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martedì 16 aprile 2024

San Fili: il paese delle Magare

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/san-fili/

San Fili è un piccolo paese nella provincia di Cosenza, ad una ventina di minuti da Paola, un comune ricco di chiese, molte sconsacrate, è celebre per essere il paese delle Magare. Con una facile traduzione potremmo dire che le Magare sono le streghe, ma in realtà sono qualcosa di più e di diverso. Le Magare si occupavano di erboristeria, di medina e rimedi tradizionali. Detenevano la saggezza popolare, erano fortemente religiose e si occupavano anche di legamenti e fatture d’amore. Praticavano lo sfascino, che è una specie di rito per togliere il malocchio, le energie negative.

Se in molti luoghi si raccontava la storia dell’uomo nero per chetare i bambini a San Fili si raccontava la storia della Fantastica, una misteriosa creatura che spaventava i fanciulli. Le Fantastiche dovrebbero essere delle specie di spettri o fantasmi, spesso protettori di un luogo, di un edificio. Qui a San Fili la Fantastica appare nei trivi. Si narra che appaia come una donna dall’aspetto rassicurante ed in abito bianco da sposa, ma man mano che ci si avvicini cambi il suo aspetto e diventi figura terrifica. Per il suo manifestarsi nei trivi qualcuno ha ipotizzato che potrebbe essere una reminiscenza della dea greca Ecate (valuta se fare box su Ecate e la magia). Per altri Fantastica altro non sarebbe che una donna che aveva perso il figlio, impazzita si vesti con l’abito nuziale ed iniziò ad andare in giro cercando il suo figlioletto fermando tutti i bambini che incontrava sul suo tragitto.

Queste leggende hanno portato alla notorietà la cittadina di San Fili e per incrementare il turismo vengono organizzate Le Notti delle Magare e vi è anche un concorso letterario dallo stesso nome.

Curiosità: siamo a pochi chilometri da Paola, e proprio qui a Bucita predicò tra il 1154 e il 1155 Gioacchino da Fiore, monaco cistercense riformatore, abate dell’abbazia benedettina

Santa Maria di Corazzo. Gioacchino profetizzò l’avvento di una nuova era, quella dello spirito santo, che pensava sarebbe iniziata verso il 1260, l’era dell’amore e della solidarietà reciproca, un’era dell’acquario ante litteram. Per alcuni è la figura di Gioacchino da Fiore ad aver ispirato quella di Christian Rosenkreutz.


venerdì 29 marzo 2024

Stonehenge: La «vera» storia della creazione

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/stonehenge/

Merlino costruisce Stonehenge


Di Stonehenge se ne parla spesso e si avanzano le teorie più bizzarre sulla sua costruzione, nulla e nessuno sono esclusi, alieni compresi. 

Senza voler creare nuove teorie, oggi, voglio proporti una bella leggenda del XIII secolo della nostra era sulla costruzione di Stonehenge. L’autore di questa magica costruzione è Merlino. L’anonimo autore de La storia di Merlino, probabilmente riprende temi del folklore – soprattutto per attribuire poteri soprannaturali a Merlino – e sembra essere il primo ad attribuire al famoso mago questo prodigio. 

Non ti tedio oltre e ti lascio a Merlino e la nascita di Stonehenge.

«Merlino visse a lungo in questo modo, avendo il controllo del re Uterpandragon e del suo consiglio, finché un giorno, parecchio tempo dopo, chiamò il re e gli disse: – Come? Non farai nulla di più per tuo fratello Pandragon  che giace nella piana di Salisblury? – Cosa vuoi che faccia? Farò tutto ciò che mi consiglierai. – hai giurato di eseguire la mia volontà. Ti prometto che creeremo un’opera tanto grande che durerà nei secoli. Adempi al tuo giuramento ed io adempirò alla mia promessa. – Dimmi cosa potrò fare e lo farò di buon grado. – costruisci un’opera mai vista e se ne parlerà in eterno. – lo farò con grande piacere! – manda dunque a cercare degli enormi massi di pietra in Irlanda, manda due navi per farli portare: riuscirò ad innalzare dal suolo tutti quelli che riusciranno a a far arrivare. Andrò per indicare quelli che voglio trasportino -. Il re rispose che li avrebbe mandati a cercare volentieri.

Inviò in Irlanda un gran numero di navi. Una volta giunti là, Merlino mostrò agli emissari del re dei massi di pietra enormi, grandi e lunghi, e disse: – Ecco qui le pietre che siete venuti a cercare – . Alla vista dei massi quelli pensarono che era una vera follia e dicono che nemmeno tutti gli uomini del mondo potrebbero a malapena spostarne uno. – Non riusciremo mai a imbarcare pietre così grandi sulle nostre navi! – Se non lo volete fare, – replicò Merlino, – allora siete venuti per niente. Quelli se ne tornarono indietro, vanno dal re e gli riferiscono l’impresa bizzarra ordinata da Merlino, impossibile a farsi per chiunque al mondo. – abbiate pazienza dino al suo arrivo, – rispose il re.

Giunto Merlino, il re riferì ciò che i suoi uomini avevano detto. – Anche se si sono tirati indietro tutti, manterrò la mia promessa, – gli risponde Merlino. A quel punto, grazie alle sue arti magiche, fece trasportare i massi di pietra d’Irlanda che ancora sono nel cimitero di Salisbury. Dopo il loro arrivo, il re li andò a vedere portando con sé molta gente per ammirare il prodigio. Alla vista dei massi, dissero che tutti gli uomini del mondo non sarebbero riusciti a spostarne uno, e cominciarono a chiedersi increduli come Merlino li avesse fatti venire dall’Irlanda senza che nessuno avesse visto e sentito nulla. Merlino ordinò loro di sollevarli, perché sarebbero stati più belli dritti che adagiati sul terreno. – nessuno potrebbe riuscirci, se non Nostro Signore, a meno che non lo faccia tu stesso! – dice il re . – Ora andatevene, – rispose Merlino. – Li solleverò io, così avrò mantenuto la promessa fatta a Pandragon, e avrò realizzato in suo onore qualcosa che durerà in eterno. 

Così Merlino sollevò i grandi massi che sono ancora nel cimitero di Salisbury e che lì resteranno finché durerà il mondo. E così si concluse quel prodigio. Poi merlino tornò da Uterpandragon, fu a lungo al suo servizio gli volle molto bene perché, dopo tanto tempo, sapeva che il re gli era affezionato e aveva fiducia nelle sue profezie». (La storia di Merlino, in Artù, Lancillotto e il Graal, Ciclo di Romanzi francesi del XIII secolo, a c. di Lino Leonardi, Einaudi, Torino 2020, pp. 495-496).

mercoledì 21 febbraio 2024

Uno Scongiuro contro il cattivo tempo di Manduria

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/scongiuro-contro-il-cattivo-tempo/


Manduria: una tradizione popolare contro il cattivo tempo

 

Lo scongiuro contro il cattivo tempo che ti riporto è preso da: Giuseppe Gigli, Sperstizioni, pregiudizi e tradizioni in Terra d’Otranto, Tipografia Barbera, Firenze 1893.

Nelle tradizioni popolari da Otranto alla Romania e dall’Islanda alla Sicilia, sono presenti innumerevoli scongiuri contro il cattivo tempo e diverse figure che possono scatenare o placare le tempeste. Questo Scongiuro contro il cattivo tempo di Manduria è solo un primo assaggio sul mondo dei Tempestari e tagliatori di tempeste. 

Ecco lo Scongiuro contro il cattivo tempo di Manduria:

«Gli scongiuri contro il cattivo tempo sono parecchi e in diversi modi praticati. 

Taluni, cedendo al sentimento religioso che fa parer ira di Dio quello che è fenomeno n a turale, all’appressarsi del temporale biascicano avemmarie e paternostri, o bruciano certo legno che si dispensa dai sagrestani delle parrocchie. 

Bellissimo mi pare il seguente uso, che è praticato dai contadini del Tarantino: all’appressarsi delle nubi nere, pronube di grandine o di tempesta, le donne espongono in mezzo alla strada un bambino o una bambina di non più di sette anni, e gli fanno gettare in aria, a destra, a manca e di fronte, tre piccoli pezzi di pane, ripetendo con voce alta e supplicante alcune parole a mo’ di versi, che nel dialetto di Manduria dicono così:


Oziti, San Giovanni, e no durmiri, 


ca sta vesciu tre nnuuli viniri, 


una d’acqua, una di jentu, una di malitiempu. 


Dò lu purtamu stu malitiempu? 


Sotta a na crotta scura, 


dò no canta jaddu,


dò no luci luna,


cu no fazza mali a me, e a nudda criatura. 


(Traduzione: Levati, o San Giovanni, e non dormire perchè sto vedendo venire tre nuvole- una d’acqua, una di vento, una di temporale.— Dove lo portiamo questo cattivo tempo —In una grotta oscura – dove non canta un gallo – dove non entra la luce della luna – perché non faccia male né a me, né ad al cuna altra persona». 

mercoledì 6 aprile 2022

Iniziazione di Gesù in De Castro

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/sulliniziazione-di-gesu-e-giovanni/

Un breve passo sull’iniziazione di Gesù e Giovanni preso dal Mondo Secreto

Le storie, le leggende, i miti sull’iniziazione di Gesù ed i Misteri attorno alla sua vita mi hanno sempre affascinato, sin da quando, bambino, assistevo ad esempio alle celebrazioni del Venerdì Santo. Quei riti e quelle storie colpivano la mia immaginazione e allo stesso tempo ero affasciato dalla devozione che vedevo e percepivo nelle persone. Negli anni la curiosità e il desiderio di comprendere non sono svaniti, anzi, sono sempre alla ricerca di nuovi strumenti per esplorare mondi poco noti ed acquisire nuovi punti di vista.

Questa mattina mentre riordinavo un po’ di “vecchie carte” ho trovato una cartella intitolata Iniziazione di Gesù. Molti appunti sparsi, fotocopie e la bozza del secondo volume di Giovanni De Castro il Mondo Secreto. Questo ritrovamento ha risvegliato la mia coscienza ricordandomi che devo finire di approntare i nove volumi di De Castro. Tra i fogli sparsi ho trovato questa citazione presa dal volume appena citato.

“Giunta la sera stabilita i notturni segnali apparvero sulla montagna. Gesù e Giovanni si affrettarono a recarsi al luogo del convegno; nel quale trovarono un mandatario dell’Ordine vestito di bianco. Furono da costui guidati a subirele loro prove; senza le quali non avrebbero potuto entrare nel luogo ove erano radunati i membri dell’ordine; compiute le quali furono condotti nel seno dell’assemblea, ove i fratelli stavano seduti in semicerchio divisi secondo i quattro gradi della sapienza. Alla presenza di quei sapienti, le cui candide vesti porgevano testimonianza dell’innocenza del loro animo e della loro vita, i due giovinetti, con la mano destra appoggiata sul petto e la sinistra stesa lungo il fianco, pronunciarono con purissimo affetto i loro voti, e promisero di rinunciare ai tesori terrestri, alla gloria e alla potenza di quaggiù; e giurarono, dando e ricevendo un bacio fraterno, obbedienza e segretezza. Dopo di che furono (così volevano gli statuti dell’ordine) condotti in una remota caverna, ove restarono tre giorni e tre notti a meditare sulla nuova vita a cui erano chiamati; e la terza sera furono ricondotti nell’assemblea per essere interrogati, ed indi per pregare in comune; e ricevuto di bel nuovo fraterno bacio, furono vestiti di bianco, meritando quel simbolo con la schiettezza e purezza del cuore; e si diede loro un piccolo alveare, emblema dell’operosità della setta. Intonato il canto di lode e sedutisi da soli, come impongono le regole dell’ordine, e non in comune, al banchetto d’amore e di carità, furono congedati, affinché rimanessero in completa solitudine dodici lune, nella custodia dell’antico, per rendersi degni delle novelle iniziazioni.     

 Passato l’anno, l’ordine li riebbe più ferventi che mai, e più deliberati alla missione che avevano assunta. Nella meditazione e nel digiuno il loro spirito grandeggiò, e gli inattesi incrementi svelarono la natura e la potenza divina. Però i successivi gradi si dischiusero ad essi come a figli amatissimi; e compiute le obbligatorie e rituali prove ebbero nell’ordine seggio degno della loro sapienza e delle loro virtù”.

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Commentare questo breve passo sull’iniziazione di Gesù, o anche solo commentare le parole che ho riportato in grassetto richiederebbe svariate pagine, quindi mi limiterò ad una sintetica chiosa.

È mia intenzione, leggere questo passo come una “favola”, ma in questa “favola” ci sono degli elementi che sono o dovrebbero essere caratteristici di molte scuole iniziatiche passate e presenti. Il mio interesse non è la veridicità storica del passo riportato, ma l’universalità del messaggio del mito. Mi limiterò a sottolineare un paio di punti in comune con le scuole iniziatiche. Tipico delle scuole iniziatiche è il giuramento obbedienza e segretezza, non deve stupire che lo si ritrovi nella iniziazione degli Esseni e che anche l’iniziazione di Gesù lo preveda. L’essere vestiti di bianco da un lato rimanda al candidato e dall’altro alla purezza che la maggior parte delle scuole iniziatiche hanno come divisa, è quasi superfluo ricordare che questo è il colore del grembiulino che cinge i fianchi degli Apprendisti Accettati nella Libera Muratoria e dei Sovrani Grandi Ispettori Generali insigniti del trentatreesimo grado del Rito Scozzese Antico e Accettato. La metafora o simbolo dell’alveare è presente nella tradizione ermetica, e ad esso ed alle api fanno riferimento numerosi autori di scuola Rosa+Croce, come la famosa rosa alveare che su trova nel testo Summum Bonun di R. Fludd ed il motto Dat Rosa Mel Apibus. Il periodo di solitudine di dodici lune, simile alla lunghezza di un anno ha molteplici richiami con le scuole iniziatiche. Palesi sono anche i richiami ad esempio al pitagorismo. In ultimo, nonostante ai candidati siano state riconosciute qualità divine, la scuola degli Esseni non si esenta dal compiere le obbligatorie e rituali prove; questo è quanto avviene o dovrebbe avvenire in ogni società Tradizionale ed Iniziatica. Non importa chi sia il candidato, la ritualità e le prove non sono un orpello. In ultimo, mi preme sottolineare come le prove iniziatiche si subiscano.                                          

A queste brevi e veloci considerazioni se ne potrebbero aggiungere molte altre e di varia e più profonda natura, ma l’ora è tarda…

… a te continuarle

sabato 12 febbraio 2022

Contro il veleno degli Spiriti tra gli sciamani Buriati

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/il-veleno-degli-spiriti/

Formula degli sciamani Buriati contro il veleno degli spiriti nel fanciullo

Contro il veleno degli spiriti potrebbe essere il titolo di un film horror, di un libro sul folclore locale di qualche sperduto paese di campagna, il capitolo di un manuale per esorcisti, ecc. ecc. 

Quello di cui ti voglio parlare oggi non è nulla di tutto questo, o, forse, tutto questo fatta eccezione per il film.

La formula contro il veleno degli spiriti nel fanciullo che ti riporto appartiene alla popolazione dei Buriati, mi sono imbattuto in essa mentre percorrevo una duplice strada: la prima è quella di una ricerca per una migliore comprensione di cosa sia lo sciamanesimo e di chi sia lo sciamano; la seconda afferente ad un volume che non so se finirò mai su magia e religione, con particolare riferimento alle pratiche magico-religiose relative alla protezione dei bambini e fanciulli da maledizioni, streghe cattive ed altro. 

È necessario far seguire l’aggettivo qualificativo al nome strega perché non tutte le streghe sono cattive, anzi! Quando ci avviciniamo allo studio della magia, della religione e di quanto è vicino al sacro dovremmo avere il coraggio di togliere i paraocchi della nostra cultura e provare a smantellare le nostre sovrastrutture per osservare e conoscere senza pregiudizi.

Per approfondire e chiarire le sole parole evidenziate in grassetto sarebbero necessari svariati volumi. Essendo la Tradizione Occulta e le Scienze Ermetiche argomenti labirintici ho deciso di approfondire l’argomento con una serie di video su Youtube e un programma in diretta tutti i lunedì mattina. Qui il link. 

Tornando allo scongiuro contro il veleno degli spiriti nel fanciullo, osserviamo che si inserisce nel contesto dei riti di protezione dei bambini e dei fanciulli. La così detta Magia Popolare è piena di questi riti, per farsi una idea dell’argomento con particolare riferimento al nostro Paese si può leggere: Ernesto De Martino, Sud e Magia.

Ecco la formula Contro il veleno degli Spiriti pronunciata degli sciamani Buriati:

Quarantaquattro zayān, nell’ardore del loro banchetto,

trentatré zayān, nell’ardore del loro festino;

zayān secolari, nella lontananza dei secoli,

zayān stranieri, in terra straniera,

ciò che è del cielo, nel cielo,

ciò che è delle terra, sulla terra!

Io ho disperso la malattia,

ho guarito il corpo posseduto dagli spiriti!

(In Testi dello Sciamanesimo, siberiano e centroasiatico, a c. di Ugo Marazzi, Utet, Torino1984)


I protagonisti di questo rito sono: 1) Lo sciamano che tra le sue funzioni presso la popolazione dei Buriati a quella di aiutare i ragazzi a guarire a queste particolari afflizioni.; 2) Il soggetto avvelenato; 3) gli zayān che “possiedono” il soggetto afflitto. 

Proviamo ad immaginare come si svolgano gli eventi. 

Un ragazzo mostra segni si afflizione e malattia, probabilmente a causa dell’ingestione di qualcosa reso “magicamente” nocivo. I genitori presumono che sia “avvelenato”/“posseduto” dagli spiriti maligni. Devono fare qualcosa contro il veleno degli spiriti nel fanciullo e chiamano lo sciamano. Questo dopo aver osservato il ragazzo e determinata la causa della sofferenza, inizia le sue pratiche rituali e recita lo scongiuro.

In questo, prima identifica gli spiriti che causano il disagio, determina la loro natura e i “luoghi dell’ordine cosmico” dove dovrebbero risiedere, si potrebbe dire che ristabilisce l’ordine e dopo l’esorcismo sancisce, chiudendo il cerchio, la guarigione. A questo punto il ragazzo sputa per espellere il veleno, questo, così come era entrato esce. 

Simpatie, analogie, corrispondenze sono una parte integrante e si potrebbe dire fondante della magia sia essa Popolare o Sapienziale per usare una facile distinzione, ma, la Magia,  è sempre legata alla Natura e al Sacro anche quando l’operatore è intenzionato a pervertirlo. 

Ti è piaciuto contro il veleno degli spiriti nel fanciullo? Fammelo sapere nei commenti o via mail tramite il form del sito. Ah non dimenticare di iscriverti alla newsletter. 

 Gioia – Salute – Prosperità

sabato 6 novembre 2021

Vishwakarma: il divino Grande Architetto dell’Universo

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/vishwakarma-il-divino-grande-architetto-delluniverso/

Nota, in forma di appunti, sul dio Vishwakarma

Vishwakarma è una figura complessa della mitologia dell’induismo e allo stesso tempo una casta di artigiani. In questo articolo, in realtà sono i miei appunti di ricerca, iniziamo a scoprire questa divinità. Un breve viaggio che si arricchirà, mano a mano che le mie ricerche ed appunti progrediscono, di più approfonditi spunti di riflessione e ci porterà in Occidente per incontrare la Massoneria e René Guénon.

Vishvakarma è il dio creatore nelle mitologie indiane e con particolare riferimento all’induismo. Vishvakarmaha molte tradizioni e diversi tipi di fedeli, è lui che ha creato l’universo, secondo alcuni gli stessi dei. Il Grande Architetto dell’Universo è fisiologicamente il “patrono” degli artigiani, degli architetti e di molte altre professioni legate alla creazione. Vishvakarma potrebbe aver progettato la struttura dell’universo. Le sue cavalcature sono il cigno e l’elefante. Palazzi, armi, carri volanti degli dei sono per la maggior parte una sua creazione.

Per alcuni è il dio degli strumenti, il giorno della sua festa, come vedremo, questi vengono purificati.

La festa o compleanno del dio Vishwakarma è il giorno di Kanya Sankranti. Kanya Sankranti è il giorno in cui il Sole si sposta da del segno zodiacale del Leone (Simha rashi) a al segno zodiacale della Vergine (Kanya rashi). La tradizione vuole che nel giorno di Kanya Sankranti Vishwakarma abbia inventato l’aratro per farne dono all’umanità.

Curiosità: il Kanya Sankranti 2021 è venerdì 17 settembre, compleanno del dio Vishvakarma.

In questo giorno vengono eseguiti alcuni rituali, ecco alcuni esempi:

Come tutti gli altri devoti del giorno della puja fate il bagno la mattina presto e preparatevi per la cerimonia della puja.

Il Signore Vishwakarma è adorato e la sua immagine o idolo viene pulito insieme agli strumenti che le persone usano per i loro affari.

Questo giorno è celebrato principalmente in tutti i tipi di industrie, scuole, negozi e college. Piccoli e grandi artigiani assicurano che la puja di Vishwakarma si tenga nel loro laboratorio per un migliore progresso nel prossimo anno.

Le macchine sono adorate e offrono ghirlande di fiori in questo giorno. I devoti pregano per il buon funzionamento delle loro macchine e nessun lavoro viene svolto in questo giorno.

Vengono fatte preparazioni alimentari tradizionali per offrire al Signore e il prasad viene distribuito a tutti dopo la puja. Include frutta, dolci e cibi cotti come khichdi e kheer.

(fonte: https://www.prokerala.com/festivals/kanya-sankranti.html)

Il gruppo sociale, a volte identificato come casta, dei Vishwakarma o Vishwabrahmin si reputa “figlio” (discendente) del dio e in alcune dispute sostengono di essere superiori ai bramini. I sottogruppi di questa casta sono cinque come le facce del dio: Scalpellini/muratori, carpentieri del legno, orafi, fabbri e fabbri del bronzo.

È molto interessante il mito d’origine di Vishwakarma e l’Ordine dei costruttori di Vishwakarma:

“Il Vishwakarma Puranam dice che Brahma e Vishwakarma crearono insieme l’universo. Nella loro versione speciale della teoria del “Big-bang”, gli arti sans sostengono che i cinque elementi naturali formarono un enorme uovo che scoppiò come un tuono e l’universo venne alla luce. Siva e Vishnu emersero dallo spazio blu e crearono rispettivamente Vishwakarma e Brahma. Vishwakarma aveva cinque facce che rappresentavano i tre fabbri e i due non fabbri. Infatti, secondo il testo, il colore delle loro facce era anche simbolico dei loro mestieri: oro per l’orafo, rame o ottone per il ramaio, nero per il fabbro, colore di pietra per il muratore, e una faccia di legno per il carpentiere. Vishwakarma fece poi delle pinze con il potere emanato da Brahma e Vishnu, e le unì con il chiodo chiamato Rudram o Siva. Ha chiamato questo ‘Kuradu’, che è naturalmente un importante strumento dei fabbri.

Questo mito d’origine fa anche notare che Vishwakarma nacque indossando il filo sacro “simile a quello che i bramini portano intorno alle loro spalle”. Questa affermazione carica di significato rende ovvio che lo scopo principale di questo mito d’origine era quello di rivendicare lo status brahmanico. Gli artigiani Vishwakarma che ho intervistato mi hanno detto che ancora oggi Avani Avittam (o rituale del cambio del filo) è tra le loro cerimonie più importanti. Il Vishwakarma Puranam dice che Vishwakarma scrisse il Mayanool, che è la scienza dell’architettura. Questa contiene i dettagli dei sistemi indigeni di misurazione manuale (Kadam, ma, Yojanai, ecc.) e si riferisce all’importanza dei calcoli matematici e astrologici per la costruzione degli edifici”. (Vijaya Ramaswamy, Vishwakarma Craftsmen in Early Medieval Peninsular India, in Journal of the Economic and Social History of the Orient, Brill 2004).

Spero questi appunti ti abbiano appassionato come hanno appassionato me, fammelo sapere nei commenti o via mail.

Ora torno in biblioteca

Gioia – Salute – Prosperità

domenica 18 luglio 2021

Cos’è la Fisiologia Occulta?

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/fisiologia-occulta/

Definizione di Fisiologia occulta in riferimento alla filosofia e alle scienze ermetiche


Di fisiologia occulta, solitamente, si sente parlare in tre ambiti:

Quello delle discipline steineriane sia in senso proprio, ossia, quello dell’Antroposofia, sia in senso improprio: quello afferente a discipline “modaiole” come alcune pratiche pseudo olistiche o vicine a mondi confusamente sincretici legati alla New Age e simili;

Quello delle discipline ermetiche, con particolare riferimento alla Magia. Anche in questo caso spesso se ne parla creando minestroni variopinti;

In ultimo abbiamo la Scuola di Alessandria. In questo ambiente culturale viene redatto il Fisiologo, capostipite dei Bestiari Qui nasce il neoplatonismo, qui si incontrano il “neonato” cristianesimo e le scuole dei misteri del mare nostrum. Tra le altre cose il Fisiologo può essere considerato la pietra di fondamento della simbolistica cristiana con riferimento alla natura.

Intendo sottolineare in questo articolo il significato di fisiologia occulta con riferimento al terzo punto dell’elenco sopra riportato.

“ …il senso di physiologia, physikos, negli scritti giudeo-cristiani, e in genere alessandrini, dell’epoca; originariamente essa designa l’interpretazione in chiave naturalistica degli antichi miti <<pagani>>, fiorita nel periodo ellenistico quando ormai la loro letteralità appariva inverosimile, in Filone Ebreo, invece, che fu uno dei primi interpreti <<allegorici>> della Sacra Scrittura e rappresentò un importante modello per Clemente, Origene e gli altri Padri greci dei primi secoli, physikos significa, precisamente, <<nel senso allegorico>>, e la physiologia è considerata come un mistero riservato agli iniziati e in relazione alla sapienza nascosta di Dio… Il physiologus è dunque propriamente sia il conoscitore delle segrete <<nature>> degli animali, delle piante e delle pietre, sia il divino interprete, l’iniziato che conduce dalle realtà materiali ai loro archetipi celesti; non diversamente dal mitico Ermete Trismegisto  o dagli altri ispiratori della letteratura esoterica sorta contemporaneamente in Egitto, egli è (in una versione cristianizzata) l’aner physikos, cioè il <<mago>>, colui che è a corrente di misteriose forze di <<simpatia>> e <<antipatia>> che governano la natura, e ne sa rivelare il significato simbolico.” (in F. Zambon, Introduzione a il bestiario di Cambridge, Franco Maria Ricci Editore, Milano-Parma 1974, pp. 21-22).

Il fisiologo, nel senso del conoscitore della fisiologia occulta e non in quello medico-moderno è “mago”, è interprete della Natura e conoscitore delle sue leggi.

Una domanda probabilmente è lecita: può occuparsi di fisiologia occulta, chi non è iniziato, chi non è in rapporto con il sacro, chi non è in grado di padroneggiare un’interpretazione allegorica, chi è lontano da un cammino sapienziale?

A te la risposta

sabato 15 maggio 2021

Chi erano le Ninfe?

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/chi-erano-le-ninfe/

Introduzione al magico mondo delle Ninfe

   E poi la Terra il Cielo generava, gemmato figlio – il primo – eguale a lei: che tutta la involgesse intorno e fosse soglio che mai vacilla dei beati; poi gli alti monti, diletti rifugi delle divine Ninfe che s’inselvano fra i giochi frastagliati a precipizio; e partorì – insondabile distesa – il Mare che gonfiando d’onde infuria, senza poter saggiare il dolce amore.

(Esiodo, Teogonia)


Chi erano le Ninfe?

Le Ninfe nella mitologia classica – prima greca e poi romana – erano divinità minori o secondarie abitanti, per alcuni custodi, il mondo naturale in ogni sua manifestazione. Avevano un aspetto affascinante, giovani procaci, sensuali e dagli abiti succinti. È possibile dividere le Ninfe in alcune categorie, una suddivisione può essere ad esempio quella per elemento naturale: acqua, terra ecc.

Le Ninfe solitamente erano benigne verso gli esseri umani, alcune volte potevano anche concedere il loro amore ad un uomo, altre volte potevano provocare problemi ed essere pericolose.

“Le Ninfe, in particolare, sono onnipresenti. Tutti i regni della natura appartengono al dominio di queste creature affascinanti e misteriose, inafferrabili e inquietanti. A volte posso no apparire dolcissime e benevole, altre volte la loro potenza si manifesta in forme terribili e oscure. Spesso sono legate al- le acque: alle sorgenti, ai fiumi o all’enigma infinito del mare, sia nella sua superficie iridiscente sia nelle sue più insondabili profondità. Il loro volto può comporsi in uno specchio d’acqua, apparizione arcana che incanta gli uomini e li trascina in un mondo segreto e fuori dal tempo. Ma altre volte le Ninfe abitano gli alberi o le montagne, nascoste dentro un tronco o nell’intrico di una selva. Le Ninfe, insomma, non frequentano le strade delle città. Vivono al di fuori del mondo civile, dentro orizzonti selvaggi in cui l’uomo non può più sentirsi protetto come membro di una società e rischia anche di perdere se stesso, di vedere svanire la propria identità individuale.” (in Giorgio Ieranò, Demoni, mostri e prodigi, l’irrazionale e il fantastico nel mondo antico, Sonzogno, Venezia 2017, 1a ed. digitale).


Quanti tipi di ninfe esistono?



infografica su alcuni tipi di Ninfe


Auloniadi e Napee: Abitavano i Boschi e le valli;


Coricidi; Abitavano le grotte e gli antri;


Crenee, Naiadi o Pegee: Ninfe delle fontane;


Amadriadi e Driadi: Abitavano le foreste;


Efidriadi: Ninfe delle acque;


Epigee: Ninfe terrestri;


Linnadi: Abitavano nei pressi dei laghi o degli stagni;


Naiadi: Ninfe delle Fonti d’acqua, laghi e fiumi;


Nelie: Ninfe dei prati;


Oceanidi o Nereidi: Ninfe marine;


Oreadi, Orodenniadi o Orestiadi: Abitavano le montagne;


Potamidi: Ninfe dei Fiumi;


Uranie: Abitavano i cieli;


Le Ninfe dei luoghi prendono nome dal luogo che abitano.

Questo elenco, come anche l’immagine, non è completo, nei prossimi articoli esploreremo meglio e più approfonditamente il mondo delle Ninfe, la loro classificazione, le loro storie e virtù.  

Vaticinio, Profezia e “super poteri”

Le Ninfe, soprattutto quelle delle acque, si ritiene avessero la capacità vaticinio e profezia. Spesso coloro che si abbeveravano alle loro acque potevano acquisire questo dono. Non solo per mezzo delle acque le Ninfe potevano ispirare gli uomini per mezzo della “possessione” e posseduti dalle Ninfe, detti dai Romani lymphatici o lymphati, potevano essere i pazzi, i veggenti e i poeti.

Alcune Ninfe come ad esempio le Naiadi sembra fossero in grado di curare e guarire.

Il culto

Alle Ninfe nell’antica Grecia era riservata una forma di culto privato o familiare, non si hanno notizie di culti pubblici. Solitamente il culto alle Ninfe era reso nei luoghi dove si pensava abitassero e spesso luogo d’elezione per le pratiche rituali erano le grotte.

Nel mondo romano le Ninfe avevano un culto pubblico, solitamente associate ad autoctone divinità delle sorgenti e le loro feste furono inglobate nelle celebrazioni tributate al dio Fontus. Queste celebrazioni avevano luogo il 13 ottobre con la festa delle Fontinalie, si riempivano le fontane con fiori e adornavano i pozzi. I templi dedicati alle Ninfe prendevano il nome di Ninfeo, spesso erano delle grandi fontane.  Nei ninfei venivano anche celebrati i matrimoni. Prendeva nome di Ninfagogo colui che, il giorno delle nozze, prendeva la sposa dalla casa paterna e la conduceva a quella dello sposo.

In prevalenza le offerte votive alle Ninfe non erano cruente, era offerta della frutta, del miele, del latte; raramente agnelli o capretti.

Il vero “regno delle Ninfe”

Oltre la Natura, oltre il Mito potremmo affermare che il vero regno delle Ninfe è l’Arte, d’altronde è stato detto che sono ispiratrici: dalla Poesia alla Letteratura, dalla Pittura alla Scultura alla Musica.

Prima di chiudere

Delle Ninfe in generale e di alcune Ninfe in particolare come ad esempio: Aretusa, Calipso, Eco, Egeria Dafne, Galatea ti parlerò in alcuni prossimi articoli. Se ne hai piacere, fammi sapere se questa nuova impostazione dei post ti piace e se questo argomento ti affascina. Non dimenticare di condividere questo articolo con i tuoi amici e sui tuoi social.

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sabato 27 febbraio 2021

L’historiola negli incantesimi e la sua funzione

In collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/lhistoriola-negli-incantesimi/

Appunti preliminari sull’historiola

Historiola: è una breve storia a sfondo mitico inclusa in un incantesimo e posta prima della “chiamata all’azione” da parte dell’operatore. Una delle sue funzioni potrebbe essere la delimitazione/creazione di un tempo diverso da quello ordinario.

Dopo questa prima ed insufficiente definizione di historiola andiamo a vedere altre definizioni, spiegazioni e contesti in cui può essere usata. Iniziamo la nostra carrellata con il filologo Fritz Graf.

Graf dà questa definizione: Termine moderno che descrive brevi racconti incorporati in formule magiche, fornendo una precedenza mitica per un trattamento magicamente efficace. Gli storici sono già documentati sulla magia mesopotamica e antica egizia. Nei papiri magici greco-egiziani (PGM), forniscono riferimenti sia alla mitologia greca (es. PGM XX) che egiziana (es. PGM IV 1471), e alle leggende cristiane nei riti cristiani.

In Parchment, Praxis And Performance Of Charms In Early Medieval Ireland[1] di Ilona Tuomi troviamo queste interessanti considerazioni sull’historiola:

Il fascino[2] inizia con la formula di apertura, “Nulla è più alto del cielo, nulla è più profondo del mare”, seguita da una historiola. Questo termine è usato per indicare una breve narrazione, che descrive episodi (spesso apocrifi) della vita di Gesù e dei santi, che spesso si incontrano o dialogano tra loro. L’historiola, “Per le parole sante che Cristo ha pronunciato dalla sua croce: Togli la spina da me, la spina, una spina che ferisce”, è una micro-narrazione che, sebbene breve, ha spazio sufficiente per nominare il personaggio e il suo luogo, per descrivere la malattia e per suggerire come è stata superata. Le historiolae lavorano con il principio del similia similibus, stabilendo così un’analogia analogia “tra il tempo mitico e le circostanze attuali” (Frankfurter 1995: 465). David Frankfurter ha inoltre affermato che le historiolae forniscono un collegamento “tra una dimensione umana in cui le azioni sono aperte e una dimensione mitica dove le azioni sono completate e le tensioni sono state risolte” (1995: 464). Frankfurter prosegue: “L’historiola include invariabilmente alcuni specifici legami con l’immediato contesto rituale in cui viene pronunciata…. L’effetto è, quindi un crollo dei confini tra la situazione umana e la dimensione mitica; l’historiola è efficace non per analogia o precedente ma diventando dinamicamente reale all’interno del contesto rituale” (1995: 469-470). In generale, “pronunciando la stessa invocazione vitale del personaggio della storia, l’operatore o il cliente attinge al potere dell’intera storia” (Frankfurter 1995: 462). Nel caso dell’incanto in studio, l’operatore attinge così al potere di il potere di Cristo sulla croce e collega i due eventi: spine e chiodi che hanno trafitto la pelle di Cristo e la spina che ha trafitto la pelle del paziente”.

Nello stesso numero di Incantatio, poche pagine più avanti, Saša Babič ci riporta il pensiero di Ivan Grafenauer (1937) dicendoci che questo ha differenziato tra due tipi di struttura di incanto-testo: strutture a una parte e strutture a due parti. Il primo tipo consiste solo in un incantesimo: è la persecuzione della forza cattiva o della malattia; è il tipo più antico di incantesimo. Una struttura in due parti consiste in una historiola e l’incantesimo, cioè la persecuzione della forza cattiva o della malattia. L’historiola di solito consiste in una storia biblica con alcune modifiche (aggiunta di dialoghi o altri dettagli).

Questi appunti sull’historiola hanno avuto lo scopo principale di mostrarti cosa essa sia, ma anche di essere preliminari allo studio di cosa sia un incantesimo per poi andare a verificare se incantesimo e formula magica siano la stessa cosa.

La magia classica e la magia popolare hanno fatto e fanno uso delle historiolae ed è importante per chi si avvicina allo studio di queste discipline conoscerle e conoscere la composizione di un incantesimo e/o formula magica nei suoi vari aspetti: materiali (se presenti), verbali, non verbali e para verbali. Con un po’ di polemica è doveroso domandarsi come può chi si definisce maga/o – fatta, forse, eccezione per i “maghi” della tradizione popolare – non avere idea della struttura di un incantesimo, della semiotica, della prossemica ecc.?

Se la Magia è la più alta forma di conoscenza e il mago arriva ad essere tale dopo essere passato per la filosofia e la fisiologia come è possibile che spesso ignori gli “strumenti base” del suo mestiere?

Per oggi può bastare

   Gioia – Salute – Prosperità

 

[1] Incantatio del 2013, pp. 63-64.


[2] Incantesimo

domenica 24 gennaio 2021

Magonia, gli aeronauti e le navi volanti

In collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/magonia-e-le-navi-volanti/

Gli aeronauti provenienti da Magonia e altre storie

Si può giungere a Magonia, o meglio ai racconti su Magonia e sui suoi abitanti per diverse strade: 1) quella delle tradizioni popolari e del folclore; 2) quella dei moderni appassionati di ufologia; 3) quella della storia delle religioni e delle superstizioni.

Sono giunto a Magonia diversi mesi or sono mentre preparavo un lavoro (ancora incompleto) sulla magia popolare ed ero sulle tracce dei cacciatori e creatori di tempeste muovendomi dal mar Mediterraneo all’Europa del nord. Di tutte queste leggende, riti, tradizioni e misteri ti parlerò nei prossimi articoli e libri. Oggi concentriamoci su Magonia.


Premessa: Il raccolto è fondamentale per la sopravvivenza della comunità. Ogni turbamento naturale che porta alla riduzione o distruzione del raccolto mette in crisi l’esistenza stessa della comunità. Per fronteggiare catastrofi, imprevisti e simili l’essere umano ha sempre percorso due strade: 1) quella “scientifica”; 2) quella “magico/religiosa”. L’eliminazione di una di queste due sfere trasformerebbe l’essere umano in altro da sé, ma questo è un altro discorso.  


De grandine et tonitruis (La grandine e i tuoni)

Per descrivere Magonia e i suoi abitanti ci avvarremo del primo testo che ne parla e della traduzione proposta da Paola Caruso in La trattatistica di Agobardo di Lione in difesa dell’ortodossia contro le superstizioni: traduzione e commento:

In queste contrade quasi tutti gli abitanti, nobili e non, cittadini e contadini, vecchi e giovani, credono che grandini e tuoni possano determinarsi a capriccio degli uomini. Dicono, infatti, non appena abbiano sentito dei tuoni e abbiano visto dei fulmini: “È vento levaticcio”. Interrogati poi su che cosa sia il vento levaticcio, alcuni con vergogna, con la coscienza che rimorde un po’, altri invece sfacciatamente, come di solito è abitudine degli ignoranti, assicurano che si leva per gli incantesimi di uomini che sono detti tempestari, e perciò è detto vento levaticcio.

[…]

Invece abbiamo visto e ascoltato molti, avvolti da così grande demenza, alienati da così grande stoltezza, che credono e dicono che esiste una regione, che si chiamerebbe Magonia, dalla quale arriverebbero sulle nubi delle navi, nelle quali sarebbero trasportate in tale regione le messi che cadono in rovina per la grandine e si perdono a causa delle tempeste; sono trasportate nella medesima regione, poiché evidentemente gli stessi aeronauti pagherebbero i tempestari, ricevendo frumento e altre messi. Tra questi parimenti accecati da una così profonda stoltezza, al punto da credere che queste cose possano avvenire, ne abbiamo visti molti esibire, in mezzo ad una folla di persone, quattro uomini legati, tre maschi e una femmina, come fossero caduti da quelle stesse navi: cioè dopo averli detenuti in catene per diversi giorni, finalmente radunata una folla di persone, li esibirono, alla nostra presenza, come dissi, quasi dovessero essere lapidati.[…] questa regione risiede quasi nelle menti di tutti […]

Il testo di Agobardo di Lione non dice molto di più su Magonia, ma è fonte interessantissima sulle tradizioni popolari e sugli antichi culti ancora presenti nel IX secolo dell’era volgare nella zona di Lione. Tra gli elementi più interessanti vi è il rapporto tra gli abitanti di questa città e i tempestari. Altro aspetto di interesse e che questi strani argonauti pagano per delle messi avariate e non buone o eccellenti, questo potrebbe indicare la loro origine non “divina”, ma “infera”. Sì, infera, perché come è noto le forze infere non risiedono solo nel sottosuolo, a tal proposito basti ricordare Paolo, Lettera agli Efesini 6,12: La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. L’acquisto delle messi danneggiate potrebbe essere un indizio della tipologia di acquirente. Va sottolineato che lo scopo di Agobardo era quello di combattere le superstizioni.

Magonia ed i suoi abitanti sono tornati ad affacciarsi periodicamente nella storia come ad esempio nel lavoro di Henri de Montfaucon de Villars, Le comte de Gabalis ou Entretiens sur les sciences secrètes. Avrò modo di tornare sia sull’autore sia sul libro. Sul finire del secolo scorso Magonia si ripresenta al grande pubblico come rivista per gli appassionati di ufologia ed oggi la possiamo trovare nel mare della rete: https://pelicanist.blogspot.com.

Prima di chiudere questa breve nota sugli aeronauti provenienti da Magonia, potrebbe interessarti sapere che questi non erano gli unici ad utilizzare navi volanti. Scendendo dalla Francia sino ad Alicudi, la più piccola e selvaggia isola dell’arcipelago delle isole Eolie, chiamata dai greci Ericussa (ricca d’erica), troviamo maghe, streghe, tempestari e ogni sorta di magia si sia capaci di trovare. Qui, la tradizione vuole, che le donne iniziate ad i misteri arcani dette mahàre o magare arcudare (maghe di Alicudi)[1], fossero in grado di spostarsi anche per mezzo di alcune barche volanti.

E tu conosci qualche storia di personaggi della tradizione che viaggiavano su barche volanti? Se la risposta è affermativa fammelo sapere nei commenti o scrivimi.

mercoledì 16 dicembre 2020

Antico e Nobile Ordine Dei Gormogoni

In collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/antico-e-nobile-ordine-dei-gormogoni/

Ordine dei Gormogoni: la prima società anti-massonica?

Ci sono delle società dimenticate dalla Storia, vissute per un periodo assai breve, ma che hanno visto come protagonisti della loro breve esistenza personaggi di rilievo della Storia e della storia delle società segrete. È il caso dell’Antico e nobile ordine dei Gormogoni (The Ancient Noble Order of the Gormogons) che ha come protagonista Filippo, duca di Wharton (1698-1731), già Gran Maestro della Gran Loggia di Londra e membro, di uno dei più esclusivi e perversi Club che la storia ricordi: l’Hell Fire Club.

L’Antico e nobile ordine dei Gormogoni è stato probabilmente il primo ordine antimassonico. Fondato dal duca di Wharton a seguito della sua <<cacciata>> dalla Libera Muratoria con la bruciatura in tempio dei suoi guanti e del suo grembiule. Passati pochi mesi da questo episodio si poteva leggere sul Daily Post di Londra: Mentre l’ordine veramente ANTICO e NOBILE dei Gormogoni, istituito da Chin-Qua Ky-Po, il primo Imperatore della Cina (secondo il loro racconto), molte migliaia di anni prima di Adamo e portato in Inghilterra da un mandarino,  dopo aver ammesso diversi signori d’onore nel mistero di quell’ordine più illustre, hanno deciso di tenere un capitolo presso la taverna del castello in Fleet Street, su particolare richiesta di diverse persone di qualità. Ciò significa informare il pubblico, che non ci sarà nessuna spada tirata alla Porta, né la Scala in una stanza oscura, né un Massone sarà riconosciuto come membro fino a quando avrà rinunciato al suo Ordine Novellato e sia stato degradato correttamente. Il mandarino che è appena partito per Roma dove va a fondare una loggia, come ha fatto a Londra. Ci viene detto che numerosi massoni eminenti si sono fatti degradare dalla massoneria per aggregarsi a questa società e che altri sono stati respinti per mancanza di titoli.

È palese l’incompatibilità tra questi due ordini, la volontà di far apparire l’Antico e nobile ordine dei Gormogoni più antico della Massoneria e la richiesta di farsi degradare delle proprie dignità massoniche per farne parte. Strategico al fine di darsi importanza era il dire che ne avessero fatto parte persone importanti e ancor di più che non tutti venivano ammessi. È una consuetudine ricorrente nella storia cercare “patroni importanti” e favoleggiare una esclusività che spesso esiste solo sulla carta. Questa società compare anche in un poema The Goose, nella raccolta Tim Bobbin’s Collected Poems of 1757. I versi così recitano:

As I have the honor to be a member of the

ancient and venerable order of the Gormogons,

I am obliged by the laws of the great Chin-

Quaiw-Ki-Po, emperor of China, to read, yearly,

some part of the ancient records of that country.


Mentre sulle antipatie tra Gormogos e Massoni possono essere illuminanti I versi di Henry Carey del 1729:


The Masons and the Gormogons 

Are laughing at one another, 

While all mankind are laughing at them;

Then why do they make such a pother? 

They bait their hook for simple gulls 

And truth with bam they smother, 

But when thev’ve taken in their culls

Why then’t is “Welcome, Brother”

Troviamo una medaglia di questa società segreta conservata al British Museum, la puoi vedere qui: https://micheleleone.it/antico-e-nobile-ordine-dei-gormogoni/#iLightbox[gallery2282]/0.

Passando dalla realtà storica alla finzione televisiva nella terza stagione della serie Bones vi è un serial killer dal nome Gormogon. Senza voler sviluppare teorie improbabili come i possibili messaggi occulti all’interno del telefilm è però interessante notare che il primo episodio della stagione è intitolato nella edizione americana: Widow’s Son In The Windshield (il figlio della vedova nel parabrezza) e figli della vedova sono chiamati i massoni. L’ottavo episodio è chiamato in italiano i Cavalieri di Colombo (The Knight on the Grid), nome di un’altra società segreta, vicina o opposta alla Massoneria a seconda degli interpreti. Interessante è anche il metodo utilizzato per scegliere le vittime: i Tarocchi. Insomma ci sono abbastanza elementi per poter lanciare la fantasia verso teorie della cospirazione o ipotizzare una guerra tra due società segrete che continua dal lontano 1724.


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mercoledì 9 dicembre 2020

Antico Ordine dei Cavalieri della Catena Mistica

In collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/antico-ordine-dei-cavalieri-della-catena-mistica/


Dai miti arturiani alla Pennsylvania con l’Antico Ordine dei Cavalieri della Catena Mistica

 

Questa mattina leggendo il New York Times, 22 ottobre 1884, mi sono imbattuto in un articolo con questo incipit: “PITTSBURG, Penn., 21 ottobre. – Il Castello Supremo dell’Antico, Ordine dei Cavalieri della Catena Mistica si è riunito qui nella loro convention annuale questo pomeriggio alle 2 e resterà in sessione fino a giovedì sera. Trenta delegati, in rappresentanza di 25 Stati, sono presenti”.

A questo punto è lecito chiedersi cosa fosse l’Antico Ordine dei Cavalieri della Catena Mistica (Ancient Order of Knights of the Mystic Chain) e di cosa si occupasse.

Nel 1870/71 a Reading, in Pennsylvania un gruppo di Massoni e Cavalieri Pythias unitamente ad altre persone fondarono l’Antico Ordine dei Cavalieri della Catena Mistica inserendolo nella mitologia e tradizione arturiana e dei Cavalieri della Tavola Rotonda. A questi valori cavallereschi si ispira il loro motto o divisa araldica: “Loyalty, Obedience, and Fidelity” traducibile in: Devozione, Obbedienza, Fedeltà.

L’Antico Ordine dei Cavalieri della Catena Mistica era diviso in tre gradi a cui nel tempo se ne aggiunsero due:


1. Cavaliere

2. Mistero

3. Cavalleria

 

a. In un secondo tempo venne creato il Mark-degree. Avevano accesso a questo grado paramilitare solo quanti erano stati maestri di un Castello.

b. Naomi o Figlie di Ruth, grado creato per le donne.

Il loro luogo di ritrovo era detto Castello, analogo ad una Loggia Massonica e omonimo del luogo di raduno dei Cavalieri Pitici, nel cui centro era posto un altare su cui si trovava una bibbia aperta.


A differenza della Massoneria i rituali, soprattutto di iniziazione, sono meno seri e come molte fraternità tendono allo scherzo o alla Goliardia.

L’iniziazione al grado di Cavaliere viene posto su una lastra di metallo e viene spinto a prendere un oggetto contenuto in un contenitore colmo d’acqua. Mentre il candidato prova a prendere l’oggetto subisce una piccola scossa elettrica. Durante l’iniziazione ad un altro grado il candidato bendato è costretto a chinarsi sino a quando non immerge la testa in una bacinella di acqua fredda. I membri di questa consorteria sono spinti da precise istruzioni rituali a prendere in giro i recipiendari mentre affrontano le prove dell’iniziazione.

L’Antico Ordine dei Cavalieri della Catena Mistica non superò le poche decine di miglia di membri e si estinse nella prima metà del XX secolo.  Ci sono voci che raccontano dell’esistenza odierna dell’ordine.

I rituali e la struttura di questa fraternità sono ispirati alla Massoneria ai Cavalieri Pythias, agli Odd Fellows e ad alcune Fraternità forestali.


Descrizione dell’emblema e sigillo


L’emblema di questa società segreta è un pentagono, che porta su ciascuno dei suoi lati una metà inferiore invertita di un triangolo isoscele. Questo fornisce cinque campi distinti, nel primo dei quali, di colore bianco vi è un libro aperto; nel secondo colorato di blu sono posti uno scudo e una lancia; il terzo è rosso, al suo interno troviamo cranio e ossa incrociate; nel quarto, dello stesso colore del precedente vi sono spade incrociate; nel quinto, di colore nero, abbiamo l’Occhio che tutto vede. Al centro sono incise delle lettere, il cui significato è noto solo ai membri del quarto grado: Mark. Sul rovescio abbiamo nel campo centrale un castello in rilievo, che è il marchio del grado più alto. Gradi più bassi avevano altri segni.


Quali erano gli scopi dell’Antico Ordine dei Cavalieri della Catena Mistica?


Come molte Fraternità e Società di Muto Soccorso l’Antico Ordine dei Cavalieri della Catena Mistica aveva lo scopo di supportare i confratelli in caso di infortunio sul lavoro o malattia; di assistere e prendersi cura delle vedove e degli orfani dei confratelli deceduti; creare amore per la patria e il rispetto per le leggi del Paese in cui vivono i membri dell’ordine; creare un network professionale e aiutare i confratelli senza lavoro a trovarne uno.

Il motto o vessillo è “Fedeltà, Obbedienza e Fedeltà”; e il “marchio” è un pentagono, che porta su ciascuno dei suoi lati una metà inferiore invertita di un triangolo isoscele, il tutto suggerisce una forma di croce maltese di cinque braccia. Questo fornisce cinque campi distinti, nel primo dei quali, bianco, è un libro aperto; nel secondo, blu, uno scudo e una lancia; nel terzo, rosso, cranio e ossa incrociate; nel quarto, rosso, spade incrociate; nel quinto, nero, l’Occhio che tutto vede; e al centro, lettere, il cui significato è noto solo ai membri di grado Mark. Al contrario, nel campo centrale, al centro, un castello in rilievo, che è il marchio del grado più alto. Ci sono lievi cambiamenti per quelli di rango o grado inferiore.

Ti riporto per permetterti di notare le somiglianze con altri riti di altre organizzazioni il rituale di apertura dei lavori del Castello nel grado di Cavaliere, altrove ti riporterò altri rituali:


Cerimonia di apertura dell’assemblea di Cavaliere dell’Antico Ordine dei Cavalieri della Catena Mistica

Comandante: Nobili Cavalieri, sto per aprire un Castello dei Cavalieri della Catena Mistica, e chiedo la vostra collaborazione. Vice-Comandante, gli ufficiali sono alle loro postazioni?

Vice Comandante: Si, Comandante.

Comandante: Maresciallo, lei prenderà la parola d’ordine e verificherà se tutti i presenti sono Nobili Cavalieri.

Maresciallo, dopo aver preso la parola d’ordine: Lo sono, Comandante.

Comandante: Maresciallo, qual è il primo compito dei Nobili Cavalieri riuniti?

Maresciallo: Essere a guardia del Castello, Comandante.

Commendatore: Istruire la Sentinella che un Castello dei Cavalieri della Catena Mistica è in assemblea, e che solo chi è qualificato può entrare qui.

Maresciallo, dopo aver istruito la sentinella: Il Castello è sorvegliato, Comandante.

Il Comandante dà tre colpetti per richiamare la Loggia.

Comandante: Ufficiali e cavalieri, voi vi alzerete e mi darete il contro-segno; la sua risposta è la stessa. Il segno di riconoscimento; la sua risposta. Il Segno dell’afflizione; la sua risposta. Il Verbo dell’ afflizione; la sua risposta. Il Segno dell’Avvertimento; la sua risposta. Il Segno di Voto. Il Segno del grado di Cavaliere; la sua risposta. Affrontatevi l’uno con l’altro e afferrate la mano.

Comandante: Ufficiali e Cavalieri, vi ringrazio per l’attenzione e l’assistenza nella conduzione degli affari di questoCastello. Il nostro Cappellano invocherà l’aiuto divino.

Cappellano, ex tempore o altro:  

Onnipotente Signore, chiediamo il Tuo aiuto,

Per fare il lavoro che ci è stato affidato,

Per guadagnare il salario prima di essere pagati

Per il dovere svolto.

 Chiediamo il Tuo aiuto per allietare il triste,

Proteggere gli indifesi: i nostri amati così cari:

Dalla povertà e dal bisogno e dalla paura,

Per il dovere svolto

Al lavoro fedele i nostri cuori si inclinano,

I nostri diversi poteri e volontà si combinano

In una linea di battaglia fraterna:

Fino alla vittoria.

Comandante: Dichiaro ora … Castello, N° …, dei Cavalieri della Catena Mistica d’America, aperta. Illustri Cavalieri, vi ringrazio per la vostra assistenza nella conservazione dell’ordine e del decoro durante la presente convocazione.

Il Comandante dà un colpetto di maglietto: Cavalieri, sedetevi.

sabato 14 novembre 2020

Fratellanza del serpente: la più antica società segreta

In collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/fratellanza-del-serpente/


Siamo governati dalla Fratellanza del Serpente?


Ciao, oggi ti racconto della Fratellanza del Serpente, la più antica e potente società segreta che esista, ovviamente non dimenticare l’ironia.

La specie umana infante, sin dalla preistoria, incontra un gruppo di alieni – in alcune versioni un solo individuo – che crea la Fratellanza del Serpente per governare il pianeta Terra; nel corso dei millenni questa Fratellanza del Serpente ha dato i capi carismatici delle religioni e dei governi, ha fomentato le guerre, diffuso informazioni e controinformazioni, è la madre di tutte le società segrete, ma i membri di queste sanno nulla o quasi, perché la verità è per pochi.

Sono queste, in estrema sintesi, le informazioni sulla più antica, potente e occulta società segreta della storia. A molti cospirazionisti non importa porsi legittime domande quali: ma se sono alieni presenti sul nostro pianeta dalla preistoria perché non stanno già governando il mondo? Perché non hanno creato il loro ordine sociale? La Fratellanza del Serpente si è forse scissa e i suoi membri lottano tra loro per detenere il potere?

Tutto questo e in realtà molto altro, a giudicare dalla quantità di carta usata per stampare queste teorie e dal proliferare di siti e blog su questi argomenti che di informativo spesso hanno ben poco, è frutto di un gruppo di teorici del complotto.

Se non bastasse la teoria aliena, ovviamente, essendoci di mezzo il serpente, qualcuno ha pensato di farla diventare anche una fratellanza al servizio di Satana. Quindi avremmo un mix di alieni, possibilmente rettiliani, dal DNA particolare e la capacità di cambiare forma a loro piacimento; se il dna non bastasse è sufficiente compiere qualche macabro rito satanico pasteggiando con sangue umano per poter accedere al potere di mutazione.

Tra gli autori che hanno parlato della Fratellanza del Serpente troviamo: il tedesco Jan Van Helsing (pseudonimo di Jan Udo Holey), autore di testi considerati dei “classici” dagli appassionati; il dj ufologo Xaviant Haze, che ha dedicato a questa fratellanza il volume Aliens in Ancient Egypt: The Bro- therhood of the Serpent and the Secrets of the Nile Civilization; l’inglese David Vaughan Icke, il vero guru delle teorie del complotto. Per Icke i burattinai sono i membri della Babylonian Brotherhood (Confraternita babilonese), altro nome della Fratellanza del Serpente, e ovviamente non mancano i nostri amici rettiliani né gruppi di satanisti. L’elenco di autori potrebbe continuare, ma bastano questi tre per iniziare a farsi un’idea sufficientemente chiara sull’argomento. È implicito che gli autori che hanno individuato la Fratellanza del Serpente come fautrice, creatrice e manipolatrice di tutte le società segrete della storia non hanno ancora fornito prove documentarie sull’argomento. Senza voler dare giudizi frettolosi e partendo dal presupposto che ognuno è libero, se non influenzato dalla Fratellanza del Serpente, di credere a quello che più lo fa star meglio, come possiamo inquadrare questo tipo di opere e speculazioni? A quali bisogni risponde?

Probabilmente queste sono una “evoluzione” del genere fantastico, tanto fantasy quanto fantascientifico, e potrebbero rispondere a uno dei bisogni “primari” dell’essere umano: credere in qualcosa che sia in qualche modo al di là dell’umano. La nostra è ormai una civiltà decaduta, il sacro e l’eros – inteso come la pulsione vitale insita nell’essere umano di cui la componente sessuale è una parte del tutto – si sono affievoliti e quasi dissolti come nebbia in una giornata di sole; la superficialità e l’informazione dozzinale, scambiate per cultura, la fanno da padroni. L’essere umano sublima nel possesso e nel successo personale le sue istanze interiori, ma è in realtà un bambino nel buio che ha paura dell’oscurità. Questo essere nel buio non emerge a un livello di cognizione cosciente, ma resta nascosto nelle profondità dell’essere. La non consapevolezza di essere al buio spingerà l’uomo bambino verso la prima fonte di luce che incontra sul suo cammino, non importa se sia luce vera, luce riflessa o luce artificiale. Il suo comportamento sarà assai simile a quello della falena, compreso il rischio di morire bruciato. Il bambino che è nascosto al buio non si interroga su cosa sia la luce che vede né se possa essere pericolosa: la sua“fame” di luce, il suo bisogno di appigli al buio gli fa accettare qualsiasi verità pur di non restare in solitudine. La necessità di appagare questo bisogno primario spinge l’uomo contemporaneo a credere, spesso senza fede, a qualunque cosa: non sono forse presenti oggi più di ieri sedicenti maestri che sostengono di alleviare le pene dello spirito a prezzi non sempre modici? Molti fenomeni contemporanei sono da attribuirsi a questi tre fattori: perdita del sacro, dell’eros e aumento di superficialità.

L’auspicio, per il decaduto Occidente e soprattutto per suoi figli, è che possa come Araba Fenice risorgere dalle sue proprie ceneri.

Gioia – Salute – Prosperità

mercoledì 19 agosto 2020

In Ungheria per scoprire i Garabonciás diák

In collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: https://micheleleone.it/garaboncias-diak-i-maghi-erranti-della-tradizione-ungherese/

Garabonciás diák i maghi erranti della tradizione ungherese


Perso in alcune ricerche sulla magia e religiosità popolare ho incontrato sulla mia strada i Garabonciás diák. Approfondirò questo argomento in ulteriori più dettagliati articoli, oggi ti riporto il video sui Garabonciás diák. Mi sono imbattuto in questi maghi erranti, quasi per caso, ero partito studiando alcuni fenomeni magico religiosi del sul Italia e risalendo lo stivale dopo aver incrociato i Benandanti in Friuli ho trovato i Grabancijaš dijak subito dopo il confine ed arrivare in Ungheria è stato quasi fisiologico.

Come noterai dall’immagine di copertina questo video fa parte di un mio nuovo progetto: La valigia di Hermes. 

La valigia di Hermes diventerà una sezione di questo sito e al tempo stesso è pensata come un programma dal vivo e in studio, sia video sia in podcast. Per ora le dirette sono su Facebook, per le puntate in studio mi sto organizzando e spero in autunno di saperti dire qualcosa di più, stesso discorso per i podcast.


Ve non conosci la mia pagina Facebook ecco il link per scoprirla e spero seguirla: Michele Leone: Esoterismo e Società Segrete


Ti riporto il link al mio canale Youtube: Michele Leone


Ecco il video sui Garabonciás diák:


Se conosci qualche tradizione popolare o particolare legata alla magia, alla preghiera, a riti particolari, se ne sei stata/o  testimone, se hai ricevuto dalla nonna o da qualche zia formule o ricette particolari sarei felice di conoscerle. Puoi inviarmi una mail a questo indirizzo info chiocciola micheleleone.it o compilare il form che trovi qui nel sito.

Torno alle mie esplorazioni, non mi resta che augurarti  

Gioia – Salute – Prosperità

mercoledì 24 giugno 2020

I Filosofi Incogniti

in collaborazione con l'autore Michele Leone: https://micheleleone.it/i-filosofi-incogniti/

Appunti sui Filosofi Incogniti e la vera Filosofia

La filosofia oggi è svalutata e sottovalutata – tanto da molti filosofi quanto dalle Istituzioni, tra cui per prima la scuola – e resa aliena alla maggior parte delle persone. Pochi sanno che la Filosofia è sempre stata legata alle scienze ermetiche, la maggior parte degli alchimisti, dei magi, dei sacerdoti e quanti erano nel mondo ermetico parlavano di filosofia o consideravano sé stessi filosofi. Una filosofia, nella maggior parte dei casi assai lontana da quella della nostra contemporaneità, che guarda alla natura e all’uomo come elementi di un’unica realtà e non come estranei gli uni agli altri. In queste pagine non posso dedicarmi allo studio dei rapporti tra filosofia e società segrete, tra filosofia e magia e tra filosofia ed ermetismo. Ma non posso, anche a costo di essere noiosamente ripetitivo, ricordare che l’ermetismo è per definizione, sia pur con tutti i limiti e imprecisioni di una definizione da dizionario, una corrente filosofico-religiosa. Se cancelliamo l’immagine standardizzata del filosofo noioso, mal vestito e con la giacca tweed anche a ferragosto scopriremo che i filosofi sono degli innamorati della vita e della conoscenza.

Qualche secolo or sono è esistita una setta composta da Filosofi Incogniti, vi riporto qualche informazione e parte dei loro statuti: Nell’’Idea di una Nuova Società di Filosofi” che fa da prefazione, il suo autore dichiara di voler consacrare a Dio i tesori infiniti di cui Egli ha voluto fargli dono e di impiegarli a Sua gloria e al servizio del prossimo; e di aver viaggiato per tutto il globo terrestre per confortare persone afflitte e bisognose. Non gli fu possibile tuttavia realizzare tale progetto, perché la malizia degli uomini si spinse così lontano, che egli vide più di una volta la propria vita in pericolo. Per questi motivi volle fondare un’associazione di Filosofi, <<di cui nessuno invero fosse particolarmente noto, ma che nondimeno si fosse reso generalmente celebre diffondendo [la propria fama] in breve tempo per tutti i regni, affinché in tutti si trovasse qualche associato che fosse, per così dire, un saggio e liberale dispensatore di prezioso tesoro della Scienza Ermetica>>.

A questo scopo egli mise per iscritto gli statuti e i regolamenti di questa <<nuova Cabala>> e ne scelse personalmente i fondatori; infine compose alcuni trattati ermetici in cui mise ciò che la sua esperienza gli aveva insegnato, e nei quali si può riconoscere il punto essenziale e il fondamento della loro Filosofia segreta: il soggetto o materia su cui si deve lavorare.

L’autore si affretta tuttavia a precisare di aver subito il fatto che alcuni di questi trattati siano stati pubblicati, e di non aver voluto dare alle stampe quelli che spiegavano più chiaramente la dottrina dei principi primi, e che, se ne sono stati editi, li ha eliminati subito, ritenendo che sarebbe stato più conveniente e utile differirne l’edizione.

Seguono gli Statuti dei Filosofi Incogniti, divisi in sei capitoli, e ciascuno di questi in più capitoli, per un totale di trenta articoli. Vi è detto chiaramente che questa Compagnia non deve limitarsi a una regione, a una nazione, un regno o una provincia, ma deve diffondersi per tutta la terra abitata, sebbene suddivisa in colonie, truppe, assemblee, e che ogni colonia corrisponde a un impero ove esiste un solo capo. La Provvidenza procurerà di fissare il numero degli associati, ma la prudenza di chi li accoglierà sarà determinante; e il più anziano membro di ogni colonia, truppa o assemblea avrà la lista di tutti gli associati con il paese da cui provengono. La condizione e la religione non saranno d’ostacolo alla loro ammissione, ma è nondimeno richiesto <<che essi adorino Gesù Cristo, che amino la virtù, e che la loro mente sia atta alla Filosofia>>. Non saranno tuttavia ammessi i religiosi e tutti coloro che hanno professato voti monastici, soprattutto negli ordini mendicanti; né schiavi o persone che siano al servizio dei potenti, <<poiché la Filosofia richiede persone libere, che siano padrone di loro stesse, che possano lavorare a loro piacere e che, senza impedimenti di alcun genere, possano impiegare il loro tempo e i loro beni per arricchire la Filosofia delle loro nuove scoperte>>. Tra le persone libere, le meno atte a questa sorta di occupazione sono i sovrani, che saranno accolti solo raramente; lo stesso avverrà per le persone spinte principalmente dall’ambizione, o per la gente destituita da ogni sorta di beni, che la povertà potrebbe costringere a rivelare un segreto che non ha pari in tutta la Natura. Ai postulanti si richiedono soprattutto l’onestà di costumi, una curiosità naturale, un desiderio di penetrare i segreti dell’arte chimica e di conoscere <<le mirabili operazioni della Scienza ermetica>>, e una condizione essenziale: <<un silenzio incorruttibile, eguale a quello che sapeva mantenere Arpocrate>>. Ogni membro sarà accuratamente scelto, previa osservazione dei suoi costumi e della sua mentalità da parte di un associato, e se sarà ritenuto degno di entrare, l’associato ne avvertirà il proprio superiore, celandogli tuttavia il nome e la provenienza del postulante, <<poiché una delle regole più sacre di questa Compagnia sta nel fatto che tutti coloro che ne fanno parte non solo siano sconosciuti agli estranei, ma che non si conoscano neanche fra loro, donde il loro nome di Filosofi Incogniti. L’accettazione del nuovo membro comporta che l’associato ne parli sinceramente con il proprio superiore, sotto giuramento, dopodiché si sottopone la cosa all’assemblea, ossia <<a quegli associati che gli sono noti>> e si agisce secondo la loro opinione.

Se il postulante è accettato, lo si accoglie con un rito che prevede anzitutto che si chiedano <<i numi dello Spirito Santo facendo celebrare a questo scopo una Messa solenne, se la provenienza e la confessione di colui che è accolto lo permettono. Il postulante giura di conservare gli statuti e si impegna a mantenere un segreto inviolabile, nonché fedeltà e amore fraterno verso tutti gli associati che conoscerà. E se arrivasse al possesso della Pietra, ne farà l’uso prescritto dalle regole della Compagnia. Il suo superiore gli garantisce, da parte sua e a nome degli associati, amicizia, fedeltà, protezione, e gli sussurra <<nella lingua dei Saggi, il nome della Magnesia, ossia della vera e unica materia con cui si fa la Pietra dei Filosofi>>. Se possibile, anzi, glielo suggerirà con descrizioni enigmatiche per sollecitarlo a scoprirla da solo.

Il nuovo membro assumerà un nome cabalistico, possibilmente ricavato anagrammando il suo vero nome dai nomi dei Filosofi antichi; nome che sarà inserito nella lista della Società. Per impegnare ancor più il nuovo associato, il superiore potrà esigere una ricevuta scritta di sua mano e sottoscritta con il suo nome cabalistico; e viceversa, questi potrà prendere un esemplare degli statuti che porti il suo nome cabalistico, come prova di appartenenza alla Società.

Il nuovo associato potrà copiare gli statuti, nonché la tavola dei simboli e dei caratteri cabalistici necessari all’Arte con la loro interpretazione; e avere la lista dei nomi cabalistici degli associati. […] Il nuovo membro sarà esortato ad applicarsi diligentemente alla lettura dei libri dell’autore e degli altri Filosofi approvati dalla Società, guardandosi soprattutto dal provare noia e impazienza.

[…] È invece previsto di astenersi <<da qualsiasi operazione sofistica sui metalli di qualunque specie>> e di non aver <<commercio con ciarlatani e dispensatori di ricette, poiché non vi è nulla di più indegno di un Filosofo cristiano che cerca la verità e vuole aiutare i propri fratelli, che la professione di un’arte ingannevole>>.  (Cosmopolita, Operazione Filosofica, a c. di A. Boella e A. Galli, Edizioni Mediterranee, Roma 2016, pp. 51-55).

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Questo lungo passaggio è stato indispensabile per mostrare non solo che l’Alchimia sia o possa essere una società segreta, o meglio, che dall’alchimia siano potute nascere delle società segrete o di segreti, ma soprattutto perché al suo interno contiene dei passaggi che sono tipici delle consorterie più o meno segrete. Uno degli elementi fondanti di questo tipo di aggregazioni umane è il segreto. Il confronto con il testo curato da Boella e Galli è utile per quanti vogliano avvicinarsi e meglio penetrare le cose dell’Arte e anche la storia di altre confraternite legate al segreto e ai Misteri, prima su tutte la Massoneria, non è un caso se i due studiosi continuano il capitolo citato parlando del Barone Tschoudy e del suo rito massonico dei Filosofi Incogniti.

I Filosofi Incogniti sono idealmente un’introduzione, un primo capitolo, a quella Filosofia che è ignorata non solo dalla così detta Cultura Ufficiale, ma anche e vergognosamente da quanti si dicono esoterici, maghi, occultisti, Guru e via dicendo…

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mercoledì 20 maggio 2020

I Misteri di Eleusi

in collaborazione con l'autore Michele Leone: https://micheleleone.it/i-misteri-di-eleusi/

Appunti sui Misteri di Eleusi


Al principiare dell’autunno nel mese di Boedromione, in Attica, ad Eleusi, cittadina non lontana da Atene si svolgevano i Misteri detti Eleusini. Di questi misteri conosciamo poco o nulla perché gli iniziati agli stessi hanno sempre avuto cura di mantenere il più stretto riserbo e segreto sulle pratiche da essi svolte all’interno dei Templi e Santuari.

Il riserbo e la segretezza del culto è sempre stato un elemento caratterizzante degli iniziati e dei membri delle società segrete di ogni tempo ed epoca. Ancora oggi in Italia, su questo argomento, a causa della polemica o della ignoranza, vengono fatte campagne antimassoniche.

I misteri in generale erano in parte culto pubblico e in parte culto iniziatico, ovvero, per potervi partecipare era necessario aver subito una iniziazione.

Il rito iniziatico e segreto, all’interno di uno o più culti pubblici, evocano da soli e facilmente i riti di pubertà, quel <<rituale iniziatico>> che <<mira… a trasformare l’individuo in conformità alla “norma” che la comunità pone davanti ai propri membri adulti>>. In questo modo il segreto acquisito attraverso l’iniziazione discrimina tra iniziati e non iniziati, e nelle società tradizionali, in cui hanno efficacia culturale e tradizionale i riti di iniziazione, esso separa i maschi adulti, detentori del segreto, dal complesso rappresentato dai pre-puberi e dall’universo femminile. È questo il rito che usa la tortura, dall’avulsione dell’incisivo alla subincisione penica, dalla scarnificazione delle spalle alla circoncisione al tatuaggio, per fissare sul corpo, in maniera indelebile, l’identità guadagnata passando attraverso l’<<altro mondo>>. Questi segni, che non possono più venire cancellati, accompagneranno il neofita fino alla fine dei suoi giorni e la <<legge>> rimarrà così per sempre descritta sul suo corpo, nel quale la società potrà riconoscersi e per mezzo del quale potrà sentirsi garantita. La legge condivisa scandita dal silenzio con cui è subita la tortura rituale, essa può coincidere con i costumi tribali e con l’obbligo di non rivelare il segreto guadagnato attraverso la prova rituale. Ma l’accesso al sapere del gruppo conservato dagli adulti può anche rivelare ai nuovi iniziati l’inconsistenza e l’incompletezza delle informazioni ricevute nella fase anteriore all’iniziazione, o nei diversi gradi della climax iniziatica, là dove è contemplata. Così, per esempio, tra i Baktaman della Nuova Guinea, l’entità del segreto posseduto e non rivelabile, se discrimina tra iniziati e non iniziati, nello stesso tempo decide anche la gerarchia sociale. […] Se fosse ora possibile applicare questo schema interpretativo ai misteri greci e in particolare ai misteri di Eleusi, essi allora, attraverso l’ostensione annuale del segreto, contribuirebbero a consolidare periodicamente il fondamento etnico prima e civico poi della religione greca, divenendo così <<un supplemento tanto necessario quanto armoniosamente integrabile>> nei confronti dei culti pubblici. Tuttavia non si può ignorare che i misteri, a differenza dei riti iniziatici tribali, non implicavano alcun mutamento di status sociale dell’individuo, <<che del resto sarebbe stato impossibile in un rito panellenico>>. Pertanto, anche ammesso che si possa dimostrare che i riti iniziatici di pubertà siano all’origine dei culti misterici – e non è detto che ciò possa valere comunque e in ogni caso -, resta che l’esito storicamente documentato e documentabile non è riconducibile che per forma e struttura alle iniziazioni tribali. (Paolo Scarpi, a c. Le religioni dei misteri, vol. I, Fondazione Valla, Milano 20124, pp. XIX-XX).

I misteri di Eleusi celebrano il culto di Demetra e si ritiene siano stati fondati intorno al 1550 avanti la nostra era, la loro diffusione in tutta la Grecia e non solo avvenne a partire dal VII secolo avanti la nostra era quando Eleusi divenne parte della città Stato di Atene.

Un inizio sull’origine di questo culto, praticato per duemila anni, la possiamo trovare nell’inno omerico a Demetra. Così parla la dea nell’inno:

Uomini ciechi, senza sagacia, che nulla sapete

mai preveder del fato che avanza, sia buono, sia tristo!

D’un mal senza rimedio t’è causa la tua stolidezza.

L’onda implacabile sappia di Stige, ch’è il giuro dei Numi,

sappia che immune sempre da morte e vecchiaia tuo figlio

io reso avrei, concessi gli avrei privilegi immortali.

Ora, non più potrà sfuggire le Parche di morte,

sebbene onore avrà perenne, perché l’ho raccolto

sopra le mie ginocchia, fra queste mie braccia ha dormito.

Dèmetra io sono, colma d’onori, che agli uomini arreca

sommo vantaggio, più che ogni altro dei Numi, e diletto.

Ed ora, il popol tutto mi deve innalzare un gran tempio,

e presso un’ara, lungo la fonte Callícora, sotto

l’eccelse mura della città, sopra il clivo che sporge.

Dalla lettura dell’inno omerico è possibile evincere due tipi di iniziazione legate a Demetra e conseguentemente ai misteri di Eleusi: la prima è legata alla mancata immortalizzazione di Demofonte da parte della dea per colpa di Metanira che la sorprende mentre prova a rendere immortale il bambino attraverso il fuoco. La seconda dovuta al suo riunirsi con la figlia Persefone.

I misteri di Eleusi sono cari ancora oggi agli appassionati di esoterismo, e non pochi provano a vedere nella piramide dei gradi delle moderne scuole iniziatiche una somiglianza o eredità con i piccoli e grandi misteri di Eleusi. I grandi Misteri si celebravano nel mese di Boedromione, con l’arrivo della primavera si celebravano i piccoli misteri nel mese di Antesterione. Le cerimonie duravano otto giorni e <<tutti quelli che avevano le mani pure>> e parlavano greco, donne e schiavi compresi, avevano diritto di parteciparvi – evidentemente se in primavera avevano compiuto i riti preliminari, ad Arga. (Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, Vol. I, Bur, Milano 20133, p.321).

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Le mani pure, così come molti altri temi delle iniziazioni antiche si riscontrano a volte senza significative variazioni nelle moderne società segrete o scuole iniziatiche. Vedremo a breve l’importanza del modello di Eleusi per tutta la tradizione esoterica occidentale e soprattutto il suo lascito per quanto riguarda il segreto.

Anche Erodoto tace sui Misteri: E per quel che concerne il rito iniziatico di Demetra, che i greci chiamano Tesmoforie, su di esso mi sia consentito restare in religioso silenzio, tranne per ciò che è consentito dire. Il silenzio sui misteri e l’impossibilità di parlarne ritorna sovente nella letteratura.

Eliade ci racconta parte della cerimonia:

Il primo giorno la festa si svolgeva nell’Eleusinion di Atene, ove il giorno prima erano stati solennemente trasportati da Eleusi gli oggetti sacri (hiera). Il secondo giorno la processione si dirigeva verso il mare. Ogni aspirante all’iniziazione, accompagnato da un tutore, portava con sé un porcellino che lavava nelle onde e sacrificava al ritorno ad Atene. Il giorno successivo, alla presenza dei rappresentanti del popolo ateniese e delle altre città, l’arconte basileus e la sua sposa eseguivano il grande sacrificio. Il quinto giorno segnava il momento culminante delle cerimonie pubbliche. Un’enorme processione partiva all’alba da Atene. I neofiti, i loro tutori e numerosi Ateniesi accompagnavano le sacerdotesse che riportavano ad Eleusi gli hiera. Verso la fine del pomeriggio la processione attraversava un ponte sul Kephisios e là uomini mascherati lanciavano insulti contro i cittadini più importanti. Al calare della sera, con torce accese, i pellegrini entravano nel cortile esterno del santuario. Una parte della notte era dedicata alle danze e ai canti in onore delle dee. Il giorno successivo gli aspiranti all’iniziazione digiunavano ed offrivano sacrifici; circa i riti segreti (le teletes) possiamo, però, soltanto avanzare alcune ipotesi. Le cerimonie che si svolgevano all’esterno e all’interno del telesterion si riferivano probabilmente al mito delle due dee. Si sa che gli iniziandi, con le torce in mano, imitavano Demetra vagante con fiaccole alla ricerca di Persefone. (Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, Vol. I, Bur, Milano 20133, pp.321-322).

In un frammento di Porfirio troviamo una interessante descrizione: Nei misteri di Eleusi lo ierofante si veste a immagine del demiurgo, il daduco a immagine del sole e il sacerdote dell’altare a immagine della luna. L’araldo sacro a immagine di Ermes.

I misteri di Eleusi erano depositari di un messaggio segreto o una prospettiva escatologica?

Coniugata con Atene, ma a questa esterna, in ragione anche della ξενία mitologica degli Eumolpidi, Eleusi rappresentava per Atene l’<<alterità>> dove si annullavano le differenze tra cittadini e nello stesso tempo tra gli uomini e gli dèi e dove la città periodicamente si rifondava. Essa era lo spazio <<altro>> e simbolicamente esterno dove si rinnovava la vicenda mitica che aveva portato ad addomesticare la morte rendendola uno strumento di rifondazione periodica della presenza, un modo per conferire senso all’<<essere-nel-mondo>> dell’uomo – non dunque un messaggio segreto come vorrebbe Burkert: <<A noi pare che debba esserci stato un particolare messaggio eleusino, un segreto ma preciso annuncio del superamento della morte>>. Nella prospettiva etnocentrica ateniese il culto eleusino, con il suo messaggio escatologico implicato dall’addomesticamento della morte, assumeva i connotati di un privilegio di cui godeva Atene, dalla quale però era generosamente diffuso tra tutti gli uomini. Ma proprio perché conferiscono senso alla morte i misteri si rivelano una grande metafora della vita, là dove evocano nel mito le nozze e nel rito la gravidanza e il parto, all’interno dell’ottica di un sistema che considera la famiglia elementare il perno attorno a cui ruotano la cultura e la vita associata. (Paolo Scarpi, op. cit. pp.9-10).

Eliade ci ricorda che gli iniziati ai Misteri di Eleusi non formavano una “Chiesa” né un’associazione segreta comparabile ai Misteri dell’età ellenistica (Mircea Eliade, op. cit. p.326). Ma conclude con una riflessione che è importante per viaggio nella storia delle società segrete ed iniziatiche che affrontiamo in queste pagine: In fin dei conti, i Misteri di Eleusi – oltre alla loro parte centrale nella storia della religiosità greca -, hanno dato indirettamente un contributo significativo alla storia della cultura europea: in particolare le interpretazioni del segreto iniziatico. Il prestigio unico di tale segreto finì per fare di Eleusi un simbolo della religiosità pagana. L’incendio del santuario e la soppressione dei Misteri segnano la fine “ufficiale” del paganesimo. Cosa che, d’altronde, non implica la scomparsa del paganesimo, ma il suo occultamento. Il “segreto” di Eleusi continua ad assillare l’immaginazione dei ricercatori. (Mircea Eliade, op. cit. p.328).

Alcune società segrete o scuole iniziatiche in qualche modo sono ancora oggi portatrici di segreti e forse in una qualche maniera anche del segreto di Eleusi. È necessario però, come sempre, separare il grano dal loglio. Per farlo bisogna affrontare la storia delle idee e del genere umano senza pregiudizi, armarsi di una molteplicità di strumenti ed avere pazienza, dedizione e ferrea volontà.

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sabato 11 aprile 2020

Le streghe all’Esquilino

in collaborazione con l'autore Michele Leone: https://micheleleone.it/streghe-allesquilino/

Priapo incontra le streghe all’Esquilino e racconta: cose mai viste!

L’esquilino oggi è un quartiere popolare di Roma, quanti si recano in treno nella nostra Capitale non possono non averlo visto almeno una volta dato che la Stazione Termini si trova qui.

Arrivo a Roma al sorgere del sole, mi concedo un caffè ed inizio a scambiare quattro chiacchiere con uno sconosciuto avventore dalla faccia stralunata ed un evidente bozzo nei pantaloni.

Si presenta, dice di chiamarsi Priapo, è di rientro da una notte brava. Avendo saputo delle mie ricerche sui misteri ed il mondo dell’occulto mi racconta di aver visto le streghe all’Esquilino:

Il racconto di Priapo

Ho visto Canidia con la veste succinta aggirarsi ululante a piedi nudi, i capelli sciolti e scarmigliati, con la vecchia Sagana: entrambe di un tale pallore nel viso da fare spavento. Si danno a raspare con le unghie la terra, a sbranare con morsi una nera agnella, il sangue lo fanno colare giù in una fossa per strappare di lì ai Mani le ombre dei morti che avrebbero dato i responsi. (in G. Luck, Arcana mundi. Magia e occulto nel mando greco e romano, Vol. I. Magia, Miracoli, Demonologia, Fondazione Lorenzo Valla, Milano 1997).

Intermezzo

Finito il suo racconto sistema l’impermeabile e va via con passo svelto. Sento la voce del barista che mi richiama alla realtà perché il mio caffè si sta raffreddando. La mancanza di sonno, la fantasia e le letture in treno a volte giocano brutti scherzi. Leggevo le Satire di Orazio.

Sulle streghe potresti leggere: Le Streghe in Toscana è il primo articolo su streghe, stregoneria, stregheria e via dicendo… continua a leggere.

Seguito e fine del racconto di Priapo

L’incontro di Priapo con le streghe all’Esquilino continua così:

Avevano anche due fantocci: uno di lana e uno di cera; più grande quello di lana, per infliggere il castigo a quello più debole. In fantoccio di cera se ne stava in atto supplichevole, come destinato a subir tra poco una morte ignominiosa. L’una evoca Ecate, l’altra invoca la crudele Tisifone. Allora avresti veduto uscir vagando serpenti e cagne infernali, e la luna rosseggiante, per non esser presente alla scena, nascondersi dietro gli alti sepolcri.

Se mentisco in alcuna cosa, che io abbia la testa insozzata dal bianco sterco dei corvi, e su me vengano a mingere e a cacare Giulio e la infrollita Pediazia e il borsaiuolo Vorano. Perché ricorderò io le singole operazioni, e in che modo le ombre, alternando le voci con Sagana, cacciassero suoni lugubri e stridenti, e come le streghe nascondessero sottoterra furtivamente una barba di lupo con i denti d’una serpe striata, e il fuoco ardesse più vivo per lo struggersi del fantoccio di cera? Io non volli rimaner testimone passivo delle cabale e dei misfatti delle due Furie; e con quel suono, che manda una vescica quando scoppia, io fico, dischiusa la natica, trassi un peto. E quelle, a gambe levate verso la città. Con che gusto e con che risa avresti visto tutto all’aria: la dentiera di Candia, la parrucca torreggiante di Sagana, e cader loro di mano le erbe e i nastri dell’incantagione.  (Orazio, Satire, Libro I, 8, Utet, Torino 2015, ed. digitale).


Postilla

Orazio in questa satira ci fornisce informazioni sui luoghi e sulle pratiche di quella che oggi chiameremmo magia nera o voodoo nell’antica Roma. Incontreremo in prossimi post le protagoniste di questa satira, figure chiave della magia nella Roma antica. La descrizione che fa Orazio delle due streghe all’esquilino con i capelli disordinati, scalze, vecchie, ululanti e pallide è un’immagine ormai cristallizzata della strega malevola, intenta in riti oscuri e alle volte osceni. È utile ricordare come Roma non vedesse di buon occhio la magia. Orazio, membro del “Club di Mecenate” era contemporaneo di Augusto. Questo volle riformare i costumi di una città dissoluta, recuperare le priscae virtutes e le tradizioni; anche eliminando ogni forma di devianza religiosa. È ipotizzabile che Augusto abbia intrapreso una Caccia alle streghe ante litteram e che i membri del “Club di Mecenate” combattessero questa battaglia con le armi della poesia e della parola.

Questo articolo non ha la pretesa di esaustività, anzi è una goccia nel mare della storia della magia, vuole solo essere un esperimento narrativo e l’occasione per farti conoscere Orazio e i racconti sulle streghe.

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domenica 22 marzo 2020

Acqua Tofana: mille storie per un veleno

in collaborazione con l'autore Michele Leone: https://micheleleone.it/acqua-tofana-mille-storie-per-un-veleno/

L’acqua Tofana dalla storia alla letteratura senza scordare le teorie del Complotto

L’acqua Tofana non è un semplice veleno, è stata protagonista della storia e dell’immaginario per oltre due secoli. Conosciuta con diversi nomi, l’acqua tofana, si è mossa con discrezione tra le pagine di cronaca giudiziaria, quelle di grandi romanzieri e di amanti delle teorie del complotto.

Ouverture

“Nella prima metà del Seicento si scopre a Palermo una rete di streghe, fattucchiere e avvelenatrici, guidata da Teofania di Adamo, l’avvelenatrice più famosa della Sicilia secentesca”. (Maria Sofia Messana Virga, Inquisitori, negromanti e streghe nella Sicilia moderna: 1500-1782, Sellerio, Palermo 2007, p. 534)

Il veneficio ha sempre fatto paura ed è rientrato per molto tempo nella categoria del crimen occultum. Questa vicinanza con il mondo dell’occulto ha fatto sì che spesso si associassero preparatori di veleni, con ciarlatani, streghe, megere ed altri personaggi di una categoria che non è e non può essere solo dell’immaginario.

Tra veneficium e maleficium vi è una forte parentela. Nelle Leggi delle XII Tavole (V secolo avanti l’era volgare) dell’antica Roma questi crimini sono assimilati a quello che è considerato uno tra gli omicidi più odiosi: il parricidio. Se alcuno con infidia macchinata ucciderà un uomo libero, sia reo di delitto capitale: sia parimente soggetto della stessa pena chi userà contro di qualcuno magiche canzoni, o incantesimi, e chi comporrà a danno altrui veleni mortiferi. Così Giovanni Silvestri in Breve interpretazione delle Leggi delle dodici Tavole de’ Romani, Padova 1769.

Non stupisce che quella scoperta a Palermo al principiare del secolo XVII sia una consorteria di: streghe, fattucchiere e avvelenatrici.

Non solo di Madre in Figlia (tra storia e leggenda)

Il 1633 può essere considerato l’anno zero di questa storia. Abbiamo tre esecuzioni:

17 febbraio 1633 Francesca la Sarda viene decapitata. Probabilmente è la prima persona a fare commercio e produzione del veleno che verrà chiamato Acqua Tofana. Per alcuni è solo una “commerciante” del prodotto della d’Adamo;
Curiosità: Si dice che la sarda prima di morire abbia lanciato una maledizione sugli spettatori del supplizio affermando che di lì a poco l’avrebbero seguita. Per l’occasione le autorità avevano allestito dei palchi per permettere alle persone di assistere all’esecuzione della sentenza, i palchi erano gremiti. La tradizione popolare vuole che, non appena la Sarda abbia esalato l’ultimo respiro, i palchi abbiano ceduto sotto il peso della folla con la conseguenza di morti e feriti.

21 giugno 1633 Placido di Marco viene strozzato ad un palo posto su di una barca e poi squartato;
12 luglio 1633 Thofania d’Adamo viene giustiziata dopo esser stata accusata di aver avvelenato il marito ed altre persone con acqua velenosa;
Se non ci fossero stati eredi probabilmente la storia dell’acqua tofana o toffana si fermerebbe qui, ma, c’è sempre un ma, e a questo punto che entra in scena Giulia Tofana.

Giulia a seconda delle testimonianze è figlia o nipote di Thofania d’Adamo, da questa avrebbe appreso i primi rudimenti dell’arte dei veleni o la prima ricetta della dell’Acqua Tofana. La natura aveva regalato a Giulia una viva intelligenza, la spregiudicatezza e una bellezza fuori dal comune. Queste tre qualità erano la sua dote; ragazza povera, in un quartiere popolare e malfamato della Palermo spagnola imparò presto ad usarle a suo vantaggio.

Non si sa se sia stata Giulia ad inventare l’Acqua Tofana o semplicemente si limitò perfezionare la ricetta della mamma/zia. In breve tempo creò una vera e propria rete commerciale per aiutare le mogli che volevan cambiare marito ed altre persone che avevano bisogno del suo preparato. Però fu costretta a lasciare Palermo e arrivò a Roma passando per Napoli. In questo viaggio non era sola, portava con sé la figlia Girolama. Furono costrette a lasciare Palermo per colpa di una cliente che non aveva ben usato il prodotto, gli occhi della santa inquisizione e della giustizia ordinaria erano su di lei. Lo stesso accadde a Roma, questa volta però non riuscì a scappare. Durante l’interrogatorio emerse che aveva venduto Acqua Tofana sufficiente per uccidere circa seicento uomini. Questo ha fatto di lei una paladina per molte donne vessate dell’epoca (non esisteva il divorzio). La sentenza non tardò ad arrivare. Nel pomeriggio del 5 luglio 1659 penzolavano dalle forche erette in Campo de’ Fiori a Roma cinque donne, per alcuni erano megere che intrattenevano commerci con il Diavolo in persona.

Della sua preparazione e composizione dell’Acqua Tofana

Salvatore Salomone Marino, nel 1882 pubblica alcune notizie su l’Acqua Tofana:

Ma che veleno era quest’ Acqua tofana? Storie, enciclopedie, trattati di chimica, poesie popolari, romanzi, si sono occupati di essa; ma fino a qui ogni indagine è tornata vana, non ha prodotto che supposizioni più o meno probabili, più o meno strane. Si ritenne fatta con “toschi maligni e succhi d’erbe”; si parlò di veleni minerali in genere, poi dell’arsenico mescolato a bava di porco; poi del risultato più complesso della miscela di vari ingredienti vegetali e animali; ma la verità restò ignota,
essendoché il Tribunale che processò le avvelenatrici conobbe “il cattivo veleno bestiale”, ma serbò fedele un assoluto silenzio. Questo ci dice il poemetto popolare più su ricordato, che degli avvelenamenti e del supplizio delle cinque donne ci dà preziosi ragguagli con verità storica; e però era da ricorrere al processo criminale per avere completa la luce. E questa difatti ci viene adesso, e completissima, grazie al bravo Alessandro Ademollo che ha messo fuori un importante volumetto sui misteri dell’ Acqua Tofana (Roma, fipogr. dell’Opinione, 1881), con la scorta appunto del famoso processo romano del 1659, che rinvenuto recentemente nell’Archivio di Stato in Roma, egli ha per primo ed egregiamente illustrato. E che ci dice il processo? Eccolo qui con le deposizioni genuine di due donne, di una, cioè, delle principali accusate e della sua serva: “Si fa l’acqua con arsenico e piombo, che si mettono a bollire in una pignatta nuova, otturata bene, che non rifiati, fino a che cali un dito; l’acqua che ne resta è chiara e pulita; presa in vino o in minestra provoca il vomito; poi viene la febbre, ed in quindici o venti giorni si muore: bastano cinque o sei gocce per volta in ogni giorno per far l’effetto, e non altera il sapore della minestra né del vino”. “Io dirò quello (dice a sua volta la serva) che mi ricordo che ho veduto che faceva la mia padrona quando voleva comporre la detta acqua, et era che pigliava un grosso di piombo limato, et un altro grosso di antimonio ed un pezzetto di arsenico cristallino; acciaccava l’antimonio e lo metteva dentro una pignatta piccola e ci metteva tant’acqua comune che arrivava sotto al collo della medesima pignatta, et poi la copriva col coperchio di ferro et acciaio che non sfiatasse; pigliava una pagnotta di pasta e stesa la metteva attorno alla bocca della pignatta, acciò chiudesse bene il coperchio et la bocca di essa che non sfiatasse; et poi la metteva a bollire per un’hora, pare a me, poi la levava dal fuoco, la lasciava raffreddare e raffreddata bene la cavava fuora e la metteva in un fiaschetto o boccia quadra; per ordinario era solita di pigliare un giulio d’antimonio e un giulio di piombo per volta; ma quando la faceva ce ne metteva la metà solamente che viene a essere un grosso per volta, et questo se lo comprava lei e tanto diceva averne comprato che io lo vedeva; ma l’arsenico poi come lei se l’aveva io non lo so; vedeva bene che lei l’aveva, et se ne serviva come ho detto”.

Ora non è dunque più dubbio: l’Acqua tofana risultava dalla miscela dell’arsenico, dell’’antimonio e del piombo. Che poi le processate rivelassero pienamente la verità intorno al segreto dell’Acqua ci è attestato dal processo stesso, nel quale è notato da una parte l’esperimento sopra un grosso cane con il veleno sequestrato nella casa delle ree, e d’altra parte l’esperimento sopra altro cane con il veleno ricomposto dai periti giudiziari sopra le indicazioni qui su riferite. Non occorre dire che gli effetti sulle due povere bestie furono sicuri ed identici, e non dissimili a quelli che dettero ai mariti il passaporto per l’altra vita.

Altri nomi dell’Acqua Tofana

L’Acqua Tofana era venduta perlopiù come prodotto cosmetico. Era anche venduto in ampolle o boccette da un quarto di litro con la raffigurazione di San Nicola di Bari ed era detta manna di San Nicola. Essendo questo veleno inodore, insapore e trasparente ben si prestava ad essere scambiato con la manna raccolta a Bari dove ci sono le reliquie del santo di Mira. Se avete in casa una di queste antiche boccette tenetele lontano dalla portata dei bambini ;).

Curiosità: Tutti, o quasi, immaginano Babbo Natale con un abito rosso, la barba bianca ed il pancione mentre dal profondo nord parte per distribuire i regali la notte di Natale. In realtà Babbo Natale altri non è che San Nicola di Bari. Nei secoli e per vari motivi la sua leggenda si è trasformata sino alla versione commerciale di una nota barca di bibite d’oltre oceano.

Tra i vari e più famosi nomi di questa acqua mortifera troviamo:

Acquetta di Perugia;
Acqua Manna;
Acqua di Palermo;
Acqua di Napoli;
Acqua del Petesino Mantovano.
Al momento mi è impossibile dire se sia lo stesso veleno o fossero veleni simili. Sull’Acquetta di Perugia probabilmente farò un post ad hoc, per ora non aggiungo altro.

Un mondo occulto fatto di magie e veleni

Oggi come ieri non è improbabile entrare in “mondi paralleli” deviando da una strada principale di una grande città o accedendo tramite TOR al deep web con un paio di colpi di mouse. Senza spingerti così lontano basta guardare programmi televisivi di fattucchiere, indovini ecc. o andare su Facebook per trovare la sagra della ciarlataneria. Spesso la criminalità, e gli operatori di servizi particolari hanno condiviso la stessa ombra nelle periferie delle grandi città, di tutte le grandi città. Oggi come ieri, per chi si sa ben muove non è difficile trovare i più svariati servizi.

Qualche secolo fa la commissione di un omicidio per mezzo di un sicario, di un veleno o di un maleficio sovente la si poteva fare nello stesso luogo.

A Roma nel Seicento vi era una vera e propria comunità composta da prostitute, alchimisti, preti spretati, streghe, farmacisti oscuri, erboriste pronte ad aiutare per aborti, astrologi e venditori di pozioni per guarire dal mal di denti o dai mali d’amore.

Parigi nello stesso periodo a detta di Lynn Wood Mollenaeur ha un vero e proprio Criminal magical underworld. Di Parigi e di alcuni protagonisti del mondo magico e criminale del Seicento ti parlerò in un prossimo post.

L’Acqua Tofana tra letteratura e teoria del complotto

All’inizio di questo articolo di ho detto che l’Acqua Tofana ha acceso la fantasia di importanti autori, ora ne vedremo un paio di esempi, ma non poteva mancare tra gli scribacchini del secolo XIX desiderosi di notorietà o degli antiliberali che combattevano una battaglia accesa contro i liberali ed i Repubblicani o Democratici.

Sir Arthur Conan Doyle nel 4 capitolo del suo romanzo a Study in Scarlet ci parla di Acqua Tofana, Socialisti e Carbonari:

“The Daily Telegraph remarked that in the history of crime there had seldom been a tragedy which presented stranger features. The German name of the victim, the absence of all other motive, and the sinister inscription on the wall, all pointed to its perpetration by political refugees and revolutionists. The Socialists had many branches in America, and the deceased had, no doubt, infringed their unwritten laws, and been tracked down by them. After alluding airily to the Vehmgericht, aqua tofana, Carbonari, the Marchioness de Brinvilliers, the Darwinian theory, the principles of Malthus, and the Ratcliff Highway murders, the article concluded by admonishing the Government and advocating a closer watch over foreigners in England.

Sui segreti e sui nomi dei veleni possono essere illuminanti le parole del Conte di Montecristo:

“Ma allora” disse la signora Villefort, “hanno dunque trovato finalmente il segreto di quella famosa acqua tofàna, che in Perugia si diceva perduto.”

“Eh, signora, forse fra gli uomini si perde qualche cosa? Le arti si spostano e fanno il giro del mondo, le cose cambiano di nome, ecco tutto: l’uomo volgare s’inganna, ma è sempre lo stesso risultato, il veleno. Ciascun veleno opera particolarmente su un tale o tal altro organo, l’uno sullo stomaco, l’altro sul cervello, l’altro infine sugli intestini. Ebbene, il veleno determina una tosse, questa un’infiammazione di petto o qualunque altra malattia scritta nel libro della scienza, cosa che non le impedisce di essere del tutto mortale, e che quand’anche non lo fosse, lo diverrebbe grazie ai rimedi somministrati da ingenui medici, che in generale sono cattivi chimici.

Ecco un uomo ucciso con arte, e con tutte le regole, sul quale la giustizia non ha da ridire, come diceva un terribile chimico mio amico, l’eccellente Adelmonte di Taormina in Sicilia che aveva molto studiato i fenomeni nazionali.

Per chiudere questa mini carrellata di citazioni prese dalla letteratura è impossibile non citare le Passeggiate Romane di Stendhal:

Agostino Manni pensa che l’acqua tofana esistesse ancora quarant’anni fa, ai tempi della celebre principessa Giustiniani che rischiò di restarne vittima. L’acqua tofana era inodore e incolore; una goccia somministrata una volta alla settimana faceva morire nel giro di due anni. Se, nel frattempo, sopravveniva la benché minima malattia, risultava letale ed era ciò su cui contavano gli avvelenatori. L’acqua tofana poteva essere mescolata al caffè e alla cioccolata senza perdere vigore. Il vino in parte la neutralizzava.

Manni ha conosciuto un indovino il cui padre viveva negli agi pur senza alcuna attività apparente: suppone vendesse veleni. Quest’arte per fortuna è perduta.

Purtroppo l’arte di avvelenare non era perduta. Se, forse, nella realtà è quasi estinta, nella fervida immaginazione di alcuni è stata viva a lungo.

Massoneria e Società segrete il prezzemolo d’ogni minestra

I massoni ed i “settari” in generale nella mente di qualcuno sono il male da sconfiggere ad ogni costo o gli araldi di ogni male nella società umana.

Nel 1872 Valentino Guazzo pubblica le seguenti parole:

La Massoneria ha origine orientale, e lo attesta l’uso del Presidente delle riunioni di porsi sempre in Oriente, il nome di grande Oriente dato alla loggia principale, le molte parole ebraiche, e le cerimonie asiatiche.

Il giuramento dei Framassoni vuolsi sia stato il seguente: – « In nome del figliuolo crocifisso, giurate di spezzare i vincoli carnali che vi legano ancora a padre, madre, fratello, sorella, parenti, sposa, amici amanti, re, capi, benefattori, ed a qualunque essere abbiate promesso fede, obbedienza, gratitudine, e servigio. – Nominate il luogo che vi vide nascere per esistere in un altro ordine di cose dove non perverete se non dopo di aver abiurato questo globo pestifero, vile rifiuto dei cieli. – Da questo momento siete sciolto dal preteso giuramento fatto alla patria e alle leggi. Giurate di rivelare al nuovo capo che riconoscete quello che avete veduto o fatto, preso, letto, od udito, appreso o indovinato, ed anche d’investigare e di spiare quello che non si presentasse ai vostri occhi – Onorate e rispettate l’acqua tofana come un mezzo sicuro, pronto e necessario per purgare il globo mediante la morte o lo stato d’imbecillità di coloro che cercano di avvilire la verità e di strapparla dalle nostre mani. – Fuggite la Spagna, fuggite Napoli, fuggite ogni terra maledetta, fuggite finalmente la tentazione di rivelare quello che udirete, perché non è il fulmine più pronto del coltello che vi coglierà in qualunque luogo siate. –

Vivete in nome del Padre, del Figliuolo, e dello Spirito santo.

Sarebbe stato difficile commettere più errori in così poche righe, presto commenterò questo pseudo giuramento, quello che è interessante per questo post è la presenza dell’Acqua Tofana: un mezzo sicuro, pronto e necessario per purgare il globo mediante la morte o lo stato d’imbecillità di coloro che cercano di avvilire la verità e di strapparla dalle nostre mani. Si vuole che Barruel nelle sue Memorie per servire alla storia del Giacobinismo, abbia parlato dell’Acqua Tofana come strumento di Massoni e illuminati.

La Civiltà Cattolica del 1876, nella sezione Contemporanea, riporta un articolo il cui titolo così finisce: Nuove prove dell’uso dei veleni e dei pugnali nelle sette massoniche. Non riporto l’articolo perché mi porterebbe più fuori tema di quanto non stia già andando e allungherebbe a dismisura questo post. Sarà mia cura pubblicarlo in un post ad hoc.

Conclusione

Spero che questo breve viaggio che ha avuto come protagonista l’Acqua Tofana sia stato di tuo gradimento. A me è piaciuto scoprire personaggi e luoghi insoliti, trovare connessioni, spesso appena accennate, tra storia e storie, tra realtà e fantasia.

Oggi probabilmente l’uso dell’Acqua Tofana e dei veleni è quasi scomparso nella pratica, ma altri veleni antichi come l’uomo sono ancora lontani dallo scomparire. I veleni della cattiveria, della maldicenza, del turpe pettegolezzo, del mettere alla berlina nella quotidianità o sui media, della malignità sono presenti e se li usiamo anche in “buona fede” fanno di noi i personaggi di quel circo che è hai margini della società. Diventiamo degli storpi avvelenatori senza possibilità di scampo.

      Gioia – Salute – Prosperità