massa nera
4) trarre previsioni dall’ipotesi: quello che accade avvicinandosi ad un buco nero, trascende la comprensione
della realtà così come vissuta dall’uomo
5) controllare la validità delle previsioni con osservazioni ed esperimenti: dopo circa 50 anni furono
“avvistati” i primi buchi neri
Anche per questo esempio, il metodo classico non avrebbe permesso lo sviluppo della teoria.
Questo caso dimostra ancora che se la ricerca si lascia guidare da una teoria valida, anche quando sembra che giunga a risultati “fantascientifici”, è possibile portare la conoscenza umana verso altissimi livelli.
Oggi la fisica dello Spazio è lanciata verso l’infinito con una velocità sorprendente: osserva l’Universo con mezzi nuovi e ne scruta gli aspetti nascosti senza filtri cognitivi.
Questo atteggiamento consente agli scienziati di non fermarsi nemmeno davanti agli ostacoli più ardui: modello standard, inflazione, teoria delle stringhe, materia oscura, energia oscura, etc. sono tutti sistemi di teorie che anelano a diventare leggi e tentano di spiegare l’inspiegabile, anche se oggi nessuna gode delle prove necessarie per emergere e prendere il posto ufficiale nella storia.
Ne è un esempio la teoria dei “Wormholes”, letteralmente “buco di verme”: nel 1935, i fisici Albert Einstein e
Nathan Rosen usarono la teoria della relatività generale per proporre l’esistenza di “ponti” attraverso lo spaziotempo.
Questi percorsi, chiamati ponti Einstein-Rosen o wormholes, collegano due punti diversi dello spazio-tempo,
teoricamente creando una “scorciatoia” che potrebbe ridurre il tempo di viaggio e la distanza.
La teoria dei Wormholes appare bizzarra, assurda, per alcuni ridicola: tutte caratteristiche necessarie per scavalcare i limiti della mente umana. Il mondo scientifico dei fisici ha però imparato ad avere rispetto per teorie matematicamente coerenti, anche se fantascientifiche; lo stesso non si può dire dell’archeologia.
Esempio 4: “DEVE ESISTERE”
Il fisico teorico del Cern John Ellis con queste semplici parole tenta di spiegare: “Immaginate un’infinita distesa di neve, un campo esteso lungo tutto lo spazio. Il campo di Higgs è come questo: questo è fatto di fiocchi di neve, allo stesso modo il campo di Higgs è composto di piccoli quanti. Noi li chiamiamo Bosoni di Higgs“.
Il bosone di Higgs spiega dunque come mai tutte le particelle elementari che compongono la materia abbiano una massa e interagiscono formando la materia, anziché schizzare via alla velocità della luce.
La conferma sperimentale della previsione teorica del bosone del 1964 ha richiesto quasi mezzo secolo e il lavoro di più di un migliaio di fisici, oltre alla costruzione del più grande e costoso strumento scientifico mai realizzato, l’acceleratore Large Hadron Collider (Lhc) del Cern (Centro Europeo Ricerche Nucleari) che si sviluppa in un tunnel sotterraneo lungo 27 chilometri. Il bosone di Higgs è stato osservato per la prima volta nel 2012, negli esperimenti Atlas e Cms dell’Lhc e la sua scoperta è stata ufficialmente confermata il 6 marzo del 2013 nel corso di una conferenza tenuta a La Thile da parte dei fisici del Cern.
Il premi Nobel, Peter Higgs ha quindi guidato “a tavolino” la ricerca sperimentale per 50 anni ed oltre: la sua teoria elaborata grazie all’ausilio di strumenti tecnici particolari (carta e penna), ha impegnato il mondo scientifico per mezzo secolo e lo ha costretto a costruire il più grande acceleratore di particelle del mondo (a tutti gli effetti il laboratorio più grande mai costruito dall’umanità).
Applichiamo anche per questa teoria il metodo di ricerca sperimentale:
1) compiere osservazioni sistematiche: non era possibile fare osservazioni sui bosoni
2) formulare una domanda: cosa trasforma un elemento quantico in un elemento dotato di massa?
3) elaborare un’ipotesi: nel campo di Higgs esiste una particella che stabilisce la massa
4) trarre previsioni dall’ipotesi: tutto ciò che esiste ed è osservabile dall’uomo è legato a questa particella
5) controllare la validità delle previsioni con osservazioni ed esperimenti: come per i buchi neri, è stato
necessario mezzo secolo di ricerca
Si tratta ancora una volta della conferma che l’avanzamento nella comprensione dell’Universo, è guidati dalla teoria e poi confermato dalla sperimentazione, non viceversa.
E’ importante riflettere sul fatto che il LHC di Ginevra è un’opera colossale: è costruito all'interno di un tunnel
sotterraneo lungo 27 km, a 100 m di profondità in media. L’immagine seguente rende meglio l’idea:
Uno sforzo economico da 3 Miliardi di Euro, per costruire in circa 10 anni (dal 1998 al 2008) la macchina più grande mai realizzata dall’uomo e tutto per dimostrare teorie scritte su pezzi di carta da fisici teorici.
Questo deve farci riflettere sull’importanza della fisica teorica.
Valutazione di una nuova teoria archeologica
Dai 4 esempi sopra descritti, si evince che la Fisica ha saputo superare il metodo scientifico di tipo sperimentale facendo leva sulla fisica teorica: disciplina capace di muoversi agilmente laddove il metodo scientifico rallenta, ovvero nell’infinitamente piccolo e nell’infinitamente grande.
La domanda ora è più che mai lecita: perché non applicare lo stesso metodo di ricerca anche all’archeologia sulleorigini della civiltà umana?
La mia proposta parte da un esempio concreto di cui conosco i numeri in gioco: nel 2014 ho analizzato le probabilità di coincidenza sull’allineamento dei tre siti piramidali di Messico, Egitto e Cina, partendo dallo studio e dalle intuizioni di Fabio Garuti(5) (lo studio è scaricabile gratuitamente al seguente link: https://www.academia.edu/7932573/Linsostenibile_leggerezza_delle_coincidenze_Messico_Egitto_e_Cina_REV3_10-09-2014_
) e sonogiunto alla conclusione che la probabilità che tre civiltà distinte, vissute in tre epoche distinte ed in tre continenti distinti, abbiano potuto costruire ciascuna un sito con n°3 piramidi disposte sul piano in modo molto simile, allineandoli lungo una linea planetaria, è pari alla probabilità di lanciare un dado a 6 facce ed ottenere per 6 volte consecutive lo stesso numero.
Lo studio suddetto soffre della mancanza di dati sui siti di Messico e Cina, ed in particolare:
1) Estensione territoriale del regno della civiltà che si ritiene abbia costruito il sito piramidale di Teotihuacan
2) Area occupata dal sito piramidale di Xian in Cina
3) Estensione territoriale del regno della civiltà che si ritiene abbia costruito il sito piramidale di Xian
Queste informazioni potrebbero essere oggetto di ricerca da parte di chi ne ha competenze e risorse, ma alla fine il risultato sulla probabilità di coincidenza non varierebbe di molto: è estremamente improbabile che tutto ciò sia accaduto per puro caso.
All’interno di un altro articolo sulle anomalie storiche sulla costruzione della Grande Piramide di Giza (scaricabile gratuitamente al seguente link: https://www.academia.edu/7969307/Lanomalia_della_settima_meraviglia_GIZA_contro_tutti_rev2_07_03_2014 ) ho formulato un’ipotesi sulla possibile spiegazione dell’allineamento: “le piramidi attribuite ai faraoni della III e della IV dinastia, potrebbero essere state costruite da un’altra civiltà precedente? Potrebbero i faraoni della III e IV dinastia, aver avuto il merito di rinvenire e portare alla luce da millenni di parziale sepoltura dovuta alla sabbia del deserto, le prime 7 piramidi di cui alla tabella 1? Potrebbero aver avuto il merito di aver restaurato soltanto tali opere, o in alcuni casi magari abbellito con rivestimenti in pietra calcarea, le prime 7 piramidi di cui alla tabella 1?”
Applichiamo anche per questa teoria il metodo di ricerca sperimentale:
1) compiere osservazioni sistematiche: osservazioni sull’allineamento e l’analogia di disposizione sul piano
2) formulare una domanda: potrebbero non essere stati gli Egizi a costruire la Grande Piramde?
3) elaborare un’ipotesi: vi è stata una o più grandi civiltà avanzate che hanno costruito le opere megalitiche
più importanti che oggi ritroviamo sparse per il mondo
4) trarre previsioni dall’ipotesi: questa civiltà era avanzata e capace di dominare il pianeta a livello globale
5) controllare la validità delle previsioni con osservazioni ed esperimenti: ?
I primi 4 punti sono soddisfatti, mentre il punto 5 resta difficile da soddisfare perché esperimenti ed osservazioni sono complessi e differenti da come li concepisce la fisica.
Ed è questo il punto d’appoggio per l’immobilismo accademico: la gran parte degli archeologi non vuole sondare la veridicità di nuove teorie sulle origini della civiltà umana perché controllare la validità delle previsioni è molto difficile. Difficile come costruire il LHC di Ginevra? Non credo.
A differenza della fisica teorica, dove esiste un metodo matematico per accettare o rigettare una nuova teoria, per le nuove teorie sulle origini della civiltà manca un metodo di analisi scientifico ed universalmente accettato.
Questo vuoto metodologico, lascia il campo aperto alle più svariate speculazioni per tentare di spiegare in modo più soddisfacente le falle della teoria classica: ecco che pullulano soprattutto sul Web, le teorie sugli antichi astronauti, i giganti, gli Dei, gli Atlantidei, etc.
Un metodo di valutazione potrebbe essere il seguente: assegnare il valore “1” quando riteniamo vera l’affermazione, mentre il valore “0” per il contrario, ed il valore “1/2” quando siamo in una situazione intermedia (“abbastanza”) per le colonne “Attendibilità”, “Verificabilità” ed “Inconfutabilità”.
Esplicitiamo le definizioni:
- Attendibile(7): che merita di esser preso in considerazione, degno di essere creduto;
- Verificabile(8): che può essere verificato, assoggettato a verifica
- Confutare(9): ribattere un’affermazione, una ragione, ecc., dimostrandola erronea o infondata
Alla fine della rispettiva colonna si moltiplicano i risultati nelle righe e si hanno le due situazioni seguenti:
1) Valore della moltiplicazione > 0 (Attendibile; Verificabile, Inconfutabile)
2) Valore della moltiplicazione = 0 (Non Attendibile; Non Verificabile; Confutabile)
Per confrontare due teorie sullo stesso fenomeno, i valori nelle righe della stessa colonna vanno sommati.
In questo modo, la teorie che ottiene un valore più alto nella colonna “Attendibilità” sarà la più attendibile, e
rispettivamente la più verificabile e la più inconfutabile se ottiene il risultato più alto nella altre colonne.
E’ un metodo molto semplice per “scremare” le teorie che non hanno delle basi solide e per le quali non è
interessante continuare la ricerca.
Facciamo un esempio: c’è una teoria che spiega la costruzione della grande piramide di Giza con tecnologie
antigravità (“levitazione acustica” per esempio) per lo spostamento ed il posizionamento dei blocchi di pietra
calcarea e di granito.
Applichiamo la tabella di valutazione sopra descritta:
Il risultato è: non attendibile, non verificabile e confutabile.
Questo non significa che sia impossibile, ma soltanto che non è tra le teorie sulle quali investire tempo ed energie in modo prioritario.
Spostiamo ora l’attenzione su una teoria ufficiale:
Come si nota, anche la teoria ufficiale risulta sicuramente attendibile e verificabile, ma resta comunque confutabile.
Ed il valore di attendibilità è piuttosto basso.
Utilizziamo ora il metodo di confronto: la teoria ufficiale risulta ovviamente molto più attendibile, verificabile ed inconfutabile. L’aspetto che fa riflettere è il valore “zero” che ottengono entrambe le teorie per quanto riguarda l’inconfutabilità.
In effetti, le possibilità di ricostruire la piramide con le tecnologie dell’età del bronzo, sono le stesse di ricostruirla con le tecnologie antigravità per pressione sonora (ad oggi siamo in grado di sollevare solo piccoli oggetti dell’ordine di peso di pochi grammi con la tecnica della “levitazione acustica”)(6).
Nelle tabelle sopra illustrate, la riga n°5 non è stata compilata in quanto serve per abbassare il punteggio di una teoria quando raggiunge un valore tale da far ritenere la teoria valida e degna di approfondimento.
In quel caso è compito degli studiosi “attaccare” la teoria per verificarne la “forza”, inserendo il valore “-1” nelle caselle.
Facciamo un esempio con la teoria classica sopra esposta, quindi ricopiamo la tabella:
Come si nota, con semplici indizi deduttivi, si abbassano sensibilmente i valori di attendibilità, verificabilità ed
inconfutabilità.
Siccome l’assegnazione dei valori è comunque soggetta ad opinabilità, otteniamo un giudizio sulla teoria che
rispecchia l’onestà intellettuale e le conoscenze del compilatore.
Il metodo quindi si completa sottoponendo la valutazione a gruppi di studiosi e poi analizzando i dati complessivi anche con tecniche statistiche. Nella prima tornata di “valutazione preliminare” ciascuno studioso può aggiungere righe sia alla n°4 che alla n°5 indicando alla fine tra parentesi il suo nome e cognome.
L’organizzazione (potrebbe essere il comitato del TAG) riceve tutte le tabelle e ne compila una unica da ri-sottoporre alla compilazione definitiva degli studiosi che in questa occasione potranno solo inserire i valori di valutazione nelle caselle. Se una nuova teoria ottiene un punteggio superiore alla precedente, è giusto avviare un percorso che veda spostare più risorse per la ricerca sulla nuova teoria.
Questo metodo tabellare, consente inoltre di trattare facilmente i dati con un software e di ottenere importanti
indicazioni, anche usando metodi di analisi statistici.
A mio avviso, con questo semplicissimo (e migliorabilissimo) metodo, è possibile uscire dalla stagnazione in cui versa la ricerca archeologica sulle origini della civiltà umana e avviare un nuovo periodo di prosperità per
l’archeologia teorica e sperimentale.
Considerazioni finali
Non possiamo di certo pretendere che dal prossimo anno cambi il metodo di ricerca archeologica teorica sulle origini della civiltà umana; possiamo però sperare che tra gli studiosi accademici vi siano professori e ricercatori che hanno più a cuore la ricerca della verità, rispetto alla propria cattedra.
Capisco alcuni professori di discipline storiche particolari, come ad esempio l’Egittologia: nel loro caso, il
ridimensionamento al quale sarebbe soggetta la civiltà Egizia se si scoprisse che non hanno costruito le piramidi della piana di Giza, rappresenta anche il loro ridimensionamento. Ma se si è convinti di essere dalla parte della verità storica, non si dovrebbe temere l’applicazione di un metodo di valutazione scientifico e rigoroso di altre teorie che aspirano a sostituire quella ufficiale.
E’ un percorso difficile e lungo: non dimentichiamo che anche il genio assoluto Einstein difronte alla novità di studio dell’infinitamente piccolo imposto dalla meccanica quantistica, ebbe un approccio da conservatore.
Ma se si riesce a rompere il circolo vizioso autoreferenziale nel quale è caduta l’archeologia teorica, allora si può avviare il cambiamento.
Quando gli egittologi più conservatori definiscono una nuova teoria sulle origini della civiltà come “assurda”,
bisogna chiedere loro: “Assurda come quella teoria che vede il Sole al centro del sistema a la Terra che gli ruota intorno?”
Quando la definiscono “ridicola”, bisogna chiedere loro: “Ridicola come quella teoria che spiega come distorcere lo spazio ed il tempo?”
Quando la definiscono “bizzarra” e “impossibile”, bisogna chiedere loro: “Bizzarra e impossibile come quella teoria che prevede l’esistenza dei buchi neri?”
Se la loro risposta sarà affermativa a tutte le domande, allora forse la nuova teoria è sulla strada giusta.
10/03/2016
Nota 1: http://tag2015bradford.org/programme/
Nota 2: http://www.conference-service.com/conferences/high-energy-physics-and-accelerators.html
Nota 3: http://www.treccani.it/enciclopedia/buchi-neri_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/
Nota 4:http://ebook.scuola.zanichelli.it/sadavabiologiablu/dalle-cellule-agli-organismi/section-6/il-metodo-scientifico-dall-osservazione-alla-teoria#3477
Nota 5: Dal libro “L’ombra di Orione sulla storia dell’umanità” di Fabio Garuti
Nota 6: http://www.focus.it/scienza/scienze/che-cose-la-levitazione-acustica
Nota 7: http://www.treccani.it/vocabolario/attendibile/
Nota 8: http://www.treccani.it/vocabolario/tag/verificabile/
Nota 9: http://www.treccani.it/vocabolario/tag/confutare/
Blog dedicato ai misteri, esoterismo, antiche civiltà, leggende, Graal, Atlantide, ufo, magia
domenica 20 marzo 2016
giovedì 17 marzo 2016
Damanhur, 40 anni di misteri: "Airaudi? Appariva dal nulla"
tratto da Il Giornale del 23 agosto 2015
L'erede del fondatore: "Lo vidi spostare oggetti con la sola forza del pensiero". Storia della libera repubblica piemontese dove gli adepti vivevano sugli alberi
di Stefano Lorenzetto
Nella repubblica (o nel regno?) di Damanhur, federazione di comunità spirituali sparse in un raggio di 15 chilometri fra Torino e Aosta, in origine la Costituzione constava di 120 articoli, con uno scarto di appena 19 rispetto a quella della Repubblica italiana: senza bisogno di bicamerali, una riforma li ha ridotti in un baleno a 15. I codici civile e penale (3.703 articoli nell'ordinamento dello Stato che ha Roma per capitale) si limitano a fissare due regole: divieto di fumare, anche all'aperto, e di assumere sostanze stupefacenti, vizi che alterano lo stato di coscienza.
Quanto alla valuta ufficiale chiamata credito, partita alla pari (1.000 lire, 1 credito), era arrivata a 1.400 lire, «ma poi con l'operazione omicida della moneta unica», commenta Coboldo Melo, «si è deprezzata e attualmente vale 1 euro, coniata in metallo di varie fogge e dimensioni nei tagli da 1, 2, 5, 10, 25 e 50 crediti, niente banconote».
Da 40 anni - la ricorrenza cade il 1° settembre - tutto funziona così bene, speditamente, all'unanimità, senza impicci parlamentari, nella libera repubblica di Damanhur, che stupisce di non trovarvi Matteo Renzi quale presidente del Consiglio. Forse dipende dal fatto che il governatore federale qui resta in carica solo per 6 mesi e non può svolgere più di 6 mandati, dopodiché deve fermarsi un giro. Il placido Coboldo Melo è alla sua quinta rielezione e non vede l'ora che venga dicembre per togliersi dal groppone il fardello, nonostante sia validamente affiancato dalla governatrice federale Macaco Tamerice, al secolo Martina Grosseburlage.
I damanhuriani si cambiano identità («non è un obbligo») adottando il nome di un animale e di un vegetale. Nel caso di Coboldo Melo, esercizio al 50 per cento superfluo, considerato che all'anagrafe si chiama Roberto Sparagio, germoglio molto apprezzato con le uova sode fra Vicenza e Treviso; lo stesso si potrebbe dire, a parti invertite, per l'affabile addetto stampa Stambecco Pesco, alias Silvio Palombo, cognome coincidente con il pesce servito al pomodoro nel Livornese, e non a caso il pi erre è di origini toscane. Coboldo («nella mitologia germanica è il cugino brutto degli elfi») Melo nasce a Biella nel 1955. Vive a Damanhur dal 1984. Nella vita di prima è stato direttore di Radio Biella e collaboratore della Gazzetta del Popolo di Torino. Abbandonò gli studi di giurisprudenza per dedicarsi al giornalismo. Quando lasciò la professione per trasferirsi in questa comunità che agli inizi non contava più di 15 persone, la reazione dei genitori fu: «Sei diventato matto?».
Un sospetto, quello della follia, che perseguitò anche il fondatore della Città della Luce (è l'etimologia di Damanhur in egiziano antico), Oberto Airaudi, detto Falco Tarassaco, originario di Balangero, stroncato da un tumore al fegato a 63 anni. Fu lui a porre al centro della Valchiusella, in Comune di Baldissero Canavese, il dio Horus - al quale in precedenza aveva intitolato a Torino un club di ricerche parapsicologiche ed esoteriche - e a ispirare un complesso di tecniche teorico-pratiche in bilico fra magia e teurgia. Fra queste, la selfica e le linee sincroniche, che richiederebbero tre pagine di giornale per essere spiegate: vi basti sapere che a Damanhur c'è una stazione di «passaggi sincronici» che garantisce l'autostop in tempi ragionevoli. Ad Airaudi si deve la progettazione dei Templi dell'Umanità, 8 sale scavate sotto terra fino a una profondità di 72 metri, decorate con mosaici, vetrate policrome, affreschi e sculture. Un'opera ciclopica, 8.500 metri cubi su 5 livelli, in grado di ospitare fino a 300 persone, che ha impegnato nei lavori, condotti in gran segreto, un centinaio di damanhuriani dagli anni Settanta fino ai nostri giorni.
Mi pare che il procuratore capo di Ivrea, Bruno Tinti, oggi socio del Fatto Quotidiano, volesse demolirvi i templi con la dinamite.
«Tinti si limitò a sequestrarli e a lasciarceli in custodia. L'idea di farli saltare in aria era del sindaco democristiano di Vidracco, Giorgio Collerio, competente per territorio».
Com'è finita?
«La Soprintendenza ha riconosciuto che trattasi di “opera d'arte collettiva di artisti viventi”».
Sicuri che non vi cada in testa?
«La commissione di ingegneri e architetti designata dalla Regione ha accertato che è stato impiegato il triplo del materiale necessario. Ergo, i templi sono fatti per durare. Il processo s'è chiuso nel 1996 con un'assoluzione».
E Collerio?
«Sostituito nel 1999 dal damanhuriano Bisonte Quercia (Antonio Nigro, ndr), rimpiazzato dopo due mandati da Elfo Frassino (Antonio Bernini, ndr), oggi in carica. Con me come vicesindaco».
Municipio occupato manu militari?
«Democraticamente. Il 40 per cento degli elettori di Vidracco sono damanhuriani. Logico che votino per la nostra lista Con te per il paese. Abbiamo 20 consiglieri più il sindaco. Senza opposizione, perché la minoranza è rappresentata da 3 giovani di Damanhur. In tutto siamo sparsi su 8 Comuni. A Baldissero contiamo 3 consiglieri di minoranza».
A Vidracco avete anche costruito un villaggio abusivo sugli alberi.
«Piattaforme su palafitte, prego. Mai avremmo piantato un chiodo su un albero. Una bella esperienza, durata 4-5 anni. L'ha bloccata il nostro stesso sindaco, perché era in contrasto con le leggi della Regione Piemonte. Abbiamo smantellato tutto. Ma con Tigre Ciliegio (Dario Baracco, ndr), importatore di rum che ha vissuto sugli alberi con la sua famiglia, stiamo cercando una soluzione alternativa».
Perché abitare sulle piante dovrebbe risultare più agevole che nelle case costruite per terra?
«Tra le fronde le frequenze sono diverse. Cambia la percezione del dormire».
Che cos'è Damanhur?
«Un sogno che si realizza con l'impegno di 500 persone provenienti da Italia, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Norvegia, Svezia, Croazia, Giappone, Stati Uniti, Venezuela, Perù».
Età media dei residenti?
«Ahimè, 45. Circa 90 sotto i 18 anni».
Che studiano dove?
«Qui, fino alla terza media, da privatisti. E poi in scuole e università statali».
Vi sposate fra di voi?
«Con chi vogliamo. Ma non siamo anarchici, abbiamo regole ben precise».
Per esempio?
«Il matrimonio a tempo».
Comodo.
«Una soluzione scandalosa. Gli sposi dichiarano in pubblico per quanto tempo si considerano uniti in matrimonio. Ultimamente si sono fatti prudenti: da 3-5 anni sono scesi a 12 mesi. Cerimonia di 5 minuti senza costi. Se poi una coppia preferisce regolarizzare anche in municipio, liberissima di farlo».
Quanto durano i matrimoni a tempo?
«Non conduciamo statistiche sulla vita privata. Io ho una compagna da 9 anni. Con la precedente sono stato insieme per 12, il tempo di fare una figlia che oggi ha 17 anni».
Che mi dice del fondatore Airaudi?
«Venditore di libri, assicuratore, poi pranoterapeuta. Uomo affascinante per cultura e capacità di addensare un'idea in un progetto. Studioso di alchimia e dei rapporti individuo-cosmo. Introdotto alla magia e al paranormale dal grande sensitivo Gustavo Adolfo Rol».
Il quale pare avesse facoltà straordinarie: bilocazione, telepatia, chiaroveggenza, levitazione, telecinesi.
«Non amo parlarne, perché sono dannatamente attaccato alla materia. Ma ho visto con i miei occhi Falco Tarassaco materializzarsi all'improvviso dal nulla in una stanza o smuovere gli oggetti con la sola forza del pensiero».
Però nel 2004 fu indagato per aver evaso 2 milioni di euro.
«No, l'accertamento era su 4 milioni di euro, per un reddito dichiarato di 300.000 annui derivanti da libri, conferenze e pranoterapie. L'Agenzia delle entrate spara cifre mostruose, sicura di raccattare qualcosa dal contribuente spaventato. Airaudi sapeva di essere un personaggio pubblico e, da buon sabaudo, preferì regalare 1 milione di euro allo Stato piuttosto di venir considerato evasore fiscale».
È vero che non si curò il cancro?
«È vero. Nel 2013 discusse la scelta con noi: meglio la fine in un letto d'ospedale, martoriato dalle chemio, o più dignitoso condividere la malattia con la gente di Damanhur? Rimase qui, soffrendo parecchio per tre mesi, ma operativo fino a due giorni prima della morte. Ha lasciato tutto alla comunità».
Dov'è sepolto Airaudi?
«Nei Templi dell'Umanità, con un'altra decina di damanhuriani. Non ci sono né lapidi né altri segni per riconoscere il punto esatto dove sono custodite le ceneri. Non ci andava di creare anche qui un cimitero, luogo di tristezza».
Sa dove sia finito Falco Tarassaco?
«Uuuh! Sarà a far danni da qualche altra parte. Cocciuto e iperattivo, come tutti quelli dei Gemelli, non ce lo vedo fermo su una nuvoletta. Anche perché noi crediamo nella reincarnazione».
In che altro credete?
«Ha visto all'ingresso il Tempio Aperto, dove celebriamo le lunazioni? Quel luogo rappresenta la domanda spirituale insita in ciascun uomo. Tutto ciò che offre risposte, è buona cosa. Ma, pur rispettando cattolici, ebrei e musulmani, il damanhuriano aderisce a un codice filosofico che esclude le religioni».
Wikipedia parla di ex aderenti costretti a rinnegare i sacramenti cattolici per adorare il dio Horus.
«Non possiamo passare il tempo a correggere Wikipedia. Non siamo pagani. Non adoriamo Horus. Lo consideriamo solo un simbolo di divinità solare».
Perché vi reputano una setta?
«Per ignoranza».
Fate proselitismo?
«No».
La criminologa Patrizia Santovecchi sostiene che da Damanhur è impossibile uscire; che manipolate i cervelli attraverso la sindrome dell'assedio, per cui fuori di qui vi sono solo nemici ed energie negative; che pretendete totale obbedienza; che allontanate le famiglie d'origine.
«Mai conosciuta. Parlare male di noi è un modo per procurarsi visibilità. Abbiamo discusso di queste tematiche con sociologi di tutto il mondo, chiedendo: che cos'è per voi una setta? Ne è uscito un decalogo. Esaminato voce per voce, Damanhur è risultata esente da qualunque settarismo».
Chi è stufo può andarsene all'istante?
«Ci prendiamo 6 mesi prima di farlo entrare, però a uscire ci mette meno di un'ora. Spiace dirlo, ma le malignità sparse dai fuoriusciti celano quasi sempre questioni di vile denaro».
Se ne vanno in molti?
«Non più di 30, da quando sono qua».
Di che campate?
«Del nostro lavoro. Esercitato all'esterno o all'interno di Damanhur nei rami agricoltura, artigianato e commercio».
Vedevo le vostre salse all'Esselunga.
«Abbiamo chiuso l'industria conserviera sotto vetro a causa dei costi divenuti insostenibili. Anche la pasta tricolore e i sali variopinti venduti negli autogrill erano una nostra invenzione».
Siete vegetariani? Oppure vegani?
«Non ci penso nemmeno. Essendo goloso, sosterrò fino alla morte il consumo moderato di carne e formaggi».
Qualcosa è bandito da Damanhur?
«Nulla, neppure la malefica Sky. Contiamo 1,5 computer in media a persona. Per non parlare dei tablet».
Massimo Introvigne, fondatore del Centro studi sulle nuove religioni, afferma che la vostra è quella di Avatar e che il regista David Cameron s'è ispirato a voi.
«Buffo. Introvigne sarà venuto qui 30 volte, di sua iniziativa, spesso con il direttore del Cesnur, Pierluigi Zoccatelli, che ho trovato preparatissimo sull'esoterismo francese».
Introvigne dice che i damanhuriani si salutano usando la formula «con te», in luogo del «buongiorno», e lo stesso fanno i Na'vi di Avatar con «ti vedo».
«Non escludo un possibile fondo di verità. I nostri amici della California spesso hanno contatti con l'industria del cinema. “Con te” è una formula per sostituire il “ciao” derivante da schiavo, parola che non ci è mai piaciuta».
E se due damanhuriani baruffano?
«C'è un collegio di giustizia, prima forma di arbitrato, riconosciuta anche dalla legge italiana, per comporre i dissidi».
Ma se Damanhur è davvero il migliore dei mondi possibili, com'è che l'Italia non lo prende a modello?
«Troppo faticoso. E non credo che sia il migliore. È uno dei mondi possibili».
L'erede del fondatore: "Lo vidi spostare oggetti con la sola forza del pensiero". Storia della libera repubblica piemontese dove gli adepti vivevano sugli alberi
di Stefano Lorenzetto
Nella repubblica (o nel regno?) di Damanhur, federazione di comunità spirituali sparse in un raggio di 15 chilometri fra Torino e Aosta, in origine la Costituzione constava di 120 articoli, con uno scarto di appena 19 rispetto a quella della Repubblica italiana: senza bisogno di bicamerali, una riforma li ha ridotti in un baleno a 15. I codici civile e penale (3.703 articoli nell'ordinamento dello Stato che ha Roma per capitale) si limitano a fissare due regole: divieto di fumare, anche all'aperto, e di assumere sostanze stupefacenti, vizi che alterano lo stato di coscienza.
Quanto alla valuta ufficiale chiamata credito, partita alla pari (1.000 lire, 1 credito), era arrivata a 1.400 lire, «ma poi con l'operazione omicida della moneta unica», commenta Coboldo Melo, «si è deprezzata e attualmente vale 1 euro, coniata in metallo di varie fogge e dimensioni nei tagli da 1, 2, 5, 10, 25 e 50 crediti, niente banconote».
Da 40 anni - la ricorrenza cade il 1° settembre - tutto funziona così bene, speditamente, all'unanimità, senza impicci parlamentari, nella libera repubblica di Damanhur, che stupisce di non trovarvi Matteo Renzi quale presidente del Consiglio. Forse dipende dal fatto che il governatore federale qui resta in carica solo per 6 mesi e non può svolgere più di 6 mandati, dopodiché deve fermarsi un giro. Il placido Coboldo Melo è alla sua quinta rielezione e non vede l'ora che venga dicembre per togliersi dal groppone il fardello, nonostante sia validamente affiancato dalla governatrice federale Macaco Tamerice, al secolo Martina Grosseburlage.
I damanhuriani si cambiano identità («non è un obbligo») adottando il nome di un animale e di un vegetale. Nel caso di Coboldo Melo, esercizio al 50 per cento superfluo, considerato che all'anagrafe si chiama Roberto Sparagio, germoglio molto apprezzato con le uova sode fra Vicenza e Treviso; lo stesso si potrebbe dire, a parti invertite, per l'affabile addetto stampa Stambecco Pesco, alias Silvio Palombo, cognome coincidente con il pesce servito al pomodoro nel Livornese, e non a caso il pi erre è di origini toscane. Coboldo («nella mitologia germanica è il cugino brutto degli elfi») Melo nasce a Biella nel 1955. Vive a Damanhur dal 1984. Nella vita di prima è stato direttore di Radio Biella e collaboratore della Gazzetta del Popolo di Torino. Abbandonò gli studi di giurisprudenza per dedicarsi al giornalismo. Quando lasciò la professione per trasferirsi in questa comunità che agli inizi non contava più di 15 persone, la reazione dei genitori fu: «Sei diventato matto?».
Un sospetto, quello della follia, che perseguitò anche il fondatore della Città della Luce (è l'etimologia di Damanhur in egiziano antico), Oberto Airaudi, detto Falco Tarassaco, originario di Balangero, stroncato da un tumore al fegato a 63 anni. Fu lui a porre al centro della Valchiusella, in Comune di Baldissero Canavese, il dio Horus - al quale in precedenza aveva intitolato a Torino un club di ricerche parapsicologiche ed esoteriche - e a ispirare un complesso di tecniche teorico-pratiche in bilico fra magia e teurgia. Fra queste, la selfica e le linee sincroniche, che richiederebbero tre pagine di giornale per essere spiegate: vi basti sapere che a Damanhur c'è una stazione di «passaggi sincronici» che garantisce l'autostop in tempi ragionevoli. Ad Airaudi si deve la progettazione dei Templi dell'Umanità, 8 sale scavate sotto terra fino a una profondità di 72 metri, decorate con mosaici, vetrate policrome, affreschi e sculture. Un'opera ciclopica, 8.500 metri cubi su 5 livelli, in grado di ospitare fino a 300 persone, che ha impegnato nei lavori, condotti in gran segreto, un centinaio di damanhuriani dagli anni Settanta fino ai nostri giorni.
Mi pare che il procuratore capo di Ivrea, Bruno Tinti, oggi socio del Fatto Quotidiano, volesse demolirvi i templi con la dinamite.
«Tinti si limitò a sequestrarli e a lasciarceli in custodia. L'idea di farli saltare in aria era del sindaco democristiano di Vidracco, Giorgio Collerio, competente per territorio».
Com'è finita?
«La Soprintendenza ha riconosciuto che trattasi di “opera d'arte collettiva di artisti viventi”».
Sicuri che non vi cada in testa?
«La commissione di ingegneri e architetti designata dalla Regione ha accertato che è stato impiegato il triplo del materiale necessario. Ergo, i templi sono fatti per durare. Il processo s'è chiuso nel 1996 con un'assoluzione».
E Collerio?
«Sostituito nel 1999 dal damanhuriano Bisonte Quercia (Antonio Nigro, ndr), rimpiazzato dopo due mandati da Elfo Frassino (Antonio Bernini, ndr), oggi in carica. Con me come vicesindaco».
Municipio occupato manu militari?
«Democraticamente. Il 40 per cento degli elettori di Vidracco sono damanhuriani. Logico che votino per la nostra lista Con te per il paese. Abbiamo 20 consiglieri più il sindaco. Senza opposizione, perché la minoranza è rappresentata da 3 giovani di Damanhur. In tutto siamo sparsi su 8 Comuni. A Baldissero contiamo 3 consiglieri di minoranza».
A Vidracco avete anche costruito un villaggio abusivo sugli alberi.
«Piattaforme su palafitte, prego. Mai avremmo piantato un chiodo su un albero. Una bella esperienza, durata 4-5 anni. L'ha bloccata il nostro stesso sindaco, perché era in contrasto con le leggi della Regione Piemonte. Abbiamo smantellato tutto. Ma con Tigre Ciliegio (Dario Baracco, ndr), importatore di rum che ha vissuto sugli alberi con la sua famiglia, stiamo cercando una soluzione alternativa».
Perché abitare sulle piante dovrebbe risultare più agevole che nelle case costruite per terra?
«Tra le fronde le frequenze sono diverse. Cambia la percezione del dormire».
Che cos'è Damanhur?
«Un sogno che si realizza con l'impegno di 500 persone provenienti da Italia, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Norvegia, Svezia, Croazia, Giappone, Stati Uniti, Venezuela, Perù».
Età media dei residenti?
«Ahimè, 45. Circa 90 sotto i 18 anni».
Che studiano dove?
«Qui, fino alla terza media, da privatisti. E poi in scuole e università statali».
Vi sposate fra di voi?
«Con chi vogliamo. Ma non siamo anarchici, abbiamo regole ben precise».
Per esempio?
«Il matrimonio a tempo».
Comodo.
«Una soluzione scandalosa. Gli sposi dichiarano in pubblico per quanto tempo si considerano uniti in matrimonio. Ultimamente si sono fatti prudenti: da 3-5 anni sono scesi a 12 mesi. Cerimonia di 5 minuti senza costi. Se poi una coppia preferisce regolarizzare anche in municipio, liberissima di farlo».
Quanto durano i matrimoni a tempo?
«Non conduciamo statistiche sulla vita privata. Io ho una compagna da 9 anni. Con la precedente sono stato insieme per 12, il tempo di fare una figlia che oggi ha 17 anni».
Che mi dice del fondatore Airaudi?
«Venditore di libri, assicuratore, poi pranoterapeuta. Uomo affascinante per cultura e capacità di addensare un'idea in un progetto. Studioso di alchimia e dei rapporti individuo-cosmo. Introdotto alla magia e al paranormale dal grande sensitivo Gustavo Adolfo Rol».
Il quale pare avesse facoltà straordinarie: bilocazione, telepatia, chiaroveggenza, levitazione, telecinesi.
«Non amo parlarne, perché sono dannatamente attaccato alla materia. Ma ho visto con i miei occhi Falco Tarassaco materializzarsi all'improvviso dal nulla in una stanza o smuovere gli oggetti con la sola forza del pensiero».
Però nel 2004 fu indagato per aver evaso 2 milioni di euro.
«No, l'accertamento era su 4 milioni di euro, per un reddito dichiarato di 300.000 annui derivanti da libri, conferenze e pranoterapie. L'Agenzia delle entrate spara cifre mostruose, sicura di raccattare qualcosa dal contribuente spaventato. Airaudi sapeva di essere un personaggio pubblico e, da buon sabaudo, preferì regalare 1 milione di euro allo Stato piuttosto di venir considerato evasore fiscale».
È vero che non si curò il cancro?
«È vero. Nel 2013 discusse la scelta con noi: meglio la fine in un letto d'ospedale, martoriato dalle chemio, o più dignitoso condividere la malattia con la gente di Damanhur? Rimase qui, soffrendo parecchio per tre mesi, ma operativo fino a due giorni prima della morte. Ha lasciato tutto alla comunità».
Dov'è sepolto Airaudi?
«Nei Templi dell'Umanità, con un'altra decina di damanhuriani. Non ci sono né lapidi né altri segni per riconoscere il punto esatto dove sono custodite le ceneri. Non ci andava di creare anche qui un cimitero, luogo di tristezza».
Sa dove sia finito Falco Tarassaco?
«Uuuh! Sarà a far danni da qualche altra parte. Cocciuto e iperattivo, come tutti quelli dei Gemelli, non ce lo vedo fermo su una nuvoletta. Anche perché noi crediamo nella reincarnazione».
In che altro credete?
«Ha visto all'ingresso il Tempio Aperto, dove celebriamo le lunazioni? Quel luogo rappresenta la domanda spirituale insita in ciascun uomo. Tutto ciò che offre risposte, è buona cosa. Ma, pur rispettando cattolici, ebrei e musulmani, il damanhuriano aderisce a un codice filosofico che esclude le religioni».
Wikipedia parla di ex aderenti costretti a rinnegare i sacramenti cattolici per adorare il dio Horus.
«Non possiamo passare il tempo a correggere Wikipedia. Non siamo pagani. Non adoriamo Horus. Lo consideriamo solo un simbolo di divinità solare».
Perché vi reputano una setta?
«Per ignoranza».
Fate proselitismo?
«No».
La criminologa Patrizia Santovecchi sostiene che da Damanhur è impossibile uscire; che manipolate i cervelli attraverso la sindrome dell'assedio, per cui fuori di qui vi sono solo nemici ed energie negative; che pretendete totale obbedienza; che allontanate le famiglie d'origine.
«Mai conosciuta. Parlare male di noi è un modo per procurarsi visibilità. Abbiamo discusso di queste tematiche con sociologi di tutto il mondo, chiedendo: che cos'è per voi una setta? Ne è uscito un decalogo. Esaminato voce per voce, Damanhur è risultata esente da qualunque settarismo».
Chi è stufo può andarsene all'istante?
«Ci prendiamo 6 mesi prima di farlo entrare, però a uscire ci mette meno di un'ora. Spiace dirlo, ma le malignità sparse dai fuoriusciti celano quasi sempre questioni di vile denaro».
Se ne vanno in molti?
«Non più di 30, da quando sono qua».
Di che campate?
«Del nostro lavoro. Esercitato all'esterno o all'interno di Damanhur nei rami agricoltura, artigianato e commercio».
Vedevo le vostre salse all'Esselunga.
«Abbiamo chiuso l'industria conserviera sotto vetro a causa dei costi divenuti insostenibili. Anche la pasta tricolore e i sali variopinti venduti negli autogrill erano una nostra invenzione».
Siete vegetariani? Oppure vegani?
«Non ci penso nemmeno. Essendo goloso, sosterrò fino alla morte il consumo moderato di carne e formaggi».
Qualcosa è bandito da Damanhur?
«Nulla, neppure la malefica Sky. Contiamo 1,5 computer in media a persona. Per non parlare dei tablet».
Massimo Introvigne, fondatore del Centro studi sulle nuove religioni, afferma che la vostra è quella di Avatar e che il regista David Cameron s'è ispirato a voi.
«Buffo. Introvigne sarà venuto qui 30 volte, di sua iniziativa, spesso con il direttore del Cesnur, Pierluigi Zoccatelli, che ho trovato preparatissimo sull'esoterismo francese».
Introvigne dice che i damanhuriani si salutano usando la formula «con te», in luogo del «buongiorno», e lo stesso fanno i Na'vi di Avatar con «ti vedo».
«Non escludo un possibile fondo di verità. I nostri amici della California spesso hanno contatti con l'industria del cinema. “Con te” è una formula per sostituire il “ciao” derivante da schiavo, parola che non ci è mai piaciuta».
E se due damanhuriani baruffano?
«C'è un collegio di giustizia, prima forma di arbitrato, riconosciuta anche dalla legge italiana, per comporre i dissidi».
Ma se Damanhur è davvero il migliore dei mondi possibili, com'è che l'Italia non lo prende a modello?
«Troppo faticoso. E non credo che sia il migliore. È uno dei mondi possibili».
sabato 12 marzo 2016
Nota sulla perdita dei segreti del mestiere dei costruttori
in collaborazione con l'autore Michele Leone
tratto da: http://micheleleoneblog.blogspot.it/2013/11/nota-sulla-perdita-dei-segreti-del.html
“La storia della costruzione e dei costruttori delle cattedrali è in stretto rapporto con la rinascita delle città e dei commerci, con il sorgere della borghesia, ed anche delle prime libertà civili. Com’è noto, l’invasione araba del VII secolo chiuse il Mediterraneo agli scambi con l’Oriente e l’Occidente e, di conseguenza, il commercio e l’industria dell’Europa occidentale, sopravvissuti per qualche tempo alle invasioni barbariche, giunsero a un punto morto. La vita urbana si fece più spenta, i mercanti scomparvero, l’organizzazione municipale cessò di esistere. Le conoscenze tecniche degli operai dell’antichità andarono perdute. Se qualcuno avesse misteriosamente conservato i segreti del mestiere, per esempio tra gli scalpellini e i tagliatori di pietra, non sarebbero di nuovo occorsi secoli di tentativi e di esperienza prima di ritrovare una buona tecnica.”
Questa frase del Gimpel contenuta nel suo lavoro I costruttori di Cattedrali, oltre ad essere interessante di suo, può essere utile almeno per due motivi:
1) La storia dei tagliatori di pietra probabilmente non ha una tradizione continuativa ma una somma di tradizioni che nei secoli, millenni se volgiamo lo sguardo all’antico Egitto ed oltre, si sono sommate ed il cui risultato non è obbligatoriamente una somma algebrica, ma potrebbe dare un risultato esponenziale alle tradizioni sommate.
2) Una riflessione si impone. Da più parti si sente dire che la Massoneria Moderna è erede delle corporazioni o gilde di costruttori dell’antichità in generale e dell’età di mezzo in particolare. Poi se a questi stessi dotti assertori si chiedono dettagli, iniziano a raccontare storielle che nella migliore delle ipotesi accontentano studenti delle scuole medie inferiori; quindi è auspicabile che si moltiplichino gli studi di protostoria della Massoneria. Studi che non siano di parte, ma si aprano alla storia sociale del medioevo, alla storia della scienza, della filosofia etc etc.
tratto da: http://micheleleoneblog.blogspot.it/2013/11/nota-sulla-perdita-dei-segreti-del.html
“La storia della costruzione e dei costruttori delle cattedrali è in stretto rapporto con la rinascita delle città e dei commerci, con il sorgere della borghesia, ed anche delle prime libertà civili. Com’è noto, l’invasione araba del VII secolo chiuse il Mediterraneo agli scambi con l’Oriente e l’Occidente e, di conseguenza, il commercio e l’industria dell’Europa occidentale, sopravvissuti per qualche tempo alle invasioni barbariche, giunsero a un punto morto. La vita urbana si fece più spenta, i mercanti scomparvero, l’organizzazione municipale cessò di esistere. Le conoscenze tecniche degli operai dell’antichità andarono perdute. Se qualcuno avesse misteriosamente conservato i segreti del mestiere, per esempio tra gli scalpellini e i tagliatori di pietra, non sarebbero di nuovo occorsi secoli di tentativi e di esperienza prima di ritrovare una buona tecnica.”
Questa frase del Gimpel contenuta nel suo lavoro I costruttori di Cattedrali, oltre ad essere interessante di suo, può essere utile almeno per due motivi:
1) La storia dei tagliatori di pietra probabilmente non ha una tradizione continuativa ma una somma di tradizioni che nei secoli, millenni se volgiamo lo sguardo all’antico Egitto ed oltre, si sono sommate ed il cui risultato non è obbligatoriamente una somma algebrica, ma potrebbe dare un risultato esponenziale alle tradizioni sommate.
2) Una riflessione si impone. Da più parti si sente dire che la Massoneria Moderna è erede delle corporazioni o gilde di costruttori dell’antichità in generale e dell’età di mezzo in particolare. Poi se a questi stessi dotti assertori si chiedono dettagli, iniziano a raccontare storielle che nella migliore delle ipotesi accontentano studenti delle scuole medie inferiori; quindi è auspicabile che si moltiplichino gli studi di protostoria della Massoneria. Studi che non siano di parte, ma si aprano alla storia sociale del medioevo, alla storia della scienza, della filosofia etc etc.
mercoledì 9 marzo 2016
Il Mondo Secreto
Il Mondo Secreto è un lavoro in IX volumi e tratta della storia delle società segrete e di quelle che potremmo definire “scuole iniziatiche”, parte dai Magi e si dipana nello spazio e nel tempo sino al XIX secolo della nostra era. E’ un lavoro importante e certosino che per completezza, può essere definito unico nel suo genere. Il lettore viene accompagnato passo dopo passo dai misteri eleusini agli alchimisti, dai templari alla massoneria, dalle società segrete cinesi ai Beati Paoli, in un percorso ricco di dettagli e particolari. L’opera edita per la prima volta nel 1864 ebbe una notevole fortuna al punto da essere tradotta in inglese nel 1875.
Per comprarlo: http://store.streetlib.com/il-mondo-secreto
lunedì 7 marzo 2016
Nota 0.1 Parola e Silenzio
in collaborazione con l'autore Michele Leone
tratto da: http://micheleleoneblog.blogspot.it/2013/11/nota-01-parola-e-silenzio.html
Le poche righe che seguono sono preparatorie ad un lavoro più ampio. In questo momento, non vi è volontà se non accidentale di indagare sull’idea di Parola e Silenzio nella Massoneria, ma di iniziare a tentare di inquadrare il problema in uno spazio più ampio e con uno sguardo critico. Ad esempio le righe che seguono e il discorso che verrà vogliono indirizzare al non utilizzo del termine parola in contesti “iniziatico-esoterici” e comunque in quelle valli ove l’intelletto si spinge verso l’essere. L’essere per il momento è volutamente minuscolo in quanto è prematuro interfacciarci con l’ESSERE.
Dal vocabolario Treccani: paròla s. f. [lat. Tardo parabŏla (v. parabola1), lat. Pop. *paraula; l’evoluzione di sign. Da «parabola» a «discorso, parola» si ha già nella Vulgata, in quanto le parabole di Gesù sono le parole divine per eccellenza]. 1. Complesso di fonemi, cioè di suoni articolati, o anche singolo fonema (e la relativa trascrizione in segni grafici), mediante i quali l’uomo esprime una nozione generica, che si precisa e determina nel contesto di una frase.
Se mettiamo un attimo da parte la definizione vediamo che la paròla è relativamente giovane e mantiene la sua forza vitale nel senso della parabola, infatti originariamente questo era il senso, ovvero, un insegnamento e nei secoli per estensione e divenuta la parola che di per se è insufficiente a se stessa in quanto ha bisogno di altre parole per completare e rendere esprimibile un pensiero.
Un sinonimo di parola, ormai non più in uso, ma strategico ai fini di questo discorso è verbo. Soprattutto se prendiamo le accezioni che ad esso si riferiscono non tanto alla grammatica, che poco interesse ha in questo viaggio, ma quelle di verbo inteso come verbum o meglio come Logos. Per ora prendiamo il Logos in quanto Logos e non disperdiamo energie nella differenza che ci potrebbe essere tra quello Eracliteo e quello Giovanneo. Il dire, l’esprimere non già un qualunque pensiero, ma l’essere deve essere necessariamente vincolato ad una forma espressiva basata sul Logos. Questo dire, nasce da una riflessione che è duplice. In primo luogo l’essere che si ripiega su se stesso scendendo nella propria interiorità (v.i.t.r.i.o.l.) prima di ascendere e in secondo luogo l’essere che si rispecchia e rispecchia quello che è e che non può essere diversamente. Questa è una delle motivazioni, se non la motivazione per cui nelle scuole iniziatiche veniva e viene imposto ai neofiti il silenzio. Essi non posso ancora staccarsi dalla materia (metalli) e collegare il loro essere al Logos, sono impegnati nel re-flectere ed a quello struere, di cui ho detto altrove, che li impegna nella fase di distruzione prima ancora che di costruzione.
Michele Leone
tratto da: http://micheleleoneblog.blogspot.it/2013/11/nota-01-parola-e-silenzio.html
Le poche righe che seguono sono preparatorie ad un lavoro più ampio. In questo momento, non vi è volontà se non accidentale di indagare sull’idea di Parola e Silenzio nella Massoneria, ma di iniziare a tentare di inquadrare il problema in uno spazio più ampio e con uno sguardo critico. Ad esempio le righe che seguono e il discorso che verrà vogliono indirizzare al non utilizzo del termine parola in contesti “iniziatico-esoterici” e comunque in quelle valli ove l’intelletto si spinge verso l’essere. L’essere per il momento è volutamente minuscolo in quanto è prematuro interfacciarci con l’ESSERE.
Dal vocabolario Treccani: paròla s. f. [lat. Tardo parabŏla (v. parabola1), lat. Pop. *paraula; l’evoluzione di sign. Da «parabola» a «discorso, parola» si ha già nella Vulgata, in quanto le parabole di Gesù sono le parole divine per eccellenza]. 1. Complesso di fonemi, cioè di suoni articolati, o anche singolo fonema (e la relativa trascrizione in segni grafici), mediante i quali l’uomo esprime una nozione generica, che si precisa e determina nel contesto di una frase.
Se mettiamo un attimo da parte la definizione vediamo che la paròla è relativamente giovane e mantiene la sua forza vitale nel senso della parabola, infatti originariamente questo era il senso, ovvero, un insegnamento e nei secoli per estensione e divenuta la parola che di per se è insufficiente a se stessa in quanto ha bisogno di altre parole per completare e rendere esprimibile un pensiero.
Un sinonimo di parola, ormai non più in uso, ma strategico ai fini di questo discorso è verbo. Soprattutto se prendiamo le accezioni che ad esso si riferiscono non tanto alla grammatica, che poco interesse ha in questo viaggio, ma quelle di verbo inteso come verbum o meglio come Logos. Per ora prendiamo il Logos in quanto Logos e non disperdiamo energie nella differenza che ci potrebbe essere tra quello Eracliteo e quello Giovanneo. Il dire, l’esprimere non già un qualunque pensiero, ma l’essere deve essere necessariamente vincolato ad una forma espressiva basata sul Logos. Questo dire, nasce da una riflessione che è duplice. In primo luogo l’essere che si ripiega su se stesso scendendo nella propria interiorità (v.i.t.r.i.o.l.) prima di ascendere e in secondo luogo l’essere che si rispecchia e rispecchia quello che è e che non può essere diversamente. Questa è una delle motivazioni, se non la motivazione per cui nelle scuole iniziatiche veniva e viene imposto ai neofiti il silenzio. Essi non posso ancora staccarsi dalla materia (metalli) e collegare il loro essere al Logos, sono impegnati nel re-flectere ed a quello struere, di cui ho detto altrove, che li impegna nella fase di distruzione prima ancora che di costruzione.
Michele Leone
sabato 5 marzo 2016
Sottopasso di via Maggi a Brescia
tratto da: http://www.hesperya.net/le-indagini/sottopasso-di-via-maggi-brescia/
Data: 28 Giugno 2014
La storia
A Brescia, esattamente in Via Maggi, si trova un sottopassaggio testimone di fatti misteriosi, proprio come lo sono le cronache che al tempo si sono occupate del caso.
Nei primi anni ’70 a Brescia sono iniziati i lavori per il teleriscaldamento e anche la zona in questione ne era interessata. In una via vicino a via Maggi viveva una famiglia trasferitasi dal sud ma che continuava a conservare le tradizionali usanze: la mamma dei due figli aveva l’abitudine di vestire sempre di nero con il capo coperto.
Una fredda mattina invernale la città si svegliò sotto un violento temporale, ma la donna uscì comunque di casa per accompagnare a piedi i figli alla vicina scuola. La tragedia avvenne sulla via del ritorno: la signora, non vedendo una delle buche dei lavori per il teleriscaldamento poiché riempitesi d’acqua, vi cadde dentro e annegò.
Le testimonianze
Da quel giorno molte sono le persone che hanno decritto la visione fugace di questa anomala figura, ribattezzata “la donna in nero”, che sembra sempre scrutare le macchine come alla ricerca di qualcuno.
Infatti vari testimoni raccontano che, passando in quella zona, si sono improvvisamente imbattuti in una figura singolare e molto misteriosa: una donna vestita di nero ai margini della strada. Chi l’ha vista bene la descrive come una donna dal viso bianco e con gli occhi sgranati. Un testimone narra che recentemente l’ha vista mentre, sul ciglio del sottopassaggio, guardava le auto transitare. Appena si accorse della stranezza del fatto, riguardò attraverso lo specchietto ma lì non c’era più nessuno.
L’indagine
La Crew di hesperya, dopo l’ultima testimonianza apparsa sul quotidiano della città, si è recata sul luogo per provare a dare una risposta, attraverso l’uso della strumentazione, a questo fatto singolare. Appena arrivati sul posto (una zona cittadina densamente abitata) ci si è però accorti delle condizioni disagevoli per svolgere questo tipo di ricerca: l’inquinamento acustico ed ambientale era tale da rendere difficoltosa l’indagine. Abbiamo comunque svolto delle registrazioni video e delle sessioni di EVP, ma una volta analizzato a posteriori tutto il materiale si è constatata l’effettiva contaminazione acustica che ha reso impossibile un’analisi oggettiva. Nelle immagini delle registrazioni video e nelle fotografie scattate non è stata inoltre riscontrata alcuna anomalia.
A seguito di tutte queste circostanze non possiamo fornire una risposta a supporto delle varie segnalazioni pervenute.
Data: 28 Giugno 2014
La storia
A Brescia, esattamente in Via Maggi, si trova un sottopassaggio testimone di fatti misteriosi, proprio come lo sono le cronache che al tempo si sono occupate del caso.
Nei primi anni ’70 a Brescia sono iniziati i lavori per il teleriscaldamento e anche la zona in questione ne era interessata. In una via vicino a via Maggi viveva una famiglia trasferitasi dal sud ma che continuava a conservare le tradizionali usanze: la mamma dei due figli aveva l’abitudine di vestire sempre di nero con il capo coperto.
Una fredda mattina invernale la città si svegliò sotto un violento temporale, ma la donna uscì comunque di casa per accompagnare a piedi i figli alla vicina scuola. La tragedia avvenne sulla via del ritorno: la signora, non vedendo una delle buche dei lavori per il teleriscaldamento poiché riempitesi d’acqua, vi cadde dentro e annegò.
Le testimonianze
Da quel giorno molte sono le persone che hanno decritto la visione fugace di questa anomala figura, ribattezzata “la donna in nero”, che sembra sempre scrutare le macchine come alla ricerca di qualcuno.
Infatti vari testimoni raccontano che, passando in quella zona, si sono improvvisamente imbattuti in una figura singolare e molto misteriosa: una donna vestita di nero ai margini della strada. Chi l’ha vista bene la descrive come una donna dal viso bianco e con gli occhi sgranati. Un testimone narra che recentemente l’ha vista mentre, sul ciglio del sottopassaggio, guardava le auto transitare. Appena si accorse della stranezza del fatto, riguardò attraverso lo specchietto ma lì non c’era più nessuno.
L’indagine
La Crew di hesperya, dopo l’ultima testimonianza apparsa sul quotidiano della città, si è recata sul luogo per provare a dare una risposta, attraverso l’uso della strumentazione, a questo fatto singolare. Appena arrivati sul posto (una zona cittadina densamente abitata) ci si è però accorti delle condizioni disagevoli per svolgere questo tipo di ricerca: l’inquinamento acustico ed ambientale era tale da rendere difficoltosa l’indagine. Abbiamo comunque svolto delle registrazioni video e delle sessioni di EVP, ma una volta analizzato a posteriori tutto il materiale si è constatata l’effettiva contaminazione acustica che ha reso impossibile un’analisi oggettiva. Nelle immagini delle registrazioni video e nelle fotografie scattate non è stata inoltre riscontrata alcuna anomalia.
A seguito di tutte queste circostanze non possiamo fornire una risposta a supporto delle varie segnalazioni pervenute.
sabato 27 febbraio 2016
Le campane del pianeta morto
di Simone Berni (*)
ANDAR PER MERCATINI / FIRENZE 2 In una giornata veramente stupenda, puntata alle Cascine all'appuntamento mensile con il mercatino dell'antiquariato.
Trovata una rara copia di un romanzo di protofantascienza, "Le campane del pianeta morto", di V. E. Bravetta (Torino, Libreria Cosmopolita, 1930), copertina e illustrazioni di GEC. Bellissimo esemplare freschissimo. 8€.
(*) Simone Berni, bibliofilo e cacciatore di libri è ideatore di Bookle.org nuovo super motore di ricerca per libri rari, nuovi e usati. Se c'è un libro che state cercando senza successo e soprattutto se non avete tempo da dedicarci, Bookle.org è il sito che fa per voi.
ANDAR PER MERCATINI / FIRENZE 2 In una giornata veramente stupenda, puntata alle Cascine all'appuntamento mensile con il mercatino dell'antiquariato.
Trovata una rara copia di un romanzo di protofantascienza, "Le campane del pianeta morto", di V. E. Bravetta (Torino, Libreria Cosmopolita, 1930), copertina e illustrazioni di GEC. Bellissimo esemplare freschissimo. 8€.
(*) Simone Berni, bibliofilo e cacciatore di libri è ideatore di Bookle.org nuovo super motore di ricerca per libri rari, nuovi e usati. Se c'è un libro che state cercando senza successo e soprattutto se non avete tempo da dedicarci, Bookle.org è il sito che fa per voi.
sabato 20 febbraio 2016
India: alle origini della storia umana
Segnaliamo la conferenza di Enrico Baccarini che terrà sabato 12 Marzo 2016 alle ore 21,15 presso i locali del Centro Studi e Ricerche C.T.A. 102 - Via Don Minzoni 39, Bellinzago Novarese (NO). Il tema sarà:
“INDIA: ALLE ORIGINI DELLA STORIA UMANA — SPIRITUALITA', SCIENZA E MISTERO DI UNA CIVILTA' PROVENIENTE DAL COSMO”.
La partecipazione a questa conferenza è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando il numero 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it
“INDIA: ALLE ORIGINI DELLA STORIA UMANA — SPIRITUALITA', SCIENZA E MISTERO DI UNA CIVILTA' PROVENIENTE DAL COSMO”.
La partecipazione a questa conferenza è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando il numero 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it
Lex Aurea 62
Segnaliamo l'uscita del nuovo numero di Lex Aurea, rivista di studi esoterici liberamente scaricabile. In questo numero anche un articolo di Vito Foschi con un commento sul film "Il Risveglio della Forza":
http://www.fuocosacro.com/pagine/lexaurea/lexaurea62.pdf
http://www.fuocosacro.com/pagine/lexaurea/lexaurea62.pdf
domenica 14 febbraio 2016
I CELTI IN PIEMONTE – PARTE 1
I COTII DELLA VAL DI SUSA : Dai Druidi a Maometto
Di Andrea Romanazzi
Il Piemonte, per la sua posizione, è stato da sempre terra di passaggio e dunque terra di colonizzatori. La regione alpina piemontese fu sicuramente abitata già 100.000 anni a.C. anche se la vera e propria colonizzazione avvenne attorno a 7000-6000 a.C. come testimoniano i ritrovamenti del sito La Maddalena, presso Chiomonte il cui museo, purtroppo, è chiuso. Il popolamento dell’arco alpino può essere diviso in tre fasi, una preindoeuropea, una uralo-altaica ed infine una indoeuropea. Fanno parte della prima fase i Liguri, una popolazione autoctona erroneamente collegata ai Celti. Questo gruppo di allevatori-agricoltori aveva origine mediterranea, forse legata ai mitici “Popoli del Mare” o comunque di origine mediorientale. Almeno fino al 500 a.C. i Liguri dominarono l’area. In realtà tale gruppo venne presto in contatto con popolazioni di provenienza uralica, quelle che antropologicamente oggi vengono definite “razze alpine”, che, fondendosi con le popolazioni liguri locali, portarono in dote le credenze animistico-sciamaniche tipiche dell’area della Mongolia. Solo successivamente arrivarono gli Indoeuropei, più noti come Celti, in realtà un insieme numeroso di popoli linguisticamente e culturalmente simili suddiviso in moltissime tribù. Questa nuova avanzata spinse i Liguri ad occupare le aree montuose mentre le popolazioni celtiche si posizionarono nelle pianure come testimoniano molti studi sulla toponomastica. Ad esempio la radice –asco indicherebbe le origini liguri, molto più diffuse in montagna, contro quella –ago ascrivibile alle origini celtiche.
Il nostro viaggio nel Piemonte celtico parte dunque dall’area della Val di Susa, dominata delle Alpi Cozie, il cui nome deriva, appunto, dalla popolazione celtica dei Cotii. Il regno dei Cotii era forse quello più geograficamente definito, questo, forse, a causa degli ottimi rapporti con i Romani che lasciarono a tale popolo il governo dell’area in cambio di un appoggio politico-militare. Simbolo di tale collaborazione è l’arco di “trionfo” realizzato a Susa, eretto tra il 9 e l’8 a.C. con lo scopo di onorare Augusto il conquistatore e sigillare il patto tra Cesare e Cozio. E’ però già in questo luogo che troviamo le prime tracce degli antichi culti celtici: rocce coppellate legate al culto delle acque sono presenti infatti proprio sotto l’arco romano. Il territorio si estendeva da una non meglio identificata Ocelum, presumibilmente borgo nei pressi dell’attuale Avigliana, fino ad Exilles, il cui nome poverrebbe da Exingomagus, ovvero borgo degli Exingi, una importante popolazione della valle. Interessiamoci ora della religione dei Cotii. Come per le altre popolazioni celtiche, i culti, officiati dai sacerdoti, chiamati druidi, erano legati alla Natura. Alberi, fonti, rocce e montagne erano espressione della divinità. Ovviamente ogni popolazione aveva i suoi nomi peculiari, nell’area dei Cotii, ovvero la regione alpina occidentale, ad esempio era Albiorix il dio dei monti, come testimoniano numerose iscrizioni ritrovate nell’area e il tempio che presumibilmente doveva sorgere a Sauze d’Oulx, alle pendici del monte Genevris. Era sicuramente la divinità più venerata della zona, successivamente poi soppiantata da Apollo che ne prenderà il posto. Insieme alla divinità dei monti era poi diffuso il culto di Belenos, il dio solare, come testimonia un’iscrizione ritrovata a Bardonecchia o testimoniato a Sarre, Oropa. E’ suo il simbolo solare della “stella delle Alpi”, detto anche rosa celtica, oggi divenuto un simbolo politico. Infine altro culto fortemente diffuso era quello delle tre Matrone, divinità femminili dalle caratteristiche non perfettamente definite ma che dovevano avere legami con il culto della Grande Madre di diffusione mediterranea. Il nome Mons Matrona, dato al Monginevro ne attesta il culto nella zona. Se vogliamo però raggiungere uno dei tanti luoghi sacri ai Cotii dobbiamo seguire le orme dei Saraceni che, dalle loro basi in Provenza, cercavano di espugnare il Piemonte. Infatti a Bussoleno, proprio nell’area che fu dei Cotii si parla del castello Saraceno, la cui leggenda vuole realizzato proprio da tali invasori. Un po’ più a sud troviamo il borgo di Frassinello, considerato il quartier generale dei Saraceni e Mandrogne, colonia araba, giusto per fare due esempi. Approfondiremo in una successiva parte questa “invasione araba”, ma ora questo cosa centra con i culti dei celti? Ebbene, se volete raggiungere il sacro luogo del quale mi accingo a parlare, dovete chiedere del “Maometto” di Borgone. Il “Maometto” si trova in un’area boschiva su uno sperone roccioso in gneiss e ridosso del massiccio montuoso che a nord chiude la val di Susa. Si tratta di un’edicola rupestre 80x60 cm circa scolpita a bassorilievo sulla parete rocciosa, con all’interno raffigurato un personaggio che la tradizione popolare ha voluto identificare con Maometto. Piuttosto curioso visto che i mussulmani, per tradizione, non possono raffigurare i loro idoli religiosi e questo esclude che si possa davvero trattare del profeta. Si tratta ovviamente di una chiara demonizzazione di un luogo sacro pagano a cui la Chiesa ha associato un culto demoniaco ovvero infedele. Di esempi simili è ricchissima l’Italia e rimando ad un mio libro “Guida ai luoghi della Dea Madre in Italia” per approfondirlo.
Se osserviamo bene il bassorilievo, danneggiato fortemente dagli agenti atmosferici e dall’incuria dell’uomo, possiamo riconoscere una sorta di piccolo tempio con due colonne ai fianchi e una figura maschile al centro, con un mantello e con in mano due oggetti non facilmente identificabili. In particolare nella mano destra sembra essere presente uno strumento sottile e ricurvo, una sorta di falcetto, mentre ai piedi è presente una figura animale che potrebbe essere identificata come un cane. Sul sito comunale questa figura viene descritta come legata a Giove Dolicheno, un dio venerato dai militi romani, nel I° e II° secolo d.C.. Infatti proprio attorno all'attuale Borgone, sorgeva il confine tra l'Impero romano e il Regno di Re Cozio, sulla via che portava alle Gallie. Il culto di “Maometto” sarebbe legato ai contingenti mercenari che, provenendo dalla città di Doliche in Siria, adoravano per l'appunto Dolicheno, divinità ittita, il cui culto si fuse con quello del romano Giove. Una visione che mi sento di non condividere, perché “scomodare” antiche divinità lontane? La figura infatti è sicuramente legata al culto di Silvano, di cui mi sono già occupato nel saggio “Il ritorno del Dio che Balla”. La divinità per l’Antico è concepita come immanente, essa permea tutto ciò che circonda l’uomo e dunque essa è anche dendromorfa. Se però all’inizio l’albero stesso è la divinità, successivamente, non viene più visto come essa ma come sua dimora, lo spirito arboreo invece di essere considerato l’anima di ogni albero, diventa la divinità della foresta, si passa così da una fase animista ad una politeista. In seguito allo spirito arboreo viene associato un aspetto antropico, anche a causa della semplicità da parte dell’Antico di associare ad una divinità sembianze umane. Iniziano così a nascere figure di divinità silvane, spesso rappresentate con un volto umano e con attributi agresti, come il bastone usato per spaventare gli uccelli, la falce per potare gli alberi e sulla testa foglie d’alloro e spesso con un enorme fallo. E’ questo il nostro “Maometto”. La sacralità dell’area è poi attestata da tutto ciò che circonda la figura. Sono infatti presenti molteplici rocce con scavate delle nicchie semisferiche, probabilmente il luogo ove venivano riposte delle offerte.
Continuando il nostro excursus piemontese, procedendo verso est, incontriamo le Valli di Lanzo tre valli delle Alpi Graie piemontesi, comprese tra la Valle dell'Orco a Nord e la Val di Susa a Sud, che prendono il nome dalla cittadina di Lanzo Torinese, posta su un'antica morena glaciale al termine delle valli…
….continua a breve
Di Andrea Romanazzi
Il Piemonte, per la sua posizione, è stato da sempre terra di passaggio e dunque terra di colonizzatori. La regione alpina piemontese fu sicuramente abitata già 100.000 anni a.C. anche se la vera e propria colonizzazione avvenne attorno a 7000-6000 a.C. come testimoniano i ritrovamenti del sito La Maddalena, presso Chiomonte il cui museo, purtroppo, è chiuso. Il popolamento dell’arco alpino può essere diviso in tre fasi, una preindoeuropea, una uralo-altaica ed infine una indoeuropea. Fanno parte della prima fase i Liguri, una popolazione autoctona erroneamente collegata ai Celti. Questo gruppo di allevatori-agricoltori aveva origine mediterranea, forse legata ai mitici “Popoli del Mare” o comunque di origine mediorientale. Almeno fino al 500 a.C. i Liguri dominarono l’area. In realtà tale gruppo venne presto in contatto con popolazioni di provenienza uralica, quelle che antropologicamente oggi vengono definite “razze alpine”, che, fondendosi con le popolazioni liguri locali, portarono in dote le credenze animistico-sciamaniche tipiche dell’area della Mongolia. Solo successivamente arrivarono gli Indoeuropei, più noti come Celti, in realtà un insieme numeroso di popoli linguisticamente e culturalmente simili suddiviso in moltissime tribù. Questa nuova avanzata spinse i Liguri ad occupare le aree montuose mentre le popolazioni celtiche si posizionarono nelle pianure come testimoniano molti studi sulla toponomastica. Ad esempio la radice –asco indicherebbe le origini liguri, molto più diffuse in montagna, contro quella –ago ascrivibile alle origini celtiche.
Il nostro viaggio nel Piemonte celtico parte dunque dall’area della Val di Susa, dominata delle Alpi Cozie, il cui nome deriva, appunto, dalla popolazione celtica dei Cotii. Il regno dei Cotii era forse quello più geograficamente definito, questo, forse, a causa degli ottimi rapporti con i Romani che lasciarono a tale popolo il governo dell’area in cambio di un appoggio politico-militare. Simbolo di tale collaborazione è l’arco di “trionfo” realizzato a Susa, eretto tra il 9 e l’8 a.C. con lo scopo di onorare Augusto il conquistatore e sigillare il patto tra Cesare e Cozio. E’ però già in questo luogo che troviamo le prime tracce degli antichi culti celtici: rocce coppellate legate al culto delle acque sono presenti infatti proprio sotto l’arco romano. Il territorio si estendeva da una non meglio identificata Ocelum, presumibilmente borgo nei pressi dell’attuale Avigliana, fino ad Exilles, il cui nome poverrebbe da Exingomagus, ovvero borgo degli Exingi, una importante popolazione della valle. Interessiamoci ora della religione dei Cotii. Come per le altre popolazioni celtiche, i culti, officiati dai sacerdoti, chiamati druidi, erano legati alla Natura. Alberi, fonti, rocce e montagne erano espressione della divinità. Ovviamente ogni popolazione aveva i suoi nomi peculiari, nell’area dei Cotii, ovvero la regione alpina occidentale, ad esempio era Albiorix il dio dei monti, come testimoniano numerose iscrizioni ritrovate nell’area e il tempio che presumibilmente doveva sorgere a Sauze d’Oulx, alle pendici del monte Genevris. Era sicuramente la divinità più venerata della zona, successivamente poi soppiantata da Apollo che ne prenderà il posto. Insieme alla divinità dei monti era poi diffuso il culto di Belenos, il dio solare, come testimonia un’iscrizione ritrovata a Bardonecchia o testimoniato a Sarre, Oropa. E’ suo il simbolo solare della “stella delle Alpi”, detto anche rosa celtica, oggi divenuto un simbolo politico. Infine altro culto fortemente diffuso era quello delle tre Matrone, divinità femminili dalle caratteristiche non perfettamente definite ma che dovevano avere legami con il culto della Grande Madre di diffusione mediterranea. Il nome Mons Matrona, dato al Monginevro ne attesta il culto nella zona. Se vogliamo però raggiungere uno dei tanti luoghi sacri ai Cotii dobbiamo seguire le orme dei Saraceni che, dalle loro basi in Provenza, cercavano di espugnare il Piemonte. Infatti a Bussoleno, proprio nell’area che fu dei Cotii si parla del castello Saraceno, la cui leggenda vuole realizzato proprio da tali invasori. Un po’ più a sud troviamo il borgo di Frassinello, considerato il quartier generale dei Saraceni e Mandrogne, colonia araba, giusto per fare due esempi. Approfondiremo in una successiva parte questa “invasione araba”, ma ora questo cosa centra con i culti dei celti? Ebbene, se volete raggiungere il sacro luogo del quale mi accingo a parlare, dovete chiedere del “Maometto” di Borgone. Il “Maometto” si trova in un’area boschiva su uno sperone roccioso in gneiss e ridosso del massiccio montuoso che a nord chiude la val di Susa. Si tratta di un’edicola rupestre 80x60 cm circa scolpita a bassorilievo sulla parete rocciosa, con all’interno raffigurato un personaggio che la tradizione popolare ha voluto identificare con Maometto. Piuttosto curioso visto che i mussulmani, per tradizione, non possono raffigurare i loro idoli religiosi e questo esclude che si possa davvero trattare del profeta. Si tratta ovviamente di una chiara demonizzazione di un luogo sacro pagano a cui la Chiesa ha associato un culto demoniaco ovvero infedele. Di esempi simili è ricchissima l’Italia e rimando ad un mio libro “Guida ai luoghi della Dea Madre in Italia” per approfondirlo.
Se osserviamo bene il bassorilievo, danneggiato fortemente dagli agenti atmosferici e dall’incuria dell’uomo, possiamo riconoscere una sorta di piccolo tempio con due colonne ai fianchi e una figura maschile al centro, con un mantello e con in mano due oggetti non facilmente identificabili. In particolare nella mano destra sembra essere presente uno strumento sottile e ricurvo, una sorta di falcetto, mentre ai piedi è presente una figura animale che potrebbe essere identificata come un cane. Sul sito comunale questa figura viene descritta come legata a Giove Dolicheno, un dio venerato dai militi romani, nel I° e II° secolo d.C.. Infatti proprio attorno all'attuale Borgone, sorgeva il confine tra l'Impero romano e il Regno di Re Cozio, sulla via che portava alle Gallie. Il culto di “Maometto” sarebbe legato ai contingenti mercenari che, provenendo dalla città di Doliche in Siria, adoravano per l'appunto Dolicheno, divinità ittita, il cui culto si fuse con quello del romano Giove. Una visione che mi sento di non condividere, perché “scomodare” antiche divinità lontane? La figura infatti è sicuramente legata al culto di Silvano, di cui mi sono già occupato nel saggio “Il ritorno del Dio che Balla”. La divinità per l’Antico è concepita come immanente, essa permea tutto ciò che circonda l’uomo e dunque essa è anche dendromorfa. Se però all’inizio l’albero stesso è la divinità, successivamente, non viene più visto come essa ma come sua dimora, lo spirito arboreo invece di essere considerato l’anima di ogni albero, diventa la divinità della foresta, si passa così da una fase animista ad una politeista. In seguito allo spirito arboreo viene associato un aspetto antropico, anche a causa della semplicità da parte dell’Antico di associare ad una divinità sembianze umane. Iniziano così a nascere figure di divinità silvane, spesso rappresentate con un volto umano e con attributi agresti, come il bastone usato per spaventare gli uccelli, la falce per potare gli alberi e sulla testa foglie d’alloro e spesso con un enorme fallo. E’ questo il nostro “Maometto”. La sacralità dell’area è poi attestata da tutto ciò che circonda la figura. Sono infatti presenti molteplici rocce con scavate delle nicchie semisferiche, probabilmente il luogo ove venivano riposte delle offerte.
Continuando il nostro excursus piemontese, procedendo verso est, incontriamo le Valli di Lanzo tre valli delle Alpi Graie piemontesi, comprese tra la Valle dell'Orco a Nord e la Val di Susa a Sud, che prendono il nome dalla cittadina di Lanzo Torinese, posta su un'antica morena glaciale al termine delle valli…
….continua a breve
sabato 13 febbraio 2016
Pensieri aggrovigliati, La Porta Ermetica e Kremmerz
in collaborazione con l'autore Michele Leone
tratto da: http://micheleleoneblog.blogspot.it/2015/10/pensieri-aggrovigliati-la-porta.html
Oggi è una di quelle giornate in i cui pensieri fanno fatica a dipanarsi e restano aggrovigliati in una matassa, in una palla con la quale forse non giocherebbe neanche un gatto. Ed allora meglio mettersi a lavorare in altro modo e forma. E’ quasi pronta la prima stesura della nuova edizione de La Porta Ermetica di Giuliano Kremmerz che probabilmente vedrà al luce nel periodo natalizio per i tipi di Mondi Velati editore. Vi riporto senza commento la prefazione che per un gioco di rimandi e “coincidenze” rimanda ad uno dei miei ultimi post quando parlo del “Canto dei Cantici” e alla dedica e introduzione de “Le magie del simbolo”.
Prefazione
Dedico a te, o Maria, esempio di inaudita fedeltà, queste pagine brevi, stampate, per volontà non mia, per iniziare ai secreti della tua anima ermetica i dotti fanciulli della ingenua umanità. Maga, sacerdotessa, zingara, cartomante, medichessa, astrologa, divina – seduttrice ed ammaliatrice sempre – sei passata e passi anche tu attraverso al labirinto delle vittime di due estremi, la fede ignorante e la boria scientifica dei terrestri. Quindi non meravigliarti se la mia prosa sarà accolta come Calandrino di Messer Boccaccio in Mugello.
Non so ora, o Maria, dove ti trovi e quale maschera porto, ma questo libro ti arriverà lo stesso e con un sorriso eroico, quel famoso sorriso dei pasticcetti con crema di frutta, dirai:
- Toh! Parla un morto della tragedia storica che vissi e piansi in omaggio alla gratitudine dei popoli melensi, immemori di chi loro ha donato la libertà del non credere!
E leggerai e vedrai le due figure che ho insinuate.
La prima è il caracter adeptorum… una cosa che capiscono tutti al tempo che corre, nel quale anche gli agenti delle imposte studiano l’occultismo nei manuali della culinaria vegetariana. E se qualcuno non lo intendesse, basterebbe domandarne al primo dei filosoi iniziati che ci vengono a predicare il verbo credere da oltre alpe. Poiché la razza greco-italica è orbata di maestri di tali cose sublimi, emigrati nel campo psichico forestiero, per acquistare quel certo tonico scientifico che loro mancava, nel vecchiume cristallizzato dell’antica esposizione metafisica… e per saperne la interpretazione giusta e moderna, anzi per penetrarne il mistero arcaico col lumicino filologico che ci fa difetto.
Sol voglio farti notare, o Maria, che intorno al circolo è scritto: Non formido mori, voto melioris ovilis: Nam ante oculos mihi ceu in speculo stat vita fortuna che in lingua maccheronica, salv complicazioni internazionali, vorrebbe dire che all’adepto sta innanzi agli occhi come in uno specchio la vita futura e che, quindi, non si spaventa della morte pel desiderio di migliorare l’ovile. E’ quindi ancora, aggiungo io, vano per l’adepto di studiare questa morte che non gli fa paura e ozioso il parlarne per contentare i curiosi.
Alla leggenda esteriore va contrapposta una croce di quattro versetti, la più interna, i quali, dalla posizione della scrittura, si fanno supporre girevoli e si completano due a due
Crux abit in lucem – Lux deerit soli
Crux agit arte ducem – Dux erit umbra solis
Oppure
Lux deerit soli - Crux abit in lucem
Dux erit umbra solis - Crux agit arte ducem
E nel mezzo di un cerchio interiore:
Ergo sibi simili constantia cardine quadrant
Versetto che si vuol far precedere o seguire alle due coppie precedenti. Basta un latinista di ginnasio per non far capire lo spirito di quell’Ergo, ma per tradurre ci basta un bidello delle scuole regie.
Più critica è la seconda tavola: Cavea sibyllarum.
Cavea vuol dire gabbia, recinto, platea o luogo? Guarda il fregio ovale che chiude la scena: non ti pare un serpente che non abbia ne capo ne coda?
L’autore annota: cavea sibyllarum, idest cavea virginorum faticanarunt, cioè delle vergini indovine. Vergini? Ma perché il lettore non prenda abbaglio soggiunge: idest faemina vel puella, cioè donna o fanciulla cujus pectus Numen recipit, il petto della quale riceve il Nume. Anche qui un ostacolo: pectus è il petto, il seno, il cuore, l’anima, il sentimento? Dovresti, o Maria, spiegarlo tu, perché tu lo sai ogni volta che fai la vergine indovina donde ti escono Dei sententias sonantes, cioè sentenze sonanti o vocali di Dio!
Come frontespizio al libro, vi ho fatto incidere la porta ermetica che sta nei giardini di Roma. Ti ricordi Roma, o Maria? La consoci bene, non dir di no – e sai che ha tante porte grandi e questa piccola e bassa. La ho scelta perché certe scritte paiono fatte apposta per le opere che sto incubando pei secoli futuri – quando i negri corvi partoriranno le bianche colombe, vale a dire quando in Vaticano si farà colazione con due granelli di pietra filosofica con asparagi scientifici all’insalata – gli asparagi per prevenire la calcolosi.
Tu sorridi, o amica diletta tu ridi…
Siimi serenamente giudice. Aspetto il tuo verdetto. Un fiore. Lo staccherai dall’albero della Genesi, lasciando che gli altri fruttifichino il bene e il male, che l’umanità, avanzando, raccoglie e digerisce. Conserva per te la melagrana, perché ti riconoscerò dalle labbra rosse, come nel Cantico dei Cantici, e dalla voce regale… perché hai testa di donna e corpo flessuoso di serpente tentatore: non ridere… lo vedi il cherub dalla spada fiammeggiante che veglia, ci spia, ci fa da delatore? …oh il perfido eunuco!
Giuliano Kremmerz
Gioia – Salute – Prosperità
©Michele Leone
Immagini prese dalla rete
tratto da: http://micheleleoneblog.blogspot.it/2015/10/pensieri-aggrovigliati-la-porta.html
Oggi è una di quelle giornate in i cui pensieri fanno fatica a dipanarsi e restano aggrovigliati in una matassa, in una palla con la quale forse non giocherebbe neanche un gatto. Ed allora meglio mettersi a lavorare in altro modo e forma. E’ quasi pronta la prima stesura della nuova edizione de La Porta Ermetica di Giuliano Kremmerz che probabilmente vedrà al luce nel periodo natalizio per i tipi di Mondi Velati editore. Vi riporto senza commento la prefazione che per un gioco di rimandi e “coincidenze” rimanda ad uno dei miei ultimi post quando parlo del “Canto dei Cantici” e alla dedica e introduzione de “Le magie del simbolo”.
Prefazione
Dedico a te, o Maria, esempio di inaudita fedeltà, queste pagine brevi, stampate, per volontà non mia, per iniziare ai secreti della tua anima ermetica i dotti fanciulli della ingenua umanità. Maga, sacerdotessa, zingara, cartomante, medichessa, astrologa, divina – seduttrice ed ammaliatrice sempre – sei passata e passi anche tu attraverso al labirinto delle vittime di due estremi, la fede ignorante e la boria scientifica dei terrestri. Quindi non meravigliarti se la mia prosa sarà accolta come Calandrino di Messer Boccaccio in Mugello.
Non so ora, o Maria, dove ti trovi e quale maschera porto, ma questo libro ti arriverà lo stesso e con un sorriso eroico, quel famoso sorriso dei pasticcetti con crema di frutta, dirai:
- Toh! Parla un morto della tragedia storica che vissi e piansi in omaggio alla gratitudine dei popoli melensi, immemori di chi loro ha donato la libertà del non credere!
E leggerai e vedrai le due figure che ho insinuate.
La prima è il caracter adeptorum… una cosa che capiscono tutti al tempo che corre, nel quale anche gli agenti delle imposte studiano l’occultismo nei manuali della culinaria vegetariana. E se qualcuno non lo intendesse, basterebbe domandarne al primo dei filosoi iniziati che ci vengono a predicare il verbo credere da oltre alpe. Poiché la razza greco-italica è orbata di maestri di tali cose sublimi, emigrati nel campo psichico forestiero, per acquistare quel certo tonico scientifico che loro mancava, nel vecchiume cristallizzato dell’antica esposizione metafisica… e per saperne la interpretazione giusta e moderna, anzi per penetrarne il mistero arcaico col lumicino filologico che ci fa difetto.
Sol voglio farti notare, o Maria, che intorno al circolo è scritto: Non formido mori, voto melioris ovilis: Nam ante oculos mihi ceu in speculo stat vita fortuna che in lingua maccheronica, salv complicazioni internazionali, vorrebbe dire che all’adepto sta innanzi agli occhi come in uno specchio la vita futura e che, quindi, non si spaventa della morte pel desiderio di migliorare l’ovile. E’ quindi ancora, aggiungo io, vano per l’adepto di studiare questa morte che non gli fa paura e ozioso il parlarne per contentare i curiosi.
Alla leggenda esteriore va contrapposta una croce di quattro versetti, la più interna, i quali, dalla posizione della scrittura, si fanno supporre girevoli e si completano due a due
Crux abit in lucem – Lux deerit soli
Crux agit arte ducem – Dux erit umbra solis
Oppure
Lux deerit soli - Crux abit in lucem
Dux erit umbra solis - Crux agit arte ducem
E nel mezzo di un cerchio interiore:
Ergo sibi simili constantia cardine quadrant
Versetto che si vuol far precedere o seguire alle due coppie precedenti. Basta un latinista di ginnasio per non far capire lo spirito di quell’Ergo, ma per tradurre ci basta un bidello delle scuole regie.
Più critica è la seconda tavola: Cavea sibyllarum.
Cavea vuol dire gabbia, recinto, platea o luogo? Guarda il fregio ovale che chiude la scena: non ti pare un serpente che non abbia ne capo ne coda?
L’autore annota: cavea sibyllarum, idest cavea virginorum faticanarunt, cioè delle vergini indovine. Vergini? Ma perché il lettore non prenda abbaglio soggiunge: idest faemina vel puella, cioè donna o fanciulla cujus pectus Numen recipit, il petto della quale riceve il Nume. Anche qui un ostacolo: pectus è il petto, il seno, il cuore, l’anima, il sentimento? Dovresti, o Maria, spiegarlo tu, perché tu lo sai ogni volta che fai la vergine indovina donde ti escono Dei sententias sonantes, cioè sentenze sonanti o vocali di Dio!
Come frontespizio al libro, vi ho fatto incidere la porta ermetica che sta nei giardini di Roma. Ti ricordi Roma, o Maria? La consoci bene, non dir di no – e sai che ha tante porte grandi e questa piccola e bassa. La ho scelta perché certe scritte paiono fatte apposta per le opere che sto incubando pei secoli futuri – quando i negri corvi partoriranno le bianche colombe, vale a dire quando in Vaticano si farà colazione con due granelli di pietra filosofica con asparagi scientifici all’insalata – gli asparagi per prevenire la calcolosi.
Tu sorridi, o amica diletta tu ridi…
Siimi serenamente giudice. Aspetto il tuo verdetto. Un fiore. Lo staccherai dall’albero della Genesi, lasciando che gli altri fruttifichino il bene e il male, che l’umanità, avanzando, raccoglie e digerisce. Conserva per te la melagrana, perché ti riconoscerò dalle labbra rosse, come nel Cantico dei Cantici, e dalla voce regale… perché hai testa di donna e corpo flessuoso di serpente tentatore: non ridere… lo vedi il cherub dalla spada fiammeggiante che veglia, ci spia, ci fa da delatore? …oh il perfido eunuco!
Giuliano Kremmerz
Gioia – Salute – Prosperità
©Michele Leone
Immagini prese dalla rete
venerdì 5 febbraio 2016
Iniziazione di Gesù
in collaborazione con l'autore Michele Leone
tratto da: http://micheleleoneblog.blogspot.it/2015/10/iniziazione-di-gesu.html
Mentre lavoravo alla preparazione del secondo volume de Il Mondo Secreto di De Castro, ho riletto il passo che oggi vi riporto.
“Giunta la sera stabilita i notturni segnali apparvero sulla montagna. Gesù e Giovanni si affrettarono a recarsi al luogo del convegno; nel quale trovarono un mandatario dell’ordine vestito di bianco. Furono da costui guidati a subire le loro prove; senza le quali non avrebbero potuto entrare nel luogo ove erano radunati i membri dell’ordine; compiute le quali furono condotti nel seno dell’assemblea, ove i fratelli stavano seduti in semicerchio divisi secondo i quattro gradi della sapienza. Alla presenza di quei sapienti, le cui candide vesti porgevano testimonianza dell’innocenza del loro animo e della loro vita, i due giovinetti, con la mano destra appoggiata sul petto e la sinistra stesa lungo il fianco, pronunciarono con purissimo affetto i loro voti, e promisero di rinunciare ai tesori terrestri, alla gloria e alla potenza di quaggiù; e giurarono, dando e ricevendo un bacio fraterno, obbedienza e segretezza. Dopo di che furono (così volevano gli statuti dell’ordine) condotti in una remota caverna, ove restarono tre giorni e tre notti a meditare sulla nuova vita a cui erano chiamati; e la terza sera furono ricondotti nell’assemblea per essere interrogati, ed indi per pregare in comune; e ricevuto di bel nuovo fraterno bacio, furono vestiti di bianco, meritando quel simbolo con la schiettezza e purezza del cuore; e si diede loro un piccolo alveare, emblema dell’operosità della setta. Intonato il canto di lode e sedutisi da soli, come impongono le regole dell’ordine, e non in comune, al banchetto d’amore e di carità, furono congedati, affinché rimanessero in completa solitudine dodici lune, nella custodia dell’antico, per rendersi degli delle novelle iniziazioni.
Passato l’anno, l’ordine li riebbe più ferventi che mai, e più deliberati alla missione che avevano assunta. Nella meditazione e nel digiuno il loro spirito grandeggiò; e gli inattesi incrementi svelarono la natura e la potenza divina. Però i successivi gradi si dischiusero ad essi come a figli amatissimi; e compiute le obbligatorie e rituali prove ebbero nell’ordine seggio degno della loro sapienza e delle loro virtù”.
E’ mia intenzione, leggere questo passo come una “favola”, ma in questa “favola” ci sono degli elementi che sono o dovrebbero essere caratteristici di molte scuole iniziatiche passate e presenti. Mi limiterò a sottolinearne un paio. Tipico delle scuole iniziatiche è il giuramento obbedienza e segretezza, non deve stupire che lo si ritrovi nella iniziazione degli Esseni. L’essere vestiti di bianco da un lato rimanda al candidato e dall’altro alla purezza che la maggior parte delle scuole iniziatiche hanno come divisa, è quasi superfluo ricordare che questo è il colore del grembiulino che cinge i fianchi degli Apprendisti Accettati nella Libera Muratoria. La metafora o simbolo dell’alveare è presente nella tradizione ermetica, e ad esso ed alle api fanno riferimento numerosi autori di scuola Rosa+Croce, come la famosa rosa alveare che su trova nel testo Summum Bonun di R. Fludd ed il motto Dat Rosa Mel Apibus. Il periodo di solitudine di dodici lune, simile alla lunghezza di un anno ha molteplici richiami con le scuole iniziatiche. In ultimo, nonostante ai candidati siano state riconosciute qualità divine, la scuola degli Esseni non si esenta dal compiere le obbligatorie e rituali prove; questo è quanto avviene o dovrebbe avvenire in ogni società Tradizionale ed Iniziatica. Non importa chi sia il candidato, la ritualità e le prove non sono un orpello.
A queste brevi e veloci considerazioni se ne potrebbero aggiungere molte altre e di varia e più profonda natura, ma l’ora è tarda…
Gioia – Salute – Prosperità
tratto da: http://micheleleoneblog.blogspot.it/2015/10/iniziazione-di-gesu.html
Mentre lavoravo alla preparazione del secondo volume de Il Mondo Secreto di De Castro, ho riletto il passo che oggi vi riporto.
“Giunta la sera stabilita i notturni segnali apparvero sulla montagna. Gesù e Giovanni si affrettarono a recarsi al luogo del convegno; nel quale trovarono un mandatario dell’ordine vestito di bianco. Furono da costui guidati a subire le loro prove; senza le quali non avrebbero potuto entrare nel luogo ove erano radunati i membri dell’ordine; compiute le quali furono condotti nel seno dell’assemblea, ove i fratelli stavano seduti in semicerchio divisi secondo i quattro gradi della sapienza. Alla presenza di quei sapienti, le cui candide vesti porgevano testimonianza dell’innocenza del loro animo e della loro vita, i due giovinetti, con la mano destra appoggiata sul petto e la sinistra stesa lungo il fianco, pronunciarono con purissimo affetto i loro voti, e promisero di rinunciare ai tesori terrestri, alla gloria e alla potenza di quaggiù; e giurarono, dando e ricevendo un bacio fraterno, obbedienza e segretezza. Dopo di che furono (così volevano gli statuti dell’ordine) condotti in una remota caverna, ove restarono tre giorni e tre notti a meditare sulla nuova vita a cui erano chiamati; e la terza sera furono ricondotti nell’assemblea per essere interrogati, ed indi per pregare in comune; e ricevuto di bel nuovo fraterno bacio, furono vestiti di bianco, meritando quel simbolo con la schiettezza e purezza del cuore; e si diede loro un piccolo alveare, emblema dell’operosità della setta. Intonato il canto di lode e sedutisi da soli, come impongono le regole dell’ordine, e non in comune, al banchetto d’amore e di carità, furono congedati, affinché rimanessero in completa solitudine dodici lune, nella custodia dell’antico, per rendersi degli delle novelle iniziazioni.
Passato l’anno, l’ordine li riebbe più ferventi che mai, e più deliberati alla missione che avevano assunta. Nella meditazione e nel digiuno il loro spirito grandeggiò; e gli inattesi incrementi svelarono la natura e la potenza divina. Però i successivi gradi si dischiusero ad essi come a figli amatissimi; e compiute le obbligatorie e rituali prove ebbero nell’ordine seggio degno della loro sapienza e delle loro virtù”.
E’ mia intenzione, leggere questo passo come una “favola”, ma in questa “favola” ci sono degli elementi che sono o dovrebbero essere caratteristici di molte scuole iniziatiche passate e presenti. Mi limiterò a sottolinearne un paio. Tipico delle scuole iniziatiche è il giuramento obbedienza e segretezza, non deve stupire che lo si ritrovi nella iniziazione degli Esseni. L’essere vestiti di bianco da un lato rimanda al candidato e dall’altro alla purezza che la maggior parte delle scuole iniziatiche hanno come divisa, è quasi superfluo ricordare che questo è il colore del grembiulino che cinge i fianchi degli Apprendisti Accettati nella Libera Muratoria. La metafora o simbolo dell’alveare è presente nella tradizione ermetica, e ad esso ed alle api fanno riferimento numerosi autori di scuola Rosa+Croce, come la famosa rosa alveare che su trova nel testo Summum Bonun di R. Fludd ed il motto Dat Rosa Mel Apibus. Il periodo di solitudine di dodici lune, simile alla lunghezza di un anno ha molteplici richiami con le scuole iniziatiche. In ultimo, nonostante ai candidati siano state riconosciute qualità divine, la scuola degli Esseni non si esenta dal compiere le obbligatorie e rituali prove; questo è quanto avviene o dovrebbe avvenire in ogni società Tradizionale ed Iniziatica. Non importa chi sia il candidato, la ritualità e le prove non sono un orpello.
A queste brevi e veloci considerazioni se ne potrebbero aggiungere molte altre e di varia e più profonda natura, ma l’ora è tarda…
Gioia – Salute – Prosperità
mercoledì 3 febbraio 2016
La Papessa Giovanna... E se fosse tutto vero?
La cosiddetta "leggenda" della Papessa Giovanna potrebbe non essere una favola medievale. Da secoli e secoli il racconto di una donna salita al soglio pontificio nel IX secolo utilizzando il trucco di vestirsi da uomo viene spacciato per pura invenzione finalizzata a screditare la Chiesa. Secondo questo racconto, dopo due anni di pontificato Giovanna sarebbe stata scoperta a causa della nascita prematura del suo bambino avvenuta mentre stava guidando una processione per le vie di Roma, con conseguente lapidazione dell'autrice dell'impostura da parte dei fedeli che assistevano alla cerimonia.
Da notare, infine, l’importante e inconfutabile prova che il saggio fornisce relativamente alla presenza del busto di Giovanna tra quelli degli altri Pontefici, ben visibile nel duomo di Siena ancora nel 1595.
Un elemento molto importante, questo, dato che fino ad oggi anche questa particolare circostanza è sempre stata liquidata come l’ennesima falsità collegata alla Fabula e messa in circolazione dai soliti “eretici” protestanti.
lunedì 1 febbraio 2016
La profezia di Guénon sulla rovina occidentale
tratto da Il Giornale del 28/01/2016
Torna un testo-culto del tradizionalismo. Riletto oggi riserva sorprese...
Luca Gallesi
Pensare a un intellettuale francese convertito all'Islam fa subito immaginare che possa trattarsi di un potenziale terrorista, così come sapere che lo stesso personaggio sia pure un alto maestro massone evoca immediatamente la sua partecipazione a oscuri complotti o a disinvolte speculazioni bancarie.
Curiosamente René Guénon (1886-1951), pur avendo abbracciato la fede musulmana e scalato i vertici dell'esoterismo massonico, non diventò né un terrorista né un banchiere, ma fu invece un lucido e apprezzato pensatore, caposcuola del cosiddetto pensiero tradizionale, che annovera tra le sue fila Julius Evola, Frithjof Schuon, Titus Burckhardt, S.H. Nasr e altri maestri del '900...Capita quindi a proposito, per poter meglio comprendere tanto l'Islam quanto le scuole di pensiero esoterico, una nuova edizione di uno dei testi più importanti del Guénon, quella Crisi del mondo moderno tradotta da Julius Evola, (Edizioni Mediterranee, pagg. 254, euro 14,50) che fu pubblicata per la prima volta da Hoepli nel 1937 e poi riedita ancora nel '53 e nel '72. Il pensiero di Guénon è quanto di più anti-moderno si possa immaginare: per lui, come per gli altri pensatori «tradizionali», la decadenza è cominciata una decina di migliaia di anni fa, e tutto il periodo storico non ne è che l'ultima fase. La caduta, ossia l'allontanamento dal mondo metafisico, è diventata ancora più veloce a partire dal Rinascimento, poi con l'Illuminismo, e il Ventesimo secolo non ha fatto che accelerare ulteriormente il disfacimento. Questa edizione, riveduta e aggiornata da Gianfranco de Turris (in collaborazione con A. Scarabelli e G. Sessa), esce in un momento storico delicato, che, a distanza di novant'anni dalla pubblicazione originale, ne fa risaltare il carattere quasi profetico di alcuni parti, sia per quanto riguarda il degrado del mondo moderno che per apprezzare la civiltà del mondo antico. Leggere, oggi, i capitoli dedicati alla contrapposizione tra Oriente e Occidente, oppure alla critica dell'individualismo e alla inevitabile esplosione demografica del Terzo mondo, che il dilagare del consumismo avrebbe trasformato in invasione dei Paesi più ricchi, fa un certo effetto, così come fanno riflettere alcune affermazioni sulla presunta oscurità del Medio Evo, quando, ricorda Guénon, la Somma Teologica di Tommaso d'Aquino rappresentava un libro di testo che tutti gli studenti dovevano affrontare nella sua interezza, e tanto basti per stabilire la siderale distanza con gli studenti odierni, alle prese con ridicoli «crediti».
Torna un testo-culto del tradizionalismo. Riletto oggi riserva sorprese...
Luca Gallesi
Pensare a un intellettuale francese convertito all'Islam fa subito immaginare che possa trattarsi di un potenziale terrorista, così come sapere che lo stesso personaggio sia pure un alto maestro massone evoca immediatamente la sua partecipazione a oscuri complotti o a disinvolte speculazioni bancarie.
Curiosamente René Guénon (1886-1951), pur avendo abbracciato la fede musulmana e scalato i vertici dell'esoterismo massonico, non diventò né un terrorista né un banchiere, ma fu invece un lucido e apprezzato pensatore, caposcuola del cosiddetto pensiero tradizionale, che annovera tra le sue fila Julius Evola, Frithjof Schuon, Titus Burckhardt, S.H. Nasr e altri maestri del '900...Capita quindi a proposito, per poter meglio comprendere tanto l'Islam quanto le scuole di pensiero esoterico, una nuova edizione di uno dei testi più importanti del Guénon, quella Crisi del mondo moderno tradotta da Julius Evola, (Edizioni Mediterranee, pagg. 254, euro 14,50) che fu pubblicata per la prima volta da Hoepli nel 1937 e poi riedita ancora nel '53 e nel '72. Il pensiero di Guénon è quanto di più anti-moderno si possa immaginare: per lui, come per gli altri pensatori «tradizionali», la decadenza è cominciata una decina di migliaia di anni fa, e tutto il periodo storico non ne è che l'ultima fase. La caduta, ossia l'allontanamento dal mondo metafisico, è diventata ancora più veloce a partire dal Rinascimento, poi con l'Illuminismo, e il Ventesimo secolo non ha fatto che accelerare ulteriormente il disfacimento. Questa edizione, riveduta e aggiornata da Gianfranco de Turris (in collaborazione con A. Scarabelli e G. Sessa), esce in un momento storico delicato, che, a distanza di novant'anni dalla pubblicazione originale, ne fa risaltare il carattere quasi profetico di alcuni parti, sia per quanto riguarda il degrado del mondo moderno che per apprezzare la civiltà del mondo antico. Leggere, oggi, i capitoli dedicati alla contrapposizione tra Oriente e Occidente, oppure alla critica dell'individualismo e alla inevitabile esplosione demografica del Terzo mondo, che il dilagare del consumismo avrebbe trasformato in invasione dei Paesi più ricchi, fa un certo effetto, così come fanno riflettere alcune affermazioni sulla presunta oscurità del Medio Evo, quando, ricorda Guénon, la Somma Teologica di Tommaso d'Aquino rappresentava un libro di testo che tutti gli studenti dovevano affrontare nella sua interezza, e tanto basti per stabilire la siderale distanza con gli studenti odierni, alle prese con ridicoli «crediti».
sabato 30 gennaio 2016
Magia e Storia Parte I
in collaborazione con l'autore Michele Leone
Ciao a tutti, ecco il video (molto amatoriale) della prima parte della chiacchierata su Magia e Storia durante il convegno del 21 novembre. Presto spero le altre puntate
Ciao a tutti, ecco il video (molto amatoriale) della prima parte della chiacchierata su Magia e Storia durante il convegno del 21 novembre. Presto spero le altre puntate
venerdì 29 gennaio 2016
Beatles e Satanismo, un paio di libri rari
Bookle.org, stasera ci ha veramente sorpresi. Ecco due libri cult di Gino Armuzzi: Centomila atomiche su Liverpool (Frassinelli, 1997) e Sognavo di essere Bukowski (Sperling & Kupfer, 1994). Se siete dei complottisti nati, se amate Beatles e Satanismo, se siete succubi dei vostri eroi, se prendete abitualmente il thè con Charles Manson o provate la biancheria intima di Roman Polanski....ecco le vostre letture. Cercateli anche voi su Bookle.org: ce ne sono ancora delle copie disponibili!
sabato 23 gennaio 2016
Dischi volanti
di Simone Berni(*)
Oggi vi presento uno dei primi libri pubblicati in lingua portoghese sugli UFO (il mondo li chiamava ancora Flying saucers, a quei tempi). Si tratta di: "O Mistério dos Discos voadores", di Donald E. Keyhoe (Porto, Editorial O Primerio de Janeiro, 1955). La copertina è praticamente la stessa di quella dell'edizione originale americana. Un salto indietro nel tempo di 60 anni...
Simone Berni, bibliofilo e cacciatore di libri è ideatore di Bookle.org nuovo super motore di ricerca per libri rari, nuovi e usati. Se c'è un libro che state cercando senza successo e soprattutto se non avete tempo da dedicarci, Bookle.org è il sito che fa per voi. Fare una ricerca su Bookle.org equivale a fare la stessa ricerca contemporaneamente su: Maremagnum, Abebooks, Amazon, eBay, IBS, Comprovendolibri, Subito, Kijiji, Il Libraccio. Inoltre, ogni giorno nuovi siti si aggiungono a questa lista. Cine se non bastasse, potete registrarvi gratuitamente e il sito cercherà, cercherà, cercherà in automatico il vostro libro senza stancarsi mai. E Quando lo troverà, vi invierà una mail per avvertirvi.
Che State aspettando? Andate su Bookle.org e fate la vostra prima ricerca.
Oggi vi presento uno dei primi libri pubblicati in lingua portoghese sugli UFO (il mondo li chiamava ancora Flying saucers, a quei tempi). Si tratta di: "O Mistério dos Discos voadores", di Donald E. Keyhoe (Porto, Editorial O Primerio de Janeiro, 1955). La copertina è praticamente la stessa di quella dell'edizione originale americana. Un salto indietro nel tempo di 60 anni...
Simone Berni, bibliofilo e cacciatore di libri è ideatore di Bookle.org nuovo super motore di ricerca per libri rari, nuovi e usati. Se c'è un libro che state cercando senza successo e soprattutto se non avete tempo da dedicarci, Bookle.org è il sito che fa per voi. Fare una ricerca su Bookle.org equivale a fare la stessa ricerca contemporaneamente su: Maremagnum, Abebooks, Amazon, eBay, IBS, Comprovendolibri, Subito, Kijiji, Il Libraccio. Inoltre, ogni giorno nuovi siti si aggiungono a questa lista. Cine se non bastasse, potete registrarvi gratuitamente e il sito cercherà, cercherà, cercherà in automatico il vostro libro senza stancarsi mai. E Quando lo troverà, vi invierà una mail per avvertirvi.
Che State aspettando? Andate su Bookle.org e fate la vostra prima ricerca.
Guénon, un classico per tradizione
tratto da Il Giornale del 5/10/2008
di Tommy Cappellini
«Perché lacqua degli oceani non vola via quando la Terra gira?». Risposta dello scienziato: «Ah, la forza di gravità». Risposta del poeta: «Perché la Terra è una Palla Magica». Sono due modi di vivere, due opposte morali, due lontane felicità. Tra i pensatori da leggere per fare un po di chiarezza interiore a proposito, c'è René Guénon, sul quale Jean-Pierre Laurant ha scritto il saggio René Guénon. Esoterismo e Tradizione (Edizioni Mediterranee, pagg. 232, euro 23,50, trad. Dorella Giardini). Guénon stava dalla parte della quarta dimensione di ogni nostra esperienza, quella runica, indoeuropea, antipsicologica e incantatoria, sensuale e indicibile. Fu un matematico che rifondò la metafisica. Un cattolico che morì - al Cairo, nel 1951 - da musulmano. Insomma, un mistico.
di Tommy Cappellini
«Perché lacqua degli oceani non vola via quando la Terra gira?». Risposta dello scienziato: «Ah, la forza di gravità». Risposta del poeta: «Perché la Terra è una Palla Magica». Sono due modi di vivere, due opposte morali, due lontane felicità. Tra i pensatori da leggere per fare un po di chiarezza interiore a proposito, c'è René Guénon, sul quale Jean-Pierre Laurant ha scritto il saggio René Guénon. Esoterismo e Tradizione (Edizioni Mediterranee, pagg. 232, euro 23,50, trad. Dorella Giardini). Guénon stava dalla parte della quarta dimensione di ogni nostra esperienza, quella runica, indoeuropea, antipsicologica e incantatoria, sensuale e indicibile. Fu un matematico che rifondò la metafisica. Un cattolico che morì - al Cairo, nel 1951 - da musulmano. Insomma, un mistico.
domenica 10 gennaio 2016
STORIA DELLA DIVINAZIONE di Giordano Berti
Come gli uomini hanno indagato nel futuro
Mondadori, Oscar Storia, 2005, pp.360 + 27 illustrazioni a colori, Euro 10,80
Fra i tanti misteri dell’esistenza ve n’è uno che, da sempre, affascina in modo particolare gli esseri umani: la conoscenza del futuro,
una facoltà tradizionalmente riservata a persone ritenute speciali,
come sciamani, sibille, oracoli, àuguri, aruspici, profeti, astrologi,
sino ai moderni cartomanti televisivi e veggenti, o pseudo tali. Fin
dall’antichità, questi specialisti si sono avvalsi di una straordinaria
varietà di metodi, detti genericamente arti divinatorie, o tecniche mantiche.
Sulla divinazione sono state
scritte numerose opere, ma fino ad oggi mancava un testo che trattasse
questo sterminato argomento in modo serio ed esauriente.
Questo libro descrive l’origine e l’evoluzione di tutte le tecniche divinatorie ideate in ogni parte del mondo,
dalla lontana antichità fino ai nostri giorni. Un’opera ricchissima di
informazioni e di aneddoti curiosi che coinvolgono il lettore dalla
prima all’ultima pagina, portandolo a scoprire culture lontane,
misteriosi luoghi oracolari, concezioni astratte dell’esistenza,
veggenti esaltati, bizzarri sognatori.
INDICE DELL'OPERA
Cap. 1 – Le forme del fuoco
Dal fuoco sacerdotale alla piromanzia. Le ossa divinatorie nell’antica Cina. Dal Medioevo all’età moderna.
Cap. 2 – L’acqua e altre superfici riflettenti
Fontane rivelatrici. Se le acque
del fiume. Osservando l’acqua in un catino. Rivelazioni nelle brocche di
vetro. L’onicomanzia. Gli specchi magici. Angeli e demoni negli
specchi.
Cap. 3 – La terra e le pietre
Pietre divinatorie nel mondo antico. Le visioni nel cristallo. La geomanzia. Le tavole della fortuna. Appunti sul Feng-shui.
Cap. 4 - Il mondo vegetale
Parentela tra uomini e piante.
Alberi della conoscenza. Droghe e divinazione. Segni d’amore e di morte.
Piante divinatorie. Il linguaggio dei fiori. Le bacchette
rabdomantiche. Dalla bacchetta al pendolo. Dall’achilleomanzia all’I-Ching. L’arte della caffeomanzia.
Cap. 5 - Gli animali divinatori
Quelli che strisciano.
Ofiomanzia in Mesopotamia e Grecia. Il brulicare degl’insetti. I
quadrupedi. Animali sacrificali. Epatoscopia in Mesopotamia.
L’estispicio nell’antica Grecia. L’aruspicina etrusca. L’ornitomanzia in
Grecia. La tradizione italica. L’arte augurale romana. Dall’antichità
ad oggi. Uccelli-presagio nel Borneo e in Africa.
Cap. 6 - Segni del destino sul corpo umano
Se l’aspetto esteriore di un
uomo. Fisiognomica e astrologia. Le linee della fronte. Ciò che rivelano
i nei. Dalla fisiognomica alla biotipologia. Pianeti e stelle sul palmo
della mano. Dalla chiromanzia alla chiroscopia. Scosse rivelatrici.
Prodigi mostruosi presso i primitivi. Se un parto anormale.
Cap. 7 - Le ordalie
Tra i popoli della natura. Nelle civiltà antiche. L’Europa barbarica. Le ordalie delle sorti.
Cap. 8 - Il mondo dei sogni
Il tempo del sogno.
Oniromanzia sumera e babilonese. Sogni profetici presso gli ebrei.
All’ombra della Sfinge. Dalla Grecia a Roma: sogni di corno e sogni
d’avorio. Due concezioni opposte: Cicerone e Artemidoro. I santuari dei
sogni. I sogni premonitori nel Medioevo. Dai sogni profetici al gioco
del Lotto.
Cap. 9 - Rivelazioni dall’Aldilà
Morti parlanti nelle società
primitive. Necromanzia nel Vicino Oriente. In Grecia: nekyomanzia e
necromanzia. A Roma: il fascino di un’arte proibita. La divinazione nei
Grimori. Dal Rinascimento all’Età dei Lumi. Nuovi linguaggi spiritici:
dai "colpi" ai "tavoli giranti". Breve storia dell’Ouija. Le rivelazioni
spiritiche nel XX secolo.
Cap. 10 - Segni del Cielo
Meteoromanzia tra Oriente e
Occidente. L’interpretazione dei fulmini presso i greci e gli etruschi. I
prodigi celesti dall’età romana al mondo moderno.
Cap. 11 - L’astrologia occidentale
Divinazione astrale in
Mesopotamia. Alcuni riti assiro-babilonesi. Israele e il fatalismo
astrologico. Egitto: dall’emerologia all’astrologia. Le prime battaglie
contro gli astrologi. Palazzi del cielo e kabbalah ebraica. Importanza
della cultura araba. L’astrologia in Europa nel Medioevo. Astra
inclinant, non necessitant. Le profezie sul diluvio del 1524. Ultimi
fuochi dell’astrologia classica. Il declino e la rinascita.
Cap. 12 - Astrologie extraeuropee
Astrologia vedica. Le scuole
astrologiche indiane. L’astrologia cinese e tibetana. Divinazione
astrale presso i maya. Le profezie astrologiche degli aztechi. In
America meridionale. Un’astrologia pellerossa? Cognizioni astromantiche
presso i popoli della natura.
Cap. 13 - Nel labirinto dei simboli
Il potere delle punte.
Aliossi e dadi. Conchiglie e noci di cocco. Misteri dei numeri.
Procedimenti cabbalistici. Aritmomanzia e onomanzia. Anagrammi e
astrologia onomantica. Alcuni alfabeti magici.
Cap. 14 - Libri delle sorti
Il Libro dei Mutamenti. Epica, teologia e divinazione nel mondo classico. I Libri della Ventura. Oracoli galanti.
Cap. 15 - Storia della cartomanzia
La carta e le carte da gioco.
Gli albori della cartomanzia. Etteilla, "l’indovino del secolo". Nuove
versioni del Libro di Thoth. Mlle Lenormand e le nuove Sibille. Tarocchi
e occultismo. Nuovi Tarocchi esoterici.
Notizie sull’Autore
Giordano Berti, direttore
dell’Istituto Graf di Bologna, organizza mostre storiche e convegni.
Studioso di religioni, simbolismo e tradizioni esoteriche, ha pubblicato
numerose opere, tra le quali: Visioni infernali: peccati e torture nell’arte del Medioevo (Le Tarot, 1991), Gli Arcangeli: storia e leggende (Lo Scarabeo, 1997), Gli Eretici (Xenia, 1997), Dizionario del Cristianesimo (Vallardi, 1997), I mondi ultraterreni (Mondadori, 1998), Dizionario dei Mistici (Vallardi, 1999), Preghiere di tutto il mondo (Vallardi, 1999), Le religioni orientali in Occidente (Xenia, 2000), Enoch l’entronauta (Armenia, 2000).
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