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domenica 20 marzo 2016

LA NUOVA ARCHEOLOGIA TEORICA - Sulle orme della Fisica Teorica

di Simone Scotto di Carlo (https://unina.academia.edu/SimoneScottoDiCarlo)

Il TAG (Theoretical Archaeology Group) è stato fondato in Gran Bretagna nel 1979 con l'obiettivo di promuovere il dibattito e la discussione delle questioni in archeologia teorica a livello internazionale: è definito come un luogo di esplorazione per la ricerca archeologica e innovativa.
Il TAG è gestito e guidato da un Comitato Nazionale, che si riunisce ogni anno e comprende un rappresentante di ciascuno dei dipartimenti universitari che hanno ospitato una conferenza TAG .
Nel 2015 la conferenza si è tenuta nell’Università di Bredford: dal sito dell’università si leggono gli argomenti che sono stati oggetto del dibattito dal 14/12 fino al 16/12; riporto l’elenco(1):
1) Lunedì 14 Dicembre:
- Artista e Archeologo;
- Le risorse archeologiche non sono finite e sono rinnovabili;
- Agende politiche e sponsorizzazioni in archeologia;
- Ripensare il concetto di spazio negli insediamenti;
2) Martedì 15 Dicembre:
- I pozzi e la diversità della pratica archeologica;
- Canticchiando con Crossfire - a corto di copertura;
- La diversità di età: dove sono i giovani in archeologia?
- Mobilità, monumentalità e la memoria in società del passato;
- Differenziazione sociale, personalità e la disuguaglianza nelle società preistoriche;
- La salute mentale in archeologia;
- Racconti tirannici? Fiction come metodo archeologico;
3) Mercoledì 16 Dicembre:
- Eterarchie o gerarchie? approcci critici alla diversità di organizzazione sociale;
- Sfumando i confini: prospettive interdisciplinari di archeologia;
- L'alloggiamento della forza lavoro
- Archivi come oggetti archeologici
- Ripensare la carta archeologica
- Advances in arte preistorica
- l'archeologia della filosofia elementare e principi umorali
- sulla necessità di una pluralità agente nella comprensione dei processi di formazione dell'identità e
cosmologie nelle comunità preistoriche
Nello stesso anno, dal 3 al 6 Luglio, si è svolta la quarta conferenza internazionale sulla Fisica Teorica, a Mosca;
riporto il breve elenco della conferenza:
- Fondamenti della meccanica quantistica
- Quantum Entanglement
- Teoria Quantistica compresi informazione quantistica (Quantum Computer, Crittografia Quantistica,
Teletrasporto di Quantum Uniti)
- Classical e Quantum gravitazione, cosmologia e astrofisica
- Fisica Generale
- Materia Condensata
- Ottica e Spettroscopia
- Fisica Nucleare
- Fisica Matematica
Da una rapida lettura dei programmi emerge l’impostazione differente delle due conferenze: la seconda (quella di Mosca) è proiettata verso l’ignoto (basta leggere la parola “teletrasporto” per capire di cosa si stia parlando), mentre la prima (il TAG) è incentrata su argomenti con scarso interesse per l’ignoto (basta leggere le parole “agende politiche” e “sponsorizzazione” per capire di cosa si stia parlando).
Da una conferenza come quella di Archeologia Teorica del TAG, ci si sarebbe aspettato un programma del genere:
- Puma Punku: analisi sulle reali possibilità degli Aymara di realizzare l’opera
- Gobekli Tepe: nuove ipotesi sulla realizzazione
- Allineamenti dei siti piramidali di Messico, Egitto e Cina: analisi sulle probabilità di coincidenza
- Magalitismo planetario: una teoria che spieghi il fenomeno in modo lineare ed esaustivo
- OOPart: dal meccanismo di Antikitera alla colonna di Ashoka, evoluzione delle spiegazioni ammissibili
- Malta: analisi sulle possibili spiegazioni ai binari incassati nella roccia
- I miti del diluvio: ipotesi sull’evento planetario possibile
Gli argomenti sopra elencati, sono solo una piccola parte del mondo poco esplorato della ricerca sulle origini della civiltà umana, eppure nella conferenza internazionale più importante sull’archeologia teorica, non vi è traccia di ricerca sulla materia “ignota”. L’impressione è che si preferisca navigare in acque tranquille e note, piuttosto che esplorare nuove mete.
Seguendo le orme della fisica teorica, invece, possiamo capire quale sia il metodo di ricerca per arrivare a trovare soluzioni che superino la nostra immaginazione e la capacità media della nostra mente di comprendere.
Il confronto appare subito difficile, perché la fisica teorica è oggi in pieno sviluppo ed in continuo fermento, tanto che in tutto il mondo si susseguono conferenze internazionali su tanti argomenti, a differenza dell’archeologia teorica che riesce a riunirsi una volta l’anno a livello internazionale e propone una serie di argomenti a mio avviso poco utili per approfondire i punti controversi della teoria classica sulle origini della civiltà umana.
Per brevità, facciamo riferimento ad una serie di conferenze in programma per il solo mese di Marzo 2016 riassunte sul sito conference-service.com (2) nell’ambito della Fisica teorica:


Come si nota, l’interesse per gli argomenti che spingono la mente a superare se stessa, sono predominanti.
Ma come si è arrivati ad adottare questo metodo di ricerca così innovativo ed efficace?

Esempio 1: “IPSE DIXIT”

Nel celebre scritto “Il dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo”, Galileo Galilei osò mettere in discussione il sistema aristotelico che dominava la storia del pensiero occidentale da decine di secoli e che ostruiva la strada allarivoluzione scientifica in atto, facendosi scudo col principio di autorità (“Ipse dixit !”).
Legato al caso Galilei c’era la necessità di dover abbattere il sistema geocentrico aristotelico-tolemaico che vedeva laTerra al centro dell’Universo; analizziamo brevemente il caso:




Immagine 1 dal sito: http://images.slideplayer.it/3/976161/slides/slide_3.jpg

1) SISTEMI PRE-COPERNICANI: l'idea che la rotazione degli astri potesse essere apparente e dovuta al
moto della Terra, era già stata avanzata nell'antichità da vari filosofi, secoli prima di Cristo; i primi furono i
pitagorici, ma il tentativo più autorevole fu fatto da Eraclide Pontico (385-322 a.C.) e successivamente
da Aristarco di Samo.
Aristotele e Tolomeo, presero in considerazione la teoria dell’eliocentrismo ma non la ritennero accettabile,
sulla base di considerazioni che, per le conoscenze scientifiche del tempo, erano difficilmente confutabili.
2) SISTEMA COPERNICANO: il polacco Niccolò Copernico (1473-1543) introdusse una nuova concezione del sistema cosmologico, passando da quello aristotelico-tolemaico geocentrico, a quello eliocentrico; lo scienziato definito “rivoluzionario prudente” acconsentì alla pubblicazione delle sue teorie, espresse nel "De Revolutionibus" (1543), solo in punto di morte.
Le caute teorie di Copernico, le osservazioni pratiche e il nuovo metodo d'indagine del Galilei, la nascente cultura scientifica generata da una straordinaria rivoluzione in questi termini, portarono a un radicale cambiamento nel tessuto connettivo culturale europeo tra XVI e XVII secolo, mutamenti che hanno indicato e tracciato profondamente la via per la definizione del mondo e della scienza moderni.”(Andrea Cozza)
3) TEMPO SPRECATO: a conti fatti, da Eraclide a Galileo, l’umanità ha sprecato circa 2000 anni di storia
assumendo il sistema Tolemaico-Aristotelico come “summa teoria” di interpretazione dell’universo e del
moto dell’universo. Proviamo solo ad immaginare se la rivoluzione scientifica di Galilei fosse avvenuta già
in antica Grecia: oggi, probabilmente, la nostra civiltà avrebbe 2000 anni di evoluzione scientifica e
tecnologica in più.
Questo importantissimo precedente storico, non può non farci riflettere sul fatto che la vera analisi scientifica non deve aggrapparsi ad una teoria in modo morboso. Lo scienziato deve essere pronto a sposare una nuova teoria se questa è capace di spiegare meglio e con meno contraddizioni il fenomeno studiato.
A tal proposito, è d’obbligo riportare la seguente citazione di K. R. Popper:
« Sentivo che era questo il vero atteggiamento scientifico. Era completamente differente dall'atteggiamento dogmatico, checontinuamente affermava di trovare "verificazioni" delle sue teorie preferite. Giunsi così, sul finire del 1919, alla conclusione che l'atteggiamento scientifico era l'atteggiamento critico, che non andava in cerca di verificazioni, bensì di controlli cruciali; controlli che avrebbero potuto confutare la teoria messa alla prova, pur non potendola mai confermare definitivamente. »

Esempio 2: “NON CAPISCO NULLA”

Il paradigma perfetto di “teoria rivoluzionaria” è dato, a mio avviso, dalla teoria della relatività generale di Einstein: agli inizi del ‘900, Einstein cambiò profondamente la teoria della relatività di stampo galileiano ed il concetto stesso di tempo e di spazio, portando la fisica oltre il limite allora immaginabile.
Basata su solide basi matematiche e fisiche, la teoria di Einstein non poteva all’epoca essere dimostrata,
sperimentalmente, ed ha dovuto attendere decenni per ottenere la prima conferma sperimentale. Ancora oggi si parla infatti di teoria della relatività e non di legge della relatività, a dimostrazione del fatto che non è stata ancora del tutto dimostrata inequivocabilmente (l’ultima conferma nel 2016 sulle onde gravitazionali probabilmente rappresenterà la spinta per il salto da teoria a legge).
Eppure, grazie a questa teoria “visionaria”, la fisica ha potuto osare e lanciarsi oltre i propri limiti e soprattutto superare le barriere mentali imposte dagli scienziati meno aperti alle novità.
A tal proposito lo stesso Einstein diceva:“I grandi spiriti hanno sempre incontrato l'opposizione violenta delle menti mediocri.” Se Einstein non avesse seguito le sue intuizioni e non si fosse dedicato alla sua teoria, la nostra comprensione del cosmo sarebbe limitata e ancorata alle prove di laboratorio. La teoria invece è arrivata là dove i sensi ed il pragmatismo non possono arrivare: come spiegare ad un pragmatico che possiamo viaggiare indietro nel tempo? Come fargli capire che spazio e tempo sono legati e possono essere alterati, distorti?
Ecco, i limiti dell’uomo “da laboratorio” fortunatamente non hanno fermato la ricerca teorica ed hanno permesso alla fisica di oltrepassare i limiti della mente umana.
Qual è invece l’atteggiamento che hanno l’archeologia moderna, la storiografia ufficiale e l’egittologia quando si discute di origini della civiltà umana?
L’analogia con aristotelici e tolemaici è lampante e dà una risposta netta:
1) Ritrosia verso le teorie diverse da quella ufficiale ( “Mesopotamia culla della civiltà” ad esempio);
2) Derisione e scetticismo verso coloro che osano mettere in dubbio l’architettura storica classica;
3) Respingimento, talvolta occultamento delle prove storiche ed archeologiche che smentiscono la teoria ufficiale;
4) Autoreferenzialità e corporativismo;
Questo atteggiamento diffuso e spesso dominante negli ambienti accademici, è un ricorso storico: egittologi ed archeologi difendono i padri fondatori delle loro teorie affidandosi al principio di autorità, proprio come hanno fatto aristotelici e tolemaici per secoli e secoli prima di loro.
Costoro, preferiscono affidarsi ad una teoria apparentemente lineare e capace di spiegare tutto, anche se centinaia di reperti archeologici, opere megalitiche, testimonianze storiche restano fuori dal loro sistema, affidate a spiegazioni lacunose, semplicistiche e talvolta ridicole.
Ecco che diventa fondamentale ristrutturare un metodo di ricerca che dia spazio e risalto alle nuove teorie sulle origini della civiltà, una nuova archeologia teorica che non teme di esplorare ipotesi ardue, ma anche “bizzare”, “assurde”, “ridicole” purchè restino coerenti come una vera teoria deve essere.
Il mondo accademico contemporaneo è imbrigliato dal cosiddetto “metodo scientifico”: un procedimento che parte dall’osservazione per verificare la correttezza delle previsioni.
Davanti ad un fenomeno di cui non si conosce la causa, il metodo prevede(4) di:
1) compiere osservazioni sistematiche;
2) formulare una domanda;
3) elaborare un’ipotesi che sia una possibile soluzione alla domanda;
4) trarre previsioni dall’ipotesi;
5) controllare la validità delle previsioni con ulteriori osservazioni o esperimenti.
Applichiamo ora il metodo ad esempio alla teoria della relatività generale, immedesimandoci nei panni di Einstein agli inizi del ‘900:
1) compiere osservazioni sistematiche: non era possibile fare osservazioni semplici a supporto della teoria
2) formulare una domanda: Einstein si domandò semplicemente cosa avrebbe visto attorno a se fosse riuscito
a correre veloce quanto un raggio di luce,
3) elaborare un’ipotesi: Einstein partì dalla fisica classica per sviluppare la sua nuova teoria
4) trarre previsioni dall’ipotesi: le previsioni di Einstein furono semplicemente inconcepibili per l’epoca
5) controllare la validità delle previsioni con osservazioni ed esperimenti: dopo un secolo dalla formulazione
della teoria, siamo ancora in cerca di conferme
Come si nota, un’applicazione rigorosa del metodo scientifico avrebbe tarpato le ali al pensiero di Einstein.
Ed in effetti la comunità scientifica dell’epoca non seppe cogliere la grandezza, la profondità e l’innovazione della teoria della relatività: il professore di fisica sperimentale Aimè Forster dell’Università di Berna così si espresse sul lavoro di Einstein “Sull’elettrodinamica dei corpi in movimenti”: “Non capisco neppure una parola di quello che c’è scritto”. Era opinione infatti del corpo docente che la relatività fosse stata “rifiutata in modo più o meno chiaro dalla maggior parte dei fisici contemporanei”.
Eppure, la prima conferma sperimentale delle intuizioni di Einstein avvenuta nel 1919, trasformò Einstein in una celebrità : si tratta della deviazione della luce per azione della forza di gravità. Il 6 novembre 1919 la Società Astronomica Reale e la Royal Society a Londra certificarono che le predizioni della relatività generale erano corrette.

Esempio 3: “PURA FANTASCIENZA”

Legato alla teoria della relatività generale vi è un altro esempio che dovrebbe essere insegnato nelle università ditutto il mondo, ovvero la storia della formulazione teorica dei cosiddetti buchi neri:
L'esistenza dei buchi neri è una delle predizioni fondamentali della teoria della relatività generale formulata da Albert Einstein nel 1915. La prima soluzione delle equazioni di Einstein che descrive un buco nero fu trovata dall'astronomo tedesco Karl Schwarzschild sempre nel 1915 e per molto tempo si pensò che non avesse significato fisico. Nel 1939, invece, Robert Oppenheimer e Hartland Snyder mostrarono con calcoli teorici che una nube di gas, contraendosi a causa dell'attrazione gravitazionale, forma un buco nero. Solo negli anni Sessanta le osservazioni astronomiche e gli studi teorici mostrarono che la vita di una stella di massa sufficientemente grande può culminare in una esplosione e nel successivo collasso della sua parte più interna.”





Sia Schwarzschild che Oppenheime e Snyder hanno dovuto subire la derisione di diversi colleghi che all’epoca, miopi , reputavano la loro formulazione sull’esistenza dei buchi neri come “pura fantascienza”.
Applichiamo anche per questa teoria il metodo di ricerca sperimentale:
1) compiere osservazioni sistematiche: non era possibile fare osservazioni sui buchi neri
2) formulare una domanda: può un corpo celeste avere una gravità tanto grande da intrappolare anche la
luce?,
3) elaborare un’ipotesi: il corpo celeste esiste e compare come una massa nera
4) trarre previsioni dall’ipotesi: quello che accade avvicinandosi ad un buco nero, trascende la comprensione
della realtà così come vissuta dall’uomo
5) controllare la validità delle previsioni con osservazioni ed esperimenti: dopo circa 50 anni furono
“avvistati” i primi buchi neri

Anche per questo esempio, il metodo classico non avrebbe permesso lo sviluppo della teoria.
Questo caso dimostra ancora che se la ricerca si lascia guidare da una teoria valida, anche quando sembra che giunga a risultati “fantascientifici”, è possibile portare la conoscenza umana verso altissimi livelli.
Oggi la fisica dello Spazio è lanciata verso l’infinito con una velocità sorprendente: osserva l’Universo con mezzi nuovi e ne scruta gli aspetti nascosti senza filtri cognitivi.
Questo atteggiamento consente agli scienziati di non fermarsi nemmeno davanti agli ostacoli più ardui: modello standard, inflazione, teoria delle stringhe, materia oscura, energia oscura, etc. sono tutti sistemi di teorie che anelano a diventare leggi e tentano di spiegare l’inspiegabile, anche se oggi nessuna gode delle prove necessarie per emergere e prendere il posto ufficiale nella storia.
Ne è un esempio la teoria dei “Wormholes”, letteralmente “buco di verme”: nel 1935, i fisici Albert Einstein e
Nathan Rosen usarono la teoria della relatività generale per proporre l’esistenza di “ponti” attraverso lo spaziotempo.
Questi percorsi, chiamati ponti Einstein-Rosen o wormholes, collegano due punti diversi dello spazio-tempo,
teoricamente creando una “scorciatoia” che potrebbe ridurre il tempo di viaggio e la distanza.



La teoria dei Wormholes appare bizzarra, assurda, per alcuni ridicola: tutte caratteristiche necessarie per scavalcare i limiti della mente umana. Il mondo scientifico dei fisici ha però imparato ad avere rispetto per teorie matematicamente coerenti, anche se fantascientifiche; lo stesso non si può dire dell’archeologia.

Esempio 4: “DEVE ESISTERE”

Il fisico teorico del Cern John Ellis con queste semplici parole tenta di spiegare: “Immaginate un’infinita distesa di neve, un campo esteso lungo tutto lo spazio. Il campo di Higgs è come questo: questo è fatto di fiocchi di neve, allo stesso modo il campo di Higgs è composto di piccoli quanti. Noi li chiamiamo Bosoni di Higgs“.
Il bosone di Higgs spiega dunque come mai tutte le particelle elementari che compongono la materia abbiano una massa e interagiscono formando la materia, anziché schizzare via alla velocità della luce.
La conferma sperimentale della previsione teorica del bosone del 1964 ha richiesto quasi mezzo secolo e il lavoro di più di un migliaio di fisici, oltre alla costruzione del più grande e costoso strumento scientifico mai realizzato, l’acceleratore Large Hadron Collider (Lhc) del Cern (Centro Europeo Ricerche Nucleari) che si sviluppa in un tunnel sotterraneo lungo 27 chilometri. Il bosone di Higgs è stato osservato per la prima volta nel 2012, negli esperimenti Atlas e Cms dell’Lhc e la sua scoperta è stata ufficialmente confermata il 6 marzo del 2013 nel corso di una conferenza tenuta a La Thile da parte dei fisici del Cern.
Il premi Nobel, Peter Higgs ha quindi guidato “a tavolino” la ricerca sperimentale per 50 anni ed oltre: la sua teoria elaborata grazie all’ausilio di strumenti tecnici particolari (carta e penna), ha impegnato il mondo scientifico per mezzo secolo e lo ha costretto a costruire il più grande acceleratore di particelle del mondo (a tutti gli effetti il laboratorio più grande mai costruito dall’umanità).



Applichiamo anche per questa teoria il metodo di ricerca sperimentale:
1) compiere osservazioni sistematiche: non era possibile fare osservazioni sui bosoni
2) formulare una domanda: cosa trasforma un elemento quantico in un elemento dotato di massa?
3) elaborare un’ipotesi: nel campo di Higgs esiste una particella che stabilisce la massa
4) trarre previsioni dall’ipotesi: tutto ciò che esiste ed è osservabile dall’uomo è legato a questa particella
5) controllare la validità delle previsioni con osservazioni ed esperimenti: come per i buchi neri, è stato
necessario mezzo secolo di ricerca

Si tratta ancora una volta della conferma che l’avanzamento nella comprensione dell’Universo, è guidati dalla teoria e poi confermato dalla sperimentazione, non viceversa.
E’ importante riflettere sul fatto che il LHC di Ginevra è un’opera colossale: è costruito all'interno di un tunnel
sotterraneo lungo 27 km, a 100 m di profondità in media. L’immagine seguente rende meglio l’idea:


Uno sforzo economico da 3 Miliardi di Euro, per costruire in circa 10 anni (dal 1998 al 2008) la macchina più grande mai realizzata dall’uomo e tutto per dimostrare teorie scritte su pezzi di carta da fisici teorici.
Questo deve farci riflettere sull’importanza della fisica teorica.

Valutazione di una nuova teoria archeologica

Dai 4 esempi sopra descritti, si evince che la Fisica ha saputo superare il metodo scientifico di tipo sperimentale facendo leva sulla fisica teorica: disciplina capace di muoversi agilmente laddove il metodo scientifico rallenta, ovvero nell’infinitamente piccolo e nell’infinitamente grande.
La domanda ora è più che mai lecita: perché non applicare lo stesso metodo di ricerca anche all’archeologia sulleorigini della civiltà umana?
La mia proposta parte da un esempio concreto di cui conosco i numeri in gioco: nel 2014 ho analizzato le probabilità di coincidenza sull’allineamento dei tre siti piramidali di Messico, Egitto e Cina, partendo dallo studio e dalle intuizioni di Fabio Garuti(5) (lo studio è scaricabile gratuitamente al seguente link: https://www.academia.edu/7932573/Linsostenibile_leggerezza_delle_coincidenze_Messico_Egitto_e_Cina_REV3_10-09-2014_
 ) e sonogiunto alla conclusione che la probabilità che tre civiltà distinte, vissute in tre epoche distinte ed in tre continenti distinti, abbiano potuto costruire ciascuna un sito con n°3 piramidi disposte sul piano in modo molto simile, allineandoli lungo una linea planetaria, è pari alla probabilità di lanciare un dado a 6 facce ed ottenere per 6 volte consecutive lo stesso numero.
Lo studio suddetto soffre della mancanza di dati sui siti di Messico e Cina, ed in particolare:
1) Estensione territoriale del regno della civiltà che si ritiene abbia costruito il sito piramidale di Teotihuacan
2) Area occupata dal sito piramidale di Xian in Cina
3) Estensione territoriale del regno della civiltà che si ritiene abbia costruito il sito piramidale di Xian
Queste informazioni potrebbero essere oggetto di ricerca da parte di chi ne ha competenze e risorse, ma alla fine il risultato sulla probabilità di coincidenza non varierebbe di molto: è estremamente improbabile che tutto ciò sia accaduto per puro caso.
All’interno di un altro articolo sulle anomalie storiche sulla costruzione della Grande Piramide di Giza (scaricabile gratuitamente al seguente link: https://www.academia.edu/7969307/Lanomalia_della_settima_meraviglia_GIZA_contro_tutti_rev2_07_03_2014 ) ho formulato un’ipotesi sulla possibile spiegazione dell’allineamento: “le piramidi attribuite ai faraoni della III e della IV dinastia, potrebbero essere state costruite da un’altra civiltà precedente? Potrebbero i faraoni della III e IV dinastia, aver avuto il merito di rinvenire e portare alla luce da millenni di parziale sepoltura dovuta alla sabbia del deserto, le prime 7 piramidi di cui alla tabella 1? Potrebbero aver avuto il merito di aver restaurato soltanto tali opere, o in alcuni casi magari abbellito con rivestimenti in pietra calcarea, le prime 7 piramidi di cui alla tabella 1?
Applichiamo anche per questa teoria il metodo di ricerca sperimentale:
1) compiere osservazioni sistematiche: osservazioni sull’allineamento e l’analogia di disposizione sul piano
2) formulare una domanda: potrebbero non essere stati gli Egizi a costruire la Grande Piramde?
3) elaborare un’ipotesi: vi è stata una o più grandi civiltà avanzate che hanno costruito le opere megalitiche
più importanti che oggi ritroviamo sparse per il mondo
4) trarre previsioni dall’ipotesi: questa civiltà era avanzata e capace di dominare il pianeta a livello globale
5) controllare la validità delle previsioni con osservazioni ed esperimenti: ?
I primi 4 punti sono soddisfatti, mentre il punto 5 resta difficile da soddisfare perché esperimenti ed osservazioni sono complessi e differenti da come li concepisce la fisica.
Ed è questo il punto d’appoggio per l’immobilismo accademico: la gran parte degli archeologi non vuole sondare la veridicità di nuove teorie sulle origini della civiltà umana perché controllare la validità delle previsioni è molto difficile. Difficile come costruire il LHC di Ginevra? Non credo.
A differenza della fisica teorica, dove esiste un metodo matematico per accettare o rigettare una nuova teoria, per le nuove teorie sulle origini della civiltà manca un metodo di analisi scientifico ed universalmente accettato.
Questo vuoto metodologico, lascia il campo aperto alle più svariate speculazioni per tentare di spiegare in modo più soddisfacente le falle della teoria classica: ecco che pullulano soprattutto sul Web, le teorie sugli antichi astronauti, i giganti, gli Dei, gli Atlantidei, etc.
Un metodo di valutazione potrebbe essere il seguente: assegnare il valore “1” quando riteniamo vera l’affermazione, mentre il valore “0” per il contrario, ed il valore “1/2” quando siamo in una situazione intermedia (“abbastanza”) per le colonne “Attendibilità”, “Verificabilità” ed “Inconfutabilità”.
Esplicitiamo le definizioni:
- Attendibile(7): che merita di esser preso in considerazione, degno di essere creduto;
- Verificabile(8): che può essere verificato, assoggettato a verifica
- Confutare(9): ribattere un’affermazione, una ragione, ecc., dimostrandola erronea o infondata
Alla fine della rispettiva colonna si moltiplicano i risultati nelle righe e si hanno le due situazioni seguenti:
1) Valore della moltiplicazione > 0 (Attendibile; Verificabile, Inconfutabile)
2) Valore della moltiplicazione = 0 (Non Attendibile; Non Verificabile; Confutabile)


 Per confrontare due teorie sullo stesso fenomeno, i valori nelle righe della stessa colonna vanno sommati.
In questo modo, la teorie che ottiene un valore più alto nella colonna “Attendibilità” sarà la più attendibile, e
rispettivamente la più verificabile e la più inconfutabile se ottiene il risultato più alto nella altre colonne.
E’ un metodo molto semplice per “scremare” le teorie che non hanno delle basi solide e per le quali non è
interessante continuare la ricerca.
Facciamo un esempio: c’è una teoria che spiega la costruzione della grande piramide di Giza con tecnologie
antigravità (“levitazione acustica” per esempio) per lo spostamento ed il posizionamento dei blocchi di pietra
calcarea e di granito.
Applichiamo la tabella di valutazione sopra descritta:














Il risultato è: non attendibile, non verificabile e confutabile.
Questo non significa che sia impossibile, ma soltanto che non è tra le teorie sulle quali investire tempo ed energie in modo prioritario.
Spostiamo ora l’attenzione su una teoria ufficiale:



Come si nota, anche la teoria ufficiale risulta sicuramente attendibile e verificabile, ma resta comunque confutabile.
Ed il valore di attendibilità è piuttosto basso.
Utilizziamo ora il metodo di confronto: la teoria ufficiale risulta ovviamente molto più attendibile, verificabile ed inconfutabile. L’aspetto che fa riflettere è il valore “zero” che ottengono entrambe le teorie per quanto riguarda l’inconfutabilità.
In effetti, le possibilità di ricostruire la piramide con le tecnologie dell’età del bronzo, sono le stesse di ricostruirla con le tecnologie antigravità per pressione sonora (ad oggi siamo in grado di sollevare solo piccoli oggetti dell’ordine di peso di pochi grammi con la tecnica della “levitazione acustica”)(6).
Nelle tabelle sopra illustrate, la riga n°5 non è stata compilata in quanto serve per abbassare il punteggio di una teoria quando raggiunge un valore tale da far ritenere la teoria valida e degna di approfondimento.
In quel caso è compito degli studiosi “attaccare” la teoria per verificarne la “forza”, inserendo il valore “-1” nelle caselle.
Facciamo un esempio con la teoria classica sopra esposta, quindi ricopiamo la tabella:




Come si nota, con semplici indizi deduttivi, si abbassano sensibilmente i valori di attendibilità, verificabilità ed
inconfutabilità.
Siccome l’assegnazione dei valori è comunque soggetta ad opinabilità, otteniamo un giudizio sulla teoria che
rispecchia l’onestà intellettuale e le conoscenze del compilatore.
Il metodo quindi si completa sottoponendo la valutazione a gruppi di studiosi e poi analizzando i dati complessivi anche con tecniche statistiche. Nella prima tornata di “valutazione preliminare” ciascuno studioso può aggiungere righe sia alla n°4 che alla n°5 indicando alla fine tra parentesi il suo nome e cognome.
L’organizzazione (potrebbe essere il comitato del TAG) riceve tutte le tabelle e ne compila una unica da ri-sottoporre alla compilazione definitiva degli studiosi che in questa occasione potranno solo inserire i valori di valutazione nelle caselle. Se una nuova teoria ottiene un punteggio superiore alla precedente, è giusto avviare un percorso che veda spostare più risorse per la ricerca sulla nuova teoria.
Questo metodo tabellare, consente inoltre di trattare facilmente i dati con un software e di ottenere importanti
indicazioni, anche usando metodi di analisi statistici.
A mio avviso, con questo semplicissimo (e migliorabilissimo) metodo, è possibile uscire dalla stagnazione in cui versa la ricerca archeologica sulle origini della civiltà umana e avviare un nuovo periodo di prosperità per
l’archeologia teorica e sperimentale.

Considerazioni finali

Non possiamo di certo pretendere che dal prossimo anno cambi il metodo di ricerca archeologica teorica sulle origini della civiltà umana; possiamo però sperare che tra gli studiosi accademici vi siano professori e ricercatori che hanno più a cuore la ricerca della verità, rispetto alla propria cattedra.
Capisco alcuni professori di discipline storiche particolari, come ad esempio l’Egittologia: nel loro caso, il
ridimensionamento al quale sarebbe soggetta la civiltà Egizia se si scoprisse che non hanno costruito le piramidi della piana di Giza, rappresenta anche il loro ridimensionamento. Ma se si è convinti di essere dalla parte della verità storica, non si dovrebbe temere l’applicazione di un metodo di valutazione scientifico e rigoroso di altre teorie che aspirano a sostituire quella ufficiale.
E’ un percorso difficile e lungo: non dimentichiamo che anche il genio assoluto Einstein difronte alla novità di studio dell’infinitamente piccolo imposto dalla meccanica quantistica, ebbe un approccio da conservatore.
Ma se si riesce a rompere il circolo vizioso autoreferenziale nel quale è caduta l’archeologia teorica, allora si può avviare il cambiamento.
Quando gli egittologi più conservatori definiscono una nuova teoria sulle origini della civiltà come “assurda”,
bisogna chiedere loro: “Assurda come quella teoria che vede il Sole al centro del sistema a la Terra che gli ruota intorno?”
Quando la definiscono “ridicola”, bisogna chiedere loro: “Ridicola come quella teoria che spiega come distorcere lo spazio ed il tempo?”
Quando la definiscono “bizzarra” e “impossibile”, bisogna chiedere loro: “Bizzarra e impossibile come quella teoria che prevede l’esistenza dei buchi neri?
Se la loro risposta sarà affermativa a tutte le domande, allora forse la nuova teoria è sulla strada giusta.

10/03/2016

Nota 1: http://tag2015bradford.org/programme/
Nota 2: http://www.conference-service.com/conferences/high-energy-physics-and-accelerators.html
Nota 3: http://www.treccani.it/enciclopedia/buchi-neri_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/
Nota 4:http://ebook.scuola.zanichelli.it/sadavabiologiablu/dalle-cellule-agli-organismi/section-6/il-metodo-scientifico-dall-osservazione-alla-teoria#3477
Nota 5: Dal libro “L’ombra di Orione sulla storia dell’umanità” di Fabio Garuti
Nota 6: http://www.focus.it/scienza/scienze/che-cose-la-levitazione-acustica
Nota 7: http://www.treccani.it/vocabolario/attendibile/
Nota 8: http://www.treccani.it/vocabolario/tag/verificabile/
Nota 9: http://www.treccani.it/vocabolario/tag/confutare/

sabato 30 agosto 2014

L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLE COINCIDENZE


Le Piramidi di Teotihuacán, Giza e Xianyang



Con i dati oggi in nostro possesso, è facile constatare ed è già stato dimostrato da diversi studiosi1 che quanto abilmente riportato in queste immagini, corrisponde a realtà:


Immagine1 elaborata e resa disponibile da Luca Bernasconi


Ingrandendo i punti di interesse, ci troviamo di fronte ad una situazione ancora più particolare, di cui la seguente immagine ne è una rappresentazione significativa:

Immagine2 disponibile dal sito http://onlythechanges.blogspot.it/


Sulla immagine 1 non ci sono dubbi e l’allineamento è facilmente constatabile da chiunque abbia accesso ad internet ed utilizzi un programma come Google Earth.

Sulla immagine 2, vi è maggiore difficoltà di riscontro senza mezzi informatici più specifici, ma per la seguente analisi statistica, basterà fare riferimento all’immagine 1.

Ciò premesso, riporto 2 osservazioni lampanti e scientificamente valide per i tre complessi piramidali più importanti di Messico, Egitto e Cina, rispettivamente collocati nelle regioni note come Teotihuacán, Giza e Xianyang:

1)    sono allineati lungo un’unica linea planetaria;
2)    la loro disposizione sul piano è molto simile;

Essendo le suddette 2 osservazioni state già oggetto di studi approfonditi da parte di studiosi1 molto più esperti di me, evito di entrare nel merito dei valori e delle dimostrazioni, lasciando al lettore l’onere ed il piacere di approfondire gli argomenti.

Il mio obiettivo è invece quello di trattare statisticamente i dati a disposizione.




Partiamo dall’osservazione n°1: qual è la probabilità che 3 popoli diversi in 3 epoche diverse in 3 continenti diversi, costruiscano per pura coincidenza, 3 complessi piramidali allineandoli lungo una linea planetaria?

Per comodità dei lettori, riporto alcune semplici definizioni:

a)    Probabilità (classica) di un evento: il rapporto fra il numero dei casi favorevoli ed il numero dei casi possibili supposti tutti ugualmente possibili
b)    Coincidenza (Garzanti): concomitanza spesso casuale di più circostanze



Per l’analisi statistica, dobbiamo definire l’estensione di un territorio (spazio campionario) come “insieme” delle probabilità dei luoghi di costruzione e dobbiamo individuare l’estensione spaziale del complesso piramidale.

Quest’ultimo dato possiamo stabilirlo come il rettangolo che contiene le 3 piramidi principali di ogni sito (per brevità lo chiameremo “rettangolo  contenente”).

Ciò premesso, analizziamo i dati.



L’estensione del territorio dominato dai costruttori, è noto solo per Giza, purtroppo.

Anche in questo caso però, non possiamo ritenere idoneo alla costruzione del complesso piramidale il 100% del territorio dell’impero dell’Antico Regno (essendo presenti il Nilo, i rilievi, il deserto, etc.).

Per semplificare la trattazione, assumiamo cautelativamente che solo il 10% del territorio presentasse caratteristiche idonee alla costruzione: pianeggiante e con sufficiente capacità di sopportare il carico delle piramidi.



Per quanto riguarda Giza, abbiamo i seguenti dati:

1)    Estensione rettangolo contenente: circa 0,7 kmq (dato reale)
2)    Estensione impero costruttori: circa 300.000 kmq (dato reale)
3)    Estensione territorio idoneo: circa 30.000 kmq (ipotesi cautelativa)


Pertanto la probabilità che i costruttori scegliessero casualmente proprio quel kmq di territorio per costruire il complesso piramidale è pari a:

PGiza = 0,7/30.000= 0,0023%



attribuiva la costruzione delle piramidi al popolo dei Toltechi, ma successivamente ha abbandonato questa ipotesi per abbracciarne altre non meglio definite.

 


Quindi, data l’incertezza sulla data di costruzione e sul popolo che l’ha costruita, possiamo ipotizzare che i costruttori avessero a disposizione un territorio vasto almeno 100.000 volte l’estensione del complesso piramidale. E’ un’ipotesi molto conservativa, considerando la complessità, la maestosità e lo splendore di Teotihuacan, sarebbe infatti lecito pensare che i costruttori dominassero su un impero ben più vasto (come termine di confronto basti pensare all’estensione dell’impero Egizio al tempo della costruzione delle piramidi della piana di Giza, che è più del doppio).

Semplificando i calcoli, abbiamo:
1)    Estensione rettangolo contenente: circa 1,15 kmq (dato reale)
2)    Estensione impero costruttori: 115.000 kmq (ipotesi cautelativa)
3)    Estensione territorio idoneo: 11.500 kmq (ipotesi cautelativa)
Pertanto la probabilità che i costruttori scegliessero casualmente proprio quel punto del territorio per costruire il complesso piramidale è pari a:

PTeo=1,15/11.500 = 0,01% 


Per il complesso di Xianyang, i dati attualmente in nostro possesso sono veramente scarsi (per cause legate a divieti militari del governo cinese), quindi per non interrompere lo studio, prendiamo come riferimento il rettangolo contenente ed i dati ipotizzati per Teotihuacan (nell’attesa di poter definire almeno il rettangolo contenente con più precisione e magari anche l’estensione dell’impero dei costruttori):
1)    Estensione rettangolo contenente: circa 1,15 kmq (dato scelto per analogia con Teotihuacán)
2)    Estensione impero costruttori: 115.000 kmq (ipotesi cautelativa)
3)    Estensione territorio idoneo: 11.500 kmq (ipotesi cautelativa)

PXian = 1,15/11.500 = 0,01%


Pertanto la probabilità della coincidenza è:



PCoincidneza = PTeo * PGiza * PXian = 0,01% * 0,0023% * 0,01% = 0,0000000023%



Ovvero, la probabilità che Egizi, Precolombiani e Cinesi in 3 epoche diverse, in 3 continenti diversi, abbiano costruito per pura coincidenza, i 3 complessi piramidali di  Teotihuacán, Giza e Xianyang allineandoli lungo quella particolare linea planetaria, è pari a circa 2 su 100.000.000.000 (leggasi “due su cento miliardi”).
C’è da fare un considerazione (Osservazione 1 bis) a commento di questo risultato: due siti generici sul pianeta Terra saranno sempre allineati su una linea planetaria. Quindi la vera coincidenza è data dal terzo sito che viene costruito sulla linea planetaria definita dagli altri due siti.
Il calcolo quindi andrebbe fatto per il sito meno antico, ma siccome l’incertezza sulla datazione di Xian è troppo elevata, possiamo effettuare il calcolo per l’unico dei 3 siti per il quale abbiamo più dati a disposizione, ovvero Giza.
Ciò premesso, la probabilità che gli Egizi scegliessero di costruire il complesso piramidale d Giza proprio in quel punto, allineandolo per pura coincidenza gli altri due siti piramidali di Teotihuacán, Giza e Xianyang vale:

PGiza Bis = 0,7/30.000 = 0,0023%

Ovvero circa 2 probabilità su 100.000.

Analizziamo ora l’osservazione n°2: partendo dalla probabilità di coincidenza sopradescritta, qual è la probabilità che i 3 popoli suddetti, in 3 epoche diverse in 3 continenti diversi, dopo aver allineato per pura coincidenza lungo linee planetarie parallele i 3 complessi piramidali, abbiano disposto le piramidi secondo una geometria simile?
Per non entrare nel merito della trattazione, rimando agli studi di cui alla nota 1 e mi limito ad inserire le seguenti immagini per sostenere l’ipotesi della disposizione “molto simile”:



 

Le immagini parlano da sole, non ci sarebbe nemmeno bisogno di commentarle, ma basta osservare che per i 3 siti piramidali vi è l’allineamento delle 2 piramidi maggiori ed il disallineamento della terza piramide, la più piccola.
L’angolo di disallineamento tra la piramide più piccola e l’asse di allineamento delle altre due è lo stesso (precisione del decimo di grado) per i 3 siti piramidali.
Nelle immagini compare la costellazione di Orione, ma non verrà considerata nello studio delle probabilità di coincidenza.
Anche in questo caso, dobbiamo stabilire un criterio per determinare uno spazio campionario.
Un criterio possibile è quello di suddividere il rettangolo contenente in una maglia quadrata con estensione di un ettometro quadrato (valore plausibile in considerazione delle dimensioni di base delle piramidi).
Pertanto per Giza abbiamo 70 quadrati contenenti all’interno dei quali i costruttori avrebbero potuto collocare le proprie piramidi (per definizione un quadrato contiene la piramide quando il vertice della piramide coincide con il baricentro del quadrato).
La prima piramide ha una probabilità di capitare proprio nel punto giusto della maglia, pari a:
 

P1Giza = 1/70 =1,43%


La seconda piramide ha una probabilità di capitare proprio nel punto giusto della maglia, pari a:

P2Giza = 1/69 = 1,45%


La terza piramide ha una probabilità di capitare proprio nel punto giusto della maglia, pari a:


P3Giza = 1/68 = 1,47%



Pertanto la probabilità totale di disporre per pura coincidenza le Piramidi proprio secondo lo schema attuale è di:

PTGiza = 1,43%*1,45%*1,47% = 0,0003%


Ovvero ci sono 3 probabilità su un milione.

Ripetendo i calcoli anche per Teotihuacán e Xianyang , otteniamo:


PTTeo = 0,00007%    PTXian = 0,00007%  


La probabilità parziale per l’osservazione 2 vale: 0,00000000000000014%


(Leggasi circa 1 probabilità su mille milioni di miliardi)

La probabilità totale che si verifichi contemporaneamente l’osservazione 2 e l’osservazione 1 è la seguente:
 

Ptotale bis = 0,0000000000000000000000000032%



(Leggasi circa 3 probabilità su mille di miliardi di miliardi)
Anche in questo caso, riportando l’esempio del dado a 6 facce, dovremmo lanciarlo per 29 volte di seguito ed ottenere sempre 6!


La PGiza Bis equivale a lanciare il dado 6 volte di seguito ed ottenere sempre 6.
Su questo dato, suggerisco esperimenti personali ai professori di egittologia che parlano di coincidenze: comprate un dado a 6 facce e lanciatelo su un tavolo piano facendolo rotolare.
Non appena avrete raggiunto l’obiettivo di ottenere 6 volte di seguito un 6, avrete capito che la teoria classica è valida. In caso contrario, fatevi qualche domanda.

E’ doveroso evidenziare il fatto che non ho preso in considerazione l’immagine 2: infatti se avessi dovuto analizzare anche la probabilità che le singole piramidi di un sito sono allineate con le corrispettive degli altri 2 siti, allora credo che avrei avuto difficoltà anche solo a pronunciare il numero che rappresenta la probabilità di coincidenza totale.
A questo punto, il lettore esperto di statistica, o il lettore esperto di archeologia, potranno sollevare numerose obiezioni sulle ipotesi cautelative che ho dovuto fare per ottenere un valore di probabilità della coincidenza.
Come per i miei precedenti 2 studi ( http://unina.academia.edu/SimoneScottoDiCarlo ), sottolineo che il mio obiettivo è dare un ordine di grandezza al problema e non una soluzione precisa.


Pertanto, variando i dati in ingresso e variando le ipotesi cautelative, si otterranno sempre e comunque dei valori di probabilità di coincidenza così piccoli da indurre a pensare che la teoria archeologica ufficiale è da rivedere.
Oggi è insostenibile affermare con leggerezza che quanto sopra esposto sia solo una pura coincidenza: sono i numeri che mettono in forma matematica ciò che la logica e l’intuito suggeriscono da anni; vi è stata una scelta precisa e non casuale da parte dei costruttori a Teotihuacán, Giza e Xianyang di allineare i 3 siti piramidali lungo linee planetarie e di disporre le piramidi secondo geometrie simili.
Negare questa verità oggi significa sostenere che la Terra è ancora al centro dell’Universo ed il Sole e le Stelle immutabili le girano intorno.
Ma se si accetta questa verità, il passo successivo è scoprire chi e quando (e magari anche perché e come) ha scelto di costruire i 3 complessi piramidali in 3 continenti diversi in quel modo così particolare.
Una sfida enorme, la cui complessità richiede lo sforzo di ricerca di tutti gli studiosi ufficiali e di tutti gli appassionati del settore. Collaborare per capire e scoprire, senza aggrapparsi ai “dogmi archeologici” che stanno oscurando una delle pagine più belle e più antiche della storia umana.

Pinerolo                                                                                             
Simone Scotto di Carlo
20/08/2014

Nota 1: cito tra tutti, il libro di Fabio Garuti “L’ombra di Orione”.


Fonti: