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giovedì 15 aprile 2021

L'illusione di un tempo che non esiste

tratto da "Il Giornale" del 6 Settembre 2020 

L'uomo si attacca al tempo e fatica a capirne l'inesistenza. Con i suoi film Christopher Nolan ci mette davanti a questa vertigine e ai nostri limiti

di Andrea Indini

Alla base di tutto c'è l'algoritmo. Impalpabile, dunque. Ma non per Christopher Nolan che riesce a pensare anche una formula fisica. Chi l'ha realizzata, l'ha anche resa materiale affinché non possa essere duplicata e copiata. Si tratta di una scatola nera con una sola funzione: l'inversione del mondo come lo conosciamo attraverso l'inversione del tempo. Il tempo, appunto. È il chiodo fisso del regista inglese che nel suo ultimo film Tenet, nelle sale cinematografiche in questi giorni, cerca ancora una volta di sondare e, ancora una volta, ci dimostra quanto sia vacuo. Perché, come scrisse Albert Einstein dopo la morte di Michele Besso, "le persone che credono nella fisica sanno che la distinzione fra passato, presente e futuro non è altro una persistente cocciuta illusione".

L'illusione dello scorrere del tempo

Con questa "cocciuta illusione" Nolan continua a farci i conti. Lo fa sin da quando ha iniziato a mettersi dietro a una telecamera. Prima, quando nel 2000 è uscito Memento, ha fissato l'immobilità del tempo rendendolo sempre simile a se stesso, bruciato da una memoria che non funziona. Poi, nel 2010 con Inception, lo ha dilatato all'inverosimile attraverso "sogni condivisi" in cui si possono innestare ricordi finti o cancellarne di veri ma si deve anche fare i conti col fatto che i secondi e i minuti si dilatano interi anni. Fantascienza? Mica tanto. Fin qui si era limitato a una disamina del tempo nel rapporto con la mente. Ma, quando nel 2014 esce Interstellar, eccolo fare i conti con l'universo.

"Un tempo, per la meraviglia, alzavamo al cielo lo sguardo sentendoci parte del firmamento - dice Cooper - ora invece lo abbassiamo preoccupati di far parte del mare di fango". Ebbene, ci accorgiamo che il tempo non esiste. Come spiega molto bene Carlo Rovelli in L'ordine del tempo (Adeplhi), con l'aumentare delle nostre conoscenze si è presto capito che tutti gli aspetti caratteristici del tempo sono "approssimazioni, abbagli alla prossimazione", esattamente come il moto del Sole o la piattezza della Terra. "Il crescere del nostro sapere ha portato a un lento sfaldarsi della nozione di tempo - scrive il fisico che all'università di Aix-Marseille dirige un gruppo di ricerca in gravità quantistica - quello che chiamiamo 'tempo' è una complessa collezione di strutture, di strati".

Il tempo non esiste

In Interstellar Nolan fa a pezzi tutti questi "strati" non solo inventandosi un cunicolo spazio-temporale, ma portandoci all'interno di un buco nero, di una singolarità dove passato, presente e futuro collassano su loro stessi. Una vertigine inimmaginabile per la mente umana che a fatica riesce ad afferrare questo limite. Un limite che ci fa storcere il naso non appena ci troviamo a dover accettare che il tempo passa più lentamente in basso e più velocemente in alto.

È il classico esempio del gemello che abita in montagna e invecchia più velocemente rispetto a quello che trascorre tutta la vita in città. Una stranezza. Ma, se prendiamo un pianeta o una stella molto più concentrati, ecco che faremmo tantissima fatica a comprendere (o comunque anche solo ad accettare per postulato) che lì dentro, in quel buco nero, il tempo smette del tutto di scorrere. Se potessimo anche solo avvicinarci al bordo di questa singolarità, vedremmo passare pochi secondo mentre nel resto dell'universo si brucerebbero milioni di anni in un solo soffio. Una verità che Einstein è riuscito ad afferrare ancor prima che venissero effettivamente scoperti i buchi neri e che ovviamente Nolan posse costruirci attorno un capolavoro. A quel "cuore di tenebra" il regista dà un nome, Gargantua, e lo varca

L'inversione del tempo

Se il tempo esiste solo nella mente degli umani, allora si può frantumare e finanche invertire. È questo il presupposto di Tenet in cui Nolan immagina una guerra ancor più devastante dell'olocausto nucleare dove l'entropia degli oggetti e delle persone va al contrario. Una sorta di guerra fredda temporale dove i positroni vengono concepiti come elettroni che si muovono indietro nel tempo. Fantascienza? Anche qui: mica tanto. Per rendere la sceneggiatura verosimile, il regista l'ha fatta rileggere al fisico Kip Thorne, uno dei massimi esperti di relatività generale, e ha scomodato Richard Feynman e John Archibald Wheeler, i due fisici che nel 1940 hanno elaborato la teoria dell'azione a distanza, secondo cui le soluzioni delle equazioni del campo elettromagnetico non variano se sottoposte a un'inversione temporale. Senza una direzione preferenziale del tempo non ci può essere nemmeno una distinzione tra il passato e il futuro. E così, dal futuro, ecco arrivare nel passato un'arma talmente potente (l'algoritmo, appunto), da essere "spacchettata" in nove parti e nascosta in nove differenti siti nucleari. Messe insieme, l'inversione può essere totale: a mano a mano che si inverte l'entropia di un numero maggiore, le direzioni del tempo si fanno sempre più intrecciate sino a collassare e a creare un'altra realtà. Un'altra realtà comunque schiava di questa variabile che la fisica quantistica non concepisce più come essenziale per descrivere quanto accade.


mercoledì 23 dicembre 2020

Tenet, quello che (non) avete visto

tratto da "Il Giornale" del 16/09/2020

Disseminati nel film evento dell'anno ci sono una serie di dettagli nascosti: abbiamo provato a cercarli tutti


di Clarissa Gigante


Viviamo in un mondo crespuscolare". Se a questa frase avete risposto con "Nessun amico al tramonto", significa che anche voi non avete resistito a vedere il film-evento dell'anno. Con il suo Tenet, Christopher Nolan torna a giocare con un concetto di tempo diverso da quello che conosciam

Un "pallino" quello del regista che ricorre nei suoi film e che anche stavolta ha portato al cinema milioni di spettatori (nella prima settimana ha raccolto oltre 200 milioni di dollari in tutto il mondo).

Rispetto ai precedenti, questa volta non si esce dalla sala con la sensazione di non aver capito granché. Anzi, i dialoghi sono forse fin troppo didascalici e a ogni scena "invertita" corrisponde uno "spiegone" che aiuta lo spettatore ad orientarsi. Anche i fenomeni fisici non di immediata comprensione vengono presentati in modo da sembrar quantomeno plausibili.

Ma è solo qualche ora dopo la visione che vengono i dubbi, che i fili sparsi qui e lì si collegano. Per notare alcuni dettagli c'è bisogno addirittura di vederlo una seconda, anche una terza volta. Ecco quindi una lista di quello che probabilmente non avete notato.

ATTENZIONE: DA QUI IN POI L'ARTICOLO CONTIENE SPOILER

Il quadrato del Sator

Sator, Arepo, Tenet, Opera, Rotas. Cinque parole che - se non avete letto recensioni prima di andare al cinema - forse non avrete immediatamente collegato tra di loro. Magari vi siete anche chiesti perché vi sembrassero familiari. La spiegazione è nei libri di storia (e di latino). Si tratta infatti di un'iscrizione latina trovata in molte parti d'Europa. Le più famose sono state rinvenute a Pompei, esattamente il luogo nei dintorni del quale avviene il primo contatto tra Sator e il Protagonista. Le cinque parole formano un perfetto palindromo: la frase è la stessa in qualsiasi verso la si legga. E se messa - appunto - in un quadrato, persino dal basso verso l'alto, da sinistra a destra o con lettura bustrofedica.

Nel film le cinque parole hanno ruoli importanti: Sator è il "villain", il russo che vuol rimettere insieme l'Algoritmo; Arepo è il falsario, motivo della gelosia di Sator e autore del disegno che impedisce a Kat di lasciarlo; Tenet è la missione che muove tutto; Opera è il luogo dove inizia (e finisce?) il film; Rotas è il nome dell'azienda di Sator e in latino significa "ruote", proprio come i tornelli che permettono l'inversione.

La circolarità del tempo

Il significato di questo enigma non ha mai trovato soluzione e nel tempo ha assunto un significato esoterico, magico. Molte teorie lo associano alla circolarità del tempo, un concetto ricorrente in tutto il film. Un tempo circolare, ma anche "intrecciato", proprio come le mani dell'agente che recluta il Protagonista. "Ti do un gesto e una parola, Tenet", dice unendo le dita. E in un'altra scena sir Micheal (cameo di Michael Caine) dice che nella città natale di Sator c'è stata "un'esplosione due settimane fa, il giorno dell'attacco a Kiev".

Quindi la scena iniziale e quella finale si svolgono nello stesso giorno. E - probabilmente - la pietra con cui il Protagonista si cimenta con i proiettili invertiti viene dalla battaglia finale.

Il dettaglio nascosto nel nome del film

Tenet, dicevamo, è la parola palindroma al centro esatto del quadrato magico. Ma è anche l'unione (in inglese) di due Ten. Proprio come i 10 minuti della "tenaglia temporale" all'apice del film.

Il laccetto rosso di Neal

A differenza degli altri, questo dettaglio lo avrete notato di certo: il laccetto rosso sullo zaino di Neal. È inquadrato bene sull'uomo morto per permettere a il Protagonista e Ives di recuperare l'algoritmo e quando i tre si dividono a fine film. Ma lo avete visto anche in un'altra scena: contraddistingue il soldato che ha salvato il Protagonista durante l'attacco all'Opera.

Rosso e blu

Per tutto il film sono due i colori che si rincorrono: rosso e blu. Vi ricorda qualcosa? Sì, proprio come le pillole tra cui deve scegliere Neo. A Matrix Nolan strizza l'occhio in più di un'occasione. Basti pensare alla scena in cui il Protagonsta viene messo al corrente dei materiali invertiti: quel "Sai distinguerli?" rivolto dalla scienziata che gli mostra i due proiettili non può non dare la stessa sensazione de "Il cucchiaio non esiste" pronunciato da Morpheus quando una bambina mostre le sue capacità psichiche.

Con "Tenet", Nolan chiede un atto di fede al suo pubblico

E, proprio come in Matrix, l'uso del colore è usato magistralmente per identificare le varie sequenze del film: le scene rosse sono sempre "in avanti", quelle blu "al contrario".

La colonna sonora

Nolan ha disseminato la pellicola di dettagli non solo visivi. Fondamentale per la riuscita dell'effetto straniante è la colonna sonora. E in particolare quella delle scene in cui il tempo è invertito per cui Ludwig Görranson ha deciso di invertire anche la musica oltre alle immagini e alle parole dei protagonisti.

Il cameo di Nolan

Un dettaglio impossibile da indovinare è il cameo di Nolan. Anche lui, come altri registi da Hitchcock a Tarantino, ha voluto lasciare la sua "firma" con una comparsata. Ma non ponendosi davanti alla macchina da presa. Avete fatto caso a quello strano - e inquietante - respiro che si sente in alcuni momenti e in particolare quando Sator vuol picchiare Kat? Ecco, è stato registrato dal regista stesso.

Di dettagli come questi ce ne sono altri che non siamo riusciti a identificare. Ma non sono indispensabili per godersi il film: come dice lo stesso Nolan, "l'ignoranza è la nostra arma". E non bisogno "cercare di capirlo", ma "sentirlo".

sabato 12 dicembre 2020

Il tempo scorre a ritmi irregolari. E in montagna si invecchia prima

tratto da "Il Giornale" del 13/09/2020

Il tempo accelera a mano a mano che ci si allontana da un oggetto con grande massa. Per questo in cima a un monte, quando si è più lontani dal centro della terra, gli orologi corrono più velocemente


di Tommaso De Lorenzo, Marisa Saggio


Di una cosa siamo certi: in montagna si invecchia più che al mare. E questo nonostante si dica che la salsedine e il sole rovinino la pelle, mentre l’aria fresca faccia bene.

Si invecchia più velocemente sui monti perché lì il tempo scorre più velocemente che al mare. E non perché in vetta ci si diverta di più, ma perché gli orologi, tutti gli orologi, ticchettano più velocemente.

Come possiamo essere certi di un fatto così strabiliante e apparentemente contrario alla nostra intuizione? Un’intuizione vecchia cent’anni di un certo Albert Einstein aprì una straordinaria rivoluzione nella scienza e nel pensiero in generale. Contraddicendo nientepopodimeno che Newton, Einstein capì che il tempo non è qualcosa di assoluto e che gli orologi non battono tutti alla stessa velocità. Lo capì già quando presentò al mondo la teoria della relatività ristretta: se mi muovo il mio orologio va più lento rispetto allo stesso se rimanessi fermo. Incredibile. Un decennio più tardi, con la teoria della relatività generale, aggiunse che il tempo rallenta a mano a mano che ci si avvicina ad un oggetto con grande massa: maggiore è l’attrazione gravitazionale subita, più lento scorre il tempo. Ecco spiegato allora perché ad una altitudine elevata il tempo scorre più velocemente che al livello del mare: in montagna sono più lontano dal centro della Terra, sento meno la sua attrazione gravitazionale, quindi l’orologio corre più rapidamente. E io invecchio prima.

Per quanto eleganti, geniali e risolutive fossero le sue teorie, anche Einstein ha fatto errori nella carriera di fisico più famoso di tutti i tempi e dunque la sua parola non è abbastanza per essere sicuri di fatti così controintuitivi. Nel 1971 un fisico ed un astronomo presero quindi alcuni orologi tra i più precisi dell’epoca, orologi atomici grandi quanto comodini. Ne lasciarono alcuni a Washington, mentre altri li portarono come bagagli (un po’ ingombranti) su aerei di linea con i quali fecero il giro del Mondo, una volta verso Est e una volta verso Ovest. Quando, tornati a Washington, confrontarono gli orologi viaggiatori con quelli casalinghi, trovarono che i primi indicavano un tempo maggiore dei secondi. Non erano più sincronizzati. E la differenza era in accordo con quanto predetto da Einstein: quando ci si muove veloci, o se si va in montagna, il tempo scorre più velocemente.

Nei 50 anni successivi, esperimenti del genere sono stati ripetuti e confermati diverse volte. Con la precisione raggiunta dagli orologi attuali, che tra l’altro non sono più grandi come comodini, possiamo misurare sperimentalmente la differenza dello scorrere del tempo tra orologi distanti poche decine di centimetri l’uno dall’altro! In altre parole, sappiamo determinare sperimentalmente quanto i vostri capelli siano più vecchi dei vostri piedi. Ovviamente di poco, molto poco, un nanosecondo ogni anno, quindi non è una buona idea vivere facendo la verticale per mantenere la mente giovane. Sono differenze delle quali non possiamo renderci conto.

Ma se l’uomo riuscisse a distinguere differenze di tempo così piccole, come percepirebbe lo scorrere diverso del tempo? Per semplicità, immaginiamo di riuscire a distinguere differenze di tempo di un diecimilionesimo di secondo ogni anno (mille volte più del nanosecondo del paragrafo precedente). Questo non basterebbe a distinguere la differenza tra testa e piedi, ma sarebbe sufficiente per distinguere per esempio quella che c’è tra le pendici e la cima del Monte Bianco (quasi 5 Km di dislivello). Alleniamoci a dovere e cominciamo a scalare la cima, tenendo al polso il nostro nuovissimo orologio atomico. Cosa succederebbe? Sentiremmo il ticchettio piano piano accelerare? La risposta è negativa. L’orologio non è altro che lo strumento di misura del tempo. E se il tempo cambia il ritmo via via che saliamo il Monte Bianco, anche la nostra percezione del ticchettio dell’orologio cambia con esso. Questo vale anche per i processi fisici come l’invecchiamento o il pensiero: per noi non cambierebbe nulla. Ci sembrerebbe come se tutto stesse continuando allo stesso ritmo. Solo una volta tornati a valle dopo aver raggiunto la vetta ci accorgeremmo che qualcosa è cambiato. Confrontando il nostro orologio con quello del barista con cui avevamo parlato prima di partire, scopriremmo che il nostro tempo è scivolato via più velocemente che al bar. E ci accorgeremmo di essere invecchiati un po’ di più di lui.

In tutti gli esperimenti che abbiamo descritto nei paragrafi precedenti, infatti, gli orologi in gioco sono stati sincronizzati insieme nello stesso posto, portati in posti diversi o a velocità diverse, e poi riportati insieme per essere confrontati. Con l'introduzione della Relatività Generale, il tempo perde i connotati di assolutezza che aveva assunto con le idee newtoniane. L'Universo non balla tutto sullo stesso ritmo cadenzato e preciso. Ogni punto dello spazio e ogni momento ha il suo scorrere del tempo che è mutevole, cambia in maniera intimamente legata all'interazione gravitazionale di quel punto in quel momento. Con esso danzano a ritmi diversi le stelle, i buchi neri e noi stessi.

domenica 18 dicembre 2016

Viaggiare nel tempo? Adesso è concepibile

tratto da L'Opinione del 14 ottobre 2016

Partiamo dalla relatività e, per provare a figurarcene gli effetti, pensiamo ad una vecchia pellicola cinematografica, di quelle di una volta, di celluloide, e immaginiamo di rallentare (o al contrario accelerare) il motore del proiettore durante la visione. Quello che accadrà sarà che il “tempo locale” del film proiettato non coinciderà più con il tempo della storia realizzata dal regista e noi potremmo alla fine ritrovarci ad aver trascorso tre ore, quando la sua durata sarebbe stata invece di un’ora sola. È solo una rappresentazione, abbiamo rallentato il film non la realtà, ma rende l’idea e aiuta a immaginare ciò che altrimenti è inimmaginabile, per noi che siamo sensorialmente e culturalmente del tutto impreparati all’idea. Grazie ad Albert Einstein, infatti, ormai sappiamo che il tempo è un fatto locale, relativo e cioè non un valore assoluto uguale ed immutabile ovunque - come abbiamo pensato per secoli - ma dipende in realtà dalla massa e dalla velocità del sistema di riferimento in cui viene misurato, cosicché, per esempio, viaggiando su di un razzo sufficientemente veloce per un tempo sufficientemente lungo, potremmo poi tornare sulla Terra e trovare i nipoti dei nostri nipoti e, magari, perfino più vecchi biologicamente di noi. E questa, anche se per ora sappiamo farlo solo con le particelle di cui allunghiamo la vita negli acceleratori, è già scienza dimostrata, passata in giudicato.

Fin qui Einstein. Ma ora immaginate di proiettare il film all’incontrario, facendo andare il motore del proiettore all’indietro. Ciò che succederà sarà che, nella visione, quello che nel film è il futuro diventerà il passato, il tempo locale sarà addirittura invertito, perché vediamo la pellicola dalla fine all’inizio. E questo è reso possibile da un fatto fondamentale: la persistenza delle immagini sulla striscia di celluloide, che non scompaiono durante una proiezione e sono sempre riproiettabili, il che vale a dire, in questa rappresentazione, la persistenza degli “attimi” di tempo. Il passato cioè non passa, non scompare e dunque potremmo ripercorrerlo. Se poi tagliamo uno o più fotogrammi o magari ne incolliamo di nuovi, avremo proprio cambiato la storia del film, a partire dal punto in cui interveniamo, e inoltre il film, modificato o no, possiamo riproiettarlo quante volte vogliamo ed in epoche successive. Questo, nei limiti della raffigurazione scelta, è quello che succede con la nuova teoria chiamata Open Quantum Relativity (OQR), perché in questa teoria emergono non una, ma due frecce del tempo: una, quella tradizionale, rivolta verso ciò che chiamiamo futuro ed un’altra rivolta verso quello che chiamiamo passato ed inoltre il passato non scompare.

Uscendo dal semplice modello puramente esplicativo, è chiaro che una teoria che preveda due frecce del tempo, anziché una sola, non può non avere ricadute enormi sulla concezione del tempo stesso e segnatamente sull’ipotesi dei viaggi nel tempo, che a questo punto non sarebbero più in effetti solo “ritardi temporali” come nella relatività. Né ipotesi di complicati artifici spazio-temporali inventati per inseguire un puro sogno, ma una tesi basata su di una realtà sottostante di portata generale, anche se sensorialmente a noi invisibile, che li renderebbe davvero concepibili. Ma perché questa teoria è nata e perché è nata oggi? Perché le scoperte di raffinate tecniche sperimentali e l’avanzare della fisica teorica hanno posto in evidenza delle contraddizioni, che non erano ipotizzabili prima. Ne citerò solo tre: il teletrasporto quantistico che permetterebbe di trasferire informazioni a qualunque distanza “istantaneamente” (il che vuol dire a velocità infinita, contraddicendo la relatività che vuole che la velocità della luce sia insuperabile), la scomparsa di massa-energia nei buchi neri (che contraddice le leggi di conservazione) e infine il paradosso di Einstein (sempre lui), Podolsky e Rosen, a partire proprio dal quale la nuova teoria ha preso le mosse. I tre scienziati, nel 1933, misero in evidenza come ci fosse una frattura insanabile fra quantomeccanica e relatività, perché, seguendo la meccanica quantistica nella formulazione di Bohr e della scuola di Copenhagen, l’assoluta contemporaneità degli effetti indotti da un oggetto su di un altro, quantisticamente correlato, si realizza a prescindere dalla loro distanza, arrivando a contraddire la relatività, che stabilisce l’impossibilità di avere conseguenze “istantanee” di una correlazione tra oggetti lontani tra loro e infine anche la logica, perché, data l’impossibilità della contemporaneità richiesta dalla quantomeccanica, si avrebbe in definitiva “la possibilità di interagire con un oggetto correlato senza... poter interagire realmente con esso”.

La contraddizione tra le due più grandi teorie fondamentali del secolo scorso, per di più entrambe confermate da moltissime osservazioni, rendeva impossibile procedere ad impostare il nuovo problema del tempo in un quadro di riferimento unitario e consistente. La Open Quantum Relativity riesce ad unificare le due teorie in un quadro comune e, a partire dall’unico principio assunto che le leggi di conservazione non possano essere mai violate (il che non è certo irragionevole), risulta, per deduzioni matematiche, essere una teoria simmetrica nella quale le evoluzioni del tempo, in avanti e all’indietro, sono entrambe permesse. E, se esiste una freccia temporale che va all’indietro, non dobbiamo più immaginare contorsioni logiche per ipotizzare una “macchina del tempo”, come si è fatto fino ad oggi, ma semplicemente partire da lì. Questa, se confermata, sarebbe la conseguenza di gran lunga più importante di una teoria generale, che comunque sembra impostata correttamente, sia perché è basata su di un solo postulato, da cui derivare tutti gli ulteriori sviluppi senza necessità di correzioni “poste a mano”, sia perché sono già molti i campi in cui questa teoria (sviluppata ormai da anni in decine di lavori, sulle principali riviste scientifiche dedicate) si dimostra coerente con i dati sperimentali e le più recenti osservazioni astrofisiche. Ad esempio la dinamica dei “buchi neri”, la curva di rotazione piatta delle galassie, il teletrasporto quantistico, i principali parametri cosmologici (come l’Età dell’universo).

Nel teletrasporto quantistico, per citare un caso, ci sono diversi gruppi sperimentali che hanno mostrato di aver scoperto che è possibile trasferire un’informazione istantaneamente e quindi violare la relatività. Se il fenomeno verrà ulteriormente confermato, lo si può spiegare senza violare la relatività, perché in Oqr non occorrerebbero trasformazioni superluminali, cioè più veloci della luce, ma a-luminali, che non implicano nessuna violazione del limite della velocità della luce. Per fare un esempio: ci vorrà un determinato tempo per andare da New York a Los Angeles, ma se immaginiamo una curvatura dello spazio-tempo (già prevista in relatività generale) tale da far combaciare le due città come se fossero i lembi di una carta geografica, lo spostamento sarebbe a-luminale, senza violare il limite della velocità finita della luce. La spiegazione in Oqr dei buchi neri è un altro elemento convincente, perché un buco nero si potrebbe considerare come una macchina del tempo naturale, che “buca” lo spazio-tempo e conduce in un’altra zona dello spazio-tempo stesso, dove fuoriesce come “fontana bianca”, sotto forma di emissioni ad altissima energia (i Gamma ray bursts) già osservate, ma finora non convincentemente spiegate. Ed è immediato che il principio di conservazione risulta rispettato, perché non si ipotizza più una massa-energia che “scompaia” nel buco nero.

È probabilmente più facile immaginare un viaggio nel tempo attraverso un buco nero, che attraverso una macchina del tempo artificiale. Tuttavia è vero il contrario a livello di ipotetica realizzazione, perché noi non possiamo portarci all’ingresso di un buco nero istantaneamente e, dunque, uno sarebbe schiacciato e ridotto a particelle dall’enorme forza di attrazione gravitazionale, prima di poter arrivare al buco nero stesso. Il meccanismo dell’ipotetica macchina del tempo, naturale o artificiale che sia, è però sempre lo stesso: la natura reagisce al tentativo di violare - in maniera non altrimenti evitabile - una legge di conservazione, cambiando la topologia dello spazio-tempo e consentendo così un teletrasporto istantaneo (il viaggio a-luminale di prima). Sarebbe questo il motore del fenomeno, quando la natura non ha altro modo di evitare una violazione, cambia la topologia, il che vuol dire, sempre per esemplificare, che se usiamo in una descrizione delle coordinate cilindriche, con una freccia a descrivere il tempo ed una circonferenza a descrivere lo spazio, dobbiamo invertirle descrivendo invece il tempo con la circonferenza. C’è un precedente illustre e divertente, risalente al 1947, quando un grande logico matematico austriaco, Kurt Gödel, si presentò, formale com’era, in abito da cerimonia (secondo la vulgata attribuibile al nobel indiano Chandrasekhar) a Princeton, nello studio di Einstein, trasandato invece come sempre, nel giorno in cui quest’ultimo compiva gli anni, portandogli come “regalo” una soluzione delle equazioni di campo einsteiniane, ma con una novità molto innovativa. La novità consisteva nel fatto che tali equazioni ammettevano soluzioni con linee temporali “circolari”, mentre fino ad allora si credevano possibili solo soluzioni con linee temporali longitudinali. Diveniva possibile, insomma, ripercorrere il tempo... percorrendo il cerchio. Era solo un elegante formalismo matematico, eppure c’era sotto qualcosa di profondo significato fisico, perché, nel momento in cui la Oqr, partendo da leggi fisiche, porta davvero alla situazione in cui è ammesso questo cambio di topologia, beh, allora il discorso ipotetico di Gödel, entra in un quadro teorico basato su una teoria dinamica. Il semplice formalismo diventa così, grazie all’Oqr, una legge fisica e apre la strada almeno alla concepibilità di una macchina del tempo.

E questo porta ad un’altra grande conseguenza e cioè che la teoria dei Many Worlds o Molti Universi, già nota, diviene necessaria. Questa teoria, esistente ormai da tempo, diviene necessaria perché, se dalle equazioni è possibile ipotizzare di andare indietro nel tempo, questo vuol dire interferire nello spazio-tempo stesso. Anche il semplice fatto di andarci con un oggetto che ti ci porta è una perturbazione, che conduce a dire che si è determinato un “altro universo”, perché l’universo che conosciamo, quello che si chiama “la nostra linea di mondo”, non è cambiato nel suo passato e non può cambiare, è sempre lo stesso. E allora, se davvero si può ritornare nel passato e modificarlo, portando una persona ad interferire in esso, ciò equivale a creare un’altra linea di mondo, uguale alla nostra fino all’interferenza, ma diversa successivamente. E si spiega bene con un esempio paradossale: se uno può andare indietro nel tempo ed uccidere la propria nonna prima della nascita del proprio padre, come può farlo se suo padre non era ancora nato e lui di conseguenza non esiste? Questo però non è più generalmente vero, se si ipotizzano gli universi paralleli, che diventano a questo punto una necessità, per permettere l’ipotesi di viaggi “perturbativi” nel passato (e mantenere valido il principio generale di conservazione). Uno torna indietro nel tempo, uccide la nonna e crea un universo parallelo uguale al nostro, in cui però non esistono né lui giovane né suo padre, ma c’è in più uno sconosciuto assassino. Potremmo forse vincere al totocalcio pre-conoscendo i risultati, ma in un “altro” mondo, un mondo del tutto familiare e praticamente uguale, ma da quel momento in poi differente.

Il viaggio nel tempo qui ipotizzato è diverso da come lo potevamo immaginare, ma questo è sempre successo nel passaggio dalle speculazioni intellettuali alle scoperte scientifiche, quando sognavamo di volare pensavamo di metterci piume sulle braccia e agitarle, poi abbiamo volato in tutt’altra maniera, con una macchina a combustione interna e con un apparato metallico. Però, anche se in un modo del tutto diverso da come ce l’eravamo immaginato, noi oggi davvero voliamo. Il viaggio nel tempo che risulterebbe da questa teoria non è quello che uno potrebbe pensare: cioè di poter interferire nella propria vita in questo mondo, però sarebbe lo stesso un viaggio nel tempo vero, perché si potrebbe, in ipotesi, tornare indietro e determinare una vita differente cambiandone i particolari, pur nello stesso quadro generale, nella stessa epoca e con le stesse persone, in un mondo insomma quasi del tutto simile e inoltre quante volte si vuole. Oppure cambiare la propria vita in epoche completamente diverse e, molto probabilmente, senza perdere autocoscienza. perché legati al tempo della macchina con cui si viaggia. È una teoria, certo, però attenzione il termine teoria in fisica ha un significato diverso che nel parlare comune; nella fisica una teoria non è una semplice ipotesi, ma una costruzione matematica che procede per dimostrazioni e fatta in modo da essere confermabile o smentibile dagli esperimenti, oltre che coerente con i dati sperimentali già esistenti e questo la Open Quantum Relativity lo è. Non è insomma una mera semplice ipotesi. E, d’altronde, la stessa relatività fu ritenuta vera, già ben prima che Enrico Fermi la dimostrasse definitivamente tale con la pila atomica. A conclusione, possiamo dire con assoluta certezza che potremmo viaggiare nel Tempo, modificando così radicalmente il modo di porci nell’universo ed il senso stesso della nostra vita? No, non possiamo, però possiamo dire che è concepibile, il che è già enorme.