sabato 4 maggio 2019

Ecco i dieci castelli più infestati ( e sono tutti in Europa)

tratto da Il Giornale del 24 ottobre 2018

La Torre di Londra, il Castello di Edimburgo e quello di Frankenstein a Darmstadt, e il Castello di Montebello in Italia sono considerati tra i dieci castelli più infestati e si trovano tutti in Europa

di Elisa Sartarelli

Sono molti i luoghi che si dice siano abitati da fantasmi. Tra storia, fantasia, leggenda e suggestione ci sono molti luoghi comunemente considerati infestati. Una bimba dai capelli azzurri, un animale che lascia odore di zolfo, la signora in verde e quella in rosso sono alcune delle presenze che nei secoli sono rimaste legate a luoghi specifici.


Il blog Musement ha segnalato i dieci castelli considerati più infestati al mondo, e si trovano tutti in Europa.

1 - La Torre di Londra
Centinaia di turisti visitano ogni giorno la Torre di Londra senza accorgersi di niente, eppure questa struttura risalente all’XI secolo, ex residenza reale e prigione, è considerata uno dei luoghi più infestati al mondo. Fu infatti luogo di torture e di morte. Tra i fantasmi più celebri si ricorda la seconda moglie di Enrico VIII, Anna Bolena, che in questa torre fu decapitata ma che girerebbe nei sotterranei con la testa ancora sul collo. Qualcuno invece avrebbe visto giocare in camicia da notte nei sotterranei i piccoli principi fratelli Edoardo V e Riccardo, misteriosamente scomparso nel 1483. E ci sarebbe anche chi ha sentito le loro risa. Si dice che fu lo zio Riccardo III a farli uccidere per favorire la propria ascesa al trono, come scrive Shakespeare nel celeberrimo “Riccardo III”.

2 - Il Castello di Houska in Repubblica Ceca
Il Castello di Housaka è un maniero risalente al XIII secolo che sorge a circa 50 chilometri da Praga. Fin qui nulla di strano, se non fosse stato costruito intorno alla “Porta dell’Inferno”, un pozzo che si crede sia senza fondo. Fu costruito per tenere lontani i demoni e mai realmente abitato, tranne quando i nazisti vi condussero i loro esperimenti. Si dice che ci volino intorno creature demoniache. Qualcuno avrebbe anche visto una donna vestita di bianco affacciarsi alla finestra. La domanda che tutti si pongono è: cosa c’è dentro il pozzo? Si racconta che un condannato a morte vi fu calato in cambio nella grazia. Dal fondo oscuro il poveretto cominciò a gridare, riemerse con i capelli bianche e morì dopo poco.

3 - Il Castello di Montebello in Italia
Il Castello di Montebello si trova a Montebello di Torriana, frazione del Comune di Poggio Torriana, in provincia di Rimini. Nel maniero visse una bambina albina di nome Guendolina. La particolarità dei suoi capelli chiarissimi l’aveva segnata in quell’epoca di superstizione e sua madre cominciò a tingerle i capelli, con il risultato che presero una colorazione celeste. La bimba fu allora soprannominata Azzurrina. Visto il suo particolare aspetto, non le era permesso di lasciare il castello. Un giorno, mentre giocava, la sua palla cadde nel seminterrato. La bimba andò a riprenderla ma non tornò più. Si crede che a farla uccidere fu suo padre. La data della sua morte è considerata il 21 giugno 1375. Ancora oggi nel castello si sentirebbe il pianto della bambina.

4 - Il Castello di Brissac in Francia
Uno dei famosi castelli della Loira è quello di Brissac, costruito nell’XI secolo. Quattro secoli dopo ebbe luogo tra le sue mura un duplice omicidio. Jacques de Breze sorprese la moglie Charlotte con il suo amante, Pierre de Lavergne. Accecato dall’ira e dalla gelosia, li uccise a coltellate. Si dice che presto dovette lasciare il maniero, perché i fantasmi dei due amanti continuavano a perseguitarlo con i loro gemiti. Lo spirito di Pierre non verrebbe più avvistato da molto, mentre una donna in verde, probabilmente Charlotte, risiederebbe stabilmente nel castello. Qualcuno l’avrebbe vista nella torre della cappella.

5 - Il Castello di Bran in Romania
Sui monti Carpazi sorge il Castello di Bran (XIII secolo). Lo scrittore Bram Stoker, nel suo celebre “Dracula”, fa vivere il protagonista in un castello che somiglierebbe proprio a questo. Viene quindi comunemente chiamato “Castello di Dracula”. Oggi questo maniero è un museo legato alla regina Maria, che lo abitò per ultima. Si racconta che alla sua morte le fu asportato il cuore, custodito in uno scrigno d’oro all’interno della cappella. La leggenda vuole che chiunque salga sulla torre più alta del castello in una notte di luna piena, sarà spinto di sotto dal fantasma della regina Maria.

6 - Il Castello di Edimburgo in Scozia
In una delle città più infestate del mondo sorge uno dei castelli più infestati, quello di Edimburgo. Proprio in questa sede si è svolta nel 2001 un’importante indagine sui fenomeni paranormali. Improvvisi cali di temperatura o la sensazione di essere strattonati sono comuni in questo luogo, dove sarebbero stati visti fantasmi dei prigionieri coloniali della guerra d’indipendenza americana e prigionieri francesi della Guerra dei Sette Anni, un pifferaio e un tamburino senza testa.

7 - Leap Castle in Irlanda
La Gran Bretagna è terra fertile per i castelli infestati. Nella lista anche il Leap Castle (XIII secolo) che fu costruito dal clan degli O’Bannon. Nel XV secolo cominciarono delle rivalità nella famiglia che sfociarono in un omicidio: un uomo uccise il fratello sacerdote proprio mentre celebrava la Messa nella cappella. I secoli successivi videro gente imprigionata, torturata e giustiziata al suo interno. Si dice che nel corso di una ristrutturazione siano state ritrovate numerose ossa in una prigione che aveva il pavimento fatto di aculei. Ci sono fantasmi noti anche in questo luogo. A cominciare da Emily, la giovane che nel 1600 si gettò dalla torre più alta del castello. Spesso sarebbe stato visto il suo fantasmi buttarsi di nuovo da quella stessa torre, scomparendo prima di raggiungere il suolo. Altre figure che sarebbero state viste sono una pecora con il muso in decomposizione che rilascia intorno odore di zolfo; un uomo dalla corporatura tozza, visto nella casa del sacerdote (distrutta nel 1922); e la cosiddetta signora in rosso, che apparirebbe tenendo alzato un pugnale.

8 - Il Castello di Moosham in Austria
La caccia alle streghe si svolse in Austria in maniera cruenta. Si ritiene che decine di migliaia di donne furono imprigionate, torturate e uccise in modi orribili nel Castello di Moosham, perché sospettate di stregoneria, dall’arcivescovo di Unternberg. Il Castello adesso è un museo e diversi visitatori avrebbero raccontato di aver sentito accanto a loro una presenza, di essersi sentiti toccare da presenze invisibili, e perfino di aver assistito a delle apparizioni.

9 - Il Castello di Frankenstein in Germania
I resti di un antico castello del XIII secolo potrebbero aver ispirato il celebre romanzo “Frankenstein” di Mary Shelley. Le rovine del maniero si trovano a Darmstadt. Il nome del castello avrebbe come origine l’antica tribù germanica “Frank”, termine unito alla parola “Stein”, che significa pietra. Nel periodo tra Natale e Capodanno si potrebbe vedere il fantasma di Johann Konrad Dippel. Medico e alchimista, pare fosse anche un ladro di cadaveri. Il suo obiettivo era quello di riportare in vita i morti, creando un elisir che donasse l’immortalità. Per farlo, utilizzava delle parti di cadaveri. Morì nel 1734 dopo aver bevuto una delle sue pozioni.

10 - Il Castello di Reszel in Polonia
All’interno del castello di Reszel, oggi un albergo, rimase rinchiusa per quattro anni Barbara Zdunk, considerata l’ultima persona giustiziata in Europa per stregoneria, che nel 1897 fu accusata anche di incendio doloso. La donna subì torture e sevizie, per essere infine bruciata sul rogo. Si pensa che durante la detenzione abbia avuto dei figli, dei quali si sono perse le tracce. Si dice che il suo spirito e quelli dei suoi figli si aggirino ancora nelle segrete del castello.

venerdì 26 aprile 2019

Il Libro Rosso

Dalla stessa collana "I libri del Mistero" della Fanucci Editore presentiamo "Il Libro Rosso". Come gli altri libri della stessa collana ritroviamo le pagine decorate per ricreare la sensazione dei vecchi grimori manoscritti e il taglio delle pagine colorato questa volta in rosso. Dall'introduzione:
"Nel luglio 1940, presso lo stesso stampatore di Le Livre Vert, era apparso un volume dallo stesso formato e dimessa veste grafica: Le Livre RougeLe Livre Rouge, che ovviamente è da attribuire (con le dovute riserve) al solito Jacques Dourcet-Valmore, è l'esatto opposto de Le Livre Vert, essendo una sorta di manuale d'invocazione delle gerarchie infernali, descritte con abbondanza di particolari ripugnanti; alcuni rituali riportati sono talmente orribili che francamente ci sentiamo quasi d'approvare la distruzione tentata dalle sbirraglie naziste dell'epoca. All'inizio fu scartata l'ipotesi di una traduzione di e Livre Rouge per la sua particolarità (di folli 'demomaniaci' ce ne sono già troppi in circolazione).
[...] Il contenuto: un elenco pressoché completo di tutti gli spiriti infernali - comuni alla grande tradizione occulta delle tre religioni monoteiste..."



Il libro è composto da 192 pagg. con copertina rigida al costo di 12€.



martedì 23 aprile 2019

Pinocchio in Scandinavia: le radici della favola nel Kalevala e nell’Edda

Segnaliamo questo interessante articolo in cui si descrivono le possibili fonti della mitologia nordica a cui si sarebbe ispirato Carlo Collodi nella stesura del suo Pinocchio. L'articolo è pubblicato sul sito Axis Mundi ed è scritto da Piervittorio Formichetti. Buona lettura:

https://axismundi.blog/2019/03/24/pinocchio-in-scandinavia-le-radici-della-favola-nel-kalevala-e-nelledda/

martedì 16 aprile 2019

“LA BELLEZZA RIVELATA”: ALLA SCOPERTA DELLE RICCHEZZE DELL’ETIOPIA

tratto da L'Opinione del 16 ottobre 2018

di redazione

Dopo il successo alla Società Geografica Italiana di Roma e al Pan/Museo delle Arti di Napoli,  la mostra fotografica “La bellezza rivelata - un viaggio nella terra d’Etiopia sulle orme degli antichi esploratori” verrà ospitata dal 5 novembre al 31 gennaio 2019 dal Museo Etnografico di Addis Abeba.

L’Etiopia è una terra di genti e paesaggi unici e straordinari, ricca di antichissime tradizioni, diversità culturali, una terra - definita la culla dell’umanità - capace da sempre di attrarre viaggiatori ed esploratori che hanno fatto conoscere quel territorio al mondo attraverso  diari di viaggio, carte geografiche, schizzi, disegni e fotografie.

Con lo stesso spirito questa mostra, organizzata da Carlo e Marcella Franchini, in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” e con il contributo dell’artista Francesca Borro, racconta  di quelle terre e dei percorsi di alcuni fra i principali esploratori. 80 fotografie realizzate da Carlo Franchini e alcuni dipinti e carboncini dell’artista Francesca Borro raccontano la straordinarietà di quel meraviglioso paese di antica civiltà. “Un viaggio, dunque, nel tempo e nello spazio, attraverso l’Etiopia di oggi ma sulle orme dei viaggiatori di ieri”.

Proprio partendo dalle descrizioni contenute in alcune opere di alcuni degli esploratori che maggiormente hanno contribuito alla conoscenza dell'Etiopia, la ricchezza ambientale e culturale del paese sarà evocata mediante oggetti della Collezione della Società Africana d'Italia, oggi custodita dall'Università di Napoli "L'Orientale", da bellissime fotografie, filmati, numerosi disegni al tratto e dipinti. Alcuni di questi sono tratti dai resoconti dei viaggiatori, altri ispirati da immagini recenti e sono particolarmente rilevanti in quanto testimoniano un importante e troppo frequentemente trascurato aspetto dell'attività degli esploratori: la necessità di testimoniare le proprie scoperte tramite disegni ed illustrazioni. Non solo, il disegno e lo schizzo diventano spunto per un'ulteriore esplorazione, uno strumento di analisi e approfondimento, che costringe chi lo esegue non solo a vedere, ma anche a guardare e dunque a conoscere.

L’obiettivo della mostra è quindi quello, anche grazie alla molteplicità dei documenti, degli oggetti e delle immagini presentati, di mostrare e far apprezzare la ricchezza rappresentata dagli ambienti e delle culture del Paese, le loro millenarie radici, la sinergia sistemica tra diversi che lo caratterizza.

Per maggiori informazioni visita il sito www.labellezzarivelata.com



mercoledì 10 aprile 2019

Il racconto del Graal, aliâs il mistero delle origini

prelevato dal sito http://www.centrostudilaruna.it

Non è molto logico commentare la Presentazione di un libro, tanto più se il volume altrove presentato da altri è il proprio. Ma vale la pena di fare un'eccezione per la premessa scritta dal dott. E. Albrile, redattore di codesta Rivista e nostro gentile patrocinatore presso questa ed altre pubblicazioni semestrali e non, ad un opuscolo del sottoscritto, attualmente in bozze presso un editore pugliese. Facciamo ciò, naturalmente, non allo scopo di farci pubblicità; benché ne avremmo sinceramente bisogno, trattandosi del nostro primo scritto di un certo formato, a parte il volume in corso di pubblicazione presso questo stesso editore.

L'Albrile è dell'opinione, sulla scorta del Rigbom e del Corbin, che la descrizione del Castello del Graal apparsa attorno al 1275 nel Der jüngerer Titurel di Albrecht von Scharffenberg sia stata occultamente influenzata da una conoscenza dell'architettura emblematica di un antico tempio iranico, il cd. 'Trono degli Archi' (Taxt-i Taqdis). Da ciò, oltreché da altre corrispondenze rilevabili nel Parzival di Wolfram von Eschenbach (scritto compilato fra il 1200 ed il 1210), è deducibile senz'ombra di dubbio un'influenza persiana nella misteriosofia graaliana. Tale influenza non può essere messa in dubbio e si può ritenere motivatamente che essa sia stata trasmessa da parte degli Assassini, i famosi Guardiani ismailiti della Terra Santa. Probabilmente attraverso i Templari, che raggiunsero Gerusalemme un ventennio dopo (1119) la conquista della Città Santa da parte della Prima Crociata (1099). Anche i Templari fungevano da Custodi del luogo sacro, con le medesime prerogative ed una gerarchia iniziatica approssimativamente parallela, nel versante cristiano. Orbene siamo del parere, non meno di un noto scrittore attuale, che anche le idee proprie dei Templari sul Tempio di Salomone e l'Arca dell'Alleanza abbiano influenzato notevolmente il simbolismo graaliano. Vediamo dunque in che maniera le due linee di azione s'intersechino nel raggiungere l'Occidente tardomedievale. Naturalmente qui si parla d'influenze, poiché è chiaro che la letteratura graalica rientra nell'esoterismo cristiano e come tale va intesa. Qualcuno in passato ha espresso però l'opinione che la tradizione celtica non sia finita con la cristianizzazione della Gallia, ma che abbia continuato a sopravvivere attraverso la copertura exoterica della Chiesa culdea (altri lo definisce 'monachesimo kuldeo'). Ragion per cui ad un certo punto, allorché i tempi erano evidentemente maturi, si sarebbero prodotti un incontro ed una fusione a livello esoterico fra la tradizione cristiana e quella celtica. Ci si può chiedere quale fosse la confraternita cristiana coinvolta. A giudicare dalle citazioni di Wolfram, sembrerebbe che la parte intervenuta sia quella dei Templari.

Ripercorrendo la storia di codesto Ordine, dalla fondazione nel 1119 sotto l'egida di S. Bernardo (nipote di uno dei Nove Cavalieri fondatori e redattore quasi un decennio dopo della Regola loro imposta, dietro il riconoscimento ufficiale della Chiesa) sino alla distruzione del medesimo nel 1306 ad opera del Re di Francia (Filippo IV, altrimenti noto quale Filippo il Bello) e di Clemente V (un papa del periodo avignonese), si arriva a capire quale importante ruolo esso debba aver svolto in ambito esoterico nel corso dei due secoli circa nei quali ha potuto agire liberamente. A giudicare dalle accuse intentate all'Ordine del Tempio durante il processo che ha condannato al rogo i Templari, vale a dire il fatto di praticare culti osceni e venerare il Serpente sethiano , pare lecito affermare che si trattava di una confraternita di tipo gnostico. Ma in che modo è giunta la Gnosi in Europa nel Tardo Medioevo? Gli Gnostici, com'è risaputo, costituivano a loro dire i trasmettitori delle conoscenze segrete degli Apostoli; in altre parole, erano i veri conoscitori dei Misteri cristici.

Dopo la persecuzione perpetrata a loro danno in epoca tardoantica da parte della Chiesa dei primi secoli (II-IV sec.), le loro dottrine ed i loro riti potrebbero essere stati ripresi occultamente dai Catari, nonostante s'intraveda in costoro una certa influenza manichea. In un'interessante trasmissione televisiva di qualche tempo fa sono state mostrate visivamente in una cartina le tappe percorse dal movimento gnostico durante l'espansione dal Vicino Oriente in Europa. Le tappe considerate sarebbero state le seguenti: dalla Palestina alla Siria e da qui all'Armenia; indi, passando attraverso l'impero bizantino, esso si è trasferito nei Balcani ed in seguito in Bosnia, assumendo attorno al X sec. la denominazione di Bogomilismo. Alla metà del XII sec., sotto il nome di Catarismo, ha conquistato l'Italia Centro-settentrionale e la Francia Meridionale (Provenza, Linguadoca), diffondendosi anche nel resto della Francia ed in Renania. Sul piano pratico il radicalismo cataro propugnava un rigoroso ascetismo, condannando la pratica cattolica dei sacramenti e minando in tal maniera le basi religiose della società feudale. Pur tuttavia nella Francia Meridionale esso è riuscito a diffondersi presso l'aristocrazia. Il suddetto documentario supponeva inoltre che il movimento cataro abbia in tal modo stimolato la nascita della saga del Santo Graal. In particolare sarebbe stato il vate tedesco Wolfram a subire codesta influenza. Altri ha invece supposto che l'epica in questione sia servita a mobilitare la cavalleria del nord contro i Catari. Ma questa seconda tesi francamente non regge. Sta di fatto che è indiscutibile l'influenza dei Templari su von Eschenbach, e da dove hanno tratto i Templari il loro culto e la loro dottrina se non attraverso quelle propaggini della Gnosi che hanno raggiunto l'Europa all'inizio del X sec.? Una volta raggiunta l'Europa l'esoterismo cristiano deve essersi congiunto con certi depositi della tradizione latina serbati dalle associazioni dei mestieri (Collegia Fabrôrum), poiché si deve supporre che anch'essa non si sia estinta nel 391 dopo il proclama di Teodosio, il quale giungeva a vietare le pratiche pagane di culto. Guénon, basandosi su uno scritto di H. Martin (storico francese), ha a suo tempo dichiarato indirettamente che in seguito alla distruzione dell'Ordine del Tempio la Cavalleria del Graal è divenuta la Massenia del San Graal, da cui sembra in parte discendere la stessa Massoneria moderna. I membri di tale confraternita chiamavansi i Templisti. Nel Titurel (1215-1220) di Wolfram, composto dal templare svevo precedentemente al Titurel recenziore del poeta bavarese Albrecht, è il personaggio stesso di Titurel a fondare il Tempio del Graal - nella Gallia Meridionale, ai confini con la Spagna - e la costruzione viene diretta secondo i dettami di Merlino; che è stato iniziato da Giuseppe d'Arimatea al piano del Tempio per antonomasia, vale a dire il Tempio di Salomone. L'opera di Albrecht pone invece il sacro edificio con la preziosa reliquia a Salvaterre in Spagna. Ed infine il Santo Vasello, al fine di essere sottratto alla profanazione da parte degli uomini ingiusti e corrotti del tempo, viene trasportato dagli Angeli agli estremi confini del mondo, in una località attigua al Paradiso Terrestre.

Ragion per cui, potremmo arguire da tutto ciò, i due fratelli della storia del Parzival di Von Eschenbach (il primogenito Feirefiz ed il secondo nato, appunto Parsifal medesimo) rappresentano in realtà due correnti esoteriche parallele ed ugualmente valide dell'ambiente tardomedievale. Il loro affratellamento spirituale si basava sull'origine comune delle dottrine alle quali i seguaci dell'una e dell'altra parte si ispiravano. È chiaro che alludiamo qui agli Assassini ed ai Templari, i quali fungevano entrambi da Guardiani della Terra Santa. La Terra Santa era un'immagine visibile del Centro del Mondo ossia del Paradiso Terrestre, che le antiche e recondite leggende situavano cosmograficamente al Polo Boreale. Ma la Terra Santa stessa aveva a sua volta un proprio centro ed era esattamente il colle ove era un tempo collocato il Tempio di Salomone. Non è certo un caso che i Templari abbiano stabilito la loro residenza nella Città Sacra, durante la loro permanenza ivi prima della riconquista di Gerusalemme da parte di Saladino nel 1187, nei pressi delle fondamenta di tale distrutto edificio. Il cuore del Tempio era stato in passato l'Arca dell'Alleanza (ebr. Tebah, palaaram. Tebuta / Tebota, et. Tabot), una specie di quadrilatero simbolico che rifacendosi emblematicamente all'Arca di Noè costituiva un simulacro terreno della Gerusalemme Celeste dalle Dodici Porte. Dodici come gli Apostoli di Gesù o le Tribù d'Israele. Tutte immagini terrene dello Zodiaco Celeste, come del resto i Dodici principali Cavalieri della Tavola Rotonda. Ciò spiega perché nel Parzival è scritto che il 'pagano' Flegetanis abbia contemplato il Graal in cielo.

Orbene, siccome il Graal era custodito secondo l'opera di Albrecht nella Terra del Prete Gianni, il Sacerdos-rex in cui il Tardo Medioevo ha incarnato il Sovrano Universale ossia il Cakravarti, per dirla con gli Indú, ecco che si spiega in tal modo il rapporto d'identità tra il Graal e l'Arca dell'Alleanza giustamente ipotizzato da Graham Hancock, che ha il solo torto di non aver mai letto Guénon. Infatti l'Arca dell'Alleanza, come c'insegna il brillante autore di best-seller mondiali, era stata trafugata dal Tempio di Salomone secondo il Kebra Nagast etiope ad opera di Menelik I, il figlio che il saggio israelita aveva avuto dalla Regina di Saba. È d'altronde innegabile che esista un certo rapporto fra il meticcio Feirefiz di Wolfram e cotal Menelik, così come fra la nera Regina Madre Belacane e la Regina di Saba. Dato che Gianni era il nome del figlio generato a Feirefiz da Repanse de Schoye, tutti i sovrani discesi da quella nobile famiglia avrebbero da allora in poi assunto il nome simbolico, in quanto custodi del Graal (cioè, mutatis mutandis, dell'Arca dell'Alleanza gelosamente custodita dai sovrani etiopi discesi dinasticamente da Menelik), di Prete Gianni. La cosa è apertamente suggerita da Von Scharffenberg, il quale non era che un mero discepolo di Von Eschenbach, come abbiamo già visto.

Nel contempo possiamo dichiarare che Parsifal, divenuto alla fine della saga graaliana il novello Re Sacro capace di avvicendarsi a Re Anfortas (il Re Pescatore, in altre parole l'Uomo in senso adamitico) dopo che per il proprio valore di puro cavaliere dedito alla ricerca della Verità ultima lo ha guarito dall'insanabile male (provocato dal Tempo corruttore), rappresenta una figura strettamente equivalente a quella di Feirefiz. Nel senso che il cavaliere cristiano incarna l'ideale gnostico dei Templari, mentre il cavaliere 'pagano' impersona l'ideale ismailita degli Assassini. Per cui non sarebbe errato stabilire parallelamente una connessione da un lato fra Re Anfortas ed il Gran Maestro dell'Ordine Templare, dall'altro fra il Prete Gianni ed il Veglio della Montagna. Se è vero allora che il Tempio del Graal risale tramite il Tempio di Salomone e l'Arca dell'Alleanza, venerata dai Patriarchi ebraici, al simbolismo noaico e quindi si rifà per ciò stesso alla tradizione atlantidea, è pur vero che esso per via delle sue implicazioni con l'esoterismo celtico ci rimanda viceversa alla tradizione iperborea. Egualmente l'antico tempio persiano di cui parlavasi al principio della nostra argomentazione (su segnalazione dell'Albrile) deve essere ricollegato per via ario-indoiranica alla Tradizione primigenia, proveniente direttamente dal Paradiso Terrestre; e per via islamica alla Città Santa, al Tempio di Salomone, all'Arca e all'Atlantide. Tra le due tradizioni menzionate non ci può essere dunque contraddizione, ma solo accordo armonico.

Appendice

Trattando dei rapporti del Graal coi Rosacroce, Evola cita un enigmatico personaggio come capo dell'Ordine, l'Imperâtor; il cui nome e la cui sede dovevano rimanere sconosciuti, in quanto il personaggio non esercitava la propria funzione in sede temporale, bensì sul piano spirituale. Basta dire che nell'elenco di Imperatôres succedutisi nel corso del tempo figurava persino la figura gnostica di Seth. Dal punto di vista rosicruciano il Papa non era che un usurpatore, siccome si presentava come il capo spirituale per eccellenza di tutta la comunità cristiana, cosa che normalmente non poteva spettare ad un'autorità che esercitava il suo dominio sul piano exoterico. È chiaro che l'Imperatore di cui parlavano i Rosacroce altri non è che il Jagadguru degli Smrti (Tradizione) hindu, venerato dagli Smârta, l'Ordine fondato da Çankaracârya. Si diceva infatti che egli avrebbe esercitato uno speciale ruolo alla 'Fine dei Tempi'. Questo tuttavia non è altro che il compito del Re del Mondo, la cui funzione necessariamente si richiama al mistero delle origini, poiché essa non è molto diversa da quella del Re del Graal. La differenza tra l'una e l'altra consiste nel fatto che la figura del Re del Graal ha un carattere esclusivamente primordiale e costituisce per così dire un punto di riferimento ideale, a livello iniziatico; giacché il Re Sacro è in realtà solo un simulacro e rappresenta l'Uomo Universale (o alternativamente l'Uomo Vero) nella sua dimensione sovrannaturale; mentre la figura del Re del Mondo ha un significato perenne, che va al di là delle Età cicliche ed è strettamente legata ad una particolare vocazione umana. Insomma, rifacendoci a scopo comparativo al simbolismo hindu, potremmo spiegare tale differenza di ruolo paragonando il Re del Graal al I Avatâra; vale a dire a Manu aliâs il Re Pescatore, il quale è più o meno identificabile al Pesce Divino, a seconda che ci si riferisca al Paradiso Terrestre oppure a quello Celeste. Invece il Re del Mondo corrisponde all'Avatâra eterno, che la tradizione islamica conosce sotto il nome di Seyidnâ El-Khidr e tratteggia come un essere di color verde, detentore perpetuo di una sapienza superiore a quella stessa dei Profeti. Tornando alla questione della 'Fine dei Tempi', è chiaro che il magistero esercitato dal Re Mondo, ossia dall'Imperâtor di rosicruciana memoria, ha lo scopo di favorire il recupero dello stato primordiale; ma tale azione si svolge in segreto, non alla luce del sole, come invece è il caso del X Avatâra (denominato Kalkyâvatâra). Quest'ultimo, viceversa, si richiama direttamente a Manu; cioè al Re Pescatore, di cui è un'incarnazione (il termine evoca precisamente l'idea di una 'Discesa terrena') nei tempi ultimi. Kalki è presentato dalle Scritture hindu come una sorta di cavaliere che discende dal Cielo per sconfiggere i Fuori-casta, ma ciò non deve essere preso troppo letteralmente. Piuttosto dovremmo dire che egli giunge tra noi per rammentarci la nostra vera natura. Per questo l'azione di siffatto personaggio non può essere circoscritta all'ambiente indiano, ma deve evidentemente esercitarsi a livello universale. Il che sottintende la riunificazione di tutte le tradizioni e la loro subordinazione alla Rivelazione primeva. Cosmologicamente Kalki, figurativamente descritto con la Testa Equina o addirittura come un Cavallo Bianco , è identificabile all'asterismo di Canopo, che ha retto il Polo Sud nel X Ciclo Avatarico (4.480 a.C.-2000 d.C.); per contro il Jagadguru (lett. 'Maestro del Mondo'), in termini ebraici il 'Re del Mondo', identificasi alla costellazione del Dragone, reggente nello stesso periodo indicato il Polo Nord. Ora, a ben vedere, nel 2000 c'è stato un passaggio di consegne ai due Poli; nel senso che a Nord l'Asse è passato dal dominio ciclico del Dragone a quello della Stella Polare ed a Sud, parimenti, al presidio di Canopo è subentrato quello della Croce del Sud. Dalla qual cosa dobbiamo dedurre che la svolta spirituale di cui si parlava più addietro c'è già stata in effetti, dal momento che secondo la cronologia tradizionale ci troviamo a vivere nell'Alba di una novella Età dell'Oro. Ed è stata una svolta tutta interiore, della quale purtroppo la maggior parte dei contemporanei non ha avuto ancora coscienza, tanto che non ha aggiornato il calendario. Ma, sebbene il freddo della notte appena trascorsa prevalga tuttora, il sorgere di un nuovo Sole - da Virgilio preconizzato in una famosa Ecloga come la nascita di un innocente Puer dai tratti apollinei - è ormai prossimo e non mancherà ben presto di produrre i suoi frutti.

Giuseppe Acerbi

Tratto da Algiza 15, pp. 6-11. La presente versione è stata pubblicata priva delle note a pié di pagina.

domenica 7 aprile 2019

Antichi alieni in Italia

Quale è stata la scintilla della vita intelligente? È avvenuta sulla Terra o da qualche altra parte? Ma soprattutto, ad opera di chi?

Nella convinzione che la vita intelligente sia iniziata in seguito ad un intervento «esterno», gli autori Isabella Dalla Vecchia e Sergio Succu, esperti di luoghi misteriosi italiani, hanno raccolto e distribuito in questo libro tutte le anomalie italiane riguardo possibili contatti extraterrestri nel passato, focalizzandosi volontariamente sull’Italia dopo averla trovata così ricca di testimonianze scritte, narrate e disegnate, grazie alle quali è possibile leggere con più chiarezza anche quelle di tutto il mondo.

L’uomo capovolto sardo rappresenta forse la caduta dell’umanità sulla Terra? Perché a Campodolcino esiste un’incredibile struttura geometrica sulla roccia simile ad altre nel mondo? Il famoso satellite di Montalcino è forse il misterioso oggetto di «metallo leggero» caduto centinaia di anni fa? Perché si applicava la «scadenza della vita umana»? Le ruote solari presenti in tutta Italia sono il ritratto di antichi dischi volanti? I Giganti rappresentati in una chiesa toscana, anziché figli di Dio, sarebbero uomini preistorici? Cosa hanno in comune l’adorazione degli dèi ed il controllo del clima?

Questi sono solo alcuni degli argomenti affrontati in questo libro, le cui risposte sono state reinterpretate dagli autori, che le hanno raccolte direttamente dai nostri antenati, veri e propri messaggeri che hanno ossessivamente mostrato costanti visite da parte dei Signori delle Stelle, sotto forma di luci cangianti, dischi che oscuravano il sole, contatti con esseri discesi dal cielo, descritti come dotati di super poteri, temuti ed adorati, chiamati sempre e costantemente dèi del cielo e del cosmo.


martedì 2 aprile 2019

"Il Graal e la magia del Secolo d'Oro"

tratto da "Il Giornale" del 27/09/2018

di Luca Crovi

L'autore spagnolo: "I testi cartacei sono unici, restano un vero mistero"

Fuoco invisibile (DeA Planeta, pagg. 524, euro 18) di Javier Sierra è un romanzo dedicato al potere mistico e magico della parola, all'incommensurabile mistero del Graal e alla letteratura del Siglo de Oro.

Un thriller di cui è protagonista il docente di linguistica David Salas che, come spiega lo scrittore spagnolo, è «un uomo benestante, della classe media, per il quale è impossibile immaginare che il suo mondo stia per crollare».

Che valore magico e rivoluzionario possono avere le parole?

«Tutte le tradizioni sacre del pianeta conferiscono alle parole un valore che va oltre la dimensione umana. Gli antichi sapevano che plasmano la realtà e arrivano persino a trasformarla. Nella Genesi vediamo come Dio da inizio alla Creazione utilizzando proprio la parola. «E Dio disse: Sia la luce. E la luce fu». Un tale potere verrà successivamente emulato dalla nostra specie quando acquisisce prima la capacità di parlare e dopo quella dell'espressione artistica e con ciò la civiltà. Questa rivoluzione sorprendente e misteriosa è nata con le prime parole non meno di 100mila anni fa. Studiarla significa cercare di svelare il mistero della nostra identità».

I libri cartacei quanto sono ancora un mistero?

«I libri cartacei sono un'invenzione perfetta. Non solo sono assolutamente autonomi e non necessitano di una fonte di energia o di tecnologie che finiscono per scomparire, ma non smettono mai di essere scritti. Le farò un esempio. Sul libro di carta non solo è importante quanto vi è scritto, lo sono anche le mani che toccandolo vi lasciano le proprie impronte trasformandolo in un oggetto unico. Una macchia, una riga sottolineata, un fiore dimenticato possono darci delle informazioni importanti. I libri digitali non possiedono questa capacità di sviluppare una biografia propria. Sono... meno vivi!».

Quando è nata in lei la passione per i misteri?

«Ho trascorso la mia infanzia nel capoluogo di provincia più piccolo di Spagna, Teruel. C'erano ben poche distrazioni per un bambino e quindi sono stato costretto a sviluppare l'immaginazione. Vedevo dei draghi nei profili delle montagne, sentivo i passi di fantasmi nelle vecchie torri in stile mudéjar della città, e immaginavo persino astronavi che solcavano il cielo notturno. Sono stato un bambino dalla fervida immaginazione e mi sono trovato talmente a mio agio in quel mondo che non ne sono ancora uscito».

È mai esistito il misterioso Primus Calamus?

«Certamente. Tutti i libri citati nel romanzo, così come i riferimenti geografici e i loro segreti sono reali. Juan Caramuel è stato un brillante filosofo del XVII secolo nato a Madrid ma morto in Lombardia che si era interessato a tutte le fonti della conoscenza, comprese quelle magiche ed eterodosse».

Quanto i libri del Siglo de Oro hanno rivoluzionato la letteratura del suo Paese?

«La Spagna del Siglo de Oro custodisce uno dei tesori letterari più preziosi nei testi delle mistiche. Trattandosi di libri scritti tra le mura di alcuni conventi non sono molto conosciuti. Solo Santa Teresa ha ottenuto una proiezione universale. Il Secolo d'Oro è stato il teatro del combattimento tra le due mentalità più caratterizzanti l'identità spagnola: quella mistica e quella mondana, incarnata da Quevedo, Cervantes o Lope de Vega. E, come sempre succede quando due mondi contrapposti collassano, ne scaturisce un terzo assolutamente affascinante».

Molti l'hanno soprannominata il Dan Brown di Spagna...


«È un'etichetta che è stata necessaria per definire il mio lavoro quando è arrivato sulla scena internazionale ormai quasi quindici anni fa, ma è un cliché povero. I miei libri non sono Brown, sono Sierra. Sono romanzi dove i protagonisti sono impegnati in una quête, una ricerca che va ben oltre loro stessi».