In Perceval è ravvisabile l’eterna figura del Re Pontefice,
guida politica e spirituale dalla cui salute dipende il benessere del regno
di Vito Foschi
Introduzione
Nel Perceval, il romanzo di Chétien de Troyes, si racconta
di come il giovane Perceval da selvaggio ed incolto si trasformi in un perfetto
cavaliere affrontando varie avventure, tra cui alcune di natura fantastica. Ma
dietro questo percorso è possibile scorgere una vera e propria iniziazione. Ad
esempio l’avventura nel castello del Graal non trova facilmente spiegazione
come semplice favola e molti autori hanno rilevato i riferimenti mitici sia
celtici sia alla tradizione dei Re Taumaturghi. Come abbiamo scritto in altri
lavori Perceval riceve due iniziazioni, la prima alla cavalleria profana o
terrena ricevuta dal gentiluomo Gorneman di Gorhaut, e la seconda alla
cavalleria spirituale o celeste dallo Zio Eremita che gli trasmette una
preghiera segreta. Questo particolare non è facilmente riconducibile a un
contesto cristiano o semplicemente favolistico. Rappresenta la trasmissione di
un sapere iniziatico, segreto, che si trasmette da maestro ad allievo.
L’opera di Chrétien manca della fine, non si capisce se per
volontà dell’artista o meno ed il suo successo è in parte dovuto alle diverse
continuazioni scritte da altri autori. Il romanzo ha, inoltre, la particolarità
si essere quasi diviso in due parti di cui una dedicata ad un altro
protagonista: Galvano. Si può ben dire che si tratti di una opera molto
particolare e nonostante o forse proprio per questo di ampia diffusione.
Il Castello del Graal
Perceval raggiunge il castello del Graal ma non ponendo la
domanda su cosa sia ciò che vede fallisce la prova e si allontana non riuscendo
a capire cosa sia successo. Il tutto gli viene spiegato da una sua cugina con
una specie di interrogatorio. Anche qui le tracce di un rituale con delle
domande prefissate e le risposte dell’adepto che non sa. E d’altronde cosa
potrebbe sapere Perceval se è ancora un semplice cavaliere? Quando raggiunge il
castello del Graal è stato appena iniziato cavaliere da Gorneman ed ha liberato
Biancofiore dai suoi nemici. Quindi ha fatto solo esperienza di guerra e di
cortesia e questa non è sufficiente a conquistare il Graal.
Nel racconto di Chrétien bisogna rivelare la presenza di uno
schema: tentativo, fallimento, nuovo tentativo, successo. La prima volta che
Perceval incontra una donna, la dama dell’Orgoglioso della Landa, segue i
consigli della madre e combina un guaio. Non era ancora pronto. Incontra
Gorneman che oltre ad insegnargli le regole della cavalleria gli insegna le
regole della cortesia. E così la seconda volta con Biancofiore, essendo ormai
un uomo e un gentiluomo riesce a conquistarla. Si noti lo schema: tentativo e
fallimento con la dama dell’Orgoglioso, nuovo tentativo e successo con
Biancofiore. Così succede con le donne, ma così appare lo schema della ricerca
del Graal, solo che lo schema non si completa, perché il romanzo si interrompe.
Il primo tentativo col Graal fallisce, perché l'eroe ha avuto solo
l'iniziazione alla cavalleria terrestre e ciò non è sufficiente per recuperare
il Graal. Sono i primi due passi dello schema. Verso la fine del romanzo, come
accennato prima, riceve l'iniziazione Spirituale ed è pronto per ritentare l'impresa.
Purtroppo il racconto si interrompe, ma si può ipotizzare con una certa
sicurezza una conclusione positiva.
Un romanzo di formazione?
Alcuni autori hanno considerato l’opera solo come un romanzo
di formazione con intenti didascalici senza vederne gli aspetti mitologici, ma
anche questa interpretazione non fa che rafforzare l’ipotesi della conquista
del Graal da parte di Perceval. Se il protagonista deve imparare certe cose per
poter superare le prove della vita, si intuisce che alla fine del racconto dopo
aver imparato ciò che serve ritroverà il castello del Graal e porrà la domanda
e libererà il Re Magagnato dal suo dolore.
Quando Perceval raggiunge il castello del Graal la prima
volta, è cavaliere ed ha appena lasciato il castello di Biancofiore, ha
ricevuto l’iniziazione alla cavalleria terrena ed è ancora un semplice
guerriero. È anche maturato da adolescente a uomo conoscendo l’amore terreno.
Qui finirebbe il romanzo se si trattasse solo di un romanzo di formazione, come
se in una società tradizionale possa aver senso parlare di formazione, o di
passaggio dall’adolescenza all’età adulta senza un cerimonia iniziatica. Gli
insegnamenti terreni non sono sufficienti a conquistare il Graal.
L’investitura del re sacerdote
Nella visita al castello del Graal, il Re Pescatore dona a
Perceval una spada dicendogli che è fatta per lui. Ora il simbolo della spada è
molto chiaro, oltre a simboleggiare le virtù guerriere rappresenta la Giustizia e la Regalità. In
Matteo 10, 34 “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non
sono venuto a portare pace, ma una spada”. La spada è simbolo della giustizia e
Gesù vuole intendere di essere venuto a portare la Giustizia, tra gli altri
significati. Nel momento in cui riceve la spada viene riconosciuta a Perceval
la sua qualità di guerriero e riceve l’investitura di re. Naturalmente il Graal
è un dono spirituale e non può essere posseduto da un semplice re guerriero.
Dopo questo episodio Perceval affronta varie avventure, ma si tiene lontano
dalla chiesa: è un cavaliere in cerca di avventure. Un venerdì santo incontra
una processione e viene rimproverato da uno degli astanti di andare in giro
armato in tale giorno. Perceval non sa di che giorni si tratti, lo chiede e
quando lo apprende sente la necessità di fare penitenza e saputo della presenza
lì vicino di un eremita ci si avvia. Qui apprende che l’eremita è suo zio da
parte di madre e i misteri del Graal. Il Graal serve l’ostia al padre del Re
Pescatore che da 12 anni si nutre solo di quella. Infine l’Eremita gli insegna
una preghiera segreta che «conteneva molti nomi del signore Iddio, i più
potenti, che nessuna bocca umana deve pronunciare se non per paura della
morte»; preghiera segreta, che rappresenta il filo ininterrotto della
tradizione che lega i rappresentati nelle varie generazioni: riceve una
definitiva iniziazione. In quest’ultima si può scorgere una iniziazione
sacerdotale, e non a caso a impartire l’insegnamento è lo zio materno di
Perceval. Ci piace ricordare la tradizione ebraica per cui la discendenza è da
parte di madre ed erano i membri della tribù dei leviti a poter accedere alle
cariche sacerdotali.
Il costruttore di ponti
Perceval è re sacerdote o per meglio dire re pontefice. Il
Pontifex è letteralmente un «costruttore di ponti», qui inteso simbolicamente
quale mediatore fra il nostro mondo e i mondi superiori. In effetti quando
Perceval incontra la prima volta il Re Pescatore è alla ricerca di un guado
dove attraversare un fiume; il Re è in barca intento a pescare e gli indica la
strada, funzione di pontefice, per raggiungere il Castello del Graal dove
avrebbe alloggiato quella notte per poi ripartire. Il Castello è un regno non
terreno ed il Re Pescatore funge da intermediario fra il mondo terreno e il
mondo superiore. Infatti il Castello appare a Perceval ad un tratto, quando
disperava di trovarlo pensando di essere stato burlato dal pescatore, e
nonostante lo abbia visitato, non sarà più in grado di ritornarvi a
dimostrazione che la sua ubicazione non è di questo mondo.
Ricevuta l’iniziazione spirituale o sacerdotale, Perceval è
in grado di liberare il Re Magagnato dal suo male o meglio di succedergli al
trono e di essere lui il nuovo Re Pescatore che farà rifiorire la terra. Qui si
intravede l’ombra di antichi rituali legati ai culti di fertilità e alla
successione di un sovrano o di un capo che svolge funzioni sia guerriere che
religiose.
La funzione di Perceval è restauratrice, ovvero di riportare
ordine in una situazione degenerata. In Perceval riconosciamo la figura
dell’eroe nel senso tradizionale del termine come spiegato da Julius Evola nel
suo “Il mistero del Graal”. L’eroe a differenza dell’uomo primordiale completo
in sé, deve riconquistare la sua pienezza perché non è per “natura” completo.
Da “Il Mistero del Graal”: “Secondo Esiodo la «generazione degli eroi» fu
creata da Zeus, cioè dal principio olimpico, con la possibilità di
riconquistare lo stato primordiale e dar quindi vita a un nuovo ciclo «aureo»”.
Compito dell’«eroe» è quindi quella di far rinascere una
nuova età dell’oro. In effetti nell’avventura di Perceval, osserviamo una
situazione di disordine in cui è caduta la società umana a causa dell’infermità
del Re Pescatore. Possiamo pensare che la malattia del Re Pescatore si
ripercuota sul mondo perché come è raccontato da altri testi del ciclo
arturiano, sia Merlino che Artù sono traditi da una donna, da intendersi anche
qui in senso simbolico, generando il caos nel regno.
Accenniamo al fatto che nelle tre figure del re Pescatore,
di Merlino e d’Artù possiamo vedere le “tre funzioni supreme” indicate da
Guénon nel Re del mondo: “…il capo supremo dell’Agarttha porta il titolo
Brahâtmâ (sarebbe più corretto scrivere Brahmâtmâ), «supporto delle anime nello
spirito di Dio»; i suoi coadiutori sono il Mahâtmâ, «rappresentante dell’Anima
universale» e il Mahângâ, «simbolo di tutta l’organizzazione materiale del
Cosmo»: questa è la divisione gerarchica che le dottrine occidentali
rappresentato mediante il ternario «spirito, anima e corpo»”.
Ora, Perceval secondo lo schema da noi individuato, guarisce
il Re Pescatore e gli succede instaurando un nuovo regno e quindi una nuova era
di pace e prosperità che potrebbe essere considerata come il ritorno all’età
dell’oro primordiale.
Re Pescatore
L’aggettivo pescatore associato a re non è casuale e non
riguarda semplicemente il passatempo del re malato ma ha un chiaro significato
simbolico. Il Re Pescatore per eccellenza è Gesù, re perché discendente dalla
stirpe davidica e pescatore perché pescatore d’anime. Nel vangelo sono ben noti
i passi in cui dice a Pietro di gettare le reti (Luca 5, 4) e quando gli dice
di lasciare le reti che lo avrebbe fatto pescatore di uomini (Luca 5, 10). Qui,
è da citare il cosiddetto anello piscatorio indossato dal Papa che ha l’effige
di Pietro che pesca con la rete. In questo oggetto è racchiusa una doppia
simbologia regale e sacerdotale. L’anello sta spesso a denotare la nobiltà di
chi lo indossa, mentre l’effige di S. Pietro che getta le reti è un esplicito
simbolo della funzione sacerdotale della chiesa. Dobbiamo qui citare la
diffusione nel medioevo di una leggenda di origine araba che racconta di come
Re Salomone possedesse un anello magico capace di scacciare i demoni e
perdendolo lo ritrovi dentro un pesce che aveva appena pescato e da cui l’appellativo
re pescatore. Sottolineiamo l’esistenza di una leggenda simile che ha come
protagonista Alessandro Magno, anch’egli simbolo di quella regalità
sacerdotale, perché in un certo qual modo ne ha incarnato i principi nella
storia.
A completamento dell’esame della simbologia, ricordiamo che
il simbolo dei primi cristiani era il pesce dall’acronimo greco che indicava il
nome di Gesù ed a volte erano chiamati loro stessi pesciolini perché, come i
pesci erano scampati alla punizione divina del diluvio universale, così, essi
grazie alla loro fede in Cristo avrebbero superati indenni il Giudizio
Universale. Inoltre il pesce era un simbolo frequente dell’iconografia
cristiana a ricordare il miracolo dei pani e dei pesci e da qui, spesso
associato al banchetto dell’Ultima Cena.
Conclusioni
In questo simbolismo sembrano convergere tradizioni
precristiane e cristiane, anche se è più corretto dire che ambedue si
riferiscono ad un simbolismo tradizionale, esplicitandone ognuna, quella parte
che in un dato momento e in un dato luogo, è più congeniale. La presenza di
ambedue permette di chiarire meglio i principi sottesi depurandoli dalle
incrostazioni delle contingenze storiche.
Non possiamo sapere se l’utilizzo di tale simbolismo da
parte di Chrétien sia stato consapevole o meno, anche perché vivendo in
un’epoca fortemente intrisa di sacro non poteva non riversare nella sua opera
la simbologia cristiana. Sicuramente i riferimenti cristiani hanno permesso a
Robert de Boron nelle sua successiva rielaborazione della leggenda del Graal,
di rivestirla, con estrema facilità, di abiti cristiani. È da ribadire, però,
che una lettura eminentemente cristiana del racconto del Graal non è possibile,
stando un sostrato di miti non riconducibile a un alveo cristiano.