di Vito Foschi
«La materia di un
corpo qualunque, contiene in se stessa una somma di energia rappresentata
dall'intera massa del corpo, che si muovesse tutta unita ed in blocco nello
spazio, colla medesima velocità delle singole particelle. [...] La formula mv²
ci dà la forza viva e la formula mv²/8338 ci dà, espressa in calorie, tale
energia. Dato adunque m=1 e v uguale a 300 milioni di metri, che sarebbe la
velocità della luce, ammessa anche per l'etere, ciascuno potrà vedere che si
ottiene una quantità di calorie rappresentata da 10794 seguito da 9 zeri e cioè
oltre dieci milioni di milioni».
Introduzione
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Albert Einstein - Foto da Wikipedia |
L’articolo, in cui
Einstein presenta la sua famosa formula è presentato alla rivista Annalen der Physik nel
settembre 1905, quindi più di un anno e mezzo dopo la pubblicazione dell’“Ipotesi
dell'etere nella vita dell'universo”.
Vi chiederete chi è l’autore di questa opera che sembra anticipare
e forse ispirare il famoso scienziato tedesco? L’autore è uno sconosciuto
agronomo vicentino: Olinto De Pretto.
Esaminiamo i particolari della vicenda.
L’articolo di Einstein
L’articolo in cui Einstein presenta la formula
dell’equivalenza fra massa ed energia segue di qualche mese quello sulla teoria
della relatività. Potrebbe sembrarne una diretta conseguenza, ma in realtà non
è così. L’idea è in un certo qual modo indipendente, anche se si inserisce
perfettamente nell’ipotesi della relatività. Idee similari erano state proposte
da alcuni scienziati, tra cui Poincaré che aveva ipotizzato che l’energia
elettromagnetica potesse essere considerata come «"un fluide fictif", la cui massa è uguale al rapporto tra
l'energia e il quadrato della velocità della luce». L’ipotesi di Einstein si
poteva tranquillamente inserire in questa corrente di pensiero più che essere
una conseguenza della teoria della relatività ristretta. Oltre a ciò,
l’articolo di Einstein presenta un’ipotesi ristretta, rispetto alla formulazione
generale di Olinto De Pretto, riferendosi al caso specifico di un corpo
radiante. Infine, il titolo dell’articolo presenta un punto interrogativo come
se si volesse rispondere ad un quesito già posto da altri. Questo, insieme alla
possibilità che il giovane fisico tedesco potesse essere a conoscenza del
lavoro di De Pretto, porta ad ipotizzare che si sia potuto ispirare a
quest’ultimo. I legami con
l’Italia del giovane Einstein sono stato importanti dato che la sua famiglia vi si trasferì definitivamente nel 1894 e che
conosceva l’italiano tanto bene da tenere delle conferenze nella nostra lingua.
Purtroppo non è facilmente dimostrabile che lo scienziato fosse a conoscenza
del lavoro di De Pretto.
Olinto De Pretto, chi era costui?
Olinto De Pretto nacque in provincia di Vicenza il 26 aprile
del 1857, sesto di sette fratelli e si laureò in Agraria presso l’Università di
Milano per poi lavorare, subito dopo, alla scuola Superiore di agricoltura come
assistente. Lasciato il lavoro all’università nel 1886, Olinto De Pretto
assunse la carica di direttore amministrativo della Fonderia De Pretto, costituita
da suoi famigliari, che lasciò nel 1920, quando l’azienda si fuse con la
svizzera Escher Wyss. Accanto a questa attività si occupò di fondare scuole
tecniche professionali e di varie società industriali. La sua vita si concluse
tragicamente il 16 marzo 1921 quando fu ucciso da una donna che lo accusava di
essere stato la causa del mancato successo del marito, proprietario di una cava
di lignite. In quello stesso anno usciva alle stampe il libro di De Pretto “Lo
spirito dell’universo” dove riprendeva i temi della suo lavoro del 1904.
In questo suo libro potrebbe trovarsi una rivendicazione
della primogenitura dell’idea dell’equivalenza fra massa ed energia, ma non se
ne trova traccia. In realtà, le idee di De Pretto e di Einstein avevano in
comune solo l’enunciato dell’equivalenza fra massa ed energia mentre per il
resto differivano totalmente. Le idee di De Pretto si basavano sul concetto di
etere e negavano il valore limite della velocità della limite, anzi
presupponevano un valore di propagazione dell’attrazione gravitazionale
infinito, idee totalmente opposte a quelle einsteiniane. Probabilmente per
questo, l’agronomo vicentino nel suo libro non incluse idee che inficiavano le
sue teorie.
Il collegamento
Come accennato la famiglia di Einstein si stabilì in Italia
dal 1894. Il padre dello scienziato si occupava dell’installazione della luce
pubblica in alcuni comuni del Veneto e proprio la Fonderia De Pretto era
una delle poche aziende capaci di costruire turbine necessarie per la
produzione di elettricità. Inoltre i De Pretto compivano frequenti viaggi in
Svizzera per motivi legati a brevetti internazionali. Questa potrebbe essere la
via con cui Einstein venne a conoscenza della teoria di De Pretto, ma potrebbe
esisterne un’altra, indiretta, ma più interessante.
“A conclusione osservo che durante il lavoro ai problemi qui
trattati il mio e collega M. Besso mi stette fedelmente a fianco e che io devo
allo stesso parecchi preziosi incitamenti”.
Questa frase si trova nell’articolo del 1905 in cui Einstein pone
le basi della relatività ed è tanto importante perché nell’articolo manca
totalmente la bibliografia.
L’amicizia fra Michele Besso ed Albert Einstein nacque al
Politecnico di Zurigo e durò tutta la vita. Besso nacque nel 1873 a Trieste da una
famiglia piuttosto agiata, divenuto ingegnere, lavorò presso la “Società per lo
sviluppo delle Industrie elettriche in Italia” per poi lasciarla per andare a
lavorare nell’ormai storico Ufficio Brevetti di Berna, dietro insistenza
dell’amico tedesco. Di questo periodo non esiste documentazione scritta dato il
contatto diretto dei due amici. Besso era dotato di profonda curiosità
scientifica in vari campi ed aveva mantenuto legami con la famiglia in Italia,
ma circostanza notevole, un suo zio con cui aveva un rapporto piuttosto
stretto, Beniamino Besso, era Direttore delle Ferrovie Sarde e risiedeva a
Roma, ed un fratello di Olinto De Pretto, Augusto, faceva parte del Reale
Ispettorato delle Strade Ferrate, e per motivi di lavoro soggiornava spesso a
Roma. Si può ipotizzare che Augusto De Pretto, abbia potuto parlare delle idee
del fratello Olinto ai suoi colleghi, tra cui Beniamino Besso e questi ne abbia
potuto accennare al nipote Michele con cui aveva un fitto rapporto epistolare.
Certo, prove documentabili non ne esistono, ma esiste una concreta possibilità
di un contatto, seppur indiretto, fra l’agronomo vicentino e lo scienziato
tedesco.
Del fatto ne avrebbe potuto parlare lo stesso Einstein
citandolo insieme ai tanti aneddoti della sua vita, raccontando di come aveva
trasformato un’idea folle di uno sconosciuto nella più grande scoperta del
secolo. Ma il fatto che non ne parla non significa nulla perché spesso ciò che
ricordiamo del nostro passato è una ricostruzione a posteriori. A questo
proposito riporto un passo dell’articolo
“I sentieri dell’innovazione” di Armando Massarenti pubblicato su “Il Sole 24
Ore” del 19 settembre 2004:
«…gli storici della
scienza sanno che i racconti individuali degli scienziati vanno sempre presi
con molta cautela. In perfetta buona fede essi tendono a dare ricostruzioni
mitiche delle loro scoperte e dei processi che vi hanno condotto. Esemplare è
il caso di Einstein che era assolutamente convinto di aver elaborato la teoria
della relatività ristretta in risposta all’esperimento di Michelson e Morley
sul trascinamento dell’etere. In realtà esso era sì stato svolto alcuni anni
prima, ma Einstein ebbe modo di conoscerlo solo dopo l’elaborazione della
propria teoria. A convincerlo di ciò è stata la puntuale ricostruzione degli
eventi fatta da Gerard Holton.
Ma non si può
biasimare Einstein per aver creduto in una versione mitica ed edificante degli
eventi, peraltro tuttora riprodotta in buona parte dei manuali di fisica».
Conclusioni
Dell’intricata ed affascinante faccenda ne parla
diffusamente il prof. Bartocci dell’Università di Perugia, alle cui ricerche
facciamo riferimento, nel suo libro “Albert Einstein e Olinto De Pretto: La
vera storia della formula più famosa del mondo” (Bologna, Andromeda, 1999),
opera quasi introvabile anche perché nessun grande editore rischierebbe su un
libro del genere: Albert Einstein è per il momento intoccabile.
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