Segnaliamo questo articolo de "Il Giornale" che si occupa di Rolando Pelizza e del caso Majorana:
http://www.ilgiornale.it/news/politica/majorana-visse-convento-sud-italia-ecco-prove-1116241.html
Blog dedicato ai misteri, esoterismo, antiche civiltà, leggende, Graal, Atlantide, ufo, magia
martedì 14 aprile 2015
giovedì 9 aprile 2015
Tra la Squadra e il Compasso
in collaborazione con la rivista Lettera E Spirito: https://letteraespirito.wordpress.com/rene-guenon-tra-la-squadra-e-il-compasso/
René Guénon
Un punto che dà luogo a un accostamento particolarmente notevole tra la tradizione estremo-orientale e le tradizioni iniziatiche occidentali, è quello che concerne il simbolismo del compasso e della squadra: questi, come abbiamo già indicato, corrispondono manifestamente al cerchio e al quadrato [1], ossia alle figure geometriche che rappresentano rispettivamente il Cielo e la Terra [2]. Nel simbolismo massonico, conformemente a questa corrispondenza, il compasso è normalmente posto in alto e la squadra in basso [3]; tra i due è raffigurata generalmente la Stella fiammeggiante, che è un simbolo dell’Uomo [4] e più precisamente dell’“uomo rigenerato” [5], e che completa così la rappresentazione della Grande Triade. Per di più, è detto che «un Maestro Massone si trova sempre tra la squadra e il compasso», ossia nel “luogo” stesso in cui s’inscrive la Stella fiammeggiante, e che è propriamente l’“Invariabile Mezzo” [6]; con ciò il Maestro è dunque assimilato all’“uomo vero”, posto tra la Terra e il Cielo ed esercitante la funzione di “mediatore”; e questo è tanto più esatto in quanto, simbolicamente e “virtualmente” perlomeno, se non effettivamente, la Maestria rappresenta il completamento dei “piccoli misteri”, di cui lo stato dell’“uomo vero” è il termine stesso [7]; si vede che abbiamo qui un simbolismo rigorosamente equivalente a quello da noi incontrato in precedenza, sotto parecchie forme differenti, nella tradizione estremo-orientale.
A proposito di quel che abbiamo appena detto sul carattere della Maestria, faremo incidentalmente un’osservazione: questo carattere, appartenente all’ultimo grado della Massoneria propriamente detta, s’accorda bene con il fatto che, come abbiamo indicato altrove [8], le iniziazioni di mestiere e quelle che ne sono derivate si riferiscono propriamente ai “piccoli misteri”. Bisogna peraltro aggiungere che, in quelli che sono chiamati “alti gradi” e che sono formati da elementi di provenienza abbastanza diversa, vi sono certi riferimenti ai “grandi misteri”, tra i quali ve n’è almeno uno che si ricollega direttamente all’antica Massoneria operativa, il che indica che questa apriva perlomeno certe prospettive su ciò che è oltre il termine dei “piccoli misteri”: vogliamo parlare della distinzione che è fatta, nella Massoneria anglosassone, tra la Square Masonry e l’Arch Masonry. Infatti, nel passaggio “from square to arch”, o, come si diceva in modo equivalente nella Massoneria francese del XVIII secolo, “dal triangolo al cerchio” [9], si ritrova l’opposizione tra le figure quadrate (o più in generale rettilinee) e le figure circolari, in quanto corrispondenti rispettivamente alla Terra e al Cielo; non può quindi trattarsi che di un passaggio dallo stato umano, rappresentato dalla Terra, agli stati sopra-umani, rappresentati dal Cielo (o dai Cieli [10]), ossia di un passaggio dal dominio dei “piccoli misteri” a quello dei “grandi misteri” [11].
Per tornare all’accostamento che segnalavamo all’inizio, dobbiamo ancora dire che, nella tradizione estremo-orientale, il compasso e la squadra non soltanto sono supposti implicitamente come atti a tracciare il cerchio e il quadrato, ma vi appaiono essi stessi espressamente in certi casi, e segnatamente quali attributi di Fo-hi e di Niu-kua, come abbiamo già segnalato in altra occasione [12]; ma allora non abbiamo tenuto conto di una particolarità che, a prima vista, può sembrare un’anomalia a tale riguardo, e che ci resta da spiegare adesso. Infatti, il compasso, simbolo “celeste”, e quindi yang o maschile, appartiene propriamente a Fo-hi, e la squadra, simbolo “terrestre”, e quindi yin o femminile, a Niu-kua; ma, quando sono rappresentati insieme e uniti per le loro code di serpente (corrispondendo così esattamente ai due serpenti del caduceo), è al contrario Fo-hi a portare la squadra e Niu-kua il compasso [13]. Ciò in realtà si spiega con uno scambio paragonabile a quello di cui è stata questione sopra per quanto concerne i numeri “celesti” e “terrestri”, scambio che, in simili casi, si può qualificare assai propriamente come “ierogamico” [14]; non si vede come, senza un simile scambio, il compasso potrebbe appartenere a Niu-kua, tanto più che le azioni che le sono attribuite la rappresentano soprattutto nell’esercizio della funzione d’assicurare la stabilità del mondo [15], funzione che si riferisce bene al lato “sostanziale” della manifestazione, e che la stabilità è espressa nel simbolismo geometrico dalla forma cubica [16]. Per contro, in un certo senso, la squadra appartiene proprio a Fo-hi in quanto “Signore della Terra”, che essa gli serve a misurare [17], e, sotto quest’aspetto, egli corrisponde, nel simbolismo massonico, al “Venerabile Maestro che governa con la squadra” (the Worshipful Master who rules by the square [18]); ma, se è così, è che, in se stesso e non più nella sua relazione con Niu-kua, egli è yin-yang in quanto reintegrato nello stato e nella natura dell’“uomo primordiale”. Sotto questo nuovo rapporto, la stessa squadra prende un altro significato, giacché, dal fatto che è formata da due bracci rettangolari, si può allora considerarla come la riunione dell’orizzontale e della verticale, che, in uno dei loro sensi, corrispondono rispettivamente, come abbiamo visto in precedenza, alla Terra e al Cielo, come pure allo yin e allo yang in tutte le loro applicazioni; ed è peraltro così che, nel simbolismo massonico ancora, la squadra del Venerabile è considerata infatti come l’unione o la sintesi della livella e del filo a piombo [19].
Aggiungeremo un’ultima osservazione per quanto concerne la raffigurazione di Fo-hi e di Niu-kua: il primo è posto a sinistra e la seconda a destra , il che corrisponde bene alla preminenza che la tradizione estremo-orientale attribuisce abitualmente alla sinistra sulla destra [20], e di cui abbiamo dato la spiegazione sopra [21]. Allo stesso tempo, Fo-hi regge la squadra con la mano sinistra, e Niu-kua regge il compasso con la mano destra; qui, dato il rispettivo significato degli stessi compasso e squadra, occorre ricordarsi di queste parole che abbiamo già riportato: «La Via del Cielo preferisce la destra, la Via della Terra preferisce la sinistra» [22]. Si vede perciò molto nettamente, in un siffatto esempio, che il simbolismo tradizionale è sempre perfettamente coerente, ma anche che esso non saprebbe prestarsi ad alcuna “sistematizzazione” più o meno ristretta, poiché deve rispondere alla moltitudine dei diversi punti di vista sotto i quali le cose possono essere considerate, e che è per questo che esso apre possibilità di concezione realmente illimitate.
R. Guénon, La Grande Triade, Revue de la Table Ronde, Paris/Nancy, 1946, cap. XV.
1. Faremo notare che, in inglese, la stessa parola square designa allo stesso tempo la squadra e il quadrato; in cinese ugualmente, la parola fang ha i due significati.
2. Il modo in cui il compasso e la squadra sono disposti uno rispetto all’altra, nei tre gradi della Craft Masonry,
mostra gli influssi celesti prima dominati dagli influssi terrestri,
poi liberandosene gradualmente e finendo per dominarli a loro volta.
3. Quando questa
posizione è invertita, il simbolo prende un particolare significato che
dev’essere accostato all’inversione del simbolo alchemico dello Zolfo
per rappresentare il compimento della “Grande Opera”, come pure al
simbolismo della 12a lamina dei Tarocchi.
4. La Stella
fiammeggiante è una stella a cinque branche, e 5 è il numero del
“microcosmo”; quest’assimilazione è peraltro indicata espressamente nel
caso in cui la figura stessa dell’uomo è rappresentata nella stella (la
testa, le braccia e le gambe identificandosi alle sue cinque branche),
come si vede segnatamente nel pentagramma di Agrippa.
5. Secondo un
antico rituale, «la Stella fiammeggiante è il simbolo del Massone (si
potrebbe dire più generalmente dell’Iniziato) risplendente di luce in
mezzo alle tenebre (del mondo profano)». – Vi è qui un’evidente
allusione a queste parole del Vangelo di san Giovanni (I, 5): «Et Lux in tenebris lucet, et tenebræ eam non comprehenderunt».
7. In rapporto con la formula massonica che abbiamo appena citato, si può notare che l’espressione cinese “sotto il Cielo” (Tien-hia),
che abbiamo già menzionato e che designa l’insieme del Cosmo, è
suscettibile d’assumere, dal punto di vista propriamente iniziatico, un
particolare senso, corrispondente al “Tempio dello Spirito Santo, che è
dappertutto”, e dove si riuniscono i Rosa-Croce, che sono anche gli
“uomini veri” (cf. Aperçus sur l’Initiation, cap. XXXVII e
XXXVIII). A questo proposito ricorderemo anche che “il Cielo copre”, e
che precisamente i lavori massonici devono effettuarsi “al coperto”, la
Loggia essendo d’altronde un’immagine del Cosmo (cf. Le Roi du Monde, cap. VII).
9. Il triangolo
tiene qui il posto del quadrato, essendo come lui una figura rettilinea,
e ciò non cambia niente nel simbolismo di cui si tratta.
10. A rigore, non
si tratta qui degli stessi termini che sono così designati nella Grande
Triade, ma di qualcosa che vi corrisponde a un certo livello e che è
compreso all’interno dell’Universo manifestato, come nel caso del Tribhuvana,
ma con questa differenza che la Terra, in quanto rappresenta lo stato
umano nella sua integralità, dev’essere considerata come comprendente
allo stesso tempo la Terra e l’Atmosfera o “regione intermedia” del Tribhuvana.
11. La volta
celeste è la vera “volta di perfezione” cui si fa allusione in certi
gradi della Massoneria scozzese; speriamo peraltro di poter sviluppare
in un altro studio le considerazioni di simbolismo architettonico che si
riferiscono a questa questione.
13. Per contro, una simile inversione degli attributi non esiste nella raffigurazione del Rebis
ermetico, in cui il compasso è tenuto dalla metà maschile, associata al
Sole, e la squadra dalla metà femminile, associata alla Luna. – A
proposito delle corrispondenze del Sole e della Luna, ci si potrà
riferire qui a quanto abbiamo detto in una nota precedente a proposito
dei numeri 10 e 12, e anche, d’altra parte, alle parole della Tabula Smaragdina: «Il Sole è suo padre, la Luna è sua madre», che si riferiscono precisamente al Rebis
o all’“Androgino”, questo essendo la “cosa unica” nella quale sono
riunite le “virtù del Cielo e della Terra” (unica in effetti nella sua
essenza, sebbene doppia, res bina, quanto ai suoi aspetti
esteriori, come la forza cosmica di cui abbiamo parlato sopra e che
richiamano simbolicamente le code di serpente nella raffigurazione di
Fo-hi e di Niu-kua).
14. Il sig. Granet riconosce espressamente questo scambio per il compasso e la squadra (La Pensée chinoise,
p. 363) come pure per i numeri dispari e pari; ciò avrebbe dovuto
evitargli l’increscioso errore di qualificare il compasso un “emblema
femminile” come egli fa in altra parte (nota della p. 267)..
16.
All’inversione degli attributi tra Fo-hi e Niu-kua si può accostare il
fatto che, nella 3a e 4a lamina dei Tarocchi, un simbolismo celeste
(stelle) è attribuito all’Imperatrice e un simbolismo terrestre (pietra
cubica) all’Imperatore; inoltre, numericamente e per il rango di queste
due lamine, l’Imperatrice risulta essere in corrispondenza con il 3,
numero dispari, e l’Imperatore con il 4, numero pari, il che riproduce
ancora la stessa inversione.
17. Ritorneremo più avanti su questa misura della Terra, a proposito della disposizione del Ming-tang.
18. L’Impero
organizzato e retto da Fo-hi e dai suoi successori era costituito in
modo da essere, come la Loggia nella Massoneria, un’immagine del Cosmo
nel suo insieme.
19. La livella e
il filo a piombo sono i rispettivi attributi dei due Sorveglianti
(Wardens), e sono con ciò messi in diretta relazione con i due termini
del complementarismo rappresentato dalle due colonne del Tempio di
Salomone. – È opportuno rilevare ancora che, mentre la squadra di Fo-hi
sembra essere a bracci uguali, quella del Venerabile deve al contrario
avere regolarmente dei bracci disuguali; questa differenza può
corrispondere, in modo generale, a quella delle forme del quadrato e di
un rettangolo più o meno allungato; ma, inoltre, la disuguaglianza dei
bracci della squadra si riferisce più precisamente a un “segreto” della
Massoneria operativa concernente la formazione del triangolo rettangolo i
cui lati siano rispettivamente proporzionali ai numeri 3, 4 e 5,
triangolo di cui d’altronde ritroveremo il simbolismo nel seguito del
presente studio.
20. In questo caso, si tratta naturalmente della destra e della sinistra degli stessi personaggi, e non di quelle dello spettatore.
sabato 4 aprile 2015
Dante esoterico
Segnaliamo questa interessante recensione al libro "Evola e Dante. Ghibellinismo ed esoterismo" di Sandro Consolato, che si occcupa del Dante segreto con la prospettiva del grande esoterista Julius Evola:
http://www.ilfoglio.it/cultura/2015/04/02/limperialismo-esoterico-di-un-fedele-damore-che-devi-tra-feltro-e-feltro___1-v-127358-rubriche_c656.htm
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domenica 15 marzo 2015
La simbologia del cuore e la leggenda del Graal
di Vito Foschi
Il geroglifico egizio che indica il cuore è
costituito da un piccolo vaso e per gli antichi egizi il cuore era la
sede dell’anima(1); alla morte il cuore veniva pesato dal dio Anubi(2) e
da questa pesa veniva decisa la sorte dell’anima del defunto.
Geroglifico egizio rappresentante il cuore
Il testo da cui inizia la leggenda del Graal, è
il Perceval di Chrétien de Troyes. In tale racconto, il Graal non ha
ancora una forma definita. Viene descritto come preziosissimo, fatto in
oro e tempestato di pietre preziose. Non si accenna alla sua forma, si
intuisce che è un contenitore perché "il giovane non domanda a chi lo si
serva" e poco dopo "Ma non sa a chi lo si serva". Il Graal viene
portato in processione e viene preceduto da altri oggetti simbolici, tra
cui la lancia sanguinante. Già in questo primo racconto si fa accenno
al sangue. In un passo successivo Perceval incontra lo zio Eremita che
gli spiega il significato del Graal. Il Graal serve l’ostia, unico
nutrimento da dodici anni, al padre del Re Pescatore. Da questo
riferimento eucaristico è quasi immediato pensare al Graal come ad un
calice.
Dopo pochi anni dalla diffusione dell’opera di
Chrétien, Robert de Boron con il suo Giuseppe d’Arimatea spiega
l’origine del Graal identificandolo con il calice dell’Ultima Cena che
poi serve a Giuseppe d’Arimatea per raccogliere il sangue sgorgato dalle
ferite di Cristo in croce.
Questa versione del calice contenente sangue fa
tornare in mente il geroglifico egizio del cuore, ed è facile
identificare il Graal al cuore.
Il calice di Cristo contiene il sangue di Cristo
in due modi diversi: nel corso dell’Ultima Cena, quando il vino è il Suo
sangue e successivamente quando è raccolto dal Suo corpo sulla croce.
Ricordiamo anche il simbolo del Cristo come un
pellicano che si strappa il cuore per nutrire o ridare vita ai figli.(3)
Il collegamento col simbolo cristiano del Sacro Cuore di Gesù è
evidente.
Citiamo un passo di un articolo in cui si discute
sul significato simbolico del cuore:"Il simbolo del cuore indica il
centro dell’essere, il luogo in cui si svelano i significati profondi,
al di là delle connessioni stabilite dalla razionalità."(4)
Riportiamo un passo di un librino dedicato al
Sacro Cuore di Gesù, che mette in evidenza come anche nella tradizione
cattolica il cuore è associato al centro dell’essere:"È il nostro centro
nascosto, irraggiungibile dalla nostra ragione e dagli altri; solo lo
Spirito di Dio può scrutarlo o conoscerlo. È il luogo della decisione,
che sta nel più profondo delle nostre facoltà psichiche. È il luogo
della verità, là dove scegliamo la vita o la morte. È il luogo
dell’incontro, poiché, ad immagine di Dio, viviamo in relazione: è il
luogo dell’Alleanza". E ribadisce al n. 368: "La tradizione spirituale
della Chiesa insiste anche sul cuore, nel senso biblico di ‘profondità
dell’essere’, dove la persona si decide o no per Dio".
Dio parla al cuore dell’uomo, il centro
dell’essere, non al suo orecchio, non alla sua mente. Si legga il
seguente passo della Bibbia:"Anzi, questa (sua) parola è molto vicina a
te, è nella tua bocca e nel tuo cuore"(Dt 30,14).
Si noti lo stesso significato nella seguente
citazione:"Il termine arabo per indicare il cuore è, Qalb, che indica
l’atto di ricevere ‘da bocca ad orecchio’ (da cui Qabbalah), e significa
un’intuizione intellettuale, che è prima di tutto un ascoltare."(5)
Un’altra assonanza tra cuore e coppa si ritrova
nella tradizione islamica quando paragona il cuore dell’arif(il saggio,
l’iniziato) ad una coppa contenente potenza e sapienza.
Il simbolo del cuore ha quindi un profondo
significato spirituale. Rappresenta il centro dell’essere, la sua anima
ed il luogo dell’"incontro" e dell’"Alleanza".
In questa accezione la cerca del Graal è una
ricerca eminentemente spirituale e i luoghi che attraversa il cavaliere
non sono luoghi fisici, ma luoghi dell’anima. Alcuni episodi delle
avventure dei cavalieri partiti alla ricerca del Graal, sono palesemente
delle prove dello spirito perché si trovano ad affrontare demoni o
sortilegi approntati dal Demonio. Il pericolo di perdersi prima del
raggiungimento della meta, è il pericolo di perdere la via che porta a
Dio. Non a caso gli eroi si muovono senza un’apparente via da seguire
come se fossero in un labirinto, quei labirinti che ricoprono il
pavimento di alcune cattedrali medievali che stanno lì a simboleggiare
il percorso dell’anima deve affrontare per raggiungere la grazia di Dio.
Inoltre il simbolo del cuore è equivalente a
quello del sole. Il primo centro dell’essere, il secondo centro del
cielo. Tutte e due simboli positivi della vita. Il sole ha un ulteriore
aspetto: è il simbolo della regalità. Il re come centro del regno da cui
tutto dipende tutto. I suoi raggi arrivano ovunque a portare la sua
presenza. È naturale pensare a Luigi XIV, detto Re Sole, ed al suo
motto: "Io sono lo stato".
Nel Perlesvaus, romanzo anonimo ma di area
cistercense, Parsifal recupera il Graal diventando Re del Graal e
divenendone custode. I due significati si sommano: il cuore puro
permette la conquista del centro.
Note
- "…Thoth aveva la testa di un ibis perché l’uccello, quando piegava l’ala, assumeva la forma di un cuore, la sede della vita e della vera intelligenza." Peter Tompkins – "La magia degli obelischi" – Marco Tropea Editore 2001;
- La stessa funzione nella tradizione ebraica è attribuita all’angelo Mikael, divenuto il nostro S. Michele arcangelo. Un suo attributo è proprio la bilancia; anche nell’iconografia cristiana del Giudizio Universale è raffigurato con spada e bilancia, attributi della giustizia;
- J. L. Borges e M. Guerriero – "Manuale di zoologia fantastica" – Einaudi 1998;
- G.C. – "Il simbolo del cuore", da Massoneria Oggi – n. 2 – luglio 1994 – Soc. Erasmo Roma; reperibile nel sito di Esoteria al seguente indirizzo: http://www.esoteria.org/;
- Ibidem.
domenica 1 marzo 2015
I Catari, il Vaticano e l'11 settembre all'ennesima potenza
tratto da Il Giornale del 19/02/2015
di Gianfranco de Turris
di Gianfranco de Turris
Ma
che vuol dire il titolo Undicimila settembre (Fratini Editore, pagg.
192, euro 16, anche in formato elettronico) che campeggia sulla
copertina dell'ultimo romanzo di Pierfrancesco Prosperi? Terminato il
libro lo si può ritenere un titolo simbolico: l'attentato dell'11
settembre, il più clamoroso di sempre, portato all'ennesima potenza in
una diversa linea temporale rispetto alla nostra.
Il romanzo dimostra molte cose. La prima che è possibile scrivere una storia avvincente, piena di tensione, ben congegnata, originale in meno di 400 o 500 pagine. La seconda è che si può essere innovativi in un genere consunto e abusato come il thriller, ben miscelando «generi» diversi: il poliziesco (l'indagine), l'ucronia (la vicenda non si svolge nella realtà che conosciamo), il fantastico (il sovrannaturale), lo storico (un complotto religioso che parte da molto lontano). La terza che l'ambientazione «vaticana» non deve per forza essere quella famigerata e malamente scopiazzata «alla Dan Brown». Insomma, Prosperi continua a essere uno dei più validi, se non il più valido, scrittore italiano dell'Immaginario (fantascienza, fantastico, orrore ecc.). L'architetto-scrittore è sulla breccia da 55 anni, avendo esordito quindicenne nel '60 sulle pagine della pionieristica rivista romana Oltre il cielo , e ha alle spalle una carriera con una quindicina di romanzi e almeno centocinquanta racconti, il meglio dei quali riunito in Il futuro è passato (Bietti, 2013). Undicimila settembre è la storia del più grande attentato di tutti i tempi che si svolge in una realtà diversa. Sino alle ore 12 e 42 di venerdì 8 aprile 2005 la storia è quella che noi abbiano conosciuto. Da quel momento in poi tragicamente cambia. E il recensore viene messo a dura prova nel dover parlare della trama senza dire di cosa si tratti esattamente, altrimenti la curiosità del lettore sarebbe delusa. Perché una delle caratteristiche di questo romanzo è il progressivo aumento della tensione: a momenti di accelerazione seguono momenti di pause in apparenza descrittive e divaganti, ma utili all'economia della storia.
Tutto comincia con il ritrovamento del cadavere di un uomo nel Tevere. Incaricato delle indagine è il vicecommissario Renato Faranda. Al primo morto se ne aggiungono altri due, l'ultimo dei quali scrive con il proprio sangue la parola PERFAI, che sta per perfait , perfetto, uno dei gradi del catarismo. Contemporaneamente, a monsignor Domenico Aldobrandi, che fa parte dell'Entità, il servizio segreto vaticano, incaricato di indagare sui fenomeni paranormali, arrivano le segnalazioni di una serie di visioni apocalittiche a occhi aperti avute da cinque monaci e monache sparsi in conventi italiani. Le due questioni si intrecciano, sino a che, dopo altre morti atroci, Faranda scopre che è in atto un complotto contro la Chiesa da parte di una setta di Catari dei nostri giorni, occulti e sommersi, i quali quasi fossero manovrati dal Maligno, vogliono dare un colpo mortale all'istituzione che cercò di cancellarli dalla storia sette secoli prima.
L'interpretazione che Prosperi dà delle famose Profezie di Malachia è diversa dal solito: l'ultimo Papa, il famoso Pietro Romano, che si metterà a capo del proprio gregge in un momento di catastrofi e persecuzioni, sarà chi porterà la Chiesa verso una nuova rinascita superando l'Apocalisse.
Il romanzo dimostra molte cose. La prima che è possibile scrivere una storia avvincente, piena di tensione, ben congegnata, originale in meno di 400 o 500 pagine. La seconda è che si può essere innovativi in un genere consunto e abusato come il thriller, ben miscelando «generi» diversi: il poliziesco (l'indagine), l'ucronia (la vicenda non si svolge nella realtà che conosciamo), il fantastico (il sovrannaturale), lo storico (un complotto religioso che parte da molto lontano). La terza che l'ambientazione «vaticana» non deve per forza essere quella famigerata e malamente scopiazzata «alla Dan Brown». Insomma, Prosperi continua a essere uno dei più validi, se non il più valido, scrittore italiano dell'Immaginario (fantascienza, fantastico, orrore ecc.). L'architetto-scrittore è sulla breccia da 55 anni, avendo esordito quindicenne nel '60 sulle pagine della pionieristica rivista romana Oltre il cielo , e ha alle spalle una carriera con una quindicina di romanzi e almeno centocinquanta racconti, il meglio dei quali riunito in Il futuro è passato (Bietti, 2013). Undicimila settembre è la storia del più grande attentato di tutti i tempi che si svolge in una realtà diversa. Sino alle ore 12 e 42 di venerdì 8 aprile 2005 la storia è quella che noi abbiano conosciuto. Da quel momento in poi tragicamente cambia. E il recensore viene messo a dura prova nel dover parlare della trama senza dire di cosa si tratti esattamente, altrimenti la curiosità del lettore sarebbe delusa. Perché una delle caratteristiche di questo romanzo è il progressivo aumento della tensione: a momenti di accelerazione seguono momenti di pause in apparenza descrittive e divaganti, ma utili all'economia della storia.
Tutto comincia con il ritrovamento del cadavere di un uomo nel Tevere. Incaricato delle indagine è il vicecommissario Renato Faranda. Al primo morto se ne aggiungono altri due, l'ultimo dei quali scrive con il proprio sangue la parola PERFAI, che sta per perfait , perfetto, uno dei gradi del catarismo. Contemporaneamente, a monsignor Domenico Aldobrandi, che fa parte dell'Entità, il servizio segreto vaticano, incaricato di indagare sui fenomeni paranormali, arrivano le segnalazioni di una serie di visioni apocalittiche a occhi aperti avute da cinque monaci e monache sparsi in conventi italiani. Le due questioni si intrecciano, sino a che, dopo altre morti atroci, Faranda scopre che è in atto un complotto contro la Chiesa da parte di una setta di Catari dei nostri giorni, occulti e sommersi, i quali quasi fossero manovrati dal Maligno, vogliono dare un colpo mortale all'istituzione che cercò di cancellarli dalla storia sette secoli prima.
L'interpretazione che Prosperi dà delle famose Profezie di Malachia è diversa dal solito: l'ultimo Papa, il famoso Pietro Romano, che si metterà a capo del proprio gregge in un momento di catastrofi e persecuzioni, sarà chi porterà la Chiesa verso una nuova rinascita superando l'Apocalisse.
domenica 22 febbraio 2015
I misfatti della psicanalisi
in collaborazione con Lettera e Spirito
tratto da https://letteraespirito.wordpress.com/rene-guenon-i-misfatti-della-psicanalisi/
di René Guénon
tratto da https://letteraespirito.wordpress.com/rene-guenon-i-misfatti-della-psicanalisi/
di René Guénon
Se dalla filosofia passiamo alla psicologia,
costatiamo che le stesse tendenze vi appaiono, nelle scuole più
recenti, sotto un aspetto ben più pericoloso ancora, giacché, invece di
tradursi in semplici assunti teorici, esse vi trovano un’applicazione
pratica con un carattere decisamente inquietante; i più
“rappresentativi” di questi nuovi metodi, dal punto di vista da cui ci
poniamo, sono quelli conosciuti sotto la designazione generale di
“psicanalisi”. È d’altronde opportuno rilevare che, per una strana
incoerenza, questa manipolazione d’elementi che appartengono
incontestabilmente all’ordine sottile continua tuttavia ad
accompagnarsi, presso molti psicologi, a un atteggiamento materialista,
dovuto senza dubbio all’educazione pregressa, e anche alla loro
ignoranza della vera natura di questi elementi che essi mettono in gioco
[1];
uno dei caratteri più singolari della scienza moderna non è forse
quello di non sapere mai esattamente con che ha realmente a che fare,
anche quando si tratta semplicemente di forze del dominio corporeo?
Ovviamente, peraltro, una certa “psicologia da laboratorio”, risultato
del processo di limitazione e di materializzazione nel quale la
psicologia “filosofico-letteraria” dell’insegnamento universitario non
rappresentava che uno stadio meno avanzato, e che non è più realmente
che una sorta di branca accessoria della fisiologia, coesiste sempre con
le teorie e i metodi nuovi; ed è a quella che si applica ciò che
abbiamo detto precedentemente dei tentativi fatti per ridurre la stessa
psicologia a una scienza quantitativa.
Vi è certamente ben più di una semplice
questione di vocabolario nel fatto, assai significativo in sé, che la
psicologia attuale non consideri altro che il “subconscio”, e non il
“superconscio” che dovrebbe esserne logicamente il correlativo; si
tratta, senza dubbio, dell’espressione di un’estensione che s’opera
unicamente verso il basso, ossia il lato che corrisponde, qui
nell’essere umano come altrove nell’ambiente cosmico, alle “fenditure”
attraverso le quali penetrano le influenze più “malefiche” del mondo
sottile, potremmo anche dire quelle aventi un carattere veramente e
letteralmente “infernale” [2].
Certuni adottano anche, come sinonimo o equivalente di “subconscio”, il
termine “inconscio”, che, preso alla lettera, sembrerebbe riferirsi a
un livello ancora inferiore, ma che, a dire il vero, corrisponde meno
esattamente alla realtà; se ciò di cui si tratta fosse veramente
inconscio, non vediamo neppure bene come sarebbe possibile parlarne,
soprattutto in termini psicologici; e peraltro in virtù di che, se non
di un semplice pregiudizio materialista o meccanicistico, si dovrebbe
ammettere che esista realmente qualcosa d’inconscio? Comunque, ciò che è
ancora degno di nota, è la strana illusione per cui gli psicologi
arrivano a considerare degli stati tanto più “profondi” quanto più sono
semplicemente inferiori; non v’è forse già in questo un indizio della
tendenza ad andare contro alla spiritualità, che sola può esser detta
veramente profonda, perché essa sola è inerente al principio e al centro
stesso dell’essere? D’altra parte, poiché il dominio della psicologia
non s’è esteso verso l’alto, il “superconscio”, naturalmente, le rimane
completamente estraneo e del tutto precluso; e, quando le accade di
venire in contatto con qualcosa che vi si riferisce, essa pretende
puramente e semplicemente di annetterlo assimilandolo al “subconscio”;
tale è, segnatamente, il carattere pressoché costante delle sue presunte
spiegazioni concernenti cose quali la religione, il misticismo, e anche
certi aspetti delle dottrine orientali come lo Yoga; e, in
questa confusione del superiore con l’inferiore, c’è già qualcosa che
può essere propriamente considerato come una vera sovversione.
Notiamo anche che, con il richiamo al
“subconscio”, la psicologia, come del resto la “nuova filosofia”, tende
sempre più a congiungersi con la “metapsichica” [3];
e, nella stessa misura, si avvicina inevitabilmente, sebbene forse
senza volerlo (almeno per quei suoi rappresentanti che intendono
rimanere materialisti malgrado tutto), allo spiritismo e altre cose più o
meno simili, che tutte s’appoggiano, in definitiva, sugli stessi oscuri
elementi dello psichismo inferiore. Se queste cose, dall’origine e dal
carattere più che sospetti, appaiono come movimenti “precursori” e
alleati della psicologia recente, e se questa arriva, sia pure per un
cammino indiretto, ma proprio per ciò più comodo di quello della
“metapsichica” che è ancora posta in discussione in certi ambienti, a
introdurre gli elementi in questione nel dominio corrente della
cosiddetta scienza “ufficiale”, è molto difficile pensare che il vero
ruolo di questa psicologia, nelle attuali condizioni del mondo, possa
essere altro che quello di concorrere attivamente alla seconda fase
dell’azione antitradizionale. A questo proposito, la pretesa della
psicologia ordinaria, poco sopra segnalata, d’annettersi, facendole
rientrare a forza nel “subconscio”, certe cose che per la loro stessa
natura le sfuggono completamente, si riallaccia ancora, nonostante il
suo carattere abbastanza nettamente sovversivo, a quello che potremmo
chiamare il lato infantile di tale ruolo, giacché le spiegazioni di
questo genere, così come le spiegazioni “sociologiche” di queste stesse
cose, sono, in fondo, di un’ingenuità “semplicistica” da sconfinare
talvolta nella stupidità; in ogni caso, ciò è incomparabilmente meno
grave, quanto alle conseguenze effettive, del lato veramente “satanico”
che dobbiamo ora esaminare in modo più preciso per quanto concerne la
nuova psicologia.
Questo carattere “satanico” appare con una
nettezza tutta particolare nelle interpretazioni psicanalitiche del
simbolismo, o di quanto è preso per tale a torto o a ragione; facciamo
questa restrizione perché, su questo punto come su tanti altri, se si
volesse entrare nel dettaglio, vi sarebbero molte distinzioni da fare e
numerose confusioni da dissipare: così, solo per prendere un esempio
tipico, un sogno nel quale s’esprime qualche ispirazione “sopra-umana” è
veramente simbolico, mentre un sogno ordinario non lo è per nulla, a
prescindere dalle apparenze esteriori. Ovviamente gli psicologi delle
scuole anteriori molto spesso avevano già tentato, anch’essi, di
spiegare il simbolismo a modo loro e di ricondurlo alla misura delle
proprie concezioni; in tal caso, se si tratta veramente di simbolismo,
queste spiegazioni con elementi d’ordine puramente umano, come sempre
avviene quando siano in gioco cose d’ordine tradizionale, disconoscono
quel che ne costituisce tutto l’essenziale; se al contrario si tratta
realmente solo di cose umane, non è altro che un falso simbolismo, ma il
fatto stesso di designarlo con questo nome comporta ancora lo stesso
errore circa la natura del vero simbolismo. Ciò vale egualmente per le
considerazioni cui si abbandonano gli psicanalisti, ma con la differenza
che allora non è più soltanto d’umano che bisogna parlare, ma anche, in
larga parte, d’“infra-umano”; si è dunque questa volta in presenza, non
più d’un semplice abbassamento, ma d’una sovversione totale; e ogni
sovversione, anche se non è dovuta, immediatamente almeno, che
all’incomprensione e all’ignoranza (che sono peraltro quanto di meglio
si presti a essere sfruttato per un tale uso), è pur sempre, in se
stessa, propriamente “satanica”. Del resto, il carattere generalmente
ignobile e ripugnante delle interpretazioni psicanalitiche costituisce, a
questo proposito, un “marchio” che non lascia dubbi; e ciò che è ancora
particolarmente significativo dal nostro punto di vista, è che, come
abbiamo mostrato altrove [4],
questo stesso “marchio” si ritrova precisamente anche in certe
manifestazioni dello spiritismo; occorrerebbe sicuramente una forte dose
di buona volontà, se non una completa cecità, per non vedervi ancora
nient’altro che una semplice “coincidenza”. Naturalmente gli
psicanalisti possono, nella maggioranza dei casi, essere incoscienti
quanto gli spiritisti di quel che realmente sta sotto a tutto ciò; ma
gli uni e gli altri appaiono egualmente come “diretti” da una volontà
sovversiva che utilizza in entrambi i casi elementi dello stesso ordine,
se non esattamente identici, volontà che, qualunque siano gli esseri in
cui si incarna, è almeno lei certamente ben cosciente presso di loro, e
risponde a delle intenzioni senza dubbio molto diverse da tutto quello
che possono immaginare coloro che sono solamente gli strumenti
incoscienti attraverso i quali si esercita la loro azione.
In queste condizioni, è più che evidente lo
scopo principale della psicanalisi, che è la sua applicazione
terapeutica, non può che essere estremamente pericolosa sia per chi vi
si sottopone, e anche per chi l’esercita, poiché queste cose sono di
quelle che non si maneggia mai impunemente; non sarebbe esagerato
vedervi uno dei mezzi specialmente attuati per accrescere il più
possibile lo squilibrio del mondo moderno e condurlo verso la
dissoluzione finale [5].
Coloro che praticano questi metodi, non ne dubitiamo, sono al contrario
ben persuasi del beneficio dei loro risultati; ma è proprio grazie a
questa illusione che la loro diffusione è resa possibile, ed è qui che
si può cogliere tutta la differenza esistente tra le intenzioni di
questi “praticoni” e la volontà che presiede all’opera di cui essi non
sono che ciechi collaboratori. In realtà, la psicanalisi non può avere
se non l’effetto di portare alla superficie, rendendolo chiaramente
cosciente, tutto il contenuto di quei “bassifondi” dell’essere che
formano quel che viene chiamato propriamente il “subconscio”;
quest’essere, peraltro, è già per ipotesi psichicamente debole, poiché,
se fosse altrimenti, non proverebbe affatto il bisogno di ricorrere a
una trattamento di tal sorta; egli è quindi ancor più incapace di
resistere a questa “sovversione”, e rischia seriamente di affondare
irrimediabilmente nel caos delle forze tenebrose imprudentemente
scatenate; se anche riuscisse nonostante tutto a sfuggirvi, ne
conserverà tuttavia, per tutta la vita, un’impronta che sarà in lui come
una “macchia” indelebile.
Sappiamo bene quel che certuni potrebbero
qui obiettare invocando una similitudine con la “discesa agli Inferi”,
quale s’incontra nelle fasi preliminari del processo iniziatico; ma una
tale assimilazione è completamente falsa, poiché il fine non ha nulla in
comune, non più d’altronde delle condizioni del “soggetto” nei due
casi; si potrebbe solo parlare di una sorta di parodia profana, e questo
già basterebbe a conferire a tutto ciò un carattere di “contraffazione”
piuttosto inquietante. La verità è che questa pretesa “discesa agli
Inferi”, che non è seguita da nessuna “risalita”, è semplicemente una
“caduta nel pantano”, seguendo il simbolismo usitato in certi Misteri
dell’antichità; è noto che questo “pantano” era segnatamente raffigurato
lungo la strada che conduceva a Eleusi, e coloro che vi cadevano erano
dei profani che pretendevano all’iniziazione senza essere qualificati a
riceverla, e che dunque erano vittime solo della loro imprudenza.
Aggiungeremo solo che “pantani” del genere esistono veramente sia
nell’ordine macrocosmico sia in quello microcosmico; ciò si riallaccia
direttamente alla questione delle “tenebre esteriori” [6],
e si potrebbero ricordare, a questo proposito, certi testi evangelici
il cui senso concorda esattamente con quanto abbiamo appena indicato.
Nella “discesa agli Inferi”, l’essere esaurisce definitivamente certe
possibilità inferiori per potersi quindi elevare agli stati superiori;
nella “caduta nel pantano”, le possibilità inferiori s’impadroniscono al
contrario di lui, lo dominano e finiscono per sommergerlo
completamente.
Anche qui abbiamo parlato di
“contraffazione”; questa impressione è grandemente rafforzata da altre
constatazioni, come quella della snaturazione del simbolismo che abbiamo
segnalato, snaturazione che tende d’altronde a estendersi a tutto
quello che comporta essenzialmente degli elementi “sopra-umani”, come
dimostra l’atteggiamento assunto nei confronti della religione [7], e anche delle dottrine d’ordine metafisico e iniziatico come lo Yoga,
che non sfuggono di più a questo nuovo genere d’interpretazione, al
punto che certuni arrivano ad assimilare i loro metodi di
“realizzazione” spirituale ai procedimenti terapeutici della
psicanalisi. Vi è in ciò qualcosa di ancor peggiore delle deformazioni
più grossolane in voga egualmente in Occidente, come quella che vuole
vedere nei metodi dello Yoga una sorta di “cultura fisica” o di
terapia d’ordine semplicemente fisiologico, poiché queste sono, per la
loro stessa grossolanità, meno pericolose di quelle che si presentano
sotto parvenze più sottili. La ragione non è solo che queste ultime
rischiano di sedurre delle menti sulle quali le altre non saprebbero
avere alcuna presa; questa ragione esiste sicuramente, ma ce n’è
un’altra, di portata molto più generale, che è quella stessa per cui le
concezioni materialiste, come abbiamo spiegato, sono meno pericolose di
quelle che fanno appello allo psichismo inferiore. Beninteso, il fine
puramente spirituale, che solo costituisce essenzialmente lo Yoga
come tale, e in difetto del quale l’impiego stesso di tale termine non è
che una vera derisione, è completamente misconosciuto in entrambi i
casi; infatti, lo Yoga non è una terapia psichica più di quanto
sia una terapia corporea, e i suoi procedimenti non sono in alcun modo
né ad alcun grado un trattamento per malati o squilibrati di sorta; ben
lungi, si rivolgono al contrario a esseri che, per poter realizzare lo
sviluppo spirituale che è la loro unica ragion d’essere, devono già
essere, per naturale disposizione, il più perfettamente equilibrati
possibile; si tratta di condizioni che, com’è facile comprendere,
rientrano strettamente nella questione delle qualificazioni iniziatiche [8].
Non è ancora tutto, e c’è anche un’altra
cosa, riguardo alla “contraffazione”, che è forse ancor più degna di
nota di tutto quel che abbiamo menzionato sinora: è l’obbligo imposto, a
chiunque intenda praticare professionalmente la psicanalisi, d’essere
egli stesso previamente “psicanalizzato”. Questo implica innanzitutto il
riconoscimento che l’essere che ha subito questa operazione non sarà
mai più qual era prima, o che, come dicevamo prima, essa gli lascia
un’impronta indelebile, come l’iniziazione, ma in qualche modo in senso
inverso, poiché, invece di uno sviluppo spirituale, si tratta qui d’uno
sviluppo dello psichismo inferiore. D’altra parte, vi è qui un’evidente
imitazione della trasmissione iniziatica; ma, posta la diversità di
natura delle influenze che intervengono, e siccome vi è pur sempre un
risultato effettivo che non consente di considerare la cosa ridotta a un
semplice simulacro senza alcuna portata, questa trasmissione sarebbe
piuttosto paragonabile, in realtà, a quella che si pratica in un dominio
come quello della magia, e anche più precisamente della stregoneria. Vi
è peraltro un punto alquanto oscuro, riguardo all’origine stessa di
questa trasmissione: siccome è evidentemente impossibile dare ad altri
ciò che non si possiede, e siccome l’invenzione della psicanalisi è
d’altronde del tutto recente, donde i primi psicanalisti hanno ricevuto i
“poteri” che trasmettono ai loro discepoli, e da chi essi stessi hanno
potuto essere per primi “psicanalizzati”? Questa domanda, che ci pare
alquanto logico porre, almeno per chiunque sia appena capace di
riflettere, è probabilmente molto indiscreta, ed è più che dubbio che
riceva mai una risposta soddisfacente; ma, a dire il vero, non ce n’è
bisogno per riconoscere, in una tale trasmissione psichica, un altro
“marchio” veramente sinistro per gli accostamenti che comporta: la
psicanalisi presenta, da questo lato, una rassomiglianza piuttosto
terrificante con certi “sacramenti del diavolo”!
* R. Guénon, Le Règne de la Quantité et les Signes des Temps, Gallimard, Paris, 1945, cap. XXXIV.
1. Il caso dello
stesso Freud, il fondatore della “psicanalisi”, è tipico da questo punto
di vista, poiché egli non ha mai cessato di proclamarsi materialista. –
Un’osservazione di sfuggita: come mai i principali rappresentanti delle
nuove tendenze, come Einstein in fisica, Bergson in filosofia, Freud in
psicologia, e molti altri ancora di minore importanza, sono quasi tutti
d’origine ebraica, se non perché vi è in ciò qualcosa che corrisponde
esattamente al lato “malefico” e dissolvente del nomadismo deviato, che
predomina inevitabilmente presso gli Ebrei distaccati dalla loro
tradizione?
2. Va notato, a questo proposito, che Freud ha posto, all’inizio del suo Traumdeutung, la seguente epigrafe molto significativa: «Flectere si nequeo superos, Acheronta movebo» (Virgilio, Eneide, VII, 312).
3. Fu del resto lo “psichista” Myers a inventare l’espressione subliminal consciousness, che, per amore di brevità, fu sostituita un po’ più tardi, nel vocabolario della psicologia, con la parola “subconscio”.
5. Un altro
esempio di questi mezzi è dato dall’uso similare della “radioestesia”,
poiché, anche là, ci sono, in molti casi, elementi psichici della stessa
qualità che entrano in gioco, anche se si deve riconoscere che non si
presentano sotto l’aspetto “repellente” che è così evidente nella
psicanalisi.
6. Ci si potrà
riportare qui a quel che abbiamo indicato più sopra a proposito del
simbolismo della “Grande Muraglia” e della montagna Lokâloka.
7. Freud ha
consacrato all’interpretazione psicanalitica della religione uno
speciale libro, nel quale le sue proprie concezioni sono combinate con
il “totemismo” della “scuola sociologica”.
8. Su un tentativo
d’applicazione delle teorie psicanalitiche alla dottrina taoista, ciò
che è ancora dello stesso ordine, vedere lo studio d’André Préau, La Fleur d’or et le Taoïsme sans Tao, che ne è un’eccellente confutazione.
sabato 7 febbraio 2015
La cripta-ossario dei cappuccini a Roma
tratto da L'Opinone del 04 febbraio 2015 http://www.opinione.it/cultura/2015/02/04/ricci_cultura-04-02.aspx
Nel centro di Roma, vicino piazza Barberini, sorge la chiesa
dell'Immacolata Concezione. È la prima chiesa romana dedicata “a Dio in
onore dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria”.
La prima pietra fu posta nel 1626 per volere del Cardinale Antonio Barberini, cappuccino e fratello germano del Papa Urbano VIII. Padre Michele da Bergamo fu l'architetto incaricato di costruire il convento e la chiesa dei cappuccini, proprio nei pressi di piazza Barberini, all'inizio di via Veneto. Prima di entrare nella Cripta il percorso proposto passa per un interessante museo nel quale si ritrovano diversi dipinti, tra i quali un san Francesco del Caravaggio. Poi numerosi oggetti della vita religiosa dei cappuccini, reliquie, ex voto. Sono otto le sezioni del museo: la prima è dedicata al convento, voluto, come si è detto, dalla famiglia Barberini, che fu ultimato nel 1631. La seconda presenta l'Ordine; la terza sezione propone la Santità cappuccina e si sofferma sulla spiritualità attraverso immagini e storie di alcuni santi dell'Ordine.
La quarta sezione propone l'esposizione di vesti e oggetti di uso liturgico e di manufatti di uso quotidiano. Nella quinta sezione si trova il san Francesco del Caravaggio. Nella sesta sezione i cappuccini nel XX secolo e nella settima i cappuccini nel mondo, il percorso espositivo giunge fino ai nostri giorni mostrando l'attività spirituale, culturale, missionaria e artistica che ha caratterizzato l'Ordine nel XX secolo. Infine si giunge alla cripta-cimitero. In questo luogo si trova la Cripta dei frati cappuccini, un “loco onesto” che l'architetto suddetto progettò per la sepoltura dei frati. Dal 1631 al 1870 i resti di circa 3500 frati furono ammassati lungo le pareti. La cripta è indescrivibile nella sua essenza.
Qui regna la morte, “sora nostra morte corporale”. Nell'ambiente, composto da sei stanze, si ritrovano 18 mummie di cappuccini col saio, posti in posizione sdraiata o in piedi. Sia le pareti che le volte sono ricoperte di motivi ornamentali composti con le ossa delle diverse parti del corpo umano. Il percorso è suggestivo, lo sguardo si perde in una penombra dove tutto è ossa accatastate, teschi, strutture fatte di resti, che compongono simboli diversi: la clessidra alata, l'orologio a una sola sfera, il teschio con le ali; riflessioni sul valore della vita, sul tempo, sullo spazio e oltre. La prima cripta del percorso originario che ora si presenta come ultima, è quella concepita come “ingresso” in cui il visitatore viene invitato a riflettere sull'inevitabilità della morte.
La seconda cripta è quella delle tibie e dei femori, la più grande; la terza è quella dei bacini; la quarta quella dei teschi, la quinta stanza è la cappella della Messa in cui è presente un altare con una tela che rappresenta la Vergine seduta con il Bambino in piedi sulle sue ginocchia; la sesta cripta è dedicata alla Resurrezione, qui si ritrova una tela raffigurante la resurrezione di Lazzaro, conclusione del percorso escatologico. Così tornano alla mente le parole di san Francesco, proposte ovviamente anche nel percorso: “Laudato sii, mi' Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare”.
E usciti dal silenzio, il centro della città di Roma, riavvolge (e forse rassicura) l'anima del visitatore.
di Paolo Ricci
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La prima pietra fu posta nel 1626 per volere del Cardinale Antonio Barberini, cappuccino e fratello germano del Papa Urbano VIII. Padre Michele da Bergamo fu l'architetto incaricato di costruire il convento e la chiesa dei cappuccini, proprio nei pressi di piazza Barberini, all'inizio di via Veneto. Prima di entrare nella Cripta il percorso proposto passa per un interessante museo nel quale si ritrovano diversi dipinti, tra i quali un san Francesco del Caravaggio. Poi numerosi oggetti della vita religiosa dei cappuccini, reliquie, ex voto. Sono otto le sezioni del museo: la prima è dedicata al convento, voluto, come si è detto, dalla famiglia Barberini, che fu ultimato nel 1631. La seconda presenta l'Ordine; la terza sezione propone la Santità cappuccina e si sofferma sulla spiritualità attraverso immagini e storie di alcuni santi dell'Ordine.
La quarta sezione propone l'esposizione di vesti e oggetti di uso liturgico e di manufatti di uso quotidiano. Nella quinta sezione si trova il san Francesco del Caravaggio. Nella sesta sezione i cappuccini nel XX secolo e nella settima i cappuccini nel mondo, il percorso espositivo giunge fino ai nostri giorni mostrando l'attività spirituale, culturale, missionaria e artistica che ha caratterizzato l'Ordine nel XX secolo. Infine si giunge alla cripta-cimitero. In questo luogo si trova la Cripta dei frati cappuccini, un “loco onesto” che l'architetto suddetto progettò per la sepoltura dei frati. Dal 1631 al 1870 i resti di circa 3500 frati furono ammassati lungo le pareti. La cripta è indescrivibile nella sua essenza.
Qui regna la morte, “sora nostra morte corporale”. Nell'ambiente, composto da sei stanze, si ritrovano 18 mummie di cappuccini col saio, posti in posizione sdraiata o in piedi. Sia le pareti che le volte sono ricoperte di motivi ornamentali composti con le ossa delle diverse parti del corpo umano. Il percorso è suggestivo, lo sguardo si perde in una penombra dove tutto è ossa accatastate, teschi, strutture fatte di resti, che compongono simboli diversi: la clessidra alata, l'orologio a una sola sfera, il teschio con le ali; riflessioni sul valore della vita, sul tempo, sullo spazio e oltre. La prima cripta del percorso originario che ora si presenta come ultima, è quella concepita come “ingresso” in cui il visitatore viene invitato a riflettere sull'inevitabilità della morte.
La seconda cripta è quella delle tibie e dei femori, la più grande; la terza è quella dei bacini; la quarta quella dei teschi, la quinta stanza è la cappella della Messa in cui è presente un altare con una tela che rappresenta la Vergine seduta con il Bambino in piedi sulle sue ginocchia; la sesta cripta è dedicata alla Resurrezione, qui si ritrova una tela raffigurante la resurrezione di Lazzaro, conclusione del percorso escatologico. Così tornano alla mente le parole di san Francesco, proposte ovviamente anche nel percorso: “Laudato sii, mi' Signore, per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò scappare”.
E usciti dal silenzio, il centro della città di Roma, riavvolge (e forse rassicura) l'anima del visitatore.
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