sabato 11 febbraio 2017

SAN VALENTINO E LA FOLGORAZIONE MISTICA

Ovvero Sesso, rituali pagani e Amor Cortese


Ci stiamo avvicinando, ancora una volta, alla Festa degli Innamorati, ovvero San Valentino, tutti lo festeggiano o lo hanno festeggiato ma sappete il perché di tale associazione?
Vi incuriosisce scoprire le antiche origini di una festa che oggi farebbe gridare allo scandalo?
Abbandonate l’immagine da bacio perugina ed addentriamoci tra i meandri falloforici.

L'originale festività religiosa prende il nome dal santo Valentino da Terni, e venne istituita nel 496 da papa Gelasio I. In realtà ancora nulla centra la festa degli “Innamorati” con quella del Santo,  La pratica moderna di celebrazione della festa, sembrerebbe risalire  probabilmente al Basso Medioevo, e potrebbe essere in particolare riconducibile al circolo di Geoffrey Chaucer che, nel Parlamento degli Uccelli associa la ricorrenza al fidanzamento di Riccardo II d'Inghilterra con Anna di Boemia, anche se non tutti gli studiosi sono d’accordo.
Per altri l’associazione tra il Santo e l’Amore è legato ad un episodio che all'epoca suscitò vasto clamore: S. Valentino, secondo la tradizione, fu il primo ministro di Dio a celebrare l'unione fra un pagano e una cristiana. Alcuni studiosi del mondo naturale hanno legato tale festività alla credenza che da metà di febbraio si riscontrino i primi segni di risveglio della natura e nel Medioevo, soprattutto in Francia e Inghilterra, si riteneva che in quella data cominciasse l'accoppiamento degli uccelli e quindi l'evento si prestava a considerare questa la festa degl'innamorati. Direi un accoppiamento un po’ forzato, con gli estremi per un divorzio.
Per gli amanti dell’Oltralpe, in area norrena il periodo era dedicato a Vali, dio arciere figlio di Odino, ed era il periodo  dell'anno per celebrare matrimonio, anche se è un aspetto poco conosciuto all'interno della Tradizione nordica e comunque non particolarmente importante.
Possiamo dire che la festa dell’amore sia una festa di “importazione” il "St. Valentine's day" sullo stile di Halloween?
Parzialmente perché la festa degli “innamorati” si sovrapponeva ad una festività pagana molto nota, i famosi Lupercali.

"Nella Roma antica il giorno precedente i Lupercalia , il 14 Febbraio, era
festa in onore di Giunone, la regina degli dei e delle dee romane nonché
delle donne e del matrimonio.
E' questa tra l'altro una delle origini della festa di S.Valentino, a quel
tempo infatti, le vite dei ragazzi e delle ragazze erano rigidamente
separate e quella festa era un'occasione di incontro per ambo i sessi.
La vigilia della festa di Lupercalia i nomi dei ragazzi romani venivano
scritti su pezzetti di carta e messi dentro dei recipienti. Ogni ragazzo
doveva sorteggiare il nome di una ragazza dal recipiente:la ragazza scelta
sarebbe stata così sua partner per tutta la durata della festa."

Così  raccontano alcuni studiosi novecenteschi. In realtà davvero i Lupercali erano una festività importantissima per Roma in quanto rimandava alle stesse origini della città. Ovidio faceva risalire la tradizione della festa alle antiche celebrazioni dedicate a Priapo, Il dio,  spesso rappresentato con un volto umano e le orecchie di una capra, tiene in mano un bastone usato per spaventare gli uccelli, la falce per potare gli alberi e sulla testa foglie d’alloro.
Per altri la festività era in onore del dio Lupesco protettore delle greggi e degli armenti, spesso confuso con Pan
Secondo la mitologia il Dio nacque dall'unione di Ermes con Driope, la ninfa della quercia. La leggenda vuole che il dio stesse portando al pascolo delle pecore in Arcadia vide la fanciulla e subito se ne innamorò, dall’incontro nacque un bimbo metà uomo e metà capra.
La divinità era spesso rappresentato in forma fallica o addirittura dotato di un doppio fallo, simbolo proprio della sua natura feconda, aspetto per il quale era anche rappresentato da un pilastrino verticale con sopra scolpita la sua testa e il suo fallo eretto, simbolo appunto della fecondazione.
In quei giorni era dunque costume, in onore al Dio, scannare le capre e utilizzarne le pelli per vestire i lucerci, sacerdoti che staffilavano le donne contente di essere percosse perché convinte che quel rituale avrebbe facilitato la loro gravidanza e il parto.
I rituali, basati spesso su riti orgiastici con sacrifici animali erano stati a loro volta ereditati dai romani dalle popolazioni autoctone che vedevano nell’animale una divinità.
E’ già in questa festa che vediamo la germinazione del Carnevale, ovvero del “Camuffamento” del sacerdote che, avvolto in pelli d’animale, personificava il dio. La maschera indossata dal sacerdote/demonio era incarnazione di un personaggio mitico, un antenato, un animale totemico, un dio, e aveva la capacità di trasumanare l’uomo che la indossava. Le donne e le sacerdotesse, nella loro unione con il dio-sacerdote durante i rituali di fertilità, credevano così di esserne rese feconde.
I rituali di fertilità, il concetto di accoppiamento sacro, metafora del ciclo naturale,  ove l’uomo e la donna, si sostituiscono alle divinità e per loro intercessione perpetuano il mistero della nascita, e successivamente le falloforie, sono così archetipo del sabba.
Culti simili sono presenti in molte altre aree di Italia e d’Europa. Il Mannhardt, per esempio, ne descrive moltissimi relativi il “battere” gli alberi o le piante in primavera o a fine inverno per cacciare gli spiriti maligni e ostili alla rinascita vegetazionale.
Insomma, scopriamo che San Valentino che oggi festeggiamo era una gran festa del sesso.
Successivamente i Lupercali assunsero il carattere di una festa di purificazione, all'inizio, del gregge, e poi della città, senza però perdere il ricordo di base.
Uomini vestiti con le pelli degli animali sacrificati, percuotevano le donne che incontravano con lo scopo propiziatorio di trovare presto marito o per ottener una numerosa prole. Le frustate dei Luperci, divenuti anche uomini-capri non sono state dimenticate, così Carlo Levi nel suo Cristo si è fermato a Eboli, parla dell’usanza del battere e percuotere le donne con le verghe per assicurare loro la fecondità.

“Vidi sbucare dal fondo tre fantasmi vestiti di bianco in mano portavano pelli di pecora secche e arrotolate come bastoni, e le brandivano minacciose, e battevano con esse sulla schiena e sul capo di tutti quelli che non si scansavano in tempo”.

Se però questa visione poco poetica della festa vi ha creato problemi, rimediamo subito con un po’ di “Amor Cortese”…


Il Colpo di Fulmine e il “Celtismo” Irlandese


Nel linguaggio moderno spesso si parla di “colpo di fulmine” ad indicare l’oramai famoso amore a prima vista. I media e i giornali ci han mostrato tutte le innumerevoli sfaccettature di questo termine nascondendoci pero’ la vera essenza che si nasconde in esso, a meta’ strada tra amore e magia e che affonda le sue radici in miti e leggende che ci riportano ad indomiti guerrieri ma anche a splendidi e dolci amanti.
Da sempre infatti amore e guerra sono andate di pari passo, in passato un re impotente o comunque che non poteva generare figli non poteva governare un paese, e gli stessi cavalieri e paladini erano screditati se avessero rifiutato di  giacere nel letto di una fanciulla che glielo avesse chiesto. Ancora oggi questo legame tra guerra e amore è ricordato in molti detti popolari come il comunissimo “in amore ed in guerra tutto è  permesso”.
L’energia “amorosa”, generata da una donna, può rendere l’uomo invincibile e da qui la tradizione di una antichissima tecnica di combattimento chiamata appunto “Colpo di fulmine”.
Un interessante episodio da narrare in tal senso è quello di Cuchulainn, il mitico eroe d’Irlanda, il leggendario sovrano si trova dalla sua maga-iniziatrice Scatach quando una notte, la figlia della sacerdotessa, Uatach, innamorata dell’eroe decide di sedurlo andando a riposare nuda nello stesso letto. L’eroe infastidito all’inizio rifiuta la proposta ma ecco che la fanciulla , in cambio di una semplice notte d’amore promette al re di spiegare come ottenere dalla madre una terribile tecnica di combattimento che lo avrebbe reso invincibile.
Ancora una volta, dunque, è attraverso la donna che l’uomo diventa imbattibile e infatti solo dopo aver giaciuto con Uatach e poi successivamente con la stessa sacerdotessa Scatach che Cuchulainn ottiene il segreto della micidiale Scarica di Fulmine che lo renderà famoso in battaglia.
L’esempio del mitico re irlandese non è l’unico, questa strana tecnica di combattimento era conosciuta anche da Lug , Batraz e molte altre divinità celtiche che , a loro volta , l’avevano sempre appresa da una donna. Ricordi di questa magica arma fisico-spirituale li ritroviamo successivamente nella Materia di Bretagna, e in particolare in una delle prime versioni del “Lanzelot en Prose”, la storia di uno dei più famosi paladini della tavola rotonda, appunto Sir Lancellotto.
Anche il paladino arturiano è da sempre circondato da donne-maghe , da Viviana a Morgana, esseri fatati che gli insegnano l’arte della guerra, ma solo una donna speciale potrà rendere l’eroe invincibile e tutto nascerà da uno “sguardo” o come oggi lo definiremmo da un “colpo di fulmine”.


“…Colpito al suo arrivo dalla sua beltà, lei gli sembra incomparabile più splendida da vicino, ed egli le  appare più alto e più forte. La regina prega Dio di far di lui un valoroso per la pienezza della bellezza di cui lo ha favorito…”

Questi versi del “Lanzelot en prose” descrivono perfettamente  il colpo di fulmine dopo il quale il paladino diventa il cavaliere più forte del regno, ed e’ ancora una volta l’amor fulmineo a trasformarsi in arma e “folgore divina”.
Solo chi conosce la “donna” può così esser un grande eroe, solo chi conosce l’ “amore” può diventare invincibile come può essere letto tra le righe  di tutta la mitologia celtica alla quale la materia di Bretagna si rifa’, e cosi’ il figlio indomito di Cuchulainn, non conoscendo l’amore viene ucciso in battaglia dal proprio padre che, non riconoscendolo, lo sconfigge proprio con la tecnica del colpo di fulmine,  stessa sorte toccherà a Galaad, figlio di Lancillotto. Infatti il cavaliere dal cuore puro e designato per l’arduo compito della cerca del Graal potrà portare a termine a differenza del padre proprio perché pudico, ma in realtà sarà proprio questa sua mancanza d’ “amore” a decretare la sua fine , infatti perira’ fulminato dalla luce stessa della mistica coppa d’Amore!
Colui che non conosce la “scarica di fulmine” non potrà essere invincibile e nessun cavaliere potrà mai conoscerla  senza la propria donna, il tramite d’amore che permette il raggiungimento della mistica folgorazione il cui ricordo, ancora oggi, si conserva nella tipica espressione “colpo di fulmine”.

martedì 7 febbraio 2017

“IL CASTELLO DI WEWELSBURG E I SUOI MISTERI”

Sabato 11 Febbraio 2017 e.v. alle ore 21,15 presso i locali del Centro Studi e Ricerche C.T.A. 102 - Via Don Minzoni 39, Bellinzago Novarese (NO) - nell’ambito delle serate dedicate a “Misteri Antichi e Modernii”, la nostra Associazione ha il piacere di invitarvi ad un imperdibile appuntamento in compagnia di STEFANO MASELLA che parlerà sul tema:

“IL CASTELLO DI WEWELSBURG E I SUOI MISTERI”



Situato nella località di Büren nella Renania Settentrionale-Vestfalia (Germania), il castello di Wewelsburg avrebbe dovuto divenire un vero e proprio tempio del nazismo, un luogo che avrebbe dovuto custodire i segreti dell’Ordine Nero delle SS. Costruito fra il 1603 e.v. e 1609 e.v. dal vescovo-principe di Paderborn Dietrich von Fürstenberg sulla collina del villaggio di Wewelsburg, il castello passo' di mano in mano finche' Himler lo aquisto' per farne la sede permanente delle guardie del Fuhrer, una sorta di ombelico del mondo col compito di far risorgere la razza ariana, purificata del contatto con gli uomini inferiori. Uno dei motivi della scelta di questo castello era la sua forma a punta di freccia, particolare che richiamava la potenza della lancia di Longino, orientata per giunta verso nord, punto di riferimento della Thule e dell'antica religiosita' celtica e pagana. Il luogo ideale, quindi, per scatenare quelle forze occulte che, al pari della potenza militare, avrebbero nella mente di Himmler, reso possibile il progetto del nazismo. All'interno di stanze predestinate si svolgevano riti di particolare potenza. Secondo certi resoconti qui si studiavano pratiche per il controllo della volonta' a distanza, di medianita', di energie scatenate per aiutare il Fuhrer nella sua sanguinosa scalata al potere. Ma poteva realmente tutto questo avere un'influenza concreta nella vita politica e militare di una e piu' nazioni? Al piano terra del castello c'era la Gruppenfuhrersaal, una stanza circolare con 12 colonne ed al centro una ruota solare con 12 raggi a forma di runa, il carattere Sieg, cioe' vittoria, le stesse che si ritrovano nel simbolo delle SS e nello Swastika. Era la sala dedicata al vertice delle SS, 12 eletti che avevano compiti non solo militari ma anche esoterici.
Himmler riteneva che il nazismo necessitasse della presenza di un Ordine d’uomini pronti a difendere il regime e la nazione, e non solo sul piano militare, ma anche su quello mistico e spirituale. Perciò egli si adoperò in questo senso, desiderava fortemente la formazione di quelli che lui definì i “Cavalieri del Reich". Le SS dovevano essere perciò i nuovi super uomini concepiti della religione del sangue, il cui compito era mantenere l’equilibrio del nazismo, e preservarlo dai pericoli. Una specie di nuova aristocrazia tedesca, un’élite di guerrieri, la cui forza era essenziale non solo per la loro sopravvivenza, ma anche per quella della razza ariana. Di conseguenza Himmler pensò di organizzare le SS sulla base dell’ordinamento dei cavalieri teutonici.
Ciò fu appurabile con chiarezza durante il conflitto mondiale, quando le terre conquistate ad est della Germania furono divise secondo un criterio feudale, tra gli Ufficiali delle SS. Nello stesso numero di ufficiali della SS che dovevano sedere nella Gruppenfuhrersaal era insito di un significato mitico. Essi erano, infatti, dodici, come dodici erano i sommi cavalieri di Re Artù, che si riunivano attorno alla sua tavola.
Di tutto questo, e molto altro ancora, si parlerà in questa intrigante conferenza a cui siete tutti invitati!
Da quanto avrete intuito, si tratta di una serata da non perdere assolutamente! Vi aspettiamo, come sempre, numerosi!
La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando il numero 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it
Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.
Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.

sabato 4 febbraio 2017

Santo Sepolcro, gli strani ​episodi "paranormali"

tratto da "Il Giornale" del 21 novembre 2016

Lo scorso 26 ottobre scorso un team di ricercatori dell'Università Nazionale Tecnica di Atene ha ripaerto il Santo Sepolcro: ecco cosa è stato scoperto

di Franco Grilli

Lo scorso 26 ottobre scorso un team di ricercatori dell'Università Nazionale Tecnica di Atene ha ripaerto il Santo Sepolcro. Una mossa per capire se la lastra pogiata sulla tomba sia quella di cui si parla nelle Sacre Scritture. E di questa apertura ne ha parlato il sito Aleteia che parla di alcuni eventi paranormali. Tra questi si sottolinea l'emanazione di un dolce aroma che "ricordava le manifestazioni olfattive associate a certi santi". Inoltre, il sito Aleteia spiega che alcuni strumenti di misurazione usati dai tecnici sarebbero stati alterati da alcune perturbazioni elettromagnetiche. Infatti nel momento in cui gli strumenti venivano posizionati sulla lastra smettevano di funzionare o addirittura funzionavano in modo irregolare. L'archeologo Fredrik Hiebert, della National Geographic Society, ha detto: “Quello che abbiamo riscontrato è sorprendente”. Non esistono però al momento altre prove. Ma questi fenomeni sono stati riscontrati anche nel caso della Sacra Sindone. "La mia preparazione scientifica mi ha permesso di fare delle ipotesi sulla possibilità che l’immagine fosse dovuta ad un’esplosione di energia. E questa ipotesi è stata verificata in laboratorio con l’uso di sorgenti laser molto particolari”, aveva affermato, come ricorda il Fatto, Giuseppe Baldacchini, uno dei più importanti fisici che hanno lavorato sulla Sindone. Insomma il mistero e il paranormale continuerà ad incuriosire i fedeli e il luogo simbolo della morte di Cristo, il Santo Sepolcro, potrebbe "narrare" altri episodi che la scienza diffcilmente potrà spiegare.

sabato 28 gennaio 2017

Furia, Odino o allucinogeni? Ecco la verità sui "berserkir"

tratto da "Il Giornale" del 20 dicembre 2016

I «guerrieri orso» sono una delle leggende vichinghe più famose. Un saggio svela i segreti della loro forza

di Matteo Sacchi

La leggenda parla di guerrieri di una ferocia inaudita. Vestiti di pelli di orso, o di lupo, si gettavano in battaglia in preda a un furore inspiegabile.


La loro rabbia li rendeva praticamente invulnerabili. Per usare le parole della antiche saghe scandinave: «In battaglia, Odino aveva il potere di rendere i loro nemici ciechi o sordi o colti da terrore, mentre le loro spade non tagliavano più di bastoni... Andavano senza corazza ed erano furiosi come cani o lupi, mordevano i loro scudi ed erano forti come orsi o tori... né il fuoco né il ferro facevano loro del male». E nella leggenda c'è un nome che ricorre sempre per questi soldati-belva: Berserkir. Che i miti sulla licantropia possano avere avuto origine in queste remote lande, dunque, è quasi un'evidenza. Ma cosa c'è di vero nelle storie che ci sono state tramandate? Sono decenni che gli studiosi se lo chiedono. Il filologo e storico medievale Vincent Samson ha cercato di arrivare ad una risposta definitiva con il suo: I Berserkir. I guerrieri-belve nella Scandinavia antica, dall'età di Vendel ai Vichinghi, VI-XI secolo (Settimo sigillo, pagg. 496, euro 34,50).

Quello che emerge con chiarezza è che i Berserkir sono esistiti davvero. Al di là dei testi poetici che, come la Ynglinga Saga, sono stati messi per iscritto molto più tardi, esistono prove archeologiche concrete. Statuette che rappresentano guerrieri coperti di pelli d'orso o di lupo. E tombe istoriate di rune che testimoniano come il sepolto fosse un guerriero-belva. Più difficile dire esattamente come si scatenasse lo stato di trance che era tipico di questi guerrieri. Molti studiosi, a partire da Samuel Lorenzo Ödman, teologo dell'università di Upsala, hanno legato il furore dei berserkir all'utilizzo di un fungo, l'amanita muscaria. E in effetti, alcune popolazioni, come i lapponi, lo utilizzano a scopo sciamanico. La tesi convince poco Samson. Nelle fonti antiche questo furore guerriero, indotto dal dio Odino, sembra poter essere scatenato da chi è in grado di farsene possedere senza alcuna preparazione chimica. Secondo Samson, la furia era più che altro il risultato di una profonda convinzione religiosa. E almeno sino ad un certo periodo i guerrieri belva erano con buona probabilità membri dell'élite delle antiche popolazioni scandinave. Così era almeno sino ai tempi di re Harald Bellachioma (850-933 d.C.). Quando sconfisse i suoi nemici durante la battaglia navale di Hafrsfjord (convenzionalmente collocata nel 872 d.C.). Gli antichi poemi legano la sua vittoria alla presenza di guerrieri coperti di pelle di lupo che combattevano sulla sua nave ammiraglia. «Le camicie d'orso grugnivano, il combattimento dava loro rabbia, le tuniche di lupo urlavano e le armi brandivano». Per altro anche le forze opposte al re schierano dei guerrieri belva come Thoris Hakland.

Insomma quella dei guerrieri mascherati da animali sembra essere stata una pratica molto in voga nella civiltà vichinga prima del cristianesimo. Una prassi limitata ai vichinghi? Sembra che i suoi echi si possano rintracciare anche tra le tribù germaniche, ce ne sarebbero addirittura le prove nei rilievi della colonna Traiana. La radice secondo Samson potrebbe ritrovarsi in antichi rituali della civiltà del bronzo che tra le popolazioni nordiche sono sopravvissuti a lungo. Ma resta molto difficile giungere ad una interpretazione univoca. Quel che è certo è che quando la Scandinavia divenne cristiana per i berserkir non ci fu più posto. Erano il reperto più bellicoso e furente della precedente religione. Così nel tramandarsi dei miti la loro figura fu messa in ombra o trasfigurata. Spesso rimase solo l'eco della violenza e il versante religioso, la loro etica guerriera, fu messa da parte.

Samson prova a farla rivivere e a fornire al lettore tutti gli strumenti per capire la complessità del tema. Il risultato è un libro non facile che chiede al lettore di famigliarizzarsi almeno un po' con le forme dell'antica poesia scaldica. Ma il viaggio nel tempo sulle orme di questi guerrieri, capaci di avere accesso al lato animalesco dell'uomo, ne vale la pena.

mercoledì 25 gennaio 2017

Il simbolismo del gioco degli scacchi

Pubblicato in Lex Aurea n. 58 del 10 maggio 2015

di Vito Foschi

Il gioco degli scacchi è piuttosto antico godendo di una diffusione planetaria e si presta ad un interessante studio simbolico. Potrebbe sembrare una forzatura, una lettura non corretta, ma ci conforta in tale interpretazione, il ritrovare un uso simbolico della scacchiera nel Medioevo nella bandiera dei templari e uno più propriamente esoterico nel caso della scacchiera dipinta al centro dei tempi massonici.

La scacchiera è quadrata, divisa in caselle bianche e nere. I quattro lati della scacchiera, rappresentano le quattro direzioni e i quattro elementi. Altro numero importante degli scacchi è l’otto. Ogni lato è diviso in otto e il totale delle caselle è 8x8 = 64. L’otto è l’ottagono, figura intermedia fra quadrato, terra e cerchio, il cielo. Indica una tendenza spirituale in sviluppo, uno stato intermedio e il percorso dell’iniziato. La scacchiera non è solo rappresentazione di un campo di battaglia, ma nella sua divisione ottonaria simboleggia l’elevazione spirituale, una spinta verso lo spirito, verso il cerchio, il poligono con infiniti lati.
Otto sono le direzioni della rosa dei venti e ritroviamo la dimensione geografica, ma ancora la croce tridimensionale con le sei direzioni spaziali più l’asse del tempo con le due direzioni del passato e del futuro. Il numero otto è  anche associato al fiore del loto con il suo significato di purezza e di tensione verso il cielo e gli altri molteplici significati.
La scacchiera poteva essere divisa in sette o in nove, ma in un caso sarebbe risultato un gioco più facile, e nell’altro più difficile. L’otto è una sorta di numero di equilibrio fra un gioco troppo facile e uno troppo difficile. Tra l’altro, per gli indiani, inventori del gioco, c’erano otto pianeti, ed è un altro possibile legame con il numero otto.
La scacchiera dal punto di vista macrocosmico rappresenta il mondo, mentre dal punto di vista microcosmico la mappa dello spirito e in particolare lo spirito frantumato dell’iniziato che si accinge alla sfida, un miscuglio di bianco e nero, di luce e tenebre.

Se paragoniamo la scacchiera ad un campo di battaglia non può non venirci in mente “L’arte della Guerra” di Sun Tzu e le massime sullo scansare il pieno e attaccare il vuoto. Se pensiamo ai colori, comunemente associati alla luce e alle tenebre, possiamo associarli anche ai vuoti a ai pieni. Così possiamo associare il bianco al vuoto e il nero al pieno o alla materia. La scacchiera assume una diversa dimensione macrocosmica rappresentando i vuoti dello spazio e i pieni delle stelle e dei pianeti. La battaglia degli scacchi a questo livello è uno scontro fra angeli e demoni. Il vuoto associato alla luce e alla spiritualità; il nero, alle tenebre, alla materia, materia oscura o alla prima fase del processo alchemico, la nigredo, il marcio.
I vuoti e i pieni possono rappresentare la fermentazione, la vitalità, il caos della vita. La partita diventa, quindi, un processo per ordinare il caos o trovarvi una direzione. Lo spirito frantumato che tramite l’azione del Re deve essere ricondotto ad unità. Il re bianco rappresenta il Sé che deve vincere l’Ego rappresentato dal Re nero.
A questo proposito un interessante simbolismo lo suggerisce il libro “Natura simbolica del gioco degli scacchi” di Mario Leoncini di cui riportiamo un passo: «Boucher mette in rilievo il simbolismo delle linee divisorie tra le caselle: su di esse si muoverebbe l’iniziato, alieno dall’abbandonarsi al bianco e al nero, mentre il profano passerebbe dall’uno all’altro senza equilibrio, e scatenando ogni volta reazioni contrastanti».

Il gioco di origini indiane, arrivò in Europa grazie alle mediazioni persiana e araba. In origine il pezzo affiancato al Re era il consigliere, ma nell’Europa si trasforma in regina, perché le pedine vennero assimilati ad una corte. Il passaggio è significativo. La donna ha una sua precisa simbologia e può essere assimilata alla Sapienza. Il Re che rappresenta il Sé ha al suo fianco la Sapienza.

La scacchiera è il campo di battaglia dove si affrontano due eserciti. C’è una precisa disposizione iniziale da cui partono le pedine. Nella disposizione iniziale sono contenuti tutti i possibili sviluppi futuri: dallo stesso inizio si possono sviluppare molteplici battaglie. Essendo una creazione umana le possibilità non sono infinite, ma comunque in gran numero. Questa idea che dallo stesso schieramento iniziale si possano sviluppare innumerevoli possibilità è simbolo dello sviluppo del cosmo. L’Uno iniziale, l’uovo primordiale ha in sé tutte le possibilità di sviluppo futuro, come lo schieramento iniziale degli scacchi. Con lo svilupparsi, il processo di materializzazione si realizza in una precisa combinazione come negli scacchi si realizza una precisa partita. Al termine della partita i pezzi tornano nella disposizione iniziale e può ricominciare una nuova battaglia. Ritroviamo il concetto di ciclicità. Dopo lo svilupparsi completo di un mondo, si torna all’Uno iniziale da dove può ripartire un nuovo sviluppo, un nuovo mondo. Concetto comune nel mondo antico, dal mondo classico, agli indiani e dall’altra parte dell’oceano ai Maya. Gli scacchi, con il loro svilupparsi in battaglia e il ritornare al termine di tutti i possibili sviluppi al punto di partenza, simboleggiano i cicli cosmici.

sabato 21 gennaio 2017

La caccia e il mito nel libro di Calasso

tratto da "L'Opinione" del 27 novembre 2016

di Giuseppe Talarico

Per cogliere il momento aurorale della civiltà umana, quando migliaia di anni fa l’uomo si separò dal mondo animale, è utile e fondamentale leggere l’ultimo libro di Roberto Calasso intitolato “Il cacciatore celeste” (Adelphi).


In questo libro, in cui l’autore con la sua cultura sconfinata spazia dall’antropologia alla storia, dalla letteratura alla filosofia, Calasso mostra come all’inizio non vi fosse nessuna distinzione tra gli uomini, gli animali, gli dèi, la natura. In virtù di due eventi capitali, che avvennero nel Paleolitico, la pratica della caccia e il passaggio alla dieta carnea da parte dell’homo sapiens, si ebbe la separazione tra mondo umano e mondo animale. Vi è, secondo Calasso, un’evidente e innegabile relazione tra la pratica della caccia e l’elaborazione di una sequenza di pratiche rituali. Infatti, per separarsi dal branco animale, l’homo sapiens dovette ricorrere al travestimento e all’uso della maschera. Imitando gli animali predatori, l’homo sapiens divenne a sua volta cacciatore.

Tra la figura dello sciamano, che con il tamburo rivestito dalla pelle di animali evocava il mondo invisibile, attirando a sé gli animali, e l’uomo cacciatore, che mirava ad ucciderli, vi è una somiglianza sorprendente. L’invisibile, a cui i riti sacrificali fanno costante riferimento, è il luogo in cui si trovano gli dèi, i morti, gli antenati, il passato intero della civiltà umana.

Analizzando le opere di Esiodo e Apollonio Rodio, Roberto Calasso descrive l’età degli Eroi, quando il divino scorreva tra gli esseri umani, perché Zeus o Poseidone o Afrodite si erano mescolati nell’Eros con i mortali. I peccati capitali di fronte agli dèi commessi dagli uomini furono l’imitazione dei predatori e la loro separazione dal mondo animale. Fu necessaria l’incubazione di cinquantamila anni affinché l’homo sapiens scoprisse la tecnica legata all’agricoltura e sperimentasse la vita domestica.

Secondo Teofrasto il sacrificio cruento, di cui vi è testimonianza in diverse civiltà del passato, da quella dei Veda a quella egizia e greca, si basava su tre elementi fondamentali: reverenza, utilità, riconoscenza. Il sangue, ricavato dal rito sacrificale, doveva purificare l’uomo della sua colpa originaria, dovuta alla sua attività di predatore e cacciatore. Proprio un paleoantropologo nel 1995 ha rinvenuto a Göbekli Tepe (Turchia) un sito archeologico nel quale sono state riportate alla luce enormi pietre in cui sono rappresentati gli animali che si mostrano ostili verso l’uomo. Ovidio nella suo poema i “Fasti” ha descritto i riti sacrificali che avvenivano nella Roma antica, alcuni dei quali sono avvolti dal più fitto mistero come i Lupercalia. I romani celebravano i riti sacrificali senza essere consapevoli del loro significato spirituale, perché la città si fondava sui riti. Nel libro XV delle “Metamorfosi” di Ovidio, che racchiude il racconto della mitologia classica, Pitagora con tono ispirato dal divino definisce la dieta carnea come la colpa irredimibile dell’uomo. Numa, suo allievo, osserva che la pratica rituale costituisce il primo stadio della civilizzazione avvenuta a Roma, fin dalla sua fondazione.

Nel libro vi è un capitolo dedicato alla interpretazione del dialogo di Platone “Le Leggi”. In questo dialogo l’ateniese, che personifica Platone, conversando con due suoi amici, si pone l’interrogativo filosofico decisivo e ineludibile per capire se le vicende umane siano governate dal caso oppure da Dio, chiedendosi quale importanza debba essere attribuita alla fortuna. Per gli uomini il riferimento al mondo degli dèi e al divino è stato sempre imprescindibile e fondamentale per vagheggiare la città giusta e la costituzione della Polis, giusta ed esente da imperfezioni. Il capitolo dedicato alle “Enneidi” di Plotino, che a distanza di sette secoli commentò nella sua opera i testi di Platone, è nel libro di Calasso bello e indimenticabile. Per Plotino la creazione coincide con la contemplazione, in virtù della quale dall’Uno, che è eterno e immobile, ha avuto origine la Mente, da cui ha preso forma l’anima universale e quella individuale di ogni persona. L’Uno è all’origine del mondo, del bene e del bello. Per mostrare quanto fosse importante la relazione tra l’umano e il divino, Calasso nel libro racconta l’episodio della notte delle Ermocopidi, quando le Erme vennero ad Atene devastate e sfigurate. Le Erme, che simboleggiavano il Divino, erano visibili di fronte ai templi e ai santuari, ma sovente si trovavano collocate dinanzi alle case di privati. Per questo crimine vennero condannate a morte venti persone. I misteri di Eleusi, una città che si trovava a venti chilometri di Atene, distrutta in seguito ad una guerra dagli ateniesi, contemplavano il compimento di una serie di miti, osservati per undici secoli. Per svelare il mistero che circonda questi riti, Calasso offre al lettore una descrizione assai coinvolgente delle diverse interpretazioni avanzate dagli studiosi lungo i secoli. In un punto di questo libro, Calasso cita un frammento tratto dal Tieste: “Non vi è nulla per gli umani senza gli dèi”.

Un libro imperdibile.

mercoledì 18 gennaio 2017

“GOETEIA: ARS CONGRESSUM CUM DAEMONE - L’ARTE DI EVOCARE I DEMONI”

Sabato 28 Gennaio 2017 e.v. alle ore 21,15 presso i locali del Centro Studi e Ricerche C.T.A. 102 - Via Don Minzoni 39, Bellinzago Novarese (NO) - nell’ambito delle serate dedicate ai “Dialoghi di Esoterismo”, la nostra Associazione ha il piacere di invitarvi ad un imperdibile appuntamento in compagnia di CORINNA ZAFFARANA e GIUSEPPE GIORGIO che parleranno sul tema:

“GOETEIA: ARS CONGRESSUM CUM DAEMONE - L’ARTE DI EVOCARE I DEMONI”

Cosa sono i demoni? 
Forme di energia psichica o proiezioni delle nostre più profonde paure? 
Qualsiasi sia la definizione, esiste davvero la possibilità di evocare un "demone" in forma visibile e sensibile senza postulare uno stato semplicemente folle o allucinatorio?
La tradizione esoterica è ricca di indicazioni relative all'Ars Congressus cum Daemone e la stessa psicoanalisi si è a lungo occupata dell'incontro con forme, volti e voci inquietanti provenienti dalle profondità del nostro inconscio.
In questa serata dedicata ad uno degli aspetti più controversi dell'esoterismo cercheremo di capire cosa siano veramente i "demoni"; se si tratti solo di simboliche leggende o se sia davvero possibile incontrare le nostre paure attraverso i metodi tradizionalmente insegnati nelle Scuole di Alta Filosofia Iniziatica; quali siano i procedimenti corretti e i pericoli legati a questa elevata forma di "Magheia".

Anche in questo caso il nostro Centro si pregia di invitarvi ad un evento di grande interesse a cui, naturalmente, non dovete assolutamente mancare!

ATTENZIONE: Solo in occasione di questa conferenza il nostro Centro offrirà la possibilità di acquistare il volume "LA GOETIA DI RE SOLOMONE" di Aleister Crowley, edito in italiano dal S.O.T.V.L., con uno sconto speciale del 5 euro sul prezzo di copertina!

La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando il numero 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it
Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.

Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.