Se facciamo un giro per castelli e musei marchigiani ci troveremo spesso di fronte a bellissimi dipinti rinascimentali a sfondo sacro che però sono caratterizzati dalla presenza di un curioso particolare: un amuleto in corallo.
Il più famoso di questi dipinti, noto con il nome di Madonna di Senigallia dall’ultimo luogo conosciuto di provenienza, si trova nel Palazzo Ducale di Urbino (Fig.1). Si tratta di un olio realizzato da Piero della Francesca tra il 1470 e il 1485. L’artista è stato una delle più emblematiche figure del Rinascimento italiano, e non sono pochi i misteri nascosti tra le sue tele.
Figura 1 |
Figura 2 |
Figura 2 - particolare |
Se infatti poniamo attenzione, già nello stesso palazzo ducale di Urbino troviamo molte altre tele con questo curioso particolare (Fig.3).
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Pensiamo al trittico Madonna tra i santi Sebastiano e Rocco eseguito nel 1509 per la chiesa di San Silvestro e oggi visibile nel Museo Nazionale d'Abruzzo o alla Madonna col Bambino, attribuito a Silvestro dall’Aquila del XV secolo. Sempre abruzzese era il De Litio che realizza per la chiesa di Sant’Agostino ad Atri, l’affresco della Madonna delle Grazie nel quale è presente Gesù ornato di una bella collana di coralli.
Interessante e degna di citazione è poi la Tavola, attribuita alla scuola di Fiorenzo di Lorenzo, che raffigura la Madonna del Libro. Qui la Vergine, fiera, tiene sulle gambe il Cristo che, guardandola, mostra al collo il prezioso amuleto.
Molti altri sono i nomi illustri che hanno raffigurato questi elementi superstiziosi nelle loro tele. Raffaello, propone, nella sua “Sacra Famiglia con agnello” (Fig.7), visibile nel Museo del Prado, a Madrid, un divin bimbo a cavallo di una pecora con tanto di amuleto apotropaico.
Figura 7 |
Figura 8 |
Ebbene, molti nel descrivere queste opere, trattano davvero sbrigativamente il particolare dell’amuleto, rappresentazione metaforica del sangue del Cristo e della funzione salvifica.
In realtà forse dietro a tale simbolo si nasconde qualcosa di molto più semplice ma ovviamente che meno si addice all’immagine “cristiana” insita nell’opera: la magia popolare rinascimentale.
L’uso di amuleti si perde nella notte dei tempi, il termine dal latino amoliri, “allontanare”, indica un oggetto che è sacro di per sé, poiché la natura stessa vi infonde le particolari virtù di cui è dotato. L’amuleto è dunque una tipica espressione della credenza religiosa animistica. Non è facile dare una vera e propria classificazione degli amuleti. Una prima e semplicistica suddivisione potrebbe ricollegarsi alla loro efficacia e alle virtù attribuitevi.
Potremmo così suddividere gli amuleti in quattro classi o gruppi:
- Amuleti atti a impedire o ad allontanare la manifestazione di particolari fenomeni naturali e a proteggere persone, cose o animali;
- Amuleti dalla virtù preventiva e curativa di alcune malattie;
- Amuleti protettivi contro i malefici indotti da streghe, demoni o altre entità nefaste;
- Amuleti utilizzati per proteggere i neonati e donne in gravidanza.
E’ proprio tra quest’ultimi che ritroviamo il corallo, il cui nome deriverebbe dal greco koraillon cioè "scheletro duro", o da kura-halos cioè "forma umana". Per altri deriverebbe dall’ebraico goral, ovvero il nome dato alle pietre utilizzate per gli oracoli in Medioriente e dunque già di per sé legato all’elemento magico.
Fin dall’epoca preistorica il corallo rosso è stato considerato potente elemento apotropaico contro le negatività. Per i greci il corallo nacque dal sangue sgorgato dalla testa di Medusa recisa da Perseo che, cadendo in mare, si tramutò nel preziosissimo ramoscello acquatico. Era spesso utilizzato dalle donne allo scopo di favorire la produzione di latte, essendo tale materiale anche galattoforo. Collane tramate di corallo erano anche indossate dalle ragazzine in periodo puberale per favorire la regolarità del flusso mestruale. L’utilizzo più comune era però quello di proteggere i bambini dagli influssi negativi e dalle streghe. “E’ comune opinione che certe vecchie, che chiamiamo streghe, sugano il sangue de’ bambini, per ringiovanirsi quanto possono” (M. Ficino). Sul corallo venivano spesso incisi ghiande, pigne, melograni, rose, perline dette “zingarelli”, tutti simboli di fertilità che aumentavano il potere apotropaico dell’elemento. Nelle figure 9 e 10 possiamo vedere degli esempi in mostra al Museo di Tradizioni Popolari di Roma, che dimostra l’enorme diffusione sul territorio nazionale.
In realtà queste collanine avevano anche una funzione igienico-sanitaria, proteggevano infatti il bimbo dalle piaghe cutanee dovute all’eccessiva salivazione.
Il ricordo di questi amuleti, ben lunghi dallo scomparire con l’avvento della Nuova Religione, ricorre così anche in epoca rinascimentale nelle opere di vari pittori di scuole umbre e marchigiane.
La sua presenza nelle tele sacra, più che indicare il sacrificio del Cristo, è la rimembranza di un’utilizzo protettivo di cui, evidentemente, il Cristo, visto il suo futuro, avrebbe avuto bisogno.
Figura 9 |
Figura 10 |
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