domenica 19 agosto 2018

Cinquecentomila esorcismi l'anno: un fenomeno in aumento

Esorcismi in crescita in tutto il mondo. Secondo le ultime statistiche, sono cinquecentomila le persone che ogni anno chiedono di essere esorcizzate da un sacerdote cattolico. La Chiesa, intanto, continua a studiare il fenomeno ed estende il campo di studi alle discipline scientifiche

tratto d "Il Giornale" del 30/04/2018

di Giuseppe Aloisi

Cinquecentomila persone ogni anno si rivolgono alla Chiesa cattolica per ricevere esorcismi.


Bergoglio è il pontefice che più di tutti gli altri ha nominato il demonio durante il suo pontificato.

Non siamo in un film horror e neppure sulle pagine di una rivista pseudoscientifica: quella dell'esorcista è una vera e propria professione. Le persone convinte di essere possedute dal diavolo aumentano di anno in anno. Tanto che i sacerdoti vocati e selezionati dalle Conferenze episcopali, ormai, devono seguire dei veri e propri corsi di formazione universitari e multidisciplinari. Una equipe di esorcisti, a volte, è composta anche da medici e giuristi. Il fenomeno sarebbe supportato da più di una scienza. Il picco viene raggiunto in Italia, dove i preti deputati alla lotta contro il maligno sono quattrocento. Il primato spetta al belpaese, mentre nel resto del mondo la figura dell'esorcista resta piuttosto rara.

Poi ci sono gli esorcisti storici, quelli che hanno iniziato prima che il Vaticano decidesse di riformare i percorsi formativi. Il cardinale Ernest Simoni è uno di questi. Il porporato albanese è riuscito a commuovere il pontefice argentino durante la visita pastorale a Tirana ed è convinto che il demonio, oggi come oggi, risieda nel consumismo e nell'invidia. In un'intervista rilasciata a Il Giorno, Simoni ha detto di arrivare a cinque riti di liberazione ogni ventiquattro ore. Alcuni di questi persino attraverso il telefonino. L'esorcismo vero e proprio, invece, necessita della presenza fisica dell'esorcista. L'albanese è un cardinale che il male lo ha visto da vicino: è stato in prigione quasi trent'anni durante il regime comunista e adesso, alla veneranda età di novant'anni, continua a "liberare" le persone "possedute" da Firenze. Come si fa, però, a distinguere una malattia psichiatrica da una possessione demoniaca? Per il cardinale il distinguo si nota "grazie" ai riti sacri: i "posseduti" parlano lingue sconosciute, non sopportano il contatto con gli oggetti religiosi e tendono a dimenarsi e a sbraitare durante la preghiera.

Ma Simoni rappresenta un'eccezione: è uno dei pochi cardinali ad avere questa vocazione. Il "grosso" lo fanno i sacerdoti. Il maligno, nella modernità, avrebbe trovato un terreno più fertile del solito: social network, flmati video, internet. Per gli esorcisti sono questi i nuovi mezzi di diffusione scelti dal demonio per insediarsi nelle menti e nei corpi. I giovani, più di tutti, sarebbero diventati un bersaglio facile per ossessioni, infestazioni e possessioni demoniache. Simoni sostiene che per difendersi siano necessari la castità, il rosario e una fede saldissima. Altrimenti aumenta la vulnerabilità. La teologia è un'altra branca interconnessa con gli esorcismi. Come spiegato al quotidiano milanese già citato, sono le stesse persone ad essere responsabili della propria sorte. Dio, per il teologo Barrajon, dà sempre la libertà di scegliere. L'uomo, con i suoi comportamenti, avrebbe la possibilità di decidere se correre il rischio di avere a che fare col demonio o no. Il padre, nei virgolettati riportati da Il Giorno, parla anche della pedofilia: la Chiesa cattolica si starebbe interrogando sulla natura umana di questo fenomeno. Ribadendo però che è sempre il soggetto a decidere sui propri comportamenti.

Per gli esorcismi, siano essi mossi da suggestione o meno, vengono formati circa tremila sacerdoti l'anno. L'ultimo corso in ordine di tempo si è tenuto nell'ateneo dei Legionari di Cristo. Il demonio, per chi crede, non conosce crisi. Per i non credenti, invece, restano i numeri di un fenomeno sociale in continua espansione.

domenica 12 agosto 2018

Viaggio nell'Abbazia degli esorcismi

Il "diavolo" visto da vicino. In Italia, ogni anno, 500mila persone richiedono un esorcismo. E Padre Ildebrando esorcizza decine di persone al giorno

tratto da "Il Giornale" del 08/02/2018

di Elena Barlozzari Francesco Boezi

Charles Baudelaire diceva che il peggior inganno del diavolo consiste nel persuaderci di non esistere. Le decine di persone che ogni giorno si recano all’Abbazia di Casamari, nel frusinate, credono o almeno sospettano non solo che il demonio esista, ma che abbia finito per interessare le loro vite.


Cinquecentomila italiani, ogni anno, chiedono un esorcismo per se stessi o per i propri cari. Dalla Lombardia alla Sicilia, centinaia di quelli che don Ildebrando Di Fulvio chiama “pazienti” si recano speranzosi ai piedi di questo monastero cistercense implorando la “guarigione” dalle sofferenze.

Don Ildebrando e il conto salto del diavolo
“La sera sono costretto a strappare alcuni biglietti: le richieste sono troppe e non riesco a rispondere a tutti”. Don Ildebrando pratica esorcismi dal 2002. “Ai miei tempi - racconta - si diveniva esorcista per volontà del vescovo, ora c’è una procedura più complessa”. Il padre cistercense ci accoglie nel suo umile studio. Non facciamo in tempo ad ambientarci che già vediamo arrivare una famiglia al completo: “Cerchiamo padre Ildebrando, nostro figlio non sta bene”. Il custode dell’Abbazia fa accomodare la famigliola in sala d’attesa. “Vedete - ci ribadisce don Ildebrando - questo territorio è vessato da decine di riti satanici. Ogni giorno è così”. Per il padre il maligno può impossessarsi delle persone in migliaia di modi, ma la magia, le messe nere e il satanismo risultano le vie d’accesso più battute da Belzebù. “Non sono un mago: uso una stola viola, che è il colore della penitenza, il Vangelo, l’acqua santa e un libro ad hoc”. Il minore accompagnato dai suoi genitori viene esorcizzato. Noi non possiamo assistere e così restiamo fuori ad aspettare. “Non è emerso niente - ci rivela l’esorcista al termine della seduta - lo rivedrò tra qualche giorno per sicurezza”. Il diavolo, secondo la Chiesa, conosce tre modalità di intervento: la possessione, l’ossessione e la vessazione. La prima arriva a riguardare anche la sfera fisica, la seconda la mente e il comportamento, la terza manipola le credenze della vittima. E Don Ildebrando se la prende con quelli che definisce “maghi cattivi”. “Una persona che ho avuto in cura per anni riusciva a lenire la sofferenza solo scaricando denaro nelle mani di un mago. Alla fine della fiera, questa persona ha pagato una cifra pari a 200mila euro”. Adesso è guarita, ci dice. Gli esorcisti, è bene sottolineare, sono gratis. Il demonio no, presenta sempre un conto salato: “Ancora oggi, ogni tanto, il diavolo usa bussare alla mia porta di notte, due volte, una all’una e una alle tre. Mi fa sparire le cose, ma ormai ci sono abituato”. Ci si può credere o no, ma qui don Ildebrando è ricercato tanto quanto un primario di psichiatria. Per Giovanni Bonelli, professore universitario, neurologo e psichiatra di Siena, si tratterebbe di disagi psichici. “Qui si va sul taumaturgico - dice a IlGiornale.it - alcune persone hanno bisogno di credere in qualcosa”. Isterici e tarantolati per la scienza, posseduti, ossessionati o vessati per la Chiesa. Ma Don Ildebrando è uno di quegli esorcisti che quando si trova dinanzi a un disturbo mentale consiglia al “paziente” di recarsi da un medico.

La testimonianza del bibliotecario
Intervistare un esorcizzato non è cosa semplice. Le persone, liberate dal maligno tendono a non volerne più sapere. Luciano è laureato in lettere classiche. Lo ripete due volte come a ribadire di essere una persona del tutto razionale. Conosce l’Abbazia di Casamari come le sue tasche: ne è stato uno dei bibliotecari per vent’anni. “Una mattina don Ildebrando è venuto a chiederci aiuto, ci siamo precipitati in 3 o 4 nella saletta dove era con una ragazza, io sono resistito 10 minuti perché l’ho vista sollevatesi da terra e saltare da un tavolo all’altro, quelli che sono rimasti dentro mi hanno raccontato che quando la giovane li afferrava sentivano le ossa che si stavano spezzando”. Un’esperienza che Luciano non dimenticherà: “Di fronte a certe cose come fai a darti delle spiegazioni?”.

Bergoglio, gli esorcisti e i numeri
Papa Francesco, nel corso dei suoi 5 anni di pontificato, ha citato il maligno più volte di tutti i suoi predecessori. “Viene dal sud America - ci dice Ildebrando - sa quanto è importante questo aspetto, poi è un gesuita e ne sa una più del diavolo”. Gli esorcisti, sotto il pontificato di Bergoglio, sono stati in qualche modo riabilitati. La presenza del Diavolo, del resto, è certificata dalla prima pagina della Bibbia che termina con la vittoria di Dio sul demonio. Cinquecentomila italiani, si diceva, si recano annualmente degli esorcisti, che sono solo 250 più 62 ausiliari. Nel mondo sono 404. La domanda però cresce di anno in anno. “Anche per colpa della rete”, secondo il don di Casamari. “Non ho alcuna conoscenza dei nuovi media - specifica il padre cistercense - ma il demonio opera con ogni mezzo”. Don Ildebrando scappa in Chiesa: dopo la messa di mezzogiorno i monaci si radunano per una preghiera collettiva. Poi ci sarà il pranzo, a cui forse l’esorcista non potrà partecipare: c’è già la fila alla porta della sua stanza. E l’inferno, diceva Emil Cioran, “è esatto quanto un verbale”.

sabato 4 agosto 2018

Diventare Alchimista

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: http://micheleleone.it/diventare-alchimista/

Le qualità che si ricercano per quelli che vogliono lavorare nell’Arte dell’Alchimia

Quelli che avranno desiderio di esercitarsi in quest’arte, è necessario che possiedano quattro cose, senza le quali sarebbe impossibile che essi adempiano al loro desiderio; le quali son queste, cioè: Tempo, Fatica, Pazienza e Facoltà (economica); perché, se le avrà, farà bene. Ma chi mancherà d’una non potrà fare alcuna cosa buona. Et pertanto non sia nessuno, che si metta a tale impresa, se prima egli non ha il compimento delle quattro cose, perché, se qualcuno vuol fare in dieci giorni quello per cui non basta un mese di tempo, non farà nulla. Similmente chi vuol lavorare senza affaticarsi, non farà cosa buona. Chi non avrà pazienza intorno all’opera, non farà niente. In ultimo chi non avrà da spendere, si affaticherà in vano. E soprattutto non si metta in quest’impresa l’uomo rozzo, come da principio ho detto, perché non solamente non avrà onore; ma piuttosto darà biasimo alla nostra Arte, come dire, che non sia vera, e in vano proverà a creare Oro e Argento, perché non vi riuscirà.


Giovambattista Birelli, Opere, Tomo I, Libro I, Cap. III, Firenze 1601.

Diventare alchimista, non è mai stata impresa semplice e ha sempre richiesto delle qualità o doti. Non è singolare che Birelli annoveri tra le doti necessarie per diventare alchimista la capacità economica, i testi degli alchimisti sono pieni di lamentazioni sul denaro speso e fortune dilapidate. Le altre tre qualità descritte al lettore per diventare alchimista: Tempo, Fatica e Pazienza, sono qualità necessarie per imparare ed avvicinarsi ad una qualunque Arte. Unitamente al celebre Volere – Osare – Sapere – Tacere che può rappresentare la guida per chi è già nell’Arte, questo trinomio, oggi più che mai dovrebbe diventare un memento per tutti coloro che vogliono occuparsi di talune discipline. Sono di non riscuotere il favore dei più, ma la conoscenza sia come concetto di Cultura e Critica in generale sia come Scienza Ermetica non può non passare che attraverso queste tre strade che portano ad un altro trinomio: Sacrificio – Costanza – Amore. Per avvicinarsi all’Arte, non basta la frequentazione di qualche gruppo sui social media o la lettura di un paio di volumetti, sono necessarie le qualità sopra descritte. L’Arte richiede amore e dedizione, ed anche se si hanno queste qualità non è detto che conceda i suoi favori all’amante.

In ultimo Birelli avverte che per diventare alchimista non bisogna essere uomini rozzi. La rozzezza dello Spirito, la mancanza di gentilezza dell’animo, l’assenza di sensibilità impediscono all’essere umano di avvicinarsi all’Arte e se comunque si avvicinasse non gli sarebbe dato comprenderla.


Sulla difficoltà degli studi per diventare alchimista lascio l’ultima parola a Birelli:

Però con molta ragione son figurato gli studi per aspri, e travagliosi; E quindi li hanno piantati nell’asprissima Montagna delle difficoltà, ove, dilatando le sue radici nei dolori, vengono a rendere l’uomo virtuoso, costante e forte, che non si debilita mai per paura, per podestà non si muta; non d’innalza (non diventa arrogante) per le cose prospere né per le contrarie si sommerge (non si deprime).

sabato 28 luglio 2018

Grandi scoperte e grandi bufale. I segreti dell'archeologia 2.0

Eric H. Cline in "Tre pietre fanno un muro" racconta successi e clamorosi errori: da Heinrich Schliemann ai giorni nostri

tratto da "Il Giornale" del 09/02/2018

di Matteo Sacchi

Una pietra è una pietra, due pietre sono un indizio, tre pietre fanno un muro. E un muro è quanto basta per far litigare a morte gli archeologi.

Perché capire davvero che cosa sia un reperto è tutt'altro che facile. Per rendersene conto, niente di meglio che leggere il saggio di Eric H. Cline che nel titolo riprende proprio questo detto che va di moda tra gli «scavatori» professionisti: Tre pietre fanno un muro. La storia dell'archeologia (Bollati Boringhieri, pagg. 478, euro 26).

Cline, che dirige il Capitol Archaeological Institute della George Washington University, non è soltanto uno degli archeologi più quotati al mondo - è forse il più grande esperto della storia della Palestina antica -, è anche un divulgatore dalla penna agile e divertente. Così, in questo volume mette alla portata del grande pubblico molti degli sviluppi più innovativi dell'archeologia. E fa capire, anche a chi non è del mestiere, quanto sia complicato questo tipo di ricerca che spesso, però, finisce gettato in pasto a noi tutti a colpi di titoloni di giornali, cosa che di sicuro non aiuta la comprensione vera.

mercoledì 25 luglio 2018

Un libro alla scoperta del Biellese segreto, tra eredità celtiche, riti pagani e misteri esoterici.

tratto da: http://www.rivistaetnie.com/roberto-gremmo-biellese-segreto-87535/

Roberto Gremmo, Biellese segreto – L’eredità delle civiltà antiche, le credenze magiche e i misteri esoterici, Storia Ribelle, Biella 2017, 18 euro.

Questo nuovo libro del noto etnista e storico Roberto Gremmo è frutto di anni di ricerche difficili e appassionate alla scoperta di un Biellese insolito, imprevisto e celato. Spuntano le vestigia dell’ancestrale “Vittimula”, centro di estrazione dell’oro poi schiavizzato dai romani; le incisioni rupestri in val dl’Elf; la “Pera Pichera” e il “Roch dla Regina” di Roppolo, che ricordano antiche devozioni comunitarie; il “battesimo” della “Scarpa du laver” di Postua e nella fonte magica e guaritrice di Lozzolo, veri e propri culti paganeggianti delle acque. Il “Roch dla vita” di Oropa, che conserva ancora molti misteri e poco noti rituali ereditati dalla religiosità pre-cristiana. Di leggendarie località scomparse resta memoria nella tradizione del paese perduto di Viverone, del lago scomparso di Crevacuore, di San Pajarin nei boschi sacri di Arro e Carisio e nella fortezza di Ysingarda della Baraggia di Candelo. Robuste tradizioni di masche ammaliatrici, guaritrici o diaboliche popolano ancora i racconti dei più anziani. Ma in tempi a noi più vicini non mancano suggestioni esoteriche come la chiesa con la svastica di Rosazza, la fontana massonica nascosta al Lago della Vecchia, il menhir di Santa Esuberanza sulla Janka, e tanti altri misteri.

sabato 21 luglio 2018

Fernando Pessoa e Aleister Crowley: incontri pericolosi

tratto da: http://blog.ilgiornale.it/scarabelli/2018/06/04/fernando-pessoa-e-aleister-crowley-incontri-pericolosi/?repeat=w3tc#

di Andrea Scarabelli

2 settembre 1930, quattro meno un quarto: al porto di Lisbona attracca l’Alcantara, giunto da Southampton; ha un ritardo di ventiquattro ore, dovuto a una fitta nebbia al largo di Vigo. Dal piroscafo scende una figura notturna, dagli occhi accesi, avvolta in un mantello nero, che raggiunge un uomo sul molo. Timido e leggermente inquieto, l’uomo – che, diciamolo francamente, vorrebbe trovarsi altrove – porge la mano alla figura ammantata, che esclama, anticipando le presentazioni: «Orbene, che idea è stata mai questa d’inviarmi una nebbia lassù?». Inizia così il breve soggiorno di Aleister Crowley a Lisbona. È giunto nella Città Bianca con la sua giovane amante, Hanni L. Jaeger, per prendersi una pausa da una vita irrequieta, guai finanziari e creditori, ma anche dalle pressioni del suo entourage. Ma soprattutto per incontrare Fernando Pessoa, il quale, insieme ad altri amici, inscenerà il “finto suicidio” della Bestia 666. La vicenda Crowley-Pessoa – che in Portogallo ha ispirato ben quattro romanzi – è documentata nel ricco volume La bocca dell’inferno, appena uscito per i tipi di Federico Tozzi a cura di Marco Pasi, tra i maggiori esperti di Crowley in Italia. Un volume dalla curatela eccellente, che comprende il carteggio Crowley-Pessoa, gli articoli dedicati al presunto suicidio del mago apparsi sulla stampa lusitana e straniera tra il settembre e il dicembre 1930, il romanzo incompiuto La bocca dell’inferno – originariamente scritto in inglese – e un’antologia di poesie pessoane dedicate a Crowley o contenenti sue tracce. Insieme a note, bibliografie e approfondimenti, che fanno luce sui misteri di quel fugace rapporto.

Un rapporto iniziato epistolarmente l’anno prima, quando Pessoa ordina alla Mandrake Press i primi due volumi delle Confessions crowleyane. Dopo aver dato un’occhiata al primo, si accorge subito che l’auto-oroscopo di Crowley è leggermente errato. Da profondo conoscitore dell’astrologia qual è, scrive all’editore, il 4 dicembre 1929: «Se avete, come è probabile, la possibilità di comunicare col Sig. Crowley, vi pregherei di informarlo che il suo oroscopo non è corretto». Segue una spiegazione dettagliata, che si conclude così: «Mi scuso con voi per questa intrusione di natura puramente fantastica in quella che è, dopotutto, solo una lettera commerciale».

Queste parole ci costringono ad aprire una piccola parentesi. La critica ufficiale nostrana ha sempre mostrato una certa allergia nei confronti del “Pessoa magico”, che in Italia è stato studiato soprattutto da Brunello De Cusatis, il quale nei suoi studi ha mostrato in modo scientifico e documentato la dimensione esoterica e mitogenica della poesia e della prosa pessoane. Un caso tutto italiano, come al solito, se è vero che secondo Eduardo Lourenço, tra i maggiori esperti pessoani a livello mondiale, «la poesia occultista copre l’intero spazio della vita e dell’opera di Pessoa». Àngel Crespo, autore de La vita plurale di Fernando Pessoa, curata da De Cusatis per Bietti nel 2014, chiosa: «E identica cosa può dirsi per parte della sua prosa».

Torniamo al 1930. Pochi mesi prima di Crowley, un altro straniero era andato a trovare Pessoa al caffè Martinho da Arcada, pubblicando sulla rivista parigina «Contacts» una testimonianza del pomeriggio passato con lui. L’articolo di Pierre Hourcade – in barba al razionalismo di certa critica italiana, tutta pensiero debole ed esistenzialismo – abbozza un’immagine molto particolare del Pessoa di quegli anni: «Seduto a un alto tavolo di marmo, su cui fuma l’eterno caffè portoghese, mi sforzo di dimenticare lo scenario e ho occhi solo per l’entrata del mago». Il critico letterario si aspettava un individuo malinconico, assorto nella contemplazione d’imperi che non appartengono a questo mondo – e proprio perciò sono contemporanei di tutte le epoche – e si trova di fronte a «uno sguardo vivo, un sorriso fermo e malizioso, un volto che trabocca di vita segreta». Attraverso i suoi proverbiali occhiali, che indosserà l’ultima volta poco prima di prendere congedo da questo mondo, cinque anni dopo, s’«irradiava un incanto indefinibile fatto di estrema cortesia, perfetta semplicità», un’«intensità febbrile». Hourcade è come pietrificato da quella presenza, la cui aura “magica” muta addirittura il paesaggio circostante, come se l’aria intorno a loro «fosse più ricca di ossigeno di quella grande esalazione salubre e luminosa che saliva dal Tago, per poi venire a spirare, attraverso la “più nobile piazza d’Europa”, alle soglie di quel sepolcro, convertito dalla presenza del poeta in un antro della sibilla». Lasciamo che sia il già citato Crespo a commentare questa testimonianza: «È indubbio come Hourcade fosse estremamente sensibile ai segni esteriori che denunciavano la presenza di chi, come Pessoa, apparteneva al misterioso novero dei cultori delle scienze occulte».

Il Pessoa che attende Crowley sul molo accarezzato dalla brezza oceanica, nella città fondata da Ulisse, è molto diverso. Piuttosto intimorito dalla Bestia 666, come già detto, non mancherà di organizzare una blague degna di questo nome. Coinvolgendo anche altri, peraltro, tra cui Augusto Ferreira Gomes, «suo fratello occultista» (João Gaspar Simões), che finge di aver trovato presso la Boca do Inferno, vicino a Cascais, un enigmatico biglietto di Crowley diretto a Hanni. Ecco il testo del messaggio, che lascia supporre a tutti gli effetti un suicidio:

«L.G.P. Non posso vivere senza di te. L’altra “Boca do Infierno” mi avrà. Non sarà tanto ardente quanto la tua! Hjsos! Tu Li Yu».

Pur sapendo che Crowley è vivo e vegeto, Ferreira Gomes trasmette l’informazione alla stampa, che successivamente contatta Pessoa per chiedergli ragguagli: d’altronde, non solo è tra gli ultimi ad aver incontrato Crowley, ma conosce bene le sue dottrine. Un diluvio di articoli ripercorre così gli ultimi giorni del mago, interrogandosi sull’enigmatico biglietto in codice. Che in realtà ha una chiave di decifrazione, trasmessa da Crowley a Pessoa: “L.G.P.” è il nome mistico della sua giovane amante, la sola a conoscere il significato di “Hjsos”, mentre la firma in calce appartiene a un saggio cinese di cui Crowley dice di essere l’incarnazione. Conoscendo gli interessi del poeta, Crowley gli chiede anche di preparare un romanzo sull’accaduto, al fine di mantenere viva l’attenzione del pubblico. Cosa che Pessoa fa, inventandosi un detective privato, come scrive a Ferreira Gomes il 27 ottobre 1930: «L’investigatore inglese che si è occupato del caso Crowley sta scrivendo il resoconto completo della sua interessantissima indagine sulla faccenda. Dovrebbe trattarsi di un piccolo libro, suddiviso in brevi capitoli». Mentre a Israel Regardie, segretario di Crowley, scriverà tre giorni dopo: «Secondo le mie informazioni il libro è completo nei dettagli e in parte è già scritto. L’autore spera di averlo pronto in un paio di settimane».

Durante il soggiorno lusitano, la notte del 9 settembre, il mago “iniziò” Raul Leal, amico di Pessoa e suo “collaboratore” nel caso Crowley. Come scrive Marco Pasi nella sua ricchissima introduzione, è verosimile che lo stesso Pessoa avesse preso parte alla serata. Ora, sappiamo che successivamente Pessoa si dichiarò iniziato, per comunicazione diretta (senza però specificare nulla sulle circostanze di questa sua “iniziazione”), ai tre gradi minori di un’organizzazione derivata dall’Ordine Templare di Portogallo. Scrive Crespo: «Pessoa – il quale avrebbe avuto modo, più tardi, di far parte dell’Ordine di Cristo, successore dei Templari in Portogallo – trovò in Crowley, se non un confratello, quantomeno un iniziato a uno degli Ordini che si proclamavano discendenti di quegli stessi Templari». All’iniziazione di Leal, tra l’altro, era presente anche la bellissima Hanni (che compare sulla copertina del libro): Pessoa dovette in qualche modo subirne l’ascendente, se è vero che il giorno dopo scrisse una poesia, anch’essa inserita nel volume, intitolata Dà la sorpresa di essere. Citiamo solo l’ultima quartina:

«Invoglia come una barca

Assomiglia a uno spicchio d’arancia.

Mio Dio, quand’è che mi imbarco?

Ah, fame! Quand’è che mangio?».

Anche l’amore possiede le sue iniziazioni. E le sue Bocche dell’Inferno.

L’ultima comunicazione tra i due protagonisti di questa storia misteriosa è una circolare interna, spedita da Crowley a ogni equinozio. Tale lettera comprendeva una “parola” particolare, che avrebbe determinato la “corrente magica” attiva nei sei mesi successivi (fino al successivo equinozio, insomma), assieme a un oracolo. Destinata solo agli “interni”, nel 1932 la ricevette anche Pessoa! Forse gliene furono spedite altre, andate perdute? Non lo sapremo mai. Tuttavia, come ricorda Pasi, il documento «lascerebbe supporre che Crowley considerava Pessoa membro di uno dei suoi ordini magici, e rafforzerebbe l’ipotesi di una sua iniziazione durante la visita del mago in Portogallo». Misteri su misteri, insomma…

Tra le varianti del romanzo riportate in appendice ne figura una, molto “pessoana”: «Realtà e finzione sono l’una più interessante dell’altra». Potrebbe sigillare questa storia singolare, allestita da personaggi altrettanto misteriosi ed enigmatici. Imbattendosi in Pessoa e Crowley – così come in tutti gli uomini degni di questo nome – è sempre arduo stabilire quale tra le due dimensioni sia preponderante. Come se, poi, le realtà non fossero tante quante le finzioni… Ognuna con la sua Bocca dell’Inferno, naturalmente.