martedì 12 dicembre 2023

L’India e il cristianesimo: una storia antica e profonda

Tratto da InsideOver del 9 DICEMBRE 2021

di Andrea Muratore


 “Nel mondo milioni di cristiani continuano a vivere emarginati, in povertà, ma soprattutto discriminati e in pericolo. Dopo due anni di pandemia vogliamo tenere acceso un faro su questa oppressione e aiutare Aiuto alla Chiesa che Soffre Onlus a portare conforto e sostegno ai fedeli di tutto il mondo: in particolare coloro che vivono in Libano, Siria e India“

La storia del cristianesimo in India è antica quasi quanto quella del cristianesimo stesso. Nella valle dell’Indo, da millenni, tutte le principali religioni dell’Eurasia hanno avuto modo di diffondersi, svilupparsi e influenzarsi reciprocamente, e la presenza cristiana risale ai tempi della predicazione dei primi discepoli di Gesù.

Come in altri casi di predicazione la tradizione cristiana assegna un ruolo da apripista del cristianesimo in India a San Bartolomeo, che negli anni successivi all’Ascensione di Cristo avrebbe portato la parola di Gesù fino al subcontinente, e secondo Eusebio di Cesarea avrebbe lasciato in India copie del Vangelo di Matteo. Così come in altre tradizioni che indicano in Bartolomeo il primo predicatore cristiano in altre terre (Armenia, Etiopia, Mesopotamia), anche in questo caso la tradizione si mescola a fatti storicamente accertati. Nell’anno 52 dopo Cristo, meno di trent’anni dopo la morte di Gesù, uno degli apostoli, San Tommaso, avrebbe messo piede in India sbarcando a Kodungallur, dando vita a una predicazione che lo avrebbe portato al martirio presso l’attuale Chennai. Dunque, il cristianesimo si è stabilito in India persino prima che alcune nazioni europee divenissero cristiane.

Diverse città della costa occidentale dell’India, principalmente nell’attuale Kerala, divennero sede episcopale. Kodugallore, Palayoor, Kottacave, Kokamangalam, Niranam, Chayal, Kollam furono solo alcune delle città in cui in India prese piede una versione particolare del cristianesimo siriaco. Essa si sviluppò in forma pressoché autonoma rispetto alle comunità che prendevano piede in Europa dall’età romana in avanti, pur aprendosi la strada sulla scia delle antiche rotte commerciali tra l’Impero Romano e l’India.

Come racconta Peter Frankopan nel saggio Le vie della seta, l’India fu una delle terre, assieme all’Asia centrale, in cui per secoli si strutturò una forma di cristianesimo totalmente ignorato nel Vecchio Continente, con comunità basate su diocesi, agapi e riti autonomi, il cui richiamo lontano portato da mercanti e viaggiatori alimentò in Europa leggende come quella del Prete Gianni, il misterioso sovrano cristiano d’Oriente associato a diversi regnanti nell’era medievale. L’unica certezza era che la tomba dell’apostolo Tommaso si trovasse in India, tanto che nell’883 Alfredo il Grande re del Sussex inviò doni e omaggi per commemorarlo.

Quando i portoghesi, in seguito all’impresa di Vasco da Gama, iniziarono a raggiungere l’India a fine XV secolo furono sorpresi di trovare sulle sue terre una comunità cristiana minoritaria a livello collettivo ma influente nelle comunità locali. Dopo aver subito persecuzioni ai tempi dell’invasione di Tamerlano e pur trovandosi in una posizione precaria sotto l’arbitrio dei raja di Calcutta e delle altre città i “cristiani di San Tommaso” risultavano influenti nello strategico commercio delle spezie che interessava fortemente i mercanti e gli esploratori al servizio di Lisbona.

Nei secoli, l’arrivo degli europei sedimentò una serie di evangelizzazioni profonde: dapprima i cattolici, con i Gesuiti di Francesco Saverio in prima linea nel XVI secolo assieme a Francescani e Domenicani, a cui dal Settecento fecero seguito i protestanti e, con l’arrivo degli inglesi, gli anglicani. A inizio Novecento anche diverse confessioni di orientamento statunitense, dai metodisti agli evangelici, inviarono missionari.

Senza aver mai dato i propri crismi a nessuna delle dinastie o degli Stati che hanno dominato il subcontinente, il cristianesimo in India è da tempo la terza religione maggiormente professata dopo l’induismo e l’Islam. Il 2,30% della popolazione indiana, oltre 27 milioni di persone, nel 2011 si è dichiarato cristiano nel censimento nazionale, e i cristiani erano la maggioranza in tre Stati: Meghalaya (87.93%), Mizoram (87.16%) e Nagaland (74.59%), risultando inoltre il 20% in Kerala, lo Stato indiano coi più alti indici di sviluppo. Significativo il caso del Meghalaya, lo “Stato tra le nuvole” confinante con il Bangladesh nel quale, come ha scritto La Voce di New York, “da quando i missionari protestanti e cattolici hanno cominciato ad arrivare, spesso a rischio per la propria vita, il cristianesimo ha spesso preso il posto dell’antica religione monoteistica che privilegiava lo stretto rapporto tra la divinità e la natura, la lingua, da orale, è diventata scritta grazie all’aiuto del missionario gallese Thomas Jones”. Ma al contempo, la proliferazione del cristianesimo è stata fonte di valorizzazione delle culture locali: ” Nel 2000, ad esempio, l’ordine dei Salesiani ha aperto a Shillong il Museo Don Bosco della cultura indigena, che ha una splendida collezione di artefatti, strumenti originali e costumi delle varie tribù”.

L’India è una nazione con una storia profonda, complessa, millenaria. Una storia che affonda le sue radici nel mito e nella tradizione. Una storia, in ogni caso, plurale e articolata, in cui anche i cristiani hanno sempre potuto giocare un ruolo fondamentale. Il ruolo di pontieri, di edificatori di comunità plurali, di antidoto contro ogni fanatismo. Un ruolo pluralista, dunque, come plurale è la natura delle confessioni, che dalle formazioni di stampo europeo si allarga a una versione nazionale e antica della fede cristiana, che getta le sue radici nella storia stessa dei seguaci di Gesù. Tale insieme di tradizioni è innervato nella storia stessa dell’India e va preservato ad ogni costo. Per permettere all’India di mantenere intatta un’identità nel cui cuore profondo c’è spazio importante per il cristianesimo.

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