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sabato 8 marzo 2025

La "Resurrezione" dell'altro Cristo spunta come un fiore

tratto da "Il Giornale" del 31 Ottobre 2024

Tre occidentali visitano la presunta tomba di Gesù. E trovano il cristianesimo delle origini

di Davide Brullo

Il momento più affascinante del romanzo accade quando il mite professor Quareshi spiega a Freddy, citazioni evangeliche alla mano, che «Gesù si è salvato dal supplizio della croce». Nello specifico, sarebbero stati Giuseppe d'Arimatea, Nicodemo «e il centurione Longino», a disarcionare Gesù dalla croce, a curarlo, insinuandone la morte, a sua difesa. Dopodiché, il Messia avrebbe continuato l'opera di predicazione in India, insieme a Tommaso, l'apostolo inviato a profetizzare in Mesopotamia e in Oriente (come racconta Eusebio di Cesarea). In Oriente, il nome di Gesù muta in Yuz Asaf, «guida dei guariti, perché a lui si riconosceva il dono miracoloso di sanare gli infermi». Seguono le prove del passaggio di Gesù in Afghanistan, Pakistan, Kashmir.

Pare di essere al cospetto di una leggenda ordita da Borges. In Atlas, il suo ultimo libro, il veggente sudamericano suppone che Alessandro Magno «non muore in Babilonia all'età di trentadue anni», ma si arruola come mercenario semplice tra i battaglioni dell'esercito mongolo. Qui, però, vista l'entità del soggetto e le sue conseguenze - il cristianesimo come lo conosciamo, amministrato in una liturgia della colpa e del giogo, sarebbe un'immane montatura - i fatti assumono altro rilievo: ci pare di sfigurare un segreto.


La mole di dati squadernati dal professor Quareshi a supporto della sua tesi impressiona. Gesù sarebbe affiliato ai Nazareni, «un gruppo monastico che aveva un credo e dei comportamenti rituali simili a quelli degli Esseni», affini ai Terapeuti, di cui scrive Filone di Alessandria nel De vita contemplativa. Questi asceti praticavano il digiuno, vestivano di bianco, si radunavano «il settimo giorno» per onorare Dio con canti e danze. Fuggiti dalle spire della vita cittadina, i Terapeuti, edotti nella guarigione dello spirito, si prefiggono di giungere a una «vita immortale e beata... tendono con tutte le forze alla visione dell'Essere e oltrepassano il sole sensibile pur non abbandonando mai questo loro posto» (così Filone). Abitano le sponde del lago Mareotide - o Maryut - presso Alessandria d'Egitto, spazio impossibile a chi non è addestrato alla contemplazione. In loro credeva perfino William Butler Yeats, il sommo poeta d'Irlanda, che cercò di fondere, attraverso il genio lirico, la sapienza orientale in quella ebraico cristiana: «Credo come credevano i vecchi saggi che sedevano sotto le palme, i banani o fra le rocce rese irraggiungibili dalla neve, mille anni prima della nascita di Cristo; credo come credevano i monaci del mare della Mareotide...».


Resurrezione di Zecchi

Ma qui rischio di andare per le mie vie. Resta da dire che il cuore del romanzo di Stefano Zecchi, Resurrezione (Mondadori, pagg. 244, euro 19), è il santuario di Roza Bal, la tomba in cui sarebbe sepolto Gesù. Presso Srinagar, è un luogo piuttosto squallido; o meglio, come scrive l'autore, «un posto così povero, umile, per custodire la storia grandiosa di chi non ha mai cercato gloria, onori, predicando amore». Lascio il lettore a smanettare su Wikipedia: scoprirà la setta degli Ahmadiyya e altri dati in quantità. A Zecchi - se non ho capito male - interessa tutt'altro, cioè sondare la genuinità del cristianesimo delle origini, che precede la costituzione di una chiesa, di un potere ecclesiastico, di una qualche coercizione.

Resurrezione, in sostanza, è un romanzo sapienziale, di quelli che in pochi, ormai, osano scrivere. Il libro è ambientato a Srinagar, appunto, e ruota attorno a tre personaggi, occidentali, diversamente infelici. A dispetto del titolo, tolstojano, il romanzo non ha a cuore la morale ma lo spirito; si sviluppa secondo una poetica affine a Goethe. Ciascun personaggio, cioè, raffigura un tipo: Delia, fotografa di guerra, è l'anima attiva; Freddy, il marito - a servizio di un matrimonio privo di ardore -, è l'anima contemplativa; Clara, la sorella di Delia, bellissima, ha un carattere anodino, sconfitto dalla noia, in disastro, «era la tipica persona che lo scrittore Milan Kundera avrebbe definito vandalo. Molto semplice, senza profondità da interpretare, trasparente nel modo di pensare e comportarsi, al punto da far credere a chi la conosceva per la prima volta che recitasse la parte dell'ingenua stupidina». Il viaggio in India - un'India che non ha i contorni della cartolina oleografica, ma i tratti della bella inquietudine - porterà i tre protagonisti a risorgere a se stessi. Tale percorso iniziatico non è esente da tragedie.

Zecchi non cede alle moine della narrativa d'intrattenimento: i dialoghi sono significativi, la finzione narrativa è via d'accesso al processo conoscitivo. Al lettore è chiesto di avventurarsi, di fiorire. In un libro che rimanda a tanti altri libri - quelli di Bruce Chatwin, quelli di Papa Ratzinger, ad esempio - l'immagine che si staglia su tutte è proprio quella dei fiori, «le vere aristocrazie della terra». I fiori, dice Freddy, durante un incontro all'apparenza mondano, «sono imprevedibili nel trovare i loro spazi per crescere oltre all'ordine che viene loro imposto. Hanno una propria vitale anarchia». Eludere l'ordine imposto, distinguere evanescenza da vanità, conferire maestà a ciò che è fragile: il fiore - come il tuono, come il fuoco - illumina, fugace.

Questo è un romanzo che impone il tema della bellezza - quella umilissima, invisibile, invisa -, che dà preminenza all'ascesi spirituale rispetto alle morgane della materia, della scienza - ed è, dunque, felicemente classico, fieramente reazionario.


Resurrezione Copertina rigida – 1 ottobre 2024
di Stefano Zecchi
Editore ‏ : ‎ Mondadori (1 ottobre 2024)
Lingua ‏ : ‎ Italiano
Copertina rigida ‏ : ‎ 240 pagine
ISBN-10 ‏ : ‎ 8804781092
ISBN-13 ‏ : ‎ 978-8804781097
Peso articolo ‏ : ‎ 630 g
Dimensioni ‏ : ‎ 15 x 2.5 x 22.7 cm

mercoledì 2 ottobre 2019

Storia ascetica del Giappone

Il Giappone rappresenta, insieme a pochi altri stati nel mondo, un mosaico di situazioni, emozioni e religioni molto diverse tra loro ma tutte accomunate dalla medesima “parola d’ordine”: la pacifica convivenza.
Il Sol Levante, però, risulta anche peculiare in quanto il vissuto di tutte le fedi lì presenti si radica fin dagli albori della sua storia, arrivando a permeare anche la letteratura e l’intera società che, con il passare del tempo, ha portato ad una commistione tra le principali credenze autoctone dello Shintoismo e le fedi “importate” come il Buddhismo, il Confucianesimo ed il Taoismo.
Come comprendere quindi la genesi e l’evoluzione di un mondo così particolare?
Ovviamente partendo dalla storia, che rappresenta da sempre il punto cardine per un’indagine accurata del contesto in cui si insinuano talune realtà o aspetti di essa; la filosofia che risulta estremamente importante in tutto l’Estremo Oriente antico e moderno; la mitologia e la letteratura che portano da sempre un enorme contributo allo sviluppo e al mantenimento delle realtà spirituali e formative della persona e dello stato; la religione in senso stretto, in quanto formata da quel quid di esperienze e rituali che permettono al singolo di crescere ed evolvere o semplicemente di seguire il dettame imposto dalla fede che avrà poi il compito di forgiare l’identità nazionale.
Il Giappone è tutto questo e molto altro!
Insieme alla yamatologa, Rossana Carne – laureata presso l’Università degli Studi di Torino – iniziamo questo viaggio alla scoperta della religione e del misticismo in Giappone per comprendere le radici storiche di un grande passato e la loro influenza sul presente.

Ancora una volta la nostra Associazione si pregia di invitarvi ad un appuntamento di straordinario interesse al quale non mancare assolutamente!

La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando i numeri 379.1610521 - 346.9451451 -  o scrivendo a: cta102@cta102.it
Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.

Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.


sabato 23 agosto 2014

Così nacque Godzilla, il mostro più amato

tratto da Il Giornale del 22 agosto 2014

di Gianfranco de Turris

Godzilla compie sessant'anni. È il «mostro» più famoso del cinema mondiale con ventisette seguiti e due rifacimenti americani dell'episodio di esordio: il primo (1998) pessimo, un vero fiasco, nonostante la regia fosse affidata al famoso Roland Emmerich, quello di Stargate e Indipendence Day , che realizzò un Godzilla che assomigliava ad Alien; il secondo uscito da poco e diretto da Gareth Edwards, un esperto di effetti speciali.

Il titanico sauro del Mesozoico apparve nel 1954 nell'omonimo film di Ishiro Honda, il regista giapponese specializzato nella fantascienza e nel fantastico. Godzilla, però, non è come ci si potrebbe aspettare semplicemente una brutta bestiaccia che semina distruzione realizzata solo per spaventare. Ha un suo preciso valore simbolico. L'idea venne nel 1952-3 al vicedirettore della società cinematografica Toho che si chiamava Mori, il quale, come raccontò in una intervista Honda, pensò «di legare in un film la paura della bomba atomica... all'apparizione di un mostro preistorico». Tomoyuki Tanaka, produttore della Toho che aveva ben presenti i film di mostri realizzati negli USA, la concretizzò. Erano trascorsi appena sette-otto anni dall'annientamento di Hiroshima e Nagasaki e il ricordo e la paura erano ancora profondissimi. Nacque così Gojira che in giapponese si pronuncia Gogilà e che venne trasformato in Occidente in un nome che nella pronuncia inglese suonasse quasi uguale. Nella intervista citata Ishiro Honda spiega anche l'origine del termine originale: Gojira è la fusione dell'inglese gorilla e del giapponese kujira, balena, ed era il soprannome di un tecnico cinematografico della Toho robusto e tozzo, passato scherzosamente al mostro.
Tutte queste notizie ce le raccontano Luigi Cozzi e Riccardo Rosati in Godzilla 2014 (Profondo Rosso, pagg. 150, euro 19), un libro che percorre, film dopo film, la storia di questa bestia che terrorizza il mondo, ma soprattutto il Giappone.

Essa infatti, oltre a simboleggiare la paura dell'atomica, affonda nei ricordi ancestrali del popolo nipponico e nella sua mitologia: come ci spiega Riccardo Rosati il pericolo viene spesso da mare nei miti giapponesi, e Godzilla, risvegliato dagli esperimenti atomici americani nel Pacifico, emerge dalle acque dell'oceano seminando la morte. Cozzi invece ricorda che dal punto di vista cinematografico Godzilla ha almeno due antenati-ispiratori: King Kong (1933) e Il risveglio del dinosauro (1953).
La saga di Godzilla, con i suoi alti e bassi e differenti registi (ad un certo punto il ciclopico sauro si trasformerà in difensore del Giappone ed in un simpatico mostro amico dei bambini) attraversa tutta la storia del dopoguerra del Paese del Sol levante, descrivendone indirettamente la varie fasi di crescita e di trasformazione economico-sociale, evidenziati da Rosati: 1954-1975, 1984-1995. 1999-2004. La saga di Godzilla va oltre il puro divertimento da ragazzini. Alle sue spalle è possibile vedere qualcosa d'altro: il ricorso ai miti, il messaggio contro i pericoli dell'uso bellico dell'atomo, la descrizione di come si è evoluta/involuta la società giapponese abbandonando le sue tradizioni e sempre più occidentalizzandosi.