tratto da "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 6 gennaio 2005
di CESARE COLAFEMMINA
Posta sul confine tra la Puglia bizantina e
quella longobarda, Oria acccoglieva nell'alto Medioevo tra le sue mura
genti dell'una e dell'altra etnia, insieme con i discendenti di ceppo
latino e degli ebrei venuti dalla terra d'Israele al tempo in cui Tito
ne distrusse la capitale, Gerusalemme. L'espressione più feconda di
questa convivenza fu lo scienziato e filosofo Shabbetai bar Abraham
detto Donnolo, fiorito nel pieno X secolo. Donnolo era sopravissuto,
dodicenne, all'eccidio di Oria compiuto il 4 luglio 925 dai berberi di
Giaf'ar Ahmad ibn 'Ubayd a nome del suo signore 'Ubaidallah al-Madhi,
l'iniziatore della dinastia fatimita in Africa settentrionale (909-975).
Fatto schiavo con altri superstiti, fu riscattato a Taranto dai
parenti, mentre il resto della famiglia veniva deportata a Palermo e in
Africa. Donnolo crebbe nelle dotte comunità ebraiche di Puglia e
Calabria, trovando nello studio e nell'arricchimento sapienziale il
rimedio alle afflizioni e alla vanità della vita. Viaggiando per le
terre bizantine, Donnolo ricercò e copiò libri di medicina e di scienza
composti da antichi maestri ebrei, greci, arabi, babilonesi, indiani,
opere tutte che egli dice di avere letto nella loro lingua originale.
Nel suo desiderio di sapere, si fece discepolo di gentili - e quindi
anche di cristiani- dotti in astronomia, e in particolare di un sapiente
che veniva da Babilonia, di nome Bagdash. Alla luce delle conoscenze
teologiche, filosofiche e scientifiche che aveva acquisito, Donnolo
concepì l'uomo come un microcosmo che riassume in sé tutte le realtà
dell'universo. L'originalità del suo pensiero si trova nel suo commento
al versetto del "Genesi" (1, 26), in cui Dio, accingendosi a creare
l'uomo, dice: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e nostra somiglianza".
"A chi rivolge Dio queste parole? - si domanda Donnolo - Come è
possibile che l'uomo possa essere immagine di Dio, che è spirito
invisibile?". Ed ecco la sua risposta: Dio rivolse quelle parole
all'universo, che aveva dapprima progettato e programmato e poi
realizzato con la sua sapienza, associandolo quindi nella creazione
dell'uomo. Questi, nella sua natura e nelle sue azioni, è perciò
somigliante sia a Dio sia all'universo materiale. Somiglia a Dio, ma in
scala ridottissima, per l'immortalità del suo spirito, per la sua
capacità di governare, conoscere, prevedere e provvedere; somiglia
all'universo materiale per la struttura del corpo e delle sue funzioni.
Ma già somigliando all'universo egli assomiglia a Dio, perché Dio si
rivela nella creazione. E l'uomo può risalire a Dio e comprenderlo
studiando la natura. Come scrive J. Dan, la teologia è per Donnolo
soprattutto una ricerca delle leggi scientifiche del cosmo. Donnolo
espose nel suo Libro sapiente, una summa in cui confluirono Bibbia,
mistica ebraica, scienza, filosofia (in particolare la neoplatonica) la
sua visione unitaria del reale. Ed essendo primariamente medico, egli
scrisse anche testi medici, che dice frutto non tanto di studi, quanto
della sua personale esperienza. Il più noto è un prontuario di
farmacologia, noto come Sefer Mirqahot, "Libro delle misture". Composto
verso il 970, il libro descrive in venti brevi paragrafi oltre un
centinaio di rimedi e il modo per prepararli. Il suo titolo per esteso e
la premessa ne indicano chiaramente lo scopo: "Questo è il libro delle
misture, pozioni, polveri, impiastri, unguenti e miscugli chiamati il
corredo della medicina [o farmacopea] che Shabbetai il Medico, detto
Donnolo figlio di Abramo, che fu deportato dalla città di Oria, ha
composto per insegnare ai medici di Israele la preparazione dei farmaci
secondo la scienza d'Israele e di Macedonia e sulla base della sua
esperienza acquisita nell'arte della medicina, studiando e ricercando in
profondità per quarant'anni, secondo la parola di Dio". Proprio per
istruire con esattezza i medici, Donnolo si premura di indicare i nomi
delle piante e delle erbe sia in ebraico (ma non abitualmente), sia
nelle lingue parlate nelle contrade in cui operava, ossia in greco e in
latino, talora in volgare. E questo ultimo aspetto fa sì che il libro di
questo ebreo oritano rappresenti una delle testimonianze più antiche
del volgare salentino-calabrese. A Donnolo è attribuito anche uno
scritto medico intitolato Practica. Il libro, giuntoci incompleto, è un
catalogo sistematico di malattie riguardanti le varie parti del corpo, e
di ogni malattia viene indicato il trattamento appropriato. La lista
inizia con l'emicrania e s'interrompe con l'emottìsi. Da notare che
mentre l'ebraico è usato per indicare i nomi di alcune medicine e di
altri mezzi di cura, tutti i nomi delle malattie e delle varie parti del
corpo sono traslitterazioni dal greco e dal latino, ma per lo più dal
greco. E sotto questo aspetto la Practica s'accomuna agli scritti che
appartengono certamente a Donnolo, la dipendenza dei quali dal mondo
culturale bizantino è evidente. Questa insigne e poliedrica personalità
si è imposta di recente all'attenzione di studiosi di varie branche del
sapere. Ultima espressione di tale attenzione è l'uscita nei giorni
scorsi, presso l'Istituto Orientale di Napoli, di una raccolta di studi
intitolata Shabbetay Donnolo. Scienza e cultura ebraica nell'Italia del
secolo X. Il volume si apre con l'edizione critica del testo ebraico e
la traduzione inglese del Libro delle misture a cura di L. Ferre.
Seguono uno studio di S. Kotter sull'anatomia e la fisiologia in Donnolo
medico e una ricerca di G. Lacerenza, che è anche il curatore del
volume, sulla formazione di Donnolo e sull'originalità della sua
sintesi. "Cresciuto nell'area più esposta, in quel momento - scrive
Lacerenza - allo scontro fra la tradizione classica e l'affermarsi di
ogni tipo di innovazioni linguistiche, culturali, religiose e
scientifiche, con le sole sue forze sembra essersi portato su un piano
molto più progredito rispetto agli intellettuali cristiani con cui è
venuto in contatto: ambiente sì in grande fermento culturale, ma ancora
troppo vincolato agli interessi religiosi". Altri studi raccolti nel
volume riguardano i trattati di astrologia di Donnolo (G. B. Sarfatti), i
rapporti di Donnolo con la mistica ebraica in Puglia (V. Putzu), la
figura di Donnolo nello specchio della Vita del coetaneo e amico san
Nilo di Rossano Calabro (F. Lazzati Laganà).
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