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martedì 6 febbraio 2024

La grande epopea dei Vichinghi dalla Groenlandia alla Sicilia

tratto da "Il Giornale" del 17 marzo 2023

Qual è stata la vera storia dei Vichinghi? Alberto Massaiu ne parla nel saggio "Vichinghi - Storia degli uomini del Nord" edito da Diarkos

Alberto Massaiu

Le gesta dei vichinghi affascinano per la loro portata mitica e geografica e negli ultimi anni hanno avuto una grande popolarità anche a livello di cultura pop. Ma qual è la vera storia dei guerrieri nordici che nel Medioevo spopolarono in Europa? Lo storico Alberto Massaiu ne parla nel saggio "Vichinghi - Storia degli uomini del Nord" edito da Diarkos di cui oggi presentiamo un estratto.

L’epoca vichinga ricopre un vasto periodo, che comunemente spazia dal 793, anno del saccheggio dell’abbazia di Lindisfarne, fino al 1066, anno della sconfitta delle forze norvegesi di Harald Hardråde a Stamford Bridge. In questo lungo lasso di tempo i normanni navigarono il Mar Baltico, il Mare del Nord, l’Atlantico e il Mar Mediterraneo, oltre che nei grandi fiumi dell’attuale Russia, e qui saccheggiarono, colonizzarono, commerciarono e condussero epici scontri che avrebbero plasmato la memoria e le tradizioni collettive di tanti popoli venuti a contatto con loro. I vichinghi giungeranno a conquistare e a popolare una parte della Scozia, dell’Inghilterra – creando il Danelaw – e buona parte dell’Irlanda.

Fondarono una colonia in Islanda, esplorarono la Groenlandia e stabilirono un insediamento in America settentrionale, ben cinque secoli prima di Cristoforo Colombo, presso l’Anse aux Meadows, sull’isola di Terranova. Saccheggiarono la Francia e la Spagna e in Normandia fondarono l’omonimo ducato dal quale un loro diretto discendente, Guglielmo il Bastardo, nel 1066 partirà per conquistare l’Inghilterra. Crearono un potente e ricco regno nel Meridione d’Italia, strappandolo ai duchi longobardi, ai romani d’oriente in Puglia e Calabria e agli arabi di Sicilia.

Stabilirono la loro potestà su una parte di quelle sconfinate terre nell’Europa dell’Est che proprio da una tribù norrena – i rus’ – avrebbero preso il nome, Russia, e nella quale fondarono le antiche città di Novgorod e di Kiev. Viaggiarono infine fino a Baghdad, Gerusalemme e Costantinopoli, in cui per almeno tre secoli militarono nella celebre Guardia Variaga – varangoi era il termine con cui i bizantini definivano gli scandinavi - dei basilei di Bisanzio, uno dei corpi militari scelti più longevo e celebri del Medioevo. Ma come fecero a compiere tutte queste gesta? E soprattutto, quando e perché iniziarono? La spiegazione data per buona per molto tempo fu di natura ambientale.

Alla fine dell’VIII secolo si verificò un irrigidimento del già non mite clima scandinavo che unito a un aumento della popolazione, costrinse queste genti a emigrare. Fortuna – per loro – volle che all’epoca l’Europa e il Mediterraneo si trovassero squassati dalle invasioni degli avari a Est e dei musulmani a Sud. La morte di Carlo Magno nell’814, inoltre, aveva aperto il campo alla stagione di frammentazione, anarchia e guerre civili che avrebbe portato alla disgregazione del suo grande impero. L’intero scacchiere che un tempo, con Roma, era stato forte, difeso e unito, ora mostrava immense opportunità per i popoli del Nord, che ne seppero approfittare al meglio.

sabato 28 gennaio 2017

Furia, Odino o allucinogeni? Ecco la verità sui "berserkir"

tratto da "Il Giornale" del 20 dicembre 2016

I «guerrieri orso» sono una delle leggende vichinghe più famose. Un saggio svela i segreti della loro forza

di Matteo Sacchi

La leggenda parla di guerrieri di una ferocia inaudita. Vestiti di pelli di orso, o di lupo, si gettavano in battaglia in preda a un furore inspiegabile.


La loro rabbia li rendeva praticamente invulnerabili. Per usare le parole della antiche saghe scandinave: «In battaglia, Odino aveva il potere di rendere i loro nemici ciechi o sordi o colti da terrore, mentre le loro spade non tagliavano più di bastoni... Andavano senza corazza ed erano furiosi come cani o lupi, mordevano i loro scudi ed erano forti come orsi o tori... né il fuoco né il ferro facevano loro del male». E nella leggenda c'è un nome che ricorre sempre per questi soldati-belva: Berserkir. Che i miti sulla licantropia possano avere avuto origine in queste remote lande, dunque, è quasi un'evidenza. Ma cosa c'è di vero nelle storie che ci sono state tramandate? Sono decenni che gli studiosi se lo chiedono. Il filologo e storico medievale Vincent Samson ha cercato di arrivare ad una risposta definitiva con il suo: I Berserkir. I guerrieri-belve nella Scandinavia antica, dall'età di Vendel ai Vichinghi, VI-XI secolo (Settimo sigillo, pagg. 496, euro 34,50).

Quello che emerge con chiarezza è che i Berserkir sono esistiti davvero. Al di là dei testi poetici che, come la Ynglinga Saga, sono stati messi per iscritto molto più tardi, esistono prove archeologiche concrete. Statuette che rappresentano guerrieri coperti di pelli d'orso o di lupo. E tombe istoriate di rune che testimoniano come il sepolto fosse un guerriero-belva. Più difficile dire esattamente come si scatenasse lo stato di trance che era tipico di questi guerrieri. Molti studiosi, a partire da Samuel Lorenzo Ödman, teologo dell'università di Upsala, hanno legato il furore dei berserkir all'utilizzo di un fungo, l'amanita muscaria. E in effetti, alcune popolazioni, come i lapponi, lo utilizzano a scopo sciamanico. La tesi convince poco Samson. Nelle fonti antiche questo furore guerriero, indotto dal dio Odino, sembra poter essere scatenato da chi è in grado di farsene possedere senza alcuna preparazione chimica. Secondo Samson, la furia era più che altro il risultato di una profonda convinzione religiosa. E almeno sino ad un certo periodo i guerrieri belva erano con buona probabilità membri dell'élite delle antiche popolazioni scandinave. Così era almeno sino ai tempi di re Harald Bellachioma (850-933 d.C.). Quando sconfisse i suoi nemici durante la battaglia navale di Hafrsfjord (convenzionalmente collocata nel 872 d.C.). Gli antichi poemi legano la sua vittoria alla presenza di guerrieri coperti di pelle di lupo che combattevano sulla sua nave ammiraglia. «Le camicie d'orso grugnivano, il combattimento dava loro rabbia, le tuniche di lupo urlavano e le armi brandivano». Per altro anche le forze opposte al re schierano dei guerrieri belva come Thoris Hakland.

Insomma quella dei guerrieri mascherati da animali sembra essere stata una pratica molto in voga nella civiltà vichinga prima del cristianesimo. Una prassi limitata ai vichinghi? Sembra che i suoi echi si possano rintracciare anche tra le tribù germaniche, ce ne sarebbero addirittura le prove nei rilievi della colonna Traiana. La radice secondo Samson potrebbe ritrovarsi in antichi rituali della civiltà del bronzo che tra le popolazioni nordiche sono sopravvissuti a lungo. Ma resta molto difficile giungere ad una interpretazione univoca. Quel che è certo è che quando la Scandinavia divenne cristiana per i berserkir non ci fu più posto. Erano il reperto più bellicoso e furente della precedente religione. Così nel tramandarsi dei miti la loro figura fu messa in ombra o trasfigurata. Spesso rimase solo l'eco della violenza e il versante religioso, la loro etica guerriera, fu messa da parte.

Samson prova a farla rivivere e a fornire al lettore tutti gli strumenti per capire la complessità del tema. Il risultato è un libro non facile che chiede al lettore di famigliarizzarsi almeno un po' con le forme dell'antica poesia scaldica. Ma il viaggio nel tempo sulle orme di questi guerrieri, capaci di avere accesso al lato animalesco dell'uomo, ne vale la pena.