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giovedì 15 aprile 2021

L'illusione di un tempo che non esiste

tratto da "Il Giornale" del 6 Settembre 2020 

L'uomo si attacca al tempo e fatica a capirne l'inesistenza. Con i suoi film Christopher Nolan ci mette davanti a questa vertigine e ai nostri limiti

di Andrea Indini

Alla base di tutto c'è l'algoritmo. Impalpabile, dunque. Ma non per Christopher Nolan che riesce a pensare anche una formula fisica. Chi l'ha realizzata, l'ha anche resa materiale affinché non possa essere duplicata e copiata. Si tratta di una scatola nera con una sola funzione: l'inversione del mondo come lo conosciamo attraverso l'inversione del tempo. Il tempo, appunto. È il chiodo fisso del regista inglese che nel suo ultimo film Tenet, nelle sale cinematografiche in questi giorni, cerca ancora una volta di sondare e, ancora una volta, ci dimostra quanto sia vacuo. Perché, come scrisse Albert Einstein dopo la morte di Michele Besso, "le persone che credono nella fisica sanno che la distinzione fra passato, presente e futuro non è altro una persistente cocciuta illusione".

L'illusione dello scorrere del tempo

Con questa "cocciuta illusione" Nolan continua a farci i conti. Lo fa sin da quando ha iniziato a mettersi dietro a una telecamera. Prima, quando nel 2000 è uscito Memento, ha fissato l'immobilità del tempo rendendolo sempre simile a se stesso, bruciato da una memoria che non funziona. Poi, nel 2010 con Inception, lo ha dilatato all'inverosimile attraverso "sogni condivisi" in cui si possono innestare ricordi finti o cancellarne di veri ma si deve anche fare i conti col fatto che i secondi e i minuti si dilatano interi anni. Fantascienza? Mica tanto. Fin qui si era limitato a una disamina del tempo nel rapporto con la mente. Ma, quando nel 2014 esce Interstellar, eccolo fare i conti con l'universo.

"Un tempo, per la meraviglia, alzavamo al cielo lo sguardo sentendoci parte del firmamento - dice Cooper - ora invece lo abbassiamo preoccupati di far parte del mare di fango". Ebbene, ci accorgiamo che il tempo non esiste. Come spiega molto bene Carlo Rovelli in L'ordine del tempo (Adeplhi), con l'aumentare delle nostre conoscenze si è presto capito che tutti gli aspetti caratteristici del tempo sono "approssimazioni, abbagli alla prossimazione", esattamente come il moto del Sole o la piattezza della Terra. "Il crescere del nostro sapere ha portato a un lento sfaldarsi della nozione di tempo - scrive il fisico che all'università di Aix-Marseille dirige un gruppo di ricerca in gravità quantistica - quello che chiamiamo 'tempo' è una complessa collezione di strutture, di strati".

Il tempo non esiste

In Interstellar Nolan fa a pezzi tutti questi "strati" non solo inventandosi un cunicolo spazio-temporale, ma portandoci all'interno di un buco nero, di una singolarità dove passato, presente e futuro collassano su loro stessi. Una vertigine inimmaginabile per la mente umana che a fatica riesce ad afferrare questo limite. Un limite che ci fa storcere il naso non appena ci troviamo a dover accettare che il tempo passa più lentamente in basso e più velocemente in alto.

È il classico esempio del gemello che abita in montagna e invecchia più velocemente rispetto a quello che trascorre tutta la vita in città. Una stranezza. Ma, se prendiamo un pianeta o una stella molto più concentrati, ecco che faremmo tantissima fatica a comprendere (o comunque anche solo ad accettare per postulato) che lì dentro, in quel buco nero, il tempo smette del tutto di scorrere. Se potessimo anche solo avvicinarci al bordo di questa singolarità, vedremmo passare pochi secondo mentre nel resto dell'universo si brucerebbero milioni di anni in un solo soffio. Una verità che Einstein è riuscito ad afferrare ancor prima che venissero effettivamente scoperti i buchi neri e che ovviamente Nolan posse costruirci attorno un capolavoro. A quel "cuore di tenebra" il regista dà un nome, Gargantua, e lo varca

L'inversione del tempo

Se il tempo esiste solo nella mente degli umani, allora si può frantumare e finanche invertire. È questo il presupposto di Tenet in cui Nolan immagina una guerra ancor più devastante dell'olocausto nucleare dove l'entropia degli oggetti e delle persone va al contrario. Una sorta di guerra fredda temporale dove i positroni vengono concepiti come elettroni che si muovono indietro nel tempo. Fantascienza? Anche qui: mica tanto. Per rendere la sceneggiatura verosimile, il regista l'ha fatta rileggere al fisico Kip Thorne, uno dei massimi esperti di relatività generale, e ha scomodato Richard Feynman e John Archibald Wheeler, i due fisici che nel 1940 hanno elaborato la teoria dell'azione a distanza, secondo cui le soluzioni delle equazioni del campo elettromagnetico non variano se sottoposte a un'inversione temporale. Senza una direzione preferenziale del tempo non ci può essere nemmeno una distinzione tra il passato e il futuro. E così, dal futuro, ecco arrivare nel passato un'arma talmente potente (l'algoritmo, appunto), da essere "spacchettata" in nove parti e nascosta in nove differenti siti nucleari. Messe insieme, l'inversione può essere totale: a mano a mano che si inverte l'entropia di un numero maggiore, le direzioni del tempo si fanno sempre più intrecciate sino a collassare e a creare un'altra realtà. Un'altra realtà comunque schiava di questa variabile che la fisica quantistica non concepisce più come essenziale per descrivere quanto accade.