mercoledì 1 luglio 2020

Breve recensione a "L'altra Europa" di Paolo Rumor

di Cavaliere Vermiglio

Il libro "L'altra Europa" di Paolo Rumor, Giorgio Galli e Loris Bagnara, è stata riedito dalla Panda Edizioni di cui possediamo una copia. L'edizione non è delle migliori. La carta è spessa quasi da sembrare un cartoncino: una grammatura eccessiva per il tipo di libro che non presenta ampie pagine o foto a colori. Invece di usare una carta così pesante si sarebbe potuto optare per una carta meno spessa, ma di colorazione avorio invece di un bianco lucido che dà fastidio agli occhi. Cosa più grave è che con una carta così spessa il libro ha un certo spessore e l'editore ha deciso una più economica rilegatura incollata e ciò determinerà prima o poi che le pagine si staccheranno. Intanto raggiunta la metà il libro si è aperto in due e devo fare attenzione affinché le pagine centrali non si stacchino dal dorso dove sono appiccicate con della semplice colla. Poteva essere fatto meglio.

Passiamo ai contenuti. Per chi ha letto "Le impronte degli dei" di Graham Hancock anche senza ulteriori approfondimenti ci si troverà di fronte a frequenti déjà vu intuendo nel corso della lettura dove si andrà a parare. Anche senza leggere le note degli altri autori al memoriale di Rumor il più delle volte si intuiscono i riferimenti. Ciò genera una frequente sensazione di perplessità su ciò che si legge. Non si riesce a capire se si tratta di un'opera costruita a tavolino disseminando indizi che rimandano alle teorie di Hancock e di altri autori dello stesso filone o di un racconto genuino. Paolo Rumor racconta di aver saputo quello che scrive dal padre che ha recuperato quelle informazioni negli anni cinquanta, ben prima che certi argomenti fossero noti al grande pubblico. Il problema è che l'archivio del padre è andato perduto e le uniche prove sarebbero i suoi appunti risalenti a quegli anni. Spero che gli altri due coautori abbiamo avuto modo di vedere gli appunti originari di Rumor per verificarne la reale vetustà. Immagino che non sia difficile antichizzare dei documenti, ma almeno un confronto visivo può permettere di verificare che gli appunti non siano stati scritti oggi. Poi se risultassero vecchi si porrebbe il problema dell'autenticità e se siano stati antichizzati. Mi chiedo perché Paolo Rumor avrebbe preso degli appunti sul lavoro del padre e copiato cartine ed elenchi di nomi. Appunti che sarebbero tornati utili decenni dopo per la stesura del libro.
Nella terza parte a cura di Loris Bagnara ci viene svelato ciò che si era già capito, ovvero che la misteriosa camera dei segreti di cui parlano i documenti di Rumor, non è altro che la famosa camera nascosta a Giza sotto la Sfinge di cui si favoleggia da un po'. Poi il resto è una sorta di compendio dove ai nomi della lista di Rumor si cerca di dare una collocazione storica e dei dati biografici.
La parte conclusiva scade nel più comune complottismo cercando di dimostrare che essendoci delle prove di un complotto, la tesi di Paolo Rumor è plausibile. Si recuperano i famigerati Protocolli dei Savi di Sion, affermando che nonostante siano falsi contengono delle intuizioni corrette. Alcune tesi economiche appaiono decisamente semplicistiche e per quanto riguarda l'idea sulla necessità di una riduzione della popolazione, non ci troviamo di fronte ad un complotto bensì a delle tesi pubblicamente esposte e risalente almeno a Malthus e riprese dagli odierni ecologisti, passando anche per il nazismo con il concetto del Lebensraum (spazio vitale). In Italia abbiamo avuto il Club di Roma che pubblicamente metteva in allarme per la fine delle risorse, che pronosticavano che sarebbero dovute finire già da un pezzo.
Il libro ci lascia decisamente perplessi. Si è tentati di pensare di trovarsi di fronte ad un'operazione commerciale per confezionare un libro che venda qualche copia, riprendendo i temi di un'antica civiltà scomparsa che ci ha lasciato un retaggio. L'ultima parte complottistica e decisamente semplicistica ci fa temere che gli autori abbiamo voluto imbastire un testo complottista partendo da lontano come può essere l'idea di un'antica civiltà evoluta distrutta dalla fine dell'ultima era glaciale. In breve, viene il dubbio di aver speso male tempo e soldi.


Per approfondire:

sabato 27 giugno 2020

Zolla, un antimoderno modernissimo

tratto da "Il Giornale" del 05/11/2019

Un ritratto del pensatore e della sua analisi critica della società di massa

di Giancristiano Desiderio

Aveva sei anni Elémire Zolla quando scrisse una poesia sulla storia di Buddha. L'autore de Lo stupore infantile dirà, poi, che tutte le verità fondamentali le intuiamo fra i tre e i quattro anni e ciò che accade dopo è o oblio o reminiscenza.

Zolla non dimenticò lo stupore dell'infanzia e così con la fine della sua vita e del suo pensiero, dedicato negli ultimi anni proprio all'Oriente, si ricongiunse all'inizio in un ideale cerchio magico. Ora, però, tocca ad altri ricordare la singolarità e la signorilità dell'autore di Che cos'è la tradizione. Lo ha fatto un giovane studioso, Lorenzo Morelli, con un testo informato e rigoroso edito da historica: Elémire Zolla. Tradizione e critica sociale (pagg. 512, euro 22).

L'itinerario culturale di Zolla può essere diviso in tre periodi: il giovane Zolla che per trent'anni vive a Torino per poi trasferirsi nel 1956 a Roma dove nello stesso anno vincerà il premio Strega con Minuetto all'inferno (romanzo osteggiato con tutte le sue forze da Elio Vittorini). Il saggista Zolla che dagli anni Cinquanta alla metà dei Settanta svolge un'analisi profonda della Modernità e della società di massa. Infine, il terzo Zolla che, viaggiando dall'Africa all'America all'Asia, individua nelle culture extra-europee una via di accesso alla sapienza tradizionale o alla «filosofia perenne» che restituisca all'umano il senso del limite. Il saggio di Morelli si concentra soprattutto sul secondo Zolla mettendo in luce il valore politico del suo pensiero che «funziona» proprio come una sorta di «ragione critica della modernità» per giungere alla conclusione che, in fondo, la stessa modernità non può fare a meno della tradizione. Ecco perché non è sbagliato dire, come fa Morelli, che l'opera antimoderna di Zolla appare in realtà modernissima, sia per la capacità di comprendere le contraddizioni e gli avvilenti conformismi della società di massa, sia per lo stesso esempio della singolare figura di Zolla che seppe difendere la libertà intellettuale in un tempo in cui, per dirla con l'indimenticabile Nicola Matteucci, imperava quella «egemonia culturale marxista» alla quale tutti gli intellettuali rendevano omaggio e si iscrivevano per diritto divino.

A volte Zolla sembra estraneo alla cultura italiana. Sulla vexata quaestio fascisti/comunisti si esprimeva così: «Da allora non ho mai avuto la presunzione di trovare in Italia qualcosa di vero, di significativo, anche perché, poi, l'ossessione comunista che seguì al fascismo era equivalente».

mercoledì 24 giugno 2020

I Filosofi Incogniti

in collaborazione con l'autore Michele Leone: https://micheleleone.it/i-filosofi-incogniti/

Appunti sui Filosofi Incogniti e la vera Filosofia

La filosofia oggi è svalutata e sottovalutata – tanto da molti filosofi quanto dalle Istituzioni, tra cui per prima la scuola – e resa aliena alla maggior parte delle persone. Pochi sanno che la Filosofia è sempre stata legata alle scienze ermetiche, la maggior parte degli alchimisti, dei magi, dei sacerdoti e quanti erano nel mondo ermetico parlavano di filosofia o consideravano sé stessi filosofi. Una filosofia, nella maggior parte dei casi assai lontana da quella della nostra contemporaneità, che guarda alla natura e all’uomo come elementi di un’unica realtà e non come estranei gli uni agli altri. In queste pagine non posso dedicarmi allo studio dei rapporti tra filosofia e società segrete, tra filosofia e magia e tra filosofia ed ermetismo. Ma non posso, anche a costo di essere noiosamente ripetitivo, ricordare che l’ermetismo è per definizione, sia pur con tutti i limiti e imprecisioni di una definizione da dizionario, una corrente filosofico-religiosa. Se cancelliamo l’immagine standardizzata del filosofo noioso, mal vestito e con la giacca tweed anche a ferragosto scopriremo che i filosofi sono degli innamorati della vita e della conoscenza.

Qualche secolo or sono è esistita una setta composta da Filosofi Incogniti, vi riporto qualche informazione e parte dei loro statuti: Nell’’Idea di una Nuova Società di Filosofi” che fa da prefazione, il suo autore dichiara di voler consacrare a Dio i tesori infiniti di cui Egli ha voluto fargli dono e di impiegarli a Sua gloria e al servizio del prossimo; e di aver viaggiato per tutto il globo terrestre per confortare persone afflitte e bisognose. Non gli fu possibile tuttavia realizzare tale progetto, perché la malizia degli uomini si spinse così lontano, che egli vide più di una volta la propria vita in pericolo. Per questi motivi volle fondare un’associazione di Filosofi, <<di cui nessuno invero fosse particolarmente noto, ma che nondimeno si fosse reso generalmente celebre diffondendo [la propria fama] in breve tempo per tutti i regni, affinché in tutti si trovasse qualche associato che fosse, per così dire, un saggio e liberale dispensatore di prezioso tesoro della Scienza Ermetica>>.

A questo scopo egli mise per iscritto gli statuti e i regolamenti di questa <<nuova Cabala>> e ne scelse personalmente i fondatori; infine compose alcuni trattati ermetici in cui mise ciò che la sua esperienza gli aveva insegnato, e nei quali si può riconoscere il punto essenziale e il fondamento della loro Filosofia segreta: il soggetto o materia su cui si deve lavorare.

L’autore si affretta tuttavia a precisare di aver subito il fatto che alcuni di questi trattati siano stati pubblicati, e di non aver voluto dare alle stampe quelli che spiegavano più chiaramente la dottrina dei principi primi, e che, se ne sono stati editi, li ha eliminati subito, ritenendo che sarebbe stato più conveniente e utile differirne l’edizione.

Seguono gli Statuti dei Filosofi Incogniti, divisi in sei capitoli, e ciascuno di questi in più capitoli, per un totale di trenta articoli. Vi è detto chiaramente che questa Compagnia non deve limitarsi a una regione, a una nazione, un regno o una provincia, ma deve diffondersi per tutta la terra abitata, sebbene suddivisa in colonie, truppe, assemblee, e che ogni colonia corrisponde a un impero ove esiste un solo capo. La Provvidenza procurerà di fissare il numero degli associati, ma la prudenza di chi li accoglierà sarà determinante; e il più anziano membro di ogni colonia, truppa o assemblea avrà la lista di tutti gli associati con il paese da cui provengono. La condizione e la religione non saranno d’ostacolo alla loro ammissione, ma è nondimeno richiesto <<che essi adorino Gesù Cristo, che amino la virtù, e che la loro mente sia atta alla Filosofia>>. Non saranno tuttavia ammessi i religiosi e tutti coloro che hanno professato voti monastici, soprattutto negli ordini mendicanti; né schiavi o persone che siano al servizio dei potenti, <<poiché la Filosofia richiede persone libere, che siano padrone di loro stesse, che possano lavorare a loro piacere e che, senza impedimenti di alcun genere, possano impiegare il loro tempo e i loro beni per arricchire la Filosofia delle loro nuove scoperte>>. Tra le persone libere, le meno atte a questa sorta di occupazione sono i sovrani, che saranno accolti solo raramente; lo stesso avverrà per le persone spinte principalmente dall’ambizione, o per la gente destituita da ogni sorta di beni, che la povertà potrebbe costringere a rivelare un segreto che non ha pari in tutta la Natura. Ai postulanti si richiedono soprattutto l’onestà di costumi, una curiosità naturale, un desiderio di penetrare i segreti dell’arte chimica e di conoscere <<le mirabili operazioni della Scienza ermetica>>, e una condizione essenziale: <<un silenzio incorruttibile, eguale a quello che sapeva mantenere Arpocrate>>. Ogni membro sarà accuratamente scelto, previa osservazione dei suoi costumi e della sua mentalità da parte di un associato, e se sarà ritenuto degno di entrare, l’associato ne avvertirà il proprio superiore, celandogli tuttavia il nome e la provenienza del postulante, <<poiché una delle regole più sacre di questa Compagnia sta nel fatto che tutti coloro che ne fanno parte non solo siano sconosciuti agli estranei, ma che non si conoscano neanche fra loro, donde il loro nome di Filosofi Incogniti. L’accettazione del nuovo membro comporta che l’associato ne parli sinceramente con il proprio superiore, sotto giuramento, dopodiché si sottopone la cosa all’assemblea, ossia <<a quegli associati che gli sono noti>> e si agisce secondo la loro opinione.

Se il postulante è accettato, lo si accoglie con un rito che prevede anzitutto che si chiedano <<i numi dello Spirito Santo facendo celebrare a questo scopo una Messa solenne, se la provenienza e la confessione di colui che è accolto lo permettono. Il postulante giura di conservare gli statuti e si impegna a mantenere un segreto inviolabile, nonché fedeltà e amore fraterno verso tutti gli associati che conoscerà. E se arrivasse al possesso della Pietra, ne farà l’uso prescritto dalle regole della Compagnia. Il suo superiore gli garantisce, da parte sua e a nome degli associati, amicizia, fedeltà, protezione, e gli sussurra <<nella lingua dei Saggi, il nome della Magnesia, ossia della vera e unica materia con cui si fa la Pietra dei Filosofi>>. Se possibile, anzi, glielo suggerirà con descrizioni enigmatiche per sollecitarlo a scoprirla da solo.

Il nuovo membro assumerà un nome cabalistico, possibilmente ricavato anagrammando il suo vero nome dai nomi dei Filosofi antichi; nome che sarà inserito nella lista della Società. Per impegnare ancor più il nuovo associato, il superiore potrà esigere una ricevuta scritta di sua mano e sottoscritta con il suo nome cabalistico; e viceversa, questi potrà prendere un esemplare degli statuti che porti il suo nome cabalistico, come prova di appartenenza alla Società.

Il nuovo associato potrà copiare gli statuti, nonché la tavola dei simboli e dei caratteri cabalistici necessari all’Arte con la loro interpretazione; e avere la lista dei nomi cabalistici degli associati. […] Il nuovo membro sarà esortato ad applicarsi diligentemente alla lettura dei libri dell’autore e degli altri Filosofi approvati dalla Società, guardandosi soprattutto dal provare noia e impazienza.

[…] È invece previsto di astenersi <<da qualsiasi operazione sofistica sui metalli di qualunque specie>> e di non aver <<commercio con ciarlatani e dispensatori di ricette, poiché non vi è nulla di più indegno di un Filosofo cristiano che cerca la verità e vuole aiutare i propri fratelli, che la professione di un’arte ingannevole>>.  (Cosmopolita, Operazione Filosofica, a c. di A. Boella e A. Galli, Edizioni Mediterranee, Roma 2016, pp. 51-55).

Potrebbe Interessarti: Diventare alchimista

Questo lungo passaggio è stato indispensabile per mostrare non solo che l’Alchimia sia o possa essere una società segreta, o meglio, che dall’alchimia siano potute nascere delle società segrete o di segreti, ma soprattutto perché al suo interno contiene dei passaggi che sono tipici delle consorterie più o meno segrete. Uno degli elementi fondanti di questo tipo di aggregazioni umane è il segreto. Il confronto con il testo curato da Boella e Galli è utile per quanti vogliano avvicinarsi e meglio penetrare le cose dell’Arte e anche la storia di altre confraternite legate al segreto e ai Misteri, prima su tutte la Massoneria, non è un caso se i due studiosi continuano il capitolo citato parlando del Barone Tschoudy e del suo rito massonico dei Filosofi Incogniti.

I Filosofi Incogniti sono idealmente un’introduzione, un primo capitolo, a quella Filosofia che è ignorata non solo dalla così detta Cultura Ufficiale, ma anche e vergognosamente da quanti si dicono esoterici, maghi, occultisti, Guru e via dicendo…

      Gioia – Salute – Prosperità


sabato 20 giugno 2020

I motori spaziali al plasma e la sfida della fusione nucleare

tratto da "Il Giornale" del 03/05/2020

Le applicazioni del plasma, dai motiri spaziali all'energia alla produzione di energia a minore impatto ambientale

di Tommaso De Lorenzo, Marisa Saggio

La scorsa settimana ci siamo lasciati sulla definizione di "plasma", che è quella di "gas ionizzato", ovvero un gas in cui elettroni e ioni (i nuclei degli atomi) sono liberi di muoversi gli uni rispetto agli altri. Questa sua particolare caratteristica ne consente l’utilizzo in svariate applicazioni pratiche.

Sette giorni fa ve ne abbiamo presentate solo alcune un po’ vintage (leggi qui). Oggi invece parliamo di presente e soprattutto di futuro.

Il fatto che elettroni e ioni siano liberi di muoversi uno rispetto all’altro fa si che il plasma, rispetto a un semplice gas, sia sensibile e reagisca alla presenza di campi elettromagnetici. Un esempio su tutti è che il plasma diventa un conduttore. È proprio l’emergere di queste nuove peculiarità che dal punto di vista teorico definisce il passaggio di stato da gas a plasma, così come un cambio di altre caratteristiche definisce il passaggio da solido a liquido o da liquido a gassoso. Ed allo stesso tempo è grazie a queste nuove caratteristiche che ha dato luogo alla maggior parte delle applicazioni. Ne presentiamo qui una dal nome fantascientifico ma che è già realtà da diversi anni: i motori spaziali al plasma. In parole povere, mettete un po’ di gas in un contenitore, ionizzatelo e poi sottoponetelo ad un campo elettrico in una direzione. Gli elettroni carichi negativamente e gli ioni carichi positivamente si muoveranno nella direzione del campo elettrico in verso opposto. Aprite allora il lato del contenitore verso il quale si dirigono gli ioni, e vedrete che questi usciranno a velocità elevate (a seconda del campo elettrico applicato). La conservazione del momento, anche detta “rinculo”, spingerà il contenitore. Se quel contenitore lo attaccate ad un satellite o un piccolo rover esploratore, ecco che avete l’idea di base di un sistema di propulsione spaziale. La realizzazione ingegneristica è ovviamente molto più complessa, con strategie di accelerazione degli ioni molto diverse che portano a diversi tipi di motori spaziali al plasma. Alcuni, per esempio, non applicano un campo elettrico esterno, ma sfruttano i campi elettromagnetici creati dal movimento delle cariche stesse nel plasma, riuscendo ad accelerare sia ioni che elettroni nella stessa direzione, aumentando così la spinta a parità di carburante. Interessante, no? Se però vi state chiedendo se potremo mai viaggiare su un’auto alimentata al plasma, o se la Ferrari potrà sfruttare questa tecnologia per vincere il mondiale di Formula 1, sappiate che il sistema non può essere usato qui sulla terra. La spinta prodotta è dell'ordine di grandezza di quella che esercitate giornalmente per inserire il cavo USB nel vostro cellulare, troppo piccola per vincere attrito e pressione atmosferica e spostare mezzi di trasporto. Purtroppo non troveremo alcun benzinaio intento a chiederci: “Benzina, diesel o plasma?”

giovedì 18 giugno 2020

“Compendio delle Stregonerie” di Francesco Maria Guaccio

In collaborazione con Simone Berni: https://www.cacciatoredilibri.com/su-catawiki-ce-compendio-delle-stregonerie-di-francesco-maria-guaccio/

Un’edizione di lusso d’eccezione fatta su misura per il bibliofilo

Compendio delle Stregonerie, di Francesco Maria Guaccio (Milano, Luigi Maestri, 1988). Il titolo completo dell’opera è: Compendio delle stregonerie, di frate Francesco Maria Guaccio dell’Ordine di S. Ambrogio ad Nemus, nel quale le opere nefande ed esecrabili per il genere umano ed i rimedi divini per evitarli sono raccolti. Importante opera esoterica e di demonologia, con introduzione di Armando Torno (nato nel 1953), giornalista, saggista, editorialista del Corriere della Sera. L’autore del Compendio è il frate, demonologo e teologo milanese Francesco Maria Guaccio (1570-1640), il quale, nel 1605, iniziò la stesura del Compendium maleficarum, l’opera per cui ancora oggi viene ricordato. L’opera in asta su Catawiki è un’edizione di 100 esemplari, con legatura in mezza pelle con astuccio e cinque nervi al dorso. Il testo composto a mano in carattere Garamond è stato stampato al torchio da Luigi Maestri su carta al Tino Narcisse filigranata espressamente fabbricata. Volume con ventidue xilografie incise. Testo prezioso che ci permette di conoscere le concezioni in materia di stregoneria nella Milano di Federico Borromeo.

domenica 14 giugno 2020

Un genio nascosto (anche dall'editoria) che anticipò Rimbaud, Tolkien e Lovecraft

tratto da Il Giornale del 20/09/2019

Oggi i suoi versi, tradotti da Ungaretti, in libreria sono introvabili

d Davide Brullo

I am hid. «Io mi sono nascosto». La prima delle Annotations di William Blake «ai discorsi di Sir Joshua Reynolds» si chiude con questa ammissione radicale.

Dove si è nascosto, William Blake, il poeta che ha ispirato Jim Morrison e Jim Jarmush, che influenzò William Butler Yeats e ispirò papiri esegetici a Northorp Frye, a Chesterton, a Harold Bloom?

Blake si è nascosto nel retro del mondo, nell'enigma delle cose, dove l'oscuro fiammeggia e l'origine degli esseri geometricamente indimostrabile si rivela. Blake si è nascosto paradosso demonico nel retro del sistema editoriale italico. Chi lo pubblica più? A parte la casa editrice SE, che ristampa i Libri profetici, Milton, i Canti dell'innocenza e dell'esperienza, secondo la consueta versione di Roberto Sanesi (dei Canti esiste un'edizione Feltrinelli del 2014, per la cura di Roberto Rossi Testa), Blake pare terrorizzare ma si tratta di canonica cecità gli editori nostri. Eppure, è Nelle foreste della notte così il titolo del saggio di Stefano Zecchi che sigilla la fondamentale edizione delle Opere di Blake edita da Guanda nel 1984: ristampatela! che si eleva la cosmologia contraddittoria di Blake, che pare provenire dagli gnostici dell'Antico Testamento e prevede i deliri del Maldodor di Lautréamont, l'ebbrezza di Rimbaud, Il Signore degli Anelli di Tolkien e il Necronomicon di Lovecraft.

In Italia, per altro, William Blake ha avuto un sommo traduttore: Giuseppe Ungaretti. Il rapporto non fu occasionale né sporadico: «Lavoro alle traduzioni di Blake da più di sette lustri. È un poeta difficile. Sempre, anche quando è semplice come l'acqua», scrive il poeta nel «Discorsetto del traduttore» che apre Visioni di William Blake, album di traduzioni edito da Mondadori nel '65. I primi «giochi» dentro l'opera di Blake sono pubblici nel '30 su Il Tevere, poi Ungaretti li accoglie nel complessivo Traduzioni con poesie di Saint-John Perse, Esenin, Góngora, Jean Paulhan pubblicato nel '36 dalle Edizioni di Novissima. Nel '93 Mondadori ripubblica Blake secondo Ungaretti in un volume memorabile, Visioni, introdotto da Aldo Tagliaferri. Se ne sono perse le tracce. Un peccato, perché Ungaretti, Lancillotto della poesia pura che aveva sintonia con i poeti che rompono le norme del linguaggio, sfasciando la grammatica in graniglia di bagliori, sapeva che «il vero poeta anela a chiarezza: è smanioso di svelare ogni segreto: il proprio, il segreto della sua presenza terrena cercando di conoscere il segreto dell'andare della storia e dei motivi che reggono l'universo, cercando d'impossessarsi, folle, del segreto dei segreti. Egli ha coscienza che la parola è difficile, ma, e se ne dispera, la rende fatalmente più oscura, più intrappolata nei significati che, cerando di nudarla e di coprirla di luce, le moltiplica».

In Joshua Reynolds, ritrattista e fondatore della Royal Academy of Arts, Blake vedeva l'icona del mentitore, dell'esteta impostore, che di un volto non afferra il mistero, ma soltanto la somma pattuita per dipingerlo. «Simulazioni dell'Ipocrita», giudicava i discorsi cattedratici di Reynolds. Così, deliberò di vivere nascosto, Blake, come gli eremiti ustionati dall'angelo, come gli uomini incapsulati nel futuro. «Mi considero sufficientemente Pago di vivere come faccio ora, e temo solo di portare Sfortuna ai miei amici», scrisse il poeta a John Linnell, il 25 aprile del 1827. Morì tre mesi dopo. Si pensava come a un Povero Giobbe, stava illustrando la Divina Commedia. Nessuno fu più vigile di lui. Siamo noi, ipocriti lettori, a non sopportarne lo sguardo.

giovedì 11 giugno 2020

Viaggio psico-demoniaco negli incubi di William Blake

tratto da "Il Giornale" del 20/09/2019

È la più completa retrospettiva mai dedicata all'artista-poeta Fu così sperimentatore che oggi appare modernissimo

di Luca Beatrice


Nel pomeriggio di un giorno feriale la Tate Britain, a Londra, è affollatissima per la più completa retrospettiva mai dedicata a William Blake. Sull'artista e poeta inglese attivo tra la fine del '700 e l'inizio dell'800 si è sviluppato un vero e proprio culto trasversale che attrae gli storici dell'arte come i fan del rock.

In effetti il pubblico è estremamente composito e già uno spettacolo in sé: una coppia gay con tatuaggi e piercing di gusto post punk, ex fricchettoni reduci dagli anni '70, studenti e professori di disegno, qualche amante della poesia. Difficile farsi largo per ammirare da vicino calligrafie e miniature, il segno grafico così articolato e preciso, la scrittura neo-gotica. Allora alla Tate hanno messo a disposizione dei visitatori delle lenti portatili per esaminare da vicino le opere e scoprirne i segreti. Che in effetti in quei fogli si nasconde un mondo di simboli e significati che solo gli esperti sapranno decifrare. Blake è artista controverso, d'accordo, ma appare comunque eccessivo l'avviso al pubblico che potrebbe rimanere scioccato da raffigurazioni maligne e demoniache, da allusioni sessuali deformi e perverse, da atti e termini blasfemi. Continuando di questo passo in qualsiasi immagine si rintraccerebbero messaggi subliminali, persino nelle visioni bucoliche della campagna inglese in collezione alla stessa Tate, neppure l'arte fosse un manuale di buoni comportamenti.

Già il nome, William Blake, contiene il suo destino; un nome da rockstar, una combinazione perfetta per un destino da outsider riverito da poeti e alternativi, più volte citato nei versi di Bob Dylan, fonte di ispirazione per Jim Morrison che scelse la parola «Doors» pensando proprio a Blake filtrato dal saggio di Aldous Huxley Le porte della percezione. Un mito che non accenna a tramontare, se è pure è evidente l'assonanza del recente Songs of Innocence degli U2 con Songs of Innocence and Experience, la raccolta illustrata di poesie che Blake pubblicò nel 1794 e che qui è presentata nella versione completa.

Sono oltre trecento le opere esposte fino al 2 febbraio 2020, nel non facile compito di unire filologia a spettacolarità, ma gli inglesi le mostre le sanno fare e il pubblico è sempre ricettivo. Attraverso William Blake (1757-1827) si capiscono tempi tumultuosi, attraversati da rivoluzioni, guerre e movimenti che portarono la modernità in Europa. In tale contesto il lavoro di Blake non fu troppo considerato, davvero difficile l'abbinamento immagine-poesia, senza considerare la continua sfida alle convenzioni che gli creò non pochi problemi. Blake ritiene la Bibbia una fonte inesauribile di storie che, disancorate dal significato religioso e simbolico, contengono aberrazioni, storture, malvagità degne di una saga horror-gotica. Ostile alla chiesa, romantico per vocazione, visionario sperimentatore, Blake si forma alla Royal Academy rompendo però presto con lo stile pacificato del maestro Joshua Reynolds. L'amicizia con John Flaxman, la frequentazione di ambienti socialisti che lo spinsero a prendersi molta libertà anche nella vita privata, ad esempio proponendo alla moglie Catherine Boucher l'introduzione di una concubina nel loro ménage, la scoperta dell'incisione in cui si esalta la straordinaria abilità tecnica al servizio di un'inventiva fuori dal comune per rileggere in chiave fortemente simbolica alcuni capisaldi della letteratura classica: Dante, Chaucer, Shakespaere, Milton.

Tra i cosiddetti «highlights» della mostra, ci si deve soffermare sull'autoritratto del 1802, quando Blake aveva 45 anni oppure sui rarissimi dipinti di grande formato, scuri e tenebrosi come The Spiritual Form of Nelson Guiding Leviathan (1805-09). Sono pochi e sperimentali per l'evidente difficoltà di trasferire la minuziosa calligrafica su superfici così ampie rispetto alla carta. Ma Blake ha ambizioni pittoriche, vuole studiare la tecnica dell'affresco per rifarsi alla tradizione di Michelangelo e Raffaello, anticipando la moda del revival che esplose in seguito nell'Inghilterra vittoriana con i Preraffaelliti. C'è anche l'ultimo lavoro, uno tra i più noti, Ancient of Days (1827) che ha ispirato legioni di illustratori dal gusto metal. Super-iconica è la serie di dodici stampe terminata nel 1805, tra cui la celeberrima Newton, prodotta usando una forma sperimentale di monotipo, inchiostro e acquerello. Una collezione che mescola scienza, religione, mito e letteratura. Se la vorace curiosità e l'ambizione di misurarsi con qualsiasi linguaggio fu difficilmente compresa nel suo tempo, oggi Blake appare come un visionario precursore, psichedelico, folle e delicatamente oltraggioso. Artista a 360 gradi, capace di prendere il passato e farne arte contemporanea. Una ricetta che funziona ancora, secoli dopo.

sabato 6 giugno 2020

Loch Ness, svelato il mistero: "È veramente esistito, ecco cosa era"

tratto da Il Giornale del 5-9-2019

In una conferenza stampa che si è tenuta a Drumnadrochit, paese che si affaccia sul leggendario lago scozzese, un'equipe di scienziati neozelanesi ha rivelato una nuova scoperta

di Davide Bartoccini

Per l'equipe di scienziati non c'è dubbio: il mostro di Loch Ness è esisto, ma non si è mai trattato di un rettile marino preistorico gigante come la leggenda ha sempre voluto far credere.

Il team guidato dall’esperto di genetica Neil Gemmell, dell’Università di Otago in Nuova Zelanda, ha rivelato oggi di aver trovato tracce di Dna di una specie di anguilla che può raggiungere considerevoli dimensioni e che abitualmente abita il Mare dei Sargassi vicino alle esotiche isole Bahamas. Lì l'animale è solito generarsi e deporre di anno in anno le uova, prima di intraprendere lunghissime migrazioni che posso portarlo anche a una distanza di 5mila chilometri.

Nessun Pleisosauro dunque, nessuno squalo gigante della Groenlandia o creatura mitologica sconosciuta e sopravvissuta per chissà quanto tempo nelle profondità del lago fino a diventare leggenda in tutto il mondo; ma delle grandi anguille che secondo gli scienziati, dal mare delle Bahamas sarebbe migrate e avrebbe risalito fiumi e "loch", e che passando per quello che oggi è il canale di Caledonia, avrebbero raggiunto il lago di Loch Ness, dove gli abitanti l'avrebbero "avvistate" nei secoli, credendo che si trattasse sempre del medesimo esemplare poi battezzato come il nome di Nessie.

Questa è la spiegazione "biologica” e "scientifica" presentata oggi da una squadra internazionale di esperti all'attenzione degli inviati della stampa che hanno partecipato alla conferenza che si è tenuta a Drumnadrochit, paesino che affaccia sul lago e che ha sempre vantato il maggior numero di avvistamenti del "mostro". "Non possiamo escludere la possibilità che a Loch Ness ci siano anguille giganti e che la gente le abbia viste e descritte come il mostro del lago" ha affermato il capo del team che ha condotto la ricerca nel tentativo di sfatare definitivamente un mito perdurato per secoli e secoli. "Abbiamo usato la scienza per aggiungere un altro capitolo alla storia di Loch Ness" ha proseguito il capo del team, spiegando come in questi anni gli scienziati abbiano raccolto e analizzato oltre 250 campioni dell'acqua del lago gelido che raggiunge una profondità di oltre 200 metri, per estrarre 500 milioni di sequenze del Dna e avvicinarsi alla risoluzione nel mistero. Questa minuziosa ricerca ha rivelato come l'esistenza di una grande creatura marina nel lago sia quindi da considerarsi "plausibile", precisando però al contempo che non è stata rinvenuta alcuna traccia di creature quali balene, pesci gatto, squali preistorici e tantomeno dinosauri.

Possiamo dunque apporre, forse, la parola fine ad una leggenda che perdura dal 565 dopo cristo; quando una missionaria irlandese avrebbe raccontato di essersi imbattuta - per la prima volta - in animale gigantesco che abitava il fiume Ness. Da allora oltre mille casi hanno reclamato l'avvistamento della creatura; otto solo nell'ultimo anno, quando i più accaniti sostenitori della leggenda - che ha fatto accorrere turisti dai quattro angoli del mondo - hanno spiegato che surriscaldamento globale era certamente un complice nel far rivelare più frequentemente il mostro, abituato a nascondersi e nutrirsi nelle profonde e gelide acque dove si specchia il diroccato e affascinate castello di Urquhart.

mercoledì 3 giugno 2020

ORGOGLIO E PREGIUDIZIO DELLE MANGIA-ZOMBIE

tratto da L'Opinione del 6 aprile 2016

di Giuseppe Mele

Seth Grahame-Smith è lo scrittore americano che ha legato il suo nome alla rivisitazione in chiave horror delle grande letteratura e della Storia con la S maiuscola. Suoi l’“Abraham Lincoln: Vampire Hunter” del 2010, la serie dei tre “Orgoglio e Pregiudizio e Zombie” del 2009-11 e l’“Unholy Night” del 2012.

Sia la storia del presidente Lincoln, in realtà un vampiro che mangia i sudisti, o delle sorelle Bennet, guerriere ninja che combattono gli zombie con le arti marziali, che la vicenda di tre criminali che in una notte profana si fanno passare da re Magi davanti alla nascita di Gesù, non sembrano destinate ad assurgere alla grande letteratura, ma intanto sono le basi di fantastici bestseller. Libri di grande successo, pensati per non restare confinati in se stessi, ma utili a trasformarsi innanzitutto in film, poi in gaming, in app, in webserie e serial infiniti.

Orgoglio e Pregiudizio e Zombie”, in particolare, attesta quanto sia profondo, se non l’affetto, il rispetto ed il ricordo per i monstre della grande letteratura passata, alle cui forche caudine milioni di studenti si sono dovuti chinare. Ed al tempo stesso ribadisce che il pubblico contemporaneo occidentale, almeno quello anglosassone, non ammette quasi più nessun contenuto portante della narrazione dei secoli passati.

La scrittrice vittoriana, Jane Austen, resta amata solo a prezzo di storpiare del tutto la sua educazione femminile, i suoi maneggi, mentre le sue fanciulle si trasformano in tante arroganti tarantiniane Beatrix Kiddo, le cui arti di combattimento non sono frenate nemmeno dalle ingombranti vesti dello stile Impero. Con improbabili capriole mentali, gli uomini, in queste opere, proseguono a testa bassa nel loro maschilismo, effettiva caratteristica dell’epoca, restando scimuniti e imperturbabili di fronte alla continua sfida vittoriosa delle spose, sorelle, zie e mogli. Un loop infinito di superiorità femminile in cui ognuno resta se sesso ed ogni concordia appare un paradosso. A parte il femminismo progressista ed i combattimenti infiniti, croce e delizia del gaming, caratteristica principale di queste opere è il manicheismo del bene e male contrapposti solitamente con la parte del cattivo interpretata da subumani, quali mostri e zombie. Non sempre però: nel Lincoln il buono è il vampiro, il cui intervento impedisce la vittoria dei cattivi umani (sudisti).

Nel “Pride and Prejudice and Zombies”, stranamente sono i domestici ed i contadini i più soggetti a trasformarsi in morti viventi. E si rivelano illusione e trappola, i tentativi di dialogo tra bianchi aristocratici asserragliati nei castelli e gli zombie moderati che non mangiano uomini ma maiali. Facile qui l’accostamento con le tesi tradizionali dei moderati socialdemocratici o dei sostenitori della buona immigrazione ed immediata la soluzione proposta ai buoni lettori e cineappassionati. Sterminateli tutti, poiché sono solo mostri, sotto le spoglie di popolani immigrati, in nome della grande nobile conservazione. L’amara ed ineludibile sottomissione al primato femminile resta rimandata alla mattanza finale, che come in ogni gioco che si rispetti è per la puntata successiva.

I Grahame-Smith, colonne fondanti della tivù Usa, non rispettano le classiche regole aristoteliche e trasformano letteratura, cinema, pubblicità e gioco in un grande comics, senza il solidarismo popolare e la disapprovazione dell’egoismo della fantasy di un King. Propongono una filosofia semplice, alla Scott, ma senza re istituzionali da venerare nella realtà. Il basso livello d’entrata la fa sottovalutare da scuola e famiglie che non si avvedono quanto sia sempre più presente, nei games giocati dai ragazzi, nei film, nei libri popolari, nelle web series e nelle reinterpretazioni letterarie. Invece siamo, tra supereroi, lupi, vampiri e uomini bianchi, di fronte ad una nuova education, in linea con le attese del grande pubblico mondiale, sempre più manicheo ed infantile, che odia la banale veridicità, ma ama solo il proprio punto di vista ed agogna che qualcuno non si vergogni di darglielo.


sabato 30 maggio 2020

Una strana storia: la collana “romanzi occulti” di Dracula nata in guerra

in collaborazione con Simone Berni: https://www.cacciatoredilibri.com/una-strana-storia-la-collana-romanzi-occulti-di-dracula-nata-in-guerra/

21/05/2020

Una strana storia inizia sempre in maniera normale…

La genesi di un mito

Dracula, di Bram Stoker (Milano, Fratelli Bocca Editore, 1945), ossia la rarissima prima edizione integrale italiana del libro cult del ‘900 mondiale (anche se la prima edizione inglese è del 1897) è un libro che negli ultimi anni ha acquistato notorietà crescente fra i comprovenditori sulla rete. Ormai è praticamente impossibile che un esemplare venga ignorato o non riconosciuto in un mercatino e ceduto per pochi euro.

Come si sa, in Italia esce una prima volta (in forma non integrale) per l’editore Sonzogno di Milano nel 1922 con il titolo di Dracula: l’uomo della notte e c’è un errore nel nome dell’autore (Brahm invece di Bram). Traduttore: Angelo Nessi. La copertina è la stessa in pratica dell’edizione francese del 1920 e nel volto del vampiro c’è una pur vaga rassomiglianza con quella dell’edizione ungherese di Drakula del 1898, per conto dell’editore Jëno Rakosi di Budapest.

Due decenni più tardi (l’anno è il 1945) entrano in scena gli Editori Fratelli Bocca di Milano. Stavolta l’edizione viene tradotta integralmente, da Remo Fedi. Copertina color seppia con un pipistrello marrone rossastro in primo piano, all’interno di un rettangolo. Quest’edizione (una “edizione di guerra“) risente naturalmente del periodo storico: la guerra, le difficoltà economiche nelle quali versavano anche gli editori, non ultima la difficoltà nei rifornimenti di carta e materie prime. Si tratta, perciò, di copie dall’aspetto fragile, un po’ sbiadite, spesso sovra-inchiostrate. Ma che conservano inalterato tutto il loro fascino.

La collana
Ed eccoci al punto focale di questa segnalazione: la collana. Dracula di Bram Stoker esce per gli Editori Fratelli Bocca nella collana cosiddetta “Romanzi occulti“. Dracula risulta essere il numero 7 della serie. Gli altri sono tutti romanzi esoterici ed iniziatici, alcuni di estremo interesse. Si spazia dal Tibet, alla magia, all’occultismo in senso stretto. Una scelta di campo non casuale quella di aver inserito il romanzo di Stoker. La prima cosa che non si può far a meno di notare è che i romanzi, benché numerati, non risultano elencati in ordine cronologico. Per esempio, il romanzo numero 1 della collana è stampato nel 1945 ma il numero 2 è del 1944 e così via. D’altra parte, si parla qui di una strana storia, no? La spiegazione credo che risieda nel fatto che, alcuni volumi, inizialmente previsti per il 1945, e numerati di conseguenza, furono invece stampati nel 1944 e viceversa. I titoli di cui si è a conoscenza sarebbero 14, ma soltanto di 11 si ha la certezza che siano stati effettivamente pubblicati.

Ecco l’elenco completo delle pubblicazioni (comprese quelle dubbie):

1. Mipam: il Lama delle Cinque saggezze, di Lama Yongden; Alessandra David-Neel (Milano, Fratelli Bocca, 1945, stampa 1944). Su eBay a 14,90 €.
2. Il domenicano bianco, di Gustavo Meyrink (Milano, Fratelli Bocca, 1944). Su eBay a 55,50 €.
3. La notte di Valpurga, di Gustavo Meyrink (Milano, Fratelli Bocca, 1944). Su eBay a 30,50 €.
4. Magia d’amore e magia nera: il Tibet sconosciuto, di Alexandra David-Neel (Milano, Fratelli Bocca, 1945, stampa 1944). Su eBay a di 34,63 €.
5. Zanoni, di Edoardo Bulwer Lytton; versione dall’Inglese con note di Francesco Cusani (Milano, Fratelli Bocca, 1945; 2° ed. nel 1952 ). Su eBay a 49,99 € – e a 7,50 €.
6. L’idillio del loto bianco, di Mabel Collins (Milano, Fratelli Bocca, 1944, stampa 1945). Su eBay a 20,50 €.
7. Dracula, di Bram Stoker ((Milano, Fratelli Bocca, 1945; 2° ed. nel 1952).
8. La sacerdotessa di Iside, di Edoardo Schuré (Milano, Fratelli Bocca, 1946). Su eBay a 19,50 €.
ex 8. L’angelo della finestra d’occidente, di Gustavo Meyrink; traduzione e introduzione di Julius Evola (Milano, Fratelli Bocca, 1949). Su eBay a 30,50 €.
9. Il fiore e il frutto, di Mabel Collins (Milano, Fratelli Bocca, dopo il 1949 oppure mai pubblicato).
10. (ma poi 9.). Il medico miracoloso: John Silence, di Algernon Blackwood (Milano, Fratelli Bocca, 1946). [Il medico meraviglioso] Su eBay a 35,40 €.
11. Romanzo senza parole: viaggio in astrale in venti notti successive, di Angiolo Biancotti (Milano, Fratelli Bocca, 1949). Su eBay a 15 €.
11bis. L’amante del Diavolo, di J. W. Brodie-Innes (Milano, Fratelli Bocca, dopo il 1949 oppure mai pubblicato).
12. Una strana storia, di Edward Bulwer-Lytton (Milano, Fratelli Bocca, dopo il 1949 oppure mai pubblicato).


Alcune curiosità

Uno dei titoli più misteriosi della collana è senz’altro il n. 9 (o meglio, che avrebbe dovuto essere il n. 9 – al posto de Il medico miracoloso), cioè: Il fiore e il frutto, di Mabel Collins (Milano, Fratelli Bocca, dopo il 1949 oppure mai pubblicato). Nessuna traccia, né sul sistema bibliotecario né sui canali di vendita. Il titolo in inglese è: The Blossom and the Fruit. A True Story of a Black Magician. Un romanzo sovrannaturale inquietante scritto nel 1887 che, si dice, fosse poi continuato da Madame Blavatsky, la nota medium e sensitiva di origine russa. Salvo sviste, o cambi di titolo radicali, il libro non sembrerebbe mai essere stato pubblicato in italia.

Poi c’è (o meglio, non c’è) L’amante del Diavolo, di J. W. Brodie-Innes (Milano, Fratelli Bocca, dopo il 1949 oppure mai pubblicato). Doveva essere il numero 11 della collana, secondo le intenzioni, ma non sembra essere mai uscito. John William Brodie-Innes (1848-1923) fu un membro di spicco dell’Ordine Ermetico del Tempio Amen-Ra della Golden Dawn di Edimburgo. Il libro era probabilmente la traduzione di The Devil’s Mistress, uscito in Inghilterra nel 1915. Il romanzo è ambientato nel 1600 ed è la storia di Isabelle Goudie, una contadina, con una vita noiosa e senza prospettive, fino a che il Diavolo entra nella sua esistenza. Prima di rendersene conto, Isabelle è innamorata e bramosa del Re delle Tenebre. E anche lui è colpito da Isabelle, i cui poteri spirituali completano perfettamente la sua divinità nera. Anche questo libro, non sembra mai essere stato pubblicato in Italia.

Ed eccoci a Una strana storia, di Edward Bulwer-Lytton (Milano, Fratelli Bocca, dopo il 1949 oppure mai pubblicato). Doveva essere il n. 12 della collana, ma se ne sono perse completamente le tracce, fino al 2019 quando il libro è uscito in Italia, per l’editore romano Settimo Sigillo, con un saggio introduttivo di Fabio Venzi. Dalla scheda editoriale:

“In questo romanzo l’autore ritorna sui temi trattati in Zanoni: il mesmerismo, la chiaroveggenza, l’ipnotismo, la visione di fantasmi e, soprattutto, l’occultismo. Ispirato da un sogno, il romanzo narra le vicissitudini di un dottore, Allen Fenwick, che si oppone al suo rivale, il dottor Lloyd, sostenitore delle teorie e dottrine di Mesmer. Il corso degli eventi lo porterà a rivedere la sua posizione ed in particolare ad accettare che l'”anima” è qualcosa di separato dall’esistenza corporale. Fenwick percorrerà così un vero e proprio percorso iniziatico, un “rito di passaggio”, alla scoperta di se stesso e dei “misteri” della vita. Una strana storia, dopo Zanoni e La Razza ventura, che completa la trilogia dei romanzi occultisti di Bulwer-Lytton.”

mercoledì 27 maggio 2020

L’ARTE DELL’ALCHIMIA IN MOSTRA A CUNEO

tratta da L'Opinione del 09 agosto 2019

di Dalmazio Frau

Nessun “dialogo” ma soltanto il silenzio ermetico del Mutus Liber dell’Arte Alchemica, è presente nella splendida mostra Ars Regia, in questi giorni a Palazzo Taffini d’Acceglio dove resterà aperta al pubblico sino al prossimo gennaio, a Savigliano in provincia di Cuneo.

Ne è artefice e curatore sopraffino Enzo Biffi Gentili, noto e attento conoscitore di arti applicate, al quale si deve già il successo de Il Cuneo gotico, Artieri fantastici realizzato sempre nella Granda negli anni passati. In questa sua nuova mostra si tratta un argomento affascinante che ha impegnato lungo i secoli personaggi famosi e ignoti, nobili, ricchi e gente del popolo: l’Alchimia. Quell’arte regale e spirituale che tanto ha a che vedere con le Arti, ritenuta originaria dell’antico e misterioso Egitto e giunta sino a noi attraverso i sogni del Medio Evo e del Rinascimento, giù nell’età barocca, nel Secolo dei lumi, nell’Ottocento romantico e di là sino ai giorni nostri senza mai aver perduto il proprio affabulante mistero.

Biffi Gentili ha voluto una mostra colta e raffinata ma anche per tutti coloro che, più o meno sapienti, abbiano almeno una volta nella loro vita sentito narrare della Pietra Filosofale o dell’Elisir d’immortalità. Un’operazione artistica e culturale unica oggi nel nostro Paese, questa di Ars Regia, che conduce il visitatore, curioso o incuriosito, a scoprire le terre della dinastia di Casa Savoia, spesso ammantate di miti e di mistero, quella stessa dinastia che vide dal XIV secolo al primo Settecento, un notevole interesse nell’Arte Regale da parte dei propri alchimisti di corte.

Sono nelle belle sale di Palazzo Taffini d’Acceglio, in mostra le opere pittoriche di Pinot Gallizio, lo spagirista paracelsiano discepolo novecentesco dell’Abate Tritemio, come fu discepolo di questi nel convento di Sponheim in Germania, uno dei più grandi teurghi del Rinascimento: Enrico Cornelio Agrippa.

Gallizio è un artista contemporaneo oggi scomparso, ma proprio per questo rinnova nella propria arte pittorica il pensiero e la dottrina filosofica della Grande Opera con i suoi studi che si rifanno direttamente agli insegnamenti di Fulcanelli, l’alchimista sfuggente che rivelò al pubblico i misteri delle cattedrali gotiche e delle Dimore Filosofali.

Una mostra “sensoriale” dunque, che coinvolge il visitatore anche con i profumi oltre che con la vista e il tatto in un percorso, quasi un cammino iniziatico, suddiviso in otto singolari tappe: Le esequie alchemiche; L’anticamera ardente; Nel crogiuolo della Granda; Sei artieri ermetici; Un Oratorio “eretico”; Alla ricerca dell’oro ceramico; L’aroma del Sacro; Le alchimie ludiche.

Tutte queste diramazioni, otto vie ermetiche che conducono a un’unica Verità sapienziale, in realtà sollevano nuovi enigmi, ulteriori misteri da rivelare da parte di tutti coloro che avendo anima, spirito e corpo ancora vivi, non hanno timore a fare un passo oltre la Soglia del conosciuto in cerca del Sole di Mezzanotte.

sabato 23 maggio 2020

I LUOGHI LEGGENDARI RACCONTATI DA ECO

tratto da L'opinione del 31 ottobre 2015

di Giuseppe Talarico

Esistono libri singolari che riescono a suscitare nell’animo del lettore sensazioni di stupore e meraviglia. Appartiene a questa categoria di opere letterarie, l’ultimo saggio di Umberto Eco, pubblicato dall’editore Bompiani con il titolo “Storia delle terre e dei luoghi immaginari”. Il volume è impreziosito da una vasta raccolta antologica, che conclude ognuno dei quindici capitoli da cui è composto, e da illustrazioni raffinate che riproducono i quadri e le immagini che sono stati ispirati dalle credenze e dalle illusioni sorte intorno ai luoghi immaginari e leggendari. Nella prima parte del libro, di gradevole lettura per la chiarezza della scrittura con cui il maestro Umberto Eco ha scritto i saggi in esso contenuti, viene riassunta e raccontata la leggenda legata alla esistenza del regno degli Antipodi.

Infatti secondo questa leggenda, poiché la terra era considerata piatta, si credeva che dall’altra parte del pianeta vi fosse un altro regno, in cui le persone vivevano in posizione capovolta. Eco, a questo proposito, osserva che già nel mondo antico, come risulta dai testi dei presocratici Parmenide e Pitagora, si conosceva la forma sferica della terra. In ogni caso del regno degli antipodi ne hanno parlato Virgilio nelle Giorgiche, Lucano nella Pharsalia, Plinio nella Storia Naturale. A differenza di quello che si crede, già nel medioevo, malgrado fosse prevalente la concezione tolemaica, si sapeva della forma sferica della terra. Nelle prima parte, citando le origini del popolo ebraico e le famose dodici tribù e quella di Giuda, a cui si deve la fondazione di Gerusalemme, Eco ricorda come lungo i secoli si è cercato di capire e conoscere quale forma architettonica avesse il primo tempio di Gerusalemme, famoso per il suo splendore e la sua bellezza, distrutto da Nabuconodosaor nel 586 A.C. Intorno al regno di Salomone, famoso per essere un luogo ricco e piacevole quanti altri mai, è sorta una leggenda. Giunta in questo luogo, la regina di Saba pare che non lo abbia più abbandonato e si sia convertita all’Ebraismo.

Ma da dove proveniva la regina di Saba? Su questo punto, seguendo le sue ricerche di grande erudito, Eco fornisce molte notizie ed interpretazioni. Si suppone che la Regina di Saba provenisse dall’Etiopia, in Africa, terra che in questo periodo storico pare fosse un Paese nel quale regnassero il benessere e la ricchezza. Molto belle ed indimenticabili sono le pagine nelle quali Eco ripercorre i luoghi descritti da Omero nella Odissea. Ricorda lo studioso come lungo i secoli si sia tentato di stabilire dove si trovassero l’isola di Ogigia e quella dei Feaci, nelle quali Ulisse visse parte della sua lunga avventura umana. Per alcuni studiosi questi luoghi descritti da Omero erano nel mediterraneo, per altri come Felice Vinci in realtà Ulisse avrebbe compiuto il suo lungo viaggio nel nord dell’Europa, precisamente nel Baltico. Per evocare le leggende sorte intorno al mondo Orientale, Eco richiama ampi brani del Romanzo di Alessandro, nel quale vi è una precisa descrizione delle creature mostruose e dei luoghi ignoti e selvaggi e mirabolanti scoperti dal grande conquistatore macedone, durante le sue imprese belliche.

Nel libro della Bibbia Genesi vi è il racconto del paradiso terrestre, da cui furono esiliati Adamo ed Eva. Ora anche nella cultura greca, come risulta dall’opera letteraria di Esiodo le Opere ed I Giorni, esisteva la credenza che vi fossero i regni felici di Crono e Saturno, nei quali era assente la sofferenza, la ingiustizia, il male ed il dolore umano. A questo proposito, in questa parte del libro, Eco giustamente osserva che la inclinazione della mente umana a vagheggiare terre meravigliose e luoghi paradisiaci nasceva dalla constatazione che il mondo reale è sempre stato, durante la storia umana, per molti aspetti deludente e imperfetto, perché incapace di assicurare la libertà e la felicità agli uomini. Il mito di Atlantide, la grande isola che si sarebbe inabissata nelle profondità del mare, è stato raccontato da Platone in due suoi celebri dialoghi, il Timeo ed il Crizia. Di questa leggendaria isola hanno parlato nelle loro opere sia Tertulliano sia Plutarco nella vita di Solone. Lungo i secoli continui e reiterati sono stati i tentativi di individuare la posizione geografica di Atlantide. Per alcuni si trovava oltre il territorio Spagnolo, per altri in luoghi geografici diversi. Intorno al mito legato alla leggenda di Atlantide è sorta una vasta letteratura occultistica.

Molto interessante sul piano culturale è il capitolo dedicato alla lettera famosa del prete Gianni, di cui Marco Polo ha parlato nel suo libro il Milione. Proprio il regno del Prete Gianni, secondo la interpretazione di Umberto Eco, ha favorito le esplorazioni geografiche intorno nell’Asia ed in Africa, consentendo agli uomini del tempo di approdare su terre sconosciute. Molto bello è il racconto di Thule e degli Iperborei. Secondo questa leggenda, la culla della civiltà dovrebbe essere identificata con il Nord Europa. Infatti da queste terre, nel mondo antico, sarebbero discese le popolazioni evolute e superiori, le quali, una volta pervenute nel mare Egeo, avrebbero dato vita alla fondazione della cultura classica. Al mito degli Iperborei è legata la convinzione che vi siano razze umane superiori ed altre inferiori, i popoli situati nel mediterraneo e nel Sud dell’Europa. Questa legenda ha alimentato la idea, coltivata dai nazisti, che vi sia la possibilità di dimostrare la superiorità e purezza della razza ariana. Sul santo Graal nel libro il lettore troverà le pagine più belle ed emozionanti. Secondo una leggenda il Santo Graal sarebbe il calice in cui è stato raccolto il sangue di Cristo, dopo la sua crocifissione. Secondo un’altra e diversa interpretazione di questa leggenda, il sacro Graal si riferisce alla dinastia che sarebbe discesa da Gesù di Nazareth.

Gesù, in base a questa leggenda, sarebbe sopravvissuto alla crocefissione. Con Maria Maddalena avrebbe raggiunto la Francia, dove sarebbero nati i suoi figli, da cui avrebbe preso origine la dinastia Merovingia. Questa leggenda del Sacro Graal è legata ad un luogo specifico, l’abazia di Rennes-Chateau situata in Francia, ed al racconto leggendario del Priorato di Sion, in cui sono coinvolti i Templari ed i Rosacroce. Belle e indimenticabili le pagine nel libro in cui viene descritta l’Utopia, che designa il luogo che non c’è e non esiste, ed il modo in cui è stata rappresentata e vagheggiata nelle opere di Tomas More, da Tommaso Campanella nella Città del sole, da Platone nel libro la Repubblica. Nel Capitolo finale Eco, da grande intellettuale, in un saggio bellissimo evoca i luoghi letterari presenti in alcune grandi opere come le Città Invisibili di Itali Calvino, il Deserto dei Tartari di Dino Buzzati, l’Aleph di Luis Borges, l’Isola del Tesoro di Stevenson. Il lettore di queste opere letterarie, in base a quello che Eco chiama il contratto funzionale, è consapevole che questi luoghi sono inesistenti.

Tuttavia, proprio perché intuisce il valore conoscitivo del linguaggio basato sulla finzione letteraria, si pone rispetto ad essi, per coglierne il valore simbolico, come se siano realmente esistiti. Un libro questo di Eco, grazie al quale è possibile sia cogliere il legame che vi è tra le leggende del passato e le credenze che hanno alimentato lungo i secoli sia quanto sia difficile distinguere ciò che è vero da ciò che è falso nel racconto che la storia ci propone del passato.


mercoledì 20 maggio 2020

I Misteri di Eleusi

in collaborazione con l'autore Michele Leone: https://micheleleone.it/i-misteri-di-eleusi/

Appunti sui Misteri di Eleusi


Al principiare dell’autunno nel mese di Boedromione, in Attica, ad Eleusi, cittadina non lontana da Atene si svolgevano i Misteri detti Eleusini. Di questi misteri conosciamo poco o nulla perché gli iniziati agli stessi hanno sempre avuto cura di mantenere il più stretto riserbo e segreto sulle pratiche da essi svolte all’interno dei Templi e Santuari.

Il riserbo e la segretezza del culto è sempre stato un elemento caratterizzante degli iniziati e dei membri delle società segrete di ogni tempo ed epoca. Ancora oggi in Italia, su questo argomento, a causa della polemica o della ignoranza, vengono fatte campagne antimassoniche.

I misteri in generale erano in parte culto pubblico e in parte culto iniziatico, ovvero, per potervi partecipare era necessario aver subito una iniziazione.

Il rito iniziatico e segreto, all’interno di uno o più culti pubblici, evocano da soli e facilmente i riti di pubertà, quel <<rituale iniziatico>> che <<mira… a trasformare l’individuo in conformità alla “norma” che la comunità pone davanti ai propri membri adulti>>. In questo modo il segreto acquisito attraverso l’iniziazione discrimina tra iniziati e non iniziati, e nelle società tradizionali, in cui hanno efficacia culturale e tradizionale i riti di iniziazione, esso separa i maschi adulti, detentori del segreto, dal complesso rappresentato dai pre-puberi e dall’universo femminile. È questo il rito che usa la tortura, dall’avulsione dell’incisivo alla subincisione penica, dalla scarnificazione delle spalle alla circoncisione al tatuaggio, per fissare sul corpo, in maniera indelebile, l’identità guadagnata passando attraverso l’<<altro mondo>>. Questi segni, che non possono più venire cancellati, accompagneranno il neofita fino alla fine dei suoi giorni e la <<legge>> rimarrà così per sempre descritta sul suo corpo, nel quale la società potrà riconoscersi e per mezzo del quale potrà sentirsi garantita. La legge condivisa scandita dal silenzio con cui è subita la tortura rituale, essa può coincidere con i costumi tribali e con l’obbligo di non rivelare il segreto guadagnato attraverso la prova rituale. Ma l’accesso al sapere del gruppo conservato dagli adulti può anche rivelare ai nuovi iniziati l’inconsistenza e l’incompletezza delle informazioni ricevute nella fase anteriore all’iniziazione, o nei diversi gradi della climax iniziatica, là dove è contemplata. Così, per esempio, tra i Baktaman della Nuova Guinea, l’entità del segreto posseduto e non rivelabile, se discrimina tra iniziati e non iniziati, nello stesso tempo decide anche la gerarchia sociale. […] Se fosse ora possibile applicare questo schema interpretativo ai misteri greci e in particolare ai misteri di Eleusi, essi allora, attraverso l’ostensione annuale del segreto, contribuirebbero a consolidare periodicamente il fondamento etnico prima e civico poi della religione greca, divenendo così <<un supplemento tanto necessario quanto armoniosamente integrabile>> nei confronti dei culti pubblici. Tuttavia non si può ignorare che i misteri, a differenza dei riti iniziatici tribali, non implicavano alcun mutamento di status sociale dell’individuo, <<che del resto sarebbe stato impossibile in un rito panellenico>>. Pertanto, anche ammesso che si possa dimostrare che i riti iniziatici di pubertà siano all’origine dei culti misterici – e non è detto che ciò possa valere comunque e in ogni caso -, resta che l’esito storicamente documentato e documentabile non è riconducibile che per forma e struttura alle iniziazioni tribali. (Paolo Scarpi, a c. Le religioni dei misteri, vol. I, Fondazione Valla, Milano 20124, pp. XIX-XX).

I misteri di Eleusi celebrano il culto di Demetra e si ritiene siano stati fondati intorno al 1550 avanti la nostra era, la loro diffusione in tutta la Grecia e non solo avvenne a partire dal VII secolo avanti la nostra era quando Eleusi divenne parte della città Stato di Atene.

Un inizio sull’origine di questo culto, praticato per duemila anni, la possiamo trovare nell’inno omerico a Demetra. Così parla la dea nell’inno:

Uomini ciechi, senza sagacia, che nulla sapete

mai preveder del fato che avanza, sia buono, sia tristo!

D’un mal senza rimedio t’è causa la tua stolidezza.

L’onda implacabile sappia di Stige, ch’è il giuro dei Numi,

sappia che immune sempre da morte e vecchiaia tuo figlio

io reso avrei, concessi gli avrei privilegi immortali.

Ora, non più potrà sfuggire le Parche di morte,

sebbene onore avrà perenne, perché l’ho raccolto

sopra le mie ginocchia, fra queste mie braccia ha dormito.

Dèmetra io sono, colma d’onori, che agli uomini arreca

sommo vantaggio, più che ogni altro dei Numi, e diletto.

Ed ora, il popol tutto mi deve innalzare un gran tempio,

e presso un’ara, lungo la fonte Callícora, sotto

l’eccelse mura della città, sopra il clivo che sporge.

Dalla lettura dell’inno omerico è possibile evincere due tipi di iniziazione legate a Demetra e conseguentemente ai misteri di Eleusi: la prima è legata alla mancata immortalizzazione di Demofonte da parte della dea per colpa di Metanira che la sorprende mentre prova a rendere immortale il bambino attraverso il fuoco. La seconda dovuta al suo riunirsi con la figlia Persefone.

I misteri di Eleusi sono cari ancora oggi agli appassionati di esoterismo, e non pochi provano a vedere nella piramide dei gradi delle moderne scuole iniziatiche una somiglianza o eredità con i piccoli e grandi misteri di Eleusi. I grandi Misteri si celebravano nel mese di Boedromione, con l’arrivo della primavera si celebravano i piccoli misteri nel mese di Antesterione. Le cerimonie duravano otto giorni e <<tutti quelli che avevano le mani pure>> e parlavano greco, donne e schiavi compresi, avevano diritto di parteciparvi – evidentemente se in primavera avevano compiuto i riti preliminari, ad Arga. (Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, Vol. I, Bur, Milano 20133, p.321).

Potrebbe interessarti: Le religioni dei Misteri

Le mani pure, così come molti altri temi delle iniziazioni antiche si riscontrano a volte senza significative variazioni nelle moderne società segrete o scuole iniziatiche. Vedremo a breve l’importanza del modello di Eleusi per tutta la tradizione esoterica occidentale e soprattutto il suo lascito per quanto riguarda il segreto.

Anche Erodoto tace sui Misteri: E per quel che concerne il rito iniziatico di Demetra, che i greci chiamano Tesmoforie, su di esso mi sia consentito restare in religioso silenzio, tranne per ciò che è consentito dire. Il silenzio sui misteri e l’impossibilità di parlarne ritorna sovente nella letteratura.

Eliade ci racconta parte della cerimonia:

Il primo giorno la festa si svolgeva nell’Eleusinion di Atene, ove il giorno prima erano stati solennemente trasportati da Eleusi gli oggetti sacri (hiera). Il secondo giorno la processione si dirigeva verso il mare. Ogni aspirante all’iniziazione, accompagnato da un tutore, portava con sé un porcellino che lavava nelle onde e sacrificava al ritorno ad Atene. Il giorno successivo, alla presenza dei rappresentanti del popolo ateniese e delle altre città, l’arconte basileus e la sua sposa eseguivano il grande sacrificio. Il quinto giorno segnava il momento culminante delle cerimonie pubbliche. Un’enorme processione partiva all’alba da Atene. I neofiti, i loro tutori e numerosi Ateniesi accompagnavano le sacerdotesse che riportavano ad Eleusi gli hiera. Verso la fine del pomeriggio la processione attraversava un ponte sul Kephisios e là uomini mascherati lanciavano insulti contro i cittadini più importanti. Al calare della sera, con torce accese, i pellegrini entravano nel cortile esterno del santuario. Una parte della notte era dedicata alle danze e ai canti in onore delle dee. Il giorno successivo gli aspiranti all’iniziazione digiunavano ed offrivano sacrifici; circa i riti segreti (le teletes) possiamo, però, soltanto avanzare alcune ipotesi. Le cerimonie che si svolgevano all’esterno e all’interno del telesterion si riferivano probabilmente al mito delle due dee. Si sa che gli iniziandi, con le torce in mano, imitavano Demetra vagante con fiaccole alla ricerca di Persefone. (Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, Vol. I, Bur, Milano 20133, pp.321-322).

In un frammento di Porfirio troviamo una interessante descrizione: Nei misteri di Eleusi lo ierofante si veste a immagine del demiurgo, il daduco a immagine del sole e il sacerdote dell’altare a immagine della luna. L’araldo sacro a immagine di Ermes.

I misteri di Eleusi erano depositari di un messaggio segreto o una prospettiva escatologica?

Coniugata con Atene, ma a questa esterna, in ragione anche della ξενία mitologica degli Eumolpidi, Eleusi rappresentava per Atene l’<<alterità>> dove si annullavano le differenze tra cittadini e nello stesso tempo tra gli uomini e gli dèi e dove la città periodicamente si rifondava. Essa era lo spazio <<altro>> e simbolicamente esterno dove si rinnovava la vicenda mitica che aveva portato ad addomesticare la morte rendendola uno strumento di rifondazione periodica della presenza, un modo per conferire senso all’<<essere-nel-mondo>> dell’uomo – non dunque un messaggio segreto come vorrebbe Burkert: <<A noi pare che debba esserci stato un particolare messaggio eleusino, un segreto ma preciso annuncio del superamento della morte>>. Nella prospettiva etnocentrica ateniese il culto eleusino, con il suo messaggio escatologico implicato dall’addomesticamento della morte, assumeva i connotati di un privilegio di cui godeva Atene, dalla quale però era generosamente diffuso tra tutti gli uomini. Ma proprio perché conferiscono senso alla morte i misteri si rivelano una grande metafora della vita, là dove evocano nel mito le nozze e nel rito la gravidanza e il parto, all’interno dell’ottica di un sistema che considera la famiglia elementare il perno attorno a cui ruotano la cultura e la vita associata. (Paolo Scarpi, op. cit. pp.9-10).

Eliade ci ricorda che gli iniziati ai Misteri di Eleusi non formavano una “Chiesa” né un’associazione segreta comparabile ai Misteri dell’età ellenistica (Mircea Eliade, op. cit. p.326). Ma conclude con una riflessione che è importante per viaggio nella storia delle società segrete ed iniziatiche che affrontiamo in queste pagine: In fin dei conti, i Misteri di Eleusi – oltre alla loro parte centrale nella storia della religiosità greca -, hanno dato indirettamente un contributo significativo alla storia della cultura europea: in particolare le interpretazioni del segreto iniziatico. Il prestigio unico di tale segreto finì per fare di Eleusi un simbolo della religiosità pagana. L’incendio del santuario e la soppressione dei Misteri segnano la fine “ufficiale” del paganesimo. Cosa che, d’altronde, non implica la scomparsa del paganesimo, ma il suo occultamento. Il “segreto” di Eleusi continua ad assillare l’immaginazione dei ricercatori. (Mircea Eliade, op. cit. p.328).

Alcune società segrete o scuole iniziatiche in qualche modo sono ancora oggi portatrici di segreti e forse in una qualche maniera anche del segreto di Eleusi. È necessario però, come sempre, separare il grano dal loglio. Per farlo bisogna affrontare la storia delle idee e del genere umano senza pregiudizi, armarsi di una molteplicità di strumenti ed avere pazienza, dedizione e ferrea volontà.

       Gioia – Salute – Prosperità

sabato 16 maggio 2020

SIMONA CIGLIANA SCAVA NEI LEGAMI TRA OCCULTISMO, ESOTERISMO, CULTURA E POLITICA

tratto da L'Opinione del 10 settembre 2019

di Fabrizio Federici

Il 1848 non fu solo l’anno delle prime grandi rivoluzioni nazionali e liberali, dietro cui avanzavano le prime istanze socialiste. A fine marzo di quell’anno, contemporaneamente alle Rivoluzioni europee, negli Usa, e precisamente nel piccolo villaggio di Hydesville, sperduto tra campi di grano e covoni a nordovest di New York, iniziavano ufficialmente (ma sin dall’antichità classica vi erano stati tanti prodromi) quelli che la scienza – con termine suggestivo quanto riduttivo – ha chiamato poi fenomeni paranormali.

Ad Hydesville, infatti, nella povera casa della famiglia Fox – padre, madre e due figlie adolescenti – da vari mesi erano iniziati strani fenomeni, che oggi chiameremmo di “poltergeist”: soprattutto ripetuti rumori, nel cuore della notte, senza alcuna plausibile spiegazione, che sembravano provenire da misteriose entità, con cui le due ragazze, e la stessa signora Fox, riuscirono in qualche modo a mettersi in contatto mediante una sorta di primitivo alfabeto Morse. Diffusasi sui giornali locali, e da lì un po’ in tutti gli States, la notizia richiamò in breve tempo una crescente folla di curiosi (tra cui anche celebri studiosi), che gradualmente fece di Hydesville (l’accostamento non sembri irrispettoso) la “Lourdes del paranormale”. Per le due sorelle, soprattutto, iniziarono i “momenti di gloria” come presunte “veggenti laiche” (salvo poi rimangiarsi, in tarda età, buona parte delle loro dichiarazioni). Ma i fenomeni paranormali e le discipline destinate a studiarli – poi variamente definite, da “parapsicologia” a “ricerca psichica” – erano ormai entrati nella storia.

Simona Cigliana, docente di Letteratura italiana, Critica militante e Letterature europee comparate all’Università “La Sapienza” di Roma e in altre università europee, autrice di vari saggi su autori dell’Otto-Novecento e sui rapporti tra occultismo, spiritualismo e storia delle avanguardie, ha ora pubblicato “Due secoli di fantasmi” (Edizioni Mediterranee, 2019, euro 24,50).

Una carrellata su almeno due secoli di fenomeni paranormali che non è un’“antologia” di storie di tavolini ballanti, case infestate, poltergeist e presunte reincarnazioni. Ma, da un lato, un’indagine seria su come spiritualismo, occultismo ed esoterismo, col loro corredo di spiritualità alternative, hanno interagito con la cultura ufficiale dell’Occidente, spesso con importanti contributi. Non solo dall’alchimia medioevale e rinascimentale alla chimica moderna ma, per esempio, dalla “ricerca psichica” classica, tra Settecento e Novecento, alla medicina, alla psicologia dinamica e alla stessa fisica; per non parlare dei rapporti, ormai accettati anche dalla scienza ufficiale, tra fisica quantistica, filosofia e ipotesi di mondi alternativi (nello studio dei “buchi neri”, ad esempio).

Dall’altro, un invito a non fermarsi mai alla logica delle apparenze, del “credo solo a ciò che vedo”: ma – senza mai sminuire la ragione e l’esperienza, né dare credito ai primi millantatori e ciarlatani – cercare di approfondire la conoscenza sia delle energie naturali che della psiche e del cervello umano. Delle cui complesse, sofisticate facoltà, gran parte della scienza oggi ritiene che l’uomo medio utilizzi, normalmente, una percentuale davvero minima.

Leggendo il libro di Simona Cigliana scopriamo così che Garibaldi, ad esempio, noto massone, anche Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, fu, dal 1863, presidente onorario di una società spiritica veneziana, in contatto con Madame Blavatsky, fondatrice della Società Teosofica, e la sua continuatrice, Annie Besant; che Giuseppe Mazzini, cultore di esoterismo, credeva nella reincarnazione, e l’ultrapositivista (nonché socialista) Cesare Lombroso, studiando più volte la celebre medium Eusapia Palladino, nel 1891 fece pubblicamente ammenda, sulla “Tribuna giudiziaria” di Napoli, del proprio iniziale scetticismo nei confronti della medium.

Ma, soprattutto (l’autrice si ricollega, qui, anche ad autori precedenti, dal massimo politologo italiano, Giorgio Galli, all’anglosassone Nicholas Goodrick-Clarke e al francese René Alleau), troviamo chiaramente individuati i legami tra esoterismo e politica. Sin dal Settecento dei “Lumi” e del mesmerismo, infatti, era evidente il nesso tra movimenti per il rinnovamento spirituale e società rivoluzionarie (buona parte della Massoneria, anzitutto, ma non solo). Nell’Otto-Novecento questo legame si rafforza ancor più: con il politico e spiritualista, britannico Robert Dale Owen che è figlio di quel Robert Owen tra i fondatori del movimento cooperativo inglese; e, soprattutto, il socialista rivoluzionario Blanqui, protagonista di tutti i moti dal 1830 al 1870 e che, in tarda età, elabora una visione cosmologica incentrata sulla reincarnazione e sulla teoria (soprattutto nietzschiana) dell’“eterno ritorno”.

La filosofia di fondo di questo saggio, che è difficile non condividere, è che l’uomo di oggi, soprattutto se ricercatore serio, al di là dell’impegnarsi specificamente su questi temi, se vuole restituire credibilità alla scienza può farlo solo riprendendo quella che è stata, in fondo, l’idea base della cultura antica, medioevale e rinascimentale: cioè l’unitarietà del sapere, la continua osmosi (non la contrapposizione) tra cultura scientifica in senso stretto e cultura umanistica. La visione olistica, in sostanza, dell’uomo e del suo rapporto con l’universo.


mercoledì 13 maggio 2020

DI SAN VALENTINO E ALTRI MISTERI

tratto da L'Opinione del 12 febbraio 2020

di Dalmazio Frau

A breve ricorrerà puntuale e immancabile con tutta la propria panoplia commerciale, la festività di San Valentino, che da mito agiografico, nei secoli, è diventata la realtà agrodolce dei Peanuts o – peggio – il momento di sgravarsi la coscienza tra le coppie più ipocrite e vili con una scatola di cioccolatini, un invito a cena o un mazzo di fiori, dopo di che tutto ritorna come prima.

Invece, approfittando della data, mi piace ricordare un amore antico, perduto nelle nebbie della leggenda, di come esso fu cantato e di come esso fu dipinto in maniera sublime e insuperata, tra il 1872 e il 1877, da Edward Burne Jones nel suo The Beguiling of Merlin.

L’opera raffigura l’infatuazione di Merlino per Nimue, la Dama del Lago dalla quale l’arcimago che guidò le armate di Artù, viene imprigionato in catene fatte d’aria o di cristallo, o nel folto d’un bosco, in una caverna inaccessibile dalla quale egli continuerà a vivere e a profetare sino al Giorno del Giudizio. Merlino, sapiente e potente, indifeso davanti all’amore di Nimue, è mostrato nel suo essere avviluppato dal biancospino delle Fate, mentre la Dama del Lago al suo fianco, legge il libro di incantesimi che gli ha abilmente sottratto. È forse la volontà stessa del Gran Mago di cedere il proprio sapere per amore della Dama, dunque non un inganno, ma un dono d’amore per lei…

Da questo, mutevole ed evanescente, riscopriamo una versione che invece canta di Merlino e di Viviana, la Dama del Lago, in maniera differente e sorprendente.

Ormai vecchio il sommo druida s’innamora di Viviana, ancora giovane e splendida, e per lei e per lei soltanto, con la propria magia costruisce, in mezzo a un lago, un castello invisibile. Dopo di questo crea per sé un sepolcro incantato, una grotta di cristallo che, dopo la loro morte, accoglierà incorrotti per sempre il suo corpo e quello di Viviana. Ma la Dama del Lago, dopo essersi fatta insegnare da Merlino gli arcani delle arti magiche, con un inganno, lo rinchiuderà ancora vivo nel sepolcro incantato.

Questa è la versione tradotta e adattata dell’antica ballata su come Merlino s’innamorò e cedette la propria vita per amore a Viviana:

Presso la fontana

Lui un giorno la trovò,

Vide da lontano il giallo

Della veste che portava su di sé

“Dimmi cosa vuoi

Che io ti possa regalare,

Grande è il mio potere,

Quello che vuoi io posso fare”.

“Non ti prenderai gioco di me, tu

Non sei certo quello che

Io sto aspettando.

Quando lui verrà,

Allora mi alzerò

E, seguendo lui,

Di qui io me ne andrò”,

“Tu non credi di essere qui per me

Ma ancora troppo giovane tu sei

Quando avrai come me vissuto mille anni,

Allora forse capirai”.

“Dimmi cosa vuoi

E io te la darò,

Tu pensi ancora che non mi seguirai mai,

Ma di te farò un albero fiorito,

Poi ti guarderò fino a quando appassirai”.

“Non ti prenderai gioco di me, tu

Non sei certo quello che

Io sta aspettando.

Hai vissuto già

Per mille anni,

Ma sei giovane, lo vedo,

Forse più di me”.

Quella volta infine si adirò

E in un vasto lago la mutò

E dall’alto di una bianca torre

Per il resto del tempo lui l’amò. (*)

E così il potente Merlino, in grado di comandare ai venti e alle tempeste, di evocare la nebbia, far danzare le grandi pietre azzurre alla musica della sua arpa; Merlino Il Figlio del Diavolo, forgiatore di Re; Merlino l’incantatore che parla agli animali e domina i draghi, per amore s’inginocchia e per amore costruisce un nuovo mondo, fatto della trama stessa dei sogni e delle meraviglie, scegliendo, per amore, di trascorrere l’immensità del tempo a guardare la donna che ha scelto come propria compagna per sempre.

Buon San Valentino dunque, e non dimenticate che dietro ogni leggenda, esiste sempre – nascosta ma non troppo - una terribile verità che strazia il cuore e dilania l’anima, ma che rende questo mondo un po’ migliore.

(*) La versione è di Luisa Zappa

sabato 9 maggio 2020

Ufo gli archivi inediti

Il prossimo giugno uscirà in libreria il libro "Ufo gli archivi inediti", (Luxco Editions) di Francesca Bittarello, nota ufologa, ideatrice ed organizzatrice del Convegno di Ufologia città di Pomezia e di Ufology WORLD. Il libro è acquistabile dal sito della casa editrice senza spese di spedizione al seguente indirizzo: https://www.luxcoeditions.com/catalogue/ufo-gli-archivi-inediti
Il libro gode di una prefazione di Pablo Ayo e di una postafazione di Antonio Chiumiento. Il fenomeno UFO esplose a livello mediatico tra gli anni cinquanta e i sessanta: oggetti volanti sconosciuti e misteriosi umanoidi venivano avvistati ovunque nel mondo, con numerosi testimoni che nonostante le derisioni e l’ostilità della stampa, rilasciavano delle dichiarazioni preziose e ricche di dettagli. L’autrice ha vagliato a lungo molti casi, in parte inediti al grande pubblico, andando a estrarre dal proprio archivio personale proprio i casi appartenenti a quel periodo storico. Così facendo è riuscita a fornire una rilettura in chiave attuale dei casi più comprovati e dei testimoni più credibili, scovando delle informazioni importanti che, grazie alla mentalità tecnologica dei nostri giorni, riusciamo a comprendere con maggiore chiarezza. Dall’Austria alla Germania, dalla Francia alla Norvegia, dagli Stati Uniti al Brasile, gli UFO e i loro piloti extraterrestri sono stati visti e raccontati, storie affascinanti e rivelatrici che spesso sono finite in dei trafiletti giornalistici di poco conto e dimenticate. Non mancano poi tanti casi italiani: Torino, Rovigo, Siena, Livorno, Porto Torres e tanti altri luoghi del nostro Paese dove una generazione – quella dei nostri nonni e padri - ha visto qualcosa di alieno con i propri occhi e ce lo ha raccontato.

Non mancano le analisi di eventi a noi più recenti e talvolta sconvolgenti, come il “Caso Lubian”, riportato qui per la prima volta al pubblico: nelle campagne di Reggio Emilia si sono avvicendati avvistamenti UFO, presenze misteriose, esseri zoomorfi e persino i Men in Black. L’autrice propone inoltre una nuova e efficace metodologia di casistica dei casi UFO, dei testimoni, dei debunkers, sul mimetismo degli oggetti volanti non identificati e sul fenomeno dei Cerchi nel Grano, argomento quest’ultimo che studia da anni.

Categoria: Ufologia
Autore: Francesca Bittarello
Formato A5 / 283 pagine
Data 20 giugno 2020
ISBN: 978-2-902114-17-7
Prezzo: 16,49 euro
https://www.luxcoeditions.com/catalogue/ufo-gli-archivi-inediti

mercoledì 6 maggio 2020

La maledizione dei Faraoni tra realtà e fantasia

in collaborazione con il blog Fanta-Teorie:

https://fanta-teorie.blogspot.com/2020/04/la-maledizione-dei-faraoni.html

Sono molte le superstizioni riguardo le maledizioni delle tombe degli antichi Faraoni. Fantasia o Realtà?
Sembra che ci sia poco di vero nei nefasti auguri incisi sulle antiche tombe egizie. Queste maledizioni servivano soprattutto per tenere lontano i predoni di tombe. Probabilmente i sacerdoti che le emanavano erano davvero convinti della loro efficacia e per questo le disseminavano ad ogni tomba che avesse importanza. Almeno questo siamo stati predisposti a pensare secondo la storia tradizionale. E se invece i sacerdoti usavano le maledizioni per nascondere un altro pericolo? Almeno una parte di loro, ovvero quelli che conservavano la vera conoscenza degli antichi, coloro che per molti hanno costruito la Grande Piramide e la Sfinge. Chi siano questi antichi sapienti non ci è dato saperlo ma possiamo solo ipotizzare.
Partiamo dal principio.
Nel 1956 Zakharia Ghoneim riuscì tramite calcoli matematici basati sulla struttura a trovare l'entrata della Piramide di Djoser che secondo l'egittologia classica è la prima piramide costruita dagli antichi egizi. A differenza delle successive quella di Djoser è a gradoni molto simile alle piramidi presenti in Sud America e in Mesopotamia. A questo punto due possono essere le motivazioni di tale somiglianza.
1) I costruttori della piramide di Djoser condividevano le conoscenze dei costruttori delle piramidi mesopotamiche e sud Americane.
2) La struttura a gradoni è più semplice da realizzare e man mano che sono diventati esperti piramidisti (è un termine sbagliato ma concedetemi la vena poetica) poi hanno iniziato a costruirle come quelle nella piana di Giza.

Aperta la piramide di Djoser non trovarono la mummia ma solo una tomba con molti oggetti di valore. Anche questa tomba conteneva una maledizione ma Ghoneim morì molti anni dopo.


Piramide a gradoni di Djoser - Immagine da Wikipedia

A questo punto arriviamo al famosissimo Tutankhamon. Per prima cosa nella sua tomba non ci sono funeste dichiarazioni di morte rivolte ai profanatori di tombe ma un lieto messaggio che auspica serenità e pace al faraone stesso.
Il capo della spedizione Howard Carter morì 16 anni dopo la scoperta della tomba, per vecchiaia. Ad alimentare le dicerie sulla maledizione furono le morti a catena verificatesi dopo la scoperta della cripta. Morirono Lord Carnavon, suo fratello, l'infermiera che  aveva assistito il Lord, il segretario del Lord, tre collaboratori e sua moglie.
35 anni dopo arrivò un medico a chiarire l'accaduto, il dottor Geoffrey Dean che per casualità trovò in un suo paziente gli stessi sintomi che portarono al decesso Carnavon e gli altri.
Trattasi di istoplasmosi detto anche "il male delle caverne". E' diffuso da funghi microscopici che si annidano in animali (principalmente pipistrelli), detriti organici e polvere.


Maschera d'oro di Tutankhamon - immagine da Wikipedia

Rimane comunque senza spiegazione la morte di molti altri studiosi egittologi avvenuta quando le spedizioni nella terra dei faraoni sono diventate di massa. A venire in aiuto di questi misteriosi decessi sono le conseguenze di Hiroshima e Nagasaki. Per quanto sembra assurdo queste morti strane, attribuite alle maledizioni dei faraoni sono il risultato di cancrena atomica in quanto hanno gli stessi sintomi delle vittime delle due bombe atomiche.
Lo stesso Ghoneim nei suoi studi afferma che la pece e le bende usate per mummificare erano assai radioattive. Pare che i sacerdoti egizi erano a conoscenza di tale male ma non sappiamo dire se conoscevano la radioattività oppure lo ritenevano una manifestazione di una divinità.
Inoltre i residui presenti nella pece e nelle bende si disperdevano nell'ambiente della tomba rendendo la sala altamente radioattiva.
Pertanto la lunga permanenza di studiosi con le mummie li ha fatti ammalare e morire.
Mistero risolto? Pare proprio di si. Almeno fino a prova contraria ma ci rimane il dubbio su quanto i sacerdoti sapessero sulla radioattività e sull'energia atomica.


sabato 2 maggio 2020

Atlantide fu distrutta da uno tzunami, ora la cercano in Andalusia

tratto da "Il Giornale" del 28/08/2009

Esperti concordi sull'idea che fu un'onda (molto) anomala a distruggere la civiltà  di cui racconta Platone e che con il suo mito  affascina il mondo occidentale da tre secoli. Ora in Spagna cominciano le ricerche guidate da due scienziati tedeschi

di Vincenzo Pricolo

Per la prima volta nella storia delle ricerche su Atlantide i maggiori esperti sembrano finalmente d'accordo su un punto centrale: la grande civiltà tramandata dagli Egizi e raccontata da Platone fu travolta da un enorme tsunami.
«Le due tesi principali oggi in concorrenza su quale fosse l'Atlantide di Platone sono Santorini, nell'Egeo, e Donana, sulla costa atlantica spagnola, e in entrambi i casi gli esperti sono ormai orientati a credere che venne distrutta da un grande tsunami», dice all'Ansa Rainer Kuehne. Lo studioso tedesco è con le sue ricerche l'ispiratore, insieme a Werner Wickboldt, degli scavi che iniziano sulla costa dell'Andalusia alla ricerca della misteriosa città di Tartessos, forse all'origine del mito di Atlantide.
«Io sono convinto dell'ipotesi Tartessos - dice Kuehne - anche se alcuni argomenti giustificano la tesi, proposta nel 1950 da Spyridon Marinatos, secondo cui la grande eruzione vulcanica che distrusse Santorini sarebbe stata all'origine sia del collasso della civiltà minoica che della leggenda di Atlantide».
Nel racconto di Platone Atlantide era una potenza navale situata oltre le Colonne d'Ercole che dominò parte dell'Europa occidentale e dell'Africa 9mila anni prima del tempo di Solone, che avrebbe appreso della civiltà scomparsa dagli egizi. E furono gli egizi, secondo Platone, a raccontare a Solone che, dopo avere fallito l'invasione di Atene, Atlantide sprofondò «in un giorno e una notte di disgrazia».
Essendo una storia funzionale ai dialoghi di Platone, quella di Atlantide è stata a lungo, almeno fino a tutto il Medioevo, considerata come un mito concepito dal filosofo greco per illustrare le proprie idee politiche.
E fu solo nel corso dell'Ottocento e del Novecento si moltiplicarono le teorie più o meno scientifiche, le rivelazioni di sensitivi, ricostruzioni «fantastoriche» e soprattutto le ipotesi su dove si trovasse la mitica civiltà platonica: dai Caraibi all'Antartide passando per Lemuria, il «continente perduto». E ancora, la stessa America (con le sue civiltà precolombiane), la Sardegna (con le Colonne d'Ercole «spostate» al Canale di Sicilia), il deserto del Sahara, in mezzo all'Oceano Atlantico (e quindi ora sotto il Mar dei Sargassi), Cipro, Rodi, Creta...
Quel che è certo è che il mito di Atlantide affascina l'immaginario letterario e culturale dell'Occidente da almeno tre secoli, da quando cioè all'inizio del Settecento lo studioso svedese Olaus Rudbeck ipotizzò che la civiltà scomparsa fosse fiorita in Scandinavia.
Come osservò lo scrittore americano Lyon Spraugue de Camp: «La ricerca di Atlantide colpisce le corde più profonde del cuore per il senso della malinconica perdita di una cosa meravigliosa, una perfezione felice che un tempo apparteneva al genere umano. E così risveglia quella speranza che quasi tutti noi portiamo dentro: la speranza tante volte accarezzata e tante volte delusa che certamente chissà dove, chissà quando, possa esistere una terra di pace e di abbondanza, di bellezza e di giustizia, dove noi, da quelle povere creature che siamo, potremmo essere felici».