mercoledì 1 luglio 2020

Breve recensione a "L'altra Europa" di Paolo Rumor

di Cavaliere Vermiglio

Il libro "L'altra Europa" di Paolo Rumor, Giorgio Galli e Loris Bagnara, è stata riedito dalla Panda Edizioni di cui possediamo una copia. L'edizione non è delle migliori. La carta è spessa quasi da sembrare un cartoncino: una grammatura eccessiva per il tipo di libro che non presenta ampie pagine o foto a colori. Invece di usare una carta così pesante si sarebbe potuto optare per una carta meno spessa, ma di colorazione avorio invece di un bianco lucido che dà fastidio agli occhi. Cosa più grave è che con una carta così spessa il libro ha un certo spessore e l'editore ha deciso una più economica rilegatura incollata e ciò determinerà prima o poi che le pagine si staccheranno. Intanto raggiunta la metà il libro si è aperto in due e devo fare attenzione affinché le pagine centrali non si stacchino dal dorso dove sono appiccicate con della semplice colla. Poteva essere fatto meglio.

Passiamo ai contenuti. Per chi ha letto "Le impronte degli dei" di Graham Hancock anche senza ulteriori approfondimenti ci si troverà di fronte a frequenti déjà vu intuendo nel corso della lettura dove si andrà a parare. Anche senza leggere le note degli altri autori al memoriale di Rumor il più delle volte si intuiscono i riferimenti. Ciò genera una frequente sensazione di perplessità su ciò che si legge. Non si riesce a capire se si tratta di un'opera costruita a tavolino disseminando indizi che rimandano alle teorie di Hancock e di altri autori dello stesso filone o di un racconto genuino. Paolo Rumor racconta di aver saputo quello che scrive dal padre che ha recuperato quelle informazioni negli anni cinquanta, ben prima che certi argomenti fossero noti al grande pubblico. Il problema è che l'archivio del padre è andato perduto e le uniche prove sarebbero i suoi appunti risalenti a quegli anni. Spero che gli altri due coautori abbiamo avuto modo di vedere gli appunti originari di Rumor per verificarne la reale vetustà. Immagino che non sia difficile antichizzare dei documenti, ma almeno un confronto visivo può permettere di verificare che gli appunti non siano stati scritti oggi. Poi se risultassero vecchi si porrebbe il problema dell'autenticità e se siano stati antichizzati. Mi chiedo perché Paolo Rumor avrebbe preso degli appunti sul lavoro del padre e copiato cartine ed elenchi di nomi. Appunti che sarebbero tornati utili decenni dopo per la stesura del libro.
Nella terza parte a cura di Loris Bagnara ci viene svelato ciò che si era già capito, ovvero che la misteriosa camera dei segreti di cui parlano i documenti di Rumor, non è altro che la famosa camera nascosta a Giza sotto la Sfinge di cui si favoleggia da un po'. Poi il resto è una sorta di compendio dove ai nomi della lista di Rumor si cerca di dare una collocazione storica e dei dati biografici.
La parte conclusiva scade nel più comune complottismo cercando di dimostrare che essendoci delle prove di un complotto, la tesi di Paolo Rumor è plausibile. Si recuperano i famigerati Protocolli dei Savi di Sion, affermando che nonostante siano falsi contengono delle intuizioni corrette. Alcune tesi economiche appaiono decisamente semplicistiche e per quanto riguarda l'idea sulla necessità di una riduzione della popolazione, non ci troviamo di fronte ad un complotto bensì a delle tesi pubblicamente esposte e risalente almeno a Malthus e riprese dagli odierni ecologisti, passando anche per il nazismo con il concetto del Lebensraum (spazio vitale). In Italia abbiamo avuto il Club di Roma che pubblicamente metteva in allarme per la fine delle risorse, che pronosticavano che sarebbero dovute finire già da un pezzo.
Il libro ci lascia decisamente perplessi. Si è tentati di pensare di trovarsi di fronte ad un'operazione commerciale per confezionare un libro che venda qualche copia, riprendendo i temi di un'antica civiltà scomparsa che ci ha lasciato un retaggio. L'ultima parte complottistica e decisamente semplicistica ci fa temere che gli autori abbiamo voluto imbastire un testo complottista partendo da lontano come può essere l'idea di un'antica civiltà evoluta distrutta dalla fine dell'ultima era glaciale. In breve, viene il dubbio di aver speso male tempo e soldi.


Per approfondire:

sabato 27 giugno 2020

Zolla, un antimoderno modernissimo

tratto da "Il Giornale" del 05/11/2019

Un ritratto del pensatore e della sua analisi critica della società di massa

di Giancristiano Desiderio

Aveva sei anni Elémire Zolla quando scrisse una poesia sulla storia di Buddha. L'autore de Lo stupore infantile dirà, poi, che tutte le verità fondamentali le intuiamo fra i tre e i quattro anni e ciò che accade dopo è o oblio o reminiscenza.

Zolla non dimenticò lo stupore dell'infanzia e così con la fine della sua vita e del suo pensiero, dedicato negli ultimi anni proprio all'Oriente, si ricongiunse all'inizio in un ideale cerchio magico. Ora, però, tocca ad altri ricordare la singolarità e la signorilità dell'autore di Che cos'è la tradizione. Lo ha fatto un giovane studioso, Lorenzo Morelli, con un testo informato e rigoroso edito da historica: Elémire Zolla. Tradizione e critica sociale (pagg. 512, euro 22).

L'itinerario culturale di Zolla può essere diviso in tre periodi: il giovane Zolla che per trent'anni vive a Torino per poi trasferirsi nel 1956 a Roma dove nello stesso anno vincerà il premio Strega con Minuetto all'inferno (romanzo osteggiato con tutte le sue forze da Elio Vittorini). Il saggista Zolla che dagli anni Cinquanta alla metà dei Settanta svolge un'analisi profonda della Modernità e della società di massa. Infine, il terzo Zolla che, viaggiando dall'Africa all'America all'Asia, individua nelle culture extra-europee una via di accesso alla sapienza tradizionale o alla «filosofia perenne» che restituisca all'umano il senso del limite. Il saggio di Morelli si concentra soprattutto sul secondo Zolla mettendo in luce il valore politico del suo pensiero che «funziona» proprio come una sorta di «ragione critica della modernità» per giungere alla conclusione che, in fondo, la stessa modernità non può fare a meno della tradizione. Ecco perché non è sbagliato dire, come fa Morelli, che l'opera antimoderna di Zolla appare in realtà modernissima, sia per la capacità di comprendere le contraddizioni e gli avvilenti conformismi della società di massa, sia per lo stesso esempio della singolare figura di Zolla che seppe difendere la libertà intellettuale in un tempo in cui, per dirla con l'indimenticabile Nicola Matteucci, imperava quella «egemonia culturale marxista» alla quale tutti gli intellettuali rendevano omaggio e si iscrivevano per diritto divino.

A volte Zolla sembra estraneo alla cultura italiana. Sulla vexata quaestio fascisti/comunisti si esprimeva così: «Da allora non ho mai avuto la presunzione di trovare in Italia qualcosa di vero, di significativo, anche perché, poi, l'ossessione comunista che seguì al fascismo era equivalente».

mercoledì 24 giugno 2020

I Filosofi Incogniti

in collaborazione con l'autore Michele Leone: https://micheleleone.it/i-filosofi-incogniti/

Appunti sui Filosofi Incogniti e la vera Filosofia

La filosofia oggi è svalutata e sottovalutata – tanto da molti filosofi quanto dalle Istituzioni, tra cui per prima la scuola – e resa aliena alla maggior parte delle persone. Pochi sanno che la Filosofia è sempre stata legata alle scienze ermetiche, la maggior parte degli alchimisti, dei magi, dei sacerdoti e quanti erano nel mondo ermetico parlavano di filosofia o consideravano sé stessi filosofi. Una filosofia, nella maggior parte dei casi assai lontana da quella della nostra contemporaneità, che guarda alla natura e all’uomo come elementi di un’unica realtà e non come estranei gli uni agli altri. In queste pagine non posso dedicarmi allo studio dei rapporti tra filosofia e società segrete, tra filosofia e magia e tra filosofia ed ermetismo. Ma non posso, anche a costo di essere noiosamente ripetitivo, ricordare che l’ermetismo è per definizione, sia pur con tutti i limiti e imprecisioni di una definizione da dizionario, una corrente filosofico-religiosa. Se cancelliamo l’immagine standardizzata del filosofo noioso, mal vestito e con la giacca tweed anche a ferragosto scopriremo che i filosofi sono degli innamorati della vita e della conoscenza.

Qualche secolo or sono è esistita una setta composta da Filosofi Incogniti, vi riporto qualche informazione e parte dei loro statuti: Nell’’Idea di una Nuova Società di Filosofi” che fa da prefazione, il suo autore dichiara di voler consacrare a Dio i tesori infiniti di cui Egli ha voluto fargli dono e di impiegarli a Sua gloria e al servizio del prossimo; e di aver viaggiato per tutto il globo terrestre per confortare persone afflitte e bisognose. Non gli fu possibile tuttavia realizzare tale progetto, perché la malizia degli uomini si spinse così lontano, che egli vide più di una volta la propria vita in pericolo. Per questi motivi volle fondare un’associazione di Filosofi, <<di cui nessuno invero fosse particolarmente noto, ma che nondimeno si fosse reso generalmente celebre diffondendo [la propria fama] in breve tempo per tutti i regni, affinché in tutti si trovasse qualche associato che fosse, per così dire, un saggio e liberale dispensatore di prezioso tesoro della Scienza Ermetica>>.

A questo scopo egli mise per iscritto gli statuti e i regolamenti di questa <<nuova Cabala>> e ne scelse personalmente i fondatori; infine compose alcuni trattati ermetici in cui mise ciò che la sua esperienza gli aveva insegnato, e nei quali si può riconoscere il punto essenziale e il fondamento della loro Filosofia segreta: il soggetto o materia su cui si deve lavorare.

L’autore si affretta tuttavia a precisare di aver subito il fatto che alcuni di questi trattati siano stati pubblicati, e di non aver voluto dare alle stampe quelli che spiegavano più chiaramente la dottrina dei principi primi, e che, se ne sono stati editi, li ha eliminati subito, ritenendo che sarebbe stato più conveniente e utile differirne l’edizione.

Seguono gli Statuti dei Filosofi Incogniti, divisi in sei capitoli, e ciascuno di questi in più capitoli, per un totale di trenta articoli. Vi è detto chiaramente che questa Compagnia non deve limitarsi a una regione, a una nazione, un regno o una provincia, ma deve diffondersi per tutta la terra abitata, sebbene suddivisa in colonie, truppe, assemblee, e che ogni colonia corrisponde a un impero ove esiste un solo capo. La Provvidenza procurerà di fissare il numero degli associati, ma la prudenza di chi li accoglierà sarà determinante; e il più anziano membro di ogni colonia, truppa o assemblea avrà la lista di tutti gli associati con il paese da cui provengono. La condizione e la religione non saranno d’ostacolo alla loro ammissione, ma è nondimeno richiesto <<che essi adorino Gesù Cristo, che amino la virtù, e che la loro mente sia atta alla Filosofia>>. Non saranno tuttavia ammessi i religiosi e tutti coloro che hanno professato voti monastici, soprattutto negli ordini mendicanti; né schiavi o persone che siano al servizio dei potenti, <<poiché la Filosofia richiede persone libere, che siano padrone di loro stesse, che possano lavorare a loro piacere e che, senza impedimenti di alcun genere, possano impiegare il loro tempo e i loro beni per arricchire la Filosofia delle loro nuove scoperte>>. Tra le persone libere, le meno atte a questa sorta di occupazione sono i sovrani, che saranno accolti solo raramente; lo stesso avverrà per le persone spinte principalmente dall’ambizione, o per la gente destituita da ogni sorta di beni, che la povertà potrebbe costringere a rivelare un segreto che non ha pari in tutta la Natura. Ai postulanti si richiedono soprattutto l’onestà di costumi, una curiosità naturale, un desiderio di penetrare i segreti dell’arte chimica e di conoscere <<le mirabili operazioni della Scienza ermetica>>, e una condizione essenziale: <<un silenzio incorruttibile, eguale a quello che sapeva mantenere Arpocrate>>. Ogni membro sarà accuratamente scelto, previa osservazione dei suoi costumi e della sua mentalità da parte di un associato, e se sarà ritenuto degno di entrare, l’associato ne avvertirà il proprio superiore, celandogli tuttavia il nome e la provenienza del postulante, <<poiché una delle regole più sacre di questa Compagnia sta nel fatto che tutti coloro che ne fanno parte non solo siano sconosciuti agli estranei, ma che non si conoscano neanche fra loro, donde il loro nome di Filosofi Incogniti. L’accettazione del nuovo membro comporta che l’associato ne parli sinceramente con il proprio superiore, sotto giuramento, dopodiché si sottopone la cosa all’assemblea, ossia <<a quegli associati che gli sono noti>> e si agisce secondo la loro opinione.

Se il postulante è accettato, lo si accoglie con un rito che prevede anzitutto che si chiedano <<i numi dello Spirito Santo facendo celebrare a questo scopo una Messa solenne, se la provenienza e la confessione di colui che è accolto lo permettono. Il postulante giura di conservare gli statuti e si impegna a mantenere un segreto inviolabile, nonché fedeltà e amore fraterno verso tutti gli associati che conoscerà. E se arrivasse al possesso della Pietra, ne farà l’uso prescritto dalle regole della Compagnia. Il suo superiore gli garantisce, da parte sua e a nome degli associati, amicizia, fedeltà, protezione, e gli sussurra <<nella lingua dei Saggi, il nome della Magnesia, ossia della vera e unica materia con cui si fa la Pietra dei Filosofi>>. Se possibile, anzi, glielo suggerirà con descrizioni enigmatiche per sollecitarlo a scoprirla da solo.

Il nuovo membro assumerà un nome cabalistico, possibilmente ricavato anagrammando il suo vero nome dai nomi dei Filosofi antichi; nome che sarà inserito nella lista della Società. Per impegnare ancor più il nuovo associato, il superiore potrà esigere una ricevuta scritta di sua mano e sottoscritta con il suo nome cabalistico; e viceversa, questi potrà prendere un esemplare degli statuti che porti il suo nome cabalistico, come prova di appartenenza alla Società.

Il nuovo associato potrà copiare gli statuti, nonché la tavola dei simboli e dei caratteri cabalistici necessari all’Arte con la loro interpretazione; e avere la lista dei nomi cabalistici degli associati. […] Il nuovo membro sarà esortato ad applicarsi diligentemente alla lettura dei libri dell’autore e degli altri Filosofi approvati dalla Società, guardandosi soprattutto dal provare noia e impazienza.

[…] È invece previsto di astenersi <<da qualsiasi operazione sofistica sui metalli di qualunque specie>> e di non aver <<commercio con ciarlatani e dispensatori di ricette, poiché non vi è nulla di più indegno di un Filosofo cristiano che cerca la verità e vuole aiutare i propri fratelli, che la professione di un’arte ingannevole>>.  (Cosmopolita, Operazione Filosofica, a c. di A. Boella e A. Galli, Edizioni Mediterranee, Roma 2016, pp. 51-55).

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Questo lungo passaggio è stato indispensabile per mostrare non solo che l’Alchimia sia o possa essere una società segreta, o meglio, che dall’alchimia siano potute nascere delle società segrete o di segreti, ma soprattutto perché al suo interno contiene dei passaggi che sono tipici delle consorterie più o meno segrete. Uno degli elementi fondanti di questo tipo di aggregazioni umane è il segreto. Il confronto con il testo curato da Boella e Galli è utile per quanti vogliano avvicinarsi e meglio penetrare le cose dell’Arte e anche la storia di altre confraternite legate al segreto e ai Misteri, prima su tutte la Massoneria, non è un caso se i due studiosi continuano il capitolo citato parlando del Barone Tschoudy e del suo rito massonico dei Filosofi Incogniti.

I Filosofi Incogniti sono idealmente un’introduzione, un primo capitolo, a quella Filosofia che è ignorata non solo dalla così detta Cultura Ufficiale, ma anche e vergognosamente da quanti si dicono esoterici, maghi, occultisti, Guru e via dicendo…

      Gioia – Salute – Prosperità


sabato 20 giugno 2020

I motori spaziali al plasma e la sfida della fusione nucleare

tratto da "Il Giornale" del 03/05/2020

Le applicazioni del plasma, dai motiri spaziali all'energia alla produzione di energia a minore impatto ambientale

di Tommaso De Lorenzo, Marisa Saggio

La scorsa settimana ci siamo lasciati sulla definizione di "plasma", che è quella di "gas ionizzato", ovvero un gas in cui elettroni e ioni (i nuclei degli atomi) sono liberi di muoversi gli uni rispetto agli altri. Questa sua particolare caratteristica ne consente l’utilizzo in svariate applicazioni pratiche.

Sette giorni fa ve ne abbiamo presentate solo alcune un po’ vintage (leggi qui). Oggi invece parliamo di presente e soprattutto di futuro.

Il fatto che elettroni e ioni siano liberi di muoversi uno rispetto all’altro fa si che il plasma, rispetto a un semplice gas, sia sensibile e reagisca alla presenza di campi elettromagnetici. Un esempio su tutti è che il plasma diventa un conduttore. È proprio l’emergere di queste nuove peculiarità che dal punto di vista teorico definisce il passaggio di stato da gas a plasma, così come un cambio di altre caratteristiche definisce il passaggio da solido a liquido o da liquido a gassoso. Ed allo stesso tempo è grazie a queste nuove caratteristiche che ha dato luogo alla maggior parte delle applicazioni. Ne presentiamo qui una dal nome fantascientifico ma che è già realtà da diversi anni: i motori spaziali al plasma. In parole povere, mettete un po’ di gas in un contenitore, ionizzatelo e poi sottoponetelo ad un campo elettrico in una direzione. Gli elettroni carichi negativamente e gli ioni carichi positivamente si muoveranno nella direzione del campo elettrico in verso opposto. Aprite allora il lato del contenitore verso il quale si dirigono gli ioni, e vedrete che questi usciranno a velocità elevate (a seconda del campo elettrico applicato). La conservazione del momento, anche detta “rinculo”, spingerà il contenitore. Se quel contenitore lo attaccate ad un satellite o un piccolo rover esploratore, ecco che avete l’idea di base di un sistema di propulsione spaziale. La realizzazione ingegneristica è ovviamente molto più complessa, con strategie di accelerazione degli ioni molto diverse che portano a diversi tipi di motori spaziali al plasma. Alcuni, per esempio, non applicano un campo elettrico esterno, ma sfruttano i campi elettromagnetici creati dal movimento delle cariche stesse nel plasma, riuscendo ad accelerare sia ioni che elettroni nella stessa direzione, aumentando così la spinta a parità di carburante. Interessante, no? Se però vi state chiedendo se potremo mai viaggiare su un’auto alimentata al plasma, o se la Ferrari potrà sfruttare questa tecnologia per vincere il mondiale di Formula 1, sappiate che il sistema non può essere usato qui sulla terra. La spinta prodotta è dell'ordine di grandezza di quella che esercitate giornalmente per inserire il cavo USB nel vostro cellulare, troppo piccola per vincere attrito e pressione atmosferica e spostare mezzi di trasporto. Purtroppo non troveremo alcun benzinaio intento a chiederci: “Benzina, diesel o plasma?”

giovedì 18 giugno 2020

“Compendio delle Stregonerie” di Francesco Maria Guaccio

In collaborazione con Simone Berni: https://www.cacciatoredilibri.com/su-catawiki-ce-compendio-delle-stregonerie-di-francesco-maria-guaccio/

Un’edizione di lusso d’eccezione fatta su misura per il bibliofilo

Compendio delle Stregonerie, di Francesco Maria Guaccio (Milano, Luigi Maestri, 1988). Il titolo completo dell’opera è: Compendio delle stregonerie, di frate Francesco Maria Guaccio dell’Ordine di S. Ambrogio ad Nemus, nel quale le opere nefande ed esecrabili per il genere umano ed i rimedi divini per evitarli sono raccolti. Importante opera esoterica e di demonologia, con introduzione di Armando Torno (nato nel 1953), giornalista, saggista, editorialista del Corriere della Sera. L’autore del Compendio è il frate, demonologo e teologo milanese Francesco Maria Guaccio (1570-1640), il quale, nel 1605, iniziò la stesura del Compendium maleficarum, l’opera per cui ancora oggi viene ricordato. L’opera in asta su Catawiki è un’edizione di 100 esemplari, con legatura in mezza pelle con astuccio e cinque nervi al dorso. Il testo composto a mano in carattere Garamond è stato stampato al torchio da Luigi Maestri su carta al Tino Narcisse filigranata espressamente fabbricata. Volume con ventidue xilografie incise. Testo prezioso che ci permette di conoscere le concezioni in materia di stregoneria nella Milano di Federico Borromeo.

domenica 14 giugno 2020

Un genio nascosto (anche dall'editoria) che anticipò Rimbaud, Tolkien e Lovecraft

tratto da Il Giornale del 20/09/2019

Oggi i suoi versi, tradotti da Ungaretti, in libreria sono introvabili

d Davide Brullo

I am hid. «Io mi sono nascosto». La prima delle Annotations di William Blake «ai discorsi di Sir Joshua Reynolds» si chiude con questa ammissione radicale.

Dove si è nascosto, William Blake, il poeta che ha ispirato Jim Morrison e Jim Jarmush, che influenzò William Butler Yeats e ispirò papiri esegetici a Northorp Frye, a Chesterton, a Harold Bloom?

Blake si è nascosto nel retro del mondo, nell'enigma delle cose, dove l'oscuro fiammeggia e l'origine degli esseri geometricamente indimostrabile si rivela. Blake si è nascosto paradosso demonico nel retro del sistema editoriale italico. Chi lo pubblica più? A parte la casa editrice SE, che ristampa i Libri profetici, Milton, i Canti dell'innocenza e dell'esperienza, secondo la consueta versione di Roberto Sanesi (dei Canti esiste un'edizione Feltrinelli del 2014, per la cura di Roberto Rossi Testa), Blake pare terrorizzare ma si tratta di canonica cecità gli editori nostri. Eppure, è Nelle foreste della notte così il titolo del saggio di Stefano Zecchi che sigilla la fondamentale edizione delle Opere di Blake edita da Guanda nel 1984: ristampatela! che si eleva la cosmologia contraddittoria di Blake, che pare provenire dagli gnostici dell'Antico Testamento e prevede i deliri del Maldodor di Lautréamont, l'ebbrezza di Rimbaud, Il Signore degli Anelli di Tolkien e il Necronomicon di Lovecraft.

In Italia, per altro, William Blake ha avuto un sommo traduttore: Giuseppe Ungaretti. Il rapporto non fu occasionale né sporadico: «Lavoro alle traduzioni di Blake da più di sette lustri. È un poeta difficile. Sempre, anche quando è semplice come l'acqua», scrive il poeta nel «Discorsetto del traduttore» che apre Visioni di William Blake, album di traduzioni edito da Mondadori nel '65. I primi «giochi» dentro l'opera di Blake sono pubblici nel '30 su Il Tevere, poi Ungaretti li accoglie nel complessivo Traduzioni con poesie di Saint-John Perse, Esenin, Góngora, Jean Paulhan pubblicato nel '36 dalle Edizioni di Novissima. Nel '93 Mondadori ripubblica Blake secondo Ungaretti in un volume memorabile, Visioni, introdotto da Aldo Tagliaferri. Se ne sono perse le tracce. Un peccato, perché Ungaretti, Lancillotto della poesia pura che aveva sintonia con i poeti che rompono le norme del linguaggio, sfasciando la grammatica in graniglia di bagliori, sapeva che «il vero poeta anela a chiarezza: è smanioso di svelare ogni segreto: il proprio, il segreto della sua presenza terrena cercando di conoscere il segreto dell'andare della storia e dei motivi che reggono l'universo, cercando d'impossessarsi, folle, del segreto dei segreti. Egli ha coscienza che la parola è difficile, ma, e se ne dispera, la rende fatalmente più oscura, più intrappolata nei significati che, cerando di nudarla e di coprirla di luce, le moltiplica».

In Joshua Reynolds, ritrattista e fondatore della Royal Academy of Arts, Blake vedeva l'icona del mentitore, dell'esteta impostore, che di un volto non afferra il mistero, ma soltanto la somma pattuita per dipingerlo. «Simulazioni dell'Ipocrita», giudicava i discorsi cattedratici di Reynolds. Così, deliberò di vivere nascosto, Blake, come gli eremiti ustionati dall'angelo, come gli uomini incapsulati nel futuro. «Mi considero sufficientemente Pago di vivere come faccio ora, e temo solo di portare Sfortuna ai miei amici», scrisse il poeta a John Linnell, il 25 aprile del 1827. Morì tre mesi dopo. Si pensava come a un Povero Giobbe, stava illustrando la Divina Commedia. Nessuno fu più vigile di lui. Siamo noi, ipocriti lettori, a non sopportarne lo sguardo.

giovedì 11 giugno 2020

Viaggio psico-demoniaco negli incubi di William Blake

tratto da "Il Giornale" del 20/09/2019

È la più completa retrospettiva mai dedicata all'artista-poeta Fu così sperimentatore che oggi appare modernissimo

di Luca Beatrice


Nel pomeriggio di un giorno feriale la Tate Britain, a Londra, è affollatissima per la più completa retrospettiva mai dedicata a William Blake. Sull'artista e poeta inglese attivo tra la fine del '700 e l'inizio dell'800 si è sviluppato un vero e proprio culto trasversale che attrae gli storici dell'arte come i fan del rock.

In effetti il pubblico è estremamente composito e già uno spettacolo in sé: una coppia gay con tatuaggi e piercing di gusto post punk, ex fricchettoni reduci dagli anni '70, studenti e professori di disegno, qualche amante della poesia. Difficile farsi largo per ammirare da vicino calligrafie e miniature, il segno grafico così articolato e preciso, la scrittura neo-gotica. Allora alla Tate hanno messo a disposizione dei visitatori delle lenti portatili per esaminare da vicino le opere e scoprirne i segreti. Che in effetti in quei fogli si nasconde un mondo di simboli e significati che solo gli esperti sapranno decifrare. Blake è artista controverso, d'accordo, ma appare comunque eccessivo l'avviso al pubblico che potrebbe rimanere scioccato da raffigurazioni maligne e demoniache, da allusioni sessuali deformi e perverse, da atti e termini blasfemi. Continuando di questo passo in qualsiasi immagine si rintraccerebbero messaggi subliminali, persino nelle visioni bucoliche della campagna inglese in collezione alla stessa Tate, neppure l'arte fosse un manuale di buoni comportamenti.

Già il nome, William Blake, contiene il suo destino; un nome da rockstar, una combinazione perfetta per un destino da outsider riverito da poeti e alternativi, più volte citato nei versi di Bob Dylan, fonte di ispirazione per Jim Morrison che scelse la parola «Doors» pensando proprio a Blake filtrato dal saggio di Aldous Huxley Le porte della percezione. Un mito che non accenna a tramontare, se è pure è evidente l'assonanza del recente Songs of Innocence degli U2 con Songs of Innocence and Experience, la raccolta illustrata di poesie che Blake pubblicò nel 1794 e che qui è presentata nella versione completa.

Sono oltre trecento le opere esposte fino al 2 febbraio 2020, nel non facile compito di unire filologia a spettacolarità, ma gli inglesi le mostre le sanno fare e il pubblico è sempre ricettivo. Attraverso William Blake (1757-1827) si capiscono tempi tumultuosi, attraversati da rivoluzioni, guerre e movimenti che portarono la modernità in Europa. In tale contesto il lavoro di Blake non fu troppo considerato, davvero difficile l'abbinamento immagine-poesia, senza considerare la continua sfida alle convenzioni che gli creò non pochi problemi. Blake ritiene la Bibbia una fonte inesauribile di storie che, disancorate dal significato religioso e simbolico, contengono aberrazioni, storture, malvagità degne di una saga horror-gotica. Ostile alla chiesa, romantico per vocazione, visionario sperimentatore, Blake si forma alla Royal Academy rompendo però presto con lo stile pacificato del maestro Joshua Reynolds. L'amicizia con John Flaxman, la frequentazione di ambienti socialisti che lo spinsero a prendersi molta libertà anche nella vita privata, ad esempio proponendo alla moglie Catherine Boucher l'introduzione di una concubina nel loro ménage, la scoperta dell'incisione in cui si esalta la straordinaria abilità tecnica al servizio di un'inventiva fuori dal comune per rileggere in chiave fortemente simbolica alcuni capisaldi della letteratura classica: Dante, Chaucer, Shakespaere, Milton.

Tra i cosiddetti «highlights» della mostra, ci si deve soffermare sull'autoritratto del 1802, quando Blake aveva 45 anni oppure sui rarissimi dipinti di grande formato, scuri e tenebrosi come The Spiritual Form of Nelson Guiding Leviathan (1805-09). Sono pochi e sperimentali per l'evidente difficoltà di trasferire la minuziosa calligrafica su superfici così ampie rispetto alla carta. Ma Blake ha ambizioni pittoriche, vuole studiare la tecnica dell'affresco per rifarsi alla tradizione di Michelangelo e Raffaello, anticipando la moda del revival che esplose in seguito nell'Inghilterra vittoriana con i Preraffaelliti. C'è anche l'ultimo lavoro, uno tra i più noti, Ancient of Days (1827) che ha ispirato legioni di illustratori dal gusto metal. Super-iconica è la serie di dodici stampe terminata nel 1805, tra cui la celeberrima Newton, prodotta usando una forma sperimentale di monotipo, inchiostro e acquerello. Una collezione che mescola scienza, religione, mito e letteratura. Se la vorace curiosità e l'ambizione di misurarsi con qualsiasi linguaggio fu difficilmente compresa nel suo tempo, oggi Blake appare come un visionario precursore, psichedelico, folle e delicatamente oltraggioso. Artista a 360 gradi, capace di prendere il passato e farne arte contemporanea. Una ricetta che funziona ancora, secoli dopo.