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mercoledì 22 aprile 2020

Un genovese disegna Atlantide in Sardegna

tratto da "Il Giornale" del 18/07/2006

di Irene Liconte

«L'isola era completamente circondata da mura di pietra su cui si ergevano torri di avvistamento»: così Platone descrive nel «Crizia» la mitica isola di Atlantide, posta oltre le colonne d'Ercole. E se le vestigia dell'imponente architettura difensiva di Atlantide non fossero altro che i nuraghi sardi? Che Atlantide sia identificabile con la Sardegna è l'ipotesi (mutuata dal giornalista e scrittore Sergio Frau) che il disegnatore genovese Enzo Marciante adotta in «Atlantis», il suo ultimo romanzo a fumetti, incentrato sulla guerra mossa da Atlantide all'Egitto nel 1200 a.C. Le opere di Marciante, da «Genova a fumetti» alle biografie di Colombo e Marco Polo, si basano tutte su una rigorosa analisi storica: ecco allora che l'ardita teoria di «Atlantis» è stata sottoposta a un vero processo con tanto di giuria archeologico-scientifica al BerioCafè.
Marciante «sposta» le colonne d'Ercole dallo stretto di Gibilterra al canale di Sicilia proprio sulla base delle fonti antiche, che descrivono i bassi fondali insidiosi e la bonaccia di venti del braccio di mare tra le colonne: caratteristiche che non si adattano alle perturbazioni atlantiche e ai 300 metri di profondità dello stretto di Gibilterra, bensì al canale di Sicilia. Nell'ultima glaciazione il livello del mare sarebbe diminuito di ben 200 metri, facendo affiorare tra la Sicilia e la Libia terre oggi sommerse. La favolosa civiltà di Atlantide coinciderebbe quindi con la civiltà nuragica dell'Età del Bronzo (II°-I° millennio a. C.), artefice di maestosi megaliti alti fino a 25 metri: i nuraghi, appunto. E sono 8000 i nuraghi rinvenuti, sia singole torri sia fortezze come il complesso di Barumini, testimonianze di un'evoluta tecnica di lavorazione della pietra.
Eleganti miniature di navi in bronzo, custodite al Museo Archeologico di Cagliari, rivelano anche un'avanzata tecnica nautica. Le statuette bronzee di animali ritraggono cervi, daini e cinghiali, anziché pecore ed agnelli, mentre quelle umane rappresentano guerrieri armati di scudi, elmi ed archi. E nel tempio di Medinet Habu, in Egitto, l'affresco raffigurante la guerra mossa agli Egizi dai Libi e dai loro alleati, «i popoli del mare» (tra cui le fonti egizie citano gli Shardana, cioè i Sardi) mostra combattenti equipaggiati proprio come i guerrieri del museo di Cagliari. Un popolo di guerrieri e navigatori più che di pastori, quindi, che fortificò un'isola allora lussureggiante di querce, in gran parte abbattute nell'800 per ricavare le traversine della nascente rete ferroviaria italiana. Una civiltà distrutta forse da bellicosi invasori, forse da un terribile cataclisma: un maremoto causato da un'eruzione della faglia siciliana? La catastrofe, secondo Marciante, provocò ai discendenti un trauma collettivo tanto acuto che il ricordo fu relegato nei recessi del mito, sprofondando nel senso del pudore connaturato ai Sardi.
Molte, e veementi, le critiche dei cattedratici a questa ipotesi: Platone data Atlantide al 9500 a. C., mentre la civiltà nuragica conobbe il suo splendore intorno al 1000 a.C.; ed è ritenuta eccessiva la stima dell'abbassamento del livello del mare durante l'ultima glaciazione, limitata al più a qualche decina di metri. Il mito di Atlantide, ultima roccaforte dell'età dell'oro, che Platone situò in uno spazio e un tempo volutamente remoti, conobbe la sua fortuna nel '500 e nell'800, secoli delle grandi esplorazioni e del gusto per l'esotico. Negli ultimi decenni si sta invece affermando l'«endotismo», la riscoperta del fascino delle terre a noi prossime: in quest'ottica la teoria propugnata da Marciante, al di là della sua fondatezza, presenta l'innegabile pregio di offrire il quadro di una Sardegna misteriosa che va oltre le attrattive del suo mare e della sua gastronomia.

domenica 7 luglio 2013

Il segreto di Atlantide nascosto in Sardegna

Tratto da il Giornale, 27/9/2004

Lorenzo Scandroglio

E se la mitica Atlantide fosse stata davvero la Sardegna? La domanda, rimbalzata da un angolo all'altra del mondo accademico e giù giù fin sulla bocca di tutti, ha cominciato a girare nella tarda primavera del 2002, quando, per la casa editrice romana Nur Neon, è uscito il libro di Sergio Frau Le Colonne d'Ercole, un'inchiesta.

Oggi, a due anni dalla bomba culturale di questa ipotesi, un gruppo di quindici Indiana Jones, composto da archeologi, ricercatori, direttori di musei, e un rappresentante dell'Unesco per la Sardegna, sono partiti a caccia di indizi: vogliono sapere che cosa c'è di vero in quello che dice lo scrittore-studioso Sergio Frau nel suo libro. In effetti l'ipotesi è meno strampalata di quello che sembra. Sicuramente meno strampalata di quelle sostenute dagli "ufaroli" - come li chiama lo stesso Frau -, tutti coloro che sulla leggenda dell'isola-continente sprofondata hanno sovrapposto di volta in volta gli extraterrestri, i Mu, l'Antartide e via delirando. Intanto, quasi a voler prendere le distanze da tante ciarlatanesche ipotesi che hanno usurato il nome di Atlantide, Frau parla di isola di Atlante.

Ma vediamo in sintesi come è nata l'intuizione dello scrittore di evidenti origini sarde: tutto è cominciato a partire dalle analisi geologiche di come era il Mediterraneo millenni fa, compiute da Vittorio Castellani, ordinario di Fisica stellare all'Università di Pisa. Nel libro Quando il mare sommerse l'Europa l'astrofisico spiega che nella protostoria (circa cinquemila anni fa) il livello del mar Mediterraneo era assai più basso di adesso. Ecco allora che, essendo molto inferiori le distanze fra Sicilia e Tunisia, Frau ipotizza che, confortato da geografi e viaggiatori antichi, le Colonne d'Ercole, in seguito identificate nello stretto di Gibilterra, fossero proprio là. E la Sardegna come diventa Atlantide? Ricollocando le colonne d'Ercole nel canale di Sicilia, traslocano all'interno del Mediterraneo tutti quei miti e luoghi leggendari estromessi nell'Oceano e lì lasciati in balia delle ipotesi più peregrine. Quello che più conforta la reinterpretazione fatta da Frau - come ha scritto Roberta Mocco - è che le distanze e i riferimenti geografici, che gli antichi fanno nel raccontare di queste due terre mitiche, risultano alla perfezione, cosa che non succede invece se si spostano le colonne d'Ercole a Gibilterra. Qualche difficoltà di spiegazione viene dalle date che indica Platone per dare i tempi della storia gloriosa di Atlantide. Il filosofo greco parla infatti di "novemila anni" nel passato rispetto alla sua epoca. Qui Frau si ritrova a fare l'"aggiustamento" più rilevante sulle parole degli antichi, e lo fa seguendo ancora una volta una logica che allontana dalle suggestive leggende. Non è pensabile che un popolo che usava i metalli, conoscitore della scrittura, potesse esistere nel Diecimila prima di Cristo. Peraltro è estraneo alla mentalità antica la misurazione del tempo in anni, cosa che i Greci non facevano mai. Tutto torna, invece, se si interpreta come "mesi" ciò che per secoli è stato tradotto come "anni". Un rammendo interpretativo visibile, ma motivato. In questo modo, inoltre, coinciderebbero i tempi con lo sviluppo della civiltà nuragica, il popolo "venuto dal mare", come lo chiama Platone, ossia gli Shardana, gli stessi che ritroviamo poi schiavi del faraone Ramsete. Un sospetto, questo che la Sardegna coincida con la mitica Atlantide, che ora quindici studiosi vogliono smentire o confermare. L'équipe è arrivata i giorni scorsi all'aeroporto di Elmas e per prima cosa ha voluto vedere la mostra allestita al secondo piano, nell'area riservata al check in, chiamata "Atlantikà, l'isola del mito". Pannelli e video che raccontano la storia della Sardegna come la immagina Frau. Un'isola circondata di torri, i nuraghi, come un'antica Manhattan che domina le scelte economiche, politiche e belliche del Mediterraneo. L'ha ribadito l'autorevole voce di Azzedine Beschausch, accademico di Francia, ex direttore del Patrimonio mondiale dell'umanità e ora in Sardegna come rappresentante dell'Unesco: "Siamo qui per cercare le tracce di un passato forse diverso da quello che la storia ci ha raccontato. Dire che la Sardegna in passato abbia avuto un ruolo centrale nella civiltà del Mediterraneo non è un'eresia. Gli indizi sono parecchi. Ora andiamo a cercare le conferme".