di Giovanni Balducci
La visione generale della vita dei popoli tradizionali contemplò sempre due idee-chiave, quella dell’Origine e quella del Centro. L’Origine, fu intesa come il momento quasi atemporale in cui il cielo era così vicino alle cose terrestri da renderle per metà celesti; parafrasando Hölderlin si potrebbe indicare quest’epoca come il tempo in cui “gli dèi camminavano assieme agli uomini”. Il Centro parimenti fu inteso come il luogo in cui il mondo divino era entrato in contatto con quello umano per sancire l’Alleanza. Oltre al Centro poi si intese l’esistenza di altri centri spirituali minori, laddove s’era rinnovellata con un determinato ramo dell’umanità l’alleanza primordiale. Non altra cosa rappresentano il leggendario paradiso di Shambala, l’Aryavartha indù, la mitica terra d’origine dei Veda, il Paradiso Occidentale di Hsi Wang per la civiltà cinese, in Oriente, o Atlantide, il Regno del Prete Gianni, il castello di Camelot, l’isola di Avalon, il Montsalvat dei miti di Re Artù, il monte Olimpo, per l’Occidente, se non simboli del Centro primordiale, luoghi in cui la Terra s’era misteriosamente unita al Cielo.
Quanto all’Origine, il Polo Nord è stato da sempre tradizionalmente ritenuto il punto di congiunzione tra la Terra e il Cielo, e la porta degli dèi (1). Per le tradizioni indù, all’estremo Nord si eleva il monte Meru, soggiorno degli dèi, Asse del Mondo, eretto sull’ombelico della Terra, posto sotto la Stella Polare, ombelico del Cielo. Con la sua funzione di asse, di punto di congiunzione, di via verso il Cielo, il Polo rappresenta l’immutabile che si oppone al mutamento, l’Essere al divenire. Nell’esoterismo islamico, l’Asse dell’Universo, il Qutb (2) cosmico è indicato come la dimensione più elevata da dove origina il potere del Qutb temporale, secondo una gerarchia che assicura l’esistenza del potere spirituale attraverso il cosmo.
Per quel che concerne il Centro, nel tantra Kalachakra del buddhismo tibetano si fa riferimento ad una enclave nascosta in un punto imprecisato dell’Asia centrale, che prende il nome di Agarthi, ossia “l’Inaccessibile”. Secondo la descrizione fornita si tratterebbe di un regno protetto da una alta cintura montuosa, al cui interno avrebbe sede il palazzo del suo re-sacerdote, e questo regno è situato in India e coincidente col monte Meru o Polo Nord prima dello spostamento dell’asse terrestre, centro del mondo e terra originaria dell’umanità. Agharti costituirebbe il mozzo, immobile e immutabile, della Dharma Chakra, la Ruota della vita e della legge della tradizione induista e buddista, alla cui rotazione è legato il destino dei mortali. Essa esiste simultaneamente sia sul piano fisico sia sul piano spirituale e solo pochissimi Arhat (Illuminati) hanno la possibilità di accedervi. Ad Agharti si dice che sia nata la religione unica, primordiale e perfetta della cosiddetta “Età dell’Oro”, in grado di porre l’uomo in totale comunione con Dio. Tutte le grandi religioni attuali, infatti, trarrebbero le loro origini dalla religione primordiale di Agharti, così come tutte le tradizioni particolari sono in fondo solo adattamenti della grande tradizione primordiale.
bestie-uomini-deiIl sovrano che regna ad Agharti è chiamato dagli abitanti della superficie Chakravarti (lett. Signore della Ruota) ovvero “Il Re del Mondo” (3), mentre al suo popolo è noto come Brahmatma (colui che ha il potere di parlare con Dio). Egli regna per il periodo di un Manvatara, una delle quattordici ere da cui è composto un ciclo cosmico. Racconta Ossendowski nel suo celebre racconto Bestie, Uomini e Dèi, che “Vaivaswata, settimo e attuale Re del Mondo, è in comunione spirituale con tutti i Manu che hanno regnato prima di lui, tra cui il primo Brahmatma Swdyambhuva”.
La figura del Re del Mondo, da non confondersi con quella del Princeps huius mundi, stante ad indicare il signore di “questo mondo”, cioè Satana, è da riferirsi alla misteriosa figura biblica di Melchisedec, il re-sacerdote che benedisse Abramo. Melchisedec è presentato dalla tradizione giudeo-cristiana come re di “Salem”, nome che tuttavia non designa una città, ma è da intendersi simbolicamente come la residenza di Melchisedec, e dunque può ben indicare “Agarthi”. Melchisedec, che offre in sacrificio a Dio il pane ed il vino è l’istitutore del sacerdozio cristiano, ritenuto da San Paolo nel Nuovo Testamento, superiore al sacerdozio di Aronne, in quanto istituito da un uomo “vivente”, e non da mortali. Questo «uomo vivente», è “Melki- Tsedeq” (Il Re di Giustizia), il “Manu”, che sussiste «in perpetuo», cioè per la durata del suo ciclo (Manvantara). Per questo motivo Melchisedec è definito anche come «senza genealogia», infatti la sua origine «non è umana», rappresentando egli il prototipo dell’uomo; inoltre essendo il Legislatore del mondo (infatti ha una funzione essenzialmente ordinatrice e regolatrice, tali funzioni essendo ben rese dal termine Dharma: con ciò si intende il riflesso nel mondo manifestato del Principio supremo) egli è immagine del Verbo divino, per questo è definito dalle scritture come «fatto simile al Figlio di Dio». È interessante notare come per le creazioni anteriori alla nostra sia stato fatto riferimento ai biblici «sette re di Edom» in rapporto con i sette «giorni» della Creazione, coincidenti con le ere dei sette “Manu” della tradizione indù, contate dall’inizio del “Kalpa” fino all’epoca attuale (4).
Il Re del Mondo non è da ritenersi dunque un semplice capo religioso, ma egli per la sua funzione regale, regge anche i destini materiali del pianeta, dettando il corso della storia secondo un preciso andamento, difficilmente comprensibile e non necessariamente positivo secondo i nostri canoni, in accordo con un ineffabile piano divino. In Mission de l’Inde en Europe (1910), lo scrittore Saint-Yves d’Alveydre sostiene che “il Re del Mondo è il più alto esponente della Sinarchia, una sorta di Governo centrale di uomini di scienza, potentissimo e ramificato, i cui esponenti terreni ispirano e controllano i grandi moti politici o d’altro genere che segnano l’evoluzione del genere umano. Al sovrano non mancano i mezzi per eseguire la propria missione: quando lo desidera egli può infatti mettersi in comunione con il pensiero di tutti gli uomini che hanno influenza sul destino e la vita dell’umanità: re, zar, khan, capi guerrieri, sacerdoti, scienziati. Egli conosce tutti i loro pensieri e i loro disegni; se questi sono graditi a Dio li asseconda, altrimenti li fa fallire”.
tradizione-tradizioniIl Centro di Agharti nel mondo fisico sorgerebbe sul principale incrocio delle correnti terrestri, o forse sarebbe esso stesso a generare questi canali di energia, che percorrono tutto il pianeta diffondendosi in superficie irraggiati dai megaliti. Del resto secondo la geografia sacra, esistono luoghi sul nostro pianeta che costituiscono punti nodali di un reticolo energetico che ricopre tutta la superficie terrestre. In questi luoghi sono stati eretti spesso dei menhir, dei luoghi di culto o santuari, in quanto ritenuti centri di connessione tra la terra, il cielo e gli inferi. Questi centri costituirebbero, infatti, portali di connessione con i mondi infra e super umani. Il principale polo della Grecia antica, Delfi, si presenta a tal proposito molto interessante. Alcune leggende narrano che prima che divenisse una delle dimore di Apollo, vi risiedesse il serpente-drago Pitone. Simbolicamente quest’ultimo rappresenta la materia indistinta primordiale, il caos antecedente la messa in ordine del cosmo. Ciò, simboleggiato astrologicamente dal viaggio di Apollo presso gli Iperborei, durante il periodo invernale, nel quale gli succede Dioniso, principio di vitalità caotica, significa che a Delfi sono presenti i due poli della manifestazione, quello della luce e quello delle tenebre, la cui alternanza indica la vittoria temporanea delle tenebre, prima della restaurazione apollinea. Al pari degli altri centri spirituali, l’ omphalos greco collega i tre mondi: quello dell’uomo, del soggiorno sotterraneo dei morti, e della divinità.
C’è da dire che il mito di una terra perfetta e del suo saggio re ha dato origine a molte delle mitologie evolutesi successivamente in Europa e in Medio Oriente: Manu sarebbe anche il Menes egizio, l’Artù bretone, il Menw celtico e persino l’Arcangelo Michele della tradizione ebraica e cristiana. A tal proposito analizzando il nome di “Melki-Tsedeq” nel suo significato più stretto, gli attributi propri del «Re di Giustizia» sono la bilancia e la spada; gli stessi di “Mikael”, l’«Angelo del Giudizio». Proprio all’Arcangelo Michele sono dedicati molti santuari con la funzione di centri spirituali, dei “betili”. A questo riguardo ci pare opportuno considerare etimologicamente la parola “betile”. “Beth-El” è stata chiamata la pietra che Giacobbe utilizzò per cuscino quando ebbe il sogno profetico, “beth-el” significa letteralmente “Casa di Dio”, un nome che poi verrà esteso all’intera località nella quale egli aveva pernottato. La pietra viene unta con l’olio sacro, “consacrata” ed eretta come stele. Dal termine “beth-el” è derivato poi il greco “betylos”, il latino “betilus” e il nostro “betilo”. Non vi sono dubbi sul fatto che questo betilo possa essere considerato come un omphalos, una pietra sacra eretta su di un luogo ritenuto carico di sacralità. Non è perciò un caso che i centri spirituali sorgano nei pressi di luoghi dedicati al culto di particolari “pietre nere”, ricordiamo a tal riguardo la Pietra Nera della Mecca, la Città Santa della religione musulmana, la pietra conica di Pessinunte, massimo centro del culto di Cibele, la Dea Madre, che fu poi portata a Roma, e posta al centro nel Foro, nel sito ancora oggi chiamato “Lapis Niger”. La pietra simbolicamente rappresenta la Montagna Sacra, o l’Asse del Mondo, ecco che ad essa si lega il significato della frase di Giacobbe «Terribilis est locus iste. Haec Domus Dei est et Porta Coeli» (“Questo è un luogo terribile. Questa è la Casa di Dio e la Porta dei Cieli”) che indicava il luogo dell’Alleanza, frase che per altro affatto casualmente appare scritta su frontoni e architravi di numerose chiese cattoliche, come il Santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo in Puglia, ex luogo di culto mitraico (del resto l’apparizione dell’Angelo si racconta sia avvenuta proprio in una grotta, come in una grotta si celebravano i misteri di Mithra), dove è presente anche il simbolo della Triplice Cinta, dei cui significati si è detto in precedenza, e nei pressi del quale si trova un santuario dedicato alla Madonna Nera dell’Incoronata, assimilabile al culto delle “pietre nere”.
Tradizioni su luoghi o culti sotterranei esistono nella maggior parte delle civiltà, ciò ci induce a credere, seguendo anche ciò che costituisce il bagaglio sapienziale di alcune dottrine interiori, fra cui l’alchimia, che la grotta stia a simboleggiare l’interiorità dell’uomo, in cui, proprio secondo la scienza alchemica, bisogna discendere prima di aspirare all’evoluzione spirituale. Tale verità era rivelata dagli antichi alchimisti con l’acronimo V.I.T.R.I.O.L.: “Visita Interiora Terrae Rectificandoque Invenies Occultam Lapidem” (Visita l’interno della terra e rettificando troverai la pietra nascosta).
simbolismo-della-croceNel racconto della Genesi si afferma che il luogo nel quale Giacobbe aveva soggiornato, e che egli aveva poi chiamato “Beth-El”, casa di Dio, era in precedenza chiamato Luz. Questo accenno che sembra così inessenziale nell’economia del racconto biblico, assume invece un aspetto di natura fondamentale se ci si rifà alla tradizione giudaica che vorrebbe l’esistenza di una misteriosa città chiamata “Luz”, dove persino l’Angelo della Morte non ha potere di entrare. Secondo questa tradizione in questa misteriosa città vi sarebbe un mandorlo (è da notare che anche il nome del mandorlo in lingua ebraica è “luz”) nei pressi del quale si trovava l’accesso ad una enclave sotterranea. Il mandorlo produce ovviamente mandorle, frutti aventi la forma di noccioli; proprio il nome di “nocciolo” col significato di nucleo interiore, veniva dato nella tradizione cabalistica ad una particolare particella corporea ritenuta indistruttibile, rappresentata simbolicamente come un osso durissimo, al quale si avviluppava l’anima al momento del decesso. Tale particella veniva in genere localizzata all’interno della spina dorsale, in particolare nel coccige, non a caso chiamato anche “osso sacro”, sede del chakra muladhara, che per la sua importanza è anche detto “chakra della radice”. In questa parte del corpo, secondo la tradizione yogica, risiederebbe la Kundalini, l’energia divina che si ritiene presente in forma quiescente in ogni essere umano, tradizionalmente rappresentata da un serpente arrotolato su se stesso. Tale energia può essere risvegliata attraverso pratiche yogiche o attraverso un’iniziazione. Questo ci riporta alla tipica pratica della tradizione templare dell’osculum sub cauda, il bacio sull’osso sacro (letteralmente, “bacio sotto la coda”), che veniva effettuato durante le iniziazioni all’Ordine del Tempio. Questo rito come è risaputo fu considerato come la prova dello svolgimento di pratiche sodomite all’interno dell’Ordine Templare attraverso cui si giunse alla distruzione dell’Ordine stesso e all’uccisione di Jeacques De Molay, suo ultimo Gran Maestro e dei suoi uomini. Fu per altro proprio in questo frangente che si determinò fattivamente quella frattura profonda tra la tradizione exoterica rappresentata dalla Chiesa Cattolica e quella esoterica rappresentata dall’Ordine Templare, che ha contraddistinto in maniera determinante la storia occidentale dei secoli a venire.
Ritornando alla Kundalini: si ritiene che una volta ridestata, questa forza comincerà a risalire attraverso la colonna vertebrale passando attraverso i sette chakras, giungendo fino all’ultimo di essi, situato all’interno del cranio in corrispondenza della ghiandola pineale, aprendo il Terzo Occhio generando l’Illuminazione interiore. Altresì, così come il nocciolo contiene in potenza la pianta, così il “luz”, l’osso di cui si è detto, conterrebbe in germe la ricostituzione del corpo dopo la resurrezione, costituendo il “nocciolo” dell’immortalità.
Note
1) Parimenti, secondo l’esoterismo islamico al Polo, Quth, si trova la montagna Qaf, il monte della rivelazione coranica. Secondo la tradizione cinese, a Nord-Ovest del mondo si trova il Kouen-Louen, la montagna del centro del mondo, che garantisce a chi vi accede di ottenere l’immortalità e di salire al firmamento. Uno dei nomi usati dai Maya per definire la terra originaria del loro popolo è Aztlan, ossia luogo dell’alba, luogo del biancore. Questo confermerebbe il ruolo del Polo come intermediario fra la Terra e il Cielo.
2) Il termine quṭb è utilizzato nel mondo arabo come termine astronomico, ma può essere inteso anche da un punto di vista spirituale, in via della già citata legge di analogia. Nel Sufismo, Qutb è l’essere umano perfetto, al-insān al-kāmil, che guida le sante gerarchie, il centro o il perno del mondo, ma sconosciuto ai più. C’è solo un Quṭb per ogni era che si pensa sia la guida universale di tutti i santi, il tramite tra il divino e l’umano, la cui presenza è necessaria per l’esistenza del mondo. Un’idea simile è rinvenibile anche nel cattolicesimo, in uno scritto San Bernardo di Chiaravalle afferma che: “L’umanità vive grazie a pochi; se non ci fossero quelli, il mondo perirebbe o per un fulmine o per lo spalancarsi della terra”.
3) René Guénon sostiene che la figura del “Re del Mondo” non designa tanto un individuo in particolare, ma innanzitutto un principio. Questo principio si può poi manifestare in un determinato centro tradizionale e può essere effettivamente rappresentato da una persona: “Tale principio può essere manifestato da un centro spirituale stabilito nel mondo terrestre, da un’organizzazione incaricata di conservare integralmente il deposito della tradizione sacra, di origine «non umana» per mezzo della quale la sapienza primordiale si comunica attraverso le epoche a coloro che sono in grado di riceverla. Il capo di tale organizzazione, in quanto rappresenta Manu stesso potrà legittimamente portarne il titolo e gli attributi; inoltre, dato il grado di conoscenza che deve aver raggiunto per esercitare la sua funzione, si identifica realmente col principio di cui è in un certo modo l’espressione umana” (René Guénon, Il Re del Mondo).
4) Le creazioni anteriori al nostro ciclo cosmico sono tradizionalmente raffigurate mediante i “sette re di Edom” cui corrispondono i sette “giorni” della Genesi, ciò rassomiglia in maniera piuttosto evidente alle ere dei sette Manu avvicendatesi dall’inizio del Kalpa sino alla nostra epoca, di cui parla la tradizione indù. Ora, presso la tradizione ebraica la città di Roma è chiamata Edom, e noi sappiamo che nel leggendario periodo monarchico su Roma regnarono sette re, il secondo dei quali fu Numa che diede le leggi alla città, c’è da notare poi come il nome di questo re rappresenti il perfetto anagramma di Manu, e può accostarsi alla parola greca nomos che significa “legge”. Stando a queste premesse la leggenda dei sette re di Roma altro non sarebbe che un particolare riadattamento del mitologema dei sette Manu per quel che concerne la civiltà che da Roma prese vita, parimenti i sette saggi di Grecia rappresenterebbero i sette Rishi del ciclo precedente il nostro.