FANTASMI: DUE NUOVI TITOLI DELLA NEONATA GOLEM LIBRI
La neonata Golem Libri pubblica due importanti opere su fantasmi, poltergeist e case infestate.
Fantasmi. Storie vere, di Hereward Carrington, e La casa infestata. Il Grande Mistero di
Amherst, di Walter Hubbell: due classici della ricerca psichica finora inediti in Italia.
Esordisce con due libri – Fantasmi. Storie vere, di Hereward Carrington, e La casa infestata.
Il Grande Mistero di Amherst, di Walter Hubbell – dedicati rispettivamente ai fantasmi e al
poltergeist, la casa editrice Golem Libri, che con la sua produzione intende proporsi come
punto di riferimento per chiunque sia interessato a temi "di confine" come parapsicologia,
ufologia e storia delle credenze sul soprannaturale.
Fantasmi, spettri e case infestate sono argomenti che, pur senza essere mai del tutto passati
di moda, sono di recente tornati particolarmente in voga, sia tra i semplici appassionati che
tra i cultori di parapsicologia. Non molto, però, è stato fatto in ambito editoriale per
rispondere a questa nuova ondata di interesse con produzioni di qualità che affrontassero la
questione in maniera divulgativa ma autorevole. Il testo di Carrington e quello di Hubbell
offrono invece, tanto al curioso che al ricercatore, un contributo di indubbio valore
documentale ed interpretativo. Si tratta di due opere – notissime in ambito internazionale ma
che finora erano rimaste inedite in Italia – che con stile semplice e godibile introducono il
lettore alla questione della reale esistenza di due misteriosi ed inquietanti fenomeni (assai
simili tra loro ma con caratteristiche specifiche diverse): l'infestazione e il poltergeist.
Il testo di Carrington lo fa presentando una ricca mole di testimonianze originali di persone
che sostengono di aver avuto a che fare con apparizioni di defunti e con luoghi funestati da
presenze invisibili, mentre il libro di Hubbell ricostruisce, dall'interno e, per così dire, "in
presa diretta", l'evoluzione, sempre più incredibile e drammatica, di un unico caso: quello
della giovane Esther Cox e delle spaventose manifestazioni che per oltre un anno sconvolsero
la quiete della piccola casa di Amherst in cui viveva insieme agli altri membri della sua
famiglia. Due prospettive diverse, quindi, ma che insieme si integrano fornendo un quadro
d'insieme completo e approfondito che non mancherà di appassionare e di stimolare ulteriori
interrogativi.
Contatti
Sito web: www.golemlibri.it
Facebook: www.facebook.com/golemlibri
Blog dedicato ai misteri, esoterismo, antiche civiltà, leggende, Graal, Atlantide, ufo, magia
domenica 16 febbraio 2014
domenica 9 febbraio 2014
Campi Elettromagnetici - il K2
In collaborazione con Hesperya
tratto da http://www.hesperya.net/il-ghost-hunting/campi-elettromagnetici/
tratto da http://www.hesperya.net/il-ghost-hunting/campi-elettromagnetici/
di Roberta Faliva
Uno dei principali strumenti di
supporto alle indagini del mistero è rappresentato dal K2. Questo
dispositivo è un tipo particolare di rilevatore di campi
elettromagnetici a bassa frequenza (EMF) che ha la peculiarità di
individuare tracce di fonti di energia e di rilevare fluttuazioni di
campi elettromagnetici nell’ambiente.
In fisica, il campo elettromagnetico è
un campo tensoriale responsabile dell’interazione elettromagnetica. Il
campo è generato nello spazio dalla presenza di cariche
elettriche, e può manifestarsi anche in assenza di esse, trattandosi
di un’entità fisica che può essere definita indipendentemente dalle
sorgenti che l’hanno generata.
Secondo numerose teorie, gli spiriti
sono composti da energia e si ritiene che quando un’anomalia è presente
questa vari improvvisamente il campo elettromagnetico.
Ciò accade perché le possibili entità presenti hanno bisogno di
assorbire l’energia intorno a loro per potersi manifestare, fisicamente o
uditivamente. Da qui quindi l’idea che i fantasmi possono
realmente comunicare con i viventi disturbando i campi
elettromagnetici che circondano il dispositivo K2. Le particolari
energie elettromagnetiche, che si possono sviluppare durante un fenomeno
paranormale, possono essere quindi captate da questo ricevitore.
Questo strumento rileva la frequenza del campo elettromagnetico in
MilliGauss o micro Tesla.
Molti indagatori del mistero infatti,
dopo aver scrupolosamente eliminato la possibilità che l’attività del K2
non sia dovuta a campi magnetici di genere
domestico-ambientale, utilizzano questo strumento per interagire con
l’entità stessa. Vengono poste una serie di domande che contemplano
come risposta un “sì” o un “no” e si chiede alla presenza
di far accendere le luci del dispositivo in caso di risposta
affermativa e di lasciarle spente in caso di risposta negativa. In rete
circolano video a riprova di questa interazione che lasciano
lo spettatore, anche il più scettico, realmente impressionato.
lunedì 3 febbraio 2014
Sidis, vita struggente del formidabile genio condannato all'oblio
tratto da Il Giornale del 31/01/2014
di Pier Francesco Borgia
Passeggiando per il Woodlan Cemetry di New York ci si può imbattere nell'imponente cenotafio che ricorda Isidor e Ida Straus. Due dei passeggeri che morirono nel naufragio del Titanic il 14 aprile del 1912.
Nonostante la sua ricchezza, possedeva i famosi magazzini Macey's, Isidor Straus era noto soprattutto per il suo rigore morale e per l'amore (corrisposto) per la moglie. Isidor era anche un filantropo e tra le sue opere c'è stata anche la «sponsorizzazione» degli studi di William Sidis. Non un ragazzo qualunque. Bensì un genio. Anzi, il genio per eccellenza. Ancor oggi William Sidis (1898-1944) viene ricordato come l'uomo più intelligente di sempre, dal momento che nessuno ha mai raggiunto il suo stesso risultato nel test che misura il quoziente intellettivo (QI). Isidor Straus era amico dei genitori di Sidis e li supportò in tutto per aiutarli a sviluppare le capacità del figlio prodigio. Un genio che, purtroppo, morirà in solitudine a soli 46 anni per emorragia cerebrale. A differenza del suo mentore, è sepolto in maniera anonima all'ombra di una quercia del South Cemetry di Portsmouth (New Hampshire). Lo ricorda una lastra di granito non più grande di un foglio A4 dove è inciso solo il suo nome («William J. 1898-1944»).
A 18 mesi già leggeva il New York Times, a quattro anni ha imparato da solo il greco e il latino mettendo in pratica un suo personale metodo di decrittazione basato su calcoli matematici di ricorrenza dei termini all'interno delle frasi. Alla sua morte, molti giornali sostennero che fosse capace di parlare correttamente una quarantina di lingue. Di sicuro, secondo gli storici, Sidis possedeva la cosiddetta memoria eidetica. Capacità che lo affiancava a un altro genio precocissimo: Wolfgang Amadeus Mozart. Si tratta di un tipo molto particolare di memoria «fotografica» che in misura leggera posseggono tutti i bambini e che si perde nel corso della crescita. Una capacità di associare concetti e nozioni a immagini già preconfezionate.
Gli studiosi che si sono occupati del caso Sidis non sono riusciti a scoprire fino a che punto i genitori, entrambi medici, fossero colpevoli di aver spinto la crescita intellettuale di un bambino, non certo diverso dagli altri coetanei, solo forse un po' più dotato. Il padre Boris, immigrato dall'Ucraina, era uno stimato professore di psicologia di Harvard e proprio sul piccolo Billy volle sperimentato alcune sue intuizioni, continuando per anni a sostenere che il figlio era solo l'esempio di un'educazione riuscita, sgombrando il campo da ipotesi di anormalità. Quando William aveva soltanto sei anni già lo scortava nelle aule universitarie di Harvard dove era chiamato a sostenere conferenze sulla geometria non euclidea davanti a un pubblico rigorosamente selezionato. Il padre incassava il plauso di esimi colleghi e poco si curava delle paure e dei traumi del figlio, che di lì a qualche anno sarebbero deflagrati.
La biografia sul «caso Sidis» è sterminata. In America è una figura popolare e leggendaria. Nel '97 Matt Damon e Ben Affleck hanno scritto la sceneggiatura di Will Hunting di Gus Van Sant proprio partendo dal caso Sidis attualizzato ai giorni nostri. Adesso, però, esce un romanzo dello scrittore danese Morten Brask che focalizza l'attenzione sugli aspetti salienti della parabola di questo genio incompreso. La vita perfetta di William Sidis (Iperborea, pagg. 396, euro 17,50) si concentra su alcuni momenti della vita del giovane raccontandoli in maniera non lineare. L'effetto ottenuto è letterario ma aiuta a capire al meglio i rischi di una cieca fiducia in metodi educativi poco inclini a tenere nel dovuto conto la psicologia infantile.
Eppure il padre era stato nominato dall'allora governatore Theodore Roosvelt direttore dell'Istituto di malattie mentali di New York. Insomma aveva un nome nel campo delle psicopatologie. Nome che potè sfruttare a pieno - ironia della sorte - quando il giovane rampollo fu arrestato dopo una marcia di protesta organizzata dal partito socialista americano nel 1919 (conoscendo molte lingue Sidis era stato reclutato come traduttore nelle riunioni degli operai, molti dei quali immigrati da poco ancora non conoscevano l'inglese). L'unico modo per evitargli la prigione fu quello di farlo dichiarare non sano di mente. Fu il momento in cui il cigno nero che fino a quel momento aveva vissuto nel laghetto di casa posando per la gioia del pubblico, spiccò il volo e corse sulla terraferma goffo e disperato, inseguito da tutti (soprattutto dagli spietati giornalisti). Abbandonò l'insegnamento, cui non era portato per il semplice fatto che non riusciva a dominare classi di studenti strafottenti e molto più grandi di lui. E visse nell'anonimato, con lavori saltuari e occasionali come contabile e magazziniere, licenziandosi ogni qualvolta venisse riconosciuto.
La sua educazione, la sua cultura davvero enciclopedica, non gli offrirono il bene dell'elasticità. Costretto a vivere una vita da emarginato, Sidis venne su nel mito che ogni risposta fosse nei libri e nelle nozioni scientifiche.
Il punto di rottura si registrò proprio il primo giorno del suo primo corso da professore ad Harvard, quando ancora sedicenne distribuì agli studenti le dispense da lui redatte sulla geometria non euclidea. La rivolta degli studenti per lui rimase incomprensibile. Loro lasciavano l'aula indignati mentre Sidis tentava di spiegare balbettando che gli era sembrato naturale scrivere quelle dispense in greco, visto che è la lingua di Euclide. Forse aveva ragione Salvador Dalí, «l'intelligenza senza ambizioni è un uccello senza ali». Sidis si sarebbe salvato soltanto se avesse avuto dei genitori meno meschini e un egoismo più accentuato.
di Pier Francesco Borgia
William aveva il Q. I. più alto di tutti i tempi. A sedici anni insegnava a HarvardLasciò tutto campando di lavoretti. Sempre più disadattato, morì solo
Passeggiando per il Woodlan Cemetry di New York ci si può imbattere nell'imponente cenotafio che ricorda Isidor e Ida Straus. Due dei passeggeri che morirono nel naufragio del Titanic il 14 aprile del 1912.
Nonostante la sua ricchezza, possedeva i famosi magazzini Macey's, Isidor Straus era noto soprattutto per il suo rigore morale e per l'amore (corrisposto) per la moglie. Isidor era anche un filantropo e tra le sue opere c'è stata anche la «sponsorizzazione» degli studi di William Sidis. Non un ragazzo qualunque. Bensì un genio. Anzi, il genio per eccellenza. Ancor oggi William Sidis (1898-1944) viene ricordato come l'uomo più intelligente di sempre, dal momento che nessuno ha mai raggiunto il suo stesso risultato nel test che misura il quoziente intellettivo (QI). Isidor Straus era amico dei genitori di Sidis e li supportò in tutto per aiutarli a sviluppare le capacità del figlio prodigio. Un genio che, purtroppo, morirà in solitudine a soli 46 anni per emorragia cerebrale. A differenza del suo mentore, è sepolto in maniera anonima all'ombra di una quercia del South Cemetry di Portsmouth (New Hampshire). Lo ricorda una lastra di granito non più grande di un foglio A4 dove è inciso solo il suo nome («William J. 1898-1944»).
A 18 mesi già leggeva il New York Times, a quattro anni ha imparato da solo il greco e il latino mettendo in pratica un suo personale metodo di decrittazione basato su calcoli matematici di ricorrenza dei termini all'interno delle frasi. Alla sua morte, molti giornali sostennero che fosse capace di parlare correttamente una quarantina di lingue. Di sicuro, secondo gli storici, Sidis possedeva la cosiddetta memoria eidetica. Capacità che lo affiancava a un altro genio precocissimo: Wolfgang Amadeus Mozart. Si tratta di un tipo molto particolare di memoria «fotografica» che in misura leggera posseggono tutti i bambini e che si perde nel corso della crescita. Una capacità di associare concetti e nozioni a immagini già preconfezionate.
Gli studiosi che si sono occupati del caso Sidis non sono riusciti a scoprire fino a che punto i genitori, entrambi medici, fossero colpevoli di aver spinto la crescita intellettuale di un bambino, non certo diverso dagli altri coetanei, solo forse un po' più dotato. Il padre Boris, immigrato dall'Ucraina, era uno stimato professore di psicologia di Harvard e proprio sul piccolo Billy volle sperimentato alcune sue intuizioni, continuando per anni a sostenere che il figlio era solo l'esempio di un'educazione riuscita, sgombrando il campo da ipotesi di anormalità. Quando William aveva soltanto sei anni già lo scortava nelle aule universitarie di Harvard dove era chiamato a sostenere conferenze sulla geometria non euclidea davanti a un pubblico rigorosamente selezionato. Il padre incassava il plauso di esimi colleghi e poco si curava delle paure e dei traumi del figlio, che di lì a qualche anno sarebbero deflagrati.
La biografia sul «caso Sidis» è sterminata. In America è una figura popolare e leggendaria. Nel '97 Matt Damon e Ben Affleck hanno scritto la sceneggiatura di Will Hunting di Gus Van Sant proprio partendo dal caso Sidis attualizzato ai giorni nostri. Adesso, però, esce un romanzo dello scrittore danese Morten Brask che focalizza l'attenzione sugli aspetti salienti della parabola di questo genio incompreso. La vita perfetta di William Sidis (Iperborea, pagg. 396, euro 17,50) si concentra su alcuni momenti della vita del giovane raccontandoli in maniera non lineare. L'effetto ottenuto è letterario ma aiuta a capire al meglio i rischi di una cieca fiducia in metodi educativi poco inclini a tenere nel dovuto conto la psicologia infantile.
Eppure il padre era stato nominato dall'allora governatore Theodore Roosvelt direttore dell'Istituto di malattie mentali di New York. Insomma aveva un nome nel campo delle psicopatologie. Nome che potè sfruttare a pieno - ironia della sorte - quando il giovane rampollo fu arrestato dopo una marcia di protesta organizzata dal partito socialista americano nel 1919 (conoscendo molte lingue Sidis era stato reclutato come traduttore nelle riunioni degli operai, molti dei quali immigrati da poco ancora non conoscevano l'inglese). L'unico modo per evitargli la prigione fu quello di farlo dichiarare non sano di mente. Fu il momento in cui il cigno nero che fino a quel momento aveva vissuto nel laghetto di casa posando per la gioia del pubblico, spiccò il volo e corse sulla terraferma goffo e disperato, inseguito da tutti (soprattutto dagli spietati giornalisti). Abbandonò l'insegnamento, cui non era portato per il semplice fatto che non riusciva a dominare classi di studenti strafottenti e molto più grandi di lui. E visse nell'anonimato, con lavori saltuari e occasionali come contabile e magazziniere, licenziandosi ogni qualvolta venisse riconosciuto.
La sua educazione, la sua cultura davvero enciclopedica, non gli offrirono il bene dell'elasticità. Costretto a vivere una vita da emarginato, Sidis venne su nel mito che ogni risposta fosse nei libri e nelle nozioni scientifiche.
Il punto di rottura si registrò proprio il primo giorno del suo primo corso da professore ad Harvard, quando ancora sedicenne distribuì agli studenti le dispense da lui redatte sulla geometria non euclidea. La rivolta degli studenti per lui rimase incomprensibile. Loro lasciavano l'aula indignati mentre Sidis tentava di spiegare balbettando che gli era sembrato naturale scrivere quelle dispense in greco, visto che è la lingua di Euclide. Forse aveva ragione Salvador Dalí, «l'intelligenza senza ambizioni è un uccello senza ali». Sidis si sarebbe salvato soltanto se avesse avuto dei genitori meno meschini e un egoismo più accentuato.
venerdì 24 gennaio 2014
Alla ricerca dei “Libri dell’Abisso”
di Roberto Volterri e Bruno Ferrante
“Libri
dell’Abisso”?
“Abisso”
dell’animo umano? “Abisso” della follia? “Abisso” delle
conoscenze esoteriche?
Di
sicuro un “Abisso” in cui si è da sempre immerso chi ha cercato di
varcare l’effimera, evanescente “soglia” che sembra separare questa a volte
noiosa realtà immanente da una meno ovvia ma forse più pericolosa realtà
trascendente ove si nascondono le “ombre” più oscure delle umane vicende…
“Ombre”
attraversate nel corso dei secoli da inquietanti, luciferini, personaggi dei
quali il mitico “dottor Faust” di marlowiana memoria sembra apparire come una
sorta di tragico mentore ispirato al realmente esistito Johann Georgius Faustus
Helmstetensis, astrologo e necromante della cittadina di Ingolstadt, vissuto a
cavallo tra XV e XVI secolo.
Roberto Volterri |
“Ombre”
in cui si mossero, brancolarono, soffrirono, molti altri suoi epigoni,
personaggi intorno ai quali l’odor di zolfo aleggiava inesorabilmente…
Quali,
ad esempio, John Dee , nel 1551 ingiustamente accusato di stregoneria e di aver
cercato di avvelenare Maria I Tudor ma divenuto successivamente astrologo di
fiducia della regina Elisabetta I e suo consigliere per qualsiasi argomento
riguardante “studi proibiti”. Oppure, Edward Talbot, ma per gli amici Edward
Kelley, sedicente medium di Dee e noto per la sua dichiarata abilità
nell’evocare presenze angeliche (o diaboliche?).
Nel
recente “I Libri dell’Abisso”
abbiamo voluto prendere in esame soprattutto alcuni testi “maledetti”,
un po’ in “odor di zolfo”, (forse) mai visti, sfogliati o letti da nessun
essere umano. Forse perché… non sono mai esistiti, forse perché non li abbiamo
ancora ritrovati.
Ovviamente
siamo partiti dal più noto tra gli “pseudobiblia”, ovvero quei testi di
cui tutti parlano, molti sostengono di averli visti, nessuno sa dove siano
realmente: il famigerato “Necronomicon”.
Perchè…
il “Necronomicon” non esiste, lo sanno tutti!
O,
meglio, forse non esiste con questo nome, forse è inutile cercarlo nelle varie
biblioteche dove – lo sappiamo, lo sappiamo, stiamo esagerando! – potrebbe
“vivere” sotto falso nome, custodito con
tanto di improbabile codice alfanumerico, dewey, cdu o meno, con
cui da “qualcuno” lì sarebbe stato collocato. Manca solo il codice ISBN e
poi l’opera di “disinformazione” apparirebbe completa!
Roberto
Volterri – da sempre “stregato” dall’introvabile Grimoire – se ne è bene
accorto scrivendo parte del sequel “I Dèmoni dell’Abisso”, poiché
durante le sue ricerche – sia su libri editi in Italia, sia nel web – sono
apparsi nomi, località e circostanze… del tutto inesistenti.
Eppure
non è a priori escludibile con “assoluta certezza” che da qualche parte, in
qualche polverosa e dimenticata biblioteca, qualcosa di simile al tanto
discusso e “famigerato” “Necronomicon” esista sul serio.
Chi
scrive – soprattutto uno degli autori del libro appena pubblicato… – è
profondamente convinto che il grande Howard Phillips Lovecraft non abbia detto
tutta la verità riguardo al “diabolico” Grimoire.
O
meglio, ha solo raccontato “parziali verità”, espressione questa che non è
affatto sinonimo di “menzogne”.
Lovecraft,
non possiamo non tenerne conto, fu estremamente complesso, geniale quanto si
vuole, ma affetto da infiniti “problemi” d’ordine psicologico fin dalla più
tenera infanzia. Preda di ripetuti esaurimenti nervosi forse provocati anche
dalla madre che gli impediva di uscire di casa perché lo riteneva “brutto”,
afflitto da svariati problemi di natura fisica che lo tennero lontano dalle
aule scolastiche, in preda a continue emicranie – causate, sembra dalla caduta
da un’impalcatura in età adolescenziale – Lovecraft visse sempre all’ombra di
figure femminili rappresentate, oltre che dalla madre, dalle zie anch’esse
iperprotettive.
L’unica
altra figura femminile che appare nella sua strana esistenza è Sonia Haft
Greene, con la quale contrae matrimonio nel marzo del 1924.
Uno
stranissimo matrimonio – forse del tutto “platonico”… – durato ben poco ma che
potrebbe aver influito sulla sua produzione letteraria, poiché la Greene era
stata allieva del famigerato Aleister Crowley, la “Grande Bestia”, il
più famoso “mago” del XX secolo.
Ė
quindi abbastanza plausibile che l’infelice unione coniugale del “Solitario
di Providence” – il quale, ricordiamocelo, aveva conosciuto la Greene il 12
Marzo 1921 e per lei, nel 1922, aveva
addirittura scritto il racconto “The Horror at Martin’s Beach”… – abbia
avuto come naturale conseguenza qualche influenza, qualche “ispirazione” per
dar vita alla descrizione, alla cronologia più o meno attendibile, con cui HPL
menziona per la prima il “Necronomicon” proprio in quegli anni, nel
racconto “The Hound”.
Pur
non trascurando l’ipotesi che il “Necronomicon” possa derivare dalla
celeberrima “Clavicula Salomonis”, un Grimoire magico che
Lovecraft avrà molto probabilmente conosciuto nella sterminata biblioteca del
nonno, biblioteca in cui passò quasi
tutti gli anni della sua sofferta adolescenza…
Ma
tra i “Libri dell’Abisso” non potremmo non annoverare anche
l’intraducibile (fino ad ora…) “Manoscritto Voynich”, definito come “il
libro più misterioso del mondo”.
Bruno Ferrante |
Datato
al XV secolo mediante il metodo del C14 applicato all’analisi delle pergamene
che lo compongono, potrebbe essere stato redatto tra il 1404 e il 1438.
Ma
di questa datazione non siamo del tutto certi…
Il
“lieto evento”, la sua nascita, oscilla di molto a seconda delle… preferenze e
del substrato culturale dei vari studiosi che si sono, da circa un secolo,
impegnati nello studio di questo strano reperto.
Compreso
Bruno Ferrante, il quale ha l’indiscusso merito di avere utilizzato un inedito
approccio di tipo storico-informatico dedicato alle curiose raffigurazioni,
botaniche, astronomiche, “mediche”, che lo abbelliscono. Ma non solo…
Le
indagini, le ricerche storico-iconografiche hanno dato vita ad una nuova
ipotesi: nei dintorni del lago Balaton, in Ungheria, è possibile che si
svolgessero singolari pratiche basate su cure idrotermali e fitoterapiche –
forse sotto l’influenza di particolari “congiunzioni astrali” – volte a
superare “difficoltà di concepimento” da parte di alcune auguste regnanti
dell’epoca.
Manoscritto Voynich |
Tale
ipotesi fornirebbe una spiegazione – dotata di un accettabile “spessore
probatorio” – alle curiose raffigurazioni di leggiadre fanciulle, dalle gote
arrossate, a volte con il ventre prominente, immerse in improbabili “vasche” e
“tubazioni” dalle quali esce acqua forse arricchita con i principi attivi
estratti da alcune delle piante visibili nella sezione “Botanica” del “Manoscritto
Voynich”, raccolte e distillate in ben precisi periodi dell’anno,
verosimilmente indicati nella sezione “Astronomica” del misterioso
documento. Chissà? Forse è questa la strada da percorrere…
Manoscritto Voynic, immagine |
Il
“Manoscritto Voynich “ – noto anche come MS408, codice con cui è
catalogato presso la “Beinecke Rare Book and Manuscript Library” dell'Università di
Yale – compare per la prima volta a
Praga, la “magica” Praga dell’imperatore Rodolfo II, la Praga del “mago” John
Dee e del suo del tutto inaffidabile collaboratore Edward Kelley, la Praga
degli alchimisti, la Praga da cui, verosimilmente, venne inviato a Roma per
essere decifrato da quel geniale gesuita “tuttologo” che rispondeva al nome di
Athanasius Kircher, uomo dai molteplici e strani interessi scientifici.
A
Roma, al Collegio Romano, qualcosa successe, forse qualche foglio, qualche
pergamena andò “perduta”, forse non venne mai restituita ai confratelli di
Villa Mondragone, poiché all’appello mancano ben quattordici fogli. Che stiamo
da tempo cercando…
Ci
fermiamo qui, suggerendo ulteriori ricerche “sul campo”, in alcune istituzioni
ecclesiastiche, in sperdute e dimenticate chiese – in particolare nelle loro
cantine… – nelle innumerevoli biblioteche di cui è fortunatamente dotata l’Urbs
aeterna, muta testimone di strane vicende storiche, di intrighi culturali,
di (quasi) insondabili “misteri”…
Etichette:
Aleister Crowley,
Athanasius Kircher. praga,
bruno ferrante,
Edward Kelley,
Grimoire,
i libri dell'abisso,
John Dee,
Lovecraft,
necronomicon,
roberto volterri,
Rodolfo II,
volterri,
voynich
domenica 19 gennaio 2014
I Libri dell’Abisso di Roberto Volterri e Bruno Ferrante
Ne “I Libri dell’Abisso” troverete inedite immagini e notizie su alcuni libri mai visti, sfogliati e letti da nessun essere umano. Forse perché… non sono mai esistiti, forse perché non li abbiamo ancora ritrovati. Molti sostengono di averli visti, ma nessuno… sa dove siano realmente, come ad esempio il famigerato “Necronomicon”.
Ma tra “I Libri dell’Abisso” non potremmo non annoverare anche l’intraducibile (fino ad ora…) “Manoscritto Voynich”, definito come “il libro più misterioso del mondo” e catalogato come MS408 presso la “Beinecke Rare Book and Manuscript Library” dell’Università di Yale. Insomma, scoprirete, pagina per pagina, i “misteri” che da un secolo aleggiano intorno a questi stranissimi “Libri dell’Abisso”, ripercorrerete le ricerche degli autori, forse troverete altri indizi, altre “tracce”, a
ltri “misteri”…
Eremon Edizioni - Via Trilussa, 98 – 04011 Aprilia (LT) www.eremonedizioni.it
Roberto Volterri. Laureato in Archeologia si interessa dai primi anni’60 di fenomenologia ESP e degli aspetti meno consueti della realtà. Ha già pubblicato oltre trenta libri tra cui: Manuale di Psicotronica (Eremon, 2007); Gli Stregoni della Scienza (Eremon, 2009); Archeologia dell’Impossibile (Eremon, 2010); Il laboratorio del Dr. Frankenstein (Eremon 2011); Odissee di sangue (Eremon, 2012); L’Ombra della Clessidra (Eremon, 2013); IFO Oggetti Volanti Identificati ?(Eremon, 2013). Con SugarCo Edizioni e Il Cerchio della Luna ha pubblicato decine di altri libri in cui il “mistero” è l’interprete principale. Ha pubblicato oltre duecento articoli dedicati alle tematiche ‘misteriose’ comparsi sulle riviste gli Arcani, Abstracta ed Hera (di cui è stato a lungo il Consulente scientifico); ha partecipato ad alcune trasmissioni radiofoniche (Totem, su RTL 102,5) e televisive sia su reti RAI (Voyager) sia su emittenti private (Stargate e Il Sogno dell’Angelo). “Minaccia” di pubblicare altrettanti libri sulle tematiche… “misteriose”!
Bruno Ferrante. Scrittore e saggista appassionato di archeologia e arti grafiche antiche, in questi ultimi anni – oltre al dedicarsi a studi in ambito universitario con indirizzo formativo in storia antica della Chiesa – si è impegnato nella consultazione di “strani” manoscritti medievali, iniziando un lungo percorso per la ricerca e decifrazione di manufatti, incisioni e antiche stampe riguardanti il “mistero”..
domenica 12 gennaio 2014
Iconografia dei Re Magi: europea, asiatica e africana per rappresentare i tre continenti
pubblicato su Archeologia & Cultura n. 3 del
7 febbraio 2010
di Vito Foschi
In questo breve scritto vorrei soffermarmi sulla
rappresentazione classica dei Re Magi, per poterne indicare l’origine. Si è
subito portati a pensare che le immagini dedicate ai magi sono tratte dal
racconto evangelico, ma questo non è propriamente vero; siamo talmente abituati
a certe tipi di rappresentazioni da non conoscerne più l’origine e pensare che
vengano dal Vangelo, quando la loro origine è ben diversa.
L’immagine classica dei re magi li vuole di tre razze
diverse, europea, asiatica, africana a rappresentare i tre continenti allora
conosciuti, di tre età diverse, giovane, di mezza età, vecchio a
rappresentazione delle tre età dell’uomo. Questo ad indicare come tutti gli
uomini, di qualsiasi origine ed età venivano a tributare il proprio omaggio al
Figlio di Dio, significando l’universalità della fede cristiana che non era
solo per alcuni uomini, ma per tutti. Inoltre la parola mago indica un sacerdote
pagano, a mostrare l’apertura del cristianesimo alle genti pagane, cristianesimo
che altrimenti sarebbe rimasto confinato al mondo ebraico. La loro regalità viene
quasi a compensare in qualche modo la nascita in povertà in mezzo ai pastori,
per ribadire, che Cristo non è venuto solo per i poveri, ma per tutti.
L’unico vangelo che parla dei Magi è quello di Matteo,
mentre l’altro vangelo che racconta la nascita di Gesù, quello di Luca, non li
menziona, anzi inserisce il battesimo del Bambino al tempio di Gerusalemme,
introducendo un problema di coerenza fra
i due vangeli. Da questo punto di vista la loro presenza nell’unico
vangelo di Matteo sembrerebbe quasi un’aggiunta per giustificare l’apertura del
cristianesimo al mondo pagano.
Nel vangelo di Matteo non si indica il loro numero e non li
si descrive, ma si parla solo dei tre doni: solo il numero dei doni coincide
con il numero dei magi nella loro classica rappresentazione. Si racconta
dell’incontro con Erode e dell’omaggio al Bambino e poco più. Il passo
evangelico è piuttosto avaro di notizie su questi personaggi.
In realtà tutta l’iconografia sui Re Magi compresi i nomi
deriva dai racconti contenuti nei cosiddetti vangeli apocrifi, che considerate
tutte le rappresentazioni tanto apocrifi non dovevano essere. Apocrifo è parola
d’origine greca che sta per nascosto, ma tali racconti, a parte quelli
palesemente in contrasto con l’insegnamento della Chiesa, anche se non
accettati ufficialmente erano ben diffusi e tollerati dalle autorità
ecclesiastiche visto che molti di loro sono stati la base per decorazioni di edifici
religiosi. Come spesso si dice le pitture e le sculture rappresentavano la Bibbia degli analfabeti,
che poi tanto analfabeti non dovevano essere, perché a volte i significati di
tali immagini non sono immediatamente intelligibili. I Vangeli ufficiali si
soffermano sulla predicazione pubblica di Gesù perché rispondono ad una
esigenza teologica, ma non rispondono alle curiosità del popolo che chiedeva
per esempio cosa avesse fatto Gesù nella sua infanzia o mentre era in Egitto e
così via. A queste domande rispondono i vangeli apocrifi classificati come
vangeli dell’infanzia, unendo fantasia e racconto evangelico. Così visto che il
racconto evangelico non diceva nulla dei misteriosi magi, hanno provveduto i
vangeli apocrifi a darne una descrizione, a raccontarne la loro storia e la
loro origine dando idee ai vari artisti chiamati a rappresentarli.
I Magi, raccolta di testi - 2° parte
Un ampliamento con notevoli aggiunte del vangelo siriaco è il seguente vangelo armeno.
Vangelo dell’infanzia armeno
V.
10. Subito un angelo del Signore si recò nel paese Persiani, per avvertire i re magi che andassero ad adorare il neonato. E costoro, guidati da una stella per nove mesi, giunsero a destinazione nel momento in cui la vergine diveniva madre.
In quel tempo il regno dei Persiani dominava per la sua potenza e le sue conquiste su tutti i re che esistevano nei paesi d’oriente, e quelli che erano i re magi erano tre fratelli: il primo, Melkon, regnava sui Persiani, il secondo, Balthasar, regnava sugli Indiani, e il terzo, Gaspar, possedeva il paese degli Arabi.
Essendosi uniti insieme per ordine di Dio, arrivarono nel momento in cui la vergine diveniva madre. Essi avevano affrettato il passo e si trovarono là al tempo preciso della nascita di Gesù.
XI.
1. Giuseppe e Maria rimasero con il bambino in quella grotta, nascostamente e senza farsi vedere, perché nessuno ne sapesse niente.
Ma tre giorni dopo, il 23 Tebeth, cioè il 9 gennaio, ecco che i Magi d’Oriente, i quali erano partiti dal loro paese, arrivarono nella città di Gerusalemme, dopo nove mesi. Questi re dei Magi erano tre fratelli: il primo era Melkon , re dei Persiani, il secondo Gaspar, re degli Indiani, e il terzo Balthasar, re degli Arabi. I comandanti del loro corteggio, investiti della suprema autorità, erano dodici. I drappelli di cavalleria che li accompagnavano comprendevano dodicimila uomini: quattromila per ciascun regno. Tutti venivano, per ordine di Dio, dalla terra dei Magi, dalle regioni d’Oriente, loro patria. Infatti, allorché l’angelo del Signore ebbe annunciato alla vergine Maria la notizia che la rendeva madre, come abbiamo già riferito, nello stesso istante essi furono avvertiti dallo Spirito Santo di andare ad adorare il neonato. Essi pertanto, messisi d’accordo, si riunirono in uno stesso luogo, e la stella, precedendoli, li guidava, con i loro seguiti, fino alla città di Gerusalemme, dopo nove mesi di viaggio.
2. Essi si accamparono nei pressi della città e vi rimasero tre giorni, coi rispettivi principi dei loro regni. Benché fossero fratelli, figli di uno stesso re, marciavano al loro seguito eserciti di lingua molto differente.
Melkon, il primo re, aveva mirra, aloe, mussolina, porpora, pezze di lino, e i libri scritti e sigillati dalle mani di Dio.
Il secondo, il re degli Indi, Gaspar, aveva, come doni in onore del bambino, del nardo prezioso, della mirra, della cannella, del cinnamomo e dell’incenso e altri profumi.
Il terzo, il re degli Arabi, Balthasar, aveva oro, argento, pietre preziose, zaffiri di gran valore e perle fini.
3. Quando tutti furono giunti nella città di Gerusalemme, l’astro che li precedeva celò momentaneamente la sua luce. Essi perciò si fermarono e posero le tende. Le numerose truppe di cavalieri e i loro re si dicevano l’un l’altro: - E adesso che facciamo? In quale direzione dobbiamo camminare? Noi lo ignoriamo, perché una stella ci ha preceduti fino ad oggi, ma ecco che è scomparsa e ci ha lasciati nelle difficoltà.
I Magi si dissero l’un l’altro: - Andiamo ad informarci nei riguardi di questo bambino e a chiedere dove si trova esattamente, così dopo potremo proseguire il nostro viaggio.
Tutti dissero all’unanimità: "Si, avete ragione".
4-10 [Timori di re Erode, che consulta i suoi dignitari, li manda ad invitare i Magi e a costoro chiede informazioni.(Protovangelo XXI 1-2; Pseudo-Matteo XVI 1).]
11. Dissero i Magi : - La testimonianza che noi possediamo non viene né da uomo né da altro essere vivente. E’ un ordine divino, concernente una promessa che il Signore ha fatto in favore dei figli degli uomini, che noi abbiamo conservato fino ad oggi.
- E dov’è questo libro, che solo il vostro popolo possiede, ad esclusione di tutti gli altri? - domandò Erode.
I Magi risposero: - Nessun altro popolo lo conosce, né per sentito dire, né per conoscenza diretta. Solo il nostro popolo né possiede la testimonianza scritta. Quando Adamo dovette lasciare il Paradiso, e Caino ebbe ucciso Abele, il Signore Iddio diede ad Adamo, come figlio della consolazione, Seth, e con lui questo documento scritto, chiuso e sigillato dalle mani di Dio. Seth lo ricevette da suo padre e lo trasmise ai suoi figli, e i suoi figli ai loro figli, di generazione in generazione. E fino a Noè essi ricevettero l’ordine di custodirlo con somma cura. Noè lo diede al figlio Sem, e i figli di questo ai propri figli, i quali come lo ricevettero lo trasmisero ad Abramo, ed Abramo lo affidò al sommo sacerdote Melchisedec, e per questa via giunse al nostro popolo ai tempi di Ciro, re della Persia. I nostri antenati l’hanno deposto in una sala, con grande onore, e così è pervenuto fino a noi, che, avendo ricevuto questo scritto, abbiamo conosciuto in anticipo la nascita del nuovo monarca, figlio dei re d’Israele.
12. Allorché Erode ebbe inteso queste cose, la rabbia lo prese al cuore e disse: - Non vi lascerò partire di qui, finché non mi avrete mostrato tutto ciò che avete con voi! – E ordinò di arrestarli con la forza.
Ed ecco, all’improvviso, il palazzo, nel quale viveva una grande moltitudine di persone, fu scosso: dai quattro lati le colonne caddero abbattute e tutto l’edificio crollò. Una folla immensa che si trovava di fuori, fuggì di là; quelli che erano all’interno dell’edificio furono stesi morti in numero di sessantadue individui, grandi e piccini.
A tale vista, tutti coloro che erano venuti là si gettarono ai piedi di Erode e lo supplicarono, dicendo: - Lasciali proseguire tranquillamente il loro viaggio!
Anche suo figlio Archelao si gettò ai piedi del padre e lo supplicò.
13. [Erode lascia liberi i Magi, poi s’informa dagli scribi sul luogo di nascita di Gesù (Mt. II 3-5; Protovangelo XIX 2; Pseudo-Matteo XVI 1).]
14-21. [I Magi arrivano a Betlemme con suono di ombre e canti di gioia e chiedono informazioni proprio a Giuseppe, che è pieno di paura; avutele, entrano nella grotta e offrono i loro doni. Poi si raccontano le loro impressioni.]
22. Infine il re Melkon, preso il libro del Testamento, che egli aveva in eredità dai suoi antenati, come abbiamo già detto, lo portò in dono al bambino, dicendo: - Ecco lo scritto, in forma di lettera, che tu hai lasciato in custodia, dopo averlo chiuso e sigillato. Prendi, e leggi il documento autentico che tu stesso hai scritto.
Questo è il documento il cui testo era stato conservato in plico segreto e che i Magi non avevano mai osato aprire né dare a leggere a qualche sacerdote, né far conoscere al popolo, perché non erano degni di divenire i figli del regno, essendo destinati a rinnegare e a crocifiggere il Salvatore.
23. Or dunque, quando Adamo dovette lasciare il Paradiso e Caino ebbe ucciso Abele, siccome Adamo era afflitto per la morte del figlio più che per aver dovuto lasciare il Paradiso, il Signore Iddio fece nascere ad Adamo il figlio della consolazione, Seth. E come dapprima Adamo aveva voluto diventare un dio, Dio stabilì di diventare uomo, per l’abbondanza della sua misericordia e del suo amore verso il genere umano. Egli fece promessa al nostro primo padre che, tramite suo, avrebbe scritto e sigillato di propria mano una pergamena, a caratteri d’oro, con queste parole: - Nell’anno 6000, il sesto giorno della (settimana), io manderò il mio figlio unico, il Figlio dell’uomo, che ti ristabilirà di nuovo nella tua dignità primitiva. Allora tu, Adamo, unito a Dio nella tua carne resa immortale, potrai, come noi, discernere il bene dal male.
24,25. [I Magi adorano Gesù, poi avvertiti da un angelo ripartono per il loro paese, senza tornare da Erode (Protovangelo XXI 4)]
XII.
1-6. [Circoncisione e presentazione di Gesù al Tempio, dove il vecchio Simeone lo saluta profeticamente (Lc. II 21-32).]
XIII.
1. Essi attendevano a Betlemme l’inizio dell’anno nuovo, quando un empio individuo di quella città, di nome Begor, tentò di sobillare il re Erode, facendogli la seguente relazione: - I Magi che tu hai mandato a Betlemme e ai quali hai ordinato di tornare da te non sono ritornati, ma recatisi là hanno trovato un bambino neonato, che essi hanno chiamato figlio di re, e gli hanno regalato ogni sorta di cose e di doni che avevano con sé, poi sono tornati ai loro paesi per un’altra via.
2-5 [Ira di Erode, che ordina la strage degli innocenti.]
Varianti
XI.
M1 (miscellanea armena, sull’arrivo dei Magi), anteriore al 1700.
M2 (miscellanea armena, come sopra), data ignota.
M3 (miscellanea armena, adorazione dei Magi), del 1538.
M1, M2, M3 danno i nomi dei 12 comandanti: Barhuridai, Dadmusai (Dadmisai), Bardimsai, Sahabanai (Sahipanai), Khorinai, Dedmisai, Disbugai (Dispahai), Khamarai, Sawursai (Sarurai, Samurari), Aksirai (Ispanai), Sahurai, Samiram.
L’ultimo passo è di un vangelo che racconta la Passione del Cristo. È molto breve. Si tratta di una semplice citazione della storia dei Magi.
Vangelo di Nicodemo
3. Alzatosi dal suo seggio, egli [Pilato] voleva andarsene. Ma i Giudei gridarono, dicendo: - Noi riconosciamo come imperatore Cesare, e non Gesù; ma invero i Magi gli hanno portato dall’oriente doni come a un re. Ed Erode, udito dai magi che era nato un re, voleva ucciderlo, ma venutone a conoscenza, suo padre Giuseppe prese lui e sua madre e fuggirono in Egitto, e quando Erode lo seppe sterminò i bambini degli Ebrei che erano nati a Betlemme.
Solo Matteo parla dei magi e della fuga in Egitto. L’altro vangelo dell’infanzia, quello di Luca, non parla né dei magi, né di Erode né tantomeno della stage degli innocenti, né della fuga in Egitto. Però parla del battesimo e circoncisione di Gesù e lo portarono a Gerusalemme per offrirlo al Signore come era usanza per i primogeniti.
Vangelo dell’infanzia armeno
V.
10. Subito un angelo del Signore si recò nel paese Persiani, per avvertire i re magi che andassero ad adorare il neonato. E costoro, guidati da una stella per nove mesi, giunsero a destinazione nel momento in cui la vergine diveniva madre.
In quel tempo il regno dei Persiani dominava per la sua potenza e le sue conquiste su tutti i re che esistevano nei paesi d’oriente, e quelli che erano i re magi erano tre fratelli: il primo, Melkon, regnava sui Persiani, il secondo, Balthasar, regnava sugli Indiani, e il terzo, Gaspar, possedeva il paese degli Arabi.
Essendosi uniti insieme per ordine di Dio, arrivarono nel momento in cui la vergine diveniva madre. Essi avevano affrettato il passo e si trovarono là al tempo preciso della nascita di Gesù.
XI.
1. Giuseppe e Maria rimasero con il bambino in quella grotta, nascostamente e senza farsi vedere, perché nessuno ne sapesse niente.
Ma tre giorni dopo, il 23 Tebeth, cioè il 9 gennaio, ecco che i Magi d’Oriente, i quali erano partiti dal loro paese, arrivarono nella città di Gerusalemme, dopo nove mesi. Questi re dei Magi erano tre fratelli: il primo era Melkon , re dei Persiani, il secondo Gaspar, re degli Indiani, e il terzo Balthasar, re degli Arabi. I comandanti del loro corteggio, investiti della suprema autorità, erano dodici. I drappelli di cavalleria che li accompagnavano comprendevano dodicimila uomini: quattromila per ciascun regno. Tutti venivano, per ordine di Dio, dalla terra dei Magi, dalle regioni d’Oriente, loro patria. Infatti, allorché l’angelo del Signore ebbe annunciato alla vergine Maria la notizia che la rendeva madre, come abbiamo già riferito, nello stesso istante essi furono avvertiti dallo Spirito Santo di andare ad adorare il neonato. Essi pertanto, messisi d’accordo, si riunirono in uno stesso luogo, e la stella, precedendoli, li guidava, con i loro seguiti, fino alla città di Gerusalemme, dopo nove mesi di viaggio.
2. Essi si accamparono nei pressi della città e vi rimasero tre giorni, coi rispettivi principi dei loro regni. Benché fossero fratelli, figli di uno stesso re, marciavano al loro seguito eserciti di lingua molto differente.
Melkon, il primo re, aveva mirra, aloe, mussolina, porpora, pezze di lino, e i libri scritti e sigillati dalle mani di Dio.
Il secondo, il re degli Indi, Gaspar, aveva, come doni in onore del bambino, del nardo prezioso, della mirra, della cannella, del cinnamomo e dell’incenso e altri profumi.
Il terzo, il re degli Arabi, Balthasar, aveva oro, argento, pietre preziose, zaffiri di gran valore e perle fini.
3. Quando tutti furono giunti nella città di Gerusalemme, l’astro che li precedeva celò momentaneamente la sua luce. Essi perciò si fermarono e posero le tende. Le numerose truppe di cavalieri e i loro re si dicevano l’un l’altro: - E adesso che facciamo? In quale direzione dobbiamo camminare? Noi lo ignoriamo, perché una stella ci ha preceduti fino ad oggi, ma ecco che è scomparsa e ci ha lasciati nelle difficoltà.
I Magi si dissero l’un l’altro: - Andiamo ad informarci nei riguardi di questo bambino e a chiedere dove si trova esattamente, così dopo potremo proseguire il nostro viaggio.
Tutti dissero all’unanimità: "Si, avete ragione".
4-10 [Timori di re Erode, che consulta i suoi dignitari, li manda ad invitare i Magi e a costoro chiede informazioni.(Protovangelo XXI 1-2; Pseudo-Matteo XVI 1).]
11. Dissero i Magi : - La testimonianza che noi possediamo non viene né da uomo né da altro essere vivente. E’ un ordine divino, concernente una promessa che il Signore ha fatto in favore dei figli degli uomini, che noi abbiamo conservato fino ad oggi.
- E dov’è questo libro, che solo il vostro popolo possiede, ad esclusione di tutti gli altri? - domandò Erode.
I Magi risposero: - Nessun altro popolo lo conosce, né per sentito dire, né per conoscenza diretta. Solo il nostro popolo né possiede la testimonianza scritta. Quando Adamo dovette lasciare il Paradiso, e Caino ebbe ucciso Abele, il Signore Iddio diede ad Adamo, come figlio della consolazione, Seth, e con lui questo documento scritto, chiuso e sigillato dalle mani di Dio. Seth lo ricevette da suo padre e lo trasmise ai suoi figli, e i suoi figli ai loro figli, di generazione in generazione. E fino a Noè essi ricevettero l’ordine di custodirlo con somma cura. Noè lo diede al figlio Sem, e i figli di questo ai propri figli, i quali come lo ricevettero lo trasmisero ad Abramo, ed Abramo lo affidò al sommo sacerdote Melchisedec, e per questa via giunse al nostro popolo ai tempi di Ciro, re della Persia. I nostri antenati l’hanno deposto in una sala, con grande onore, e così è pervenuto fino a noi, che, avendo ricevuto questo scritto, abbiamo conosciuto in anticipo la nascita del nuovo monarca, figlio dei re d’Israele.
12. Allorché Erode ebbe inteso queste cose, la rabbia lo prese al cuore e disse: - Non vi lascerò partire di qui, finché non mi avrete mostrato tutto ciò che avete con voi! – E ordinò di arrestarli con la forza.
Ed ecco, all’improvviso, il palazzo, nel quale viveva una grande moltitudine di persone, fu scosso: dai quattro lati le colonne caddero abbattute e tutto l’edificio crollò. Una folla immensa che si trovava di fuori, fuggì di là; quelli che erano all’interno dell’edificio furono stesi morti in numero di sessantadue individui, grandi e piccini.
A tale vista, tutti coloro che erano venuti là si gettarono ai piedi di Erode e lo supplicarono, dicendo: - Lasciali proseguire tranquillamente il loro viaggio!
Anche suo figlio Archelao si gettò ai piedi del padre e lo supplicò.
13. [Erode lascia liberi i Magi, poi s’informa dagli scribi sul luogo di nascita di Gesù (Mt. II 3-5; Protovangelo XIX 2; Pseudo-Matteo XVI 1).]
14-21. [I Magi arrivano a Betlemme con suono di ombre e canti di gioia e chiedono informazioni proprio a Giuseppe, che è pieno di paura; avutele, entrano nella grotta e offrono i loro doni. Poi si raccontano le loro impressioni.]
22. Infine il re Melkon, preso il libro del Testamento, che egli aveva in eredità dai suoi antenati, come abbiamo già detto, lo portò in dono al bambino, dicendo: - Ecco lo scritto, in forma di lettera, che tu hai lasciato in custodia, dopo averlo chiuso e sigillato. Prendi, e leggi il documento autentico che tu stesso hai scritto.
Questo è il documento il cui testo era stato conservato in plico segreto e che i Magi non avevano mai osato aprire né dare a leggere a qualche sacerdote, né far conoscere al popolo, perché non erano degni di divenire i figli del regno, essendo destinati a rinnegare e a crocifiggere il Salvatore.
23. Or dunque, quando Adamo dovette lasciare il Paradiso e Caino ebbe ucciso Abele, siccome Adamo era afflitto per la morte del figlio più che per aver dovuto lasciare il Paradiso, il Signore Iddio fece nascere ad Adamo il figlio della consolazione, Seth. E come dapprima Adamo aveva voluto diventare un dio, Dio stabilì di diventare uomo, per l’abbondanza della sua misericordia e del suo amore verso il genere umano. Egli fece promessa al nostro primo padre che, tramite suo, avrebbe scritto e sigillato di propria mano una pergamena, a caratteri d’oro, con queste parole: - Nell’anno 6000, il sesto giorno della (settimana), io manderò il mio figlio unico, il Figlio dell’uomo, che ti ristabilirà di nuovo nella tua dignità primitiva. Allora tu, Adamo, unito a Dio nella tua carne resa immortale, potrai, come noi, discernere il bene dal male.
24,25. [I Magi adorano Gesù, poi avvertiti da un angelo ripartono per il loro paese, senza tornare da Erode (Protovangelo XXI 4)]
XII.
1-6. [Circoncisione e presentazione di Gesù al Tempio, dove il vecchio Simeone lo saluta profeticamente (Lc. II 21-32).]
XIII.
1. Essi attendevano a Betlemme l’inizio dell’anno nuovo, quando un empio individuo di quella città, di nome Begor, tentò di sobillare il re Erode, facendogli la seguente relazione: - I Magi che tu hai mandato a Betlemme e ai quali hai ordinato di tornare da te non sono ritornati, ma recatisi là hanno trovato un bambino neonato, che essi hanno chiamato figlio di re, e gli hanno regalato ogni sorta di cose e di doni che avevano con sé, poi sono tornati ai loro paesi per un’altra via.
2-5 [Ira di Erode, che ordina la strage degli innocenti.]
Varianti
XI.
M1 (miscellanea armena, sull’arrivo dei Magi), anteriore al 1700.
M2 (miscellanea armena, come sopra), data ignota.
M3 (miscellanea armena, adorazione dei Magi), del 1538.
M1, M2, M3 danno i nomi dei 12 comandanti: Barhuridai, Dadmusai (Dadmisai), Bardimsai, Sahabanai (Sahipanai), Khorinai, Dedmisai, Disbugai (Dispahai), Khamarai, Sawursai (Sarurai, Samurari), Aksirai (Ispanai), Sahurai, Samiram.
L’ultimo passo è di un vangelo che racconta la Passione del Cristo. È molto breve. Si tratta di una semplice citazione della storia dei Magi.
Vangelo di Nicodemo
3. Alzatosi dal suo seggio, egli [Pilato] voleva andarsene. Ma i Giudei gridarono, dicendo: - Noi riconosciamo come imperatore Cesare, e non Gesù; ma invero i Magi gli hanno portato dall’oriente doni come a un re. Ed Erode, udito dai magi che era nato un re, voleva ucciderlo, ma venutone a conoscenza, suo padre Giuseppe prese lui e sua madre e fuggirono in Egitto, e quando Erode lo seppe sterminò i bambini degli Ebrei che erano nati a Betlemme.
Solo Matteo parla dei magi e della fuga in Egitto. L’altro vangelo dell’infanzia, quello di Luca, non parla né dei magi, né di Erode né tantomeno della stage degli innocenti, né della fuga in Egitto. Però parla del battesimo e circoncisione di Gesù e lo portarono a Gerusalemme per offrirlo al Signore come era usanza per i primogeniti.
sabato 28 dicembre 2013
I Magi, raccolta di testi - 1° parte
A cura di Vito Foschi
L’unico vangelo che parla dei Re Magi è quello di Matteo. L’altro vangelo che racconta la nascita di Gesù, quello di Luca, non li menziona, anzi inserisce il battesimo del Bambino al tempio di Gerusalemme, introducendo un problema di coerenza fra i due vangeli. Il passo evangelico è avaro di notizie su questi personaggi. È curioso notare come la tradizioni dei tre Re Magi chiamati Melchiorre, Baldassare e Gaspare è totalmente apocrifa. Nel vangelo di Matteo non si parla né dei nomi né del numero dei Magi. Ora riporterò vari passi dei vangeli apocrifi in cui si parla dei Magi. Per primo trascriverò il passo del vangelo di Matteo. I testi sono presi dal libro "I Vangeli apocrifi" a cura di Marcello Craveri.
Vangelo secondo Matteo 2,1-2,12
Nato Gesù in Betleem di Giuda, al tempo del re Erode, ecco, dei Magi arrivarono dall’oriente a Gerusalemme, e domandarono: "Dov’è il nato re dei Giudei? Poiché abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorarlo". Udito questo, il re Erode si turbò e con lui tutta Gerusalemme. E, radunati tutti i grandi Sacerdoti e gli Scribi del popolo, domandò loro dove doveva nascere il Cristo. Essi gli risposero: "A Betleem di Giuda; così infatti è stato scritto dal profeta: ‘E tu, Betleem, terra di Giuda, non sei certo la minore fra le città di Giuda, perché da te uscirà un capo che guiderà Israele, mio popolo’".
Allora Erode, chiamati in segreto i Magi, volle sapere da loro minutamente da quanto tempo la stella era loro apparsa; poi, inviandoli a Betleem, disse: "Andate e fate diligenti ricerche del fanciullo; e quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, affinché io pure vada ad adorarlo".
Esso, udito il re, partirono; ed ecco, la stella, che avevano veduta in Oriente, li precedeva, finché, giunta sopra il luogo ove era il fanciullo, si fermò. Vedendo essi la stella, furono ripieni di una grande gioia; ed entrati nella casa, videro il Bambino con Maria sua Madre e, prostratisi, lo adorarono; aperti poi i loro tesori, gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Quindi, avvertiti in sogno di non ripassare da Erode, tornarono al loro paese per altra via.
2,16-2,17
Allora Erode, vedendosi deluso dai Magi, s’irritò grandemente e mandò a uccidere tutti i bambini che erano in Betleem e in tutti i suoi dintorni, dai due anni in giù, secondo il tempo che aveva rilevato i Magi. Allora si adempì l’oracolo del profeta Geremia: "Un grido si udì in Rama, pianto e grave lamento: Rachele piange i suoi figli e rifiuta ogni conforto, perché non sono più".
VANGELI APOCRIFI
Protovangelo di Giacomo
XXI
1. Ed ecco che Giuseppe si preparò a partire per la Giudea. E una grande agitazione avvenne in Betlemme di Giudea, poiché arrivarono dei magi che chiedevano: - Dov’è il re il re dei Giudei che è nato? poiché abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti per adorarlo.
2. Udendo questo, Erode fu turbato e mandò dei messi ai magi e fece chiamare i grandi sacerdoti e li interrogò, dicendo: - Che cosa sta scritto riguardo al Cristo? Dove deve nascere?.
Gli dicono: - In Betlemme di Giudea: così infatti sta scritto.
Egli allora li congedò. E interrogò i magi, dicendo loro: - Che segno avete visto circa il re che è nato?
Dissero i magi: - Abbiamo visto una stella grandissima, che brillava tra queste altre stelle e le oscurava, così che le stelle non si vedevano, e noi per questo abbiamo capito che un re era nato per Israele e siamo venuti per adorarlo.
Ed Erode disse: - Andate e cercate; e se lo trovate fatemelo sapere affinché anch’io vada ad adorarlo.
3. I magi se ne andarono. Ed ecco la stella che avevano visto in oriente li precedeva finché giunsero alla grotta, e si fermò in capo alla grotta. E i magi videro il bambino con sua madre Maria, e trassero fuori della loro bisaccia dei doni: oro e incenso e mirra.
4. Ma essendo stati avvertiti dall’angelo di non entrare in Giudea, per altra via se ne tornarono al loro paese.
XXII.
1. Quando Erode si accorse di essere stato beffato dai magi, infuriato spedì dei sicarii, ordinando loro: - I bambini dai due anni in giù, uccideteli!
Alcuni brani sembrano semplicemente copiati dal vangelo di Matteo.
Vangelo dello Pseudo-Matteo
XVI.
1. Trascorso poi il secondo anno, dall’Oriente vennero dei Magi a Gerusalemme, portando grandi doni. Essi interrogarono sollecitamente i Giudei, domandando: - Dov’è il re che vi è nato?. Infatti abbiamo visto in oriente la sua stella e siamo venuti ad adorarlo.
Questa voce pervenne al re erode, e talmente lo spaventò che mandò degli scribi, dai farisei e dai rabbini del popolo, per sapere da loro dove avevano predetto i profeti che doveva nascere il Messia. Essi risposero: - In Betlemme di Giuda. Così infatti sta scritto: E tu, Betlemme, terra di Giuda, nono sei certo la minore tra le principali città di Giuda, perché da te uscirà un capo, che guiderà Israele, mio popolo.
Allora il re Erode chiamò a sé i Magi e ansiosamente domandò loro quando era loro apparsa la stella. Poi li mandò a Betlemme, dicendo: - Andate, e fate diligenti ricerche del bambino; e quando lo avrete trovato fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo.
2. Ora, mentre i Magi procedevano per la strada, apparve loro la stella e, quasi a far loro da guida, li procedeva, finché giunsero dove era il bambino. Nel vedere la stella, i Magi si rallegrarono di grande gioia, ed entrati nella casa, trovarono il bambino Gesù che sedeva in grembo alla madre. Allora aprirono i loro scrigni e offrirono splendidi doni a Maria e a Giuseppe. Al bambino poi offrirono ciascuno una moneta d’oro. Dopo di ciò uno offrì dell’oro, un altro dell’incenso e l’altro della mirra.
Volendo quindi essi ritornare dal re Erode, furono ammoniti in sogno da un angelo di non ritornare da Erode. Essi perciò adorarono il bambino, pieni di felicità, e tornarono al loro paese per un’altra via.
XVII.
1. Quando il re Erode si accorse che era stato burlato dai Magi, il cuore gli si infiammò d’ira e mandò per tutte le strade, volendo catturarli e ucciderli. Ma non avendo potuto in alcun modo trovarli, mandò a Betlemme a uccidere tutti i bambini dai due anni in giù, secondo il periodo di tempo che era riuscito a sapere dai Magi.
2. Ma un giorno prima che ciò avvenisse, Giuseppe fu avvertito in sogno da un angelo del Signore che gli disse: - Prendi Maria e il bambino e per la via del deserto recati in Egitto -. E Giuseppe, seguendo il consiglio dell’angelo, si mise in cammino.
Alcune varianti al testo.
Due manoscritti Ar. (Londra, British Museum, Cod. Arundel 404) del sec. XIV e Her. (Hereford, Libreria del Capitolo, ms o.3.9) del sec. XIII, propongono delle varianti sulla natività.
Ar. Ed Her. nel paragrafo XVI, 1 aggiungono un lunghissimo racconto sulla visita dei magi: stupore di Giuseppe e di Simeone (figlio) vedendo arrivare una turba di pellegrini; alla domanda di Giuseppe: - Chi siete? Che cercate in casa mia?. – Essi spiegano lo scopo del loro viaggio, la guida della cometa, ecc., dicono di essere già stati a Gerusalemme, di aver paralto con Erode, ecc. Poi entrano, adorano il bambino, gli presentano oro, incenso e mirra. A Giuseppe stupito, spiegano l’esistenza di profezie, al loro paese, sulla nascita del Salvatore, ecc.
Nel paragrafo XVI, 2 c’è una versione (Laurenziano) che dà i nomi dei re magi: "Gaspar la mirra, Melchior l’incenso e Balthasar l’oro".
Vangelo dell’infanzia arabo siriaco
VII.
Ora avvenne che, quando il Signore Gesù nacque a Betlemme di Giudea, ai tempi del re Erode, dall’Oriente vennero a Gerusalemme dei magi, come aveva predetto Zaratustra , e avevano con sé, come doni, oro, incenso e mirra; ed essi lo adorarono e gli offrirono i doni.
Allora santa Maria prese una di quelle fasce e come in contraccambio la diede loro, che l’accettarono da lei con grande riconoscenza.
In quello stesso istante apparve loro un angelo, sotto forma di quella stella che prima era stata loro guida nel viaggio: ed essi se ne andarono, seguendo l’indicazione della sua luce, finché giunsero alla loro patria.
VIII.
Si raccolsero allora intorno ad essi i loro re e principi, domandando che cosa mai avevano visto e avevano fatto, in che modo erano andati e ritornati, e che cosa avevano portato con sé. Ed essi mostrarono quella fascia che santa Maria aveva loro regalata. Perciò celebrarono una festa: accesero il fuoco, secondo la loro usanza, lo adorarono, e vi gettarono sopra quella fascia. Il fuoco l’avvolse e la accartocciò; ma, spentosi il fuoco, estrassero la fascia tale quale era prima, come se il fuoco non l’avesse nemmeno toccata. Perciò essi si misero a baciarla, a mettersela sugli occhi e sul capo, dicendo: - Questo è senza dubbio la verità: che si tratta di un grande prodigio, perché il fuoco non ha potuto bruciarla né consumarla! – Quindi la presero e con grandissima venerazione la riposero tra i loro tesori.
Varianti al testo
VII
I codici Siriaci (S1 ms pubblicato da E. A. Wallis Budge e S2 ms della Reale società asiatica di Londra) collocano la visita dei Magi subito dopo III, 1 con questo testo, assai vicino, nella seconda parte, al racconto di Matteo II 1-12): "Quella notte stessa un angelo fu inviato in Persia. Egli apparve sotto forma di stella splendente, che illuminò tutto il paese dei Persiani. Poiché il 25 del primo Kanoun – anniversario della natività di Cristo – era una grande festa per tutti i Persiani, adoratori del fuoco e delle stelle, tutti i maghi, in eleganti paramenti, celebravano la ricorrenza con solennità, quando improvvisamente una luce brillò sul loro capo. Abbandonando i loro re, le loro feste e i loro tripudi, tutti uscirono di casa per godere di quello spettacolo e videro che una stella ardente si era levata sulla Persia, che per la luminosità sembrava ad un grande sole. I re chiesero ai sacerdoti, nella loro lingua: - Cos’è questo segno che vediamo? – E come per ispirazione dissero: - E’ nato il Re dei Re, il Dio degli Dei, la Luce delle Luci: ed ecco che un prodigio divino è venuto ad annunciarci la sua nascita, affinché noi andiamo ad offrirgli doni ed adorarlo -. Tutti i capi, i magistrati, i generali si levarono e dissero ai sacerdoti: - Quali doni conviene che portiamo? – Dissero i sacerdoti: - Oro, mirra e incenso -. Allora tre principi, figli dei re della Persia, presero, come per una misteriosa ispirazione, uno tre libbre di mirra, un altro tre libbre d’oro, e l’altro infine tre libbre d’incenso. Vestirono i loro preziosi ornamenti, con la tiara in testa e i tesori nelle mani. Al canto del gallo lasciarono i loro paesi, accompagnati da nove uomini, e si misero in cammino, preceduti dalla stella che era loro apparsa. E l’angelo che aveva levato su Gerusalemme il profeta Abacuc, che aveva portato il cibo al profeta Daniele, gettato nella fossa dei leoni, a Babilonia, questo angelo, per virtù dello Spirito Santo, guidò i re della Persia a Gerusalemme. Partiti dalla Persia prima del canto del gallo, al tramonto entrarono in Gerusalemme e interrogarono la gente della città, chiedendo: - Dov’è nato il re da cui noi siamo venuti?- Udendo ciò la gente di Gerusalemme fu turbata ed ebbe paura e riferì il fatto al re Erode. Il re Erode fece venire alla sua presenza i re della Persia e domandò loro: - Di dove venite? [S2: Di dove siete] E che cosa cercate? - Essi risposero: - Il re che è nato in Giudea, nella regione di Gerusalemme. Un prodigio divino ci ha avvertiti della sua nascita, e noi siamo venuti a presentargli la nostra adorazione e le nostre offerte -. Erode si impaurì alla vista di quei figli di Persia, con la tiara in testa e i tesori nelle mani, che cercavano il re nato in Giudea. Erode e tutta la sua corte si allarmarono alla vista di questi figli di re. [S2: Erode si allarmò, perché i Persiani non riconoscevano la sua autorità]. Erode rispose: - Grande è la potenza del re che vi ha indotti a venire a rendergli omaggio! In verità egli è un re, il Re dei Re! Andate e informatevi, e quando l’avrete trovato fatemelo sapere, affinché io pure venga ad adorarlo – [Mt. II 8]. Ora re Erode meditava già in cuor suo il perverso proposito di uccidere il bambino ancora infante e i re di Persia con lui, e diceva: - Ora tutto il mondo mi è sottomesso! – I Magi se ne andarono trovarono la stella che avanzava davanti a loro, fino a fermarsi sopra la grotta. Allora, mutando forma, divenne simile ad una colonna di luce [S2: di fuoco] che andava dalla terra al cielo. Entrati nella grotta, essi trovarono Maria, Giuseppe, e il bambino avvolto nelle fasce e deposto in una mangiatoia. Lo adorarono, offrirono i doni e riverirono Giuseppe e Maria. Giuseppe e Maria erano stupiti di vedere quei tre figli di re, colla tiara in testa, inginocchiati in adorazione davanti al neonato, senza fare alcuna domanda su di lui. Giuseppe e Maria domandarono loro: - Di dove venite voi? – Essi risposero, dicendo: - Veniamo dalla Persia -. Giuseppe e Maria dissero: - Quando avete lasciato la Persia? – Essi dissero: - Ieri sera era festa. Dopo la festa qualche Dio ci disse: "Levatevi e a andate a presentare le vostre offerte al Re che è nato in Giudea." Partiti dalla Persia al canto del gallo [S2: il gallo cantava quando noi ci legavamo le cinture per metterci in cammino], noi siamo giunti ora da voi, alla tredicesima ora del giorno -. Allora Maria prese una fascia di Gesù e la diede a loro, ecc." (cfr. testo arabo)
Continua con la 2° parte
L’unico vangelo che parla dei Re Magi è quello di Matteo. L’altro vangelo che racconta la nascita di Gesù, quello di Luca, non li menziona, anzi inserisce il battesimo del Bambino al tempio di Gerusalemme, introducendo un problema di coerenza fra i due vangeli. Il passo evangelico è avaro di notizie su questi personaggi. È curioso notare come la tradizioni dei tre Re Magi chiamati Melchiorre, Baldassare e Gaspare è totalmente apocrifa. Nel vangelo di Matteo non si parla né dei nomi né del numero dei Magi. Ora riporterò vari passi dei vangeli apocrifi in cui si parla dei Magi. Per primo trascriverò il passo del vangelo di Matteo. I testi sono presi dal libro "I Vangeli apocrifi" a cura di Marcello Craveri.
Vangelo secondo Matteo 2,1-2,12
Nato Gesù in Betleem di Giuda, al tempo del re Erode, ecco, dei Magi arrivarono dall’oriente a Gerusalemme, e domandarono: "Dov’è il nato re dei Giudei? Poiché abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti ad adorarlo". Udito questo, il re Erode si turbò e con lui tutta Gerusalemme. E, radunati tutti i grandi Sacerdoti e gli Scribi del popolo, domandò loro dove doveva nascere il Cristo. Essi gli risposero: "A Betleem di Giuda; così infatti è stato scritto dal profeta: ‘E tu, Betleem, terra di Giuda, non sei certo la minore fra le città di Giuda, perché da te uscirà un capo che guiderà Israele, mio popolo’".
Allora Erode, chiamati in segreto i Magi, volle sapere da loro minutamente da quanto tempo la stella era loro apparsa; poi, inviandoli a Betleem, disse: "Andate e fate diligenti ricerche del fanciullo; e quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, affinché io pure vada ad adorarlo".
Esso, udito il re, partirono; ed ecco, la stella, che avevano veduta in Oriente, li precedeva, finché, giunta sopra il luogo ove era il fanciullo, si fermò. Vedendo essi la stella, furono ripieni di una grande gioia; ed entrati nella casa, videro il Bambino con Maria sua Madre e, prostratisi, lo adorarono; aperti poi i loro tesori, gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Quindi, avvertiti in sogno di non ripassare da Erode, tornarono al loro paese per altra via.
2,16-2,17
Allora Erode, vedendosi deluso dai Magi, s’irritò grandemente e mandò a uccidere tutti i bambini che erano in Betleem e in tutti i suoi dintorni, dai due anni in giù, secondo il tempo che aveva rilevato i Magi. Allora si adempì l’oracolo del profeta Geremia: "Un grido si udì in Rama, pianto e grave lamento: Rachele piange i suoi figli e rifiuta ogni conforto, perché non sono più".
VANGELI APOCRIFI
Protovangelo di Giacomo
XXI
1. Ed ecco che Giuseppe si preparò a partire per la Giudea. E una grande agitazione avvenne in Betlemme di Giudea, poiché arrivarono dei magi che chiedevano: - Dov’è il re il re dei Giudei che è nato? poiché abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti per adorarlo.
2. Udendo questo, Erode fu turbato e mandò dei messi ai magi e fece chiamare i grandi sacerdoti e li interrogò, dicendo: - Che cosa sta scritto riguardo al Cristo? Dove deve nascere?.
Gli dicono: - In Betlemme di Giudea: così infatti sta scritto.
Egli allora li congedò. E interrogò i magi, dicendo loro: - Che segno avete visto circa il re che è nato?
Dissero i magi: - Abbiamo visto una stella grandissima, che brillava tra queste altre stelle e le oscurava, così che le stelle non si vedevano, e noi per questo abbiamo capito che un re era nato per Israele e siamo venuti per adorarlo.
Ed Erode disse: - Andate e cercate; e se lo trovate fatemelo sapere affinché anch’io vada ad adorarlo.
3. I magi se ne andarono. Ed ecco la stella che avevano visto in oriente li precedeva finché giunsero alla grotta, e si fermò in capo alla grotta. E i magi videro il bambino con sua madre Maria, e trassero fuori della loro bisaccia dei doni: oro e incenso e mirra.
4. Ma essendo stati avvertiti dall’angelo di non entrare in Giudea, per altra via se ne tornarono al loro paese.
XXII.
1. Quando Erode si accorse di essere stato beffato dai magi, infuriato spedì dei sicarii, ordinando loro: - I bambini dai due anni in giù, uccideteli!
Alcuni brani sembrano semplicemente copiati dal vangelo di Matteo.
Vangelo dello Pseudo-Matteo
XVI.
1. Trascorso poi il secondo anno, dall’Oriente vennero dei Magi a Gerusalemme, portando grandi doni. Essi interrogarono sollecitamente i Giudei, domandando: - Dov’è il re che vi è nato?. Infatti abbiamo visto in oriente la sua stella e siamo venuti ad adorarlo.
Questa voce pervenne al re erode, e talmente lo spaventò che mandò degli scribi, dai farisei e dai rabbini del popolo, per sapere da loro dove avevano predetto i profeti che doveva nascere il Messia. Essi risposero: - In Betlemme di Giuda. Così infatti sta scritto: E tu, Betlemme, terra di Giuda, nono sei certo la minore tra le principali città di Giuda, perché da te uscirà un capo, che guiderà Israele, mio popolo.
Allora il re Erode chiamò a sé i Magi e ansiosamente domandò loro quando era loro apparsa la stella. Poi li mandò a Betlemme, dicendo: - Andate, e fate diligenti ricerche del bambino; e quando lo avrete trovato fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo.
2. Ora, mentre i Magi procedevano per la strada, apparve loro la stella e, quasi a far loro da guida, li procedeva, finché giunsero dove era il bambino. Nel vedere la stella, i Magi si rallegrarono di grande gioia, ed entrati nella casa, trovarono il bambino Gesù che sedeva in grembo alla madre. Allora aprirono i loro scrigni e offrirono splendidi doni a Maria e a Giuseppe. Al bambino poi offrirono ciascuno una moneta d’oro. Dopo di ciò uno offrì dell’oro, un altro dell’incenso e l’altro della mirra.
Volendo quindi essi ritornare dal re Erode, furono ammoniti in sogno da un angelo di non ritornare da Erode. Essi perciò adorarono il bambino, pieni di felicità, e tornarono al loro paese per un’altra via.
XVII.
1. Quando il re Erode si accorse che era stato burlato dai Magi, il cuore gli si infiammò d’ira e mandò per tutte le strade, volendo catturarli e ucciderli. Ma non avendo potuto in alcun modo trovarli, mandò a Betlemme a uccidere tutti i bambini dai due anni in giù, secondo il periodo di tempo che era riuscito a sapere dai Magi.
2. Ma un giorno prima che ciò avvenisse, Giuseppe fu avvertito in sogno da un angelo del Signore che gli disse: - Prendi Maria e il bambino e per la via del deserto recati in Egitto -. E Giuseppe, seguendo il consiglio dell’angelo, si mise in cammino.
Alcune varianti al testo.
Due manoscritti Ar. (Londra, British Museum, Cod. Arundel 404) del sec. XIV e Her. (Hereford, Libreria del Capitolo, ms o.3.9) del sec. XIII, propongono delle varianti sulla natività.
Ar. Ed Her. nel paragrafo XVI, 1 aggiungono un lunghissimo racconto sulla visita dei magi: stupore di Giuseppe e di Simeone (figlio) vedendo arrivare una turba di pellegrini; alla domanda di Giuseppe: - Chi siete? Che cercate in casa mia?. – Essi spiegano lo scopo del loro viaggio, la guida della cometa, ecc., dicono di essere già stati a Gerusalemme, di aver paralto con Erode, ecc. Poi entrano, adorano il bambino, gli presentano oro, incenso e mirra. A Giuseppe stupito, spiegano l’esistenza di profezie, al loro paese, sulla nascita del Salvatore, ecc.
Nel paragrafo XVI, 2 c’è una versione (Laurenziano) che dà i nomi dei re magi: "Gaspar la mirra, Melchior l’incenso e Balthasar l’oro".
Vangelo dell’infanzia arabo siriaco
VII.
Ora avvenne che, quando il Signore Gesù nacque a Betlemme di Giudea, ai tempi del re Erode, dall’Oriente vennero a Gerusalemme dei magi, come aveva predetto Zaratustra , e avevano con sé, come doni, oro, incenso e mirra; ed essi lo adorarono e gli offrirono i doni.
Allora santa Maria prese una di quelle fasce e come in contraccambio la diede loro, che l’accettarono da lei con grande riconoscenza.
In quello stesso istante apparve loro un angelo, sotto forma di quella stella che prima era stata loro guida nel viaggio: ed essi se ne andarono, seguendo l’indicazione della sua luce, finché giunsero alla loro patria.
VIII.
Si raccolsero allora intorno ad essi i loro re e principi, domandando che cosa mai avevano visto e avevano fatto, in che modo erano andati e ritornati, e che cosa avevano portato con sé. Ed essi mostrarono quella fascia che santa Maria aveva loro regalata. Perciò celebrarono una festa: accesero il fuoco, secondo la loro usanza, lo adorarono, e vi gettarono sopra quella fascia. Il fuoco l’avvolse e la accartocciò; ma, spentosi il fuoco, estrassero la fascia tale quale era prima, come se il fuoco non l’avesse nemmeno toccata. Perciò essi si misero a baciarla, a mettersela sugli occhi e sul capo, dicendo: - Questo è senza dubbio la verità: che si tratta di un grande prodigio, perché il fuoco non ha potuto bruciarla né consumarla! – Quindi la presero e con grandissima venerazione la riposero tra i loro tesori.
Varianti al testo
VII
I codici Siriaci (S1 ms pubblicato da E. A. Wallis Budge e S2 ms della Reale società asiatica di Londra) collocano la visita dei Magi subito dopo III, 1 con questo testo, assai vicino, nella seconda parte, al racconto di Matteo II 1-12): "Quella notte stessa un angelo fu inviato in Persia. Egli apparve sotto forma di stella splendente, che illuminò tutto il paese dei Persiani. Poiché il 25 del primo Kanoun – anniversario della natività di Cristo – era una grande festa per tutti i Persiani, adoratori del fuoco e delle stelle, tutti i maghi, in eleganti paramenti, celebravano la ricorrenza con solennità, quando improvvisamente una luce brillò sul loro capo. Abbandonando i loro re, le loro feste e i loro tripudi, tutti uscirono di casa per godere di quello spettacolo e videro che una stella ardente si era levata sulla Persia, che per la luminosità sembrava ad un grande sole. I re chiesero ai sacerdoti, nella loro lingua: - Cos’è questo segno che vediamo? – E come per ispirazione dissero: - E’ nato il Re dei Re, il Dio degli Dei, la Luce delle Luci: ed ecco che un prodigio divino è venuto ad annunciarci la sua nascita, affinché noi andiamo ad offrirgli doni ed adorarlo -. Tutti i capi, i magistrati, i generali si levarono e dissero ai sacerdoti: - Quali doni conviene che portiamo? – Dissero i sacerdoti: - Oro, mirra e incenso -. Allora tre principi, figli dei re della Persia, presero, come per una misteriosa ispirazione, uno tre libbre di mirra, un altro tre libbre d’oro, e l’altro infine tre libbre d’incenso. Vestirono i loro preziosi ornamenti, con la tiara in testa e i tesori nelle mani. Al canto del gallo lasciarono i loro paesi, accompagnati da nove uomini, e si misero in cammino, preceduti dalla stella che era loro apparsa. E l’angelo che aveva levato su Gerusalemme il profeta Abacuc, che aveva portato il cibo al profeta Daniele, gettato nella fossa dei leoni, a Babilonia, questo angelo, per virtù dello Spirito Santo, guidò i re della Persia a Gerusalemme. Partiti dalla Persia prima del canto del gallo, al tramonto entrarono in Gerusalemme e interrogarono la gente della città, chiedendo: - Dov’è nato il re da cui noi siamo venuti?- Udendo ciò la gente di Gerusalemme fu turbata ed ebbe paura e riferì il fatto al re Erode. Il re Erode fece venire alla sua presenza i re della Persia e domandò loro: - Di dove venite? [S2: Di dove siete] E che cosa cercate? - Essi risposero: - Il re che è nato in Giudea, nella regione di Gerusalemme. Un prodigio divino ci ha avvertiti della sua nascita, e noi siamo venuti a presentargli la nostra adorazione e le nostre offerte -. Erode si impaurì alla vista di quei figli di Persia, con la tiara in testa e i tesori nelle mani, che cercavano il re nato in Giudea. Erode e tutta la sua corte si allarmarono alla vista di questi figli di re. [S2: Erode si allarmò, perché i Persiani non riconoscevano la sua autorità]. Erode rispose: - Grande è la potenza del re che vi ha indotti a venire a rendergli omaggio! In verità egli è un re, il Re dei Re! Andate e informatevi, e quando l’avrete trovato fatemelo sapere, affinché io pure venga ad adorarlo – [Mt. II 8]. Ora re Erode meditava già in cuor suo il perverso proposito di uccidere il bambino ancora infante e i re di Persia con lui, e diceva: - Ora tutto il mondo mi è sottomesso! – I Magi se ne andarono trovarono la stella che avanzava davanti a loro, fino a fermarsi sopra la grotta. Allora, mutando forma, divenne simile ad una colonna di luce [S2: di fuoco] che andava dalla terra al cielo. Entrati nella grotta, essi trovarono Maria, Giuseppe, e il bambino avvolto nelle fasce e deposto in una mangiatoia. Lo adorarono, offrirono i doni e riverirono Giuseppe e Maria. Giuseppe e Maria erano stupiti di vedere quei tre figli di re, colla tiara in testa, inginocchiati in adorazione davanti al neonato, senza fare alcuna domanda su di lui. Giuseppe e Maria domandarono loro: - Di dove venite voi? – Essi risposero, dicendo: - Veniamo dalla Persia -. Giuseppe e Maria dissero: - Quando avete lasciato la Persia? – Essi dissero: - Ieri sera era festa. Dopo la festa qualche Dio ci disse: "Levatevi e a andate a presentare le vostre offerte al Re che è nato in Giudea." Partiti dalla Persia al canto del gallo [S2: il gallo cantava quando noi ci legavamo le cinture per metterci in cammino], noi siamo giunti ora da voi, alla tredicesima ora del giorno -. Allora Maria prese una fascia di Gesù e la diede a loro, ecc." (cfr. testo arabo)
Continua con la 2° parte
venerdì 27 dicembre 2013
Alla ricerca dell'impossibile. Ecco le mappe del Paradiso
tratto da Il Giornale del 24 dicembre 2012
Nostalgia e utopia necessaria all'uomo,
sempre altrove, inaccessibile, fuori dal tempo, nella storia della
nostra civiltà il Paradiso è stato oggetto di continua ricerca non solo
metaforicamente, ma anche come luogo reale potenzialmente identificabile
sulla superficie della terra.
La British Library pubblica un "atlante" illustrato con tutte le carte dell'Eden: in Persia era un parco di caccia, nel '400 era in Africa
di Aridea Fezzi Price
Nostalgia e utopia necessaria all'uomo,
sempre altrove, inaccessibile, fuori dal tempo, nella storia della
nostra civiltà il Paradiso è stato oggetto di continua ricerca non solo
metaforicamente, ma anche come luogo reale potenzialmente identificabile
sulla superficie della terra.
Alessandro Scafi, uno studioso appassionato dell'arte della
cartografia che insegna Storia della cultura del Medioevo e del
Rinascimento al Warburg Institute di Londra da anni si dedica a tappeto
allo studio delle mappe del Paradiso esplorando la millenaria ricerca
dell'Eden nella tradizione giudeo cristiana senza tralasciare la visione
del firdaws e del jannah dell'islam. È nell'antico impero persiano che
affondano le radici del termine paradiso: «paridaiza» indicava un parco
di caccia per le elites reali, e in seguito «parádeisos» un vasto campo
con ruscelli, alberi, fiori e animali per i piaceri dell'aristocrazia.
Crollato il grande impero di Ciro sotto la sferza di Alessandro Magno,
l'eredità semantica sopravvisse nell'Egitto ellenistico e romano con il
greco e l'ebraico in virtù delle traduzioni ordinate da Tolomeo II
Filadelfo per arricchire la grande biblioteca di Alessandria, e così
fino al «parádeisos en Edem» della Genesi. Radicalmente diverse dalle
mappe moderne, fondendo insieme diverse dimensioni temporali -
classiche, bibliche, contemporanee - e unendo geografia e storia, le
mappae mundi medievali si ponevano come strumenti di meditazione e di
arricchimento morale, di qui la difficoltà a descrivere il fascino
immenso di queste carte che sotto la lente di ingrandimento
costituiscono ognuna e in ogni dettaglio una visione diversa del mondo.
Ci
riesce brillantemente Scafi nella sua coltissima rassegna delle Maps of
paradise pubblicata in un'elegante edizione illustrata dalla British
Library di Londra (pagg. 176, sterline 20). Lo studioso ha compresso
anni di ricerche in un erudito distillato di geografia sacra corredando
ogni capitolo di un ricco apparato bibliografico.
Emblematica la
complessa Hereford Mappa Mundi inglese, attribuita a Richard of
Haldingham, un'opera tracciata intorno al 1300 che dipinge un vasto
mondi di mostri e meraviglie della natura attingendo a fonti tardo
classiche, Plinio in particolare, per illustrare il procedere della
«storia» partendo dal paradiso rappresentato come principio in oriente,
al mare Mediterraneo che forma l'asse centrale della parte inferiore
occidentale della mappa. Della stessa epoca la Ebstorf Mappa Mundi
(Germania del Nord) in cui il Giardino dell'Eden è rappresentato in un
rettangolo nella parte superiore della carta e che illustra Adamo ed
Eva, i quattro fiumi, l'Albero della conoscenza del bene e del male.
Affascinante la mappa Catalan Estense (1450-60) in cui l'autore
rappresenta l'Eden lungo l'equatore nel Corno d'Africa. In quegli stessi
anni il monaco veneziano Fra' Mauro suggerisce l'inaccessibilitá del
paradiso come «altrove» ponendo l'Eden in un tondo all'esterno della sua
mappa del mondo.
Con la Riforma e la diffusione della geografia
tolemaica ritenuta perduta nell'Europa occidentale fino al XV secolo, la
funzione cartografica cambia. Con il rapporto spazio tempo definito
matematicamente le mappe tolemaiche ignoravano la dimensione storica per
prediligere la geografia, come esemplficato nella mappa di Ulm di
Lienart Holle, Cosmographia del 1486. I mutamenti teologici incidono
sulla rappresentazione del paradiso, per Lutero dopo la Caduta e la
maledizione di Dio il giardino dell'Eden è perduto per l'uomo, annullato
dal diluvio universale. Dal '500 l'interesse per la geografia sacra si
rinnova soprattutto nei circoli protestanti per illustrare alla lettera
la Bibbia avviando un nuovo genere cartografico non meno affascinante e
intensificando l'antico dibattito sulla ricerca dell'impossibile.
domenica 15 dicembre 2013
Il simbolismo in un cartone animato
di Vito Foschi
Un giorno cercando un cartone animato per il
'capofamiglia', ovvero per il bimbo, mi sono fermato su quello di
He-man trasmesso su una tv locale. Erano anni che non lo vedevo, anche
se è uno dei pochi di cui ho un ricordo preciso. A parte queste
rimembranze, quello che mi ha colpito ad un tratto è stata la presenza
sul pettorina del muscoloso eroe di una croce patente rossa. Una croce
molto simile a quella templare, ma arrotondata. Sicuramente un caso,
nessun intento misterioso da parte degli autori, ma sicuramente una
dimostrazione della potenza dei simboli. Alla fine all'eroe si appioppa
una croce simil templare. Un altro personaggio del cartone è una specie
di maghetto pasticcione, la cui natura è sconosciuta. E' un essere
svolazzante apparentemente senza piedi e il cui volto è nascosto da una
sciarpa. La curiosità di questo personaggio, spalla comica dell'eroe, è
di aver un cerchio disegnata sulla tunica, che sembra richiamare il suo
nome che credo fosse Orco. Ma il cerchio può essere anche uno zero e
ricordare la carta dei tarocchi chiamato il matto. Un altro caso, un
personaggio pazzerello che ha come simbolo lo zero del matto dei
tarocchi? Queste le prime riflessioni che mi sono venute in mente, ma ad
una seconda analisi mi sono ricordato della tigre che funge da
cavalcatura all'eroe. Caratteristica del personaggio è la sua doppia
identità, principe imbelle agli occhi di tutti e nascostamente, dopo
trasformazione, eroe senza paura e dalla forza erculea. La
trasformazione riguarda anche la tigre che accompagna il principe.
L'animale agli occhi di tutti è solo un animale da compagnia preda di
attacchi di panico, ma dopo la trasformazione diventa la coraggiosa
cavalcatura di He-man. Tra l'altro durante la trasformazione acquista
anche una sella. Cosa pensare di questa tigre ambivalente? Sappiamo che
in genere le cavalcature rappresentano il dominio degli istinti e
cavalcarle significa dominare i propri istinti. Quindi il principe
imbelle non domina gli istinti e perciò la tigre è vittima di attacchi
di panico che sono quelli del principe, mentre quando diventa He-man la
tigre è cavalcata e quindi gli istinti domati.
Un altro personaggio curioso, di cui non ricordo
il nome è una sorte di maga saggia guida spirituale del gruppo di eroi
che ha il potere di trasformarsi in falco e ciò non ci può non ricordare
il dio Horus della mitologia Egizia?
Sicuramente tutta una serie di coincidenze,
niente di esoterico, testimonianza della potenza viva dei simboli, che
spariti dalla cultura ufficiale, vittime del razionalismo e del
progressismo si sono rifugiati nella letteratura fantastica. Così mentre
la cultura ufficiale continuava a nutrirsi dei suoi paradigmi
progressisti, i bambini continuavano ad essere educati ai sacri valori
degli eroi, che si chiamino Uomo ragno o He-man e non più di Artù o
Orlando.
domenica 8 dicembre 2013
Intervista a Vito Foschi su Fenix
Sul numero di dicembre di Fenix, fra qualche giorno in edicola, potete trovare un'intevista di Simone Leoni e Stefano Ranucci a Vito Foschi sull'Apocalisse di Giovanni.
Atena e il mito di Aracne
di Vito Foschi
La dea Atena, la romana Minerva è dea della sapienza nella
mitologia greca, figlia di Zeus che la partorisce già adulta. Fra i tanti miti
associati alla dea ci soffermiamo su quello di Aracne che ci permetterà di fare
alcune considerazioni. Riassumiamo brevemente il mito.
Aracne era una valente filatrice, che abituandosi ad essere
elogiata incominciò a vantarsi di essere non solo la più brava fra i mortali, ma
addirittura in grado di gareggiare con gli dei. Atena, dea dai molteplici
ingegni, sia muliebri sia guerrieri, protettrice dei filatori, è irritata dalla
superbia della donna. Non può sopportare che una comune mortale affermi di
essere più brava di una dea nell'arte della tessitura. Sotto forma di vecchia si
reca dalla fanciulla e le consiglia di non offendere gli dei. Per tutta risposta
Aracne, ribadisce di essere migliore di Atena, al che la dea riprende le sue
sembianze e sfida la giovane ad una gara di tessitura. La dea tessé un arazzo
rappresentante lo scontro fra Poseidone e la città di Atena, mentre Aracne
un'immagine degli amori di Zeus. La dea non potendo ammettere di essere stata
sconfitta distrugge l'opera di Aracne e per punirla della sua superbia la
trasforma in ragno, costretta a filare in eterno la sua tela. Questo mito
evidenzia le capacità muliebri della dea Atena.
La dea è sinonimo di sapienza, tra l'altro nasce dalla
testa di Zeus, ma possiede caratteristiche piuttosto varie. È dea guerriera ed è
rappresentata spesso con elmo, lancia e scudo. Certo lo scudo potrebbe
rappresentare la difesa della sua verginità, quindi potrebbe essere assimilata
sempre alle caratteristiche di una dea femminile, ma la lancia è strumento di
offesa e quindi questa interpretazione non regge: Atena è anche una dea
guerriera. Essendo una dea della sapienza, le sue capacità guerriere non sono
guidate dal furore come nel caso del dio Ares, dio della guerra, e la sua
protezione è più sulle decisioni tattiche e strategiche. Non a caso è
protettrice di Ulisse, soldato valente, ma soprattutto esperto di stratagemmi e
in qualche modo diverso dagli altri eroi Achei. Basti pensare al pessimo
carattere e all'irascibilità di Achille che lo fa essere rappresentante terreno
del dio della guerra.
Ci si chiede perché Atena unisca tutte queste qualità
contraddittorie. Il mito di Aracne lega la dea al ragno, che in molte mitologie
è legato ai miti della creazione. Il ragno tesse la tela creando un mondo e
attende al suo centro lo svolgersi degli eventi. Ogni parte della ragnatela è
collegata, ogni elemento della creazione è collegata, come indicato dal famoso
detto della tavola Smeraldina, ciò che è in basso è come ciò che è in alto. Il
ragno tira le fila della creazione. Ciò fa ritornare in mente un altro mito,
quelle delle Parche che governavano il destino degli uomini. Filavano ed ogni
filo corrispondeva la vita di un uomo, ne decidevano lo svolgimento e al momento
opportuno recidevano il filo, ovvero ponevano termine alla vita dell'uomo. È
evidente che le Parche richiamano il simbolismo del ragno.
Qual è il legame fra Atena e il ragno? Atena è una dea che
protegge le arti femminili regala l'ulivo alla città di Atene e nello stesso
tempo è una vergine guerriera. L’ipotesi più probabile è che la figura della dea
sia il risultato di una trasformazione, ad opera dei conquistatori greci, di
un’antica divinità femminile adorata da una popolazione organizzata in una
società di tipo matriarcale. I greci avendo una cultura patriarcale
modificheranno la figura della dea che diverrà figlia di Zeus, ovvero di un
dio-padre e quindi sottomessa ad un uomo.
Il legame con il ragno potrebbe lasciar intendere di essere
stata, prima della conquista greca, una dea-madre, quindi generatrice del
cosmo.
Questo spiegherebbe le varie caratteristiche della dea un
misto di una divinità agricola e feconda e di una divinità guerriera, ma
mitigata dalla sapienza. Per i greci il dio della guerra è Ares, non a caso una
divinità maschile, mentre la bellicosità della dea viene temperata dalla
sapienza come si addice ad una divinità femminile. Per i maschilisti greci
sarebbe stato inaccettabile una divinità guerriera femminile.
martedì 3 dicembre 2013
Il coraggio di sognare,la vita di Hugo Pratt
Tratto da L'Opinione del 29 novembre 2013
http://www.opinione.it/cultura/2013/11/29/bagatin_cultura-29-11.aspx
di Luca Bagatin
Hugo Pratt, allorquando nel 1967 ideò il personaggio di Corto Maltese, ebbe il coraggio di sognare. Il coraggio di sognare il viaggio, il cammino dell’uomo senza bandiera, senza ideali precostituiti, senza porti sicuri dove rifugiarsi. Il coraggio di rappresentare un eroe-antieroe libertario, che anticiperà quelli che, decenni dopo, diventeranno classici del fumetto moderno quali Dampyr e Dylan Dog. Hugo Pratt e Corto Maltese sono spesso raccontanti dai saggi del professor Luigi Pruneti, scrittore e attuale Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia degli Alam, oltre che appassionato di fumetti e di letteratura del fantastico.Ne “Il coraggio di sognare – Hugo Pratt fra avventura e mistero”, Pruneti ha voluto raccogliere in un unico volume edito da Tipheret, gli atti di due convegni, tenutisi rispettivamente a Forlì nel maggio 2013 ed a Pesaro nel 2010, dedicati al fumetto ed alla figura di Corto Maltese. Convegni presentati dall’amico Pietro Caruso, già direttore della rivista “Il Pensiero Mazziniano”, ed alla presenza di studiosi del fumetto, della letteratura d’avventura e di viaggio. Un saggio, “Il coraggio di sognare”, che attraverso i racconti dei relatori, ci racconta la vita e l’opera di Hugo Pratt, nato a Rimini da un padre di origini inglesi e da una madre veneziana, la cui vita fu una continua avventura, un continuo spostamento da un capo all’altro del globo terrestre.E ci racconta della sua collaborazione al Corriere dei Piccoli e le sue celebri opere che ebbero come protagonista il suo Corto: da “Corte sconta della arcana” a “Favola di Venezia”, passando per “La casa dorata di Samarcanda”, sino alle più recenti collaborazioni con l’amico ed allievo Milo Manara ne “Tutto ricominciò con un’estate indiana” ed “El Gaucho”. Corto Maltese, un libero marinaio, un po’ come fu Hugo Pratt, alla ricerca dell’arcano, del mistero e dell’esoterico. Una ricerca che porterà l’autore a farsi iniziare alla Massoneria della Gran Loggia d’Italia presso la Loggia Hermes di Venezia nel 1976, a cinquant’anni di età, raggiungendo, pochi anni prima di morire, il Quarto Grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato, esperienza di cui per molti versi racconterà nelle tavole di “Favola di Venezia”.“Il coraggio di sognare” racconta di questo e analizza gli aspetti culturali e misteriosi del fumetto, ingiustamente ritenuto semplice strumento di sottocultura ed in realtà di grande valore al pari di un saggio, di un’opera teatrale e/o cinematografica ed è davvero una delle poche opere edite in Italia ad affrontare i significati più reconditi dell’opera di Hugo Pratt. Vorrei concludere con un piccolo inciso, a proposito di Hugo Pratt, che purtuttavia è sfuggito ai relatori dei convegni relativi alla sua opera. È un aspetto purtroppo poco conosciuto, che però anni fa quando vidi il film non mi sfuggì. Sto parlando della presenza di Hugo Pratt quale attore nel film noir di Giancarlo Soldi “Nero” del 1992, ovvero tre anni prima della morte di Pratt. “Nero” è tratto dall'omonimo romanzo noir di Tiziano Sclavi, autore del fumetto Dylan Dog e Pratt nel film recita la parte del commissario di polizia Straniero.La presenza nel film di Hugo Pratt è fondamentale, in quanto segna il passaggio del testimone fra l’antico eroe Corto Maltese - il marinaio viaggiatore senza bandiera - ed il nuovo eroe degli anni Novanta e Duemila, Dylan Dog, l’indagatore dell’incubo pieno di paure e fobie, ma capace di risolvere le angosce delle persone che a lui si rivolgono, in quanto capace di ascoltare il prossimo. E si noti, nel film, come le pareti dell’appartamento dei protagonisti - Federico e Francesca - siano abbellite da stampe tratte proprio dai fumetti di Pratt e Sclavi. Un piccolo cameo che, per gli amanti del fumetto d’avventura e noir, non può certo mancare.
http://www.opinione.it/cultura/2013/11/29/bagatin_cultura-29-11.aspx
di Luca Bagatin
Hugo Pratt, allorquando nel 1967 ideò il personaggio di Corto Maltese, ebbe il coraggio di sognare. Il coraggio di sognare il viaggio, il cammino dell’uomo senza bandiera, senza ideali precostituiti, senza porti sicuri dove rifugiarsi. Il coraggio di rappresentare un eroe-antieroe libertario, che anticiperà quelli che, decenni dopo, diventeranno classici del fumetto moderno quali Dampyr e Dylan Dog. Hugo Pratt e Corto Maltese sono spesso raccontanti dai saggi del professor Luigi Pruneti, scrittore e attuale Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia degli Alam, oltre che appassionato di fumetti e di letteratura del fantastico.Ne “Il coraggio di sognare – Hugo Pratt fra avventura e mistero”, Pruneti ha voluto raccogliere in un unico volume edito da Tipheret, gli atti di due convegni, tenutisi rispettivamente a Forlì nel maggio 2013 ed a Pesaro nel 2010, dedicati al fumetto ed alla figura di Corto Maltese. Convegni presentati dall’amico Pietro Caruso, già direttore della rivista “Il Pensiero Mazziniano”, ed alla presenza di studiosi del fumetto, della letteratura d’avventura e di viaggio. Un saggio, “Il coraggio di sognare”, che attraverso i racconti dei relatori, ci racconta la vita e l’opera di Hugo Pratt, nato a Rimini da un padre di origini inglesi e da una madre veneziana, la cui vita fu una continua avventura, un continuo spostamento da un capo all’altro del globo terrestre.E ci racconta della sua collaborazione al Corriere dei Piccoli e le sue celebri opere che ebbero come protagonista il suo Corto: da “Corte sconta della arcana” a “Favola di Venezia”, passando per “La casa dorata di Samarcanda”, sino alle più recenti collaborazioni con l’amico ed allievo Milo Manara ne “Tutto ricominciò con un’estate indiana” ed “El Gaucho”. Corto Maltese, un libero marinaio, un po’ come fu Hugo Pratt, alla ricerca dell’arcano, del mistero e dell’esoterico. Una ricerca che porterà l’autore a farsi iniziare alla Massoneria della Gran Loggia d’Italia presso la Loggia Hermes di Venezia nel 1976, a cinquant’anni di età, raggiungendo, pochi anni prima di morire, il Quarto Grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato, esperienza di cui per molti versi racconterà nelle tavole di “Favola di Venezia”.“Il coraggio di sognare” racconta di questo e analizza gli aspetti culturali e misteriosi del fumetto, ingiustamente ritenuto semplice strumento di sottocultura ed in realtà di grande valore al pari di un saggio, di un’opera teatrale e/o cinematografica ed è davvero una delle poche opere edite in Italia ad affrontare i significati più reconditi dell’opera di Hugo Pratt. Vorrei concludere con un piccolo inciso, a proposito di Hugo Pratt, che purtuttavia è sfuggito ai relatori dei convegni relativi alla sua opera. È un aspetto purtroppo poco conosciuto, che però anni fa quando vidi il film non mi sfuggì. Sto parlando della presenza di Hugo Pratt quale attore nel film noir di Giancarlo Soldi “Nero” del 1992, ovvero tre anni prima della morte di Pratt. “Nero” è tratto dall'omonimo romanzo noir di Tiziano Sclavi, autore del fumetto Dylan Dog e Pratt nel film recita la parte del commissario di polizia Straniero.La presenza nel film di Hugo Pratt è fondamentale, in quanto segna il passaggio del testimone fra l’antico eroe Corto Maltese - il marinaio viaggiatore senza bandiera - ed il nuovo eroe degli anni Novanta e Duemila, Dylan Dog, l’indagatore dell’incubo pieno di paure e fobie, ma capace di risolvere le angosce delle persone che a lui si rivolgono, in quanto capace di ascoltare il prossimo. E si noti, nel film, come le pareti dell’appartamento dei protagonisti - Federico e Francesca - siano abbellite da stampe tratte proprio dai fumetti di Pratt e Sclavi. Un piccolo cameo che, per gli amanti del fumetto d’avventura e noir, non può certo mancare.
lunedì 2 dicembre 2013
Alcuni cenni alla simbologia femminile del Graal
di Vito Foschi
Trattando di generazione, il ricordo di antichi culti legata alla Grande Madre, è evidente. La simbologia femminile del Graal è piuttosto forte a scapito di quella maschile, nonostante il tempo trascorso e l’avvento del cristianesimo e del Dio Padre. Anche per questo il simbolo del Graal, nonostante i tentativi di riportarlo all’ortodossia, rimane fondamentalmente un simbolo eteredosso.
Il Graal è un simbolo molteplice che racchiude
vari significati. È un tramite per la divinità e rappresenta la
molteplicità della potenza di Dio. Fra i suoi vari attributi c’è quello
di rappresentare il principio creatore e in genere tutto quello che è
legato alla vita: guarigione, nascita e rigenerazione. I suoi cantori
gli hanno fatto assumere varie forme, calice, pietra, vassoio, ma le sue
proprietà di rigenerazione sono costanti. La forma principale con cui è
conosciuto il Graal è quello di un calice o in genere un contenitore.
Ci soffermeremo su questa forma.
Se esaminiamo il geroglifico egizio
rappresentante la donna vedremo la presenza di un pozzo d’acqua. La
donna, sorgente di vita, è legata all’acqua, sorgente di vita per
eccellenza ma anche liquido amniotico. Il pozzo d’acqua come grembo
materno. Nell’antico Egitto l’acqua assumeva un significato particolare.
Le sue capacità agricole dipendevano dalla regolarità delle piene del
Nilo. Tutto dipendeva dall’acqua. Non a caso tutte le grandi civiltà si
sono sviluppate intorno a corsi d’acqua: il Nilo, il Tevere, il fiume
Giallo, il Tigre e l’Eufrate, l’Indo. Nell’antica Mesopotamia una
divinità dell’oltretomba chiamata Enki, riempiva di acqua le vasche dei
primi templi. Poi semidei in forma di pesce la donavano agli uomini. I
fedeli persiani la raccoglievano in anfore e versavano libagioni in
coppe approntate dinanzi agli altari. In queste antiche cerimonie
religiose, la vasca e il bacile, l’anfora e la coppa rappresentavano la
creazione della vita.
Il Graal ha memoria di questi antichi miti. Forse
un legame diretto non esiste, ma questi simboli sono universali e
portano con sé memoria degli antichi significati. La potenza del simbolo
è quella di rappresentare significati universali a tutti gli uomini e
di passare indenne attraverso le generazioni umane assumendo nuovi
significati ma conservando gli antichi.
Questa simbologia connessa all’origine della vita
è indubbiamente legata alla donna e alla sua qualità di generatrice di
vita. Il Graal contiene questa simbologia femminile, perché è un
dispensatore di vita. In alcune leggende il Graal è legato alla Lancia
sanguinante. Il sangue cola nel Calice e la lancia è simbolo maschile
per eccellenza. Il Calice, la donna, la lancia, l’uomo, generano la vita
e rappresentano l’atto creatore di Dio. Quale migliore rappresentazione
della potenza creatrice divina del mistero della generazione di una
vita dall’unione di un uomo e di una donna? E, di fatto, in passato
quale altro simbolo si poteva utilizzare? Più tardi lo sviluppo della
ceramica portò l’immagine di un Dio vasaio. Già nell’antico Egitto fu
adottato il simbolo del vaso per significare il verbo creare.
Il Graal essendo un contenitore possiede anche
quest’immagine del vaso come simbolo della creazione divina. Anche il
Dio cristiano che crea l’uomo dal fango riprende quella di un dio
vasaio. Più tardi nel Medioevo Dio prende il compasso per creare. Il
riferimento è all’architettura che allora sviluppava imponenti opere.
Il Graal rappresenta il tutto, perciò racchiude
in sé il principio maschile e femminile. A volte reso più esplicito
dalla presenza della Sacra Lancia. Simbolo maschile e quindi della
guerra. Crea insieme al Graal-donna la vita, ma distrugge i nemici.
Nella tradizione cristiana un collegamento fra la donna e un
contenitore esiste nella Litania Lauretana, la Vergine Maria viene descritta
come: “Vas sprirituale, vas onorabile, vas insigne devotionis”, ovvero “vaso
spirituale, vaso dell’onore, vaso pregiato di devozione”. La Vergine è
descritta come un contenitore, il “contenitore” per eccellenza perché ha custodito il Figlio di Dio.
Un esempio di connessione fra il simbolo del vaso e la donna
si ritrova nelle decorazioni della chiesa di S. Vitale a Ravenna in cui la
regina Teodora viene accomunata ad un vaso. La metafora è sempre quella della
donna come contenitore della vita.
Trattando di generazione, il ricordo di antichi culti legata alla Grande Madre, è evidente. La simbologia femminile del Graal è piuttosto forte a scapito di quella maschile, nonostante il tempo trascorso e l’avvento del cristianesimo e del Dio Padre. Anche per questo il simbolo del Graal, nonostante i tentativi di riportarlo all’ortodossia, rimane fondamentalmente un simbolo eteredosso.
Bibliografia
- L’avventura del Graal di Andrew Sinclair
- Il segreto dei geroglifici di Christian Jacq
mercoledì 13 novembre 2013
Lex Aurea 49
Vi segnaliamo il numero 49 della rivista esoterica Lex Aurea che contiene un articolo di Vito Foschi di cui potete leggere altri contributi nel blog. Il link da cui poter scaricare è questo qui:
http://www.fuocosacro.com/pagine/lexaurea/lexaurea49.pdf
http://www.fuocosacro.com/pagine/lexaurea/lexaurea49.pdf
Iscriviti a:
Post (Atom)