sabato 23 maggio 2020

I LUOGHI LEGGENDARI RACCONTATI DA ECO

tratto da L'opinione del 31 ottobre 2015

di Giuseppe Talarico

Esistono libri singolari che riescono a suscitare nell’animo del lettore sensazioni di stupore e meraviglia. Appartiene a questa categoria di opere letterarie, l’ultimo saggio di Umberto Eco, pubblicato dall’editore Bompiani con il titolo “Storia delle terre e dei luoghi immaginari”. Il volume è impreziosito da una vasta raccolta antologica, che conclude ognuno dei quindici capitoli da cui è composto, e da illustrazioni raffinate che riproducono i quadri e le immagini che sono stati ispirati dalle credenze e dalle illusioni sorte intorno ai luoghi immaginari e leggendari. Nella prima parte del libro, di gradevole lettura per la chiarezza della scrittura con cui il maestro Umberto Eco ha scritto i saggi in esso contenuti, viene riassunta e raccontata la leggenda legata alla esistenza del regno degli Antipodi.

Infatti secondo questa leggenda, poiché la terra era considerata piatta, si credeva che dall’altra parte del pianeta vi fosse un altro regno, in cui le persone vivevano in posizione capovolta. Eco, a questo proposito, osserva che già nel mondo antico, come risulta dai testi dei presocratici Parmenide e Pitagora, si conosceva la forma sferica della terra. In ogni caso del regno degli antipodi ne hanno parlato Virgilio nelle Giorgiche, Lucano nella Pharsalia, Plinio nella Storia Naturale. A differenza di quello che si crede, già nel medioevo, malgrado fosse prevalente la concezione tolemaica, si sapeva della forma sferica della terra. Nelle prima parte, citando le origini del popolo ebraico e le famose dodici tribù e quella di Giuda, a cui si deve la fondazione di Gerusalemme, Eco ricorda come lungo i secoli si è cercato di capire e conoscere quale forma architettonica avesse il primo tempio di Gerusalemme, famoso per il suo splendore e la sua bellezza, distrutto da Nabuconodosaor nel 586 A.C. Intorno al regno di Salomone, famoso per essere un luogo ricco e piacevole quanti altri mai, è sorta una leggenda. Giunta in questo luogo, la regina di Saba pare che non lo abbia più abbandonato e si sia convertita all’Ebraismo.

Ma da dove proveniva la regina di Saba? Su questo punto, seguendo le sue ricerche di grande erudito, Eco fornisce molte notizie ed interpretazioni. Si suppone che la Regina di Saba provenisse dall’Etiopia, in Africa, terra che in questo periodo storico pare fosse un Paese nel quale regnassero il benessere e la ricchezza. Molto belle ed indimenticabili sono le pagine nelle quali Eco ripercorre i luoghi descritti da Omero nella Odissea. Ricorda lo studioso come lungo i secoli si sia tentato di stabilire dove si trovassero l’isola di Ogigia e quella dei Feaci, nelle quali Ulisse visse parte della sua lunga avventura umana. Per alcuni studiosi questi luoghi descritti da Omero erano nel mediterraneo, per altri come Felice Vinci in realtà Ulisse avrebbe compiuto il suo lungo viaggio nel nord dell’Europa, precisamente nel Baltico. Per evocare le leggende sorte intorno al mondo Orientale, Eco richiama ampi brani del Romanzo di Alessandro, nel quale vi è una precisa descrizione delle creature mostruose e dei luoghi ignoti e selvaggi e mirabolanti scoperti dal grande conquistatore macedone, durante le sue imprese belliche.

Nel libro della Bibbia Genesi vi è il racconto del paradiso terrestre, da cui furono esiliati Adamo ed Eva. Ora anche nella cultura greca, come risulta dall’opera letteraria di Esiodo le Opere ed I Giorni, esisteva la credenza che vi fossero i regni felici di Crono e Saturno, nei quali era assente la sofferenza, la ingiustizia, il male ed il dolore umano. A questo proposito, in questa parte del libro, Eco giustamente osserva che la inclinazione della mente umana a vagheggiare terre meravigliose e luoghi paradisiaci nasceva dalla constatazione che il mondo reale è sempre stato, durante la storia umana, per molti aspetti deludente e imperfetto, perché incapace di assicurare la libertà e la felicità agli uomini. Il mito di Atlantide, la grande isola che si sarebbe inabissata nelle profondità del mare, è stato raccontato da Platone in due suoi celebri dialoghi, il Timeo ed il Crizia. Di questa leggendaria isola hanno parlato nelle loro opere sia Tertulliano sia Plutarco nella vita di Solone. Lungo i secoli continui e reiterati sono stati i tentativi di individuare la posizione geografica di Atlantide. Per alcuni si trovava oltre il territorio Spagnolo, per altri in luoghi geografici diversi. Intorno al mito legato alla leggenda di Atlantide è sorta una vasta letteratura occultistica.

Molto interessante sul piano culturale è il capitolo dedicato alla lettera famosa del prete Gianni, di cui Marco Polo ha parlato nel suo libro il Milione. Proprio il regno del Prete Gianni, secondo la interpretazione di Umberto Eco, ha favorito le esplorazioni geografiche intorno nell’Asia ed in Africa, consentendo agli uomini del tempo di approdare su terre sconosciute. Molto bello è il racconto di Thule e degli Iperborei. Secondo questa leggenda, la culla della civiltà dovrebbe essere identificata con il Nord Europa. Infatti da queste terre, nel mondo antico, sarebbero discese le popolazioni evolute e superiori, le quali, una volta pervenute nel mare Egeo, avrebbero dato vita alla fondazione della cultura classica. Al mito degli Iperborei è legata la convinzione che vi siano razze umane superiori ed altre inferiori, i popoli situati nel mediterraneo e nel Sud dell’Europa. Questa legenda ha alimentato la idea, coltivata dai nazisti, che vi sia la possibilità di dimostrare la superiorità e purezza della razza ariana. Sul santo Graal nel libro il lettore troverà le pagine più belle ed emozionanti. Secondo una leggenda il Santo Graal sarebbe il calice in cui è stato raccolto il sangue di Cristo, dopo la sua crocifissione. Secondo un’altra e diversa interpretazione di questa leggenda, il sacro Graal si riferisce alla dinastia che sarebbe discesa da Gesù di Nazareth.

Gesù, in base a questa leggenda, sarebbe sopravvissuto alla crocefissione. Con Maria Maddalena avrebbe raggiunto la Francia, dove sarebbero nati i suoi figli, da cui avrebbe preso origine la dinastia Merovingia. Questa leggenda del Sacro Graal è legata ad un luogo specifico, l’abazia di Rennes-Chateau situata in Francia, ed al racconto leggendario del Priorato di Sion, in cui sono coinvolti i Templari ed i Rosacroce. Belle e indimenticabili le pagine nel libro in cui viene descritta l’Utopia, che designa il luogo che non c’è e non esiste, ed il modo in cui è stata rappresentata e vagheggiata nelle opere di Tomas More, da Tommaso Campanella nella Città del sole, da Platone nel libro la Repubblica. Nel Capitolo finale Eco, da grande intellettuale, in un saggio bellissimo evoca i luoghi letterari presenti in alcune grandi opere come le Città Invisibili di Itali Calvino, il Deserto dei Tartari di Dino Buzzati, l’Aleph di Luis Borges, l’Isola del Tesoro di Stevenson. Il lettore di queste opere letterarie, in base a quello che Eco chiama il contratto funzionale, è consapevole che questi luoghi sono inesistenti.

Tuttavia, proprio perché intuisce il valore conoscitivo del linguaggio basato sulla finzione letteraria, si pone rispetto ad essi, per coglierne il valore simbolico, come se siano realmente esistiti. Un libro questo di Eco, grazie al quale è possibile sia cogliere il legame che vi è tra le leggende del passato e le credenze che hanno alimentato lungo i secoli sia quanto sia difficile distinguere ciò che è vero da ciò che è falso nel racconto che la storia ci propone del passato.


mercoledì 20 maggio 2020

I Misteri di Eleusi

in collaborazione con l'autore Michele Leone: https://micheleleone.it/i-misteri-di-eleusi/

Appunti sui Misteri di Eleusi


Al principiare dell’autunno nel mese di Boedromione, in Attica, ad Eleusi, cittadina non lontana da Atene si svolgevano i Misteri detti Eleusini. Di questi misteri conosciamo poco o nulla perché gli iniziati agli stessi hanno sempre avuto cura di mantenere il più stretto riserbo e segreto sulle pratiche da essi svolte all’interno dei Templi e Santuari.

Il riserbo e la segretezza del culto è sempre stato un elemento caratterizzante degli iniziati e dei membri delle società segrete di ogni tempo ed epoca. Ancora oggi in Italia, su questo argomento, a causa della polemica o della ignoranza, vengono fatte campagne antimassoniche.

I misteri in generale erano in parte culto pubblico e in parte culto iniziatico, ovvero, per potervi partecipare era necessario aver subito una iniziazione.

Il rito iniziatico e segreto, all’interno di uno o più culti pubblici, evocano da soli e facilmente i riti di pubertà, quel <<rituale iniziatico>> che <<mira… a trasformare l’individuo in conformità alla “norma” che la comunità pone davanti ai propri membri adulti>>. In questo modo il segreto acquisito attraverso l’iniziazione discrimina tra iniziati e non iniziati, e nelle società tradizionali, in cui hanno efficacia culturale e tradizionale i riti di iniziazione, esso separa i maschi adulti, detentori del segreto, dal complesso rappresentato dai pre-puberi e dall’universo femminile. È questo il rito che usa la tortura, dall’avulsione dell’incisivo alla subincisione penica, dalla scarnificazione delle spalle alla circoncisione al tatuaggio, per fissare sul corpo, in maniera indelebile, l’identità guadagnata passando attraverso l’<<altro mondo>>. Questi segni, che non possono più venire cancellati, accompagneranno il neofita fino alla fine dei suoi giorni e la <<legge>> rimarrà così per sempre descritta sul suo corpo, nel quale la società potrà riconoscersi e per mezzo del quale potrà sentirsi garantita. La legge condivisa scandita dal silenzio con cui è subita la tortura rituale, essa può coincidere con i costumi tribali e con l’obbligo di non rivelare il segreto guadagnato attraverso la prova rituale. Ma l’accesso al sapere del gruppo conservato dagli adulti può anche rivelare ai nuovi iniziati l’inconsistenza e l’incompletezza delle informazioni ricevute nella fase anteriore all’iniziazione, o nei diversi gradi della climax iniziatica, là dove è contemplata. Così, per esempio, tra i Baktaman della Nuova Guinea, l’entità del segreto posseduto e non rivelabile, se discrimina tra iniziati e non iniziati, nello stesso tempo decide anche la gerarchia sociale. […] Se fosse ora possibile applicare questo schema interpretativo ai misteri greci e in particolare ai misteri di Eleusi, essi allora, attraverso l’ostensione annuale del segreto, contribuirebbero a consolidare periodicamente il fondamento etnico prima e civico poi della religione greca, divenendo così <<un supplemento tanto necessario quanto armoniosamente integrabile>> nei confronti dei culti pubblici. Tuttavia non si può ignorare che i misteri, a differenza dei riti iniziatici tribali, non implicavano alcun mutamento di status sociale dell’individuo, <<che del resto sarebbe stato impossibile in un rito panellenico>>. Pertanto, anche ammesso che si possa dimostrare che i riti iniziatici di pubertà siano all’origine dei culti misterici – e non è detto che ciò possa valere comunque e in ogni caso -, resta che l’esito storicamente documentato e documentabile non è riconducibile che per forma e struttura alle iniziazioni tribali. (Paolo Scarpi, a c. Le religioni dei misteri, vol. I, Fondazione Valla, Milano 20124, pp. XIX-XX).

I misteri di Eleusi celebrano il culto di Demetra e si ritiene siano stati fondati intorno al 1550 avanti la nostra era, la loro diffusione in tutta la Grecia e non solo avvenne a partire dal VII secolo avanti la nostra era quando Eleusi divenne parte della città Stato di Atene.

Un inizio sull’origine di questo culto, praticato per duemila anni, la possiamo trovare nell’inno omerico a Demetra. Così parla la dea nell’inno:

Uomini ciechi, senza sagacia, che nulla sapete

mai preveder del fato che avanza, sia buono, sia tristo!

D’un mal senza rimedio t’è causa la tua stolidezza.

L’onda implacabile sappia di Stige, ch’è il giuro dei Numi,

sappia che immune sempre da morte e vecchiaia tuo figlio

io reso avrei, concessi gli avrei privilegi immortali.

Ora, non più potrà sfuggire le Parche di morte,

sebbene onore avrà perenne, perché l’ho raccolto

sopra le mie ginocchia, fra queste mie braccia ha dormito.

Dèmetra io sono, colma d’onori, che agli uomini arreca

sommo vantaggio, più che ogni altro dei Numi, e diletto.

Ed ora, il popol tutto mi deve innalzare un gran tempio,

e presso un’ara, lungo la fonte Callícora, sotto

l’eccelse mura della città, sopra il clivo che sporge.

Dalla lettura dell’inno omerico è possibile evincere due tipi di iniziazione legate a Demetra e conseguentemente ai misteri di Eleusi: la prima è legata alla mancata immortalizzazione di Demofonte da parte della dea per colpa di Metanira che la sorprende mentre prova a rendere immortale il bambino attraverso il fuoco. La seconda dovuta al suo riunirsi con la figlia Persefone.

I misteri di Eleusi sono cari ancora oggi agli appassionati di esoterismo, e non pochi provano a vedere nella piramide dei gradi delle moderne scuole iniziatiche una somiglianza o eredità con i piccoli e grandi misteri di Eleusi. I grandi Misteri si celebravano nel mese di Boedromione, con l’arrivo della primavera si celebravano i piccoli misteri nel mese di Antesterione. Le cerimonie duravano otto giorni e <<tutti quelli che avevano le mani pure>> e parlavano greco, donne e schiavi compresi, avevano diritto di parteciparvi – evidentemente se in primavera avevano compiuto i riti preliminari, ad Arga. (Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, Vol. I, Bur, Milano 20133, p.321).

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Le mani pure, così come molti altri temi delle iniziazioni antiche si riscontrano a volte senza significative variazioni nelle moderne società segrete o scuole iniziatiche. Vedremo a breve l’importanza del modello di Eleusi per tutta la tradizione esoterica occidentale e soprattutto il suo lascito per quanto riguarda il segreto.

Anche Erodoto tace sui Misteri: E per quel che concerne il rito iniziatico di Demetra, che i greci chiamano Tesmoforie, su di esso mi sia consentito restare in religioso silenzio, tranne per ciò che è consentito dire. Il silenzio sui misteri e l’impossibilità di parlarne ritorna sovente nella letteratura.

Eliade ci racconta parte della cerimonia:

Il primo giorno la festa si svolgeva nell’Eleusinion di Atene, ove il giorno prima erano stati solennemente trasportati da Eleusi gli oggetti sacri (hiera). Il secondo giorno la processione si dirigeva verso il mare. Ogni aspirante all’iniziazione, accompagnato da un tutore, portava con sé un porcellino che lavava nelle onde e sacrificava al ritorno ad Atene. Il giorno successivo, alla presenza dei rappresentanti del popolo ateniese e delle altre città, l’arconte basileus e la sua sposa eseguivano il grande sacrificio. Il quinto giorno segnava il momento culminante delle cerimonie pubbliche. Un’enorme processione partiva all’alba da Atene. I neofiti, i loro tutori e numerosi Ateniesi accompagnavano le sacerdotesse che riportavano ad Eleusi gli hiera. Verso la fine del pomeriggio la processione attraversava un ponte sul Kephisios e là uomini mascherati lanciavano insulti contro i cittadini più importanti. Al calare della sera, con torce accese, i pellegrini entravano nel cortile esterno del santuario. Una parte della notte era dedicata alle danze e ai canti in onore delle dee. Il giorno successivo gli aspiranti all’iniziazione digiunavano ed offrivano sacrifici; circa i riti segreti (le teletes) possiamo, però, soltanto avanzare alcune ipotesi. Le cerimonie che si svolgevano all’esterno e all’interno del telesterion si riferivano probabilmente al mito delle due dee. Si sa che gli iniziandi, con le torce in mano, imitavano Demetra vagante con fiaccole alla ricerca di Persefone. (Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, Vol. I, Bur, Milano 20133, pp.321-322).

In un frammento di Porfirio troviamo una interessante descrizione: Nei misteri di Eleusi lo ierofante si veste a immagine del demiurgo, il daduco a immagine del sole e il sacerdote dell’altare a immagine della luna. L’araldo sacro a immagine di Ermes.

I misteri di Eleusi erano depositari di un messaggio segreto o una prospettiva escatologica?

Coniugata con Atene, ma a questa esterna, in ragione anche della ξενία mitologica degli Eumolpidi, Eleusi rappresentava per Atene l’<<alterità>> dove si annullavano le differenze tra cittadini e nello stesso tempo tra gli uomini e gli dèi e dove la città periodicamente si rifondava. Essa era lo spazio <<altro>> e simbolicamente esterno dove si rinnovava la vicenda mitica che aveva portato ad addomesticare la morte rendendola uno strumento di rifondazione periodica della presenza, un modo per conferire senso all’<<essere-nel-mondo>> dell’uomo – non dunque un messaggio segreto come vorrebbe Burkert: <<A noi pare che debba esserci stato un particolare messaggio eleusino, un segreto ma preciso annuncio del superamento della morte>>. Nella prospettiva etnocentrica ateniese il culto eleusino, con il suo messaggio escatologico implicato dall’addomesticamento della morte, assumeva i connotati di un privilegio di cui godeva Atene, dalla quale però era generosamente diffuso tra tutti gli uomini. Ma proprio perché conferiscono senso alla morte i misteri si rivelano una grande metafora della vita, là dove evocano nel mito le nozze e nel rito la gravidanza e il parto, all’interno dell’ottica di un sistema che considera la famiglia elementare il perno attorno a cui ruotano la cultura e la vita associata. (Paolo Scarpi, op. cit. pp.9-10).

Eliade ci ricorda che gli iniziati ai Misteri di Eleusi non formavano una “Chiesa” né un’associazione segreta comparabile ai Misteri dell’età ellenistica (Mircea Eliade, op. cit. p.326). Ma conclude con una riflessione che è importante per viaggio nella storia delle società segrete ed iniziatiche che affrontiamo in queste pagine: In fin dei conti, i Misteri di Eleusi – oltre alla loro parte centrale nella storia della religiosità greca -, hanno dato indirettamente un contributo significativo alla storia della cultura europea: in particolare le interpretazioni del segreto iniziatico. Il prestigio unico di tale segreto finì per fare di Eleusi un simbolo della religiosità pagana. L’incendio del santuario e la soppressione dei Misteri segnano la fine “ufficiale” del paganesimo. Cosa che, d’altronde, non implica la scomparsa del paganesimo, ma il suo occultamento. Il “segreto” di Eleusi continua ad assillare l’immaginazione dei ricercatori. (Mircea Eliade, op. cit. p.328).

Alcune società segrete o scuole iniziatiche in qualche modo sono ancora oggi portatrici di segreti e forse in una qualche maniera anche del segreto di Eleusi. È necessario però, come sempre, separare il grano dal loglio. Per farlo bisogna affrontare la storia delle idee e del genere umano senza pregiudizi, armarsi di una molteplicità di strumenti ed avere pazienza, dedizione e ferrea volontà.

       Gioia – Salute – Prosperità

sabato 16 maggio 2020

SIMONA CIGLIANA SCAVA NEI LEGAMI TRA OCCULTISMO, ESOTERISMO, CULTURA E POLITICA

tratto da L'Opinione del 10 settembre 2019

di Fabrizio Federici

Il 1848 non fu solo l’anno delle prime grandi rivoluzioni nazionali e liberali, dietro cui avanzavano le prime istanze socialiste. A fine marzo di quell’anno, contemporaneamente alle Rivoluzioni europee, negli Usa, e precisamente nel piccolo villaggio di Hydesville, sperduto tra campi di grano e covoni a nordovest di New York, iniziavano ufficialmente (ma sin dall’antichità classica vi erano stati tanti prodromi) quelli che la scienza – con termine suggestivo quanto riduttivo – ha chiamato poi fenomeni paranormali.

Ad Hydesville, infatti, nella povera casa della famiglia Fox – padre, madre e due figlie adolescenti – da vari mesi erano iniziati strani fenomeni, che oggi chiameremmo di “poltergeist”: soprattutto ripetuti rumori, nel cuore della notte, senza alcuna plausibile spiegazione, che sembravano provenire da misteriose entità, con cui le due ragazze, e la stessa signora Fox, riuscirono in qualche modo a mettersi in contatto mediante una sorta di primitivo alfabeto Morse. Diffusasi sui giornali locali, e da lì un po’ in tutti gli States, la notizia richiamò in breve tempo una crescente folla di curiosi (tra cui anche celebri studiosi), che gradualmente fece di Hydesville (l’accostamento non sembri irrispettoso) la “Lourdes del paranormale”. Per le due sorelle, soprattutto, iniziarono i “momenti di gloria” come presunte “veggenti laiche” (salvo poi rimangiarsi, in tarda età, buona parte delle loro dichiarazioni). Ma i fenomeni paranormali e le discipline destinate a studiarli – poi variamente definite, da “parapsicologia” a “ricerca psichica” – erano ormai entrati nella storia.

Simona Cigliana, docente di Letteratura italiana, Critica militante e Letterature europee comparate all’Università “La Sapienza” di Roma e in altre università europee, autrice di vari saggi su autori dell’Otto-Novecento e sui rapporti tra occultismo, spiritualismo e storia delle avanguardie, ha ora pubblicato “Due secoli di fantasmi” (Edizioni Mediterranee, 2019, euro 24,50).

Una carrellata su almeno due secoli di fenomeni paranormali che non è un’“antologia” di storie di tavolini ballanti, case infestate, poltergeist e presunte reincarnazioni. Ma, da un lato, un’indagine seria su come spiritualismo, occultismo ed esoterismo, col loro corredo di spiritualità alternative, hanno interagito con la cultura ufficiale dell’Occidente, spesso con importanti contributi. Non solo dall’alchimia medioevale e rinascimentale alla chimica moderna ma, per esempio, dalla “ricerca psichica” classica, tra Settecento e Novecento, alla medicina, alla psicologia dinamica e alla stessa fisica; per non parlare dei rapporti, ormai accettati anche dalla scienza ufficiale, tra fisica quantistica, filosofia e ipotesi di mondi alternativi (nello studio dei “buchi neri”, ad esempio).

Dall’altro, un invito a non fermarsi mai alla logica delle apparenze, del “credo solo a ciò che vedo”: ma – senza mai sminuire la ragione e l’esperienza, né dare credito ai primi millantatori e ciarlatani – cercare di approfondire la conoscenza sia delle energie naturali che della psiche e del cervello umano. Delle cui complesse, sofisticate facoltà, gran parte della scienza oggi ritiene che l’uomo medio utilizzi, normalmente, una percentuale davvero minima.

Leggendo il libro di Simona Cigliana scopriamo così che Garibaldi, ad esempio, noto massone, anche Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, fu, dal 1863, presidente onorario di una società spiritica veneziana, in contatto con Madame Blavatsky, fondatrice della Società Teosofica, e la sua continuatrice, Annie Besant; che Giuseppe Mazzini, cultore di esoterismo, credeva nella reincarnazione, e l’ultrapositivista (nonché socialista) Cesare Lombroso, studiando più volte la celebre medium Eusapia Palladino, nel 1891 fece pubblicamente ammenda, sulla “Tribuna giudiziaria” di Napoli, del proprio iniziale scetticismo nei confronti della medium.

Ma, soprattutto (l’autrice si ricollega, qui, anche ad autori precedenti, dal massimo politologo italiano, Giorgio Galli, all’anglosassone Nicholas Goodrick-Clarke e al francese René Alleau), troviamo chiaramente individuati i legami tra esoterismo e politica. Sin dal Settecento dei “Lumi” e del mesmerismo, infatti, era evidente il nesso tra movimenti per il rinnovamento spirituale e società rivoluzionarie (buona parte della Massoneria, anzitutto, ma non solo). Nell’Otto-Novecento questo legame si rafforza ancor più: con il politico e spiritualista, britannico Robert Dale Owen che è figlio di quel Robert Owen tra i fondatori del movimento cooperativo inglese; e, soprattutto, il socialista rivoluzionario Blanqui, protagonista di tutti i moti dal 1830 al 1870 e che, in tarda età, elabora una visione cosmologica incentrata sulla reincarnazione e sulla teoria (soprattutto nietzschiana) dell’“eterno ritorno”.

La filosofia di fondo di questo saggio, che è difficile non condividere, è che l’uomo di oggi, soprattutto se ricercatore serio, al di là dell’impegnarsi specificamente su questi temi, se vuole restituire credibilità alla scienza può farlo solo riprendendo quella che è stata, in fondo, l’idea base della cultura antica, medioevale e rinascimentale: cioè l’unitarietà del sapere, la continua osmosi (non la contrapposizione) tra cultura scientifica in senso stretto e cultura umanistica. La visione olistica, in sostanza, dell’uomo e del suo rapporto con l’universo.


mercoledì 13 maggio 2020

DI SAN VALENTINO E ALTRI MISTERI

tratto da L'Opinione del 12 febbraio 2020

di Dalmazio Frau

A breve ricorrerà puntuale e immancabile con tutta la propria panoplia commerciale, la festività di San Valentino, che da mito agiografico, nei secoli, è diventata la realtà agrodolce dei Peanuts o – peggio – il momento di sgravarsi la coscienza tra le coppie più ipocrite e vili con una scatola di cioccolatini, un invito a cena o un mazzo di fiori, dopo di che tutto ritorna come prima.

Invece, approfittando della data, mi piace ricordare un amore antico, perduto nelle nebbie della leggenda, di come esso fu cantato e di come esso fu dipinto in maniera sublime e insuperata, tra il 1872 e il 1877, da Edward Burne Jones nel suo The Beguiling of Merlin.

L’opera raffigura l’infatuazione di Merlino per Nimue, la Dama del Lago dalla quale l’arcimago che guidò le armate di Artù, viene imprigionato in catene fatte d’aria o di cristallo, o nel folto d’un bosco, in una caverna inaccessibile dalla quale egli continuerà a vivere e a profetare sino al Giorno del Giudizio. Merlino, sapiente e potente, indifeso davanti all’amore di Nimue, è mostrato nel suo essere avviluppato dal biancospino delle Fate, mentre la Dama del Lago al suo fianco, legge il libro di incantesimi che gli ha abilmente sottratto. È forse la volontà stessa del Gran Mago di cedere il proprio sapere per amore della Dama, dunque non un inganno, ma un dono d’amore per lei…

Da questo, mutevole ed evanescente, riscopriamo una versione che invece canta di Merlino e di Viviana, la Dama del Lago, in maniera differente e sorprendente.

Ormai vecchio il sommo druida s’innamora di Viviana, ancora giovane e splendida, e per lei e per lei soltanto, con la propria magia costruisce, in mezzo a un lago, un castello invisibile. Dopo di questo crea per sé un sepolcro incantato, una grotta di cristallo che, dopo la loro morte, accoglierà incorrotti per sempre il suo corpo e quello di Viviana. Ma la Dama del Lago, dopo essersi fatta insegnare da Merlino gli arcani delle arti magiche, con un inganno, lo rinchiuderà ancora vivo nel sepolcro incantato.

Questa è la versione tradotta e adattata dell’antica ballata su come Merlino s’innamorò e cedette la propria vita per amore a Viviana:

Presso la fontana

Lui un giorno la trovò,

Vide da lontano il giallo

Della veste che portava su di sé

“Dimmi cosa vuoi

Che io ti possa regalare,

Grande è il mio potere,

Quello che vuoi io posso fare”.

“Non ti prenderai gioco di me, tu

Non sei certo quello che

Io sto aspettando.

Quando lui verrà,

Allora mi alzerò

E, seguendo lui,

Di qui io me ne andrò”,

“Tu non credi di essere qui per me

Ma ancora troppo giovane tu sei

Quando avrai come me vissuto mille anni,

Allora forse capirai”.

“Dimmi cosa vuoi

E io te la darò,

Tu pensi ancora che non mi seguirai mai,

Ma di te farò un albero fiorito,

Poi ti guarderò fino a quando appassirai”.

“Non ti prenderai gioco di me, tu

Non sei certo quello che

Io sta aspettando.

Hai vissuto già

Per mille anni,

Ma sei giovane, lo vedo,

Forse più di me”.

Quella volta infine si adirò

E in un vasto lago la mutò

E dall’alto di una bianca torre

Per il resto del tempo lui l’amò. (*)

E così il potente Merlino, in grado di comandare ai venti e alle tempeste, di evocare la nebbia, far danzare le grandi pietre azzurre alla musica della sua arpa; Merlino Il Figlio del Diavolo, forgiatore di Re; Merlino l’incantatore che parla agli animali e domina i draghi, per amore s’inginocchia e per amore costruisce un nuovo mondo, fatto della trama stessa dei sogni e delle meraviglie, scegliendo, per amore, di trascorrere l’immensità del tempo a guardare la donna che ha scelto come propria compagna per sempre.

Buon San Valentino dunque, e non dimenticate che dietro ogni leggenda, esiste sempre – nascosta ma non troppo - una terribile verità che strazia il cuore e dilania l’anima, ma che rende questo mondo un po’ migliore.

(*) La versione è di Luisa Zappa

sabato 9 maggio 2020

Ufo gli archivi inediti

Il prossimo giugno uscirà in libreria il libro "Ufo gli archivi inediti", (Luxco Editions) di Francesca Bittarello, nota ufologa, ideatrice ed organizzatrice del Convegno di Ufologia città di Pomezia e di Ufology WORLD. Il libro è acquistabile dal sito della casa editrice senza spese di spedizione al seguente indirizzo: https://www.luxcoeditions.com/catalogue/ufo-gli-archivi-inediti
Il libro gode di una prefazione di Pablo Ayo e di una postafazione di Antonio Chiumiento. Il fenomeno UFO esplose a livello mediatico tra gli anni cinquanta e i sessanta: oggetti volanti sconosciuti e misteriosi umanoidi venivano avvistati ovunque nel mondo, con numerosi testimoni che nonostante le derisioni e l’ostilità della stampa, rilasciavano delle dichiarazioni preziose e ricche di dettagli. L’autrice ha vagliato a lungo molti casi, in parte inediti al grande pubblico, andando a estrarre dal proprio archivio personale proprio i casi appartenenti a quel periodo storico. Così facendo è riuscita a fornire una rilettura in chiave attuale dei casi più comprovati e dei testimoni più credibili, scovando delle informazioni importanti che, grazie alla mentalità tecnologica dei nostri giorni, riusciamo a comprendere con maggiore chiarezza. Dall’Austria alla Germania, dalla Francia alla Norvegia, dagli Stati Uniti al Brasile, gli UFO e i loro piloti extraterrestri sono stati visti e raccontati, storie affascinanti e rivelatrici che spesso sono finite in dei trafiletti giornalistici di poco conto e dimenticate. Non mancano poi tanti casi italiani: Torino, Rovigo, Siena, Livorno, Porto Torres e tanti altri luoghi del nostro Paese dove una generazione – quella dei nostri nonni e padri - ha visto qualcosa di alieno con i propri occhi e ce lo ha raccontato.

Non mancano le analisi di eventi a noi più recenti e talvolta sconvolgenti, come il “Caso Lubian”, riportato qui per la prima volta al pubblico: nelle campagne di Reggio Emilia si sono avvicendati avvistamenti UFO, presenze misteriose, esseri zoomorfi e persino i Men in Black. L’autrice propone inoltre una nuova e efficace metodologia di casistica dei casi UFO, dei testimoni, dei debunkers, sul mimetismo degli oggetti volanti non identificati e sul fenomeno dei Cerchi nel Grano, argomento quest’ultimo che studia da anni.

Categoria: Ufologia
Autore: Francesca Bittarello
Formato A5 / 283 pagine
Data 20 giugno 2020
ISBN: 978-2-902114-17-7
Prezzo: 16,49 euro
https://www.luxcoeditions.com/catalogue/ufo-gli-archivi-inediti

mercoledì 6 maggio 2020

La maledizione dei Faraoni tra realtà e fantasia

in collaborazione con il blog Fanta-Teorie:

https://fanta-teorie.blogspot.com/2020/04/la-maledizione-dei-faraoni.html

Sono molte le superstizioni riguardo le maledizioni delle tombe degli antichi Faraoni. Fantasia o Realtà?
Sembra che ci sia poco di vero nei nefasti auguri incisi sulle antiche tombe egizie. Queste maledizioni servivano soprattutto per tenere lontano i predoni di tombe. Probabilmente i sacerdoti che le emanavano erano davvero convinti della loro efficacia e per questo le disseminavano ad ogni tomba che avesse importanza. Almeno questo siamo stati predisposti a pensare secondo la storia tradizionale. E se invece i sacerdoti usavano le maledizioni per nascondere un altro pericolo? Almeno una parte di loro, ovvero quelli che conservavano la vera conoscenza degli antichi, coloro che per molti hanno costruito la Grande Piramide e la Sfinge. Chi siano questi antichi sapienti non ci è dato saperlo ma possiamo solo ipotizzare.
Partiamo dal principio.
Nel 1956 Zakharia Ghoneim riuscì tramite calcoli matematici basati sulla struttura a trovare l'entrata della Piramide di Djoser che secondo l'egittologia classica è la prima piramide costruita dagli antichi egizi. A differenza delle successive quella di Djoser è a gradoni molto simile alle piramidi presenti in Sud America e in Mesopotamia. A questo punto due possono essere le motivazioni di tale somiglianza.
1) I costruttori della piramide di Djoser condividevano le conoscenze dei costruttori delle piramidi mesopotamiche e sud Americane.
2) La struttura a gradoni è più semplice da realizzare e man mano che sono diventati esperti piramidisti (è un termine sbagliato ma concedetemi la vena poetica) poi hanno iniziato a costruirle come quelle nella piana di Giza.

Aperta la piramide di Djoser non trovarono la mummia ma solo una tomba con molti oggetti di valore. Anche questa tomba conteneva una maledizione ma Ghoneim morì molti anni dopo.


Piramide a gradoni di Djoser - Immagine da Wikipedia

A questo punto arriviamo al famosissimo Tutankhamon. Per prima cosa nella sua tomba non ci sono funeste dichiarazioni di morte rivolte ai profanatori di tombe ma un lieto messaggio che auspica serenità e pace al faraone stesso.
Il capo della spedizione Howard Carter morì 16 anni dopo la scoperta della tomba, per vecchiaia. Ad alimentare le dicerie sulla maledizione furono le morti a catena verificatesi dopo la scoperta della cripta. Morirono Lord Carnavon, suo fratello, l'infermiera che  aveva assistito il Lord, il segretario del Lord, tre collaboratori e sua moglie.
35 anni dopo arrivò un medico a chiarire l'accaduto, il dottor Geoffrey Dean che per casualità trovò in un suo paziente gli stessi sintomi che portarono al decesso Carnavon e gli altri.
Trattasi di istoplasmosi detto anche "il male delle caverne". E' diffuso da funghi microscopici che si annidano in animali (principalmente pipistrelli), detriti organici e polvere.


Maschera d'oro di Tutankhamon - immagine da Wikipedia

Rimane comunque senza spiegazione la morte di molti altri studiosi egittologi avvenuta quando le spedizioni nella terra dei faraoni sono diventate di massa. A venire in aiuto di questi misteriosi decessi sono le conseguenze di Hiroshima e Nagasaki. Per quanto sembra assurdo queste morti strane, attribuite alle maledizioni dei faraoni sono il risultato di cancrena atomica in quanto hanno gli stessi sintomi delle vittime delle due bombe atomiche.
Lo stesso Ghoneim nei suoi studi afferma che la pece e le bende usate per mummificare erano assai radioattive. Pare che i sacerdoti egizi erano a conoscenza di tale male ma non sappiamo dire se conoscevano la radioattività oppure lo ritenevano una manifestazione di una divinità.
Inoltre i residui presenti nella pece e nelle bende si disperdevano nell'ambiente della tomba rendendo la sala altamente radioattiva.
Pertanto la lunga permanenza di studiosi con le mummie li ha fatti ammalare e morire.
Mistero risolto? Pare proprio di si. Almeno fino a prova contraria ma ci rimane il dubbio su quanto i sacerdoti sapessero sulla radioattività e sull'energia atomica.


sabato 2 maggio 2020

Atlantide fu distrutta da uno tzunami, ora la cercano in Andalusia

tratto da "Il Giornale" del 28/08/2009

Esperti concordi sull'idea che fu un'onda (molto) anomala a distruggere la civiltà  di cui racconta Platone e che con il suo mito  affascina il mondo occidentale da tre secoli. Ora in Spagna cominciano le ricerche guidate da due scienziati tedeschi

di Vincenzo Pricolo

Per la prima volta nella storia delle ricerche su Atlantide i maggiori esperti sembrano finalmente d'accordo su un punto centrale: la grande civiltà tramandata dagli Egizi e raccontata da Platone fu travolta da un enorme tsunami.
«Le due tesi principali oggi in concorrenza su quale fosse l'Atlantide di Platone sono Santorini, nell'Egeo, e Donana, sulla costa atlantica spagnola, e in entrambi i casi gli esperti sono ormai orientati a credere che venne distrutta da un grande tsunami», dice all'Ansa Rainer Kuehne. Lo studioso tedesco è con le sue ricerche l'ispiratore, insieme a Werner Wickboldt, degli scavi che iniziano sulla costa dell'Andalusia alla ricerca della misteriosa città di Tartessos, forse all'origine del mito di Atlantide.
«Io sono convinto dell'ipotesi Tartessos - dice Kuehne - anche se alcuni argomenti giustificano la tesi, proposta nel 1950 da Spyridon Marinatos, secondo cui la grande eruzione vulcanica che distrusse Santorini sarebbe stata all'origine sia del collasso della civiltà minoica che della leggenda di Atlantide».
Nel racconto di Platone Atlantide era una potenza navale situata oltre le Colonne d'Ercole che dominò parte dell'Europa occidentale e dell'Africa 9mila anni prima del tempo di Solone, che avrebbe appreso della civiltà scomparsa dagli egizi. E furono gli egizi, secondo Platone, a raccontare a Solone che, dopo avere fallito l'invasione di Atene, Atlantide sprofondò «in un giorno e una notte di disgrazia».
Essendo una storia funzionale ai dialoghi di Platone, quella di Atlantide è stata a lungo, almeno fino a tutto il Medioevo, considerata come un mito concepito dal filosofo greco per illustrare le proprie idee politiche.
E fu solo nel corso dell'Ottocento e del Novecento si moltiplicarono le teorie più o meno scientifiche, le rivelazioni di sensitivi, ricostruzioni «fantastoriche» e soprattutto le ipotesi su dove si trovasse la mitica civiltà platonica: dai Caraibi all'Antartide passando per Lemuria, il «continente perduto». E ancora, la stessa America (con le sue civiltà precolombiane), la Sardegna (con le Colonne d'Ercole «spostate» al Canale di Sicilia), il deserto del Sahara, in mezzo all'Oceano Atlantico (e quindi ora sotto il Mar dei Sargassi), Cipro, Rodi, Creta...
Quel che è certo è che il mito di Atlantide affascina l'immaginario letterario e culturale dell'Occidente da almeno tre secoli, da quando cioè all'inizio del Settecento lo studioso svedese Olaus Rudbeck ipotizzò che la civiltà scomparsa fosse fiorita in Scandinavia.
Come osservò lo scrittore americano Lyon Spraugue de Camp: «La ricerca di Atlantide colpisce le corde più profonde del cuore per il senso della malinconica perdita di una cosa meravigliosa, una perfezione felice che un tempo apparteneva al genere umano. E così risveglia quella speranza che quasi tutti noi portiamo dentro: la speranza tante volte accarezzata e tante volte delusa che certamente chissà dove, chissà quando, possa esistere una terra di pace e di abbondanza, di bellezza e di giustizia, dove noi, da quelle povere creature che siamo, potremmo essere felici».