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sabato 2 dicembre 2017

Ufo, il punto di vista di Carl Jung

tratto da Il Fatto Quotidiano del 17 agosto 2015

di Vladimiro Bibolotti

Carl Gustav Jung, il celebre psicanalista svizzero allievo di Sigmund Freud, viene spesso citato a proposito del fenomeno degli UFO. Luminare della psichiatria, grande scienziato, i suoi studi sugli oggetti volanti non identificati vengono usati ancora oggi, per contestare tale realtà, citando il “Mito moderno” senza conoscere a fondo né la sua personale attività di ricerca in merito al problema dei “dischi volanti”, né padroneggiare il suo pensiero su tale argomento.

Molti conoscono l’interpretazione mitologica del fenomeno di quelli che allora venivano chiamati folkloristicamente “flying saucers”. Jung, all’inizio, era infatti interessato più che alla natura fisica reale o meno di questi oggetti, al mito che ne avrebbe fatto nascere, pubblicando non a caso il libro titolato “Un mito moderno. Le cose che si vedono in cielo”.

Carl Gustav Jung, più che speculare sulla presunta origine extraterrestre degli UFO, si domandava quale potesse essere il significato di questi fenomeni, reali o immaginari che siano,  in un momento come quello in cui l’umanità si sentiva minacciata come non mai nella sua storia e aveva bisogno perciò di un mito moderno. Erano infatti gli anni dello sviluppo delle armi atomiche, quando la propaganda maccartista americana e la corsa agli armamenti tra USA e URSS stavano creando un clima esplosivo nell’ambito delle relazioni internazionali. Non a caso scienziati come Einstein ed Oppenheimer, paladini dei movimenti della pace, denunciavano il pericolo di un conflitto nucleare che avrebbe portato all’annientamento dell’umanità. Da citare una curiosa lettera scritta dai due fisici al presidente Truman nel giugno del 1947, poco prima del primo avvistamento ufficiale di un “disco volante” fatto da Kennet Arnold, dove in questo documento scritto a monito del pericolo creato dagli esperimenti atomici, si citava la presenza di “unidentified space craft flying in our atmosphere”, termine mai usato prima e che poi sarebbe divenuto con le opportune semplificazioni quello ufficiale creato dal Capt. dell’USAF, Edward J. Ruppelt nel 1951: U.F.O. Unidentified Flying Object.

Einstein, in proposito, sosteneva:  “I Dischi Volanti? La gente ha indiscutibilmente visto qualche cosa”.

Già nel 1955 Jung scriveva sulla rivista britannica Flying Saucer Review, che la mole di lavoro da lui svolta tramite analisi di testimonianze, lo portava alla convinzione che non “era solo rumore di fondo”. E più arditamente quasi con rammarico: “Dopotutto uno deve quasi rimpiangere che gli ufo sembrano essere reali”.

Ma proprio il 1958 è l’anno della collaborazione con la APRO Aerial Phenomena Research Organization organizzazione ufologica statunitense, una delle prime a livello mondiale a studiare scientificamente il fenomeno UFO e dove infatti risultava inserito come loro consulente  nel loro bollettino ufficiale. Jung ha pubblicato un rapporto di cui diede notizia l’Associated Press e stampato il 30 luglio 1958 sul New York Herald Tribune dove si legge:

“Il dottor Carl Jung, psicologo svizzero, afferma in un rapporto pubblicato ieri che gli oggetti volanti non identificati sono reali e mostrano segnali di guida intelligenti, probabilmente ad opera di piloti quasi-umani. Secondo lo studioso, il fenomeno è molto più che una semplice suggestione. Una spiegazione puramente psicologica è esclusa. Il dottor Jung, che ha cominciato il suo studio sugli UFO nel 1944, ha diffuso la sua dichiarazione attraverso l’UFO-Filter Centre dell’Aerial Phenomena Research Association (A.P.R.O.)“.

Sempre il 1958 è quello delle famose interviste del 30 luglio 1958 sul Washington Post “Flying Objects Real, Psychiatrist Insist” e sul New York H.T., dove senza mezzi termini affermava: “Dr. Jung says ‘Saucers’ Exist; Bars Psychological Explanations”.

Tale intervista venne poi ripresa sulla rivista italiana l’EUROPEO del 30 agosto dello stesso anno dal titolo “Io continuo a credere nei dischi volanti”, suscitando chiaramente molte polemiche nel mondo scientifico. Tale clamore lo suscita ancora adesso, se pensiamo che il suo pensiero viene in parte distorto quando non viene realmente esplicitato in completezza, citando solo la fase di approccio iniziale al fenomeno, quella del mito e non quella più importante dell’accettazione della realtà del fenomeno inteso come reale. Suscita ancora più stupore se tali affermazioni vengono ancora oggi fatte da prestigiosi accademici come recentemente è accaduto sulle pagine web di una nota associazione culturale a proposito di un articolo sulla “Vita nello Spazio”. Eppure l’ “Ignorantia legis non excusat” e lo studio delle fonti dovrebbero valere per  tutti gli argomenti.

sabato 23 settembre 2017

Così i misteri greci hanno sfidato (e sconfitto) la morte

tratto da "il Giornale" di Sab, 16/09/2017

di Claudio Risé

Il senso più profondo e nascosto degli antichi riti iniziatici è l'avvicinamento della dimensione umana a quella divina


Educare non significa trasmettere meccanicamente ai giovani nozioni e discorsi, come fanno i sedicenti filosofi. Nell'educazione è necessario invece risvegliare in loro una vista interiore, un occhio spirituale, attraverso un'autentica conversione psicologica.

 A sostenerlo è Socrate, quando illustra il suo famoso mito della caverna, ne La Repubblica di Platone. Davide Susanetti, giovane e generosamente impegnato professore di letteratura greca all'Università di Padova, riporta ampiamente la testimonianza socratica, illustrando la funzione dei misteri e riti iniziatici dell'antica Grecia nel suo ultimo lavoro: La via degli dei. Sapienza greca, misteri antichi e percorsi di iniziazione (Carocci, pagg. 264, euro 24). Un libro che unisce una scrittura catturante all'attenzione per l'aspetto pratico e psicodinamico delle questioni trattate, decisive anche oggi nella vita quotidiana dell'uomo.

Distogliere - come insegna a fare Socrate - lo sguardo dall'attenzione ipnotica per movimenti di fantasmi inconsistenti, illuminati dai nascosti poteri che in continuazione li muovono, e scoprire invece la realtà, è una vera e propria «tecnica della conversione» che ci consente di vedere ciò che è, ma è rimasto per noi finora nell'oscurità, dietro le nostre spalle. Apprenderla fa parte di quelle «tecnologie del sé» con le quali Michel Foucault verso la fine del secolo scorso aveva conquistato la Sorbona.

A questo svelamento delle verità profonde dell'esistenza erano appunto dedicati i misteri, riti iniziatici volti nella Grecia classica a formare i giovani prescelti preparandoli alla guida della città, la polis, attraverso la conoscenza e la trasformazione di sé. Un'operazione che sarebbe indispensabile anche oggi, come nell'Atene classica, per educare un'autentica élite dirigente. Che viene invece a mancare quando questa formazione, estremamente seria nella sua apparente stravaganza (come del resto appariva Socrate), viene abbandonata per inseguire le vanità, le paure e le cupidigie più basse, sostituite alla familiarità con i saperi elevati, di cui ci parlano appunto gli dei nei loro misteri.

Certo, gli dei non raccontano storielle leggere. Anche perché l'obiettivo dei riti iniziatici è proprio quello di farci diventare come loro, gli dei. Di aiutarci a riconoscere la nostra parte divina. Per questo è necessario fare nei misteri esperienza della realtà profonda, uscendo da quella vita umana, convenzionale ma in fondo irreale, nella quale rimane la grande maggioranza delle persone. I misteri, fin dagli antichi maestri Orfeo e Pitagora, furono il modo di trasmettere agli iniziati accuratamente selezionati il sapere esoterico sottostante alla civiltà greca, e le sue segrete regole e discipline. Un controcanto sotterraneo alla rappresentazione della religione olimpica ufficiale e alle istituzioni greche (fondative dell'Occidente), che in questo modo le ha comunque profondamente impregnate con le proprie immagini e rappresentazioni.

Il tratto comune ai misteri è quello che riguarda la morte, in essi sempre presente e invece non particolarmente approfondita nella religione olimpica, dove i morti erano spettri, ombre senza direzione, «teste senza forza» come in Omero. Nella rappresentazione misterica la morte è invece un evento centrale: lo stesso iniziato partecipandovi abbandona, «muore» al precedente stato di coscienza e di vita per rinascere con un'altra visione del mondo. Ma soprattutto grazie a questo terribile percorso, «non morrà». «Per gli iniziati, e solo per loro, vi è vita dopo la morte», spiega Susanetti. Come racconta l'iscrizione su un'orfica laminetta aurea: «O felice, o beato, sarai un dio anziché un mortale». «Ed io, come un capretto, mi tuffai nel latte». La morte fisica non è dunque per l'iniziato un passaggio al «regno delle ombre», ma l'ingresso in una condizione luminosa e serena. Sugli iniziati di Eleusi splende «la sacra luce del sole». E quelli che hanno partecipato al mistero diffuso nelle terre a nord ovest della Britannia, raccontato da Plutarco ne Il volto della luna (Adelphi) e qui riportato, entreranno dopo morti nel «prato di Ade... la zona più mite e serena dell'aria, dove le anime tornano a respirare e si purificano da ogni vapore e da ogni malsana esalazione della materia».

La purificazione e respirazione dello Spirito è appunto lo scopo dei misteri iniziatici greci, le prime forme di quel processo di trasformazione psicologica e spirituale che da Pitagora e dai suoi discepoli attraversa gran parte della visione del mondo classico, per arrivare al pensiero stoico greco e romano. E compare poi tra le sue ultime forme, con non molte variazioni, nel «processo di individuazione» proposto nel secolo scorso da Carl Gustav Jung con la sua psicologia analitica. Un percorso, quest'ultimo, che, pur senza entrare nelle credenze religiose, incontra spesso nel lavoro con l'analizzando l'altro grande mistero di morte e di rinascita che nei due millenni trascorsi ha conquistato nel mondo le anime di molti uomini. Quello che racconta della nascita, vita, morte e resurrezione di Gesù Cristo. In analisi l'incontro con questo mistero avviene spesso sincronicamente al transito dai territori psicologici dell'Anima, terra di mezzo tra psiche e spirito, a quelli già vicini al Sé, spesso espressione dell'immagine divina.

«Un rito - dice Susanetti parlando dei misteri greci - che conduce alla vita portando la vita al di là di se stessa». In tutte queste esperienze spirituali, fisiche e psicologiche, è infatti descritto un andare al di là, un oltrepassare soglie di coscienza comuni, che consente di costituirne di nuove, dando spazio agli aspetti superiori della vita umana attraverso un nuovo, completo rapporto con la realtà. Che nelle drammatiche esperienze misteriche viene vista e attraversata integralmente, non più solo parzialmente nei suoi aspetti convenzionali e a-problematici, ma nella sua tragica interezza. Così, nei misteri di Eleusi, mentre la tenera vergine Persefone, figlia della potente Demetra, Dea madre della terra, gioca con le amiche raccogliendo narcisi sul prato primaverile, la terra si apre davanti a lei e ne esce con un tuono il carro di Ade, il dio del sottosuolo, degli inferi, della morte e del passato, trasportandola sotto terra, per farne la sua sposa. Demetra, disperata, minaccia di interrompere i cicli della terra e delle messi, e solo la mostra dei genitali di una vecchia donna, Baubo, riuscirà a farla tornare a ridere. Aprendo così la strada al difficile accordo che lascerà Persefone per sei mesi sulla terra e tre nel sottosuolo, come sposa di Ade.

Con contenuti diversi, gli altri Misteri, quelli orfici e dionisiaci, sono tutti però diretti a unificare gli opposti, alto e basso, femminile e maschile, vita e morte, umano e animale, nobile e osceno, intero e frammentato, integrandone le rispettive energie in una nuova sintesi, più realistica e dunque anche più autenticamente spirituale. Riti e percorsi di formazione e rinascita della persona e del mondo in cui si trova che interpellano insistentemente anche il mondo di oggi.