martedì 8 luglio 2014

La corta memoria della scienza (3 di 4)

di Vito Foschi


Un altro esempio ci viene dalla zoologia. Esistono degli elenchi delle specie in pericolo di estinzione dando così per scontato che le specie non in elenco non corrono pericolo. Ma è proprio così? Purtroppo no. In realtà di molte specie non si sa più nulla perché dopo la loro scoperta e classificazione avvenuta anche più di un secolo fa, non sono state più fatte ricerche. Nel diciannovesimo secolo è stato fatto un enorme sforzo di scoperta e classificazione e numerosissime specie si conoscono solo grazie alle pubblicazioni di allora. Nel curriculum dei biologi di oggi alla zoologia è riservato ben poco spazio. Quando qualche spedizione ritorna ad esplorare i luoghi di avvistamento di alcune specie, spesso non le ritrova, perché ormai estinte.
Un altro esempio dal libro di Lévy-Leblond:«Da qualche anno, non è raro veder citare, in articoli di ricerca “di punta”, come riferimento tecnico immediato, dei lavori del matematico Henri Poincaré che risalgono a più tre quarti di secolo e che non erano più stati menzionati per diversi decenni. […] L’irruzione della fisica detta moderna, teorie quantistiche, relatività, aveva all’inizio del secolo relegato – così sembrava – quella fisica negli scaffali di un classicismo polveroso». Più avanti:«Si è dovuta operare una vera riconquista e, attraverso i campi fino a poco tempo fa riconosciuti e coltivati ma abbandonati e ridivenuti incolti, ritrovare sentieri dimenticati. Così l’ingenua fede in una modernità irreversibile e la sottovalutazione presuntuosa di un’antica disciplina hanno impedito e ritardato uno sviluppo scientifico maggiore».
Da un articolo pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno: «Alcune innovazioni sono già state fatte decenni fa e alcuni insuccessi erano già prevedibili: la pericolosità e la tossicità del piombo tetraetile – l’antidetonante delle benzine ormai quasi definitivamente eliminato dalle benzine in commercio, quelle che si chiamano “con piombo” – erano ben conosciute da chi aveva scoperto la nuova sostanza negli anni venti del Novecento. Alcuni processi per diminuire l’inquinamento atmosferico erano già stati inventati nella metà dell’Ottocento e poi accantonati. Gli attuali processi di riciclo dei rottami metallici sono stati inventati un secolo e mezzo fa.»(4)
Da un articolo de “Il Sole-24 Ore” del 22 febbraio 2004 di Cristina Marcuzzo: «La teoria economica, nella sua storia, non segue un tracciato regolare, né si presenta come un accumulo di verità acquisite una volta per tutte. I “ritorni” a idee del passato sono frequenti, come sono ripetuti gli abbandoni di alcune concezioni, quando non reggono al confronto con la teoria ritenuta al momento più “vera”». Abbiamo visto che non è una caratteristica tipica dell’economia, ma è comune a tutte le scienze. Dallo stesso articolo: «Rivisitare le idee del passato può significare rafforzare le convinzioni del presente, oppure ricercare percorsi che non si sono imboccati o che sembrava portassero, in un particolare momento storico, a un vicolo cieco. Qualunque sia il fine dell’esercizio, interrogare la storia, sia dei fatti che delle idee, è la condizione della crescita della conoscenza, intesa non come progresso lineare dall’errore alla verità, ma come consapevolezza dei suoi limiti e della sua circonstanzialità».
Ed ancora: «Ormai una componente regolare delle riviste scientifiche generiche, come “Nature” o “Science”, è la messa in rilievo di lavori dimenticati che anticipano di parecchi decenni delle (ri)scoperte recenti presentate come originali.»(5)
Altri esempi li possiamo trovare nella rubrica Reprints della rivista “Episteme” del prof. Umberto Bartocci reperibile anche in Internet. In tale rubrica sono pubblicati o vecchi lavori ormai dimenticati o teorie recenti ma controverse. Ad esempio nel numero 2 troviamo il discorso tenuto dal prof. Quirino Majorana, zio del più noto Ettore Majorana, all’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna in occasione della inaugurazione dell’Anno Accademico in data 9 Dicembre 1951, in cui lo scienziato contesta la teoria della relatività di Einstein evidenziandone le contraddizioni.
Un articolo interessante è “Low Energy Nuclear Reactions” con sottotitolo “The revival of alchemy” di Roberto A. Monti presente nel numero 4 di Episteme. Vi riporto la traduzione dell’abstract:

«Nel 1959 C.L. Kervran mostrò l’evidenza sperimentale delle Trasmutazioni a bassa Energia, ma i fisici contemporanei rifiutarono di credere nell’evidenza sperimentale di fronte a loro perché avrebbe messo in questione gli interessi, molto ben stabiliti, della Fisica delle Alta Energia. Nel 1989 Fleishmann e Pons fecero un’altra Trasmutazione a bassa Energia, erroneamente chiamata “Fusione Fredda”, il quale attirò grande attenzione. I fisici dell’Alta Energia iniziarono una fortissima campagna per invalidare la “Fusione Fredda” di fronte al pubblico. Nel 1996 “Lo Sviluppo delle Tecnologie delle Trasmutazioni” diventa il problema fondamentale della Seconda Conferenza delle Reazione delle Basse Energie (College Station, TX). Nel 1998, ICCF-7 (Vancouver) e nel 2000, ICCF-8 (Lerici, Italia) mostra l’evidenza conclusiva dei Fenomeni di Trasmutazione a Bassa Energia. Le allusioni alchemiche risultano essere sempre corrette, provando che l’alchimia è una scienza sperimentale. La fisica del XXI secolo sarà caratterizzata dalle Reazione Nucleari a bassa energia: il risveglio dell’alchimia.»

Il prof. Roberto Monti è anche un forte critico della teoria della relatività di Einstein. L’esistenza di critiche alle teorie einsteiniane è cosa pochissimo nota e comunemente si pensa che tali teorie siano verità incontestabili o per lo meno così viene fatto credere, ma come visto non è affatto così.

Un caso sbalorditivo, perfetto esempio dell’amnesia programmata della scienza, è quello che riguarda un possibile antesignano della famosa formula E=mc2 di Einstein; nel 1904 un certo Olinto De Pretto, agronomo vicentino, pubblica “Ipotesi dell’etere nella vita dell’universo” negli Atti del Reale Istituto Veneto di Scienze con prefazione del famoso astronomo Schiaparelli. La frase che sembrerebbe anticipare la teoria della relatività è la seguente:

«La materia di un corpo qualunque, contiene in se stessa una somma di energia rappresentata dall'intera massa del corpo, che si muovesse tutta unita ed in blocco nello spazio, colla medesima velocità delle singole particelle. [...] La formula mv² ci dà la forza viva e la formula mv²/8338 ci dà, espressa in calorie, tale energia. Dato adunque m=1 e v uguale a 300 milioni di metri, che sarebbe la velocità della luce, ammessa anche per l'etere, ciascuno potrà vedere che si ottiene una quantità di calorie rappresentata da 10794 seguito da 9 zeri e cioè oltre dieci milioni di milioni».

Come vedete, eccetto il riferimento all’etere, la formula E=mc2 è chiaramente formulata. I legami con l’Italia del giovane Einstein erano piuttosto forti considerato che la sua famiglia vi si trasferì definitivamente nel 1894. Inoltre, conosceva l’italiano tanto bene da tenere delle conferenze nella nostra lingua e la formulazione che Einstein fa della formula è meno generale di quella di De Pretto  riferendosi al caso specifico di un corpo radiante. Purtroppo non è facilmente dimostrabile che lo scienziato fosse a conoscenza del lavoro di De Pretto.
Della questione ne parla diffusamente il su citato prof. Bartocci nel suo libro “Albert Einstein e Olinto De Pretto: La vera storia della formula più famosa del mondo” (Bologna, Andromeda, 1999), opera quasi introvabile anche perché nessun grande editore rischierebbe su un libro del genere: Albert Einstein è per il momento intoccabile.
In ogni caso è regola ricordare il primo che ha concepito una idea e non i suoi successori. La teoria di De Pretto contiene ancora il riferimento all’etere e conterrà altri errori però sarebbe giusto riconoscerli la paternità della formula più famosa del mondo.(6)

Come si evince da quanto detto la scienza ha la spiccata tendenza a dimenticare se stessa, cancellando di fatto la sua storia rendendo difficile se non impossibile recuperare idee accantonate, ma che in un secondo momento potrebbero ritornare utili.
Altra conseguenza è la sempre maggiore difficoltà della scienza di spiegare se stessa. Se scompaiono i sentieri che hanno condotto ad una scoperta, come sarà possibile spiegarla ai non specialisti? Se gli stessi addetti ai lavori non controllano il loro sapere, sempre più parcellizzato, come posso pretenderlo di divulgarlo? Si assiste ad un processo che potremmo chiamare “esoterizzazione”, nel senso di rendere difficile l’accesso a qualcosa, senza nessun riferimento al sapere iniziatico, della scienza. Una delle accuse mosse alla magia da parte della scienza, sta diventando sua componente fondante.

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