giovedì 29 dicembre 2022

I libri più belli? Naturalmente quelli che non esistono

tratto da "Il Giornale" del 16 Marzo 2021

Gli pseudobiblia hanno una qualità unica. Essendo libri citati come veri in altre opere letterarie, o cataloghi o Indici, ma del tutto immaginari, sono facilissimi da leggere

di Luigi Mascheroni

Gli pseudobiblia hanno una qualità unica. Essendo libri citati come veri in altre opere letterarie, o cataloghi o Indici, ma del tutto immaginari, sono facilissimi da leggere. Non esistendo.

Strano. Gli pseudolibri sono libri mai scritti, che esistono solo come titolo, magari con degli estratti, di cui si parla in qualche romanzo, soprattutto di fantascienza o dell'orrore. Eppure su di loro si conta ormai una lunga letteratura, la cui consistenza è inversamente proporzionale alla sostanza dei titoli in oggetto. Che non hanno pagine. Libri fantasma. Esempio colto: gli immaginifici pseudobiblion recensiti in Finzioni di Jorge Luis Borges. Esempio popolare: nel primo film della saga di Fantozzi, il protagonista corre alla stazione per riportare un giallo alla figlia di un azionista dell'Azienda dal titolo Hanno ucciso un caro ometto, volume che ovviamente nessuno ha mai scritto.

Il primo a parlarne scientificamente fu Lyon Sprague de Camp in un articolo ormai leggendario, e che forse neppure esiste: The Unwritten Classics (ovvero I classici mai scritti), uscito su The Saturday Review of Literature nel 1947. Poi la materia è stata ripresa, approfondita, ampliata, e così gli pseudolibri di per sé libri che esistono solo in altri libri - alla fine si sono imparentati con altre categorie di libri: quelli esistiti e andati distrutti; libri apocrifi; libri che esistono ma è come se non esistessero perché rarissimi o irreperibili ma diventati di culto. La lista è lunga, e va dal manoscritto anonimo che secondo Alessandro Manzoni raccontò per primo la storia di Renzo e Lucia al manoscritto di cui Il nome della rosa è un'Eco, fino alla raccolta di racconti Three Early Stories di J. D. Salinger, pubblicata postuma nel 2014: tradotto in Italia l'anno dopo dal Saggiatore come I giovani, il libro fu contestato dagli eredi di Salinger, ritirato dalla vendita, mandato al macero e poi resuscitato da Simone Berni che si è autopubblicato una serie di parodie libri fisici con pagine bianche, sigla il Sabbiatore, autore lo stesso Salinger - tipo I bambini, Gli adolescenti, Gli adulti...

Colti giochi letterari, pastiche, divertissement bibliofili... Sull'argomento un ottimo manuale di partenza (a proposito: il Manuale delle Giovani Marmotte è uno pseudolibro dell'universo immaginario della Disney, ideato nel 1954 da Carl Barks, ma che nel '69 la Mondadori pubblicò per davvero) è il libricino dei superesperti Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco Pseudobiblia (appena uscito da Bietti) che riprende un vecchio saggio apparso in appendice ai I libri maledetti di Jacques Bergier (Mediterranee, 1972). Bene. Qui dentro troverete tutto quello che c'è sui libri che non ci sono, dal troppo celebre Necronomicon di H.P. Lovecraft al maledetto Libro di Thoth, dalle Stanze di Dzyan al terribile Il Re Giallo di cui ha osato parlare apertamente R. W. Chambers nel 1895, ma la cui lettura - ammesso che si possa leggere un libro inesistente - dicono renda pazzi.

mercoledì 21 dicembre 2022

Alla scoperta di Stonehenge: quando andare e cosa vedere

tratto da "Il Giornale" del 16 Settembre 2021

Stonehenge è un complesso megalitico dal grande fascino, visitato soprattutto durante equinozi e solstizi: tutti i consigli su quando andare e cosa vedere

di Angela Leucci


Stonehenge è forse il complesso megalitico più affascinante al mondo. Tale fascino deriva sia dal fatto che costituisce una testimonianza preistorica antichissima, sia dal mistero che avvolge quest’opera dell’uomo, tutt'oggi ammantata di leggende.

Si ritiene infatti che il suo scopo fosse quello di costituire un osservatorio astronomico. Tuttavia, nel tempo, alcune pietre sono cadute e state ricollocate: pochi monoliti sono quindi nella collocazione originaria, sebbene siano stati spesi impegni ed energia per decenni a cavallo tra ‘800 e ‘900, al fine di restituire una verità storica, artistica e scientifica al luogo. Ma molti interrogativi restano aperti ancora oggi.

Il luogo in ogni caso è una delle mete preferite degli over 60: Stonehenge viene vista e studiata a scuola, visitata attraverso i tour virtuali, ma è tutto un altro paio di maniche essere lì, soprattutto in determinati periodi dell’anno. Come in occasione dell'equinozio d'autunno o, ancora, del solstizio d'estate.

Cos’è il complesso di Stonehenge

Stonehenge è definito un cromlech, ossia un complesso costituito da menhir e triliti disposti in circolo. È stato menzionato per la prima volta dallo scrittore Diodoro Siculo nel I secolo a.C. ed è ritenuto opera dei druidi - anche se leggenda vuole che sia stato Re Artù a ordinare ai giganti di portare il complesso litico nel luogo attuale. Le ipotesi più accreditate dagli studiosi indicano che il complesso risale all’età del bronzo e fosse utilizzato per rituali pagani.

Cosa vedere a Stonehenge

Naturalmente la ragione principale che porta i visitatori a Stonehenge è il cromlech. Va però sottolineato come il complesso megalitico sia recintato, quindi durante le visite guidate il punto più vicino alle pietre che si può raggiungere è situato a 10 metri dalla struttura. Sono ammesse però delle visite speciali, al di fuori dell’orario delle visite guidate e quindi all’alba e al tramonto: si può restare sul luogo, camminando tra le pietre per un’ora, in gruppi di 26 persone per volta.

Nei dintorni del cromlech sono presenti delle case neolitiche, che sono per la verità delle ricostruzioni delle abitazioni un tempo occupate da chi costruì di fatto il cerchio di monoliti.

Inoltre nei pressi c’è un piccolo museo. Questa mini-esposizione contiene oltre 250 resti archeologici, come ceramiche, gioielli, strumenti da lavoro e resti umani. Visitando il museo si possono approfondire le varie teorie su Stonehenge, sulle persone che anticamente utilizzavano questo luogo e sul perché sia stato costruito.

Quando recarsi a Stonehenge

È meglio visitare il cromlech durante i mesi più caldi, quindi tra maggio e ottobre, perché la zona non gode sempre di bel tempo e quindi si rischia di rovinarsi la gita. Tuttavia, a ridosso di solstizi ed equinozi, si generano particolari giochi di luce durante le albe o i tramonti. Di conseguenza, partire a ridosso di questi fenomeni astonomici è sicuramente un'idea suggestiva per poter apprezzare al meglio il sito archeologico.

La data non è sempre la stessa ogni anno, sia perché il complesso megalitico ha subito delle modifiche, sia perché le date di solstizi ed equinozi cambiano ogni anno, dato che il calendario solare è una convenzione che non tiene conto dei tempi residui in termini di ore e minuti relativi ai movimenti dei pianeti intorno al Sole.

Consigli per visitare Stonehenge

Il cromlech si trova a 145 chilometri a ovest di Londra, nella contea del Wiltshire, nella pianura di Salisbury. La città più vicina è Amesbury e i collegamenti sono capillari, dato che si tratta di una meta davvero molto ambita.

Il luogo è esposto ai venti e alle intemperie, per cui si consiglia di vestirsi adeguatamente e portare ombrelli e impermeabili - previo controllo delle previsioni del tempo.


giovedì 15 dicembre 2022

ALLA SCOPERTA DEI MISTERI DI ROMA: IL LABORATORIO ALCHEMICO

tratto da "L'Opinione" del 16 settembre 2021

di Pierpaola Meledandri

Il Museo storico nazionale dell’arte sanitaria, noto comunemente come il Laboratorio alchemico, venne inaugurato nel 1933 e si trova all’interno del complesso ospedaliero di Santo Spirito in Sassia. Siffatta raccolta museale non è molto conosciuta perché ha un’ubicazione particolare ed è visitabile solo per appuntamento in alcuni giorni della settimana. Questa scarsa fruibilità rappresenta un limite notevole perché il museo costituisce un’importante testimonianza sulla storia della medicina. L’ospedale di Santo Spirito ha origini lontane; venne fondato, infatti, dal Papa Innocenzo III nel 1198 non solo con lo scopo di ricoverare e curare i malati ma anche come centro d’insegnamento dell’ars medica. Il museo si articola in diverse sale, la prima è la Sala Alessandrina che conserva una vasta biblioteca, alle pareti sono esposte 19 tavole anatomiche a stampa, colorate a mano, risalenti ai primi dell’Ottocento, raffiguranti le “viscere”, il sistema muscolare, l’arterioso, il venoso, il linfatico, l’apparato osseo, il cervello e il fegato. In fondo alla Sala campeggia una statua in gesso su un piedistallo in marmo, raffigura Esculapio l’antico dio greco della medicina.

Nella Sala Flajani vi è una raccolta di preparazioni anatomo-patologiche e di modelli in cera di organi, risalenti alla fine del XVIII secolo; rappresentano, soprattutto, alterazioni dei tessuti dovute a patologie come la sifilide e deformazioni prenatali. Nella Sala Capparoni, invece, vi è una collezione di Ex voto che vanno dal periodo etrusco-romano ad anni abbastanza recenti, oltre a suppellettili di farmacia del XVI-XVII secolo. Tra le curiosità presenti nella sala, una piccola Venere anatomica in avorio, con torace e ventre apribili per mostrare la posizione del feto. Particolarmente interessante è poi la Sala Carbonelli con un’esposizione di strumenti chirurgici (trapani per il cranio, seghe ortopediche, lancette da salasso) e di altri per l’oculistica e l’ostetricia, oltre a rari e preziosi microscopi del passato. Fra gli strumenti più singolari ricordiamo la “Siringa di Mauriceau”: un tubicino di gomma che si applicava a una siringa per introdurre acqua benedetta nella cavità uterina, per battezzare i feti che correvano il pericolo di soccombere durante il travaglio. In un’alta vetrina sono conservati due sistemi di conservazione veramente spettacolari: i preparati a secco del sistema nervoso centrale e periferico eseguiti da Luigi Raimondi nel 1844.

Infine, il Museo storico nazionale dell’arte sanitaria, espone un’antica Farmacia con pezzi provenienti dalle spezierie degli ospedali di Santo Spirito, di San Giacomo e di Santa Maria della Consolazione e il Laboratorio alchemico. Quest’ultimo è, sicuramente, la parte più intrigante del museo, anche per l’alone di mistero che vi grava. Dal soffitto pende, come se fosse un lampadario, un coccodrillo impagliato, mentre tra storte, alambicchi, mortai il visitatore avverte quasi l’ombra degli antichi alchimisti. A completare il quadro magico dell’ambiente, si staglia il calco della famosa porta ermetica voluta dal Marchese di Palombara, il cui l’originale si trova nei giardini di piazza Vittorio a Roma. I simboli alchemici, cabalistici e magici incisi sulla porta, dovrebbero rappresentare, secondo consolidate narrazioni, la formula per giungere alla realizzazione della pietra filosofale, atta a trasformare i vili metalli in oro. Quanto succintamente descritto, non è un caso isolato; in Italia, anche a San Leo, celebre per la rocca ove morì Cagliostro, vi è un interessante Museo con vari padiglioni, tra cui uno dedicato all’alchimia.

A Firenze, nel Museo della Specola e in altre celebri collezioni di stato sono esposti animali impagliati e cere anatomiche, oltre a una drammatica rappresentazione, sempre in cera, di un’epidemia di peste. È, nel suo genere, un capolavoro, dovuto allo Zumbo, che contende la palma dell’horror ai pezzi anatomici, “pietrificati”, con una tecnica rimasta segreta, da Girolamo Segato (1792-1836). Questi fu un cartografo, naturalista e egittologo, che partecipò a delle spedizioni nella terra delle Piramidi, dove avrebbe appreso le tecniche d’imbalsamazione. Avendo il Gran Duca di Toscana rifiutato di finanziare le sue ricerche, bruciò i propri appunti, portandosi nella tomba ogni segreto dei suoi studi. Le sue spoglie giacciono ora nella basilica di Santa Croce e una lapide commenta così la sua figura: “Qui giace disfatto Girolamo Segato, che vedrebbesi intero pietrificato, se l’arte sua non periva con lui. Fu gloria insolita dell’umana sapienza, esempio d’infelicità non insolito”.

Il Museo storico nazionale dell’arte sanitaria, tuttavia, rappresenta una realtà singolare e interessante che permette per valutare l’evoluzione storica all’ars medica, che per secoli e secoli, abbinò alla ricerca scientifica, precetti religiosi e considerazioni tratte da scenari che niente avevano da spartire con la medicina moderna.


 

domenica 4 dicembre 2022

PANDORA, LA PRIMA DONNA

 tratto da L'Opinione del 10 marzo 2022

di Manlio Lo Presti


Jean-Pierre Vernant, uno dei massimi studiosi del mondo greco antico, ha scritto un volumetto denso ma di agevole lettura, sulla prima donna apparsa sulla terra. Il libro ci spiega con narrazione comprensibile le circostanze che inducono gli dèi alla creazione di un fantoccio dotato di malizia, di bellezza e di capacità manipolative da inviare agli uomini che abitano la terra. Il motivo è la vendetta di Zeus. Egli crea un pericolo incarnato dalla creazione della donna, come sospettosamente riferisce Ippolito, che va ad alterare l’equilibrio fondato dalla esistenza di un pianeta abitato da soli uomini che si dedicano ad offrire doni agli dèi. Un universo privo della dualità maschile-femminile che tanto affascina i Pitagorici. All’origine, tutti gli umani (anthropoi) sono solo maschi (andrei) che partecipano ai banchetti degli dèi con i quali convivono in perfetta sintonia benché mortali fra gli immortali.


L’equilibrio è assoluto. Non ci sono conflitti. Il cibo cresce da solo. Non esiste la sensazione spiacevole della privazione e del bisogno. L’idillio quieto viene incrinato da una battaglia feroce di divinità contro divinità. Zeus ha il sopravvento e vince. Ritiene che tale promiscuità debba finire. Deve esserci una separazione. Zeus convoca Prometeo della razza dei Titani che ha la capacità di prevedere gli effetti delle azioni (pro-meth). Prometeo ha un fratello Epimeteo che capisce le conseguenze dopo aver agito (epi-meth). Prometeo sfida il capo di tutto il Pantheon con la sua furbizia e astuzia. Zeus si incollerisce e medita una vendetta tremenda. Prometeo è un philanthropus, ama gli umani essendo un semidio. Per questo Prometeo si fa beffe degli dèi rubando loro il fuoco che dona agli uomini.

La vendetta degli dèi capeggiati da Zeus è la creazione di una creatura, una figura femminile che ordina ad Efesto di realizzare per partenogenesi. Il modello riproduce le dee del pantheon greco: Atena, Artemide, Estia. Tutte sono intelligentissime e bellissime. Il manichino viene arricchito di qualità di seduzione e di bellezza con l’aiuto sapiente di alcune divinità femminili. Il racconto rende più comprensibile Esiodo nella parte seconda della sua opera maggiore: Le opere e i giorni, dedicata a Pandora.

Pandora sarà portata sulla terra da Epimeteo. Prometeo capisce subito la trappola. Cerca – invano – di dissuadere Epimeteo per indurlo a non accettare nessuna cosa dagli dèi, compreso il manichino seducente che deve portare sulla terra, assieme ad un vaso chiuso che non dovrà mai essere aperto! Il resto della storia, più o meno nota, si legge in una luce diversa e raccontata con un pizzico di divertimento con una narrazione scorrevole dall’autore che sembra parlarci davanti ad un caffè. Il testo è intercalato da dieci illustrazioni molto eleganti e distribuito in sette parti. Un volumetto da regalarsi e da regalare alle sole persone meritevoli di tanta bellezza.

Pandora, la prima donna, Jean Pierre Vernant, Einaudi 2008, 51 pagine, 9 euro

giovedì 1 dicembre 2022

“Apollonio di Tiana- Il Filosofo riformatore” di G. R. Mead

Nato a Tiana in Cappadocia nel 4 d.C., Apollonio arriva a noi come una figura mitica nell’ambito del neopitagorismo del I secolo dell’era volgare. Tanto interesse suscitò negli ambienti occultistici tra l’800 e il ’900, tante anche le interpretazioni spurie o fantasiose. “Apollonio di Tiana - Il Filosofo riformatore”, opera di George Robert Stowe Mead, pur provenendo da quel mondo, presenta degli aspetti molto interessanti per una ricerca tradizionalmente e filologicamente sensata, verso la quale ci introduce la prefazione di Luca Valentini, tramite una disamina su Magia e Sapienza.


Questa edizione di Stamperia del Valentino è l’unica successiva a quella del 1926 a cura della casa editrice Fratelli Bocca di Torino, con la traduzione dell’Avv. G.B. Penne. Inserito nella collana Polifemi (250 pagine, euro 20) il libro, per una maggiore e proficua comprensione del testo, è introdotto da Valentini il quale spiega: “Apollonio è stato ricordato nei secoli grazie alla complessa e non esente da arbitrarie interpretazioni biografia scritta da Filostrato, sembra su indicazione dell’imperatrice Giulia Domna, figlia del gran sacerdote ad Emesa della divinità solare siriaca El-Gabal, seconda moglie di Settimio Severo. In questa sede è riproposta l’opera che gli fu dedicata da un importante commentatore del ’900 degli studi classici, George Robert Stowe Mead (1863-1933 Londra) traduttore inglese e membro importante della Società Teosofica, in cui sono declinati i rapporti del neopitagorismo con il pensiero greco, con quello indiano, con la tradizione egizia e magica, con gli imperatori di Roma e con la sensibilità giuridico-religiosa dell’Urbe”.


Uno stralcio del libro

Un altro esempio ancora delle lezioni che Apollonio ritraeva dagli ordinari incidenti della vita: un giorno ad Efeso, trovandosi in uno degli ombrosi viali che circondavano la città, Apollonio spiegava ai suoi uditori come si debba aiutarsi gli uni gli altri. Molti passeri stavano appollaiati sopra un albero vicino, immobili e silenziosi. D’improvviso comparve un altro passero che si mise a cinguettare come se il medesimo annunciasse qualche cosa; tutti allora si diedero a cinguettare e si slanciarono dietro di lui. I superstiziosi uditori di Apollonio colpiti dalla condotta di questi passeri, vi cercarono un presagio. Ma Apollonio continuò il suo sermone. Egli spiegò che il passero venuto da prima solo, aveva invitato i suoi amici a un banchetto, in quanto un piccolo garzone, a causa d’una caduta in un sentiero vicino, aveva sparso del grano che portava dentro un recipiente. Questo garzone non ne aveva raccolta che una parte, poi se ne era andato. Il piccolo passero, avendo scorti questi grani sparsi, aveva immediatamente ricercati gli altri passeri per invitarli in certo qual modo a questo festino. La folla corse a verificare il fatto e poi ritornò mandando grida di meraviglia e d’ammirazione, sicché Apollonio soggiunse: «Voi vedete come i passeri si soccorrono tra loro e come essi condividono volentieri i loro beni. Gli uomini invece non approvano questo, ma per contro se vedono taluno partecipare i propri beni ad altri, lo tacciano di stravagante, di prodigo oppure con altri nomi simili, e inoltre battezzano quali adulatori e parassiti coloro che accettano una tale partecipazione. In siffatta condizione di cose, che ci resterebbe dunque a fare, se non di rimanercene in casa nostra e, come i volatili, da ingrassarsi, ingozzarci all’ombra fino a crepapelle?»


La casa editrice

Editore dal 2002, Paolo Izzo, alter-ego della Stamperia del Valentino, gestisce con estremo rigore le scelte editoriali della sua “creatura”. Il risultato è un catalogo di alto profilo sia nell’ambito della cultura napoletana, che in quello della produzione di stampo umanistico, esoterico e storico.

La Stamperia del Valentino vuole riportare all’attenzione del pubblico la Napoli colta, folkloristica e letteraria. A tal proposito seleziona opere rivolte al curioso colto come allo studioso, con un occhio all’originalità e completezza dei temi proposti.


Titolo: Apollonio di Tiana
Sottotitolo: Il Filosofo riformatore
Autore: G. R. Mead
Saggio introduttivo: Luca Valentini
Collana: I Polifemi
Prezzo: € 20,00
Pagine: 250
ISBN: 979-12-80721-25-9


lunedì 21 novembre 2022

22° CONVEGNO DI UFOLOGIA CITTA' DI POMEZIA - 04 DICEMBRE 2022

PROGRAMMA 22° EDIZIONE 04 DICEMBRE 2022

SIMON HOTEL, VIA P.F. CALVI 9, POMEZIA

Organizzatrice: LUX-CO EDIZIONI della Dott.ssa Francesca Bittarello


✓ORE 10,15


Saluti di Benvenuto e presentazione della Giornata

dell’Organizzatrice, della Direttrice Simon Hotel

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✓DALLE ORE 10,30 ALLE ORE 11,00:


FRANCESCA BITTARELLO – “Il Mistero degli Anunnaki: tra mito e realtà”

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✓DALLE ORE 11,30 ALLE ORE 12,00


ALESSANDRO MARCON – “La civiltà Ipogea: tracce di un antica e sconosciuta civiltà

tecnologica”

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✓DALLE ORE 12,00 ALLE ORE 12,30

FABIO IPPOLITI – "Programma Luna: la risposta russa alle missioni americane”

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✓DALLE ORE 12,30 ALLE ORE 13,00

RICCARDO NARDUCCI – “Testimonianze nel tempo e nello spazio“

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✓DALLE ORE 13,00 ALLE ORE 14,00 PAUSA PRANZO:

Gli ospiti possono acquistare al Restaurant Sicomoro il “Panino Alieno” al costo di 5€ (cinque) classico oppure vegetariano (comprensivo di: 1 panino LARGE + 1 bottiglia di acqua + 1 caffè)

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✓DALLE ORE 14,00 ALLE ORE 14,30


FERDINANDO SANTORO – “Le origini di un segreto”

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✓DALLE ORE 14,30 ALLE ORE 15,00


BERARDINO FERRARA – “UFO: Il contatto oltre lo spazio e il tempo”

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✓DALLE ORE 15,00 ALLE ORE 15,30


ANTONIO RIGGI – “Musica a 440 Hz: un complotto mondiale per il controllo delle

masse?”

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✓DALLE ORE 15,30 ALLE ORE 16,00


SABRINA MAINOLFI – “GÖbekli Tepe: il mistero di una civiltà scomparsa e la scoperta

dell’Eden”

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✓DALLE ORE 16,00 ALLE ORE 16,30


VICTOR NUNZI – “Antiche divinità: Tra Egitto e Mesopotamia“

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✓DALLE ORE 16.30 ALLE ORE 17,00


STEFANO MAZZILLI – “Le radici nel cielo: la coscienza dell’uomo cosmico“

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✓DALLE ORE 17,00 ALLE ORE 17,30


MARCO COLAPICCHIONI – “Civiltà e tecnologie sotto gli Oceani“

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✓DALLE ORE 17,30 ALLE ORE 18,00


STEFANO INNOCENTI – “Campocatino 1979: Capodanno con effetti elettromagnetici“

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✓DALLE ORE 18,00 ALLE ORE 18,30


PATRIZIO ROMANO MARIOTTI – “Gli uomini pesce mito e realtà“

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✓DALLE ORE 18,30 alle 19,00


Estrazione premi della Lotteria Aliena interna ai partecipanti al Convegno 



LUX-CO EDIZIONI DI FRANCESCA BITTARELLO – P.IVA 15580971008 – R.E.A. RM-1650154

Dott.ssa Francesca Bittarello - sede legale: Via dei Castelli Romani n. 24 int. 13 - cell.+39 329.4218323

E-STORE : www.luxcoedizioni.com – francescabittarello@luxcoedizioni.com


sabato 19 novembre 2022

Ufo, la Cia svela migliaia di dossier governativi

tratto da "Il Giornale" del 15 Gennaio 2021

Migliaia di file della Cia che documentano avvistamenti di Ufo, gli oggetti volanti non identificati, sono stati pubblicati questa settimana sul sito Black Vault

Di Roberto Vivaldelli


Migliaia di documenti declassificati della Cia sui cosiddetti Ufo - oggetti volanti non identificati - sono stati resi pubblici questa settimana e pubblicati nell'archivo online Black Vault, entrato in possesso del cd-rom degli 007 americani. Secondo la Cia, conterrebbe tutti i report di avvistamenti nel mondo dagli anni '50 fino agli anni duemila. Spulciando nei dossier governativi pubblicati su Black Vault, archivio online fondato da John Greenewald Jr, scrive il Guardian, si leggono di misteriose esplosioni in una città russa e reportage di prima mano di uno strano avvistamento di un oggetto volante vicino a Baku, la capitale dell'Azerbaigian, oltre ad avvistamenti di "dischi volanti" in Sudamerica negli anni '60 e in Corea del Sud. Greenewald ha spiegato a Motherboard che l'agenzia di intelligence ha messo insieme i documenti in un formato "obsoleto" che rende difficile analizzare la raccolta.

La pubblicazione dei documenti declassificati arriva proprio quando gli Ufo sembrano aver catturato l'attenzione dei legislatori del Congresso. Come ricorda l'Agi, a Washington sembrano aver preso molto sul serio la questione Ufo negli ultimi tempi, visto che a fine dicembre nel decreto "stimulus" è stato inserito anche un capitolo con cui la commissione Intelligence del Senato ha chiesto a Pentagono e dipartimento della Difesa di stilare un rapporto sugli avvistamenti di Ufo. Il documento andrà redatto entro sei mesi. Nell'agosto dello scorso anno, il dipartimento della difesa ha creato una task force sugli oggetti volanti misteriosi per "rilevare, analizzare e catalogare gli Uap - fenomeni aerei non identificati - che potrebbero potenzialmente rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti" dopo che i legislatori hanno fatto pressioni sul dipartimento per fare indagini più serie sugli avvistamenti.

Avevano destato scalpore, infatti, i video pubblicati dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti nell'aprile dello scorso anno che mostravano alcuni oggetti non identificati nello spazio aereo americano: immagini catturate durante i voli di addestramento dei piloti. L'ex senatore degli Stati Uniti Harry Reid, che indagava come deputato sugli Ufo e sugli Uap, ha ritwittato il video scrivendo: “Gli Stati Uniti devono dare uno sguardo serio e scientifico a questo e alle potenziali implicazioni per la sicurezza nazionale. Il popolo americano merita di essere informato". Sempre in tema Ufo, lo scorso dicembre, in un'intervista al quotidiano Yediot Aharonot, il generale in pensione Haim Eshed, capo del programma di sicurezza spaziale dello Stato ebraico dal 1981 al 2010, ha rivelato che il suo Paese sarebbe in contatto con gli alieni. Il professore, 87 anni, ha spiegato che "gli oggetti volanti non identificati hanno chiesto di non pubblicare che sono qui, l'umanità non è ancora pronta". L'ex funzionario ha anche affermato che gli alieni esistono, e Trump ne sarebbe a conoscenza.

mercoledì 9 novembre 2022

Il Cavaliere Verde, Swamp Thing e il simbolismo del verde

di Vito Foschi

Abboccando ad una offerta telefonica per la rete Internet mi sono ritrovato con un abbonamento ad Amazon Prime gratis e nonostante non abbia tanto tempo ne ho approfittato e ho scoperto un paio di prodotti interessanti. Il primo è il film "Sir Gawain e il Cavaliere Verde" che per chi è appassionato delle vicende graaliane è da non perdere assolutamente. La storia è una resa visiva ottima e rispettosa del racconto medievale. Per il Covid in Italia non è uscito al cinema ed è reperibile solo su Amazon Prime. Interessante verso la fine del film la discussione fra Gawain e una dama sul simbolismo del verde, da un lato simbolo di vitalità, dall'altro di marcescenza.

L'altra opera, Swamp Thing, è una serie in 10 episodi ispirato all'analogo personaggio della DC Comics, la casa editrice id Superman e Batman. Il personaggio è lontanissimo dai cliché dei supereroi perché è semplicemente un mostro della palude. E l'ambientazione porta subito a stabilire un contatto con il Cavaliere Verde: nella palude non c'è la vitalità della natura e la marcescenza della vegetazione e degli animali morti? Il simbolismo del colore verde in questa serie TV è molto presente tanto da assurgere a vera e propria entità vitale con il nome di Verde, una sorta di energia derivante dalla natura vegetale. In questa opera come nel fumetto ci sono considerazioni sulla difesa della natura, ma inseriti in una sorta di visione mistica di una natura divisa in una forza del bene e in una del male in equilibrio, i cicli vitali di nascita e morte in perenne equilibrio disturbati dall'inquinamento. La presenza di elementi in qualche modo di riflessione nei fumetti non deve stupire perché attingono dalla letteratura fantastica del passato e più in generale dal tutta cultura e in aggiunta alcune opere sono indirizzate ad un pubblico più adulto. Consideriamo che i cavalieri dei racconti medievali erano una sorta di supereroi per i lettori e ascoltatori del passato. In genere i racconti fantastici si prestano bene alla trasmissioni di simbolismo e miti. Un altro accostamento fra il Cavaliere Verde e Swamp Thing è che i due personaggi in ambedue casi sono mostri vegetali. Nel primo è chiaro riferimento alla leggenda dell'Uomo Verde, rappresentante la forza della natura e simbolo di fertilità. Ma Swamp Thing non ricorda l'Uomo Verde della tradizione?

Dopo queste breve note, che forse meriterebbero un ulteriore approfondimento, non posso che invitarvi alla visione delle due opere, aggiungendo che la serie di Swamp Thing richiama le atmosfere dense di mistero degli X-Files e non potrà che piacere agli appassionati del genere.


sabato 29 ottobre 2022

Il lato oscuro del sapere classico

tratto da "il Giornale" del  29 settembre 2022

Premonizioni, interpretazione dei sogni e fantasmi al servizio degli dei

di Barbara Castiglioni

Nel sesto secolo a.C., il re della Lidia, Creso, aveva inviato dei messaggeri a sette oracoli, perché facessero nello stesso giorno e ad ognuno di loro l'identica domanda: «Cosa sta facendo oggi il re della Lidia?». Neanche i messaggeri conoscevano la risposta. Cinque degli oracoli fallirono la prova; il sesto sbagliò di poco, e fu molto apprezzato. Solo Delfi diede la risposta giusta: il re della Lidia stava cucinando; per l'esattezza, stava facendo bollire un agnello e una tartaruga in una pentola di rame. Questo è solo uno dei moltissimi aneddoti raccontati ed esaminati in Parapsicologia nel mondo antico da Eric Dodds, regius professor ad Oxford, studioso di Euripide e Platone e già autore de I Greci e l'irrazionale, il quale nel 1971 decide di pubblicare un fascinoso saggio sui fenomeni paranormali nell'antichità (Parapsicologia nel mondo antico, Mimesis, pagg. 200, euro 12, traduzione di Elio lo Cascio).

Dodds, che si definiva un «razionalista incurabile», riteneva Edgar Allan Poe il «responsabile» dei suoi interessi parapsicologici e sapeva bene che l'uomo è un bruto a cui la sofistica ha solo insegnato a giustificare, di fronte a sé stesso, la propria brutalità, e affiancava allo studio delle tematiche paranormali anche un'esperienza diretta: come esperimenti di ipnotismo e telapatia e sedute con dei medium, tra cui i celebri fratelli Schneider di Monaco. Nel saggio, Dodds racconta il lato oscuro del mondo antico: come alcuni episodi di trance della discussa e temuta Pizia che, secondo Plutarco, una volta cominciò a parlare con la voce roca e a gettarsi da una parte e dall'altra come posseduta da uno spirito maligno, per poi precipitarsi fuori dal santuario urlando, e morire pochi giorni dopo.

Una sezione di speciale importanza è occupata, naturalmente, dai sogni, che Democrito spiegava come «effetto della penetrazione, attraverso i pori del sognatore, delle immagini emesse da ogni sorta di oggetti e specialmente dalle persone viventi». I sogni, dice Plutarco, sono «gli oracoli più antichi»: e non a caso gli onirocriti, cioè gli interpreti di sogni per professione, facevano parte dell'establishment egiziano ed erano ritenuti così importanti che il re assiro Esarhaddon, nel VII secolo a.C., ne fece rapire alcuni per deportarli in Assiria; un po' come i Russi che, ricorda Dodds, nel 1945 rapirono gli scienziati tedeschi. Gli onirocriti esistevano anche Grecia, sia nel mondo omerico che nel quinto secolo. E gli Ateniesi tentavano di «stornare» con la preghiera o il sacrificio un sogno, nel caso fosse negativo: Teofrasto, nei Caratteri, ricorda che l'Uomo Superstizioso, ogni volta che sogna, corre dagli onirocriti per chiedere a quale dio sacrificare.

Ai sogni si affiancano però vari altri fenomeni: come lo scrying o «cristallomanzia», come la definivano i libri bizantini di magia, che consiste nel «guardare a lungo qualcosa di traslucido o rilucente per vedere immagini allucinatorie in movimento dentro l'oggetto stesso». Un metodo simile è quello di utilizzare come specchio un recipiente pieno d'acqua: come un ragazzo che, racconta Varrone, pare fosse riuscito a prevedere e descrivere in un poema di 160 versi il corso della futura guerra Mitridatica guardando nell'acqua un'immagine - o un fantasma - di Mercurio. O come la levitazione, che nell'antichità era attribuita ai saggi indiani, a Giamblico e persino a Gesù, ma poteva avere anche dei risvolti molto rischiosi: l'eretico montanista Teodoto, ad esempio, cadde per terra e morì; Simon Mago, invece, se la cavò con una gamba rotta.



martedì 11 ottobre 2022

Il papà racconta, nuova edizione

di Redazione


Da pochi giorni è in commercio la nuova edizione de "Il papà racconta" di Vito Foschi, creatore di questo blog, con un testo rivisto ripulito da refusi, una nuova veste grafica e sfidando la jella con una nuova fiaba, la tredicesima. E' stata creata anche un'edizione rigida da poter usare per un gradito regalo. Per gli appassionati del fantastico sicuramente un testo di interesse e soprattutto un libro da leggere ai bimbi prima di metterli a letto. Vi invitiamo a leggerlo e a regalarlo a Natale. Vi anticipiamo i 13 titoli delle fiabe:

Il drago starnutente
Il topolino bianco
Lo scoiattolo pigro
Le cavallette salterine
I maiali e i cinghiali
La fata golosa
Il nano pasticcione
Il Folletto Burlone
L’Elfo miope
Il fabbro felice
I monelli e la strega del mare
Il principe capriccioso
Il mago della moneta

A voi il libro:

 

martedì 4 ottobre 2022

Il viaggio di Gilgamesh è una fuga impossibile (e senza ritorno) dalla morte immortale

tratto da "Il Giornale" del 14 Ottobre 2021

Il mitico re di Uruk è stato il prototipo di Ulisse. Ma è un eroe più tormentato

di Davide Brullo

Infine, siamo canne al vento. Questa è la verità. «La sorte ci stronca così, come canne... siamo proprio come le canne al vento... Siamo canne, e la sorte è il vento». Le parole che sigillano il romanzo di Grazia Deledda, Canne al vento (libro di cupa e biblica bellezza, che deve risalire la cruna del nostro canone), ricalcano quelle del sapiente sumero che qualche millennio fa ha cantato l'Epopea di Gilgamesh: «L'umanità è recisa come canne in un canneto. Sia il giovane nobile, come la giovane nobile sono preda della morte. (...) La morte malefica recide l'umanità». Questo è il nodo ultimo, inestricabile, della ricerca di «Colui che vide il Profondo... saggio in tutte le cose», Gilgamesh, prototipo di Ulisse, «un grand'uomo, straordinario giramondo» (così la versione di Emilio Villa, eresiarca in linguaggi), «l'eroe del lungo viaggio» che «vide molti paesi, conobbe molti uomini, soffrì molti dolori» (così Maria Grazia Ciani nella sua Odissea). La distanza tra i due eroi, tuttavia, è radicale: Ulisse conosce l'odore acre e inebriante della morte, è scaltro, distrugge metropoli e viaggia per fare ritorno a casa, arso dal desiderio di conoscere. Gilgamesh è un fondatore di città, tormentato da un solo, inquietante, tarlo: la morte. Perché si muore? E dunque: perché vivere se l'esito è il morire? Quando Enkidu, «progenie del silenzio... ricoperto di peli come il dio degli animali», unico amico di Gilgamesh, «l'alto, il magnifico, il terribile», muore, il sommo re è squassato. «L'angoscia è penetrata nel mio cuore! Ho paura della morte», ammette l'eroe, nel cuore dell'epos. Così Gilgamesh, l'eroe che sa aggiogare gli dèi e che rifiuta di sposare «Dama Ishtar», ingolosita dalla sua magnificenza, vaga per scoprire il segreto dell'immortalità, per vincere la morte, per dare a ogni atto un estro eterno. Le parole di Utnapishtim, l'uomo sopravvissuto al Diluvio - e che per questo è diventato immortale -, sono perentorie: l'uomo muore, questa è la sua dannazione, la benedizione.

Nel dicembre del 1916 un esagitato Rainer Maria Rilke scrive a Katharina Kippenberg - mecenate, audace, aiutava il marito, Anton, nella direzione della Insel Verlag -: «Gilgamesh è gigantesco!». Lo ispirava, quel poema babilonese, «l'epos della paura della morte»: l'aveva letto nella versione di Anton Ungnad, assirologo di stanza a Jena poi in Pennsylvania, del 1911. Vi trovava, è probabile, affinità agghiaccianti; nelle Neue Gedichte aveva scritto una poesia, Esperienza della morte, che attacca così: «Nulla sappiamo di questo svanire...». Tentava, di fronte a quella antichità senza fondo, la parola fondamentale, la rivelazione.

Proprio perché Gilgamesh è il poema della morte, narra l'amare, sfrenato. Enkidu, la creatura mostruosa, dei boschi, diventa civile quando è edotto all'amore da una prostituta: «Mentre i due insieme facevano l'amore,/ egli dimenticò la steppa in cui era nato». Dall'arte di amare nasce il desiderio della gloria, la necessità della lotta, l'agone per il sacro, l'agonia della mancanza. Gilgamesh ed Enkidu stringono un'alleanza dopo essersi sfidati: insieme sfidano le potenze supreme, irrompono nella Foresta dei Cedri, «la dimora segreta degli dèi», uccidono il guardiano, Humbaba, squarciano il Toro celeste, «e mentre percorrevano le strade di Uruk la gente si radunava per ammirarli». Ma il canto di gloria si svolge in nube di lacrime. L'eroe sovrano, «il migliore degli uomini», è piagato dal pianto, «piangeva amaramente vagando per la steppa», perché l'amico è morto, perché esiste la morte e la morte riduce la gloria a un refolo, inaridisce il potere in sfoggio inutile.

Comunque la raccontiamo, Gilgamesh (Adelphi, pagg. 310, euro 24) è il testo essenziale, il racconto dei racconti, che ci incunea nelle domande prime, ineluttabili, inesauribili: cos'è la morte, e dunque, cos'è la vita? Il poema rimane immenso, indomato, perché incenerisce l'etica - per quello basta il libro biblico dei Proverbi, per altro affascinante - in favore della lirica: le immagini sono plastiche, possenti, animali («Perfino gli dèi ebbero paura del Diluvio,/ si ritirarono e ascesero al cielo di Anu,/ accucciandosi come cani rannicchiati all'aperto./ Le dee gridavano come una donna durante il parto»). Alcune lasse poetiche - la ricorrenza dei sogni, che orientano i destini; il funerale di Enkidu («Ti piangano il cipresso e il cedro... ti piangano l'orso, la iena, la pantera, il ghepardo, il cervo e lo sciacallo»); il confronto dell'eroe con «l'uomo-scorpione» - ci cristallizzano nello stupore.

Adelphi aveva già in catalogo una versione dell'Epopea di Gilgame: quella, resa in prosa, nel 1960, da Nancy Sandars. Traduzione da traduzione di una riduzione non indimenticabile. Con questo volume poco cambia: Adelphi traduce la traduzione curata da Andrew George nel 1999. La resa è più efficace, anche per il puro curioso, eppure il lavoro di Giovanni Pettinato, grande assirologo, pubblicato nel 1992 da Rusconi e nel 2004 da Mondadori, resta più efficace, più rude, rovinosamente bello.

A differenza di Ulisse, Gilgamesh non ha una donna a cui tornare, né una patria autentica. Certo che il suo destino è morire, al termine del viaggio mostra a Urshanabi «il barcaiolo» le mura imponenti di «Uruk-l'Ovile». «Per chi faticarono le mie braccia, per chi si prosciugò il sangue del mio cuore?», domanda l'eroe, ammirando la sua città. Il cielo leviga l'interrogativo, lo inghiotte. Forse Gilgamesh ha una rivelazione, miliare, micidiale. Se tutto muore, tutto è indimenticabile. Proprio perché tutto muore, tutto è immortale.


giovedì 15 settembre 2022

LA RELIGIONE DELL’ANTICA ROMA

tratto da "L'Opinione" del 3-02-2022

di Antonio Saccà

Dalla monarchia all’imperatore divinizzato

Ecco la nostra civiltà, la nostra antichità eterna, dalla Monarchia all’Impero, quasi un millennio, e per sempre. Roma, la Gerusalemme pagana, Roma, con Atene, la sommità a cui noi europei siamo pervenuti. Roma che ci guarda e la guardiamo, Imperatori, templi, strade, rovine monumentali, terme, colonne, ovunque Roma, quella dei millenni che furono e che sono. Abitare a Roma è vivere con i romani, dove fu ucciso Cesare, dove fu sepolti Augusto, e Traiano, e Antonino, e Caracalla. E Marco Aurelio, il Campidoglio, il Pantheon, la casa di Mecenate. Le origini di Roma sono mitiche al pari di quasi tutte le origini delle Città e delle Civiltà. Anche se non direttamente, Roma proverrebbe dai fuggitivi di Troia che, devastata dai Greci, tuttavia non fu annientata, riuscì a scampare uno degli eroi troiani, Enea, figlio di Priamo e della dea Venere. Enea, con pochi altri, salva il padre ed il figlio, Ascanio (Iulio), e si allontana dalla Patria, ramingo nel Mediterraneo, con vicende in qualche modo simili ad Ulisse. Vi è un destino per Enea, un compito sacro, ineluttabile, fondare una nuova Città, una nuova Civiltà. A tale scopo, Enea sacrifica Didone, Regina dei Cartaginesi, che gli offriva, insieme, amore e Regno. Enea non può accettare, il suo obbligo, disposto da forze supreme, è fondare la nuova Città, la nuova Civiltà. Enea parte, Didone si uccide. L’ amore infelice tra Didone ed Enea costituisce uno tra gli amori leggendari dell’antichità. Enea si volge all’ Italia, approda alle coste, si spinge nel Lazio, sposa la figlia del re Latino, Lavinia, vince i potenti locali, principalmente Turno, erge la città di Lavinio, che lascia al figlio, dal quale proverrà la Gens Iulia che conterrebbe anche Giulio Cesare, Ottaviano, Tiberio.

Enea reca, sempre nella Leggenda, gli Dei patrii. Ed è un particolare da considerare. Bisogna smentire radicalmente l’idea che “i pagani” fossero atei o miscredenti. Credevano in altri Dei, intensamente e con perenni forme ritualistiche, sacre, e vincolate alla interpretazione di “segnali” che venivano dagli Dei o da potenze occulte. Per gli antichi, ma la situazione non è cambia, ancora oggi, se, ad esempio, cadeva un fulmine, scoppiava un temporale, ciò non avveniva a caso, era un “segnale”, indicava qualcosa da fare o da non fare. Tutto, ripeto,doveva essere interpretato, tutto aveva un significato, era un’ indicazione. Gli antichi, mi riferisco soprattutto ai greci ed ai romani vivevano sotto l’ incubo di ottenere il favore degli Dei o di non esserne approvati. Quindi, riti, sacrifici, e soprattutto la ricerca delle cause che avevano (avrebbero) cagionato l’ ira di qualche Dio e il modo per riappacificarsi. La vita dei greci e dei romani, in genere degli antichi, era un continuo interpretare perché accadeva un evento, se celava segni favorevoli o sfavorevoli, nel timore di offendere un Dio, nella paura della vendetta degli Dei, nella volontà di riappacificazione. Tutto questo metteva l’ esistenza dei “pagani” sotto il segno della religione in modo pressante.

Antica Roma, la monarchia

Roma nasce con una leggenda. Esistevano popolazioni italiche dal I millennio, ma, nella leggenda, fu nel 753 a. C. che viene fondata dai gemelli Romolo e Remo, figli di Marte e di Silvia. Avversati, Romolo e Remo, dallo zio Amulio, vengono salvati in una cesta posta sul Tevere, raccolti e cresciuti dal pastore Faustolo, nutriti da una lupa; adulti riconquistano Albalonga per l’ avo Numitore, e si combattono tra loro perché Remo passa i confini della nuova Città, il che è atto sacrilego. Romolo uccide Remo, e regna per primo, il primo Re di Roma. La leggenda è tutta immersa nella religione superstiziosa e sacrale, nelle caratterizzazioni del mito: un parente avverso, il salvataggio prodigioso, la nascita da fonte divina, la disgrazia, la vittoria. Nel caso di Giove, di Edipo, di Mosè, di Gesù abbiamo circostanze simili. Nella leggenda di Romolo e Remo vi è il particolare nutrimento da una lupa. Di sicuro perché la vicinanza tra uomini e animali era assoluta, ma inoltre come segno che i gemelli sono nutriti con latte di lupa, saranno dei “lupi”. Importantissimo nella leggenda, il valore del confine. Secondo talune fonti, la lupa non è l’animale, è il soprannome di chi allevò i gemelli, e l’ uccisione di Remo fu dovuta alla disputa su chi avesse il diritto di fondare la Città.

martedì 6 settembre 2022

INTERVISTA AL PROFESSOR LUIGI PRUNETI SUL CONTE DI CAGLIOSTRO

tratto da "L'Opinione" del 26 agosto 2021

di Pierpaola Meledandri

“Giuseppe Balsamo fu un figlio del suo tempo, un’età straordinaria, durante la quale nacquero e si svilupparono tendenze e personaggi opposti: De Sade e Beccaria, razionalismo e irrazionalismo, privilegio nobiliare e istanze rivoluzionarie. Nelle logge di quel secolo si mischiarono scienziati e sedicenti maghi, empiristi e occultisti, chimici e alchimisti. Cagliostro recitò la sua commedia umana su quel palcoscenico”. Luigi Pruneti, scrittore, giornalista pubblicista e ricercatore, parla dell’affascinante ed enigmatica figura del Conte di Cagliostro.

Oggi ricorre l’anniversario della morte del Conte di Cagliostro, deceduto il 26 agosto 1795. Fu veramente un personaggio così straordinario da divenire “leggenda”?


Senza dubbio, fu sicuramente un personaggio eccezionale per le vicende della sua vita, per la fama che lo circondò, per il mistero che aleggiò intorno a lui, per la sua tragica fine. Non a caso Cagliostro è stato l’oggetto di infiniti saggi, di numerosi romanzi, di tanti racconti e film.

Chi era in realtà il Conte di Cagliostro: uno studioso, un alchimista, un mago un taumaturgo, il palermitano Giuseppe Balsamo, uno scaltro truffatore?


L’uno e l’altro. Alcuni dicono che fosse un portoghese di nobili origini, addirittura il figlio del re Giovanni V, in realtà nacque a Palermo, il 2 giugno del 1743, da Felicia Bracconieri e da Pietro Balsamo, commerciante di stoffe. Fu uno dei numerosi avventurieri del XVIII secolo, come Giacomo Casanova o Barry Lyndon, il protagonista del celebre film di Kubrick, tratto dall’opera William Makepeace Thackeray. Giuseppe Balsamo fu, pertanto, un figlio del suo tempo, un’età straordinaria, durante la quale nacquero e si svilupparono tendenze e personaggi opposti: De Sade e Beccaria, razionalismo e irrazionalismo, privilegio nobiliare e istanze rivoluzionarie. Nelle logge di quel secolo si mischiarono scienziati e sedicenti maghi, empiristi e occultisti, chimici e alchimisti. Cagliostro recitò la sua commedia umana su quel palcoscenico. Generoso e affascinante, curioso e approssimativo, lestofante e iniziato, millantatore e innovativo. Sicuramente imbrogliò qualche potente, distribuì improbabili panacee e scroccò soldi a nobili desiderosi di pietre filosofali o d’improbabili ringiovanimenti. Fu, comunque, un anticonformista, un libertario dai tratti picareschi e un martire, condannato a una terribile agonia, nel “pozzo” di san Leo.

Quanto devono le discipline latomistiche e la massoneria alle esperienze e alle pratiche del Conte?


Le discipline latomistiche furono debitrici di Cagliostro almeno per due aspetti. Il primo è costituito dalla funzione del “Gran Cofto” di corriere di esperienze massoniche diverse, il secondo è rappresentato dal primato che egli ebbe di aver diffuso l’idea di una massoneria egiziana. Badi bene, fu il diffusore, non il creatore, perché l’idea di una siffatta corrente massonica nacque con il “Sethos” dell’abate Terrasson e l’Ordine degli Architetti Africani.

Il processo a Cagliostro rientra nella storia della Santa Inquisizione? Ci può narrare come si svolse e l’epilogo della vicenda?


Nella primavera del 1789 Cagliostro si recò a Roma, nella bocca del leone, convinto che la protezione del vescovo-conte di Trento fosse sufficiente a salvaguardarlo. Nell’Urbe fu imprudente e in più venne tradito da parenti acquisiti e dalla stessa consorte, la celebre Serafina. Pertanto, il 27 dicembre di quell’anno fu arrestato e imprigionato nelle segrete di Castel Sant’Angelo. A quel punto la Santa Inquisizione decise di usare il processo di Cagliostro come atto mediatico, per colpire la massoneria e dimostrare come i “fatti di Francia” fossero un complotto dovuto alla setta della squadra e del compasso. I suoi libri e oggetti rituali furono arsi, con somma teatralità, in Pazza Sopra Minerva; egli fu condannato a morte, pena che fu poi derubricata in carcere perpetuo nella Fortezza di San Leo, dove era difficile sopravvivere più di qualche anno. Infine, la Reverendissima Camera Apostolica Romana pubblicò il “Compendio della vita e delle gesta di Giuseppe Balsamo, denominato Conte di Cagliostro …”, in cinque capitoli, di cui uno dedicato alla sua vita e quattro ai “misfatti” della massoneria.

San Leo si erge su uno strapiombo nei pressi di San Marino. Nella suggestiva fortezza fu imprigionato e terminò i proprio giorni, in un’angusta cella, uno dei più enigmatici protagonisti dell’età dei Lumi. La sua storia continua ad attirare la curiosità e l’attenzione di molti. A San Leo si tengono sempre eventi che ricordano il Conte di Cagliostro?


Non glielo so dire. Un tempo si teneva, in corrispondenza del 26 agosto, una manifestazione, patrocinata dal comune di San Leo, denominata “Alchimia Alchimie”. Era una bella iniziativa che prevedeva una sorta di fiera, conferenze, spettacoli; io facevo parte del Comitato tecnico-scientifico. Poi le cose cambiarono, anche perché quella formula non era apprezzata da tutti. Da allora me ne sono disinteressato, non so se si tenga ancora qualcosa. Forse sì, ma non ne conosco gli eventuali termini.

All’interno del complesso fortificato di San Leo, vi è un piccolo museo dedicato a Cagliostro, con qualche targa e cimelio. La cella del Conte è visitabile; ho visto il suo piccolo letto, omaggiato da alloro e mazzi di fiori. Quali sono stati i suoi meriti e quali, a oggi, i frutti della sua avventurosa esistenza?


In parte le ho già risposto. Il principale merito è stato quello di diventare un mito e un’icona di un aspetto particolare della sua epoca. La leggenda di Cagliostro ha, a sua volta, ispirato storie più o meno fantastiche e opere letterarie come un romanzo di Alexandre Dumas. Non è poco.

Tra le varie leggende, una, in particolare, narra che alla sua presunta morte, il corpo non venne mai ritrovato, quasi a testimoniare le capacità magiche di quest’uomo. Quali sono, in realtà, le risultanze storiche documentate sul punto?


Cagliostro morì il 26 agosto del 1795 verso le 22,30. I suoi carcerieri lo seppellirono come eretico impenitente, in terra sconsacrata, in un punto imprecisato a ovest della rupe di San Leo. Il suo corpo non è mai stato rinvenuto. Ciò ha fatto sorgere altre leggende e storie fantastiche. Collin De Plancy, nel suo “Dizionario infernale” afferma che si sarebbe strangolato da solo. Altri spergiurano che non sarebbe morto lì, altri ancora ipotizzano che a San Leo se ne andò all’altro mondo un suo sosia... insomma, anche con la morte Cagliostro alimentò il mito.

L’attrazione per il mondo egizio, compresi gli insegnamenti occultisti e teurgici, hanno ispirato studi e rituali massonici. So che Lei ha analizzato l’argomento e scritto su questo tema un testo in collaborazione con altri autori. Cosa può raccontare a riguardo?


Mi sono occupato di Cagliostro già tanto tempo fa, nel 1996, quando scritti un saggio: “Cagliostro la Massoneria e il Rito egiziano” che fu pubblicato nella collettanea “Processo a Cagliostro a duecento anni dalla sua scomparsa”. Sono ritornato sull’argomento quasi venticinque anni dopo, pubblicando insieme ad Antonio Donato, traduttore dei rituali del Palermitano, il libro “Rituale Egizio di Cagliostro, con saggi storici e biografici” (l’Arco e la Corte, Bari 2020). L’argomento mi piacque, tanto che, questa primavera, sempre insieme ad Antonio Donato, ho dato alle stampe i “Rituali della Massoneria Egizia di Cagliostro” (L’Arco e la Corte, Bari 2021). Quest’ultimo volume è un’opera completa, che riporta i testi latomistici del Nostro. Pertanto, anch’io sono rimasto affascinato e avvinto, dal “Gran Cofto”, una sorta di Ulisse del Settecento che odora un po’ di zolfo...

sabato 3 settembre 2022

La storia dietro al legame tra l’esoterismo e le SS

tratto da: https://it.insideover.com/storia/la-storia-dietro-al-legame-tra-lesoterismo-e-le-ss.html

Luca Gallesi

20 GIUGNO 2021

Nel secondo volume della sua trilogia dedicata al “nazismo magico”, Hitler e la cultura occulta (Rizzoli 2013), Giorgio Galli affronta il tema dell’esoterismo delle SS, argomento tra i più gettonati dai ciarlatani dell’occulto per l’indubbio fascino esercitato sugli amanti del macabro e dei misteri prêt-à-porter. Chincaglierie nazi-occultiste a parte, restano dei fatti e delle persone che, oggettivamente, hanno creato i filoni di pensiero che costituiscono l’epopea razzista del corpo d’élite hitleriano. 

La più famosa missione “esoterica” delle SS, accanto alle già menzionate –in un precedente articolo– spedizioni in Tibet, resta quella di Otto Rahn, studioso dei trovatori provenzali e membro delle SS, che ritenne di identificare il mito del Graal con la tragica storia dei Catari, la cui avventura finì stroncata nel sangue nel Castello di Montségur. La fortezza, che si trova nella regione dei Midi-Pirenei, nel 1243 fu cinta d’assedio per quasi un anno dalle forze crociate che volevano estirpare una volta per tutte l’eresia degli albigesi, così come chiesto da papa Innocenzo III. Secondo Otto Rahn, che pubblicò il resoconto del suo viaggio e i risultati delle sue ricerche in due libri disponibili anche in italiano (Crociata contro il Graal  e La corte di Lucifero, Società Editrice Barbarossa/AGA), gli eretici erano stati gli ultimi custodi del Sacro Graal, il misterioso oggetto che, forse, fu la coppa dove, secondo la leggenda, era stato raccolto il sangue di Gesù oppure, secondo altre versioni, lo smeraldo incastonato sulla corona di Lucifero, prima che l’angelo più bello si ribellasse al suo Creatore.

Nel suo libro, Rahn racconta così le origini del mito del Graal secondo la versione degli eretici: “Al tempo in cui le mura di Montsegur erano ancora in piedi, i Catari tennero qui il Sacro Graal. Montsegur era in pericolo. Le armate di Lucifero lo accerchiavano. Volevano il Graal, per rimetterlo sul diadema del loro Principe dal quale si staccò durante la caduta dei suoi angeli sulla Terra. Allora, nel momento più critico, discese dal cielo una colomba bianca, la quale spaccò col suo becco il Tabor (Montsegur) in due. Esclarmonda, che era la custode del Graal, gettò il gioiello sacro nelle profondità della montagna, che si rinchiuse su sé stessa, ed in questa maniera il Graal fu salvato”. 

Il Graal non fu trovato, ma le ricerche di Otto Rahn continuarono, anche se non si sa nulla delle nuove scoperte, da lui annunciate ma mai svelate, anche perché, enigma su enigma, nel 1939 morì misteriosamente sulle Alpi. Il 18 maggio 1939, sul quotidiano nazionalsocialista “Völkischer Beobachter” pubblicava l’annuncio della sua scomparsa: “Durante  una tempesta di neve in montagna, nello scorso marzo, ha perduto tragicamente la vita l’Obersturmführer delle SS Otto Rahn. Ricordando questo defunto camerata, ci dogliamo della perdita di un onesto ufficiale delle SS nonché autore di eccellenti opere storiche.” 

La misteriosa morte di Otto Rahn non segna, però, le fine dell’interesse delle SS per l’eresia catara. Come ricorda Giorgio Galli, sono molte le opere che tracciano un collegamento tra i Catari e il nazionalsocialismo, e ci sono indizi che confermerebbero la prosecuzione di ricerche e addirittura la celebrazione di riti a Montsegur ancora nel 1943-1944, grazie all’interessamento, se non addirittura alla partecipazione, di Himmler e Rosenberg,  che si intrecciano, continua Galli, con “la magia delle rune indagata da von List, e l’esistenza di una storia umana dimenticata, con le tracce delle sue civiltà scomparse, con echi di Steiner e di Helena Petrovna Blavatsky”.

Il tutto, sapientemente miscelato con le più suggestive tradizioni cavalleresche germaniche, che furono da Himmler abilmente riprese e coniugate in una nuova versione nazionalsocialista, che pretendeva di innestarsi, anche figurativamente, sulle antiche saghe tedesche. Racconta bene un ricercatore indipendente, Gianfranco Drioli, autore di un saggio, Ahnenerbe. Appunti su scienza e magia del Nazionalsocialismo (Ritter), che i candidati a entrare nelle SS seguivano le regole di un Ordine religioso o militare: “Come nel Medioevo i cavalieri ricevevano la spada nel momento dell’investitura, così gli SS ricevevano la loro daga, sulla cui lama era inciso il motto delle SS: Meine Ehre heisst Treue (Il mio onore si chiama fedeltà).

Nella cerchia più vicina a Himmler c’erano dodici gerarchi, i più alti ufficiali delle SS, che si riunivano nel castello di Wewelsburg, il centro dell’universo del nuovo ordine (nero) mondiale, sia sotto il profilo militare sia sotto quello esoterico-religioso”. Wewelsburg, infatti, presentava innanzitutto una curiosità architettonica: era costruito, a forma di freccia, secondo l’asse Nord-Sud, invece del più consueto Est-Ovest, e nella torre nord furono costruite ad hoc delle stanze ricche di motivi mistico – esoterici, tra cui una sala per i suddetti dodici ufficiali SS e una cripta dove sarebbero state riposte le loro ceneri dopo la morte. 

I piani di ristrutturazione del maniero furono interrotti dall’avanzate delle truppe americane. Prima, però, che i fanti della 3° Divisione U.S.A. raggiungessero Wewelsburg, Himmler ordinò ai difensori, che si erano trincerati dietro le ampie mura, di bruciare il castello perché non cadesse nelle mani del nemico. I pochi soldati che si arresero agli americano furono fatti prigionieri e sbrigativamente passati per le armi. Finita la tragedia, cala la quiete sull’antico maniero.

Ironia della sorte, oggi, la sede dell’élite dell’Ordine nero ospita un ostello della gioventù internazionale, e, al posto degli archivi dell’Ahnenerbe, è sorto un museo dedicato ai crimini di guerra compiuti dai tedeschi.


venerdì 26 agosto 2022

Caccia alle Colonne d'Ercole: scoperto il "confine del mondo"?

tratto da "Il Giornale" dell'8 Gennaio 2022

Un team di ricercatori spagnoli afferma che potrebbe aver trovato il tempio di Ercole Gaditano, un luogo che per molti rappresenterebbe la sede delle mitiche Colonne d'Ercole

di Lorenzo Vita

Le Colonne d'Ercole hanno rappresentato per secoli un luogo mitico non solo della geografia ma soprattutto dell'anima. Quel "nec plus ultra" (memoria del greco "οὐκέτι πρόσω") scolpito dal semidio greco sui monti Calpe e Abila, uno in Spagna e uno in Africa, non era solo un avvertimento ai marinai di non addentrarsi in quell'oceano selvaggio e sconosciuto, ma anche un modo per dire a tutti gli esseri umani che c'era un limite invalicabile. Oltrepassarlo era peccare di tracotanza e la condanna sarebbe stata l'ira degli dei.

Un confine che però diventava anche una porta: chiunque poteva sfidare gli dei e scegliere di passare al di là di quelle colonne. Ma solo pochi osavano farlo. E chi realizzava questo sogno sapeva che prima o poi ne avrebbe pagato le conseguenze: come avrebbe ricordato secoli dopo anche Dante, immaginandosi l'ultimo viaggio di Ulisse.

Dov'erano davvero?

La tradizione vuole che quelle mitiche colonne create da Ercole fossero lo stretto di Gibilterra. Due monti, che si guardano l'un l'altra dalle due rive opposte del Mediterraneo: la Rocca di Gibilterra, appunto e Jebel Musa, oppure il Monte Hacho: lì dove il Mare Nostrum incontra l'Atlantico e dove le correnti si scontrano creando uno dei luoghi più temuti e ambiti da navigatori. Molti studiosi hanno ritenuto che in realtà Gibilterra non sia mai stata davvero la sede delle colonne d'Ercole, spostandole a volte nel Canale di Sicilia o in Sardegna e prima ancora anche nel Mediterraneo orientale, dove i primi greci avevano il loro piccolo mondo. Altri credono che le Colonne si siano spostate semplicemente con l'avanzare della civiltà ellenica, per cui quello che doveva essere un luogo fisico, era in realtà un confine culturale, la porta verso l'ignoto e il barbaro.

La ricerca spagnola

Ma nel mezzo delle numerose ipotesi su dove i greci ritenevano che sorgessero le colonne d'Ercole, in questi giorni c'è qualcuno che sta provando a trovare indizi più concreti. Fino a dire che forse, il mistero è svelato, e che i resti del "confine del mondo" e del tempio di Ercole Gaditano si troverebbero in Spagna, e precisamente sulla costa atlantica di Cadice, a San Fernando.

Il Dipartimento di Preistoria e Archeologia dell'Università di Siviglia, studiando alcune antiche strutture nei fondali marini e lungo la costa andalusa ritiene che il tempio dedicato ad Ercole sarebbe stato in una grande area portuale attiva fino a pochi anni prima della nascita di Cristo: un sito che corrisponderebbe nei fatti a un preesistente tempio fenicio di Melqart.

L'ipotesi di studio, annunciata a dicembre dal team di ricercatori, ha accesso l'attenzione dei media e sollevato anche delle polemiche. Francisco José García, professore di archeologia dell'Università di Siviglia, ha annunciato che il team ha individuato "indicazioni molto ragionevoli, reperti per lo più subacquei che ci portano a credere che ci fossero grandi strutture, tra cui edifici, frangiflutti e possibili moli, tra Sancti Petri e Camposoto". Il professore ha detto che servirà molto lavoro per cercare di fornire prove certe alle ipotesi che per ora sono corroborate solo da questi indizi. Tuttavia il team si sente abbastanza sicuro delle sue scoperte e le tecnologie utilizzate per questa campagna di ricerca potrebbero essere decisive per evitare errori in una "caccia" che fa già storcere il naso a molti studiosi.

"I risultati che abbiamo ottenuto sono in linea con la tradizione, con tutte le fonti classiche, con la bibliografia esistente. Quello che è stato trovato, quello che dice il terreno millenario e l'ultimo programma informatico si adattano perfettamente a quello che hanno scritto Strabone, Silius Italicus e Filostrato. Parlavano di enormi maree che lasciavano le navi senz'acqua, di colonne che erano da una parte e dall'altra, tra Spagna e Africa; di marinai che aspettavano il ritorno dell'acqua per sollevare le loro navi, di un tempio superbo a cui si prendevano continuamente le misure. In breve, la scienza sta dando ragione alla leggenda. I dati, le scoperte, rafforzano i miti" dice l'archeologo. E per adesso quegli studi, fatti attraverso grafiche digitali, studi delle maree, analisi su come potevano essere quella costa e le paludi nei millenni precedenti, sembrano dare delle prime conferme. Immagini che insieme ai ritrovamenti fatti nel corso degli ultimi secoli farebbero pensare a un sito particolarmente importante.

I dubbi sulle "colonne d'Ercole"

Certo, i dubbi rimangono. Alcuni accademici per esempio ritengono che sia improbabile che quell'area fosse davvero quella del tempio di Ercole Gaditano, spostandola di alcuni chilometri. Altri invece sembrano in generale guardare con sospetto a questa ricerca delle "colonne d'Ercole" in quanto troppo "spettacolarizzata", o addirittura definendola "ipotesi da fanta-archeologia", come riporta AdnKronos. Sarebbe come cercare Atlantide o altri luoghi resi immortali dalla letteratura.

Difficile prendere parte a una disfida scientifica: più semplice, e più affascinante, pensare invece a come l'uomo potesse immaginare più di due millenni fa quella parte di mondo dove il Mediterraneo incontrava l'oceano. Dove i padri raccontavano ai figli che un semi-dio aveva diviso le montagne o costruito delle colonne, e da cui osservava il passaggio delle navi che decidevano di superare quel limite verso l'ignoto.

"Nec plus ultra", dicevano i latini. E forse anche in questo antico mito - che per l'uomo curioso è più un invito a sfondare quella barriera mentale posta dalla divinità - si nasconde una qualche verità, sepolta dalla maree, dalla sabbia e dallo scorrere inesorabile del tempo.

lunedì 18 luglio 2022

“Aiòn”, la rivista aperiodica di filosofia ermetica edita da Stamperia del Valentino

In arrivo “Aiòn”, la rivista aperiodica di filosofia ermetica edita da Stamperia del Valentino sull’esoterismo occidentale e sulla millenaria tradizione partenopea


Con “Aiòn” la Stamperia del Valentino inaugura, sotto la direzione di Luca Valentini, una nuova formula editoriale, la rivista aperiodica di filosofia ermetica che mira alla pubblicazione di monografie specialistiche su temi selezionati della cultura classica e dell’esoterismo occidentale, con un occhio di riguardo al bacino del Mediterraneo e alla millenaria tradizione partenopea.

Il solco d’ispirazione è e sarà sempre la cultura esoterica napoletana e la grande spiritualità europea. Dopo il successo del numero 0, ancora acquistabile in libreria e su tutti i canali online di settore, la casa editrice lancia il numero 1 di “Aiòn” (242 pagg, 24 euro) in occasione della Giornata di Studi su Giordano Bruno che si terrà sabato 25 giugno 2022 (dalle 9,30 alle 16,15) alla Sala Consiliare Sanseverino presso la Certosa di San Lorenzo a Padula, Salerno, a cura della Società Operaia Torquato Tasso.

Tra gli argomenti approfonditi in questo numero di “Aiòn”, “Tέλος: il compimento iniziatico ed ermetico-teurgico” di Luca Valentini; “Tradizione e Iniziazione: la via del cuore” di Daniele Laganà; “La Tradizione Solare nel pensiero di Massimo Scaligero” di Stefano Arcella; “Echi di esoterismo nella poetica di Giovanni Pascoli” di Mauro Ruggiero; “L’insegnamento straordinario di un uomo sconosciuto: Georges Ivanovič Gurdjieff” di Vittorio Varano; “Pensiero magico e palingenesi alchimica” di Ivan Dalla Rosa; “Tradizione Primordiale e Ordini Iniziatici” di Sigfrido E. F. Höbel; “La luce di Venere - Afrodite e quella di Psiche (prima parte)” di Alessandro Orlandi; “Cristina Campo e la scrittura magica: verità e simbolo in Parco dei cervi” di Luca Maccaferri. Con pagine di chiusura dedicate a segnalazioni e recensioni librarie a cura dell’editore Paolo Izzo.

“Aiòn era nel mondo misterico primitivo l’antico nume dell’Eternità, il Dio che rappresentava la forza vitale interiore che sublimava sia il tempo sia le forme transitorie di credenza religiosa”, spiega Valentini. “Abbiamo deciso di riferisci a tale espressione sacrale perché il senso stesso dell’ermetismo è quello di trascendere l’aspetto formale della spiritualità per cercare di assurgere all’essenza incondizionata che alberga solo nella caverna interiore di ogni uomo”.

In base a quali criteri vengono scelti gli argomenti da approfondire?

“Di solito” continua il direttore, “vi è già un’idea di massima sulle linee generali con cui caratterizzare la singola pubblicazione, un argomento comune che possa legare tutti i contributi: per tale motivo abbiamo scelto la forma della monografia. Poi, vi è la fortuna di avere un gruppo di collaboratori e di amici tramite la cui identità di vedute nel merito favorisce la stesura di saggi come un comune indirizzo ermeneutico”.

Ogni numero si basa su precisi filoni oppure i capitoli vengono organizzati secondo i temi che le vengono proposti?

“Si decide a priori il tema di fondamento che debba caratterizzare ogni pubblicazione: il n.1 è dedicato al tema dell’Iniziazione, il n. 2 al tema della Magia nel mondo antico; probabilmente, il n. 3, alla straordinaria personalità di Giordano Bruno. Non vi è nulla di casuale”.

Sarà sempre presente il capitolo dedicato alle segnalazioni e recensioni?

“Sì, è un capitolo che con l’Editore abbiamo deciso debba essere fondamentale, sia per segnalare le tante pubblicazioni della Stamperia, sia perché riteniamo doveroso informare i nostri lettori sulle più recenti iniziative di stampa nel mondo della tradizione classica ed esoterica”.

Quanti numeri prevede e con quale “aperiodica” e orientativa cadenza?

“Questo possono saperlo solo i Numi: ogni numero nasce, si sviluppa e prende corpo quando vi è un’idea di studio che si palesa. Potremmo pubblicare 3 numeri in un anno e 0 in cinque: lo spirito è quello della libera ricerca, senza vincoli, senza doveri, un po’ come la Sirena Partenope e la Sapienza a Napoli. Quando “ci va”, come ripeto spesso ironicamente a Paolo Izzo, l’Editore”.


La casa editrice

Editore dal 2002, Paolo Izzo, alter-ego della Stamperia del Valentino, gestisce con estremo rigore le scelte editoriali della sua “creatura”. Il risultato è un catalogo di alto profilo sia nell’ambito della cultura napoletana, che in quello della produzione di stampo umanistico, esoterico e storico.

La Stamperia del Valentino vuole riportare all’attenzione del pubblico la Napoli colta, folkloristica e letteraria. A tal proposito seleziona opere rivolte al curioso colto come allo studioso, con un occhio all’originalità e completezza dei temi proposti.



Titolo: Aiòn

Sottotitolo: Rivista aperiodica di Filosofia ermetica

Autore: AA.VV.

Collana: Fuori Collana

Prezzo: € 24,00

Pagine: 242

ISBN: 979-12-80721-07-5

Disponibilità: Giugno 2022

mercoledì 6 luglio 2022

Fenomenologia dello Spirito magico Ecco l'altro Hegel

tratto da "Il Giormale" del 2 Dicembre 2013

di Marcello Veneziani

Hegel era il nome dell'ultimo album di Lucio Battisti, uscito nel 1994. Ed è forse l'ultima traccia fuori dalla cerchia degli studiosi del grande filosofo tedesco che fu croce e delizia del Novecento. A Hegel, infatti, si risale quando si cerca il Padre spirituale degli Stati totalitari e dello Stato come Dio in terra, che fu il sogno in rosso e in nero del Novecento. O riportandolo al suo tempo, parte con lui la genealogia dello Stato potente che poi diventerà onnipotente.

Hegel diventa a torto o a ragione il filosofo di Napoleone, perché lo ritrae a Jena come lo Spirito del Mondo a cavallo. L'Eroe, il Grande, l'Io Trascendentale che realizza il primo grande Stato centralista moderno. Poi la lezione di Hegel discende dal pensiero all'ideologia e dalla filosofia alla storia. E dal versante sinistro sorge Marx, dal versante destro l'hegelismo fiorisce in Italia: Spaventa e poi Gentile. Non va certo dimenticata la lezione di Fichte, ma è a Hegel che comunemente si attribuisce l'identificazione dello Stato con Dio in terra. Qualcuno, ancora più radicale, fa risalire - è il caso di Popper - la pulsione totalitaria a Platone, visto come una specie di Hegel dell'antichità. Dimenticando che la follia totalitaria è proprio nel tradire Platone e costringere il cielo in terra: le idee platoniche risolte nella storia generano «paradisi infernali». Ma la matrice degli Stati totalitari è nello spirito giacobino della Rivoluzione francese più che nelle lezioni hegeliane. C'è più Rousseau che Hegel, pur da giovane entusiasta della Rivoluzione e poi maturo difensore dello status quo. L'ultimo Hegel apparso nel '900 aveva gli occhi a mandorla del nippo-americano Francis Fukuyama, che riprendendo l'Hegel di Kojève, decretava nel 1989 la fine della Storia. Caduto il Muro di Berlino e ogni antagonista globale all'Impero Usa, si realizzava la profezia hegeliana e moriva al tempo stesso la teofania storica dell'hegelismo. La Storia come divinità è finita ed Hegel muore con lei.

Ma dalle ceneri della storia rinasce un nuovo, inedito, sorprendente Hegel. Non più legato all'idea di Stato, al Dio che si fa Storia, ma alla tradizione ermetica, fino a scorgere le radici magiche e occulte dell'idealismo moderno. Non è l'Hegel redivivo di Slavoj Zizek, che a suo parere «ci salverà» e che resta dialettico ispiratore del materialismo. Ma l'opera in questione è di uno studioso americano di filosofia, Glenn Alexander Magee, e arriva ora in edizione italiana nel ponderoso volume Hegel e la tradizione ermetica (Edizioni Mediterranee pagg. 327, euro 24,50) a cura di Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco, con un'introduzione di Massimo Donà in sostanziale sintonia con la tesi di fondo del libro. Il titolo è originale, non è tradotto ad hoc per i lettori di Julius Evola che nelle stesse edizioni trovano la sua opera completa. L'Hegel Mago che ne esce, in effetti, ha qualche somiglianza con Evola. Magee allinea nella sua ampia ricerca molti elementi per sostenere che Hegel è un pensatore ermetico: egli avrebbe sostituito il filosofo col sapiente e la filosofia con la teosofia, facendo tesoro della Kabala, dell'Alchimia, dei Rosacroce, della Gnosi e del filone ermetico, da Ermete Trismegisto in poi, in una linea ampia che va da Meister Eckhart a Böhme, da Agrippa a Lullo e a Paracelso, da Pico della Mirandola a Giordano Bruno, fino all'occultismo e allo spiritismo, all'astrologia e all'esoterismo della Massoneria. Hegel si riferisce a una Chiesa Invisibile nei suoi carteggi con Schelling e con Hölderlin. Non dimentichiamo che l'epoca di Hegel è romantica, l'età di Novalis ma anche di Mesmer; filosofia e magia s'intrecciano. E la sua opera centrale, in questo senso, è la Fenomenologia dello Spirito.

La tesi, pur suggestiva, e non priva di riferimenti fondati, è però forzata. Hegel è più figlio del romanticismo che dell'illuminismo ma da qui a considerarlo un pensatore che si fonda sull'occulto, sull'idealismo magico o sulla tradizione ermetica, ce ne corre. In realtà Hegel si concepisce, prima che come filosofo, come riformatore religioso nella convinzione - che accomunerà larga parte dell'idealismo, fino a Gentile - che la religione sia una specie di stadio infantile, immaturo, di una Filosofia dello Spirito. Da riformatore religioso Hegel concepisce la filosofia come la continuazione della religione cristiana con altri mezzi storicamente e razionalmente più fondati e più maturi. Anche lo Stato e la politica si realizzano alla luce della Riforma religiosa della filosofia. Se vogliamo, il riferimento più pertinente è a Gioacchino da Fiore e alla sua teoria delle Tre Età, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Alla logica trinitaria è improntata tutta la filosofia hegeliana e all'avvento dell'età dello Spirito Santo è rivolta la tensione escatologica del suo storicismo.

Nel suo itinerario verso l'Età dello Spirito, Hegel convoglia saperi vari e tradizioni diverse. La tradizione cristiana innanzitutto, poi la tradizione ellenica coi misteri di Eleusi e la sapienza platonica e presocratica, quindi i filoni sommersi della tradizione ermetica e del pensiero magico. E magari negli anni giovanili l'influenza dell'esoterismo massonico. Ma è forte in lui l'impronta del pietismo svevo, di matrice cristiana, incessante è il confronto con Gesù a cui dedica da giovane una biografia, permane l'impianto storico-temporale lineare, che deriva dall'escatologia cristiana. Qualcuno troverà inquietante l'assonanza tra il Terzo Regno dello Spirito e il Terzo Reich (Regno, appunto). Ma l'idea di un Dio che si fa nella storia sorge dalla visione provvidenziale della teologia cristiana fino a configurarsi come sua eresia. L'Astuzia della Ragione è la versione hegeliana della Divina Provvidenza. Egli traduce il dogma della Trinità in Teoria dello Spirito. (Alla Trinità e alla sua traduzione hegeliana in filosofia, lo stesso Donà dedica un dialogo con Piero Coda, Pensare la Trinità, ed. Bompiani). Il compito che Hegel si assegna è riunire la filosofia e il sentire comune in una nuova religione fondata sulla storicizzazione e l'umanizzazione del Divino. L'eresia di Hegel secolarizza il Cristianesimo. Ma Hegel resta cristiano e professore, non mago o esoterista. S'ispira più a Lutero che a Paracelso.

E tuttavia il testo di Magee ha il merito di riaprire nuove frontiere nella comprensione di Hegel. Hegel è un pensatore grande, polivalente, non lo si può imbottigliare nel '900 e negli Stati totalitari. Come scrive in alcuni versi leopardiani e ungarettiani, il giovane Hegel: «Ed io mi abbandono all'immenso; sono in lui, sono tutto, sono solo lui». Un romantico a caccia di assoluti.

domenica 3 luglio 2022

Guerre e società segrete: quel fondamento esoterico dietro al nazionalsocialismo

tratto da InsideOver dell'8 GIUGNO 2021: https://it.insideover.com/storia-2/guerre-mondiali-e-societa-segrete-nazismo.html

di Luca Gallesi
 
Era il 1960 quando in Francia, presso l’autorevole editore Gallimard, uscì un libro dal titolo curioso: Le matin des magicien, scritto a quattro mani da Louis Pauwels, un ex-discepolo di G.I. Gurdjeff dalle idee reazionarie, e uno scienziato e scrittore comunista, Jacques Bergier. Il saggio, che divenne rapidamente un best-seller, tradotto in italiano nel 1963 da Mondadori col titolo Il mattino dei maghi, miscelava sapientemente dati oggettivi e suggestioni fantastiche, ipotizzando una convergenza delle nuove scoperte scientifiche con le antiche sapienze occulte. Sergio Solmi, nella prefazione all’edizione italiana, elogiava il libro che offriva, “attraverso un’esposizione lucida, varia e appassionata, il materiale più affascinante che possano tenere per noi in serbo questi anni di ardua e preoccupante trasformazione tecnica e sociale”.

In un’epoca, l’inizio degli anni Sessanta, in cui cominciava a delinearsi il sostanziale dominio di una concezione materialistica della società e la visione deterministica della Storia, Il mattino dei maghi rimetteva in gioco l’idea che le forze operanti nello sviluppo dell’umanità non fossero quelle dei rapporti di produzione o dello scontro dialettico tra classi sociali, bensì quelle più sottili, i poteri che agiscono dietro le quinte, espressione di principi non visibili ma assolutamente reali; per intenderci, l’occultismo e la magia che, secondo le parole di Solmi, “non sarebbero ormai più soltanto segreti perduti, ma i preannunci che le età remote mandano fino a noi delle palingenesi future”. Parole problematiche, che rimandano a un libro facilissimo da leggere, difficile da capire e decisamente arduo da condividere in toto. In mezzo alle vite e opere di moderni alchimisti e arcani mistagoghi, passando con nonchalance dalle civiltà scomparse dell’antichità agli scrittori contemporanei di fantascienza, Pauwels e Bergier accompagnano – a volte trascinandolo- il lettore in un turbinio di universi lontani passati e futuri, tra mondi paralleli e dimensioni fantastiche che, a più di mezzo secolo, mantengono intatto il fascino della lettura, anche quando i contenuti sono diventati irrimediabilmente superati, quando non definitivamente screditati.

La realtà virtuale che domina l’inizio del terzo millennio ha rapidamente fatto piazza pulita del ciarpame spiritista e occultista che, ancora a metà del Novecento, poteva mantenere una sembianza di credibilità, ormai definitivamente declinata tranne che per un singolo argomento, che dilaga anche, e soprattutto, nella Rete: il “nazismo magico”. Parliamo quindi dei legami, indiscutibili anche se spesso enfatizzati, tra il nazionalsocialismo e le scienze occulte, argomento centrale del Mattino dei Maghi, come scrisse il politologo Giorgio Galli, che proprio grazie a questo libro cominciò a studiare quello che sarebbe diventato il prolifico filone dell’esoterismo nazionalsocialista, a cui l’illustre politologo dedicò parecchi libri. Galli cominciò allora, proprio grazie a Pauwels e Bergier, a realizzare che la sapienza occulta poteva aiutarlo a capire la Storia, perché l’esoterismo, “dimora dentro la Storia e non fuori, arrivando sovente ad esercitare un’influenza non secondaria su di essa”. Centrale, nell’indagine di Galli nella dimensione nascosta della storia, il riferimento all’esistenza di una cultura esoterica (letteralmente: riservata a pochi) che, dalle profondità della storia dell’Occidente, riemergeva, in Europa e soprattutto in Germania, nel pieno rigoglio scientifico del XX secolo. Una presenza che permette di spiegare il percorso seguito da Hitler e da una parte dell’élite nazionalsocialista lungo tutta la “seconda Guerra dei trent’anni”, come Galli chiama il periodo della storia europea che va dal 1914 al 1945.

Dietro i tragici avvenimenti che insanguinarono il Vecchio continente nella prima metà del Novecento, come romanzato prima da Pauwels e Bergier e poi studiato scientificamente da storici come René Alleau e Nicholas Goodrich Clarke, ci sono, anche, gli influssi esercitati dalle molteplici e attivissime società segrete, operanti in tutta Europa, a cui erano affiliati numerosi membri del governo tedesco e del gabinetto reale britannico. Sul suolo tedesco la realtà dominante era la Società Thule (Thule-Gesellschaft), mentre nel Regno Unito era attivissima la Golden Dawn (Hermetic Order of The Golden Dawn).

La Golden Dawn era stata fondata nel 1887 da Mc Gregor Mathers, Woodman e Wynn Westcott, e si proponeva di approfondire la magia cerimoniale per raggiungere, tramite le conoscenze iniziatiche, lo sviluppo di poteri sovrannaturali. Tra i soci più famosi, tanto per dare un’idea dell’importanza del sodalizio, troviamo W.B. Yeats, Arthur Machen, Aleister Crowley, probabilmente Bram Stoker, e molti altri intellettuali e scienziati di punta dell’intellighenzia britannica. Della Società Thule, invece, furono membri attivi più uomini politici che gli intellettuali, o meglio, dei politici con interessi intellettuali, come il “Vicario” di Hitler, Rudolf Hess, il governatore nazionalsocialista della Polonia Hans Frank, il teorico della geopolitica, prof. Karl Haushofer e il principale teorico del nazionalsocialismo Alfred Rosenberg, tutte persone che appartenevano alla ristretta cerchia del futuro Führer, personaggio certamente non alieno da simpatie e interessi “occulti”, che spesso influenzarono la sua azione politica.

Qui, complice una produzione libraria sconfinata e spesso inattendibile, diventa labile il confine tra storia e fantasia, ma, come scrive Giorgio Galli, possiamo affermare senza tema di smentita che “Hitler è il portavoce di un gruppo di intellettuali formatosi nella dimestichezza con la cultura occulta”. Come e quanto questa “sapienza segreta” abbia effettivamente agito nelle scelte del Cancelliere tedesco è arduo da definire esattamente. Si può, comunque, supporre che molte delle scelte fatte durante il periodo 1939-1945 non siano riconducibili a delle motivazioni razionali: dall’inspiegabile “tregua” concessa agli inglesi a Dunkerque, alla scelta suicida della guerra sui due fronti a oriente e occidente, fino alla spasmodica attesa di misteriose armi finali che avrebbero capovolto l’inevitabile drammatica fine della Germania, siamo nel campo delle decisioni irrevocabili e irrazionali, che hanno avuto spaventose e sanguinose conseguenze così che, nel corso di due guerre mondiali e con un immane sacrificio di vite umane, siamo passati dal “Mattino dei maghi” al “Tramonto dell’Occidente”.

giovedì 16 giugno 2022

Dante celato - Alchimia e bagliori d’Islam nel suo viaggio iniziatico

Torna in libreria “Dante celato - Alchimia e bagliori d’Islam nel suo viaggio iniziatico” di Mustafa Tolay. Edizioni Stamperia del Valentino

“Dante celato - Alchimia e bagliori d’Islam nel suo viaggio iniziatico” di Mustafa Tolay racconta l’avventura intellettuale di Dante e si inserisce in un filone che la memoria dell’uomo riesce a ricostruire solo fino ai tempi della Mesopotamia, ma il cui evidente successivo sviluppo attraversa il pensiero e le tradizioni egizie, greche, latine, quindi quelle Cristiane e - dal settimo secolo - le islamiche. Il volume, edito da Stamperia del Valentino di Paolo Izzo, si compone di 550 pagine (euro 50,00) e rientra nella prestigiosa collana Mirabilia. In quest’opera Tolay spiega come Alighieri abbia potuto contare su un substrato dottrinario riconoscibile quanto blasonato e risalente, e impernia il contenuto del libro sull’aspetto iniziatico dell’opera di Dante, analizzando le influenze islamiche subite dal pensiero del Sommo Poeta, nonché le catabasi narrate in quella tradizione, precedenti alla ideale discesa agli inferi descritta nella Divina Commedia, e alla conseguente risalita al Purgatorio e quindi al Paradiso. Mustafa Tolay, studioso dantesco di grande rilievo, dal privilegiato punto d’osservazione fornitogli dalla nazionalità turca, può dunque dischiudere con competenza ai nostri occhi un panorama ai più insospettato, compiendo i dovuti raffronti tra antiche opere concepite nella realtà intellettuale mediorientale e il lavoro del nostro grande e sempre attuale Dante Alighieri.

L’autore

Mustafa Tolay è nato nel 1955 a Istanbul. Si è laureato in Ingegneria Chimica presso l’Università Tecnica di Istanbul. Come ricercatore all’università di Leeds in Inghilterra, si è dedicato all’apprendimento della Fine Art e della Lingua italiana. Ha studiato Filosofia e Arte, interessandosi soprattutto alla ricerca della storia di Dante Alighieri viaggiando in Italia tra Piemonte, Toscana, Liguria e Veneto. Ha partecipato attivamente a studi su Leonardo da Vinci sia a Firenze che a Vinci. Attualmente è iscritto alla Royal Society of Chemistry, Institute of Energy, Chromatography Society in Inghilterra e alla Associazione di Amicizia Italo-Turca di Milano e alla Società Dantesca Italiana di Firenze in Italia. In Turchia ha pubblicato alcuni libri fra cui “Arte e Pensiero con Dante” (tradotto in italiano come “Dante e il suo tempo) e “Arte e Pensiero con Leonardo”.


La casa editrice

Editire dal 2002, Paolo Izzo, alter-ego della Stamperia del Valentino, gestisce con estremo rigore le scelte editoriali della sua “creatura”. Il risultato è un catalogo di alto profilo sia nell’ambito della cultura napoletana, che in quello della produzione di stampo umanistico, esoterico e storico.

La Stamperia del Valentino vuole riportare all’attenzione del pubblico la Napoli colta, folkloristica e letteraria. A tal proposito seleziona opere rivolte al curioso colto come allo studioso, con un occhio all’originalità e completezza dei temi proposti.


Titolo: Dante celato

Sottotitolo: Alchimia e bagliori d’Islam nel suo viaggio iniziatico

Collana: Mirabilia

Autore: Mustafa Tolay

Prezzo: € 50,00

Pagine: 550

Illustrazioni: immagini b/n nel testo e a colori f.t.

ISBN: 978-88-99937-81-2

sabato 11 giugno 2022

UFOLOGY YES - il Salone del Mistero e Ufologia

DAL NOSTRO INVIATO

Come ci si aspettava UFOLOGY YES - il Salone del Mistero e Ufologia -  ha superato a pieni voti il debutto nella sua nuova Location allestita dall’organizzatrice con Banner a tema, visibili durante il percorso di arrivo del visitatore, con l’area standistica che era divisa in 2 grandi Saloni allestita con gazebo bianchi molto eleganti e funzionali che a colpo d’occhio erano molto piacevoli; l’area Congressi, che ha ospitato circa 20 relatori tra cui alcuni stranieri, era allestita al centro di uno dei 2 Saloni e presentava un palco dove il Conferenziere si trovava in un piano rialzato rispetto al pubblico affiancato da un maxi schermo dove venivano proiettate le immagini. Grande risonanza, oltre ai vari relatori ognuno con la propria valenza, anche la presenza del già sottosegretario di Stato alla Difesa Gen. Domenico Rossi voce istituzionale sugli UAP negli spazi aerei italiani, socio onorario del CENTRO STUDI UFOLOGY WORLD fondato dalla dott.ssa Francesca Bittarello e sempre presente ai suoi eventi come conferenziere compatibilmente con i suoi tanti impegni.

L'acustica perfetta faceva da piacevole sottofondo ai visitatori mentre sostavano ai vari stand, mentre nella seconda sala oltre ai gazebo trovavamo l’area ristorazione e musicale dove si è assistito alla suggestiva esibizione della banda ufficiale dei Templari con Tony Riggi e alla sfilata di moda misterica. In più, l’allestimento dei vari Espositori lasciava il visitatore estasiato dalla notevole diversità sia culturale, di estrazione, di idee, dei vari partecipanti dell’evento volutamente cercata dall’Organizzatrice, ma la carta vincente di una Fiera è proprio questa eterogeneità “cercata”, esibita in maniera civile e personalmente ho visto tante strette di mano e grande cordialità tra tutte le persone che partecipavano al Salone come d’altronde la stessa Organizzatrice la famosa manager e ufologa Francesca Bittarello ha voluto ribadire più volte: “il mio spirito cavalleresco ai miei eventi mi fa accogliere tante realtà differenti tra loro ma molto motivate e cordiali dove il senso di educazione e civiltà è la carta vincente e il tutto crea un forte mix che trascina il visitatore creando forti emozioni”. Unica pecca non imputabile all’Organizzatrice che molti visitatori si sono recati il sabato non leggendo bene la locandina e la pubblicità che indicava la domenica e il lunedì come giorni dell’evento.

Prossimo attesissimo evento organizzato dalla LUX-CO EDIZIONI di Francesca Bittarello il 16 e 17 ottobre 2022 con l’ Aviation Yes il Salone dell’ Aerospazio e dell’ Aviazione sito web www.aviationyes.com

Qui sotto una breve gallery dell'evento:

ufo




















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