domenica 11 dicembre 2016

Silenzio e solitudine

In collaborazione con la rivista Lettera e Spirito: http://acpardes.com/letteraespirito/silenzio-e-solitudine/

di René Guénon

Presso gli Indiani dell’America del Nord, e in tutte le tribù senza eccezione, esiste, oltre ai riti di diverso genere che hanno un carattere collettivo, la pratica di un’adorazione solitaria e silenziosa, che è considerata come la più profonda e dell’ordine più elevato[1]. I riti collettivi, infatti, a un grado o a un altro, hanno sempre qualcosa di relativamente esteriore; diciamo a un grado o a un altro, poiché, al riguardo, occorre naturalmente fare, lì come in ogni altra tradi­zione, una differenza tra i riti che potrebbero essere qualificati come exoterici, vale a dire quelli ai quali tutti partecipano indistintamente, e i riti iniziatici. È d’altronde beninteso che, lungi dall’escludere tali riti o d’opporvisi in qualunque modo, l’adorazione di cui si tratta vi si sovrappone solamente come un qualcosa in certo qual modo di un altro ordine; ed è anche il caso di pensare che per essere veramente efficace e produrre dei risultati effettivi, essa deve presupporre l’iniziazione come una condizione necessaria[2].

In merito a quest’adorazione, si è talvolta parlato di “preghiera”, ma ciò è evidentemente inesatto, giacché non v’è in essa alcuna domanda, di qualsivoglia natura; le preghiere, formulate generalmente in canti rituali, non possono d’altronde rivolgersi che alle diverse manifestazioni divine[3], e vedremo che qui in realtà si tratta di tutt’altra cosa. Sarebbe certamente molto più giu­sto parlare d’“incantazione”, prendendo questa parola nel senso che abbiamo definito altrove[4]; si potrebbe pure dire che è un’“invocazione”, intendendola in un senso esattamente paragonabi­le a quello del dhikr nella tradizione islamica, ma precisando che è essenzialmente un’invoca­zione silenziosa e tutta interiore[5]. Ecco quanto scrive sull’argomento Ch. Eastman[6]: «L’adora­zione del Grande Mistero era silenziosa, solitaria, senza complicazione interiore; era silenziosa perché ogni discorso è necessariamente debole e imperfetto, perciò le anime dei nostri antenati raggiungevano Dio in un’adorazione senza parole; era solitaria perché essi pensavano che Dio è più vicino a noi nella solitudine, e non c’erano affatto preti a fungere da intermediari tra l’uomo e il Creatore»[7]. Difatti, non possono esservi intermediari in un caso simile, poiché quest’adora­zione tende a stabilire una comunicazione diretta con il Principio supremo, che è designato qui come il “Grande Mistero”.

Non solamente è unicamente nel e con il silenzio che tale comunicazione può essere otte­nuta, poiché il “Grande Mistero” è al di là d’ogni forma e d’ogni espressione, ma il silenzio stesso «è il Grande Mistero»; come bisogna intendere esattamente tale affermazione? In primo luogo, si può ricordare a tale proposito che il vero “mistero” è essenzialmente ed esclusivamente l’inesprimibile, che può evidentemente essere rappresentato solo dal silenzio[8]; ma, per di più, essendo il “Grande Mistero” il non-manifestato, il silenzio stesso, che è propriamente uno stato di non-manifestazione, è con ciò come una partecipazione o una conformità alla natura del Principio supremo. D’altra parte, il silenzio, riferito al Principio, è, si potrebbe dire, il Verbo non proferito; per questo «il silenzio sacro è la voce del Grande Spirito», in quanto questo è identificato al Principio stesso[9]; e questa voce, che corrisponde alla modalità principiale del suono che la tradizione indù designa come parâ o non-manifestata[10], è la risposta all’appello dell’essere in adorazione: appello e risposta egualmente silenziose, essendo entrambe un’aspira­zione e un’illuminazione puramente interiori.

Perché sia così, occorre d’altronde che il silenzio sia in realtà qualcosa di più della semplice assenza di parole o discorsi, fossero pure formulati solamente in modo mentale; e, difatti, questo silenzio è essenzialmente, per gli Indiani, «l’equilibrio perfetto delle tre parti dell’essere», cioè di quanto, nella terminologia occidentale, si può designare come lo spirito, l’anima e il corpo, giacché l’essere intero, in tutti gli elementi che lo costituiscono, deve partecipare all’adorazione affinché un risultato pienamente valevole possa esserne ottenuto. La necessità di tale condizione d’equilibrio è facile da comprendere, giacché l’equilibrio è, nella stessa manifestazione, come l’immagine o il riflesso dell’indistinzione principiale del non-manifestato, indistinzione che è ben rappresentata anche dal silenzio, cosicché non ci si deve stupire in nessun modo dell’assi­milazione che così si stabilisce tra quest’ultimo e l’equilibrio[11].

Quanto alla solitudine, conviene notare innanzitutto che la sua associazione con il silenzio è in certo qual modo normale e anzi necessaria, e che, anche in presenza di altri esseri, colui che fa in sé il perfetto silenzio s’isola forzatamente da loro con ciò stesso; del resto, silenzio e solitudine sono anche implicati entrambi in ugual misura nel significato del termine sanscrito mauna, che, nella tradizione indù, è con ogni probabilità quello che s’applica il più esattamente a uno stato come quello di cui parliamo presentemente[12]. La molteplicità, essendo inerente alla manifestazione, e accentuandosi, se si può dire, quanto più si discende ai gradi più inferiori di questa, allontana dunque necessariamente dal non-manifestato; perciò l’essere che vuole met­tersi in comunicazione con il Principio deve anzitutto fare l’unità in se stesso, nella misura del possibile, mediante l’armonizzazione e l’equilibrio di tutti i suoi elementi, e deve anche, nello stesso tempo, isolarsi da ogni molteplicità a lui esteriore. L’unificazione così realizzata, anche se ancora solo relativa nella maggioranza dei casi, costituisce nondimeno, secondo la misura delle attuali possibilità dell’essere, una certa conformità alla “non-dualità” del Principio; e, al limite superiore, l’isolamento assume il senso del termine sanscrito kaivalya, che, esprimendo nello stesso tempo le idee di perfezione e di totalità, arriva, quando ha tutta la pienezza del suo significato, a designare lo stato assoluto e incondizionato, quello dell’essere che è pervenuto alla Liberazione finale.

A un grado molto meno elevato di quello, e che appartiene anzi ancora solo alle fasi prelimi­nari della realizzazione, si può far osservare questo: là ove v’è necessariamente dispersione, la solitudine, in quanto s’oppone alla molteplicità e coincide con una certa unità, è essenzialmente concentrazione; e si sa quale importanza è data effettivamente alla concentrazione, da tutte le dottrine tradizionali senza eccezione, in quanto mezzo e condizione indispensabile d’ogni rea­lizzazione. Ci sembra poco utile insistere oltre su quest’ultimo punto, ma v’è un’altra conse­guenza sulla quale teniamo ancora a richiamare più particolarmente l’attenzione terminando: è che il metodo di cui si tratta, con ciò stesso che s’oppone a ogni dispersione delle potenze del­l’essere, esclude lo sviluppo separato e più o meno disordinato di taluni o talaltri suoi elementi, e segnatamente quello degli elementi psichici coltivati in certo qual modo per se stessi, sviluppo che è sempre contrario all’armonia e all’equilibro dell’insieme. Secondo Paul Coze, per gli Indiani «sembra che, per sviluppare l’orenda[13], intermediario tra il materiale e lo spirituale, oc­corra anzitutto dominare la materia e tendere al divino»; questo insomma equivale a dire che essi considerano come legittimo accostare il dominio psichico solo “dall’alto”, essendo i risultati di quest’ordine ottenuti soltanto in modo del tutto accessorio e come “in sovrappiù”, il che è infatti il solo mezzo per evitarne i pericoli; e, aggiungeremo, ciò è certamente quanto di più lontano dalla volgare “magia” che troppo sovente è stata loro attribuita, e che è persino tutto quel che hanno creduto vedere presso di loro degli osservatori profani e superficiali, con ogni probabilità perché essi stessi non avevano la minima nozione di quel che può essere la vera spiritualità.

René Guénon

[1] Le informazioni che utilizziamo qui sono tratte principalmente dall’opera del sig. Paul Coze, L’Oiseau Tonnerre, da cui traiamo pure le nostre citazioni. Quest’autore dimostra una notevole simpatia nei riguardi degli Indiani e della loro tradizione; la sola riserva che andrebbe fatta, è che egli pare alquanto influenzato dalle concezioni “metapsichiche”, il che ha palesemente impatto su alcune sue interpretazioni e segna­tamente comporta talvolta una certa confusione tra lo psichico e lo spirituale; ma tale considerazione non deve d’altronde intervenire nella questione di cui ci occupiamo qui.

[2] Va da sé che, qui come sempre, intendiamo l’iniziazione esclusivamente nel suo vero senso, e non in quello in cui gli etnologi impiegano abusivamente questa parola per designare i riti d’aggregazione alla tribù; bisognerebbe avere molta cura di distinguere nettamente queste due cose, che in realtà esistono entrambe presso gli Indiani.

[3] Nella tradizione degli Indiani, queste manifestazioni divine sembrano essere il più abitualmente ri­partite secondo una divisione quaternaria, conformemente a un simbolismo cosmologico che s’applica contemporaneamente ai due punti di vista macrocosmico e microcosmico.

[4] Vedere Aperçus sur l’initiation, cap. XXIV.

[5] A questo proposito è interessante notare che certe turuq islamiche, segnatamente quella dei Naqsha­bendiyah, praticano anche un dhikr silenzioso.

[6] Ch. Eastman, citato dal sig. Paul Coze, è un Sioux d’origine, che pare, malgrado un’educazione “bianca”, aver ben conservato la coscienza della propria tradizione; abbiamo d’altronde delle ragioni per pensare che il suo caso sia in realtà lungi dall’essere così eccezionale come si sarebbe tentati di credere quando ci si arresti a certe apparenze tutte esteriori.

[7] L’ultima parola, il cui impiego qui è con ogni probabilità dovuto unicamente alle abitudini del lin­guaggio europeo, non è certamente esatto se si vuole andare al fondo delle cose, giacché, in realtà, il “Dio creatore” non può propriamente trovare posto che tra gli aspetti manifestati del Divino.

[8] Vedere Aperçus sur l’initiation, cap. XVII.

[9] Facciamo questa restrizione poiché, in certi casi, l’espressione “Grande Spirito”, o quel che così si traduce, appare anche solamente come la particolare designazione di una delle manifestazioni divine.

[10] Cf. Aperçus sur l’initiation, cap XLVII.

[11] È appena il caso di ricordare che l’indistinzione principiale di cui qui si tratta non ha niente in comune con ciò che si può anche designare con la stessa parola presa in un senso inferiore, vogliamo dire la pura potenzialità indifferenziata della materia prima.

[12] Cf. L’Homme et son devenir selon le Vêdânta, 3a edizione, cap. XXIII.

[13] Questa parola orenda appartiene propriamente alla lingua degli Irochesi, ma, nelle opere europee, s’è presa l’abitudine, per maggiore semplicità, d’impiegarla uniformemente al posto di tutti gli altri termini con lo stesso significato che s’incontrano presso i diversi popoli indiani: ciò che essa designa è l’insieme di tutte le differenti modalità della forza psichica e vitale; è dunque pressappoco l’esatto equi­valente del prâna della tradizione indù e del k’i della tradizione estremo-orientale.

sabato 3 dicembre 2016

Apollodoro: Ermes, Zeus e gli inferi

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: http://micheleleone.it/apollodoro-di-ermes-zeus-fa-il-messaggero-suo-e-degli-dei-inferi/

In Apollodoro il legame tra principio ermetico e il ciclo morte-vita iniziatico

La frase di Apollodoro : Di Ermes, Zeus fa il messaggero suo e degli dei inferi. Obbliga alla riflessione sul rapporto tra le forze ctonie o dell’oltremondo e la vita iniziatica. Dovrebbe apparire sempre più evidente da un lato l’identificazione tra Hermes (Ermes) ed Ermete, identificazione basata più sull’analogia che sulla storiografia e dall’altro come il principio ermetico sia in fin dei conti principio primo delle iniziazioni. Della figura di Ermes Ermete ho già detto in altri luoghi, di come possa rappresentare il dio, il principio del limite attraverso l’hérma (sarebbe interessante un approfondimento, una indagine tra hérma e Landamarks), come rappresenti il principio della rottura dei tabù e il tabù più grande che viola è proprio quello del confine tra il mondo dei vivi ed il mondo dei morti.

Ed è Apollodoro a farci sapere che è Zeus a crearlo messaggero degli inferi, Ermes ha la possibilità di viaggiare senza rischio alcuno in quel luogo che era avverso agli dei dell’Olimpo, essi che erano presenti dove era la vita ed assenti ove era la morte. Il buon pastore Ermes, con il bastone dorato donatogli dal fratello Apollo o con il caduceo con cui viene più spesso raffigurato (che siano lo stesso bastone?) percorre cieli e inferi, accompagna le anime, solo dei defunti?

Ogni iniziato è in Hermes, è nel principio ermetico. Questo, il principio con cui vengono regolamentate le scienze ermetiche, spesso in base ad i testi della tradizione alessandrina, esse divengono: l’Alchimia, l’Astrologia e la Magia. Hermes è iniziato e iniziatore, è colui che dona il fuoco agli uomini, il fuoco dei sacrifici, neonato sacrifica due vacche. Quante somiglianze ci potrebbero essere tra la stirpe di Caino ed Ermes.

Già gli inferi, ogni iniziato è un ri-nato, ha fatto del V.I.T.R.I.O.L. una esperienza di vita. Raccontare l’oltremondo non è possibile e l’iniziazione ancora meno, ma bisogna parlarne per combattere la superstizione ed il pregiudizio. Queste poche righe sono al massimo una piccola provocazione o un memento mori per chi ha orecchie per intendere.

Gioia – Salute – Prosperità

martedì 29 novembre 2016

Ulisse, lo sciamano che viaggiò da Troia a Itaca – L’Odissea, ovvero il viaggio avventuroso dell’eroe e della sua anima

Sabato 3 dicembre, alle ore 18, nella Sala Consigliare del Palazzo del Granarone, si svolgerà un interessantissima conferenza dal titolo: “Ulisse, lo sciamano che viaggiò da Troia a Itaca – L’Odissea, ovvero il viaggio avventuroso dell’eroe e della sua anima”.

La conferenza, patrocinata dal Comune di Cerveteri, è organizzata dalla Sezione di Cerveteri del GAR, ed è tenuta da Leonardo Magini, un importante studioso della cultura etrusca e dell’astronomia etrusco-romana, autore di numerosi saggi pubblicati da prestigiose case editrici. L’ingresso è naturalmente gratuito e aperto a tutti.

Si parlerà di una nuova teoria, apprezzata e sostenuta da alcuni studiosi del settore, presidi e rettori di Università italiane, che propone un’interpretazione sciamanica del capolavoro di Omero. Il tema è sicuramente appassionante, e merita di essere seguito e approfondito.

L’esposizione dell’interessante teoria sarà accompagnata da numerose letture dell’attore e regista cervetrano, il maestro Agostino De Angelis, che non perde mai occasione di sostenere con la sua presenza gli eventi culturali che si svolgono nella nostra città.


sabato 26 novembre 2016

SULLE TRACCE DEL SERPENTE PIUMATO: VIAGGIO NELL’ANTICA TERRA DI AZTLAN

Sabato 3 Dicembre 2016 e.v. alle ore 21,15 presso i locali del Centro Studi e Ricerche C.T.A. 102 - Via Don Minzoni 39, Bellinzago Novarese (NO) - nell’ambito delle serate dedicate ai “Dialoghi di Esoterismo”, la nostra Associazione ha il piacere di invitarvi ad una imperdibile serata in compagnia di MARZIO FORGIONE che ci parlerà sul tema:



SULLE TRACCE DEL SERPENTE PIUMATO: VIAGGIO NELL’ANTICA TERRA DI AZTLAN — (Prima Parte)


La conferenza, che si svilupperà in due distinti incontri, presenterà le risultanze di un recente viaggio studio organizzato dal Centro Studi e Ricerche C.T.A 102 nei siti più importanti e misteriosi legati alla nascita del culto del Serpente Piumato, Quetzalcoatl/Kukulcan, una delle principali e fondamentali divinità del pantheon delle culture dell’America Centrale precolombiana. Quando gli spagnoli approdarono sulle coste dell’attuale Messico, molte grandi civiltà di quel continente erano già scomparse. Tuttavia i popoli sopravvissuti all’epoca dei conquistadores spagnoli conservavano ancora i ricordi di antichi avvenimenti, tramandati per lo più oralmente ma, come nel caso dei Maya ed in parte anche degli Aztechi, anche in forma scritta.
Man mano che i conquistadores procedevano nell’invasione e nella sottomissione di quelle culture, venivano scoperti siti monumentali, spesso caratterizzati dalla presenza di piramidi, simili a quelle dell’antico Egitto.
Emblematiche in questo contesto sono le monumentali piramidi di Teotihuacan, nei pressi dell’attuale Città del Messico. Tutt’oggi gli studiosi si interrogano su che davvero le abbia costruite. Quel che è certo, è che quando gli Aztechi si impadronirono del sito, le piramidi già erano lì ed i nuovi occupanti battezzarono quel luogo proprio con questo nome, Teotihuacan, che, in lingua Nahuatl, significa “luogo in cui gli uomini diventano dei”.
Prima dell’arrivo degli Aztechi quel luogo era abitato dai Toltechi, ma anche essi si interrogavano su chi avesse costruito le piramidi.
Da rilevare che i Maya, la cui civiltà si sviluppò molto più a sud, erano sicuramente a conoscenza dell’esistenza di quel luogo.
Tra le raffigurazioni presenti nel sito di Teotihuacan, la più diffusa è quella di Quetzalcoatl, il Serpente piumato, al quale è dedicato anche un tempio.
Questa divinità veniva adorata in quasi tutte le civiltà precolombiane e la sua origine è molto antica.
Il Serpente piumato, il Signore del Sapere, era la divinità che aveva portato la conoscenza agli uomini e dato l’avvio alla civiltà. Quetzalcoatl insegnò agli uomini a misurare il tempo ed a conoscere il corso delle stelle e stabilì il corso dell’anno e delle stagioni; insegnò anche agli uomini l’agricoltura. Secondo la leggenda, Quetzalcoatl scomparve in cielo, ma prima di partire promise che un giorno sarebbe tornato. Questa divinità era adorata con nomi diversi da Olmechi, Mixtechi, Toltechi, Aztechi, Maya e Quichè. In particolare i Maya lo chiamavano Kukulkan, i Quichè Gukumatz, i Toltechi e, successivamente gli Aztechi, come già accennato, Quetzalcoatl.
La seconda parte della conferenza avrà luogo Sabato 17 Dicembre alle ore 21,15.
Ancora una volta il nostro Centro si pregia di invitarvi ad un evento di grande interesse a cui, naturalmente, non dovete assolutamente mancare!
La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando il numero 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it
Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.
Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.

mercoledì 23 novembre 2016

Piramidi e immortalità

A Legnano il prossimo 2 dicembre alle 21 presso Welcome hotel in via Grigna, 14si terrà il convegno "Piramidi e immortalità, magia, regalità e ritualità nell'Antico Regno" tenuto da Giacomo Caviller, importate egittologo italiano:
Ingresso libero


domenica 13 novembre 2016

Il giallo delle stanze segrete nella piramide di Cheope

tratto da Il Giornale del 7-11-2016

Una tecnica innovativa che utilizza particelle subatomiche svela l'ennesimo mistero della tomba del faraone

di Gianluca Grossi

C'è chi pensa che anche girando sottosopra l'Egitto, non verrebbe fuori granché. L'egittologia - scienza che prese piede ufficialmente nel 1809, con la pubblicazione Description de l'Egypte voluta da Napoleone - ha fatto passi da gigante, e tutte le grandi scoperte sembrano ormai appannaggio del passato (o di qualche film alla Indiana Jones).
Non tutti però sono d'accordo. Perché la tecnologia migliora e oggi sono possibili ricerche che anche solo pochi anni fa non potevano essere affrontate. È dunque sulla base di questa considerazione che alcuni scienziati della facoltà di Ingegneria del Cairo, affiancati da esperti del French Hip Institute, affermano di avere portato a termine un grande risultato: l'individuazione di due stanze segrete nella famosa piramide di Cheope.

È una delle costruzioni più note e importanti del panorama artistico egiziano e mondiale. Detta anche Grande Piramide di Giza, risale al 2560 a.C., e rappresenta la tomba del faraone Khufu, appartenente alla IV dinastia, nel Regno Antico. Raggiungeva i 146 metri e fino alla costruzione della cattedrale di Lincoln, in Inghilterra, rappresentò l'edificio più grande del mondo. La struttura architettonica è stata passata al vaglio dello ScanPyramids project, iniziato lo scorso ottobre; e ora in pieno svolgimento per ciò che riguarda altre costruzioni della piana di Giza. Si basa sull'impiego della muografia, tecnica in grado di «leggere» il cammino dei muoni, particelle subatomiche riconducibili ai raggi cosmici che giungono sulla Terra dallo spazio (parte della famiglia dei leptoni, con l'elettrone e i neutrini). «Viaggiano quasi alla velocità della luce, obbedendo a un flusso di circa 10mila metri quadrati al minuto», dicono gli esperti dello ScanPyramids project. «Sono particelle che possono attraversare metri e metri di pietra prima di essere assorbite». Gli scienziati hanno evidenziato delle anomalie strutturali nei pressi di uno dei principali corridoi interni della Grande Piramide e in corrispondenza del crinale nord-est, a circa 105 metri dal suolo; avvalendosi non solo della ricerca «muonica», ma anche dell'azione dei raggi infrarossi e della modellazione in 3D.

Come si intuisce la presenza di camere segrete? I muoni non viaggiano in modo uniforme, e sono pertanto capaci di suggerire le differenze che caratterizzano i materiali che attraversano; possono infatti essere assorbiti, ma anche deviati se finiscono contro una superficie più densa e compatta. Usando questo sistema si può dunque verificare la presenza di vani o zone nascoste che prima d'ora non erano mai venute alla luce. Una teoria, per la verità, che ha ancora bisogno di conferme. E non è un caso che il team abbia deciso di proseguire gli studi per un altro anno, promettendo nuovi risultati nei primi mesi del 2017; sotto la supervisione del Consiglio delle antichità egizie; dunque di Zahi Hawass, autarchico boss dell'egittologia da un ventennio a questa parte.

Il suo parere è ambiguo. Si pronuncia con riserva, dicendo che già in altri casi si erano avuti traguardi simili, senza grandi risultati pratici. Parla, infatti, di «anomalie», non di «cavità». «La piramide presenta al suo interno pietre di varie dimensioni», dice Hawass, «situazione che può portare a interpretare l'esistenza di cavità più grandi del normale».

C'è un caso clamoroso che non ha ancora smesso di fare rumore. Lo scorso anno, infatti, l'egittologo Nicholas Reeves affermò di avere scoperto due camere segrete adiacenti la tomba di Tutankhamon, leggendario faraone bambino della XVIII dinastia. L'intellighenzia scientifica sobbalzò, perché poteva essere davvero stato risolto uno dei più grandi misteri dell'archeologia: il luogo dove è sepolta Nefertiti, bellissima sovrana, moglie di Akhenaton, il faraone che portò in Egitto il monoteismo. «Sono sicuro al 70 per cento che troveremo qualcosa», rivelò Reeves. Ma le cose piano piano si sgonfiarono. Fino alla seconda conferenza annuale su Tutankhamon tenutasi a maggio di quest'anno, che ha del tutto ridimensionato la scoperta: «Non abbiamo prove conclusive», ha rivelato Khaled El-Enany, nuovo ministro egiziano delle Antichità, «sarà la scienza a parlare».

Insomma, in entrambi i casi, Cheope e Tutankhamon, sarà necessario riaggiornarsi per capire fino a che punto la muografia sia attendibile e in che modo sarà possibile ridare lustro ad antichi tesori sepolti. Intanto vale la pena godersi il presente, e ricordare le sagge parole di Mehdi Tayoubi, dell'Hip Institute: «Molti studi condotti in passato non hanno avuto successo, ma hanno senz'altro contribuito a migliorare le nostre conoscenze sul mondo dell'antico Egitto. Così - al di là dei risultati che perverranno - dovrebbe essere interpretato il nostro lavoro: creare delle solidi basi per le missioni scientifiche e archeologiche del futuro».

sabato 5 novembre 2016

I MISTERI DELL’ARCHEOLOGIA EGIZIA

Sabato 12 Novembre 2016 e.v. alle ore 21,15 presso i locali del Centro Studi e Ricerche C.T.A. 102 - Via Don Minzoni 39, Bellinzago Novarese (NO) - nell’ambito delle serate dedicate agli “Incontri con l’Autore”, la nostra Associazione ha il piacere di invitarvi ad un’interessantissima serata in compagnia di MASSIMO BARBETTA IL quale ci parlerà sul tema:

“I MISTERI DELL’ARCHEOLOGIA EGIZIA”.


Gli antichi egizi erano estremamente interessati all'astronomia, che essi ponevano in correlazione con la religione e le manifestazioni dei loro dei. Il loro interesse, tuttavia, in chiave cosmologica, ricadeva su di un'area di cielo relativamente estesa, che comprendeva 2 complete costellazioni zodiacali, e la parte occidentale di una terza costellazione zodiacale. A queste si aggiungevano 1 costellazione posta subito sotto la fascia zodiacale, molto nota al pubblico grazie agli studi di Robert Bauval, e le parti settentrionale di due costellazioni adiacenti poste subito sotto la fascia zodiacale. Gli egizi correlavano tale territorio celeste al concetto delle "Acque celesti" o cosmiche. All'interno di quest'area era precisamente collocato, molto verosimilmente, sia il "Duat" o Regno Infero, associato al Mondo dei Morti, sia il luogo da cui provenivano i loro dei ed a cui essi, tornavano periodicamente, (accompagnando, talvolta, secondo leggende antichissime, il faraone nel loro viaggio). Questo preciso luogo celeste, connesso con la Vita e con la Creazione, era considerato come un "Utero" che apparteneva alla dea del Cielo. I faraoni, nelle loro tombe, onoravano ed adoravano in maniera devota questo specifico luogo celeste, correlato agli stessi dei che da lì provenivano. Questo lontanissimo luogo era raggiunto tramite 3 condotti o corridoi, dalla forma stretta, sinuosa, simile ad un serpente entro cui si muoveva, a velocità folle la barca del dio Ra, per poi arrestarsi un avolta uscita da questto 'tunnel'. Gli antichi egizi dovevano mantenere il più stretto riserbo sul luogo e sulle modalità per raggiungere questo luogo e solo ai faraoni era consentito di poterne parlare, nelle loro tombe, sia pure in forma molto criptata e nascosta, come manifestazioni del loro rapporto elettivo e speciale con i loro dei. I dignitari che ambivano a mostrare il cielo, nelle loro tombe, quando si trovavano in corrispondenza di quest'area di cielo, "Top Secret" o, meglio "Cosmic Secret", dovevano usare criptature ed omissioni secondo un codice ben preciso e regolato, che nascondesse sistematicamente, per rispetto verso gli dei, ogni specifica allusione a queste conoscenze segrete.
Massimo Barbetta (1961) Medico oculista, è appassionato degli studi classici e delle lingue antiche: latino e greco, e, in forma amatoriale, di ebraico e geroglifico. Da oltre 15 anni è cultore della storia medievale, della cultura e delle leggende dei sumeri, dei babilonesi, degli ebrei, dei greci e dei romani. Collaboratore delle riviste “Mystero”, “Archeo-Misteri” ed “UFO-Notiziario”, è membro del “C.I.R.P.E.T.” (Comitato Interdisciplinare per le Ricerche Proto-storiche e Tradizionali) e partecipa da anni, con personali relazioni, a congressi e conferenze su questi temi. Da più di 12 anni si occupa attivamente di ricerche e approfondimenti sulla cultura dell’Antico Egitto e sull’Archeo-Astronomia, avendo pubblicato le sue ricerche in oltre 40 articoli, in questi e altri campi di indagine, sulla rivista “Archeo-Misteri”. È autore del volume “Stargate il Cielo degli Egizi”, Uno Editori.
Ancora una volta il nostro Centro si pregia di invitarvi ad un evento di grande interesse a cui, naturalmente, non dovete assolutamente mancare!
La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando il numero 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it
Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.
Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.